1 Trieste, 23 ottobre 2015 Parere del Garante regionale dei diritti

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1 Trieste, 23 ottobre 2015 Parere del Garante regionale dei diritti
Trieste, 23 ottobre 2015
Parere del Garante regionale dei diritti della persona- componente con funzioni di garanzia
per le persone a rischio di discriminazione - sulla protezione delle persone ‘intersessuali’ e
‘transessuali’ dalle discriminazioni nel mondo del lavoro.
Il dibattito seguito all’insediamento all’istituto scolastico di Cervignano del Friuli di un insegnante
“intersessuale” evidenzia le difficoltà della società italiana ad affermare i diritti all’ uguaglianza e
alla pari dignità sociale delle persone che non sono riconducibili ad un modello strettamente
binario di identità sessuale,
definito sull’esistenza di due sessi biologicamente distinti e
mutualmente esclusivi, ciascuno dei quali associato a ruoli e comportamenti tradizionalmente
definiti .
A ciascuno di noi viene spontaneo chiedere ad una coppia di amici o conoscenti che hanno appena
avuto un neonato se questi sia un maschio o una femmina. D’altro canto, dobbiamo essere
consapevoli che questa distinzione non sempre viene rispettata in natura e vi sono persone c.d.
“intersessuali” che presentano un certo numero di variazioni nelle caratteristiche fisiche e sessuali,
primarie e/o secondarie, cromosomiche e/o ormonali e/o anatomiche non associate strettamente da
un punto di vista medico alle definizioni di maschio e femmina.
Ugualmente, occorre riconoscere l’esistenza e la pari dignità sociale delle persone, che già dall’età
infantile e adolescenziale, avvertono un’incongruenza tra la percezione della propria identità di
genere ed il proprio corpo, identificandosi con un identità di genere opposta al sesso biologico di
nascita, fino dunque ad intraprendere un percorso di rettificazione del proprio sesso attraverso
procedure mediche ormonali, estetiche e chirurgiche (transessuali). Altre preferiscono vivere nella
loro identità di genere prescelta senza per questo intraprendere procedure medicali o chirurgiche,
oppure trovano un loro equilibrio scegliendo un identità di genere o un’espressione di genere
‘fluida’ (travestitismo o cross-gender).
Le persone appartenenti a tali gruppi sono stati in passato, e molto spesso lo sono tuttora, oggetto
di pregiudizi, stigmatizzazioni, discriminazioni e forme di esclusione sociale in quanto le loro
caratteristiche fisiche sessuali, la loro identità di genere o la loro espressione di genere non
corrispondono ad aspettative sociali ispirate ad una morale e visione tradizionali della società.
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A livello internazionale ed europeo, si registra una crescente consapevolezza che le questioni
concernenti tali persone devono essere affrontate nel quadro del rispetto dei diritti umani
fondamentali e di una visione di una società inclusiva e aperta al pluralismo e, dunque, ai principi
fondamentali di uguaglianza, pari opportunità e non discriminazione, di libertà di espressione e di
tutela della vita privata.
Già nel lontano 1996, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha affermato che le discriminazioni
fondate sull’’identità di genere’
ovvero risultanti dalla rettifica di sesso della persona, già
pienamente avvenuta ovvero in corso, e dunque le discriminazioni sofferte dalle persone
transessuali, ricadono nel divieto di discriminazioni fondate sul genere, operante tanto nel settore
dell’occupazione
quanto dell’offerta al pubblico di beni e servizi (causa P. v. S. and Cronwall
County Council, C-13/94). La direttiva europea 2006/54 sul divieto di discriminazioni tra i sessi nel
settore dell’occupazione, recepita in Italia con il d.lgs. n. 5/2010, ha esplicitamente esteso la
protezione anche alle persone transessuali (considerando n. 3). L’interpretazione offerta dai
tribunali, dalla dottrina e dalle prese di posizione di istituzioni e Autorità di Garanzia contro le
discriminazioni di diversi paesi europei hanno sostenuto la legittimità dell’ estensione di tale tutela
anche alle persone ‘intersessuali’ (si veda ad es. le posizione del Consiglio per la Bioetica della
Germania nel 2012, il Rapporto del Parlamento europeo del 2014: c.d. Rapporto “Lunaček”). Il
d.lgs. n. 216/20013 ha recepito in Italia la direttiva europea n. 2000/78 sul divieto di discriminazioni
nel settore dell’occupazione fondate, tra l’altro, sull’orientamento sessuale.
Ugualmente, alcuni Paesi europei hanno espressamente esteso la normativa antidiscriminatoria nel
settore dell’occupazione e dei servizi anche ad altri fattori protetti, quali l’”identità sessuale” (legge
sulla parità di trattamento della Germania 2006), ovvero l’”identità di genere”, l’”espressione di
genere” e le “caratteristiche sessuali”, al fine di comprendervi esplicitamente anche le persone
transessuali, intersessuali e ‘cross-gender’ (da ultimo la legge approvata dal Parlamento di Malta
nella primavera di quest’anno).1
Alla luce di quanto sopra, non vi sono dubbi che l’insegnante del liceo di Cervignano del Friuli
abbia diritto che la sua prestazione professionale venga valutata esclusivamente sul piano della
competenza didattica, senza che influiscano considerazioni legate alla sua identità sessuale, nel
quadro di un pieno rispetto dei principi di non discriminazione.
Il Garante regionale dei diritti della persona esprime al riguardo apprezzamento per il fatto che le
autorità e la direzione scolastica
di Cervignano si sono fermamente attenute a tali principi
nonostante il clamore mediatico sorto attorno alla vicenda.
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In proposito si vedano i seguenti due recenti documenti: Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali, The
fundamental rights situation of intersex people, Wien, April 2015; Commissario per i diritti umani del Consiglio
d’Europa, Human Rights and intersex people, April 2015.
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Il Garante regionale dei diritti della persona
Componente con funzioni di garanzia per le persone a rischio di discriminazione
Walter Citti
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