8 rivestimenti pavimentali

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8 rivestimenti pavimentali
8 RIVESTIMENTI PAVIMENTALI
Barbara Maurina
Mentre i rivestimenti parietali che decoravano
gli interni della villa, per antichità e pregevolezza costituiscono sino a ora un unicum in tutta la
nostra regione, altrettanto non si può dire dei
rivestimenti pavimentali, relativamente ai quali
va evidenziato l’impiego di materiali prevalentemente locali (calcare oolitico, calcare ammonitico, rocce di età ladinica o carnica, argilla).
Per quanto i tessellati di Isera non costituiscano
un ritrovamento d’eccezione, soprattutto se confrontati alle composizioni musive messe in luce
nella città di Trento736, essi rappresentano tuttavia per il momento un caso isolato per l’ambito
extraurbano e rurale.
Terra battuta
Gli ambienti 1-7, 10, 14, 20, come si è già avuto modo di vedere737, presentano pavimenti costituiti da semplici battuti, composti da uno o
più strati di argilla, talvolta mescolata a calce
sporadica, di spessore variabile dai 2 ai 10 cm
circa. In alcuni degli ambienti messi in luce si è
potuto verficare che la preparazione dei piani
pavimentali, dove visibile, appariva costituita da
un rudus poco coerente a base di ciottoli e calce, a cui in alcuni casi erano frammisti piccoli
frammenti laterizi. Non è chiaro se questi battu-
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ti pavimentali rappresentino sempre il piano di
calpestio originario dei vani (secondo un tipo
di rivestimento particolarmente diffuso in area
alpina738), oppure se più semplicemente costituiscano una preparazione pavimentale destinata
ad accogliere un altro tipo di rivestimento che
non si è conservato, ad esempio un assito ligneo739, come potrebbe suggerire in più casi lo
strato carbonioso rinvenuto a diretto contatto con
il piano d’argilla.
Battuto di calce
Nell’A 19 (Parte I, figg. 91-93). il piano pavimentale appare costituito da un solido strato di
malta idraulica di colore biancastro, a base di
calce ricca di frammenti di terracotta, ciottoli e
clasti di medio-piccole dimensioni e sporadiche schegge di muscovite. Laddove non è danneggiata, la sua superficie si presenta liscia e
ben costipata.
Si tratta con tutta verosimiglianza della preparazione di un rivestimento che deve essere stato completamente spoliato nel corso del tempo; sul piano di posa non sono visibili tracce in
grado di suggerire la tipologia degli elementi di
rivestimento.
Tosi 1979; Ciurletti 2000, pp. 313-315, 318-319, figg. 22, 25-26; Bassi, Endrizzi 1996; Bassi 2000.
V. supra, Parte I, la descrizione dei singoli ambienti.
Santoro Bianchi 1994, p. 179.
I rivestimenti pavimentali in legno, di cui assai di rado rimangono tracce, dovevano essere diffusi in area alpina; di
tale tecnica di rivestimento, secondo Santoro Bianchi, rimane perlopiù testimonianza nei piani pavimentali in malta,
su cui dovevano poggiare gli assiti: Santoro Bianchi 1994, p. 179.
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Cocciopesto
Nell’ambiente 18, all’atto dello scavo, in corrispondenza dell’angolo formato dalle strutture
514 e 515 (Parte I, fig. 103) si conservava un
lembo di pavimentazione in cocciopesto (US
531), costituito da uno strato di calce mescolata a frammenti laterizi, che nei punti di massimo spessore raggiungeva i 10 cm circa. Il piano in cocciopesto, materiale particolarmente indicato per il rivestimento di ambienti umidi, doveva costituire il piano di appoggio delle suspensurae dell’hypocaustum.
Pavimento fittile a esagonette
Alcune mattonelle esagonali in terracotta740 (fig.
71) sono state rinvenute nell’A 14 (USS 408,
500, 507). Il piano di calpestio originario del
vano risultava, all’atto dello scavo, completamente asportato. La particolare concentrazione
di tali elementi di pavimentazione suggerisce
la pertinenza del rivestimento fittile a uno (o più
d’uno) degli ambienti dell’area di questa parte
dell’edificio della villa, fosse lo stesso ambiente 14, che si presenta però in larga parte ricoperto, come si è visto, da un battutto di terra.
A giudicare dalle tracce presenti su una delle
superfici, infatti, le esagonette dovevano essere
allettate in uno strato di malta a base di calce.
Analoghi residui di calce si sono potuti osservare alla base della faccia sud del muro 541 e al
di sopra della relativa risega di fondazione.
Quello a esagonette, semplici o ornate attraverso l’inserimento di un tassello marmoreo al centro della faccia superiore, costituisce un sistema pavimentale assai diffuso in special modo
nell’ambito degli insediamenti di tipo rurale in
Italia centrosettentrionale e in particolare in
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Emilia Romagna. Esso era impiegato, soprattutto quando costituito da elementi semplici non
decorati, per rivestire ambienti di servizio e aree
scoperte741, pur non mancando i casi di utilizzo
in ambienti di pregio nei contesti abitativi più
semplici742. Sebbene i rinvenimenti, quando databili, siano riferibili a un orizzonte temporale
compreso fra il I secolo a.C. ed il I secolo d.C.,
tuttavia la cronologia di questo genere di pavimenti, e soprattutto del tipo più semplice, non
va probabilmente limitata a questo periodo, ma
deve avere conosciuto una durata ben più lunga, fino alle soglie dell’età altomedioevale743.
Pavimentazione in laterizi
Uno strato di mattoni è impiegato per pavimentare il fondo della canaletta US 561, secondo
un uso comune nell’impermeabilizzazione delle superfici esposte all’umidità.
Lastre calcaree
Lastre di rivestimento pavimentale in calcare
ammonitico di varia misura sono state messe
in luce negli ambienti 9 (US 417), 13 (US 532),
14(US 557), 16 (US 555). Si tratta di esempi di
un tipo di lastricato che non dovette rivestire un
ruolo decorativo ma prettamente funzionale,
essendo utilizzato in tutti i casi all’interno di spazi
di servizio. Quest’impiego si riscontra anche
altrove, ad esempio nel cavedio di una villa romana messa in luce a Peschiera del Garda744.
Nell’A 9 la pavimentazione in lastre (Parte I, fig.
63), posta forse in corrispondenza di un ingresso al piano inferiore della villa, è presente soltanto nel tratto occidentale del vano, ma non è
da escludere che possa essere stata spoliata,
forse già in epoca antica, nella parte restante
Inv. n. 9287, 9288, 9290, 9291. Su tali materiali in terracotta, cfr. il contributo di Gardumi in questo stesso volume.
Morricone 1970b, pp. 604-605; Travagli Visser 1978, pp. 76-77 e 103, figg. 16-17; Bonfanti, Dal Ri 1985, p. 82,
nn. 1.10 e 11, tav. XIX e XXXI.1.10, Calzolari 1986, pp. 158, fig. 107 e 203, fig. 163; Poggiani Keller 1986, p. 128
e p. 129, fig. 126; Zerbinati 1986, pp. 261 e 267, figg. 6-8; Rigoni 1987, pp. 125-127 e fig. a p. 127; Dall’Aglio,
de Maria 1988, pp. 141-143 e note 140 e 141; Scagliarini Corlaita 1989, p. 34; Campagnoli 1993, pp. 76-77;
Garbesi, Mazzini 1994, pp. 81, 83, 85-87 e fig. 22; Medici, Toffetti 1994, tav. IV, fig. 6, p. 34 e nota 83; Gelichi,
Giordani 1994, pp. 204-205, figg. 169-170; Campagnoli 1997, pp. 176-178, 189-190, figg. 3-4; Mazzini 1998,
p. 99; Postumia 1998, p. 567, V.190; Calzolari, Giordani 2001, p. 19 e fig. 5; Uggeri 2002, p. 56 e fig. 32; inoltre,
Uggeri 2006, figg. 56d, 68h, 70a, 75c, 80e.
Si vedano in particolare Campagnoli 2000a, p. 93 e fig. 3; 2000b, p. 216 e tav. 2.
Garbesi, Mazzini 1994, pp. 85-87; Medici, Toffetti 1994, pp. 34-35.
Capuis et al. 1990, p. 78.
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Fig. 214 - Frammenti di mosaico
rinvenuti nell’Area Sud
(inv. n. 9725)
(foto e rilievo a contatto B. Maurina).
dell’ambiente. Il tratto conservatosi, che copre
in parte un muro rasato in antico (US 427), è
stato messo in luce soltanto parzialmente e sembra consistere di quattro lastre di forma approssimativamente rettangolare e dalla superficie diversamente lavorata, accostate l’una all’altra. Si
tratta probabilmente di pezzi di reimpiego, come
lascia intendere il fatto che le due lastre situate a
est recano un risalto marginale, mentre quella di
sudovest presenta una specchiatura lavorata a
subbia e un perno in ferro all’estremità occidentale, suggerendo la possibilià di una diversa e
specifica destinazione prima dell’impiego nel rivestimento pavimentale. Le dimensioni, non uniformi, sono definibili solo nel caso della lastra
sud-orientale, che misura cm 100 x 65 ca.
Nel caso degli AA 13 e 14, le lastre, di forma
rettangolare, erano poste semplicemente a copertura della canaletta che scorreva sotto il pavimento (US 562), e dovevano essere in origine
coperte a loro volta dai rivestimenti pavimentali
(Parte I, figg. 70 e 102). La lastra messa in luce
nell’estremità meridionale dell’A 13 misura 290
Fig. 215 - Frammenti di mosaico
e tessere musive rinvenuti
nell’Area Sud
(foto Archivio MCR).
x 130-136 cm; le dimensioni dei due elementi
rinvenuti durante gli scavi dell’A 14, invece, corrispondono a cm 110x76 e 76x62.
Nell’A 16, infine, la pavimentazione in grandi
lastre rettangolari accostate (ne sono state
messe in luce due, di 178x70x10 cm circa),
che coprono l’ambiente lasciando scoperta la
canaletta 561 lungo il margine orientale (Parte
I, fig. 50), sembra giustificata dalla frequente
pulizia con acqua di cui necessitava il vano,
adibito a latrina.
Battuto di calce e scaglie di calcare
Numerosi frammenti di pavimento in battuto di
malta di calce e scaglie di calcare locale legati
con calce accuratamente levigato in superficie,
dello spessore di cm 10 circa, provengono dall’interro degli ambienti 3, 6, 7 (Parte I, figg. 117119). Frammenti sporadici sono stati messi in
luce anche nei vani dell’area meridionale dell’edificio. Con ogni probabilità essi appartenevano originariamente ai pavimenti delle sale
della pars urbana poste al primo piano. Questo
tipo di battuti bianchi era infatti di norma destinato a rivestire ambienti di rappresentanza quali atrii, vestiboli, ali, tablini, peristili e triclini745.
Mosaici
Negli ambienti 1, 4, 5 e 10 sono stati rinvenuti
numerosi frammenti di mosaico bianco e nero
(figg. 214, 215), pari a una superficie complessiva di circa 1,5 metri quadrati, oltre a un’ingente quantità di tessere musive746. Singole tessere di colore sia bianco che nero compaiono a
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De Vos 1985a, p. 74.
Inv. n. 9722-9726, 9802.
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livello sporadico nei vani A 8 e A 9, e in forte
concentrazione negli ambienti 14, 17 e 18747.
Nel caso delle stanze che occupano l’area meridionale dello scavo, non vi sono indizi che
permettano di attribuire il rivestimento musivo
a questi stessi locali, che, come già spiegato,
si presentano rivestiti di un semplice battuto di
terra, mentre è possibile che tessere e frammenti di mosaico appartenessero originariamente ai pavimenti delle stanze della parte nobile
situata primo piano, sopra all’area centrosud del
fabbricato messo in luce. I frammenti di mosaico rinvenuti negli ambienti dell’area meridionale del fabbricato presentano fondo bianco e cornice nera costituita da quattro file di tessere in
ordito diritto; l’ordito delle tessere bianche, formato da tre filari diritti ai lati della fascia, si presenta invece obliquo nel campo centrale e nella
zona marginale (fig. 214).
La preparazione è costituita da tre strati, che, a
partire da quello più esterno per arrivare al più
superficiale, si presentano così composti:
1) grigio chiaro, poco coerente, spesso fino a
mm 50 circa, composto di calce, sabbia e
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frammenti di cocciopesto (lunghezza fino a
mm 25 circa);
2) biancastro, coerente, spesso mm 25-30, costituito da calce, sabbia e frammenti di cocciopesto sporadici (lunghezza fino a mm 5
circa);
3) bianco, compatto e coerente; spesso mm
5-10, a base di calce. Le tessere sono di
forma approssimativamente quadrata e in alcuni casi triangolare e misurano mm 4-11
di lato.
Entro un riquadro di 10 cm di lato si contano
da 120 a 140 tessere circa, secondo un modulo attestato in ambito italico durante la primissima età imperiale748. Tessellati a fondo
bianco semplicemente incorniciati da una fascia nera compaiono già alla fine del II secolo
a.C. e perdurano fino all’età antonina749; nel
periodo finale del II stile e durante il III sono
molto comuni i mosaici con due fasce nere
marginali750, che rappresentano il tipo di rivestimento musivo più diffuso nelle ville della
Venetia nella prima età imperiale751. Nella fase
iniziale questi tessellati presentano un ordito
USS 299, 316, 403, 407, 408, 418, 419, 423, 425, 500; inv. n. 9629-9651.
Bastet, de Vos 1979, p. 110: nei tessellati di età repubblicana il modulo corrisponde a 120-130 tessere, mentre nel
I secolo inoltrato è di 90-110 tessere per 10 cmq.
Morricone 1970a, pp. 504-505; Donati et al. 1985 pp. 39, 61-64 e 65, fig 106 (cubicolo 45).
Morricone 1970a, p. 504; de Vos 1979, p. 170; Bastet, de Vos 1979, p. 110.
Busana 2002, p. 150.
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Fig. 216 - Frammenti di mosaico
provenienti da Isera
(Museo Provinciale d’Arte - Castello
del Buonconsiglio, inv. n. 5556)
(foto e rilievo a contatto B. Maurina).
piuttosto irregolare; le fasce nere sono spesse
e marginate solitamente da due filari di tessere bianche, mentre è nel periodo pre-augusteo
che questo tipo di mosaico viene ad assumere
una maggiore regolarità nella disposizione delle
tessere; le fasce si assottigliano e sono circondate di norma da tre filari bianchi, come
nel nostro caso752. In particolare, un confronto
per il pavimento musivo di Isera è da vedere in
un esemplare rinvenuto a Sirmione, appartenente alla fase augustea della villa romana di
Via Antiche Mura753.
In base all’analisi mineralogico-petrografica
delle tessere musive, eseguita nel 1981 su sezioni sottili da Ferruccio Guy e Alfredo Buonopane754, le tessere di colore bianco risultano costituite da un tipo di calcare oolitico che nel Trentino è estraibile in varie zone, in particolare presso Arco. Le tessere nere sono invece costituite
da un tritume organogeno che appare presentare le caratteristiche delle rocce di età ladinica o
carnica, piuttosto diffuse in regione; come possibile fonte di approvvigionamento è stata suggerita la zona di Breguzzo-Pieve di Bono.
Riguardo alle testimonianze musive relative agli
ambienti dell’area settentrionale, negli AA 14,
17 e 18, come accennato, si è rinvenuta una
grande quantità di tessere singole, per lo più di
forma cubica, in qualche caso con superficie
triangolare oppure a forma di parallelepipedo.
Quest’ultimo tipo, poiché è numericamente poco
cospicuo, potrebbe essere attribuibile alla balza marginale di normali tessellati (tessere a
“denti di cavallo”)755 piuttosto che a mosaici con
tessere disposte “a canestro”, cioè a coppie di
tessere disposte di taglio.
La netta prevalenza delle tessere nere su quelle
bianche in quest’area suggerisce la presenza di
larghi campi con motivi ornamentali neri, ma752
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gari di tipo geometrico, secondo il gusto prevalente dell’epoca756.
Appare plausibile che in questo settore della villa, i tessellati rivestissero i pavimenti degli ambienti termali. I piani di calpestio di queste stanze, originariamente sopraelevati, furono probabilmente distrutti e smantellati nel corso del
tempo, sia recentemente in seguito ai lavori per
la posa in opera della rete idrica relativa all’edificio moderno, sia più anticamente, durante i
lavori agricoli nell’area, che per un lungo periodo fu messa a coltura. Degli schemi decorativi
di tali mosaici risulta però impossibile proporre
una ricostruzione757, a causa dell’eccessiva frammentarietà dei tessellati.
A questo proposito, tuttavia, vale la pena ricordare come una testimonianza epistolare risalente
al 1839 ricordi che nella zona fu trovato un pavimento, evidentemente musivo, “di quel marmo che somiglia al carrarese, con un ricco contorno di purissimo nero nel quale avevano le
tracce di zoccoli di piccole colonne”758. È possibile che al medesimo fatto si riferisca Giambattista Noriller, il quale riporta che nel 1800
nell’orto della canonica fu messo in luce e distrutto un pavimento a mosaico bianco e nero;
con i frammenti del tessellato tal don Ravagni
abrebbe fatto rivestire la superficie di un tavolo,
ottenendo un nuovo mosaico di 1 x 0,45 m circa, “tutto di pezzetti bianchi, meno una stella
nel mezzo, e quattro quadrati negli angoli, che
sono neri”759.
Noriller riferisce anche che in occasione della
visita in casa Ravagni gli furono donati numerosi pezzi di mosaico bianco, formati di tessere
pressoché cubiche, del lato di circa 1 cm. A
queste notizie si può accostare un’altra informazione, raccolta alcuni decenni più tardi da
Roberti760; che ricorda, fra i reperti provenienti
Morricone 1967, pp. 117-118.
Roffia 1997b, p. 172, fig. 2 e p.186.
La relazione inedita di Guy e Buonopane è consultabile presso l’Archivio del Museo Civico di Rovereto (inv. n. 8861).
A Settefinestre balze di questo tipo compaiono nella seconda fase di costruzione (età traianeo-adrianea): de Vos
1985a, p. 75; Donati et al. 1985, p. 66, fig. 109.
Per i quali si vedano Morricone 1970a, pp. 508-516; Bastet, de Vos 1979, pp. 107-111.
Sulle raffigurazioni dei mosaici bianco-neri nei balnea: de Vos 1979, p. 171.
Antonelli 1990, p. 46.
Noriller 1871, p. 183.
Roberti 1961, p. 112.
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da Isera, “un pezzetto di mosaico tolto da un
pavimento messo in luce nell’orto della canonica”, ubicato all’epoca presso il Museo Nazionale di Trento. Il Museo Provinciale d’Arte Castello del Buonconsiglio in effetti possiede
due frammenti complementari di un tessellato
con motivo a treccia realizzato in bianco e nero
(inv. n. 5556), trovati, come si ricava dai dati di
rinvenimento allegati ai reperti, nel 1800 a Isera
nell’orto della canonica761 (fig. 216). È dunque
verosimile che vi sia corrispondenza fra questi
pezzi e i reperti ricordati sia da Roberti che da
Noriller. Non è accertabile tuttavia in alcun modo
il punto preciso dell’“orto della canonica” in cui
furono rinvenuti i frammenti. Il motivo che orna
questo tessellato, e cioè la treccia a due capi
bianca su fondo nero con occhielli risparmiati
in bianco marginata da due fasce bianche, appartiene a un repertorio ornamentale largamente diffuso nelle incorniciature dei mosaici a partire dal II fino al IV stile762 e viene impiegato
come riquadratura oltre che di impluvi e tappeti
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centrali in marmo, anche di campi ornamentali763. Le dimensioni delle tessere cubiche variano da un minimo di mm 5 a un massimo di mm
13 di lato, mentre quelle di forma parallelepipeda presentano il lato lungo di mm 20-22, e
quello breve di mm 6-12. Dal computo delle
tessere appartenenti al frammento di Trento, il
cui lato varia da mm 4 a mm 15, si evince che
entro l’area di 10 cmq dovevano trovarsene all’incirca ottantacinque. Questo dato suggerisce
per il mosaico a cui il pezzo originariamente
apparteneva una collocazione cronologica posteriore rispetto a quella dei mosaici dell’Area
Sud764. L’ipotesi sembra trovare in effetti corrispondenza nella identificazione di due fasi edilizie successive nella porzione di edificio scavata765, dove l’ala nord appare edificata posteriormente rispetto alla porzione centromeridionale. Il pezzo di mosaico del museo di Trento ci
sembra dunque potersi considerare con buona
probabilità pertinente alla pavimentazione dell’area termale della villa romana.
Roberti 1914, p. 219.
La de Vos ritiene che il motivo della treccia a due capi continua, di derivazione ellenistica, sia entrato nell’uso con
il secondo stile (Bastet, de Vos 1979, p. 108, nota 9) e non nel terzo come invece ritiene la Morricone (1970a,
p. 514).
Morricone 1970a, p. 504, fig. 504 e p. 514.
V. supra, nota 748. Pur considerando che il calcolo delle tessere nel nostro caso viene eseguito su di un motivo
ornamentale piottosto complesso, che può aver causato difficoltà nell’accurato accostamento dei singoli elementi,
tuttavia la notevole differenza rispetto al mosaico precedente, considerata unitamente alla maggiore dimensione
delle singole tessere, ci sembra giustificare l’ipotesi di una cronologia posteriore.
V. supra, pp. 80-89.
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