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associazione nazionale dirigenti e alte professionalità della scuola
Essere dirigente della scuola oggi
Presentazione di Giorgio Rembado, Presidente ANP
Roma, 7 novembre 2013
La storia (e causa) della ricerca che stiamo presentando ruota intorno al
concetto di cambiamento.
Nella scuola il cambiamento viene invocato spesso a parole (il termine “riforma” è
quello di gran lunga più usato per affrontare tutte le criticità e tutti i mali del
sistema), ma al tempo stesso non viene quasi mai agito perché respinto nei fatti.
Cambiamento tante volte auspicato ma raramente realizzato, quindi. Al tempo
stesso l’immagine complessiva, per così dire di facciata, della scuola resta
immodificabile ed immodificata. Ne sono responsabili la condizione degli edifici
dei 42000 stabili nei quali si erogano i servizi delle 8000 scuole autonome,
l’organizzazione del lavoro, la scansione temporale della didattica, lo stato
pletorico ed immutabile della normativa se non per stratificazioni successive: tutto
questo non dà una buona impressione di sé all’immaginario collettivo.
Questo era il mondo di ieri. Ma pochi sanno oggi che il cambiamento, quello vero,
non passa attraverso le norme ma si costruisce un po’ per giorno nella realtà
effettiva, nell’esperienza quotidiana dei tanti operatori e professionisti che non
rinunciano a dare risposte agli infiniti fabbisogni che si affacciano nelle aule e nel
rapporto diretto con gli studenti e con il mondo esterno.
Tra le tante modificazioni che sono intervenute nel giorno dopo giorno c’è
quella del preside diventato dirigente. Non mi riferisco però all’innovazione
legislativa, che risale ormai a 16 anni fa, né al profilo giuridico, che tanti, troppi
freni ed ostacoli ha trovato nel corso della sua attuazione per il timore che
l’introduzione di una figura dirigenziale nella scuola ha sempre suscitato, ma agli
adattamenti continui alle differenti esigenze dell’agire quotidiano. Anche in questo
caso la trasformazione non dipende dalla norma, ma dai dati di realtà.
In questi ultimi anni il cambiamento per il dirigente è stato duplice:
1. di tipo generazionale. Se si prende in considerazione l’arco temporale
2004/2013 (corrispondente alle assunzioni discendenti dagli ultimi 4
concorsi), 6807/7558 dirigenti in servizio sono cambiati: più del 90 %. La
ricerca ha volutamente delimitato il campo ai vincitori degli ultimi 3
concorsi, campione già estremamente vasto tanto da coprire l’80 % della
totalità della platea.
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ANP aderisce a
2. cambiamento di paradigma gestionale. Il preside dei nostri “ricordi di
scuola” era legato ad una presenza fisica tangibile per allievi, docenti,
genitori: la sua azione era diretta ed immediata, spesso senza
intermediazioni, in un contesto organizzativo molto meno complesso di
quello attuale. Oggi in istituti autonomi di 900/1000 studenti, 90/100
docenti, 25/30 unità di personale ATA distribuiti mediamente in 5/6 plessi le
tecniche di direzione sono inevitabilmente mutate. Le leve del suo intervento
sono la programmazione, la delega, il controllo di gestione: insomma il suo
intervento si configura prevalentemente in un’azione a distanza che si
esprime attraverso una rete di collaboratori e di figure di sistema. E’ una
tipologia di gestione che a noi pare corretto definire “metadirezione”.
Si sbaglierebbe però a pensare che la trasformazione in atto sia nata da un disegno
organico e coerente voluto dal legislatore, non è infatti il frutto di un’operazione di
riordino preordinata ma piuttosto la conseguenza di un piano di ridimensionamento
della rete del sistema di istruzione, un po’ per volta prodotto – prima della
spending review – da un’esigenza di contenimento della spesa pubblica che però ha
anche profondamente modificato le relazioni e l’organizzazione del lavoro
all’interno della scuola e necessariamente il profilo del dirigente di istituto.
E’ pur vero che il DS è il motore del cambiamento, ma è altrettanto vero che è stato
lui stesso in primo luogo l’oggetto del cambiamento.
Da questo muove la ricerca odierna, che vuole aprire uno squarcio sulla
consapevolezza dei nuovi dirigenti relativamente al loro ruolo e alla capacità di
incidere sula realtà della scuola d’oggi.
Del resto la ricerca che stiamo presentando è la naturale prosecuzione e, per certi
versi, espansione di un sondaggio che sempre ANP e La Fabrica avevano condotto
assieme un anno fa, nel mese di ottobre 2012 sull’autopercezione del ruolo da parte
dei docenti (in quel caso avevamo ricevuto 1039 questionari interamente compilati
su di un campione selezionato di 10.000 insegnanti).
Sia l’una che l’altra indagine hanno spazzato via lo stereotipo di dirigenti e docenti
scontenti del loro ruolo: i dirigenti, lo sentirete nella presentazione dei risultati,
dimostrano di avere un’identità solida ed un’identificazione professionale elevata,
con un 73,7 % che dichiara che intraprenderebbe, nonostante tutte le difficoltà e
ristrettezze quotidiane, di nuovo la carriera di DS; ma anche i docenti hanno
rivelato lo scorso anno incredibilmente un grado elevato di soddisfazione
professionale con il 63 % che si sente valorizzato dal proprio dirigente e addirittura
quasi il 70 % che si sente realizzato ed apprezzato sul lavoro.
Non aggiungo altro per non togliere il piacere della scoperta e lascio l’illustrazione
dei risultati dell’indagine al dottor Nadio Delai, presidente di Ermeneia, cui è stata
commissionata la ricerca.
Ritengo però di dover aggiungere, per connessione di materia, qualche
considerazione sul DL. 104 in fase di conversione al Senato relativamente al tema
del reclutamento dei dirigenti, che è fra quelli toccati dalla ricerca.
Credo sia da tutti condivisa la necessità di chiudere una stagione di assunzioni per
concorso che ha dato molto lavoro ai giudici, affidando troppe volte a loro anziché
alle Commissioni giudicatrici il compito di individuare i futuri vincitori tra i
candidati che si sono saputi districare meglio tra cavilli e formalismi procedurali
piuttosto che tra quelli che hanno dato prova di maggiore serietà e competenza
professionale.
Da questo lato la scelta di affidare alla Scuola nazionale dell’Amministrazione
mediante corso-concorso selettivo la responsabilità dell’assunzione e della
formazione dei candidati più preparati appare consona e, ancor più, risulta
condivisibile la prevista periodicità annuale per il bando su tutti i posti vacanti.
Si richiama però l’esigenza insopprimibile di costituire dentro alla Scuola
un’apposita sezione per la dirigenza scolastica, gestita da professionalità
competenti nella gestione delle istituzioni scolastiche e nella valorizzazione
dell’autonomia.
La cultura tradizionale della Scuola nazionale, già Scuola Superiore di Pubblica
Amministrazione, è di tipo giuridico amministrativo, mentre per il bagaglio
professionale del dirigente scolastico sono di gran lunga prevalenti le competenze
di carattere organizzativo gestionale relazionale applicate alla direzione del
personale e al migliore utilizzo delle risorse (scarse) strumentali e finanziarie.
Dobbiamo sempre più fare del dirigente non un burocrate, ma un valorizzatore
delle energie e qualità professionali, indirizzate al raggiungimento di risultati di
qualità nel mercato globale delle competenze.
Altra questione: nei requisiti di accesso al concorso si è inteso correttamente
eliminare uno dei più frequenti motivi di ricorso, anche a seguito delle
sollecitazioni europee, ovvero il servizio di insegnamento di almeno 5 anni
maturato “dopo la nomina in ruolo”, ma la nuova formulazione introdotta alla
Camera (“che abbia maturato un’anzianità complessiva nel ruolo di appartenenza
di almeno 5 anni”) appare ancora troppo ambigua e perciò attaccabile in sede di
contenzioso.
Non si condivide poi la trasformazione delle graduatorie di merito regionali dei
concorsi ancora in atto in graduatorie ad esaurimento, non solo per l’allargamento
delle assunzioni al di là del recinto dei posti messi a concorso col bando del 2011,
ma soprattutto per l’inevitabile slittamento del futuro concorso in attesa
dell’espletamento di tutte le assunzioni di vincitori e di idonei inseriti nelle future
graduatorie ad esaurimento. Con ciò contraddicendo la volontà diventata norma di
bandire i concorsi uno ogni anno.
Per concludere sul tema del reclutamento, vale la pena di richiamare
anticipatamente alcune delle valutazioni espresse nelle interviste dai vincitori degli
ultimi tre concorsi, che, forti anche della loro recente esperienza concorsuale e di
quella di neodirigenti, hanno spostato l’attenzione sull’importanza di verificare
preventivamente nei candidati in sede concorsuale l’esistenza di appositi requisiti
attitudinali per l’esercizio della futura funzione dirigenziale (i diretti interessati
sanno bene che non bastano le conoscenze teoriche nei diversi ambiti in cui si
esprime la competenza dirigenziale per poterne assumere responsabilmente i
compiti connessi) e lo hanno sostenuto con un 96,3% di addensamento di risposte,
quasi plebiscitario, mentre nel 93,7% dei casi hanno ritenuto indispensabile
un’azione di affiancamento dei neoassunti da parte di dirigenti esperti per un
periodo congruo. Su entrambe le questioni lascio alla presentazione della ricerca da
parte del dottor Delai e alla lettura diretta della stessa il necessario
approfondimento.
Mi avvio alla fine. Questa mia introduzione sarebbe sicuramente incompleta senza
un esplicito e sentito ringraziamento al dottor Alberto Merlati, al quale mi legano
altre iniziative di collaborazione nel campo della ricerca didattica e della
produzione di materiali di supporto all’attività delle scuole, e a La Fabbrica per
aver dimostrato sensibilità ed interesse ai temi che abbiamo assieme esplorato per
la ricostruzione e l’aggiornamento del profilo dei dirigenti attualmente in carica. E’
stato questo impegno comune senz’altro un modo per svolgere un servizio utile
alla categoria e alla scuola. Ci assumeremo ora il compito di farne conoscere i
risultati anche ai politici perché possano avere ulteriori elementi di informazione
per una sempre migliore conoscenza del sistema di istruzione del nostro paese.