Analisi dei sistemi di orientamento spaziale e wayfinding per il

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Analisi dei sistemi di orientamento spaziale e wayfinding per il
“ANALISI DI SISTEMI DI ORIENTAMENTO
SPAZIALE E WAYFINDING PER IL PROGETTO DI
AMBIENTI A ELEVATA COMPLESSITA’
AMBIENTALE”
arch. Elisabetta Carattin(*), prof. arch. Valeria Tatano(**),
arch. Stefano Zanut(***)
(*)
Università IUAV di Venezia, Facoltà di Architettura
Dorsoduro 2196, 30123 Venezia
[email protected]
(**)
Università IUAV di Venezia, Facoltà di Architettura
Dorsoduro 2196, 30123 Venezia
[email protected]
(***)
Corpo Provinciale dei Vigili del Fuoco di Pordenone
via Interna 14, 33170 Pordenone
[email protected]
Abstract
Topic 5: Fruibilità e sicurezza.
Il paper propone un’analisi dei sistemi di Wayfinding, termine che identifica i modi e i
metodi attraverso cui le persone si orientano all’interno dello spazio fisico allo scopo di
spostarsi da un luogo a un altro, in relazione ai meccanismi di percezione sensoriale
dell’ambiente e alle condizioni qualitative dello stesso.
Verranno definite le strategie di Wayfinding in edifici complessi (per planimetria,
tipologia di utenza ecc…), in relazione al comportamento umano dell’utente e alla
qualità dell’ambiente che lo circonda, prendendo in analisi in particolare le condizioni
di emergenza.
Le limitazioni cognitive, funzionali e culturali di ogni soggetto determinano una
deficienza nella comprensione dei sistemi di identificazione delle vie d'uscita e,
soprattutto, del rischio connesso con le situazioni di emergenza, a cui occorre dare
risposta con adeguati sistemi di Wayfinding.
Attualmente la progettazione dei piani di evacuazione e dei sistemi di orientamento
sembra essere determinata ex-post rispetto alla fase di progettazione degli edifici,
senza l’utilizzo di criteri specifici per la scelta di una appropriata strategia di
Wayfinding.
La parte iniziale del paper proporrà lo studio dei meccanismi di percezione cognitiva
dell’ambiente con l’obiettivo di indicare alcuni strumenti per la progettazione
planimetrica e tecnologica (progettazione segnaletica, suoni, luci, ecc ...), funzionali a
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una più efficace interazione individuo/ambiente, al fine di facilitare la capacità di
Wayfinding negli edifici in condizioni ordinarie e di emergenza.
Verranno inoltre illustrati i risultati di un caso-studio relativo a un esperimento di
mappatura cognitiva in un ipermercato, al fine di analizzarne ed evidenziarne gli
elementi di criticità, e proposte soluzioni alternative atte a fornire una risposta al
problema della caratterizzazione dei sistemi di Wayfinding.
1. Introduzione.
Con il termine wayfinding si indica l’ambito di ricerca che identifica i modi con
cui le persone si orientano all’interno dello spazio fisico allo scopo di spostarsi
da un luogo a un altro, in relazione ai meccanismi di percezione sensoriale
dell’ambiente e alle condizioni qualitative dell’ambiente che le circonda.
In particolare, il tema del wayfinding trova la sua ottimale declinazione in
presenza di edifici caratterizzati da condizioni di contesto complesse (per
planimetria, tipologia di utenza ecc…), come ad esempio cinema, aeroporti,
fiere, supermercati, in cui l’interazione individuo-ambiente risulta svilupparsi
secondo dinamiche molteplici e molto articolate.
Gli edifici complessi, infatti, inducono gli utenti a mettere in atto e
comprendere strategie di wayfinding che comportano un elevato livello di stress
cognitivo e di impegno psicofisico nella fase di decisione e di azione per
svolgere il movimento, soprattutto in quegli scenari in cui non c’è molto tempo
a disposizione per prendere e portare a termine tali decisioni.
Dal punto di vista dell’utente, inoltre, è necessario aggiungere come le
limitazioni cognitive, funzionali e culturali di ogni soggetto (oltre al proprio
trascorso esperienziale), possano determinare una deficienza nella
comprensione dei sistemi di identificazione delle vie d'uscita, della definizione
di mappe cognitive e, soprattutto, del rischio connesso con le situazioni di
emergenza sfavorendo ulteriormente le prestazioni di wayfinding.
Il quadro della situazione è reso ancora più critico se si considera come, ancora
allo stato attuale, la progettazione dei piani di evacuazione, dei sistemi di
orientamento, dei processi di deflusso, come anche quella degli spazi calmi,
sembri essere determinata ex-post rispetto alla fase di progettazione degli
edifici, senza l’utilizzo di criteri specifici per la scelta di una determinata e
appropriata strategia di wayfinding (Fig. 1). È prassi ancora molto diffusa,
soprattutto nel nostro paese, demandare semplicemente all’applicazione di un
sistema di segnaletica per l’emergenza la risoluzione di tutti i problemi inerenti
alla progettazione antincendio.
Le ricerche sulle strategie di wayfinding delle persone, in particolare nelle
situazioni di emergenza (Canter, Breaux, Sime, Proulx), sono state molto utili
nel fornire linee guida per la progettazione dei luoghi pubblici giungendo alla
conclusione che facilitare il wayfinding richiede qualcosa in più
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dell’apposizione della segnaletica. Questa il più delle volte non supera le
problematicità architettoniche dell’edificio (Arthur, Passini, 1992), rendendo
evidente ancora una volta come sia necessario considerare a priori i principi
relativi al wayfinding.
In ambito italiano l’identificazione delle strategie di wayfinding (relative sia
all’edificio che al comportamento umano) rappresenta un elemento importante
nella progettazione antincendio, tanto da essere esplicitamente considerate nella
circolare del Ministero dell’interno n. 4 del 2002, Linee guida per la
valutazione della sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro ove siano presenti
persone disabili. In particolare, nel testo viene evidenziata la carenza di una
buona prassi progettuale dei sistemi di orientamento, sia per la poca conoscenza
sull’argomento, sia per l’indisponibilità di testi e ricerche redatti in lingua
italiana. Il contributo che segue si pone l’obiettivo di cominciare a colmare
questa lacuna, proponendo alcune indicazioni sull’argomento formulate dagli
autori assumendo come punto di partenza l’esperienza nord americana.
Figura 1. Centro culturale Candiani di Cappai e Mainardis a Mestre (Ve). Ultimato in tempi
recenti, a seguito di un progetto ventennale, è un esempio di sistema di segnaletica applicato a
posteriori, sulla base di una precedente (pessima) progettazione dei percorsi di esodo (e
ordinari). Il segnale di uscita di emergenza, difficilmente percepibile nell’angolo in alto sulla
destra, indica di svoltare a destra, mentre la lunga prospettiva della scalinata indicherebbe,
implicitamente, di percorrere la via sempre dritti per raggiungere (forse) l’esterno dell’edificio.
2. Progettare con i criteri del Wayfinding
2.0 I principi del wayfinding
Il termine wayfinding è stato introdotto dall’urbanista Kevin Lynch nel 1960 nel
testo The image of the city, con l’intenzione di indicare i processi che si attivano
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inconsapevolmente quando le persone si muovono nello spazio urbano. Questi
processi si manifestano in molte situazioni in cui siamo coinvolti, come guidare
in campagna, fare una passeggiata in città, muoversi all’interno di un edificio,
ecc. Nell’azione del muoversi in un ambiente si possono infatti distinguere due
processi correlati tra loro: l’orientamento e il wayfinding.
L’orientamento è un processo di tipo statico, con il quale una persona è in
grado di dire dove si trova, il wayfinding (nella sua accezione più recente) è un
processo di tipo dinamico che permette di comprendere quali comportamenti
vengono compiuti nello spazio per raggiungere una certa destinazione (Arthur,
Passini, 1992).
Nella vita quotidiana le persone, per trovare e seguire il percorso da un luogo a
un altro, acquisiscono, interpretano e utilizzano la conoscenza dell’ambiente
fisico che le circonda in genere senza sforzi di concentrazione.
La conoscenza spaziale viene, infatti, gradualmente acquisita (anche
inconsapevolmente) mentre si compiono semplici tragitti per recarsi da un
punto a un altro.
In questi casi si dice che le persone realizzano una mappa cognitiva
dell’ambiente, che non è altro che una rappresentazione mentale che
corrisponde al modo in cui viene percepito il mondo reale.
La conoscenza spaziale dello spazio geografico è costituita da 3 livelli, che si
acquisiscono per passaggi successivi incrementali:
1 step - conoscenza dei Landmark, riguarda la conoscenza dei punti di
riferimento salienti all’interno di uno spazio;
2 step - conoscenza dei percorsi, in cui i Landmark vengono messi in sequenza
(si costituiscono così i percorsi di movimento o navigazione);
3 step - conoscenza topografica, che permette alle persone di localizzare i punti
di riferimento e i percorsi all’interno di uno schema di riferimento più ampio.
Le persone, quindi, apprendono le informazioni necessarie sugli ambienti che le
circondano in modo incrementale, aggiungendo informazioni ogni volta
diverse. Tuttavia, anche a livello di conoscenza topografica, possono essere
sempre presenti imprecisioni e distorsioni che sembrano principalmente
dipendere da due fattori:
1- una mappa cognitiva può essere costituita dalla stratificazione di diversi
livelli di conoscenza soggettiva e può integrare informazioni incomplete e
imprecise, dovute a non corrette interpretazioni
2 – le strutture ambientali molto complesse possono portare a uno sviluppo più
lento delle mappe cognitive e anche a imprecisioni nella rappresentazione. In
questi ambienti il ragionamento deduttivo, che permette ad esempio di intuire
che due luoghi sono vicini tra loro, perché prossimi a un terzo noto, risulta più
difficoltoso e probabilmente poco attendibile.
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Dal punto di vista della progettazione architettonica Weisman (1981) ha
identificato 4 classi di variabili ambientali che influenzano la prestazione di
wayfinding:
1. accesso visivo alle informazioni;
2. grado di differenziazione architettonica;
3. uso di segnaletica;
4. configurazione della planimetria.
Weisman afferma, inoltre, che un ruolo molto importante sul comportamento di
wayfinding è giocato sia dalla familiarità che le persone hanno con l’ambiente,
sia dalla semplicità del layout ambientale.
L’obiettivo dei progettisti dovrebbe quindi essere quello di creare ambienti ed
elementi distinguibili tra loro (Fig. 2), ad esempio operando sulle caratteristiche
peculiari (colori, diverse illuminazioni, diverse caratteristiche strutturali,
identificazione dei percorsi). I microambienti rendono alle persone più facile il
movimento, e le mettono nelle condizioni di trovare la propria strada senza
grossi sforzi, basandosi esclusivamente sulla conoscenza di senso comune.
Figura 2. Galleria di Stato di Stoccarda. James Stirling, 1977. Il particolare colore dei corrimano
si distingue dal contesto, permettendo la facile individuazione dei sistemi di percorsi
2.1 Wayfinding ed emergenza
In condizioni di emergenza riuscire a trovare la via giusta all’interno di un
ambiente impone la necessità di prendere decisioni più veloci e intuitive (sulla
base delle informazioni disponibili) rispetto a delle condizioni ordinarie.
Le decisioni prese nel vissuto quotidiano, come decidere quale paio di scarpe
indossare o quale strada imboccare per arrivare in tempo a un appuntamento,
sono ben diverse rispetto a quelle che dobbiamo stabilire in condizioni di
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emergenza. Anche le decisioni ben più importanti nella nostra vita, come il fatto
di comprare casa con un mutuo o andare in affitto, seguono una logica diversa
rispetto alle decisioni che dovremmo prendere durante un’emergenza.
Questo per 3 ragioni precise (Proulx, 1993):
1 - per prima cosa, in un incendio c’è in gioco la vita: la conseguenza di una
sola decisione può determinare, infatti, la sopravvivenza;
2 - in secondo luogo, ma di primaria importanza, il tempo a disposizione per
effettuare la decisione è molto limitato;
3 - infine, le informazioni su cui basare le decisioni sono spesso ambigue,
incomplete e inusuali, a causa del cambiamento delle condizioni ambientali
dovute allo scenario di emergenza.
Quando si aziona un allarme antincendio le persone non iniziano a fuggire
immediatamente.
La ricerca sul comportamento umano in emergenza ha dimostrato che gli
individui dopo un allarme occupano fino a 2/3 del tempo a disposizione in
attività non volte all’evacuazione, prima di uscire da un edificio.
I comportamenti osservati nelle persone durante le situazioni di pericolo e di
emergenza sono ben diversi dall’immediata evacuazione (Proulx, 2002), e
riassumibili e prevedibili in:
1- avoidance (sottovalutazione del rischio): nel momento iniziale, le persone
tendono a ignorare o rinnegare la situazione
2 – commitment (impegno): le persone coinvolte in una attività tendono a
portala a temine prima di volgere l’attenzione a un evento inusuale che si sta
verificando
3 – affiliation (affiliazione): le persone cercano di radunare i propri cari prima
di cominciare l’evacuazione
4 – familiarità (familiarità): in emergenza, le persone tendono a muoversi in
una direzione familiare piuttosto che sperimentare nuovi percorsi
5- role (ruolo): le persone si comportano in base al loro ruolo prestabilito o
status nell’edificio.
Queste reazioni non sono tutte da intendersi come individuali ma come
comportamenti che possono contraddistinguere l’intera folla: gli individui,
aggregandosi all’interno di un gruppo, che diventa una sorta di organismo
autonomo, assumono atteggiamenti influenzati dal comportamento delle altre
persone che li circondano.
La progettazione dell’edifico è strettamente connessa con le aspettative
cognitive delle persone (Ozel, 1993).
Ogni elemento di novità, come la disposizione non prevista di un elemento
architettonico, può a volte risultare fatale per l’utente. Basti pensare, a titolo
esemplificativo, al disorientamento che può essere causato da una errata
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disposizione delle scale, in considerazione del fatto che le persone si
aspetterebbero che questi elementi fossero localizzati nella parte centrale o nella
parte terminale di un corridoio. A volte si verifica invece che la parte terminale
di un corridoio sia solo un punto morto. Inoltre, le persone in situazione di
emergenza corrono precipitosamente verso gli atrii centrali dell’edificio, gli
ingressi e le zone vicine agli ascensori, perché si aspettano che in quei luoghi ci
siano altre vie di esodo verticali disponibili.
In caso di situazioni di emergenza, quando il tempo a disposizione è minimo e
le informazioni possono essere difficilmente percepibili, le persone devono
essere messe in condizione di muoversi e orientarsi nello spazio sulla base di
ragionamenti intuitivi.
La capacità di orientamento si modifica; il fuoco e il fumo alterano la
percezione dell’ambiente circostante e modificano il modo in cui vengono
elaborate le informazioni ambientali. Questi cambiamenti si manifestano in un
aumento nell’uso dei processi cognitivi di selezione del percorso e di
wayfinding, descritti precedentemente.
Dal punto di vista progettuale, per incrementare le comunicatività ambientale è
necessario quindi provvedere a informazioni aggiuntive di tipo (Proulx, 2002):
- visivo
- tattile
- sonoro, che siano tutte e tre attendibili e standardizzate.
3. Analisi delle capacità di wayfinding degli utenti di un
supermercato. Un caso studio.
Per analizzare gli elementi di criticità dell’orientamento si è studiato ed
effettuato un test di mappatura territoriale nell’ambito di un supermercato, con
l’obiettivo di riconsiderarli alla luce della ricaduta sui problemi della sicurezza.
I frequentatori di centri commerciali, sale e multisale cinematografiche,
ospedali, stazioni, o luoghi di culto, rappresentano un ottimo campione da
sondare, dal momento che questa tipologia di utenza, non essendo mai
coinvolta in prove di evacuazione, non ha avuto spesso occasione di osservare
le uscite di emergenza. Inoltre, la natura eterogenea di questi ambienti ne rende
difficile per il fruitore il movimento all’interno.
L’accesso alle informazioni sulla capacità di mappatura cognitiva dei fruitori di
questo tipo di ambienti è molto importante per la progettazione di spazi
complessi.
Nella giornata del 27 febbraio 2010 è stato svolto il test di mappatura
territoriale per verificare le capacità di wayfinding di un gruppo di utenti
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all’interno di un ambiente complesso, scelto nel centro Commerciale Meduna a
Pordenone,
Figure 3 e 4. Fasi durante delle interviste ai clienti
Si è trattato di un test innovativo nel suo genere: nessun test di mappatura
territoriale è infatti mai stato fatto fino a oggi all’interno di un centro
commerciale, soprattutto in considerazione della verifica dell’effettiva capacità
di ricordare le vie di esodo, oltre che delle capacità di wayfinding ordinarie.
A tal fine il test si è svolto sotto forma di intervista verbale individuale in cui
l’intervistato doveva:
1- indicare un determinato percorso a una persona che non era mai stata
all’interno del supermercato
2 – richiamare alla memoria le uscite di emergenza; in caso contrario, indicare
le procedure di evacuazione che avrebbe attuato in caso di una emergenza reale
Le interviste effettuate sono state 106 (maschi 48,12%, femmine 51,88%).
Le fasce di età interessate sono state:
- giovani (0-17 anni): 14,15% degli intervistati
- adulti (18-64 anni): 59,52% degli intervistati
- anziani (> 65 anni): 26,45% degli intervistati
La suddivisione di utenza presa in esame è rappresentativa della popolazione
media italiana che frequenta abitualmente un supermercato.
In questa sede viene presa in esame unicamente la parte del test che riguarda le
risposte degli utenti alla domanda: “Saprebbe indicarmi le uscite di emergenza?
In caso contrario, come uscirebbe dal supermercato in caso di emergenza?”, che
più meglio mette in luce gli elementi di criticità ambientale:
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Risposte
No assoluto
Risposta efficace
Casse/Entrata
Seguirei la massa
segnaletica/uscite
Indic. generiche
giovani
20%
13,33%
33,33%
13,33%
20%
0%
adulti
17,46%
22,22%
28,56%
14,28%
15,87%
1,59%
anziani
17,86%
10,71%
39,29%
10,71%
14,29%
7,14%
TOT
17,92%
17,92%
32,08%
13,21%
16,04%
2,03%
Tab. A. La Tabella indica le risposte alla domanda: “Saprebbe indicarmi le uscite di emergenza?
In caso contrario, come uscirebbe dal supermercato in caso di emergenza?” Divisione dei
risultati per fasce di età.
La prima considerazione evidente riguarda l’individuazione di una
caratterizzazione delle risposte per fasce di età distinte: particolarmente
rilevante, inoltre, il fatto che quasi il 18% del totale degli intervistati sia stato in
grado di dare una indicazione efficace in merito alla localizzazione di almeno
una uscita di emergenza.
Significativo, inoltre, il netto dimezzamento nell’efficacia nell’indicare le uscite
di emergenza tra adulti e anziani: si noti come solo il 10,71% degli anziani
intervistati, rispetto al 22,22% degli adulti, abbia manifestato effettiva capacità
di indicare le uscite.
Da tenere in considerazione come ben il 32,08% degli intervistati che non sono
stati in grado di ricordarsi le uscite di emergenza abbiano proposto, come
soluzione alternativa di esodo, di dirigersi verso le casse o l’entrata principale,
ossia riproponendo semplicemente i percorsi che effettuano abitualmente, in
condizioni ordinarie. Tale dato dovrebbe fare presagire come facilmente le
casse e l’entrata possano tramutarsi in elementi di ostruzione per il deflusso
delle persone qualora non opportunamente progettati per questa situazione di
flusso anomalo.
Il 16,04% dichiara che cercherebbe la segnaletica o le uscite di emergenza,
manifestando un atteggiamento comunque efficiente in situazioni di pericolo,
che però può essere del tutto vanificato nel caso in cui i sistemi di segnaletica e
la localizzazione delle uscite di emergenza non risultino realmente efficaci in
quella determinata situazione.
Molto significativa, infine, la percentuale (13,21% del totale) delle persone che,
in caso di emergenza, non sapendo come orientarsi, seguirebbe gli altri: questa
fascia di utenza potrebbe rappresentare, molto probabilmente, un potenziale
elemento di pericolo aggravante nel caso in cui decidesse di emulare altri
gruppi di persone, intenti a perseguire comportamenti non efficienti o
svantaggiosi in emergenza.
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4. Conclusioni
Nella analisi e individuazione dei sistemi di orientamento spaziale e wayfinding
assume importanza cruciale e indissolubile lo studio del rapporto:
- individuo / edificio / scenario ambientale (ordinario o di emergenza).
solo tramite l’analisi dei processi interpretativi umani dell’ambiente che è
possibile individuare e comprendere gli elementi di criticità ambientale, per poi
indicare idonei criteri progettuali nel rispetto della sicurezza antincendio.
Solo grazie al test di mappatura territoriale nell’Ipercoop Meduna è stato infatti
possibile mettere in evidenza gli elementi di criticità della progettazione
architettonica dell’edificio.
Il fatto che ben quasi l’80% degli anziani e degli adulti non abbia saputo dire
dove siano le uscite e abbia dichiarato che si sarebbe organizzato in
comportamenti non efficienti in caso di emergenza, può a tutti gli effetti
considerarsi come un dato che ha un corollario importante e non del tutto
scontato dal punto di vista della corretta progettazione dei sistemi di
wayfinding, soprattutto se si considera il carattere di abitudinarietà al centro
commerciale dell’utenza presa in esame.
5. Bibliografia
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McGraw-Hill, New York
2. Bechtel R. B., Churchman A., (2002) Handbook of environmental
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3. Bryan, J.L., "Behavioral response to fire and smoke", FPE Handbook of
Fire Protection Engineering, 2nd ed., National Fire Protection
Association, Quincy, MA, pp. 315-341, (1995)
4. Carattin E., Zanut S., "I principi del Wayfinding. L'orientamento in
emergenza", Antincendio, genn., pp. 90-99, (2009)
5. Lynch K, (1960) The image of the city, MIT, Cambridge
6. Ozel F., “How Cognitive Factors Influence Way-Finding”, NFPA
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342-366, (2002)
8. Proulx, G. Fahy R.F., “Account analysis of WTC survivors”,
Proceedings of the 3rd International Symposium on Human Behaviour
in Fire, Belfast, UK, pp. 203-214, (2004)
9. Weisman J., “Evaluating architectural legibility. Way-finding in the
built environment”, Environment and behavior, 2, pp. 189–204, (1981)
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