Il gatto con gli stivali 3D

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Il gatto con gli stivali 3D
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Il gatto con gli stivali 3D
Inviato da Marco Capriata
Alla luce del successo ottenuto dal personaggio del gatto con gli stivali all’interno della fortunata sagra di Shrek, il nostro
beneamato felino, astuto, agile, nonché mirabile spadaccino, pronto a intenerire l’avversario con i suoi occhioni dolci,
diviene qui protagonista assoluto di un racconto che cerca di spiegarcene le origini, per quanto, come nel caso di Shrek,
lo spunto di partenza venga stravolto per dare della favola una lettura in chiave dissacrante e ironica.
Il gatto con gli stivali rappresenta a tutti gli effetti uno spin off di Shrek, saga cinematografica in grado di offrire una
rivisitazione postmoderna del mondo delle favole, grazie anche a un raffinato gioco citazionistico. Gli esiti, in questo
caso, sono però decisamente più incerti. Perché se Shrek, maschera amabile e amata dai bambini, è un personaggio
pensato soprattutto per un pubblico adulto, in quanto perfetto antieroe (antitesi del principe azzurro) e compagno di
personaggi che sono specchio di figure umane e sociali riconoscibili, il gatto con gli stivali risulta essere una sua pallida
imitazione. La verve picaresca di quel personaggio che all’interno della saga dell’orco verde rivestiva un proprio ruolo,
dissacrante e dissacratorio, qui è infatti avvertibile solo in alcuni spunti iniziali del film, dove vengono sottolineate con
maggior convinzione le sue caratteristiche più buffe e malandrine, quelle di un amatore e ladro spadaccino in cerca di
riscatto sociale. Ma è qui che la Disney ci mette lo zampino, indirizzando progressivamente la storia verso una morale di
fondo piuttosto sdolcinata e dimostrando come il racconto sia stato adattato per un pubblico prevalentemente infantile.
Aspetto che di per sé non sarebbe negativo se non si avesse avuto come riferimento il gatto con gli stivali visto in Shrek.
Il gatto protagonista di questa vicenda è un felino dagli artigli spuntati, incapace di graffiare il pubblico come ci si
aspetterebbe, un eroe moralizzatore spinto da ideali di lealtà e amicizia, che, per il modo in cui vengono sbandierati,
finiscono per spegnere del tutto la carica eversiva del personaggio, l'unica che avrebbe potuto offrire momenti di
riflessione e divertimento. Lo stesso Humpty Dumpty, figura affascinante della letteratura inglese, viene ridotto a un
personaggio poco incisivo, ben lontano dalla sua originaria ambiguità, divenendo invece strumento attraverso il quale
inculcare nel pubblico il messaggio moralizzatore di fondo. Un’occasione perduta, dunque, per vedere gli autori di Shrek
alle prese con un personaggio potenzialmente scorretto come quello dell’orco, che diventa qui un gattino mansueto,
addomesticato per l’occasione e forse pronto a tornare nuovamente su questi schermi. Rimane comunque apprezzabile il
fatto che Antonio Banderas, voce dell’originale gatto con gli stivali, si sia prestato a doppiare il film anche per il mercato
italiano, conferendo almeno credibilità e veridicità all’accento spagnolo del personaggio animato, unica nota positiva in un
contesto alla fine lievemente stonato.
Titolo originale: Puss in Boots; Regia: Chris Miller; Sceneggiatura: Brian Lynch, David H. Steinberg, Tom Wheeler, Jon
Zack; Montaggio: Eric Dapkewicz; Scenografia: Guillaume Aretos; Musiche: Henry Jackman; Produzione: DreamWorks
Animation; Distribuzione: Universal Pictures; Durata: 90 min.; Origine: USA, 2011
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Generata: 15 March, 2017, 12:25