Isola Tiberina - accademiasalute
Transcript
Isola Tiberina - accademiasalute
! ! Esculapio e la medicina, nell’Isola Tiberina Nel cuore di Roma, tra il ponte Fabricio e Cestio, sorge un’isola che ha un’antica storia da raccontare: l’Isola Tiberina. Le sue origini sono controverse. C’è chi dice che e s i s t e s s e fi n d a l l ’ e p o c a preistorica e che già da allora fosse ben ancorata al fondale, punto di facile guado del fiume Tevere; c’è che ipotizza che fosse sorta da un cumulo di covoni di g rano, di proprietà di Tarquinio il Superbo, che i romani gettarono nel fiume al momento della cacciata dei Tarquini dalla città e chi, infine, suppone che sia sorta su un’antica nave, data la sua caratteristica forma. Tutte queste leggende, più o meno credibili, trovano il loro comune e felice epilogo nella certezza che quest’Isola sia stata da sempre un luogo consacrato alla cura ed alla guarigione, tanto da farle assumere il nome di “Isola della Salute”. Quest’appellativo riporta al 293-290 a.C., anni in cui venne costruito un tempio dedicato ad Esculapio, il “medico divino”. La storia racconta che, in seguito ad una terribile pestilenza che stava facendo molte vittime, consultati i Libri Sibillini, il senato di Roma fece partire una commissione di dotti cittadini per chiedere al “nume della medicina” il suo prezioso aiuto. La delegazione salpò su di una nave alla volta di Epidauro, città sacra ad Esculapio. La rappresentanza romana fu ben accolta e si iniziarono riti propiziatori in favore della città. Si racconta che in questa occasione, mentre tutti si ritrovavano riuniti all’interno del Tempio, uscisse dai suoi sotterranei (o addirittura da una statua di Esculapio), un misterioso serpente che, all’insaputa dei presenti, andò a rifugiarsi sulla nave romana. Quando la nave, di ritorno dalla Grecia, risalendo il Tevere, giunse all’altezza dell’Isola Tiberina, il serpente vi discese e si fermò in un punto preciso di quell’ammasso di terreno. Quel luogo fu visto dai legati romani come il segno in cui sarebbe dovuto sorgere il Tempio dedicato ad Esculapio. Come ne fu iniziata la sua edificazione, l’epidemia di peste cessò e Roma, riconoscente al grande medico, gli consacrò l’intera Isola. Sembra che la sua forma di nave trireme con tanto di prua, poppa ed albero maestro risalga proprio a quegli anni, quale ricordo di quel prodigioso evento. Al centro dell’Isola fu messo un obelisco, che doveva rappresentare l’albero che sosteneva la vela, mentre sulle rive furono posti grossi blocchi di travertino sistemati in modo da farla rassomigliare ad una prora; inoltre su quella caratteristica spigolatura fu lasciato un piccolo bassorilievo del serpente di Esculapio, ancor oggi visibile. La nave, nella simbolica della Dottrina Ermetica, assume un importante significato. Si parla di una “nave-coscienza” mossa da una volontà attiva, sveglia, che riesce a superare tutte le bufere e che sa dirigersi verso un porto sicuro: nave-guida di se stesso, ma anche, all’occorrenza, di coloro che cercano un “direttore ” per la propria nave. Così quella forma di imbarcazione che venne data all’Isola Tiberina, diventa l’emblema del proprio “Tempio-navigante”, che domina le acque, ben saldo com’è al proprio “albero maestro”: la Presenza Divina elargitrice di ogni Virtù e Conoscenza. Il Tempio, consacrato nel 289 a.C., divenne un vero e proprio luogo di cura e sull'Isola sorsero anche diverse strutture adibite all’accoglienza dei malati. Si racconta che le guarigioni avvenissero anche grazie ad “un’acqua salutare”, dai portentosi effetti taumaturgici, attinta dalla fonte attigua al Tempio. Su quell’Isola Tiberina si cominciarono a praticare g li stessi metodi di cura un tempo utilizzati ad Epidauro da Esculapio e dai suoi sacerdoti. Si dice che la medicina utilizzata dal “medico divino”, fosse antichissima, “primordiale”: la Scienza dei Primi Principi preesistente ancor prima della caduta adamica. Ma chi era veramente Esculapio? Di lui si parla non solo nel “Corpus Hermeticum” di Ermete Trismegisto, il grande Sapiente egiziano che lo ammaestrò nella conoscenza di tutto lo scibile umano, ma anche nel Taoismo cinese e nel nostro Cristianesimo: dimostrazione dell’esistenza di una Sapienza molto antica che vede il suo passaggio di civiltà in civiltà, per poi arrivare ancora intatta fino ai giorni nostri. C’è chi dice che il dio greco sia nato ad Epidauro, sul monte Tittione, dall’amore di Apollo e Coronide e c’è chi vede in lui addirittura un “ M e s s i a ” i n c a r n at o ch e guariva i malati e risuscitava i morti, insegnando, al tempo stesso, i segreti dell’arte medica e della teurgia. La storia della sua nascita attesta già di per sé la particolarità di questo personaggio umano-divino. Il mito racconta che Apollo amasse molto Coronide, figlia di Flegia, re dei Lapiti, ma che questa, quando ancora portava il frutto del loro amore in seno, avesse ceduto alle lusinghe di un un giovane mortale. La rabbia del dio fu tale da uccidere con una freccia la donna ma, prima che il suo corpo venisse del tutto avvolto dalle fiamme del rogo funebre, Apollo si precipitò per salvare il proprio figlio: lo “rapì alla morte” e davanti a lui le fiamme si aprirono. Fu così che Esculapio uscì vittorioso dalla prova del fuoco anticipando il suo destino di guaritore e “portatore di immortalità”. Mercurio, il dio alato, su ordine di Apollo, lo consegnò al centauro Chirone, dal quale apprese l’arte di conoscere le erbe mediche e le Scienze Occulte. Molti furono i santuari o “Asclepei” edificati in suo onore ed ancora più numerosi i luoghi di accoglienza per i malati che venivano preparati a ricevere i suoi medicamenti. I primi “Ascle pei” venivano costruiti, non a caso, in luoghi riparati dai venti, circondati da estesi boschi e sempre in prossimità di una fonte o di un pozzo di acque sorgive: caratteristiche che ben legano con l’idea di salubrità che quei luoghi dovevano possedere. Solo più tardi si pensò di edificarli come veri e propri templi contornati da portici ed abitazioni che accogliessero gli ammalati. I malati vi arrivavano dopo un vero e proprio pellegrinaggio e, prima di venir sottoposti ai segreti metodi di cura, volontariamente si sottoponevano a riti liturgici, preghiere, digiuni ed offerte sacrificali. La medicina che Esculapio esercitava era completa e si fondava sulla guarigione non solo del corpo, ma anche dello spirito. Il metodo di cura si basava sul “rito d’incubazione”. “In-cubare” significa “giacere dentro un luogo sacro o tempio” e, quando si parla di tempio, ci si riferisce anche ad uno spazio intimo, segreto, da ricercare nel proprio cuore. Questo procedimento, insieme alla taumaturgia ed all’ipnomagnetismo curativo era stato praticato, già da epoche antichissime, sia in Egitto che in India; in seguito fu utilizzato dagli Esseni del Mar Morto, da Gesù Cristo, dai suoi Apostoli e dai santi Cosma e Damiano. I malati dopo essere stati sottoposti a quei riti di purificazione, passavano la notte nel tempio e qui cadevano in un sonno spontaneo (o provocato dai sacerdoti stessi) durante il quale appariva loro Esculapio o i suoi messaggeri, con i suggerimenti per la cura da seguire. Al mattino i Sacerdoti o Asclepiadi, interpretavano quei sogni enunciando la diagnosi ed i medicamenti necessari. I numerosi “ex-voto” restituiti dagli scavi archeologici attestano l’autenticità di quelle guarigioni; spesso le iscrizioni indicano la ricetta della medicina utilizzata mettendo in evidenza, per la semplicità della cura adottata, il mistero legato a quelle miracolose restituzioni di salute fisica e psichica. I simboli adottati da Esculapio erano il bastone, il rotolo di libro, il fascio di papaveri, il gallo ed il serpente. Il rotolo di libro rappresenta la Legge Divina, la guida sicura da seguire; i papaveri, simbolo del “sonno dello spirito”, recisi in modo da formare un bel fascio, diventano l’emblema di rinascita a nuova vita: esperienza ben espressa dalla figura del g allo, annunciatore del “nuovo giorno”. Un significato particolare lo riveste il bastone con il serpente attorcigliato che Esculapio portava sempre con sé. Quel “sostegno” nodoso e possente diventò ben presto il sicuro emblema di cura e soccorso adottato per contraddistinguere la vera Medicina. Nell’antichità per Medicina s’intendeva la “Medicina Aurea”, rimedio che guarisce tutte le infermità del corpo e dell’anima, intesa come “dono” che Dio elargisce a chi ne è degno. I Filosofi ermetici attribuirono a quest’Arte la proprietà di ogni guarigione e ringiovanimento: il vero medico era l’Artista che dà inizio alle fatiche d’Ercole per portare a compimento la Grande Opera alchemica o Medicina Aurea. Si dice che Esculapio risolvesse le malattie utilizzando tutte le risorse fisiche e metafisiche da lui acquisite e che lo facesse con leggeri toccamenti sulle parti malate del paziente, alitando poi su di queste. In breve tempo divenne talmente eccellente nell’“arte medica”da metterla a profitto dell’umanità, tanto da riuscire a riportare in vita il giovane Ippolito, figlio di Teseo: tutto il suo potere sembrava risiedere in quel serpente avvolto sul suo bastone (tirso o Caduceo) emblema adottato poi dalle farmacie di tutta Europa. Il serpente, simbolo di insidia e seduzione operata dall’illusione cosmica (l’Uroboros dei Greci) in questo contesto diventa l’emblema di morte e di rigenerazione spirituale, aiuto insostituibile per poter esercitare la vera Medicina. Nell’antica Grecia la fama di Esculapio risultò talmente grande, da far pensare che bastasse dormire in un santuario a lui consacrato per guarire da ogni malattia e fu proprio dietro a questa notorietà che anche Roma volle legare l’Isola Tiberina alle prodigiose qualità mediche della sua persona. Secondo la tradizione romana il Tempio di Esculapio fu costruito dove già ne esisteva un altro, dedicato a Vediovis. Nel mito, il dio Vediovis, era assimilato ad Apollo, dio del Sole, della medicina e di tutte le arti, quindi il fatto di festeggiare Esculapio nello stesso giorno, consacrava maggiormente la sua grandezza di Medico. I l Te m p i o s o r g e v a n e l l a p a r t e meridionale dell’Isola vicino ad una fonte; ai suoi lati era stato edificato un portico destinato all’accoglienza dei malati e dei pellegrini, infine nella parte settentrionale si trovavano tre piccoli santuari dedicati a divinità che avevano a che vedere con il mondo agreste e con l’osservanza di giuramenti e promesse divine. Il Santuario andò distrutto in epoca medievale e nell’anno 1000 sorse, sulle sue rovine, la Basilica di San Bartolomeo. Fu Ottone III, imperatore del Sacro Romano Impero, a volerne la costruzione per potervi trasportare le reliquie di Adalberto di Praga. La chiesa fu e d i fi c a t a i n o n o r e d i S a n Bartolomeo perché grande era la fama di quest’apostolo come taumaturgo: qualità che lo metteva in stretta relazione con Esculapio. Di lui si dice che riuscisse a guarire malattie difficilmente risolvibili e che fosse in grado di allontanare i demoni. Quando la Basilica venne costruita, l’antica fonte venne tramutata in pozzo ed inglobata al suo interno; stessa cosa accadde anche per l’albero maestro di cui oggi rimangono solo dei frammenti. La Basilica di san Bartolomeo venne a sua volta cristianamente consacrata, perpetuando così la continuità tra un’antica ritualità taumaturgica e la medicina odierna. Oggi anche se il resto dell’Isola continua a essere un centro dedicato alla cura dei malati, si è perso molto di quell’antica medicina. L'ospedale “Fatebenefratelli”, nato nel Cinquecento e gestito dalla Congregazione di S.Giovanni di Dio, ha la sua notorietà, ma la medicina che oggi vi si esercita risulta ben diversa da quella di allora. Un tempo era il Sacerdote, “Maestro” in tutte le Scienze, a saper praticare la sua “Arte medica”. Ippocrate, caposaldo storico della vera medicina, formò il patrimonio della sua cultura medica attingendo dalle iscrizioni votive conservate nei templi dedicati ad Apollo e ad Esculapio, dislocati in tutta la Grecia: furono quelle conoscenze, corredate dalle descrizioni dei sintomi e dalle indicazione delle cure stabilite, a dar corpo all’immenso patrimonio del suo “sapere”. La vastissima cultura di cui era in possesso fu non solo la base su cui fondare la sua formazione di medico, ma servì anche per stabilire i criteri fondamentali della vera medicina, che ancor oggi sono ricordati. Altri capiscuola presero il posto di quelli già enunciati: Galeno, Teofrasto Paracelso, Gerolamo Cardano, Cornelio Agrippa e tanti altri furono coloro che meglio si distinsero per l’ampia visione che avevano di questa Scienza. Alla medicina di oggi non possiamo non riconoscere grandi meriti, ma purtroppo tutto (o quasi tutto) si è perso di quell’antica, ma sempre pur valida, visione che un tempo il “medicosacerdote” aveva del malato. Le guarigioni “miracolose” avvenivano non solo perché si era trovato il medicamento giusto, ma perché, come ci insegnano le Sacre Scritture, si curava prima lo spirito e poi il corpo. Il 24 ottobre la chiesa celebra la festa dell’Arcangelo Raffaele che, in lingua ebraica significa “Dio risana”. Lo si invoca quale intercessore per la salute dell’anima e del corpo e come protettore nei lunghi viaggi. Di quest’Angelo biondo e sfolgorante se ne parla ampiamente nell“Enciclopedia Cattolica”, edita dalla Città del Vaticano. Secondo un’antica tradizione ermetica si dice che Raffaele fosse il più “umano” tra gli tutti gli Angeli, sceso sulla terra per rivelarsi agli uomini ed insegnare la vera medicina. San Gerolamo lo chiamava “Medicina di Dio” e lo considerava grande consigliere sia dell’uomo sano che del malato; la sua presenza ha sempre illuminato i dotti, gli studiosi, gli artisti in generale ed in particolare i medici. Le Sacre Scritture e la Kabbala ricordano che è la Provvidenza Divina a dare i mezzi efficaci per guarire tutti i mali che angustiano l’umanità ed hanno visto in Raffaele l’Angelo preposto a tale compito. Così dice Salomone, il più saggio tra gli uomini: “ L’Altissimo creò dalla terra la medicina; e Dio pose sulla terra un medicamento che il Sapiente non disprezzerà”. (Eccl.c.38)