TERAPIA CELLULARE E MOLECOLARE PER IL DIABETE

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TERAPIA CELLULARE E MOLECOLARE PER IL DIABETE
TERAPIA CELLULARE E MOLECOLARE PER IL DIABETE MELLITO DI TIPO 1 (T1DM) (INSULINO-DIPENDENTE)
Prof. Riccardo Calafiore, Laboratorio Multidisciplinare per i Trapianti Cellulari Endocrini
Dipartimento di Medicina Interna, Università degli Studi di Perugia
Il T1DM è una malattia autoimmune (organismo che attacca se stesso) in cui cloni di linfociti CD4
autoreattivi distruggono progressivamente le cellule Beta, indovate nelle insule di Langerhans del pancreas
endocrino. Tali cellule producono costantemente insulina in quantità idonee al mantenimento di normali
valori di glicemia sia a digiuno che dopo ogni pasto o durante il riposo notturno. Ovviamente, la totale
eliminazione fisica delle cellule Beta comporta un incontrollato aumento della glicemia, con complicanze
acute anche letali ove non si provveda all’immediata somministrazione di insulina per via iniettiva, più volte
nell’arco delle 24 ore. Ma se l’insulina è un farmaco salvavita per i pazienti con T1DM, essa non garantisce
comunque il perfetto e meticoloso controllo della glicemia come fa la cellula Beta normale. Pertanto nel
tempo, la terapia insulinica, anche se ben condotta, non elimina sebbene lo attenui, il rischio per il paziente
con T1DM, di sviluppare complicanze secondarie della malattia, anche gravi e invalidanti soprattutto a
carico di rene, occhio, apparato cardiovascolare e sistema nervoso.
Un’ideale alternativa alla terapia insulinica sarebbe quella di sostituire le cellule Beta distrutte dal processo
autoimmunitario con tessuto fresco e vitale che garantirebbe il ripristino dell’equilibrio glicemico in modo
efficiente e fisiologico. Fin da metà degli anni ’80 iniziarono i primi trapianti di insule di Langerhans umane
separate e purificate da pancreas di donatori, che erano poi infuse nel paziente con T1DM a livello degli
spazi portali del fegato, sotto immunosoppressione farmacologica generalizzata per evitarne il rigetto
immunitario. A fronte di successi parziali e transitori, soprattutto conseguiti in pochi Centri di Eccellenza
tanto in Europa che in Nord America, tale approccio non è mai diventato, nel corso delle ultime due decadi,
una terapia su larga scala per il T1DM soprattutto per due ordini di motivi : 1) Ridotta disponibilità di
pancreas di donatori umani (occorrono in media 2-3 pancreas di donatore cadavere per estrarre e
purificare una massa sufficiente di insule da trapiantare); 2) Tossicità dei regimi di terapia
immunosoppressiva che devono necessariamente protrarsi per tutta la vita. Per tali motivi, da noi previsti
fin dall’inizio, mettemmo a punto nel nostro laboratorio tecniche originali per la separazione e purificazione
di insule dal pancreas di maiali adulti (1987-1993) e neonati (2001). Tali insule producendo una molecola
insulinica che differisce da quella umana per un solo aminoacido, rappresentano un sostituto ideale di
quelle umane, dal punto di vista biologico. Per il problema del rigetto immunitario, presente sia per i
trapianti di insule umane (allotrapianti : barriere individuali), che a maggior ragione, per quelli di insule
suine (xenotrapianti : barriere di specie), abbiamo messo a punto fin dal 1987 e perfezionato nel corso di un
ventennio, una tecnologia sofisticata per la produzione di microcapsule, che avvolgendo ciascuna insula
proteggono il trapianto insula dal rigetto immunitario. Le microcapsule sono costituite da polimeri naturali,
di base l’alginato di sodio estratto da alghe marine, ultrapurificato con metodi originali dal nostro
laboratorio, che, dopo la complessazione con policationi aminoacidici, come la polilisina forma uno scudo
impenetrabile agli anticorpi e alle cellule immunoattive dell’ospite, pur garantendo però il passaggio di
sostanze nutritive che sono indispensabile alla funzione dell’insula trapiantata. Con tale tecnologia abbiamo
eseguito numerosi studi sia pre-clinici in modelli animali diabetici (roditori e mammiferi superiori), coronati
da successo, che in modo pilota a livello internazionale clinici, in pazienti con T1DM (2004-2007).
In questi ultimi, trapianti intraperitoneali di insule umane micro incapsulate hanno notevolmente
migliorato il controllo glicemico nei 4 pazienti trattati, sebbene soltanto in uno di essi si è potuta
transitoriamente sospendere la terapia insulinica, in assenza comunque di immunosoppressione
farmacologica. Per migliorare i risultati clinici sarebbe necessario aumentare considerevolmente la massa
delle insule trapiantate anche se questo è difficile a causa dello sfavorevole rapporto donatore:ricevente
pari, come sopra accennato, a 2-3:1. D’altra parte le insule di suino neonate microincapsulate potrebbero
risolvere il problema della massa insulare utile da trapiantare, ma sia in Europa che in Nord America l’uso di
prodotti cellulari suini nell’uomo non è ancora stato approvato. In Nuova Zelanda, dove l’approvazione è
stata di recente concessa, la Living Cell Technologies Ltd ha varato uno studio clinico pilota di xenotrapianto
(insule suine microincapsulate in pazienti con T1DM) in 10 pazienti, impiegando la nostra tecnologia di
microincapsulamento ed insule di suino neonato. Tale studio attualmente in corso, ha ricevuto il
riconoscimento della Juvenile Diabetes Research Foundation degli U.S.A. che ha erogato a supporto di
questa innovativa iniziativa scientifica un finanziamento di 500.000 $.
Ma le frontiere avanzate dei nostri studi sulla terapia cellulare e molecolare del T1DM si sono spostate negli
anni più recenti su due nuovi assi portanti : 2) Cellule staminali; 3) Tecnologie per l’induzione della
tolleranza acquisita. Con le prime lo scopo è raccogliere cellule embriologicamente anche molto distanti
dalle cellule Beta e riprogrammarle in senso “endocrino” in modo da educarle a produrre insulina : ciò è
stato fatto con cellule di componenti del pancreas non endocrino (es. dotti pancreatici), tessuti epatici
umani e non, cellule del cordone ombelicale umano non ematopoietiche. Ma all’interno delle stesse insule
di Langerhans come dimostrato da nostri e da altri studi preliminari, è possibile trovare elementi cellulari
pluri-/o multi potenti in grado di de-differenziarsi, propagandosi in vitro e poi ridifferenziarsi in cellule in
grado di produrre insulina. Impiegando tali nuove sorgenti tessutali assieme alle microcapsule si creerebbe
un pancreas artificiale bioibrido, in grado di sostituire fisiologicamente le cellule Beta distrutte,
preservando inoltre il paziente con T1DM dalle complicanze secondarie croniche della malattia.
Forse la linea di ricerca attualmente più avanzata in atto nei nostri laboratori riguarda la possibilità di
indurre uno stato tollerogenico in grado di spezzare la distruzione autoimmunitaria perpetua nei confronti
delle cellule Beta, all’immunosoppressione farmacologica generalizzata. Impiegando cellule del Sertoli, uno
stipite tessutale ricchissimo di fattori di crescita e immunomodulatori, originalmente situato nel testicolo,
microincapsulate e trapiantate nel peritoneo di topi NOD con diabete manifesto, abbiamo guarito oltre
l’80% di questi animali. In tali riceventi, non solo è stato abbattuto il meccanismo di autodistruzione
immunitaria, inducendo uno stato di tolleranza acquisita, ma si è anche promossa la rigenerazione di nuove
cellule Beta (non più attaccate dalla risposta autoimmune propria del T1DM) che hanno normalizzato la
glicemia di questi animali. Tale ricerca è importantissima, essendo il topo NOD l’unico modello animale di
diabete spontaneo autoimmune umano, ed ha avuto il riconoscimento internazionale della pubblicazione
del prestigioso Journal of Experimental Medicine. Attualmente stiamo lavorando per trasferire all’uomo
questa importante scoperta scientifica.
In conclusione le tecnologie di cui siamo in possesso dopo anni di ricerca inducono al cauto ottimismo di
sentirsi nella giusta direzione verso la cura radicale finale del T1DM.malattia diabetica.