Approccio multidisciplinare al cancro del pancreas
Transcript
Approccio multidisciplinare al cancro del pancreas
OU Oncology Update Approccio multidisciplinare al cancro del pancreas a cura di Mario de Bellis1, Raffaele Palaia2 ed Evan Fogel 3 L’adenocarcinoma duttale del pancreas (PDAC) è una neoplasia ad elevata mortalità: è la quarta causa di morte da cancro negli Stati Uniti d’America (USA) ed è seconda per mortalità solo al cancro del colon-retto tra le neoplasie digestive. La chirurgia è l’unico trattamento potenzialmente curativo. Purtroppo, a causa della tardiva diagnosi, solo il 15-20% dei pazienti sono candidabili all’intervento chirurgico con intento curativo. Inoltre, la prognosi è sfavorevole, anche dopo una resezione completa del PDAC: dopo cefaloduodenopancreasectomia la sopravvivenza a 5 anni è di circa il 25-30% per i pazienti senza metastasi linfonodali e di circa il 10% per quelli con metastasi linfonodali nel campione operatorio. Negli ultimi anni l’innovazione tecnologica delle metodiche radiologiche e l’avvento dell’ecoendoscopia (EUS) hanno significativamente migliorato la capacità di diagnosticare e stadiare correttamente il PDAC, consentendo una migliore selezione dei pazienti con malattia resecabile da sottoporre a intervento chirurgico con intento curativo. Tuttavia, nella maggior parte dei pazienti la palliazione dei sintomi, una buona qualità di vita ed un prolungamento della sopravvivenza rimangono gli obiettivi della terapia. In questo articolo, sarà discusso l’approccio multidisciplinare ai pazienti con PDAC seguito all’Indiana University Hospital (IUH), di Indianapolis, USA: specificatamente saranno discussi epidemiologia, diagnosi, stadiazione, tecniche di drenaggio biliare, selezione dei pazienti per la chirurgia, chemioterapia, radioterapia e interventi palliativi. Inoltre, le aree di ricerca clinica e le problematiche con conoscenza ancora limitata saranno evidenziate nella discussione. Evan Fogel, MD, MSc - Professor of Medicine Safi Shahda, MD - Assistant Professor of Clinical Medicine Kumar Sandrasegaran, MD - Associate Professor of Radiology John Dewitt, MD - Professor of Medicine Jeffrey J. Easler, MD - Assistant Professor of Clinical Medicine David M. Agarwal, MD - Associate Professor of Clinical Radiology Mackenzie Eagleson - Third year medical student, Indiana University School of Medicine Nicholas J. Zyromski, MD - Associate Professor of Surgery Michael G. House, MD - Associate Professor of Surgery Susannah Ellsworth, MD - Assistant Professor of Radiology Ihab El Hajj, MD - Assistant Professor of Medicine Bert H. O'Neil, MD - Professor of Medicine Attila Nakeeb, MD - Professor of Surgery Stuart Sherman, MD - Professor of Medicine 1S.C. PREMESSE ED EPIDEMIOLOGIA Il PDAC è la quarta causa di morte correlata a cancro negli USA: ogni anno all’incirca 45.000 pazienti sono diagnosticati con PDAC e la maggior parte di questi muoiono a causa della loro malattia. L’80% dei pazienti ha una malattia localmente avanzata, non resecabile, al momento della diagnosi. In base alle più recenti statistiche dell’American Cancer Society, solo il 5% dei pazienti con PDAC è ancora vivo a 5 anni dalla diagnosi. Sebbene la sopravvivenza a 5 anni sia del 25% per i pazienti con malattia allo stadio I, solo il 9% dei pazienti sono diagnosticati con PDAC in questo stadio iniziale. La maggior parte (53%) dei pazienti ha già malattia avanzata e metastatica alla diagnosi ed ha una sopravvivenza a 5 anni soltanto del 2%. Identificazione dei fattori di rischio e metodiche di diagnosi precoce sono pertanto fondamentali. Fumo e obesità sono fattori di rischio su cui è possibile intervenire. Tuttavia, un’aumentata incidenza di PDAC si registra in età avanzata, dal momento che 2/3 dei pazienti hanno più di 65 anni. Gli uomini hanno il 30% di possibilità in più rispetto alle donne di sviluppare PDAC che, negli uomini, è più frequente tra gli Afro-Americani. La pancreatite cronica è un fattore di rischio ed una recente metanalisi (1) ha riportato un rischio cumulativo per PDAC del 13.3% (95% CI: 6.1-28.9) nei pazienti con pancreatite cronica. Questo rischio relativo aumenta nei pazienti con pancreatite ereditaria o tropicale, facendo ipotizzare che pazienti con esordio precoce della pancreatite cronica siano a rischio maggiore di sviluppare PDAC. Endoscopia Diagnostica ed Operativa e 2S.S.D. Chirurgia Gastropancreatica Istituto Nazionale Tumori IRCCS "Fondazione G. Pascale" di Napoli 3ERCP Fellowship Director, University Hospital, Indiana University Health, Indianapolis, IN, USA 93 Giorn Ital End Dig 2015;38:251-270 In collaborazione con il Gruppo Multidisciplinare Pancreas dello University Hospital, Indiana University Health, Indianapolis, IN, USA 251 Pazienti con diabete di tipo 2 hanno un rischio 2 volte maggiore rispetto alla popolazione generale di ammalarsi ed anche l’infezione da Helycobacter Pylori è stata associata al PDAC. Sebbene nella maggior parte dei pazienti la malattia sia sporadica, sono state recentemente identificate mutazioni nei geni PALB2, BRCA2, STK11/LKB1 e P16 che sono associate con un aumentata incidenza di PDAC. Nonostante i progressi nella conoscenza della malattia e dei suoi fattori di rischio, nessuna terapia che possa significativamente modificarne il decorso è stata sinora messa a punto, dal momento che la diagnosi precoce del PDAC è ancora difficile. L’assenza di affidabili marcatori sierici riduce la potenziale efficacia di una strategia di screening nei pazienti ad alto rischio: la scoperta di un marcatore utile per l’identificazione precoce del PDAC avrebbe un significativo impatto sulla gestione del paziente e sulla sua prognosi. Allo stato non è disponibile alcun test di screening per il PDAC, anche se alcuni pazienti con una significativa storia familiare sono sottoposti a sorveglianza mediante Risonanza Magnetica (RM) addominale ed EUS. Ulteriori studi sono comunque necessari in questo ambito. DIAGNOSI E STADIAZIONE Radiologia Nella maggior parte delle Istituzioni, la tomografia computerizzata (TC) è la metodica di elezione per la diagnosi e la stadiazione di un paziente con sospetto PDAC. La TC con protocollo pancreas comporta alcune modifiche metodologiche rispetto alla TC addominale standard: dovrebbe essere effettuata un’iniezione rapida di mezzo di contrasto (MDC) iodato alla velocità ideale di 4 ml/s; le immagini dovrebbero essere ricostruite con uno spessore non superiore a 3 mm, con sovrapposizione delle immagini contigue; almeno due ricostruzioni successive alla somministrazione del MDC, rispettivamente arteriosa tardiva (parenchimale) e venosa tardiva sono necessarie per valutare lo stato delle arterie (tronco celiaco, arteria epatica comune, arteria peripancreatica e arteria mesenterica superiore) e delle vene (vena porta, vena splenica e vena mesenterica superiore). La fase parechimale è specifica per la visualizzazione del tumore, che appare come una massa ipodensa nel contesto del parenchima pancreatico (figura 1), mentre la fase venosa è indicata per la diagnosi di eventuali metastasi epatiche. La somministrazione orale di MDC neutro come l’acqua è particolarmente utile perché consente una migliore definizione della parete duodenale rispetto al MDC iodato e la ricostruzione di immagini prive di artefatti. Tuttavia, in molti centri non è utilizzato il MDC orale. Ricostruzioni coronali e 252 sagittali in entrambe le fasi arteriosa e venosa aumentano la sensibilità della metodica per la diagnosi di invasione locale. Immagini con proiezione di intensità massima (MIP) sono utili per identificare eventuali anomalie dell’anatomia vascolare. Ricostruzioni curve possono essere utili nella stadiazione del PDAC, anche se non sono solitamente eseguite di routine. La RM è utile, ma non superiore alla TC per la diagnosi e la stadiazione del PDAC. Le sequenze migliori a tale scopo sono le ricostruzioni dinamiche dopo somministrazione di gadolinio. Figura 1 Paziente femmina di 67 anni con dolore addominale persistente e significativo calo ponderale A Una TC assiale eseguita (in altra istituzione) con sezioni da 5 mm mostra una brusca interruzione del dotto di Wirsung (freccia), senza evidenza di una definita neoformazione pancreatica; una singola lesione epatica è invece evidente (punta di freccia nera) B La TC assiale (eseguita all’Indiana University Hospital), con protocollo pancreas e sezioni da 3 mm, evidenzia nella fase parenchimale non solo una brusca interruzione del dotto pancreatico (freccia), ma anche una definita neoformazione ipodensa nella testa del pancreas (punta di freccia bianca). La lesione epatica (punta di freccia nera) mostra un netto profilo ed è stata diagnosticata come cisti benigna. Alla paziente è stato poi diagnosticato un adenocarcinoma duttale del pancreas resecabile che è stato asportato mediante una cefaloduodenopancreasectomia. Stadiazione del PDAC La resezione chirurgica con margini negativi (resezione R0) è la sola terapia potenzialmente curativa del PDAC, ma solo il 15-20% dei pazienti si presenta alla diagnosi con malattia potenzialmente resecabile. Per ottenere una resezione R0 nel maggior numero dei casi, sono eseguite sempre più spesso resezioni venose, con conseguente ricostruzione vascolare. Pertanto, l’AJCC (American Joint Commission on Cancer) classifica l’iniziale invasione neoplastica venosa come malattia allo stadio III (localmente avanzata, ma potenzialmente resecabile), mentre l’infiltrazione arteriosa è considerata non resecabile (malattia allo stadio IV). Recentemente è stato anche definito il concetto di resecabilità borderline con il quale si classificano i PDAC con invasione neoplastica venosa avanzata, o precoce infiltrazione dell’arteria epatica. I pazienti con questo stadio di malattia sono sottoposti a chemio-radioterapia e successivamente operati solo se c’è stata una oncology update La TC ha una sensibilità dell’89-97% per il PDAC, anche se è meno accurata nel diagnosticare piccole (< 2 cm) lesioni per le quali ha una sensibilità del 65-75%. Per la diagnosi di queste ultime, l’EUS è superiore alla TC. All’incirca nel 10% dei casi, il tumore del pancreas non è visibile come una neoformazione definita nel contesto del parenchima pancreatico perché appare isodenso come il tessuto pancreatico normale. In questo caso, l’unico indizio della presenza del PDAC può essere una brusca interruzione del decorso del dotto pancreatico, specialmente se è presente atrofia ghiandolare prossimalmente ad essa. Altri segni suggestivi per PDAC sono la presenza di una stenosi distale del coledoco ed un’irregolare protrusione del contorno della ghiandola. Tuttavia questi ultimi non sono specifici, dal momento che essi sono presenti anche in pazienti con patologia benigna, come la pancreatite cronica. L’accuratezza per la diagnosi di PDAC è maggiore se la TC è eseguita prima del posizionamento di una protesi biliare perché gli artefatti dovuti alla presenza dello stent rendono spesso difficile l’identificazione del tumore nella testa del pancreas. Alla RM, il PDAC è ipointenso rispetto al parenchima normale adiacente nelle immagini ricostruite prima e immediatamente dopo la somministrazione del MDC. Nelle ricostruzioni d’immagine tardive, il tumore può mostrare una ritardata impregnazione da MDC e può diventare isointenso. Il reperto di un dotto non occluso al’interno di una neoformazione del pancreas è detto segno del “dotto penetrante”. Quest’ultimo è considerato patognomonico di lesione benigna, come la pancreatite cronica o la pancreatite autoimmune. buona risposta della malattia alla terapia neoadiuvante. Attualmente, i criteri di resecabilità includono l’assenza di 1. metastasi a distanza, 2. invasione neoplastica delle arterie peripancreatiche, 3. infiltrazione neoplastica venosa. Nel caso di coinvolgimento neoplastico venoso, la vena dovrebbe essere comunque pervia e rami venosi importanti come le vene digiunali non dovrebbero essere infiltrate dal tumore. Tuttavia, i criteri venosi di resecabilità possono variare in base ad esperienza e manualità del chirurgo. In generale, un vaso è invaso dal tumore quando più della metà della sua circonferenza è contigua al tumore. Un tale reperto alla TC o alla RM ha una sensibilità del 45-84% ed una specificità del 98-100% per invasione vascolare ad opera del tumore (figura 2). Figura 2 Paziente maschio di 53 anni con ittero ostruttivo senza dolore A Le immagini RM assiali, dopo somministrazione di gadolinio, mostrano la presenza di una grossa neoformazione nella testa del pancreas (freccia bianca), adesa strettamente all’arteria mesenterica superiore (SMA) (freccia nera). Il tumore è stato considerato non resecabile per l’estesa contiguità con la SMA B La TC coronale, eseguita due mesi dopo la diagnosi, mostra la presenza di un SEMS biliare (freccia alata) e di un SEMS duodenale (freccia curva). Permane una grossa neoformazione (freccia bianca), strettamente adesa alla SMA (freccia nera) e all’arteria celiaca (punta di freccia bianca). Infine, è presente anche una metastasi epatica (testa di freccia nera). Giorn Ital End Dig 2015;38:251-270 Diagnosi del PDAC 253 La presenza di deformità del vaso (teardrop sign) è considerata segno di invasione neoplastica, anche se il tumore comprime il vaso per meno di 180° della sua circonferenza. Un segno relativamente poco utilizzato a fini diagnostici è la dilatazione delle vene peripancreatiche. Le vene pancreaticoduodenali anteriore e postero-superiore e il tronco venoso gastro-colico formano un’arcata intorno alla testa del pancreas e l’invasione neoplastica di qualsiasi segmento di questa arcata può determinare dilatazione venosa. La TC non è accurata nella diagnosi di metastasi linfonodali. Utilizzando come parametro soglia (cut-off) una lunghezza dell’asse minore del linfonodo di 10 mm, la TC ha una sensibilità del 15% per i linfonodi metastatici. Utilizzando il valore soglia di 5 mm, la sensibilità aumenta al 70%, ma la specificità diminuisce al 65%. D’altra parte, linfonodi peripancreatici aumentati di volume possono essere la conseguenza di pancreatite, epatopatia cronica o altre malattie benigne. Similmente, la TC non è accurata nella diagnosi di piccole metastasi epatiche e della carcinosi peritoneale. In circa 1/3 dei pazienti considerati privi di metastasi alla TC di stadiazione, possono essere diagnosticate piccole metastasi epatiche e/o peritoneali al momento dell’intervento chirurgico. Le metastasi epatiche appaiono come lesioni a bassa densità nella fase venosa di TC o RM con MDC. Anche se diagnosticati, noduli epatici di dimensioni inferiori a 10 mm non possono essere caratterizzati con certezza alla TC: non dovrebbero essere considerati metastasi, dal momento che i piccoli noduli epatici sono frequentemente benigni anche in paziente con PADC. In questi casi, la RM è superiore alla TC nel differenziare una piccola cisti o un’emangioma da una metastasi epatica. Ecoendoscopia (eus) L’EUS è la metodica d’immagine non invasiva, con la più alta sensibilità (95%) per la diagnosi di lesioni pancreatiche maligne o benigne. Questa elevata sensibilità ha fornito il razionale per la sua utilizzazione, insieme alla RM, nello screening degli individui ad alto rischio per il PDAC. L’EUS è particolarmente utile per l’identificazione di piccoli tumori (diametro ≤ 20 mm), che non sono stati diagnosticati con altre metodiche di immagine. Pertanto, l’EUS è raccomandata in tutti quei pazienti con ittero ostruttivo senza evidenza di calcoli biliari, in cui TC o RM non hanno evidenziato la presenza di una neoformazione nel pancreas, al fine di diagnosticare od escludere con certezza un tumore oppure una malattia pancreatica non neoplastica. All’EUS, l’evidenza di un pancreas normale esclude la presenza di PDAC, ma un follow-up ecoendoscopico è raccomandato quando l’EUS mostra la presenza di pancreatite cronica senza evidenza di una neo- 254 formazione definita nel parenchima pancreatico. L’EUS può anche non identificare una lesione pancreatica nei pazienti con 1. cancro diffusamente infiltrante, 2. recente (< 4 settimane) episodio di pancreatite acuta, 3. presenza di stent nel coledoco. Tecniche di immagine avanzate come l’EUS con MDC e l’elastografia sono utilizzate in Europa ed in Asia per migliorare l’accuratezza dell’EUS nella diagnosi differenziale delle lesioni pancreatiche. Tuttavia, queste tecniche non sono utilizzate all’IUH e, più in generale, negli USA a causa di 1. costi elevati, 2. indisponibilità sia del MDC, sia del software per elastografia, 3. poca esperienza degli operatori. L’EUS e la TC multistrato sono equivalenti nella definizione della resecabilità chirurgica del PDAC (2,3). Cionostante, all’IUH, il protocollo di studio dei pazienti con PDAC diagnosticato o sospetto prevede l’esecuzione sia dell’EUS, sia della TC ai fini della corretta stadiazione della malattia. Sebbene la classificazione TNM sia largamente utilizzata per la stadiazione del PDAC, è clinicamente più utile classificare i pazienti con PDAC in 1. resecabili, 2. resecabili borderline, 3. localmente avanzati e 4. metastatici. I pazienti con cancro resecabile non hanno coinvolgimento vascolare o linfonodale tale da controindicare la chirurgia; quelli con tumore resecabile borderline hanno invasione neoplastica dei vasi (ad esempio vena porta) o di altri organi (ad esempio stomaco) che rende l’intervento chirurgico difficile, ma non impossibile, richiedendo resezioni venose, con ricostruzione vascolare e/o resezione d’organo (ad esempio gastrectomia subtotale) (figura 3); i pazienti con cancro localmente invasivo non presentano metastasi a distanza, ma il tumore ha infiltrato strutture vascolari (ad esempio il tronco celiaco) rendendo impossibile l’esecuzione di un intervento chirurgico con intento curativo; infine la presenza di metastasi a distanza (fegato, polmoni) rende la malattia non suscettibile di chirurgia. L’EUS consente la diagnosi e l’eventuale campionamento cito-istologico di noduli epatici, ascite e linfonodi non individuati da altre metodiche di indagine e, pertanto, particolare attenzione deve essere prestata alla ricerca di queste eventuali lesioni e/o condizioni patologiche durante l’esecuzione dell’EUS. Ruolo della diagnosi cito-istologica prima della decompressione biliare La presenza di una lesione nella testa del pancreas alla TC o RM con il “segno del doppio dotto” (dotto di Wirsung e coledoco dilatati), noduli epatici e/o linfoadenopatie peripancreatiche è specifico per la diagnosi di PDAC nel contesto clinico appropriato. Tuttavia, una relativa incertezza nella diagnosi permane dal momento che nel 15% circa dei pazienti si riscontra una malattia benigna al momento della cefaloduodenopancreasectomia. A Schematica illustrazione di una neoformazione nel corpo del pancreas, così come è visualizzata all’EUS È raccomandata l’esecuzione di EUS-FNA (aspirazione per ago sottile guidata dall’EUS), o, occasionalmente, EUS-FNB (biopsia con ago sottile guidata dall’EUS) per quasi tutte le lesioni pancreatiche sospette se la strategia terapeutica può cambiare in base alla diagnosi istologica. In alcuni pazienti con sospetto PDAC resecabile, è ragionevole procedere direttamente con l’intervento chirurgico senza eseguire EUS (con o senza campionamento tissutale). Tuttavia, se la diagnosi rimane incerta, diagnosi alternative sono ipotizzate o è prevista una terapia neoadiuvante, allora l’EUS-FNA deve essere necessariamente eseguita. I campioni citologici sono ottenuti utlizzando un ecoendoscopio lineare e un ago da ecoendoscopia di 19, 22 o 25 gauge. Nella diagnosi del PDAC, la sensibilità dell’EUS-FNA è dell’85-90%, con una specificità pressoché del 100%. Le complicanze della metodica sono rare, ma includono la pancreatite che si manifesta nell’1% dei casi. L’EUS-FNA è oggigiorno considerata la metodica di elezione per stabilire una diagnosi cito-istologica di una lesione pancreatica quando c’è un dubbio diagnostico e può essere eseguita contemporaneamente all’ERCP (colangiografia retrograda perendoscopica). All’IUH, nella sala ecoendoscopica è sempre presente il citopatologo per confermare l’appropriatezza del campione citologico e guidare l’ecoendoscopista nell’esecuzione dell’EUS-FNA. Le attuali linee guida (4) raccomandano l’esecuzione di una diagnosi cito-istologica preliminare in tutti i pazienti con PDAC resecabile borderline o se è sospettata una pancreatite autoimmune. Una diagnosi certa, prima o al momento dell’ERCP, è utile anche ai fini di un’ottimale strategia terapeutica per la decompressione dei pazienti con ittero ostruttivo. oncology update Figura 3 Diagnosi e stadiazione ecoendoscopica di una neoformazione del pancreas B La neoformazione pancreatica è adesa alla confluenza portale Infatti, pancreatite cronica con pseudo tumore infiammatorio, sequele di pancreatite acuta severa e pancreatite autoimmune di tipo I sono condizioni che possono mostrare caratteristiche radiografiche sovrapponibili a quelle del PDAC e possono anche esse presentarsi con ittero ostruttivo. L’incidenza di pancreatite autoimmune è di circa il 40% nei campioni operatori di pazienti operati per PDAC ma che invece erano affetti da malattia benigna. Inoltre, Linfoma non Hodgkin, tumori neuroendocrini e metastasi di cancro non pancreatico (carcinoma renale, cancro della mammella, tumore del polmone) sono lesioni pancreatiche la cui storia clinica è profondamente diversa da quella del PDAC. In casi selezionati, pazienti con PDAC, in stadio precoce e resecabile, localizzato nella testa o nel processo uncinato del pancreas, possono essere sottoposti direttamente ad intervento chirurgico anche in presenza di ittero ostruttivo. Infatti, eventuali complicanze post ERCP quali pancreatite, emorragia e ostruzione della protesi biliare, con conseguente colangite, possono ulteriormente ritardare la cefaloduodenopancreasectomia. In letteratura, gli studi sinora pubblicati hanno dimostrato che la decompressione biliare preoperatoria non migliora i risultati operatori nei pazienti con PDAC resecabile, mentre studi prospettici hanno evidenziato che la decompressione biliare preoperatoria è associata a maggiore morbilità preoperatoria e postoperatoria. Un recente studio prospettico randomizzato (RCT) ha evidenziato un maggiore tasso di complicanze severe (74% vs 39%, p<0.001) e di ospedalizzazione, con una media di 2 giorni in più, nei pazienti sottoposti ad ERCP preoperatoria per decompressione biliare 4-6 settimane Giorn Ital End Dig 2015;38:251-270 Stadio e eleggibilità chirurgica 255 prima dell’intervento chirurgico, rispetto ai pazienti operati direttamente a meno di una settimana dalla diagnosi (5). Tuttavia, in questo studio la decompressione biliare è stata ottenuta con il posizionamento di una protesi biliare plastica e i pazienti con ittero severo (bilirubina > 14.6 mg/dl) erano stati esclusi dall’arruolamento. In base ai dati della letteratura, la raccomandazione attuale è quella di sottoporre direttamente all’intervento chirurgico quei pazienti con PDAC resecabile e idonei alla chirurgia, con ittero lieve e minimamente sintomatici (senza prurito severo), se non si prevede terapia neoadiuvante. L’ERCP preoperatoria con decompressione biliare garantisce benefici metabolici ai pazienti candidati alla chirurgia solo se si presentano con ittero ostruttivo severo che, pertanto, necessita del drenaggio biliare decompressivo endoscopico. Purtroppo, la maggior parte (>75%) dei pazienti con PDAC non sono resecabili alla diagnosi e la decompressione biliare è indicata per la palliazione dei sintomi e/o per facilitare la chemioterapia e/o la radioterapia. Una possibile eccezione è rappresentata dai pazienti con malattia epatica metastatica, dal momento che l’ittero potrebbe non essere dovuto ad ostruzione biliare, ma a compromissione della funzionalità epatica. In questi pazienti è sempre opportuno confermare, od escludere radiologicamente la presenza di dilatazione biliare, in assenza della quale una decompressione biliare non sarà utile per il paziente. DRENAGGIO BILIARE PER IL PAZIENTE ITTERICO L’ittero (spesso senza dolore) è il sintomo più comune (>50%) nei pazienti con PADC al momento della diagnosi. Il meccanismo causale dell’ittero è la compressione/ invasione del coledoco ad opera della neoformazione periampollare e/o cefalopancreatica che si reperta nel 60% dei pazienti. Prurito, fatica e malassorbimento dei grassi sono la conseguenza dell'ittero ostruttivo e la decompressione biliare determina un miglioramento significativo della qualità di vita del paziente. La risoluzione dell’ittero (bilirubina <2.5mg/dL) è un requisito fondamentale per l’esecuzione della chemioterapia dal momento che la mancata escrezione biliare dei metaboliti dei farmaci può indurre un’inaccettabile tossicità dei chemioterapici. Tuttavia, la selezione della migliore strategia di decompressione biliare non è semplice e deve tenere conto di: 1. la possibilità di avere una conferma cito-istologica della diagnosi; 2. l’eleggibilità chirurgica del paziente e la pianificazione temporale dell’intervento chirurgico; 3. la prognosi del paziente quoad vitam. Pertan- 256 to, questa strategia deve essere discussa e decisa in un contesto multidisciplinare con la partecipazione di tutti gli specialisti coinvolti nella gestione del paziente. Colangio Pancreatografia Retrograda Endoscopica (ercp) L’ERCP per la risoluzione dell'ittero ostruttivo determinato da stenosi biliare neoplastica ha un successo tecnico maggiore del 90%, con un rischio di complicanze inferiore al 5% (in mani esperte) ed è pertanto considerata la procedura d’elezione per il drenaggio biliare dei pazienti itterici con PDAC. Principalmente eseguita in day surgery, l’ERCP richiede una più breve ospedalizzazione, e minori costi, oltre ad avere un tasso inferiore di complicanze e morbilità rispetto sia alla chirurgia, sia alle manovre radiologiche di decompressione biliare. Le protesi di polietilene (plastiche) sono poco costose ed efficaci ai fini della decompressione biliare quando sono posizionate durante l’ERCP; possono essere facilmente rimosse sia endoscopicamente, sia durante l’eventuale intervento chirurgico. Tra le protesi plastiche, quella del diametro di 10 French (F) è considerata la protesi ideale, dal momento che studi di comparazione non hanno dimostrato maggiori vantaggi nell’uso di protesi da 11.5 F e le protesi di calibro inferiore (7 F e 8.5 F) offrono risibili vantaggi tecnici. Le protesi biliari plastiche devono essere sostituite frequentemente poiché esse tendono ad occludersi per la formazione al loro interno di un “biofilm” batterico. Posizionata una protesi biliare plastica, di solito il paziente viene seguito clinicamente e la protesi biliare sarà sostituita “on-demand”, ovvero ripetendo l’ERCP solo quando il paziente presenterà sintomi e segni di ostruzione biliare, dal momento che è stato dimostrato che cambiare la protesi biliare ad intervalli fissi non offre al paziente particolari vantaggi, a fronte di maggiori spese e possibili complicanze. Dati recenti suggeriscono l’ipotesi che il malfunzionamento della protesi biliare plastica si possa manifestare precocemente nei pazienti con PDAC localmente avanzato e in quelli con malattia resecabile borderline in corso di chemioterapia neoadiuvante. Uno studio ha valutato la pervietà delle protesi biliari plastiche in questo sottogruppo di pazienti riportando un tasso di precoce malfunzionamento della protesi plastica pari al 35% (pervietà mediana di 49 giorni, IQR 25-91), con il 45% dei pazienti sottoposti a ricovero ospedaliero urgente, non programmato (6). In questo studio, anche una lunghezza della protesi plastica maggiore di 7 cm è stata associata con un malfunzionamento precoce (48 vs 24%, p<0.01). Gli stent metallici auto-espandibili (SEMS) sono protesi metalliche (acciaio o nitinolo) di diametro variabile da 6 a oncology update Giorn Ital End Dig 2015;38:251-270 10 mm. Tuttavia, i SEMS da 6 mm sono raramente utiliz- 5.801 euro, rispettivamente, p=0.28) quando sono calcozati perché tendono ad ostruirsi facilmente. Le caratteristi- late le spese relative alle procedure di follow-up e le necesche dei SEMS sono variabili, con diversa configurazione sarie ospedalizzazioni (7). delle maglie e vari sistemi di rilascio, in base allo specifico Inoltre, l’analisi di sottogruppo ha dimostrato che il costo produttore. I SEMS ricoperti (cSEMS) e quelli non ricoperti delle differenti protesi biliari non differisce anche quando (uSEMS) presentano vantaggi e svantaggi che ne con- queste sono utilizzate per la decompressione biliare di dizionano l’uso nelle diverse situazioni, con la differenza pazienti con ridotta aspettativa di vita (meno di 3 mesi) e principale consistente nel fatto che gli uSEMS si integrano malattia metastatica. In base a questi dati, i costi iniziali dei nell’epitelio biliare dal quale vengono rivestiti e, quindi, una SEMS sono largamente compensati dal fatto che essi restano pervi per un lungo periodo di tempo, determinando volta posizionati, non possono essere rimossi. Pertanto, è auspicabile avere una diagnosi cito-istologi- così minori costi di ospedalizzazione. ca prima del posizionamento di un uSEMS, ma questa Pertanto, all’IUH è stato deciso di utilizzare i SEMS per non è ritenuta necessaria se la gestione terapeutica del ottenere il drenaggio biliare nella maggior parte dei pazienti paziente non dipende da essa (ad esempio, se è pro- con PADC, come illustrato nella figura 5. Inoltre, nei pagrammato l’intervento chirurgico). Studi prospettici e di meta-analisi condotti su pazienti con PADC e Figura 4 Immagini di ERCP di un paziente maschio, di 70 anni, con ittero ostruttivo, ittero ostruttivo, sottoposti ad ERdolore addominale, diarrea, calo ponderale e diagnosi di neoformazione della testa del pancreas alla TC CP con posizionamento di SEMS, hanno dimostrato in modo statisticamente significativo che i SEMS rimangono pervi più a lungo delle protesi biliari plastiche e riducono il numero di ERCP necessarie per risolvere la recidiva dell’ittero. La figura 4 mostra il posizionamento di un SEMS in un paziente con PDAC che ha determinato ostruzione sia del dotto di Wirsung, sia del coledoco. I pochi A B dati disponibili in letteratura fanno ritenere che i cSEMS restino pervi L’iniezione del mezzo di contrasto rivela Evidenza di dilatazione biliare, più a lungo degli uSEMS; tuttavia la presenza di un ostruzione del dotto prossimalmente alla stenosi (freccia) questi dati non sono definitivi, ridi Wirsung e di una stenosi distale chiedendo ulteriori conferme, ed i del coledoco (segno del doppio dotto) costi dei cSEMS superiori a quelli degli uSEMS, vanificano questo ipotetico vantaggio. La diffusione nell’uso dei SEMS è resa difficile dalla lievitazione dei costi dell’ERCP, dovuti al fatto che i SEMS costano all’incirca 20 volte più delle protesi biliari plastiche (1.650,00 euro vs 90,00 euro). Tuttavia, un recente RCT ha comparato l’uso di protesi biliari plastiche con C D uSEMS e cSEMS in pazienti con PDAC non resecabile e sottoposti ad ERCP per decompressione biImmagine radiologica di SEMS posizionato Immagine endoscopica dell'estremità distale liare, dimostrando che non ci sono a cavaliere della stenosi biliare di SEMS biliare posizionato attraverso la papilla, con buon deflusso di bile differenze nei costi complessivi tra le differenti protesi (6.906, 7.039 e 257 zienti sottoposti a terapia neoadiuvante i SEMS rappresentano la protesi d’elezione per ottenere il drenaggio biliare perché in questo sottogruppo di pazienti le protesi biliari plastiche sono gravate da un alto tasso di complicanze (soprattutto ostruzione precoce). Opzioni endoscopiche quando l’ERCP non risolve l’ostruzione biliare Un adeguato drenaggio biliare è ottenuto alla prima ERCP nel 70 - 95% dei casi. Fattori associati ad elevate percentuali di successo dell’ERCP comprendono l’assenza di un’ostruzione gastro-duodenale (Gastric Outlet Obstruction - GOO), un alto numero di procedure eseguite ed esperienza nell’uso di tecniche avanzate (come la sfinterotomia con precut) da parte dell’endoscopista. Ripetere l’ERCP dopo il fallimento della prima ERCP, può essere indicato quando l’ERCP sarà eseguita in un centro di III livello, dove, nella maggior parte dei casi, una seconda ERCP è coronata da successo, con posizionamento della protesi necessaria per risolvere l’ostruzione biliare. Il drenaggio biliare per via percutanea trans-epatica (PTDB) rimane una valida opzione se l’ERCP non riesce a risolvere l’ittero; è coronato da alte percentuali di successo, se i dotti biliari intraepatici sono dilatati, e può essere convertito in drenaggio biliare interno, mediante il posizionamento radiologico o endoscopico di una protesi biliare. Il drenaggio biliare EUS-guidato (epatico-gastrostomia, coledoco-duodenostomia) è una tecnica emergente che prevede l’uso dell’EUS per guidare il posizionamento di una protesi nell’albero biliare (mediante una puntura trans-luminale) con risultati che raggiungono il 90% di successo in alcune casistiche. Tuttavia, i tassi di complicanze pari al 10% ed una lunga curva di apprendimento necessaria per un’esecuzione sicura ed efficace della procedura, hanno sinora limitato la diffusione di questa tecnica. Il rendezvous EUS-guidato prevede la puntura con un ago econdoscopico dell’albero biliare per introdurre in esso un filo guida che viene poi fatto progredire in maniera anterograda per fuoriuscire attraverso la papilla major sotto guida EUS, rendendo così possibile l’incannulazione del colecodo all’ERCP. Figura 5 Proposta di algoritmo per l’approccio multidisciplinare al paziente con adenocarcinoma duttale del pancreas ed ittero ostruttivo Lesione pancreatica resecabile e paziente candidato alla chirurgia, senza previsione di ritardo per la chirurgia* o presenza di sintomi significativi✦ NO ERCP con stent biliare; considerare EUS-FNA° SÌ Consulto chirurgico per resezione immediata con o senza EUS-FNA° Affidare il paziente ad un centro di III livello per un ulteriore tentativo con ERCP; o consulto con radiologo interventista per PTBD; o decompressione biliare EUS-guidata, a seconda dell’expertise Accesso biliare fallito Accesso biliare riuscito Aspettativa di vita <3 mesi >3 mesi uSEMS; considerare stent plastico uSEMS se diagnosi certa; considerare cSEMS, o stent plastico se la diagnosi è incerta *Pazienti con previsione di ritardo per la chirurgia maggiore di 2 settimane (per completare la stadiazione, o per la stabilizzazione di comorbidità) dovrebbero essere sottoposti a decompressione biliare preoperatoria ✦Sintomi significativi: ittero severo, prurito intenso e refrattario a terapia °L’EUS-FNA dovrebbe essere effettuato nei pazienti in cui si sospetta pancreatite autoimmune,o altra patologia pancreatica benigna che può causare ostruzione biliare, oppure per conferma cito-istologica della diagnosi prima della chemio-radioterapia PTBD: Drenaggio Biliare Trans-epatico Percutaneo uSEMS: Stent Metallico Autoespandibile non ricoperto cSEMS: Stent Metallico Autoespandibile ricoperto 258 Drenaggio biliare trans-epatico percutaneo (ptdb) Il PTDB è indicato per il drenaggio biliare di pazienti con ostruzione biliare neoplastica che non sono candidati all’ERCP a causa di alterazioni anatomiche post-chirurgiche, o che non sono stati drenati endoscopicamente per insuccesso dell’ERCP. Dal momento che il volume del lobo destro del fegato è solitamente maggiore di quello sinistro, il PTDB è effettuato con accesso da destra per ottenere il drenaggio biliare nei pazienti con stenosi del coledoco o stenosi ilare (come nel PDAC metastatico). In diverse occasioni, tuttavia, l’approccio sinistro alla via biliare viene preferito a quello destro. Il dotto epatico di destra è solitamente più corto del sinistro e pertanto la sua ostruzione può determinare facilmente l’occlusione dei rami intraepatici anteriori e posteriori di destra quando la stenosi si estende al di sopra della biforcazione ilare. In questi casi, un accesso sinistro alle vie biliari intraepatiche può consentire il drenaggio di un volume funzionale di fegato maggiore, posizionando un solo catetere di drenaggio. Similmente, se è presente un’atrofia del lobo destro del fegato, dovuta ad una riduzione del flusso sanguigno o a trombosi nella vena porta, è necessario ottenere il drenaggio biliare del lobo sinistro del fegato ancora funzionale. Nei pazienti con ascite, l’approccio sinistro alle vie biliari intraepatiche, prevede un’accesso al fegato anteriore, piuttosto che laterale (lungo la linea medio-ascellare destra), consentendo di minimizzare la fuoriuscita di liquido ascitico intorno al tubo di drenaggio, che è solitamente causa di irritazione cutanea. Infine, il colon può essere posizionato davanti al lobo epatico di destra, rendendolo inaccessibile, per cui si rende necessario eseguire il PTDB pungendo il lobo sinistro. Il PTDB è effettuato sotto guida fluoroscopica, eseguendo inizialmente una colangiografia transepatica percutanea (PTC) per valutare l’anatomia biliare e localizzare la sede dell’ostruzione. L’ecografia può essere utile per guidare la puntura del dotto biliare intraepatico, specialmente se è presente dilatazione dei dotti da ostruzione ilare. Controindicazioni alla PTC e al PTDB sono: 1. diatesi emorragica, 2. ascite severa, 3. metastasi parenchimali e 4. epatopatia oncology update cronica. Il PTDB può essere ottenuto utilizzando 3 diversi sistemi di drenaggio: a. un catetere di drenaggio biliare esterno, b. un catetere di drenaggio biliare interno-esterno, c. un SEMS interno. I cateteri di drenaggio biliare esterno sono inseriti attraverso il parenchima epatico in un dotto biliare intraepatico dilatato, al di sopra della stenosi biliare in modo da drenare all’esterno la bile. Questi cateteri sono utilizzati in presenza di una stenosi di alto grado, non valicabile dal filo guida, al fine di ottenere l’iniziale decompressione biliare per poi sostituire il catetere di drenaggio esterno con uno interno, dopo la risoluzione dell’edema, o sono utilizzati come ponte temporaneo alla chirurgia. I cateteri di drenaggio biliare interno-esterno sono più lunghi e quindi più stabili di quelli esterni. Questi cateteri sono posizionati attraverso il parenchima epatico in dotto biliare intraepatico dilatato e spinti attraverso la stenosi sino a fuoriuscire attraverso la papilla in duodeno. In questo modo, la parte esterna del catetere drena i dotti biliari intraepatici al di sopra della stenosi e quella interna ripristina il deflusso biliare in duodeno, così da ristabilire la normale circolazione enteroepatica. A meno di febbre, sepsi od ostruzione intestinale, solitamente il drenaggio esterno viene chiuso, in modo da forzare il deflusso trans-papillare della bile: in questi casi, è necessario monitorare il paziente per l’eventuale comparsa febbre, fuoriuscita esterna di bile, o incremento dei valori di bilirubina. Questi ultimi indicano il malfunzionamento della parte interna del catetere per cui è necessaria l’immediata apertura del drenaggio esterno. Dopo PTDB, i pazienti dovrebbero essere monitorati per rilevare segni e sintomi di sanguinamento o infezione. Nonostante la profilassi antibiotica, una infezione settica può insorgere nelle ore immediatamente successive al PTDB. Dal momento che i dotti biliari decorrono paralleli alle arteriole epatiche e alle venule portali all’ interno delle triadi portali, una transitoria emobilia può verificarsi durante l’eventuale cambio dei cateteri perchè il sangue può entrare in un dotto biliare. L’improvvisa comparsa di sanguinamento dopo PTDB, o l’evidenza di un’anomalia vascolare di un’arteriola, come uno pseudo- aneurisma in prossimità del catetere di drenaggio, dovrebbero essere considerati segno presunto di lesione vascolare e dovrebbero essere immediatamente trattati con embolizzazione selettiva del ramo arterioso a livello della lesione. La fuoriuscita di bile intorno al catetere percutaneo è solitamente dovuta 1. all'occlusione dei fori laterali del catetere, o 2. alla dislocazione interna del catetere, con malposizionamento dei fori laterali al di sotto della stenosi, oppure 3. all'intermittente dislocazione esterna del catetere, con fuoriuscita dei fori laterali nel parenchima epatico durante gli atti respiratori. Altre complicanze del PTDB sono pneumoperitoneo, emotorace, pneumotorace, peritonite biliare, colangite e Giorn Ital End Dig 2015;38:251-270 Questa tecnica ha una percentuale di successo che oscilla fra 70% e 100%, con un tasso di complicanze relativamente elevato (3-15%). Dati preliminari fanno ipotizzare che le tecniche di decompressione biliare EUSguidata siano superiori al PTBD, con un ridotto numero di procedure di follow-up e costi totali inferiori per ottenere la risoluzione dell’ittero. Tuttavia, ulteriori studi sono necessari per stabilire con certezza l’utilità delle tecniche di decompressione biliare EUS-guidata. 259 pancreatite. Entrambi i cateteri di drenaggio biliare, sia l’interno-esterno, sia l’esterno, consentono la risoluzione dell’ittero, ma richiedono un’attenta manutenzione, mediante lavaggio e aspirazione dei cateteri per mantenerne la pervietà. La sostituzione di entrambe i tipi di catetere può essere necessaria per ostruzione, migrazione o malposizionamento e può essere effettuata in regime ambulatoriale, con una minima sedazione del paziente. Dopo accesso percutaneo ad un albero biliare ostruito, la migliore opzione possibile per ottenere il drenaggio biliare è il posizionamento di un SEMS interno a cavaliere della stenosi. Il posizionamento interno di un SEMS ristabilisce il deflusso di bile nell’intestino, senza la necessità di un catetere esterno, migliorando la qualità di vita del paziente. L’ostruzione del SEMS [da crescita del tumore all’interno o alle estremità del SEMS (ingrowth o overgrowth), o da accumulo di detriti biliari al suo interno] può essere trattato endoscopicamente, mediante il posizionamento di una altra protesi al suo interno, riservando eventuale ulteriore PTDB ai casi di fallimento delle procedure endoscopiche. I SEMS per via percutanea non dovrebbero essere posizionati in presenza del sospetto che alcuni dotti biliari intraepatici siano isolati dal resto dell’albero biliare e che pertanto non possano essere drenati. I dotti biliari intraepatici sono 1. completamente isolati se il MDC iniettato durante la PTC non li opacizza; 2. di fatto isolati quando il MDC li riempie, consentendone la visualizzazione, ma non defluisce e ristagna in essi nelle immagini colangiografiche tardive; prossimi alla isolamento se una stenosi centrale ne consente l’opacificazione ma c'è un significativo ritardo nello svuotamento che avviene solo nelle immagini colangiografiche tardive. Rispetto ai dotti biliari intraepatici completamente isolati, quelli di fatto isolati o prossimi all’isolamento, sono a maggior rischio di colangite perché possono essere colonizzati dai batteri quando il MDC li opacizza in tutto o in parte durante la PTC. Per ridurre il rischio di complicanze e di successivi interventi per drenare eventuali dotti biliari intraepatici isolati i SEMS non dovrebbero essere posizionati per via percutanea sino a quando tutti i dotti intrapeatici opacizzati si siano completamente svuotati del MDC o sino a quando il paziente sia apirettico per almeno 48 ore dopo l’interruzione della terapia antibiotica. I rami biliari intraepatici isolati dovrebbero essere sempre drenati posizionando un catetere interno-esterno. Entrambi i cateteri interno-esterno e i SEMS posizionati per via percutanea sono un’efficace sistema di drenaggio biliare quando quest’ultimo non è ottenuto con l’ERCP. Tuttavia, un'alternativa al PTDB è rappresentato dall’uso combinato di PTC ed ERCP con la tecnica del rendezvous. Similarmente alla tecnica dell’EUS-ERCP rendezvous, mediante PTC si verificano il grado e la sede della stenosi biliare per poi spingere il filo guida attraverso 260 la stenosi nel duodeno. Il filo guida è quindi catturato con un’ansa da polipectomia e utilizzato dall’endoscopista per accedere nel coledoco e posizionare una protesi biliare interna plastica o metallica. Questa tecnica è particolarmente utile nei pazienti con stenosi di alto grado delle vie biliari e/o con anatomia post-chirurgica complicata. APPROCCIO CHIRURGICO AL PDAC La corretta indicazione all’intervento chirurgico rimane di fondamentale importanza nell’era moderna della gestione multidisciplinare dei pazienti con PDAC. La TC ad alta risoluzione, con doppia fase di intensificazione del MDC, è la metodica di immagine di scelta per ottenere la corretta stadiazione dei pazienti con PDAC e fornisce al chirurgo le informazioni necessarie per una resezione completa del tumore, con margini tissutali negativi all’esame istologico definitivo del campione operatorio. La figura 6 elenca i criteri TC utili per determinare la resecabilità del PDAC in base alla stadiazione radiologica preoperatoria. Storicamente, i pazienti con criteri TC di resecabilità erano sottoposti direttamente ad intervento chirugico, seguito da chemioterapia o radio-chemioterapia adiuvante. Tuttavia, la bassa percentuale di pazienti liberi da malattia a lungo termine, dopo intervento chirurgico eseguito come terapia iniziale per PDAC resecabile, conferma la necessità di portare avanti studi clinici controllati per sviluppare efficaci terapie sistemiche specifiche per il PDAC. I recenti miglioramenti dell’efficacia dei farmaci chemioterapici sostengono maggiormente l’ipotesi che la chemioterapia neoadiuvante abbia benefici effetti anche per i pazienti con PDAC resecabile (tabella 1). Pazienti con tumore resecabile borderline o localmente avanzato, in base ai criteri TC, dovrebbero ricevere chemioterapia o chemio-radioterapia preoperatoria. Idealmente, i pazienti con questi stadi di malattia ad alto rischio dovrebbero essere arruolati in studi clinici controllati in cui si sperimentano nuovi farmaci. Sebbene i più recenti regimi terapeutici abbiano tassi di risposta del 40% circa, la maggior parte dei pazienti con PDAC localmente avanzato non sarà poi suscettibile di intervento chirurgico. La figura 7 evidenzia l’approccio del gruppo multidisciplinare dell’IUH ai pazienti con PDAC dopo stadiazione completa e valutazione della resecabilità del tumore, in base all’invasione neoplastica vascolare secondo i criteri TC. Quando il paziente con PDAC è considerato eleggibile per l’intervento chirurgico, l’obiettivo del chirurgo è quello di ottenere una resezione R0, con rimozione completa del tumore, senza evidenza di malattia macroscopica e microscopica nei margini di resezione. Nella cefaloduodenopancreasectomia, il margine di re- Metastatico • evidenza di diffusione metastatica della malattia, tipicamente a fegato, peritoneo, polmoni Resecabile • assenza di malattia extra-pancreatica • vena mesenterica superiore e vena porta pervie • interposizione di tessuto sano fra tumore e tronco celiaco, arteria epatica comune o arteria mesenterica superiore oncology update Figura 6 Criteri TC di resecabilità dell’adenocarcinoma duttale del pancreas Resecabile Borderline • infiltrazione tumorale parziale della vena mesenterica superiore e/o della vena porta che sono, però, pervie; oppure invasione completa di un breve segmento venoso con possibilità di resezione e ricostruzione vascolare • evidenza di impronta tumorale (<180° o 50% della circonferenza del vaso) su tronco celiaco, arteria epatica comune o arteria mesenterica superiore sezione più difficile da bonificare è quello dell’arteria mesenterica superiore, dove Tabella 1 Razionale per la chemioterapia neoadiuvante è presente il cosiddetto tessuto lasso reAumento della probabilità di ottenere margini di resezione negativi alla chirurgia troperitoneale. La revisione sistematica intraoperatoria dei margini di resezione è imAumento della probabilità di portare a termine la terapia multimodale programmata pegnativa ma fondamentale dal momento che molti studi hanno dimostrato che reAttestazione della presenza di metastasi a distanza e progressione precoce della malattia sezioni R1 (malattia microscopica in situ) o R2 (evidenza di malattia macroscopica) Attestazione dello stato funzionale del paziente e della sua incapacità di tollerare la chirurgia sono associate con ridotta sopravvivenza a lungo termine (8). Opportunità di eseguire test in vivo e in vitro di responsività alla chemioterapia Con l’obiettivo di ottenere la resezione completa del tumore, i chirurghi pancreatici hanno cercato di estendere la linfadenectomia e di ficatamente le resezioni della vena mesenterica superiore eseguire resezioni vascolari. I tentativi di migliorare la so- e della vena porta, sono routinariamente effettuate da chipravvivenza estendendo la linfadenectomia non sono stati rurghi pancreatici esperti. Questo tipo di estesa reseziocoronati da successo. Tre RCT (uno Italiano e due Statu- ne locale consente la rimozione chirurgica di tumori che, nitensi) hanno comparato la linfadenectomia standard con in passato, erano classificati come malattia localmente quella estesa e non hanno evidenziato alcun beneficio in avanzata e non resecabile. Gli entusiasmi iniziali per le termini di miglioramento della sopravvivenza nel gruppo resezioni arteriose (arteria mesenterica superiore e arteria di pazienti sottoposti a linfadenectomia estesa, a fronte epatica) si sono nel tempo raffreddati. Un analisi dei risuldi un numero significativamente maggiore di complicanze tati di un singolo centro ad alto volume di chirurgia panperioperatorie (9-11). Pertanto, si raccomanda di eseguire creatica ha dimostrato che non c’è differenza in mortalità la linfadenectomia standard in corso di cefaloduodeno- tra i pazienti sottoposti a cefaluododenopancreasectomia pancreasectomia per PDAC. Le resezioni vascolari, speci- standard e quelli in cui è eseguita una resezione venosa Giorn Ital End Dig 2015;38:251-270 Localmente avanzato • occlusione di vena mesenterica superiore e/o vena porta, senza possibilità di resezione con ricostruzione vascolare • evidenza di manicotto tumorale (>180° o 50% della circonferenza del vaso) intorno a tronco celiaco, arteria epatica comune o arteria mesenterica superiore 261 Figura 7 Approccio al paziente con adenocarcinoma duttale del pancreas da parte del gruppo multidisciplinare dell’Indiana University Hospital TC protocollo pancreas PDAC resecabile* PDAC inizialmente non resecabile Testa del pancreas Corpo/coda del pancreas Resecabile Borderline Localmente avanzato Metastatico Stadiazione selettiva laparoscopia Laparoscopia di stadiazione Chemioterapia* o Chemio-Radioterapia* Chemio-Radioterapia* Chemioterapia* Resezione chirurgica Chemioterapia adiuvante° Resezione chirurgica Chemioterapia adiuvante° Resezione chirurgica (>50%) Resezione chirurgica (<20%) *Ai pazienti deve essere offerta la possibilità di partecipare a studi clinici randomizzati controllati °Sostituire Chemioterapia con Chemio-Radioterapia se la resezione chirugica è R1 dopo esame istologico del pezzo operatorio con ricostruzione vascolare, sebbene quest’ultima aumenti il tasso di complicanze perioperatorie. Più recentemente, i dati dello United States National Surgical Quality Improvement Project sostengono l'ipotesi che le resezioni venose possano aumentare il tasso di mortalità della cefaloduodenopancreasectomia. È indubbio che questa tecnica debba essere eseguita in centri ad alto volume, ove operano chirurghi esperti in chirurgia pancreatica e vascolare. Attualmente nel 20% dei pazienti sottoposti a cefaloduodenopancreasectomia all’IUH sono eseguite resezioni venose con ricostruzione vascolare (12). Nel corso degli anni, la sicurezza della chirurgia pancreatica è aumentata in maniera significativa: il tasso di mortalità è pari o, addirittura, inferiore al 2% nei centri ad alto volume. La cefaloduodenopancreasectomia è però ancora gravata da un’elevata morbilità pari al 40% circa nei centri ad alto volume, come quello dell’IUH. Le più comuni complicanze postoperatorie sono 1. la fistola pancreatica (10-15%), 2. il ritardato svuotamento gastrico (10-15%), 3. la deiscenza dell’anastomosi biliare e della duodenodigiunostomia, 5. gli ascessi intra-addominali. La frequenza delle complicanze anastomotiche e degli ascessi intra-addominali è comunque relativamente bassa. Nonostante i significativi miglioramenti tecnici nell’esecuzione della cefaloduodenopancreasectomia, i pazienti con PDAC continuano a morire, anche dopo un intervento “perfetto”. Questo frustante dato evidenzia la necessità di migliorare la terapia sistemica dei pazienti con PDAC resecabile. 262 TERAPIA SISTEMICA PER I PAZIENTI CON PDAC Gestione del paziente con Pdac resecabile Soltanto una piccola percentuale dei pazienti con PDAC si presentano alla diagnosi con malattia resecabile. La sopravvivenza mediana globale (OS) di questi pazienti è 20-22 mesi, dopo resezione chirurgica del tumore e chemioterapia o chemio-radioterapia adiuvante (la radioterapia è un’opzione terapeutica controversa e generalmente è più utilizzata negli USA piuttosto che in Europa). Tuttavia, dal momento che la sopravvivenza a 5 anni dei pazienti con PDAC resecabile è del 10% dopo sola chirurgia, mentre aumenta al 25% con l’aggiunta della chemioterapia adiuvante, recentemente è stato proposto di utilizzare la chemioterapia neoadiuvante preoperatoria per i pazienti con PDAC resecabile. Il problema di questo approccio è la mancanza di efficaci terapie sistemiche: una recente meta-analisi ha valutato i dati relativi a diversi studi clinici sull’uso di chemioterapia neoadiuvante, dimostrando che il tasso di resezione effettiva non supera il 70% nei pazienti con PDAC resecabile in base ai criteri radiologici (13). La resezione chirurgica del tumore dopo chemioterapia neoadiuvante sembra essere efficace e sicura. In uno studio prospettico di fase II, pazienti sottoposti a chemioradioterapia neoadiuvante con gemcitabina hanno avuto un’OS mediana di 34 mesi ed una sopravvivenza a 5 anni del 36% (14). La chemioterapia adiuvante con gemcitabina aumenta la Gestione del paziente con pdac resecabile borderline e del paziente con tumore localmente avanzato non resecabile La gestione ottimale dei pazienti con PDAC resecabile borderline e di quelli con tumore localmente avanzato non resecabile rimane controversa. All’incirca il 70% dei pazienti con malattia localmente avanzata muore a causa delle metastasi e, pertanto, è necessario un approccio sistemico alla malattia. La combinazione di chemioterapia e radioterapia non ha fornito risultati soddisfacenti, specialmente in assenza di biomarcatori predittivi specifici per il PDAC. Sebbene alcuni selezionati pazienti con PDAC, resecabile borderline o localmente avanzato, siano stati sottoposti ad intervento chirurgico, questo tipo di approccio rappresenta un’eccezione piuttosto che la regola. Obiettivo della chemioterapia dei pazienti con PDAC resecabile borderline è quello di indurre una significativa risposta tumorale tale da consentire la resezione chirurgica. Un recente studio pilota condotto dallo U.S. Alliance Cooperative Group ha valutato la fattibilità e la sicurezza di uno schema modificato di FOLFIRINOX, seguito da radioterapia a fasci esterni in combinazione con gemcitabina. Questa strategia terapeutica sembra essere praticabile ed efficace, con un alto tasso di resezioni R0 nei pazienti che hanno completato la terapia neoadiuvante preoperatoria, senza evidenza di progressione della malattia (15). Diverse questioni restano aperte, soprattutto sul ruolo della radioterapia, la durata della chemioterapia e la definizione del regime ottimale di terapia sistemica. Negli ultimi due decenni, la gemcitabina è stata la sola opzione terapeutica per la gestione oncologica dei pazienti con PDAC, sulla base di dati che dimostravano come la gemcitabina diminuisse il dolore e riducesse l’entità della perdita di peso nei pazienti con PDAC metastatico. Tuttavia, il beneficio offerto dalla gemcitabina in termini di sopravvivenza era modesto. Recentemente, nuovi schemi di chemioterapia, con la combinazione di diversi farmaci, hanno mostrato di migliorare la sopravvivenza libera da progressione di malattia (PFS) e la OS rispetto alla sola gemcitabina. FOLFIRINOX ha dimostrato di aumentare la PFS da 3.4 a 6.6 mesi e l’OS da 6.7 a 11.1 mesi (16). Questo significativo miglioramento di PFS e OS era associato ad un’aumentata tossicità che, tuttavia, non influenzava la qualità di vita dei pazienti che era preservata per un periodo di tempo maggiore nei pazienti trattati con FOLFIRINOX (17). La prima terapia ricombinante approvata dalla FDA è stata la combinazione di nanoparticelle di albumina legate al paclitaxel (nab-paclitaxel), in combinazione con la gemcitabina (18). Questa terapia ricombinante ha aumentato significativamente PFS (da 3.3 a 5.5 mesi) e l’OS (da 6.7 a 8.5 mesi) dei pazienti con PDAC metastatico (18). All’IUH, l’approccio alla terapia sistemica del PDAC metastatico è personalizzato e dipende dai sintomi, dal performance status e dalle comorbidità del paziente. I pazienti con buon ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) performance status sono inseriti negli studi clinici sperimentali, quando disponibili. Altrimenti, questi pazienti sono trattati con FOLFIRINOX o nab-paclitaxel/ gemcitabina. In caso di progressione durante la prima linea di terapia, i pazienti con un performance status stabile sono solitamente trattati con schemi di chemioterapia basati sul 5-FU o FOLFOX se erano stati sottoposti inizialmente a chemioterapia con gemcitabina. Se invece era stata utilizzata una chemioterapia di prima linea basata sul 5-FU, al momento della progressione i pazienti sono sottoposti a chemioterapia con gemcitabina. RADIOTERAPIA PER IL PDAC Gli schemi di radioterapia (RT) per il PDAC sono in continua evoluzione, quale conseguenza della messa a punto di sempre più efficaci regimi di chemioterapia e dell’evoluzione continua sia dei piani di trattamento radioterapici, sia delle tecniche di irraggiamento. La stessa pianificazione terapeutica è stata nel tempo condizionata dal controverso ruolo della RT nel trattamento dei pazienti con PDAC, così come dall’evoluzione tecnologica nelle tecniche di centraggio, pianificazione e somministrazione della RT. oncology update Gestione del paziente con pdac metastatico Giorn Ital End Dig 2015;38:251-270 sopravvivenza libera da malattia, l’OS e l’OS a 5 anni, rispetto alla sola osservazione dopo intervento chirurgico per PDAC resecabile. Il 5-fluorouracile (5-FU) con leucovorina è stato comparato alla gemcitabina negli schemi di chemioterapia adiuvante è si è dimostrato altrettanto efficace. Tuttavia, il più gestibile profilo di tossicità della gemcitabina rende quest’ultima il farmaco di elezione per la chemioterapia adiuvante nella maggior parte dei centri oncologici nel mondo. Attualmente all’IUH è in corso uno studio prospettico di fase II che prevede la somministrazione dello schema di terapia neoadiuvante FOLFIRINOX (5-FU, leucovorina, irinotecan, and oxaliplatino) per 2 mesi in pazienti con PDAC resecabile in base ai criteri radiologici. La selezione dei pazienti avviene nell’ambito del gruppo multidisciplinare in cui intervengono oncologi medici, radioterapisti, chirurghi, gastroenterologi con l’obiettivo di stratificare i pazienti in base allo stadio di malattia, valutando le reali possibilità di resezione chirurgica. 263 Ancora accesa è la discussione con gli oncologi medici sulla terapia adiuvante ideale da somministrare ai pazienti con PDAC. Sebbene studi iniziali pubblicati negli anni 80’ riportavano un aumento della sopravvivenza dei pazienti con PDAC operati che erano stati sottoposti a RT (40 Gy somministrati in modalità split) in associazione con 5-FU, successivi studi condotti in Europa hanno dimostrato che la RT postoperatoria con 5-FU non solo non modificava l’OS dei pazienti, ma in diversi casi faceva aumentare le complicanze. Nello studio ESPAC-1 sono stati comparati gli effetti della sola chemioterapia, della chemio-radioterapia, della chemioterapia seguita da radioterapia e della semplice osservazione in pazienti con PDAC resecato: i risultati di questo studio hanno evidenziato una sopravvivenza minore tra i pazienti sottoposti a radioterapia in associazione con chemioterapia, rispetto a quelli trattati con la sola chemioterapia (19). Questo studio non fu condotto secondo i principi degli RCT dal momento che ai ricercatori era consentito di scegliere il trattamento cui sottoporre il paziente; inoltre c’era stato un considerevole crossover fra i diversi gruppi di trattamento e non era stato previsto una centro di raccolta e controllo centralizzato dei dati. Lo studio EORTC 40891 ha comparato l’efficacia della RT (40 Gy in somministrazione split) con 5-FU rispetto alla semplice osservazione in pazienti sia con PDAC, sia con tumori dell’Ampolla di Vater (20). Questo studio ha evidenziato un aumento non significativo dell’OS nei pazienti sottoposti a trattamento, suggerendo che la RT con FU sia maggiormente efficace per i pazienti con PDAC, rispetto a quelli con tumore ampollare. Come nel caso dello studio ESPAC-1, anche questi risultati devono essere interpretati con cautela, dal momento che era stato utilizzato un regime di RT antiquato e che nello studio non erano state rispettate le procedure di qualità. Inoltre, l’inclusione dei soli pazienti con PDAC ad uno stadio di malattia relativamente precoce (T1-2/N0-1) e la presenza di pazienti con tumori diversi nello stesso studio può aver inficiato la possibilità di osservare maggiori benefici indotti dalla RT adiuvante. Recentemente, diversi studi hanno cercato di fornire una risposta alle domande originate dai risultati degli studi iniziali precedentemente citati. Nello studio RTOG 9704 i pazienti sono stati randomizzati a ricevere chemioterapia di induzione con gemcitabina, oppure 5-FU seguita poi in entrambe i gruppi da chemio-radioterapia adiuvante (50.4 Gy/5-FU), senza dimostrare significativa differenza nell’OS tra i due differenti gruppi di trattamento (21). Nello stesso periodo, un altro studio condotto in Germania (CONKO-001) ha comparato la chemioterapia adiuvante basata sulla gemcitabina con placebo, riportando un aumento dell’OS a 5 anni del 10% (OS a 5 anni di 20.7 vs 10.4%, rispettivamente nei bracci di gemcitabina e pla- 264 cebo) (22). La sopravvivenza dei pazienti in entrambe gli studi (RTOG 9704 e CONKO-00) era comparabile, confermando l’ipotesi che la chemioterapia da sola (piuttosto che la chemio-radioterapia) è una opzione accettabile per il trattamento adiuvante dei pazienti con PADC resecato. Tuttavia, la RT postoperatoria dovrebbe essere ancora considerata una valida opzione terapeutica in pazienti selezionati sulla base 1. dei ristretti criteri di eleggibilità dello studio CONKO-001 (erano richiesti valori di CA19.9 inferiori a 90 IU/mL), 2. del tasso relativamente elevato di recidive locali se i pazienti non sono sottoposti a RT postoperatoria e 3. dei dati aggregati provenienti da centri di riferimento Statunitensi che dimostrano come la RT postoperatoria fa aumentare la sopravvivenza di alcuni selezionati pazienti operati. I tentativi di migliorare la selezione dei pazienti con PDAC resecato da sottoporre a terapia adiuvante postoperatoria hanno portato all’ ideazione dello studio cooperativo denominato RTOG 0848 che è in corso negli USA. In questo studio, la RT è somministrata soltanto ai pazienti che mostrano stabilità di malattia, ovvero assenza di progressione, dopo 5 cicli di chemioterapia adiuvante (con o senza erlotinib). All’IUH, la RT postoperatoria è somministrata ai pazienti ad alto rischio di recidiva per la presenza di margini di resezione positivi nel campione operatorio e/o linfonodi positivi ma che non hanno sviluppato malattia metastatica dopo i primi 5 cicli di chemioterapia adiuvante. I pazienti con PDAC localmente avanzato hanno solitamente metastasi occulte, non diagnosticabili per limiti di risoluzione radiologica e generalmente beneficiano di una chemioterapia di induzione prima di essere sottoposti a RT. In un recente studio prospettico è stato valutato questo approccio terapeutico, randomizzando inizialmente i pazienti a gemcitabina oppure a gemcitabina con erlotinib: quei pazienti che non mostravano progressione di malattia sono poi stati randomizzati a chemio-radioterapia basata su capecitabina o a sola chemioterapia (23). All’incirca il 40% dei pazienti inizialmente randomizzati alla chemioterapia hanno sviluppato malattia metastatica e non sono stati quindi avviati alla seconda randomizzazione. Sebbene lo studio non abbia dimostrato un aumento dell’OS nei pazienti sottoposti a RT, quest’ultima ha significativamente ridotto il tasso di recidive locali e aumentato l’intervallo libero da malattia. Un trattamento sequenziale con chemioterapia seguita da radio-chemioterapia è indicato per i pazienti con PDAC resecabile borderline che sono candidati all’intervento chirurgico 4-6 settimane dopo il completamento della chemio-radioterapia. Tuttavia, il controllo della malattia a lungo termine e l’OS rimane insoddisfacente nei pazienti con PDAC, specialmente in presenza di tumori non resecabili e approcci innovativi per migliorarne il trattamento sono chiaramente necessari. La radioterapia PALLIAZIONE DEL PDAC NON RESECABILE La palliazione rappresenta la terapia di elezione dei pazienti con PDAC non resecabile ed ha come primo obiettivo il controllo dei sintomi del paziente al fine di migliorarne la qualità di vita. L’approccio al paziente deve essere personalizzato basandosi su 1. stato di malattia, 2. prognosi, 3. aspettativa di vita, 4. preferenze personali del paziente e 5. esperienza degli operatori. Gestione del dolore All’incirca il 90% dei pazienti con PDAC lamentano un significativo dolore addominale durante il decorso della loro malattia. Il ganglio celiaco è responsabile della trasmissione del dolore e trattamenti diretti (endoscopici, percutanei o chirurgici) su di esso possono essere effi- oncology update caci nel controllo del dolore. All’IUH si preferisce l’accesso endoscopico per il trattamento del ganglio celiaco, sulla base della specifica esperienza degli operatori e dei dati di un singolo RCT che ha dimostrato efficacia e superiorità dell’approccio endoscopico rispetto a quello percutaneo. L’approccio chirurgico è invece riservato a quei pazienti che si sottopongono a chirurgia per un intervento di resezione del tumore che si rivela poi non resecabile intraoperatoriamente. Quando il controllo del dolore non è possibile con i soli analgesici orali o questi non sono tollerati dal paziente, la neurolisi EUS-guidata del plesso celiaco (EUS-CPN) e del ganglio celiaco (EUS-CGN) è ottenuta mediante l’iniezione di anestetico locale (ad esempio bupivacaina) e poi di alcol assoluto nel plesso celiaco (CP), o nel ganglio celiaco (CG). Una precoce EUS-CPN eseguita durante l’EUS di diagnosi e stadiazione, consente di controllare il dolore in modo ottimale, prevenendone l’intensificazione e riducendo l’uso di narcotici da parte del paziente. La riduzione del dolore si verifica nell'80% circa di pazienti entro due settimane dalla neurolisi EUS-guidata. Non ci sono fattori predittivi dell’efficacia della EUS-CPN, anche se l’invasione del plesso celiaco ad opera del tumore è associata ad una ridotta efficacia della neurolisi. Infine, l’EUS-CPN non ha alcun impatto sulla sopravvivenza dei pazienti. Al momento dell’EUS-CPN, l’iniezione bilaterale (su entrambe i lati del CP) consente di ottenere una più estesa distribuzione della soluzione neurolitica all’interno del plesso celiaco. Sebbene ci siano dati discordanti sull’efficacia dell’ iniezione bilaterale rispetto a quella unilaterale, uno studio di meta-analisi ha dimostrato la superiorità dell’iniezione bilaterale sull’iniezione monolaterale (24). Inoltre, un recente RCT multicentrico ha dimostrato la superiorità dell’ EUS-CGN sull’EUS-CPN nella palliazione del dolore; tuttavia, EUS-CGN è stata comparata con la sola iniezione unilaterale dell’EUS-CPN e la superiorità di EUSCGN era simile a quella dell'iniezione bilaterale in corso di EUS-CPN (25). Dati sugli effetti collaterali dell’EUS-CPN sono limitati a pochi studi retrospettivi ed alcuni casi clinici: lievi complicanze comprendono 1. diarrea transitoria (4-15%), 2. ipotensione (1%) e 3. aumento paradosso del dolore (9%). Complicanze maggiori occorrono nel 2.5% dei casi, con sanguinamento retroperitoneale e formazione di ascessi. In base ai dati di efficacia e sicurezza disponibili, è consigliabile eseguire precocemente l’EUS-CPN nei pazienti con PDAC non resecabile e dolore addominale che richiede l’assunzione di narcotici per l’analgesia, al fine di migliorare la qualità di vita dei pazienti. Giorn Ital End Dig 2015;38:251-270 stereotassica (SBRT) consente di intensificare la dose di RT somministrata mediante un ipo-frazionamento del trattamento che è indirizzato su obiettivi precisi, utilizzando come guida immagini giornaliere e il controllo degli atti respiratori. Sebbene i risultati degli studi di fase III sull’uso di questa tecnica non siano ancora disponibili, i risultati degli studi di fase II riportano dati incoraggianti sul controllo locale della malattia, con un favorevole profilo di tossicità. Il principale e più serio effetto collaterale della SBRT somministrata a livello addominale è il sanguinamento gastrointestinale con associate ulcerazioni. Fattori di rischio per l’insorgenza di sanguinamento gastrointestinale in corso SBRT includono l’uso di grandi frazioni di RT e l’infiltrazione del tumore pancreatico nello stomaco o nel duodeno. Quest’ultima è una controindicazione all’uso della SBRT nei pazienti con PDAC. Attualmente l’uso della SRBT è indicato solo per pazienti arruolati in studi clinici controllati randomizzati. Tuttavia la SBRT è una tecnica promettente e merita di essere ulteriormente studiata per le sue molteplici potenziali applicazioni nei pazienti con PDAC, per i quali può rappresentare una terapia adiuvante capace di ridurre lo stadio di malattia nei pazienti con tumore borderline resecabile e localmente avanzato. Inoltre la SRBT in associazione alla chemioterapia può essere un‘alternativa alla RT a fasci esterni nei pazienti con PDAC non resecabile. Addizionali approcci di ricerca per ottimizzare i risultati della RT nei pazienti con PDAC includono la valutazione 1. della RT neoadiuvante che ha un teoretico vantaggio rispetto alla RT postoperatoria, anche nei pazienti con malattia resecabile, 2. della terapia con particelle elementari, in particolare i protoni, 3. della combinazione dell’immunoterapia (vaccini antitumorali ed inibitori dei controlli immnumologici) con la RT e la chemioterapia. 265 Figura 8 Paziente con PDAC metastatico, nausea e vomito Ostruzione gastro-duodenale (Gastric Outlet Obstruction - goo) L’ostruzione gastroduodenale, nota come gastric outlet obstruction (GOO), si manifesta nel 10-25% dei pazienti con PDAC non resecabile ed è indice predittivo di bassa sopravvivenza. È causa di significativa morbilità che si manifesta con nausea A B persistente ed intrattabile, vomito, malnuLa TC coronale mostra uno stomaco disteso e dilatato suggestivo trizione e perdita di peso. Storicamente, di una Gastric Outlet Obstruction dovuta ad una stenosi duodenale il trattamento della GOO consisteva in un by-pass chirurgico come la gastrodigiunostomia (GJ) eseguito per via laparotomica o, più recentemente, per via laparoscopica. Tuttavia, molti pazienti non sono candidati ideali per la chirurgia, sia per le loro scadute condizioni generali, sia per la bassa aspettativa di vita. Similmente ai SEMS biliari, i SEMS gastroduodenali sono divenuti un’alternativa al by-pass chirurgico per il trattamento dei pazienti con GOO (figura 8). Una recente revisione sistematica, con C D A associata meta-analisi di 3 RCT e 17 studi Immagini endoscopiche che mostrano ristagno gastrico (C) e il lume duodenale stenotico (D) non randomizzati (non-RCTs), in cui erano comparati SEMS gastroduodenali e GJ ha riportato un’ inferiore tasso di complicanze, una più rapida ripresa dell’alimentazione orale e un minore periodo di ospedalizzazione nei i pazienti cui era stato posizionato un SEMS gastroduodenale, rispetto a quelli sottoposti a GJ chirurgica (laparotomica o laparoscopica) (26). Nell’analisi dei risultati dei non-RCTs era anche evidente che il posizionamento dei SEMS gastroduodenali per il trattamento dellla GOO ha un costo E F minore (in media 8.629 dollari Statunitensi Immagini endoscopiche che mostrano il posizionamento vs 17.842 dollari Statunitensi; p = 0.09), di un SEMS gastroduodenale a cavaliere della stenosi sebbene questo dato non fosse statisticamente significativo. Non è stata invece rilevata alcuna differenza tra i due tipi di trattamento del poi passare ad una dieta a basso contenuto di scorie. Le GOO in termini di qualità di vita e sopravvivenza mediana complicanze maggiori sono rare, ma possono verificarsi dei pazienti. Complicanze lievi, ma precoci, dei SEMS sia precocemente, sia tardivamente. Tra le complicanze gastroduodenali possono essere: senso di peso addo- precoci che si verificano nel corso della prima settimana minale, nausea e vomito. Questi sintomi sono solitamen- si annoverano dolore severo, sanguinamento, perforate dovuti ad una ritardata espansione del SEMS che di zione e dislocazione del SEMS. Le complicanze tardisolito impiega una settimana per raggiungere il calibro ve includono formazione di fistola, perforazione tardiva, definitivo e possono essere trattati conservativamente ostruzione biliare e migrazione del SEMS. L’ostruzione di con terapia medica. Dal momento che una ostruzione quest’ultimo si verifica nel 15-20% dei pazienti ed è doprecoce del SEMS può essere dovuta all’accumulo di vuta solitamente a proliferazione tumorale al suo interno, frammenti di cibo nel suo interno, al paziente viene rac- o al di sopra delle sue estremità (ingrowth o overgrowth). comandata una dieta liquida per la prima settimana, per Quest’ultimo può essere trattato mediante l’inserimento 266 CONCLUSIONI In conclusione, significativi progressi continuano ad essere fatti nella diagnosi, stadiazione e gestione terapeutica dei pazienti con PDAC. Questi pazienti sono gestiti in maniera ottimale da un gruppo multidisciplinare costituito da gastroenterologi, chirurghi, radiologi, oncologi e radioterapisti. Le recenti innovazioni tecnologiche in radiologia hanno consentito di migliorare significativamente l’accuratezza delle metodiche di immagine per la diagnosi e la stadiazione del PDAC. Quando necessario, gli endoscopisti possono ottenere • L’EUS è indicata per l’identificazione di piccoli tumori (≤ 20 mm), non altrimenti diagnosticati, per la diagnosi cito-istologica e per la stadiazione delle neoformazioni del pancreas. • La decompressione biliare nei pazienti con PDAC è ottenuta con L’ERCP in più del 90% dei casi. I SEMS non rivestiti dovrebbero essere la prima opzione per il drenaggio biliare, specie se i pazienti sono candidati alla chemioterapia neoadiuvante. In caso di fallimento dell’ERCP si può ricorrere al PTDB o al drenaggio biliare EUS-guidato. • Solo il 15-20% dei pazienti con PDAC sono candidati all'intervento chirurgico. Per i pazienti con tumore resecabile e borderline resecabile è raccomandata la chemioterapia neoadiuvante che ha determinato, insieme alle resezioni vascolari, un significativo aumento della sopravvivenza a 5 anni (36%). La palliazione del GOO e del dolore addominale debilitante può essere efficacemente effettuata endoscopicamente. diagnosi cito-istologica della neoformazione pancreatica, e completarne la stadiazione con l'EUS, oltre a risolvere l’ostruzione biliare mediante il posizionamento di protesi biliare in corso di ERCP. L’uso dei SEMS per il drenaggio biliare dei pazienti con ittero ostruttivo si è dimostrata una strategia terapeutica efficace e vantaggiosa economicamente, migliorando la qualità di vita dei pazienti. la palliazione del GOO e del dolore addominale debilitante può essere effettuata sempre endoscopicamente, rispettivamente mediante il posizionamento di SEMS gastroduodenali e la neurolisi del plesso e/o del ganglio celiaco EUS-guidata. La chirurgia rimane l’unica effettiva possibilità di cura per i pazienti con PDAC e le recenti tecniche chirurgiche che prevedono resezioni venose, con ricostruzione vascolare, possono determinare un significativo incremento dei pazienti suscettibili di intervento chirurgico curativo. Nuovi protocolli di chemioterapia, con o senza radioterapia associata, hanno determinato un aumento significativo della sopravvivenza globale, sebbene la strategia medica è considerata ancora palliativa e non curativa. D’altra parte, i dati preliminari sull’efficacia della chemioterapia neoadiuvante, somministrata preoperatoriamente ai pazienti con PDAC resecabile, sembrano essere molto promettenti. Nonostante questi progressi e l’innovazione tecnologica, il PDAC rimane un killer silente, dal momento che molti pazienti giungono alla diagnosi con malattia localmente avanzata e non sono candidabili all’intervento chirurgico. È necessario concentrare l’attenzione dei ricercatori sulla diagnosi precoce, perché solo la scoperta di marcatori biologici che possano consentire la diagnosi precoce del PDAC potrà significativamente modificare la gestione dei pazienti con PDAC e la loro prognosi. Giorn Ital End Dig 2015;38:251-270 di un secondo SEMS all’interno e a cavaliere del primo SEMS ostruito. SEMS parzialmente e completamente ricoperti o auto-conformanti sono un’alternativa ai SEMS gastroduodenali non ricoperti che sono utilizzati negli USA. Tuttavia, questi altri tipi di SEMS sono gravati da un alto tasso di migrazione e non sono disponibili negli USA. Quando possibile, l’estremità distale del SEMS gastroduodenale dovrebbe essere posizionata prossimalmente alla papilla major, in modo da consentire l’accesso alle vie biliari nel caso di futura ostruzione biliare. Tuttavia, la tipica sede della GOO e la stessa anatomia gastroduodenale condizionano la lunghezza del SEMS gastroduodenale che spesso viene posizionato in modo da coprire la papilla major. In questi casi, per il trattamento dell’ostruzione biliare presente o imminente, è preferibile posizionare un SEMS biliare, prima del posizionamento del SEMS gastroduodenale. Se non è possibile il posizionamento simultaneo di entrambe i SEMS, e il SEMS gastroduodenale copre la papilla major, allora l’accesso alle vie biliari può essere difficile perchè la papilla major è dislocata e relativamente inaccessibile all’ERCP. È possibile tentare di accedere alla papilla major attraverso le maglie del SEMS gastroduodenale, direttamente oppure tagliando le maglie con una pinza a coccodrillo o con l’Argon Plasma Coagulator. Tuttavia, nella maggior parte dei casi queste manovre endoscopiche non sono coronate da successo e il drenaggio biliare deve essere ottenuto mediante PTC o EUS. Quest’ultima consente un’accesso trans-epatico o trans-duodenale posizionando un SEMS biliare senza passare attraverso la papilla, oppure di eseguire un rendezvous con l’ERCP. Il by-pass biliare chirurgico rappresenta un’altra possibile alternativa, ma le scadute condizioni del paziente, spesso, lo controindicano. In tutti i casi è fondamentale una valutazione multidisciplinare del paziente con GOO che deve essere chiaramente informato sulle sue condizioni e sulle possibili opzioni terapeutiche. • La TC (eseguita con il cosiddetto protocollo pancreas) è la metodica di elezione per la diagnosi e la stadiazione dei pazienti con sospetto PDAC e fornisce criteri di resecabilità che permettono la corretta selezione dei pazienti eleggibili per la chirurgia. oncology update Take home message • L’adenocarcinoma duttale del pancreas (PDAC) è una neoplasia ad elevata mortalità che deve essere gestita da un gruppo multidisciplinare, con l’obiettivo di fornire al paziente la migliore cura possibile. 267 Corrispondenza Evan Fogel Professor of Medicine ERCP Fellowship Director University Hospital, Indiana University Health 550 University Blvd., Suite 1602 Indianapolis, IN 46202 Tel. (317) 944-2816 Fax (317) 944-2157 E-mail: [email protected] Bibliografia 1.Raimondi S, Lowenfels AB, Morselli-Labate AM et al. Pancreatic cancer in chronic pancreatitis: aetiology, incidence, and early detection. Best Pract Res Clin Gastro 2010;24:349-58. 2.DeWitt J, Devereaux B, Chriswell M et al. Comparison of endoscopic ultrasonography and multidetector computed tomography for detecting and staging pancreatic cancer. Ann Int Med 2004;141:753-63. 3.Dewitt J, Devereaux BM, Lehman GA et al. Comparison of endoscopic ultrasound and computed tomography for the preoperative evaluation of pancreatic cancer: a systematic review. Clin Gastroenterol Hepatol 2006;4:717-25. 4.Asbun HJ, Conlon K, Fernandez-Cruz L et al. When to perform a pancreatoduodenectomy in the absence of positive histology? A consensus statement by the International Study Group of Pancreatic Surgery. Surgery 2014;155:887-92. 5.van der Gaag NA, Rauws EA, van Eijck CH et al. Preoperative biliary drainage for cancer of the head of the pancreas. N Engl J Med 2010;362:129-37. 6.Ge PS, Hamerski CM, Watson RR et al. Plastic biliary stent patency in patients with locally advanced pancreatic adenocarcinoma receiving downstaging chemotherapy. Gastrointest Endosc 2015;81:360-6. 7.Walter D, van Boeckel PG, Groenen MJ et al. Cost Efficacy of Metal Stents for Palliation of Extrahepatic Bile Duct Obstruction in a Randomized Controlled Trial. Gastroenterology 2015;149:130-8. 8.Howard TJ, Krug JE, Yu J et al. A margin-negative R0 resection accomplished with minimal postoperative complications is the surgeon's contribution to long-term survival in pancreatic cancer. J Gastrointest Surg 2006;10:1338-45. 9.Farnell MB, Pearson RK, Sarr MG et al. A prospective randomized trial comparing standard pancreatoduodenectomy with pancreatoduodenectomy with extended lymphadenectomy in resectable pancreatic head adenocarcinoma. Surgery 2005;138:618-28. 10.Yeo CJ, Cameron JL, Lillemoe KD et al. Pancreaticoduodenectomy with or without distal gastrectomy and extended retroperitoneal lymphadenectomy for periampullary adenocarcinoma, part 2: randomized controlled trial evaluating survival, morbidity, and mortality. Ann Surg 2002;236:355-66. 11.Pedrazzoli S, DiCarlo V, Dionigi R et al. Standard versus extended lymphsadenectomy associated with pancreatoduodenectomy in the surgical treatment of adenocarcinoma of the head of the pancreas: a multicenter, prospective, randomized study. Lymphadenectomy Study Group. Ann Surg 1998;228:508-17. 12.Ziegler KM, Nakeeb A, Pitt HA et al. Pancreatic surgery: evolution at a high-volume center. Surgery 2010;148:702-9. 13.Gillen S, Schuster T, zum Büschenfelde CM et al. Preoperative/ neoadjuvant therapy in pancreatic cancer: a systematic review and meta-analysis of response and resection percentages. PLoS Med 2010. 7(4):p.e1000267. 268 14.Evans DB, Varadhachary GR, Crane CH et al. Preoperative gemcitabine - based chemoradiation for patients with resectable adenocarcinoma of the pancreatic head. J Clin Oncol 2008;26:3496-502. 15.Matthew HG, Katz, QS, Syed A et al. Preoperative modified FOLFIRINOX (mFOLFIRINOX) followed by chemoradiation (CRT) for borderline resectable (BLR) pancreatic cancer (PDAC): Initial results from Alliance Trial A021101. J Clin Oncol 2015;33;suppl abstr 4008. 16.Conroy T, Desseigne F, Ychou M et al. FOLFIRINOX versus gemcitabine for metastatic pancreatic cancer. N Engl J Med 2011;364:1817-25. 17.Gourgou-Bourgade S, Bascoul-Mollevi C, Desseigne F et al. Impact of FOLFIRINOX compared with gemcitabine on quality of life in patients with metastatic pancreatic cancer: results from the PRODIGE 4/ ACCORD 11 randomized trial. J Clin Oncol 2013; 31:23-9. 18.Von Hoff DD, Ervin T, Arena FP et al. Increased survival in pancreatic cancer with nab-paclitaxel plus gemcitabine. N Engl J Med 2013;369:1691-703. 19.Neoptolemos JP, Stocken DD, Friess H et al. A randomized trial of chemoradiotherapy and chemotherapy after resection of pancreatic cancer. N Engl J Med 2004;350:1200-10. 20.Smeenk HG, van Eijck CH, Hop WC et al. Long-term survival and metastatic pattern of pancreatic and periampullary cancer after adjuvant chemoradiation or observation: long-term results of EORTC trial 40891. Ann Surg 2007;246:734-40. 21.Regine WF, Winter KA, Abrams R et al. Fluorouracil-based chemoradiation with either gemcitabine or fluorouracil chemotherapy after resection of pancreatic adenocarcinoma: 5-year analysis of the U.S. Intergroup/RTOG 9704 phase III trial. Ann Surg Oncol 2011;18:1319-26. 22.Oettle H, Post S, Neuhaus P et al. Adjuvant chemotherapy with gemcitabine vs observation in patients undergoing curative-intent resection of pancreatic cancer: a randomized controlled trial. JAMA 2007;297:267-77. 23.Huguet F, Hammel P, Vernerey D et al. Impact of chemoradiotherapy (CRT) on local control and time without treatment in patients with locally advanced pancreatic cancer (LAPC) included in the international phase III LAP study. J Clin Oncol 2014;32(5S):4001. 24.Puli SR, Reddy JB, Bechtold ML et al. EUS-guided celiac plexus neurolysis for pain due to chronic pancreatitis or pancreatic cancer pain: a meta-analysis and systematic review. Dig Dis Sci 2009;54:2330-7. 25.Doi S, Yasuda I, Kawakami H et al. Endoscopic ultrasound-guided celiac ganglia neurolysis vs. celiac plexus neurolysis: a randomized multicenter trial. Endoscopy 2013;45:362-9. 26.Nagaraja V, Eslick GD, Cox MR. Endoscopic stenting versus operative gastrojejunostomy for malignant gastric outlet obstruction-a systematic review and meta-analysis of randomized and non-randomized trials. J Gastrointest Oncol 2014;5:92-8. L'adenocarcinoma pancreatico e l'endoscopia (ERCP e EUS) a cura di Armando Gabbrielli Nell’ambito della diagnostica e la caratterizzazione cito-istologica delle lesioni solide pancreatiche nella nostra realtà veronese, anche perché gravati da un numero elevato di richieste, i pazienti vengono studiati tendenzialmente con approccio EUS se ritenuti con le metodiche radiologiche convenzionali (TC e RMNO) operabili o localmente avanzati per evitare un possibile seeding mentre i pazienti da palliare vengono indirizzati alla biopsie eco guidata trans parietale. In caso di lesioni piccole (<1 cm) la EUS risulta il metodo di scelta per la FNA. L’atteggiamento endoscopico del nostro centro nell’ambito del drenaggio biliare è condizionato dal tempo di attesa per l’intervento (4-6 settimane) operatorio ed il frequente tasso elevato (>15 mg ) di bilirubina che rende il drenaggio endoscopico preoperatorio quasi obbligatorio. Attualmente nel nostro centro le protesi di scelta in pazienti operabili sono quelle L'adenocarcinoma pancreatico e la chirurgia a cura di Giuseppe Malleo Le indicazioni alla resezione con intento radicale del PDAC si sono progressivamente allargate. Le linee guida più recenti (J. Natl Compr Cancer Netw 2014;12:1083-93) includono nella categoria del borderline resectable lesioni con coinvolgimento venoso >180°, chiari segni di invasione della parete venosa e/o presenza di trombosi segmentaria, purchè una ricostruzione vascolare sia tecnicamente possibile. Sul versante arterioso, rientrano nella categoria del borderline resectable tumori con abutment dell’arteria epatica (e possibilità di resezione a “short segment”) e con abutment <180° dell’arteria mesenterica superiore e/o del tronco celiaco. La politica del centro plastiche a causa delle limitazioni di spesa che gravano sulla utilizzazioni di quelle metalliche. Per altro l’unica regione italiana che ha messo a disposizione una integrazione del DRG con un rimborso per le protesi metalliche in patologie neoplastiche è la Lombardia. Risulta per altro evidente da numerosi studi pubblicati recentemente che le protesi metalliche sono costeffective nel trattamento di questi pazienti anche in quelli con aspettativa di vita inferiore a 3 mesi o con metastasi (Walter D, van Boeckel P, Groenen M et al. Cost efficacy of metal stent for palliation of extrahepatic bile duct obstruction in a randomized controlled trial; Gastroenterology 2015;149:130-138) e efficaci anche nel trattamento derivativo preoperatorio (Tol J, van Hooft JE, Timmer R et al. Metal or plastic stents for preoperative biliary drainage in resectable pancreatic cancer. GUT 2015 on line August 25). Risulta facilmente comprensibile che l’alto tasso di occlusione delle protesi in plastica con necessità di ricovero per la sostituzione della protesi stessa rende il costo del trattamento con le metalliche comparabile o vantaggioso per le ultime. Il problema della spesa in un centro di III livello che posiziona diverse centinaia di protesi è e deve essere supportato da scelte di politica sanitaria che in questo momento latitano salvo rare eccezioni. Con l’introduzione delle protesi metalliche completamente ricoperte la loro utilizzazione è possibile anche in caso di scelta di trattamento con RF (possibile rischi da trasmissione di calore sulla parete duodenale con rischio di sanguinamento o necrosi trans parietale) con la loro facile rimozione. Come verrà meglio chiarito nella parte chirurgica, la sempre più frequente scelta di un trattamento neoadiuvante (durata media 4 mesi) sia in pazienti localmente avanzati o anche operabili, rende l’utilizzazione delle protesi metalliche di scelta anche in questo tipo di pazienti. di Verona è sempre più orientata – in presenza di tali lesioni – verso una iniziale chemioterapia sistemica a scopo di downsizing, che selezioni biologicamente la malattia (escludendo dall’opzione chirurgica pazienti con progressione), e che massimizzi la probabilità di resezione R0 nel gruppo che giunge all’intervento. L’estensione dello schema FOLFIRINOX e mFOLFIRINOX alla malattia borderline resectable sta causando un importante aumento della quota di pazienti candidati a chirurgia, cui si associa una minore – ma non trascurabile – quota di pazienti candidati a intervento dopo downstaging di una iniziale malattia chiaramente non resecabile per esteso coinvolgimento arterioso o addirittura per presenza di metastasi a distanza. I principali problemi che il chirurgo affronta nella valutazione di un paziente sottoposto a chemioterapia con FOLFIRINOX è la difficoltà di stimare il Giorn Ital End Dig 2015;38:251-270 Abbiamo letto con estremo interesse la monografia sul adenocarcinoma del pancreas scritto dal gruppo multidisciplinare del Pancreas dell'Indiana University di Indianapolis. Quello che cercheremo di riportare in questo breve commento è il comportamento delle varie componenti dell’Istituto del Pancreas di Verona in 3 ambiti specifici: quello endoscopico, quello chirurgico e quello oncologico. Comunque condividiamo assolutamente il messaggio dell’importanza dell’approccio multidisciplinare a questa patologia ancora cosi temibile e cosi raramente guaribile. oncology update PDAC: la multidisciplinarietà dell’Istituto del pancreas di Verona 269 reale burden di malattia e la resecabilità sulla base dell’imaging tomografico. La massiva fibrosi conseguente al trattamento è infatti spesso indistinguibile dal tessuto neoplastico, facendo perdere sensibilità e specificità alla stadiazione radiologica. Per la scelta chirurgica è necessario un approccio multidiscplinare, spesso un imaging funzionale (e.g. PET), e una valutazione attenta del performance status del paziente e dell’andamento del Ca 19.9. L’esplorazione chirurgica e l’eventuale resezione sono atti tecnicamente molto complessi, che spesso richiedono un’estesa dissezione vascolare e il campionamento di tessuti periavventiziali per esclusione estemporanea di coinvolgimento tumorale. Nonostante le caratteristiche del moncone pancreatico (indurito dalla chemioterapia) favoriscano un’anastomosi a basso rischio e un postoperatorio favorevole, i risultati funzionali possono essere problematici per le alterazioni della motilità intestinale che conseguono all’estesa denervazione dell’arteria mesenterica superiore. Aspetto ancora più importante, i risultati oncologici e il reale benefit in termini di sopravvivenza delle resezioni di PDAC dopo downsizing o downstaging non sono ancora ben chiari. Ciò deriva dalla numerosità campionaria ancora relativamente esigua nelle varie esperienze, e dal follow-up breve. La prospettiva futura, di imminente introduzione, è la selezione del pazienti sulla base del profilo genetico, grazie a tecniche di sequenziamento applicabili anche su citologia. L’analisi mutazionale potrebbe stratificare i pazienti in diversi gruppi di trattamento multimodale nell’ambito di studi controllati di “precision medicine”. L’adenocarcinoma pancreatico e l’oncologia dell’arruolamento in sperimentazioni cliniche come di assoluta prima scelta per i nostri pazienti. In attesa di validi fattori biologici che possano predire il comportamento più o meno immediatamente metastatico nel singolo paziente, la possibilità di mutuare i nuovi regimi chemioterapici di prima linea avanzata anche nel trattamento dei pazienti con malattia localmente avanzata o borderline resectable è diventata, grazie agli elevati tassi di risposta dimostrati e anche in assenza di evidenze prospettiche randomizzate, una solida consuetudine. Nella malattia inizialmente resecabile, i tassi di controllo di malattia (DCR) dimostrati nel trattamento di prima linea con i regimi FOLFIRINOX e nab-paclitaxel + gemcitabina forniscono una relativa serenità nel considerare il loro impiego e le prime esperienze pubblicate suggeriscono un comunque elevato tasso di resezioni R0. In assenza, tuttavia, di evidenze sperimentali più solide, tale approccio è ancora da considerarsi ancora altamente sperimentale, considerando inoltre il crescente sforzo per la validazione dei più recenti regimi di combinazione anche come strategie terapeutiche nella fase adiuvante post-resezione di questi pazienti. Studi clinici randomizzati attualmente in corso che valutino alternativamente FOLFIRINOX o nab-paclitaxel + gemcitabina come strategie perioperatorie in questo stadio di malattia (es. SWOG S1505 trial) aiuteranno in futuro a chiarire il ruolo dei trattamenti sistemici in questo setting di pazienti. a cura di Davide Melisi Come descritto dai colleghi dell’IUH, il quadro dell’integrazione delle terapie sistemiche con gli approcci chirurgici e radioterapici è stato fortunatamente arricchito negli ultimi 5 anni dall’introduzione di trattamenti di combinazione certamente più impegnativi per i pazienti affetti da adenocarcinoma pancreatico ma finalmente di reale significato clinico per la loro prognosi. In aggiunta alle ormai consolidate e verosimilmente equiattive strategie di prima linea avanzata FOLFIRINOX e nab-paclitaxel + gemcitabina, particolare interesse è attualmente rivolto al setting di seconda linea. La recente validazione dell’oxaliplatino (CONKO-003 trial, Oettle H, et al. JCO 2014) o di nuovi agenti come l’irinotecano liposomiale (MM398) in combinazione con il 5-fluorouracile (NAPOLI-1 trial, Von Hoff D, et al. ESMO GI 2014) nei pazienti a progressione da regimi contenenti gemcitabina arricchisce il ventaglio di opportunità per una programmazione di strategie terapeutiche tra la prima e la seconda linea, in una prospettiva solo pochi anni fa impensabile (Melisi D, Calvetti L, Frizziero M, et al. Pancreatic cancer: systemic combination therapies for a heterogeneous disease. Curr Pharm Des 2014;20(42):6660-9). Viceversa, una sopravvivenza mediana che nonostante tali progressi continua a non superare i 12 mesi, impone, come indicato, di considerare l’opzione Corrispondenza Armando Gabbrielli UOC Gastroenterologia, USO Endoscopia Digestiva Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona E-mail: [email protected] 270 Giuseppe Malleo UOC Chirurgia Generale e del Pancreas Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona E-mail: [email protected] Davide Melisi Digestive Molecular Clinical Oncology unit Department of Medicine University of Verona Section of Medical Oncology Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona Policlinico "G.B. Rossi" E-mail: [email protected]