L`energia della preghiera

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L`energia della preghiera
TROVARE NUTRIMENTO NELLA NATURA
THICH NHAT HANH da “L’ENERGIA DELLA PREGHIERA”
Inspirando so che sto inspirando
Inspiro
Espirando so che sto espirando
Espiro
Inspirando, mi vedo come un fiore
Fiore
Espirando , mi sento fresco
Fresco
Inspirando, mi vedo come una montagna
Montagna
Espirando mi sento solido
Solido
Inspirando , divento uno specchio d’acqua tranquilla
Acqua
Espirando rifletto il cielo
Rifletto
Inspirando divento la vastità dello spazio
Spazio
Espirando, provo una libertà infinità
Libero
Questo esercizio può essere praticato all’inizio di ogni sessione di meditazione
oppure anche per tutta la sua durata, pe nutrire il corpo e la mente, acquietarli,
raggiungere la libertà e il lasciare andare.
Possiamo riprendere la prima serie (“inspiro, “espiro”) finchè non raggiungiamo
uno stato di unità psicofisica: mente e corpo diventano un cosa sola.
La seconda serie di respiri porta freschezza. Ogni essere umano dovrebbe essere
fresco come un fiore, perché noi siamo dei fiori nel giardino dell’universo. Per
rendercene conto basta guardare i bambini: i loro grandi occhi sono fiori. I loro
visi luminosi, le loro fronti delicate sono fiori, le loro manine sono fiori. E’ solo
perché ci preoccupiamo così tanto che ci vengono le rughe sulla fronte, perché
piangiamo spesso e passiamo tante notti insonni che ci vengono le borse sotto gli
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via Casalborgone 8, 10132 Torino | Maria Pia: (+39) 338 4707961 - Claudia: (+39) 338 4707964
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occhi. Inspirando ravviviamo la nostra natura floreale. Inspirare riporta alla vita
il fiore che è in noi; espirare ci aiuta a riprendere consapevolezza che possiamo
essere , che siamo freschi, come un fiore. Questa è una meditazione di gentilezza
amorevole per noi stessi.
La terza serie di respiri, visto che siamo solidi come una montagna, ci aiuta a
rimanere fermi e stabili nei momenti in cui siamo profondamente turbati da forti
emozioni. Quando cadiamo in uno stato di disperazione, ansia , rabbia o paura
abbiamo l’impressione di trovarci nel mezzo del tifone. Ma possiamo essere
come l’albero che si erge solido nella tempesta. Osservandolo vediamo che i rami
in alto si agitano di qua e di là, come dovesse spezzarsi da un momento all’altro o
essere portati via dal vento; se però guardiamo il tronco, specie in basso vicino
alle radici, vediamo che è fermamente ancorato al terreno; ci rendiamo conto che
l’albero è più solido in quel punto e proviamo un senso di pace. Lo steso vale per
il nostro corpo e la nostra mente: se quando ci troviamo nella tempesta delle
emozioni riusciamo ad allontanarci dalla zona dove infuria l’uragano (il cervello)
e a portare la nostra attenzione all’addome , nel punto subito sotto l’ombelico, ci
sentiremo in un altro modo: ci renderemo conto che noi non siamo solo le nostre
emozioni, ma qualcosa di più. Le emozioni vanno e vengono, noi invece
rimaniamo. Quando ne siamo travolti ci sentiamo così fragili e deboli che
pensiamo di poter morire.
Ci sono persone che non sanno gestire le proprie forti emozioni; quando la
disperazione, la paura o la rabbia le fanno soffrire troppo pensano che l’unico
modo per mettere fine a quella sofferenza sia mettere fine alla propria vita e così
si uccidono; tra loro ci sono molti giovani. Se sappiamo sederci nella posizione
del loto e praticare il respiro consapevole, riusciamo a superare quei momenti
difficili .
Possiamo praticare queste respirazioni guidate anche stando sdraiati nella
posizione del rilassamento totale : possiamo respirare seguendo l’alzarsi e
l’abbassarsi dell’addome, dedicandogli tutta la nostra attenzione ; in questo
modo restiamo fuori dalla zone di pericolo e non ci lasciamo travolgere dalla
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tempesta. Dobbiamo andare avanti a praticare finchè il nostro spirito non si è
calmato e la tempesta non è passata e siamo sicuri di esserci lasciato il pericolo
alle spalle. Ma non dovremmo aspettare la sofferenza dell’animo: se non
abbiamo l’abitudine di praticare quando ne avremo bisogno ci dimenticheremo
di farlo e ci lasceremo travolgere dalle emozioni. Dovremmo prendere la
abitudine di praticare tutti i giorni, così quando arriverà un emozione forte
sapremo come fare per gestirla e padroneggiarla. Dovremmo anche mostrare ai
giovani come praticare la meditazione che risana, per aiutarli a superare le
proprie tempeste emotive.
Lo scopo della quarta serie ( “acqua” “rifletto” ) è calmare il corpo e la mente.
Nel Sutra della Piena Consapevolezza del Respiro il Buddha ha insegnato :
“Inspirando calmo la mente “. In genere quando la mente non è calma le
percezioni sono sbagliate: quello che vediamo, sentiamo e pensiamo non riflette
la realtà, proprio come le onde sul lago increspato impediscono all’acqua di
riflettere fedelmente le nuvole nel cielo. Il Buddha è la luna piena che attraversa
il cielo della vacuità. Se la mente degli esseri viventi è calma l’immagine della
luna vi si riflette chiaramente. La nostra tristezza, la nostra rabbia nascono da
percezioni erronee, per evitarle dunque dobbiamo allenarci a rendere la mente
quieta come la superficie del lago in un mattino d’autunno, Respirare in
consapevolezza serve a generare in noi la pace.
Le parole chiave della quinta serie di respiro sono “spazio” e “libero”. Se abbiamo
troppi impegni e preoccupazioni non potremo mai provare piacere, pace e gioia.
Questa serie di respiri mira a ridarci spazio : all’interno del nostro cuore e
intorno a noi. Se siamo carichi di ansie, calcoli e progetti li dovremmo ridurre; lo
stesso vale per la tristezza e per la rabbia : dovremmo praticare per lasciarle
andare. Questi bagagli di vario genere non fanno che appesantirci la vita . Spesso
pensiamo che se non avessimo tutti quei pesi- l’ufficio, la carriera, la
reputazione, il lavoro, l’importanza del nostro ruolo- non saremmo felici;
osservando meglio ,però, ci rendiamo conto che quasi tutti sono un ostacolo alla
nostra felicità. Se riusciamo a lasciarli andare saremo felici.
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Il Buddha era una persona di grande felicità . Un giorno mentre sedeva nel
grande bosco fuori Vaishali passò un contadino e gli chiese se avesse visto le sue
mucche che erano scappate. Inoltre, aggiunse, gli insetti si erano mangiati tutto il
sesamo che l’anno prima aveva seminato nel campo, quasi un ettaro di terreno.
Disse che era la persona più infelice del mondo e che stava pensando di
uccidersi. Il Buddha gli rispose che non aveva visto le sue mucche, forse le
avrebbe trovate in un’ altra direzione. Quando il contadino si fu allontanato il
Buddha si rivolse ai monaci seduti attorno a lui e sorridendo disse :” Monaci
sapete quanto siete liberi e felici? Non avete neanche una mucca da perdere!”
Praticare questo tipo di respiro ci aiuta a lasciare andare le nostre mucche:
quelle all’ interno della nostra mente e quelle fuori di noi.
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