Approccio multidisciplinare al cancro del pancreas

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Approccio multidisciplinare al cancro del pancreas
OU
Oncology Update
Approccio multidisciplinare
al cancro del pancreas
a cura di Mario de Bellis1, Raffaele Palaia2 ed Evan Fogel 3
L’adenocarcinoma duttale del pancreas (PDAC) è una neoplasia ad elevata mortalità: è la quarta causa di morte da
cancro negli Stati Uniti d’America (USA) ed è seconda per mortalità solo al cancro del colon-retto tra le neoplasie digestive. La chirurgia è l’unico trattamento potenzialmente curativo. Purtroppo, a causa della tardiva diagnosi, solo il 15-20%
dei pazienti sono candidabili all’intervento chirurgico con intento curativo. Inoltre, la prognosi è sfavorevole, anche dopo
una resezione completa del PDAC: dopo cefaloduodenopancreasectomia la sopravvivenza a 5 anni è di circa il 25-30%
per i pazienti senza metastasi linfonodali e di circa il 10% per quelli con metastasi linfonodali nel campione operatorio.
Negli ultimi anni l’innovazione tecnologica delle metodiche radiologiche e l’avvento dell’ecoendoscopia (EUS) hanno
significativamente migliorato la capacità di diagnosticare e stadiare correttamente il PDAC, consentendo una migliore
selezione dei pazienti con malattia resecabile da sottoporre a intervento chirurgico con intento curativo. Tuttavia, nella
maggior parte dei pazienti la palliazione dei sintomi, una buona qualità di vita ed un prolungamento della sopravvivenza
rimangono gli obiettivi della terapia. In questo articolo, sarà discusso l’approccio multidisciplinare ai pazienti con PDAC
seguito all’Indiana University Hospital (IUH), di Indianapolis, USA: specificatamente saranno discussi epidemiologia, diagnosi, stadiazione, tecniche di drenaggio biliare, selezione dei pazienti per la chirurgia, chemioterapia, radioterapia e
interventi palliativi. Inoltre, le aree di ricerca clinica e le problematiche con conoscenza ancora limitata saranno evidenziate
nella discussione.
Evan Fogel, MD, MSc - Professor of Medicine
Safi Shahda, MD - Assistant Professor of Clinical Medicine
Kumar Sandrasegaran, MD - Associate Professor of Radiology
John Dewitt, MD - Professor of Medicine
Jeffrey J. Easler, MD - Assistant Professor of Clinical Medicine
David M. Agarwal, MD - Associate Professor of Clinical Radiology
Mackenzie Eagleson - Third year medical student, Indiana University
School of Medicine
Nicholas J. Zyromski, MD - Associate Professor of Surgery
Michael G. House, MD - Associate Professor of Surgery
Susannah Ellsworth, MD - Assistant Professor of Radiology
Ihab El Hajj, MD - Assistant Professor of Medicine
Bert H. O'Neil, MD - Professor of Medicine
Attila Nakeeb, MD - Professor of Surgery
Stuart Sherman, MD - Professor of Medicine
1S.C.
PREMESSE ED EPIDEMIOLOGIA
Il PDAC è la quarta causa di morte correlata a cancro
negli USA: ogni anno all’incirca 45.000 pazienti sono
diagnosticati con PDAC e la maggior parte di questi
muoiono a causa della loro malattia. L’80% dei pazienti
ha una malattia localmente avanzata, non resecabile, al
momento della diagnosi. In base alle più recenti statistiche dell’American Cancer Society, solo il 5% dei pazienti con PDAC è ancora vivo a 5 anni dalla diagnosi.
Sebbene la sopravvivenza a 5 anni sia del 25% per i
pazienti con malattia allo stadio I, solo il 9% dei pazienti
sono diagnosticati con PDAC in questo stadio iniziale. La maggior parte (53%) dei pazienti ha già malattia
avanzata e metastatica alla diagnosi ed ha una sopravvivenza a 5 anni soltanto del 2%.
Identificazione dei fattori di rischio e metodiche di diagnosi precoce sono pertanto fondamentali. Fumo e obesità
sono fattori di rischio su cui è possibile intervenire. Tuttavia, un’aumentata incidenza di PDAC si registra in età
avanzata, dal momento che 2/3 dei pazienti hanno più
di 65 anni. Gli uomini hanno il 30% di possibilità in più
rispetto alle donne di sviluppare PDAC che, negli uomini,
è più frequente tra gli Afro-Americani. La pancreatite cronica è un fattore di rischio ed una recente metanalisi (1)
ha riportato un rischio cumulativo per PDAC del 13.3%
(95% CI: 6.1-28.9) nei pazienti con pancreatite cronica.
Questo rischio relativo aumenta nei pazienti con pancreatite ereditaria o tropicale, facendo ipotizzare che pazienti
con esordio precoce della pancreatite cronica siano a
rischio maggiore di sviluppare PDAC.
Endoscopia Diagnostica ed Operativa e 2S.S.D. Chirurgia Gastropancreatica
Istituto Nazionale Tumori IRCCS "Fondazione G. Pascale" di Napoli
3ERCP Fellowship Director, University Hospital, Indiana University Health, Indianapolis, IN, USA
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In collaborazione con il Gruppo Multidisciplinare Pancreas
dello University Hospital, Indiana University Health,
Indianapolis, IN, USA
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Pazienti con diabete di tipo 2 hanno un rischio 2 volte
maggiore rispetto alla popolazione generale di ammalarsi
ed anche l’infezione da Helycobacter Pylori è stata associata al PDAC. Sebbene nella maggior parte dei pazienti
la malattia sia sporadica, sono state recentemente identificate mutazioni nei geni PALB2, BRCA2, STK11/LKB1
e P16 che sono associate con un aumentata incidenza
di PDAC. Nonostante i progressi nella conoscenza della
malattia e dei suoi fattori di rischio, nessuna terapia che
possa significativamente modificarne il decorso è stata
sinora messa a punto, dal momento che la diagnosi precoce del PDAC è ancora difficile. L’assenza di affidabili
marcatori sierici riduce la potenziale efficacia di una strategia di screening nei pazienti ad alto rischio: la scoperta di un marcatore utile per l’identificazione precoce del
PDAC avrebbe un significativo impatto sulla gestione del
paziente e sulla sua prognosi. Allo stato non è disponibile alcun test di screening per il PDAC, anche se alcuni
pazienti con una significativa storia familiare sono sottoposti a sorveglianza mediante Risonanza Magnetica
(RM) addominale ed EUS. Ulteriori studi sono comunque
necessari in questo ambito.
DIAGNOSI E STADIAZIONE
Radiologia
Nella maggior parte delle Istituzioni, la tomografia computerizzata (TC) è la metodica di elezione per la diagnosi e la
stadiazione di un paziente con sospetto PDAC.
La TC con protocollo pancreas comporta alcune modifiche metodologiche rispetto alla TC addominale standard:
dovrebbe essere effettuata un’iniezione rapida di mezzo
di contrasto (MDC) iodato alla velocità ideale di 4 ml/s; le
immagini dovrebbero essere ricostruite con uno spessore non superiore a 3 mm, con sovrapposizione delle immagini contigue; almeno due ricostruzioni successive alla
somministrazione del MDC, rispettivamente arteriosa tardiva (parenchimale) e venosa tardiva sono necessarie per
valutare lo stato delle arterie (tronco celiaco, arteria epatica comune, arteria peripancreatica e arteria mesenterica
superiore) e delle vene (vena porta, vena splenica e vena
mesenterica superiore). La fase parechimale è specifica
per la visualizzazione del tumore, che appare come una
massa ipodensa nel contesto del parenchima pancreatico
(figura 1), mentre la fase venosa è indicata per la diagnosi
di eventuali metastasi epatiche.
La somministrazione orale di MDC neutro come l’acqua è
particolarmente utile perché consente una migliore definizione della parete duodenale rispetto al MDC iodato e la
ricostruzione di immagini prive di artefatti. Tuttavia, in molti
centri non è utilizzato il MDC orale. Ricostruzioni coronali e
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sagittali in entrambe le fasi arteriosa e venosa aumentano
la sensibilità della metodica per la diagnosi di invasione
locale. Immagini con proiezione di intensità massima (MIP)
sono utili per identificare eventuali anomalie dell’anatomia
vascolare. Ricostruzioni curve possono essere utili nella
stadiazione del PDAC, anche se non sono solitamente
eseguite di routine. La RM è utile, ma non superiore alla
TC per la diagnosi e la stadiazione del PDAC.
Le sequenze migliori a tale scopo sono le ricostruzioni
dinamiche dopo somministrazione di gadolinio.
Figura 1 Paziente femmina di 67 anni con dolore
addominale persistente e significativo calo ponderale
A
Una TC assiale eseguita (in altra istituzione) con sezioni da
5 mm mostra una brusca interruzione del dotto di Wirsung
(freccia), senza evidenza di una definita neoformazione
pancreatica; una singola lesione epatica è invece evidente
(punta di freccia nera)
B
La TC assiale (eseguita all’Indiana University Hospital),
con protocollo pancreas e sezioni da 3 mm, evidenzia nella
fase parenchimale non solo una brusca interruzione del dotto
pancreatico (freccia), ma anche una definita neoformazione
ipodensa nella testa del pancreas (punta di freccia bianca).
La lesione epatica (punta di freccia nera) mostra un netto
profilo ed è stata diagnosticata come cisti benigna.
Alla paziente è stato poi diagnosticato un adenocarcinoma
duttale del pancreas resecabile che è stato asportato
mediante una cefaloduodenopancreasectomia.
Stadiazione del PDAC
La resezione chirurgica con margini negativi (resezione
R0) è la sola terapia potenzialmente curativa del PDAC,
ma solo il 15-20% dei pazienti si presenta alla diagnosi
con malattia potenzialmente resecabile. Per ottenere una
resezione R0 nel maggior numero dei casi, sono eseguite
sempre più spesso resezioni venose, con conseguente
ricostruzione vascolare. Pertanto, l’AJCC (American Joint
Commission on Cancer) classifica l’iniziale invasione neoplastica venosa come malattia allo stadio III (localmente
avanzata, ma potenzialmente resecabile), mentre l’infiltrazione arteriosa è considerata non resecabile (malattia allo
stadio IV). Recentemente è stato anche definito il concetto di resecabilità borderline con il quale si classificano i PDAC con invasione neoplastica venosa avanzata,
o precoce infiltrazione dell’arteria epatica. I pazienti con
questo stadio di malattia sono sottoposti a chemio-radioterapia e successivamente operati solo se c’è stata una
oncology update
La TC ha una sensibilità dell’89-97% per il PDAC, anche
se è meno accurata nel diagnosticare piccole (< 2 cm)
lesioni per le quali ha una sensibilità del 65-75%. Per
la diagnosi di queste ultime, l’EUS è superiore alla TC.
All’incirca nel 10% dei casi, il tumore del pancreas non è
visibile come una neoformazione definita nel contesto del
parenchima pancreatico perché appare isodenso come il
tessuto pancreatico normale.
In questo caso, l’unico indizio della presenza del PDAC
può essere una brusca interruzione del decorso del dotto
pancreatico, specialmente se è presente atrofia ghiandolare prossimalmente ad essa. Altri segni suggestivi
per PDAC sono la presenza di una stenosi distale del
coledoco ed un’irregolare protrusione del contorno della
ghiandola. Tuttavia questi ultimi non sono specifici, dal
momento che essi sono presenti anche in pazienti con
patologia benigna, come la pancreatite cronica. L’accuratezza per la diagnosi di PDAC è maggiore se la TC è
eseguita prima del posizionamento di una protesi biliare
perché gli artefatti dovuti alla presenza dello stent rendono spesso difficile l’identificazione del tumore nella testa
del pancreas. Alla RM, il PDAC è ipointenso rispetto al
parenchima normale adiacente nelle immagini ricostruite
prima e immediatamente dopo la somministrazione del
MDC. Nelle ricostruzioni d’immagine tardive, il tumore
può mostrare una ritardata impregnazione da MDC e
può diventare isointenso. Il reperto di un dotto non occluso al’interno di una neoformazione del pancreas è detto
segno del “dotto penetrante”. Quest’ultimo è considerato patognomonico di lesione benigna, come la pancreatite cronica o la pancreatite autoimmune.
buona risposta della malattia alla terapia neoadiuvante.
Attualmente, i criteri di resecabilità includono l’assenza
di 1. metastasi a distanza, 2. invasione neoplastica delle
arterie peripancreatiche, 3. infiltrazione neoplastica venosa. Nel caso di coinvolgimento neoplastico venoso, la
vena dovrebbe essere comunque pervia e rami venosi
importanti come le vene digiunali non dovrebbero essere
infiltrate dal tumore. Tuttavia, i criteri venosi di resecabilità possono variare in base ad esperienza e manualità
del chirurgo. In generale, un vaso è invaso dal tumore
quando più della metà della sua circonferenza è contigua al tumore. Un tale reperto alla TC o alla RM ha una
sensibilità del 45-84% ed una specificità del 98-100%
per invasione vascolare ad opera del tumore (figura 2).
Figura 2 Paziente maschio di 53 anni con ittero
ostruttivo senza dolore
A
Le immagini RM assiali, dopo somministrazione di gadolinio,
mostrano la presenza di una grossa neoformazione nella testa
del pancreas (freccia bianca), adesa strettamente all’arteria
mesenterica superiore (SMA) (freccia nera). Il tumore è stato
considerato non resecabile per l’estesa contiguità con la SMA
B
La TC coronale, eseguita due mesi dopo la diagnosi, mostra
la presenza di un SEMS biliare (freccia alata) e di un SEMS
duodenale (freccia curva). Permane una grossa neoformazione
(freccia bianca), strettamente adesa alla SMA (freccia nera)
e all’arteria celiaca (punta di freccia bianca). Infine, è presente
anche una metastasi epatica (testa di freccia nera).
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Diagnosi del PDAC
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La presenza di deformità del vaso (teardrop sign) è considerata segno di invasione neoplastica, anche se il tumore comprime il vaso per meno di 180° della sua circonferenza. Un segno relativamente poco utilizzato a fini
diagnostici è la dilatazione delle vene peripancreatiche.
Le vene pancreaticoduodenali anteriore e postero-superiore e il tronco venoso gastro-colico formano un’arcata
intorno alla testa del pancreas e l’invasione neoplastica
di qualsiasi segmento di questa arcata può determinare
dilatazione venosa.
La TC non è accurata nella diagnosi di metastasi linfonodali. Utilizzando come parametro soglia (cut-off) una
lunghezza dell’asse minore del linfonodo di 10 mm, la
TC ha una sensibilità del 15% per i linfonodi metastatici.
Utilizzando il valore soglia di 5 mm, la sensibilità aumenta
al 70%, ma la specificità diminuisce al 65%. D’altra parte, linfonodi peripancreatici aumentati di volume possono
essere la conseguenza di pancreatite, epatopatia cronica
o altre malattie benigne. Similmente, la TC non è accurata nella diagnosi di piccole metastasi epatiche e della
carcinosi peritoneale. In circa 1/3 dei pazienti considerati
privi di metastasi alla TC di stadiazione, possono essere
diagnosticate piccole metastasi epatiche e/o peritoneali al momento dell’intervento chirurgico. Le metastasi
epatiche appaiono come lesioni a bassa densità nella
fase venosa di TC o RM con MDC. Anche se diagnosticati, noduli epatici di dimensioni inferiori a 10 mm non
possono essere caratterizzati con certezza alla TC: non
dovrebbero essere considerati metastasi, dal momento
che i piccoli noduli epatici sono frequentemente benigni anche in paziente con PADC. In questi casi, la RM
è superiore alla TC nel differenziare una piccola cisti o
un’emangioma da una metastasi epatica.
Ecoendoscopia (eus)
L’EUS è la metodica d’immagine non invasiva, con la
più alta sensibilità (95%) per la diagnosi di lesioni pancreatiche maligne o benigne. Questa elevata sensibilità
ha fornito il razionale per la sua utilizzazione, insieme alla
RM, nello screening degli individui ad alto rischio per il
PDAC. L’EUS è particolarmente utile per l’identificazione
di piccoli tumori (diametro ≤ 20 mm), che non sono stati
diagnosticati con altre metodiche di immagine. Pertanto, l’EUS è raccomandata in tutti quei pazienti con ittero
ostruttivo senza evidenza di calcoli biliari, in cui TC o RM
non hanno evidenziato la presenza di una neoformazione
nel pancreas, al fine di diagnosticare od escludere con
certezza un tumore oppure una malattia pancreatica non
neoplastica. All’EUS, l’evidenza di un pancreas normale
esclude la presenza di PDAC, ma un follow-up ecoendoscopico è raccomandato quando l’EUS mostra la presenza di pancreatite cronica senza evidenza di una neo-
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formazione definita nel parenchima pancreatico. L’EUS
può anche non identificare una lesione pancreatica nei
pazienti con 1. cancro diffusamente infiltrante, 2. recente
(< 4 settimane) episodio di pancreatite acuta, 3. presenza
di stent nel coledoco. Tecniche di immagine avanzate come l’EUS con MDC e l’elastografia sono utilizzate in Europa ed in Asia per migliorare l’accuratezza dell’EUS nella
diagnosi differenziale delle lesioni pancreatiche. Tuttavia,
queste tecniche non sono utilizzate all’IUH e, più in generale, negli USA a causa di 1. costi elevati, 2. indisponibilità sia del MDC, sia del software per elastografia, 3. poca
esperienza degli operatori. L’EUS e la TC multistrato sono
equivalenti nella definizione della resecabilità chirurgica del
PDAC (2,3). Cionostante, all’IUH, il protocollo di studio dei
pazienti con PDAC diagnosticato o sospetto prevede l’esecuzione sia dell’EUS, sia della TC ai fini della corretta
stadiazione della malattia. Sebbene la classificazione TNM
sia largamente utilizzata per la stadiazione del PDAC, è
clinicamente più utile classificare i pazienti con PDAC in 1.
resecabili, 2. resecabili borderline, 3. localmente avanzati e
4. metastatici. I pazienti con cancro resecabile non hanno
coinvolgimento vascolare o linfonodale tale da controindicare la chirurgia; quelli con tumore resecabile borderline
hanno invasione neoplastica dei vasi (ad esempio vena
porta) o di altri organi (ad esempio stomaco) che rende
l’intervento chirurgico difficile, ma non impossibile, richiedendo resezioni venose, con ricostruzione vascolare e/o
resezione d’organo (ad esempio gastrectomia subtotale)
(figura 3); i pazienti con cancro localmente invasivo non
presentano metastasi a distanza, ma il tumore ha infiltrato
strutture vascolari (ad esempio il tronco celiaco) rendendo
impossibile l’esecuzione di un intervento chirurgico con intento curativo; infine la presenza di metastasi a distanza
(fegato, polmoni) rende la malattia non suscettibile di chirurgia. L’EUS consente la diagnosi e l’eventuale campionamento cito-istologico di noduli epatici, ascite e linfonodi
non individuati da altre metodiche di indagine e, pertanto,
particolare attenzione deve essere prestata alla ricerca di
queste eventuali lesioni e/o condizioni patologiche durante
l’esecuzione dell’EUS.
Ruolo della diagnosi cito-istologica
prima della decompressione biliare
La presenza di una lesione nella testa del pancreas alla TC
o RM con il “segno del doppio dotto” (dotto di Wirsung e
coledoco dilatati), noduli epatici e/o linfoadenopatie peripancreatiche è specifico per la diagnosi di PDAC nel contesto clinico appropriato. Tuttavia, una relativa incertezza
nella diagnosi permane dal momento che nel 15% circa
dei pazienti si riscontra una malattia benigna al momento
della cefaloduodenopancreasectomia.
A
Schematica illustrazione di una neoformazione nel corpo
del pancreas, così come è visualizzata all’EUS
È raccomandata l’esecuzione di EUS-FNA (aspirazione
per ago sottile guidata dall’EUS), o, occasionalmente,
EUS-FNB (biopsia con ago sottile guidata dall’EUS) per
quasi tutte le lesioni pancreatiche sospette se la strategia
terapeutica può cambiare in base alla diagnosi istologica.
In alcuni pazienti con sospetto PDAC resecabile, è ragionevole procedere direttamente con l’intervento chirurgico
senza eseguire EUS (con o senza campionamento tissutale). Tuttavia, se la diagnosi rimane incerta, diagnosi
alternative sono ipotizzate o è prevista una terapia neoadiuvante, allora l’EUS-FNA deve essere necessariamente
eseguita. I campioni citologici sono ottenuti utlizzando un
ecoendoscopio lineare e un ago da ecoendoscopia di 19,
22 o 25 gauge. Nella diagnosi del PDAC, la sensibilità
dell’EUS-FNA è dell’85-90%, con una specificità pressoché del 100%. Le complicanze della metodica sono rare,
ma includono la pancreatite che si manifesta nell’1% dei
casi. L’EUS-FNA è oggigiorno considerata la metodica di
elezione per stabilire una diagnosi cito-istologica di una
lesione pancreatica quando c’è un dubbio diagnostico e
può essere eseguita contemporaneamente all’ERCP (colangiografia retrograda perendoscopica). All’IUH, nella sala ecoendoscopica è sempre presente il citopatologo per
confermare l’appropriatezza del campione citologico e
guidare l’ecoendoscopista nell’esecuzione dell’EUS-FNA.
Le attuali linee guida (4) raccomandano l’esecuzione di
una diagnosi cito-istologica preliminare in tutti i pazienti
con PDAC resecabile borderline o se è sospettata una
pancreatite autoimmune. Una diagnosi certa, prima o al
momento dell’ERCP, è utile anche ai fini di un’ottimale
strategia terapeutica per la decompressione dei pazienti
con ittero ostruttivo.
oncology update
Figura 3 Diagnosi e stadiazione ecoendoscopica
di una neoformazione del pancreas
B
La neoformazione pancreatica è adesa alla confluenza portale
Infatti, pancreatite cronica con pseudo tumore infiammatorio, sequele di pancreatite acuta severa e pancreatite
autoimmune di tipo I sono condizioni che possono mostrare caratteristiche radiografiche sovrapponibili a quelle
del PDAC e possono anche esse presentarsi con ittero
ostruttivo. L’incidenza di pancreatite autoimmune è di circa il 40% nei campioni operatori di pazienti operati per
PDAC ma che invece erano affetti da malattia benigna.
Inoltre, Linfoma non Hodgkin, tumori neuroendocrini e
metastasi di cancro non pancreatico (carcinoma renale,
cancro della mammella, tumore del polmone) sono lesioni
pancreatiche la cui storia clinica è profondamente diversa
da quella del PDAC.
In casi selezionati, pazienti con PDAC, in stadio precoce e
resecabile, localizzato nella testa o nel processo uncinato
del pancreas, possono essere sottoposti direttamente ad
intervento chirurgico anche in presenza di ittero ostruttivo.
Infatti, eventuali complicanze post ERCP quali pancreatite, emorragia e ostruzione della protesi biliare, con conseguente colangite, possono ulteriormente ritardare la cefaloduodenopancreasectomia. In letteratura, gli studi sinora
pubblicati hanno dimostrato che la decompressione biliare
preoperatoria non migliora i risultati operatori nei pazienti
con PDAC resecabile, mentre studi prospettici hanno evidenziato che la decompressione biliare preoperatoria è
associata a maggiore morbilità preoperatoria e postoperatoria. Un recente studio prospettico randomizzato (RCT)
ha evidenziato un maggiore tasso di complicanze severe
(74% vs 39%, p<0.001) e di ospedalizzazione, con una
media di 2 giorni in più, nei pazienti sottoposti ad ERCP
preoperatoria per decompressione biliare 4-6 settimane
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Stadio e eleggibilità chirurgica
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prima dell’intervento chirurgico, rispetto ai pazienti operati
direttamente a meno di una settimana dalla diagnosi (5).
Tuttavia, in questo studio la decompressione biliare è stata
ottenuta con il posizionamento di una protesi biliare plastica e i pazienti con ittero severo (bilirubina > 14.6 mg/dl)
erano stati esclusi dall’arruolamento. In base ai dati della
letteratura, la raccomandazione attuale è quella di sottoporre direttamente all’intervento chirurgico quei pazienti
con PDAC resecabile e idonei alla chirurgia, con ittero lieve
e minimamente sintomatici (senza prurito severo), se non
si prevede terapia neoadiuvante.
L’ERCP preoperatoria con decompressione biliare garantisce benefici metabolici ai pazienti candidati alla chirurgia solo se si presentano con ittero ostruttivo severo che,
pertanto, necessita del drenaggio biliare decompressivo
endoscopico. Purtroppo, la maggior parte (>75%) dei
pazienti con PDAC non sono resecabili alla diagnosi e
la decompressione biliare è indicata per la palliazione dei
sintomi e/o per facilitare la chemioterapia e/o la radioterapia. Una possibile eccezione è rappresentata dai pazienti
con malattia epatica metastatica, dal momento che l’ittero potrebbe non essere dovuto ad ostruzione biliare,
ma a compromissione della funzionalità epatica. In questi
pazienti è sempre opportuno confermare, od escludere
radiologicamente la presenza di dilatazione biliare, in assenza della quale una decompressione biliare non sarà
utile per il paziente.
DRENAGGIO BILIARE
PER IL PAZIENTE ITTERICO
L’ittero (spesso senza dolore) è il sintomo più comune
(>50%) nei pazienti con PADC al momento della diagnosi. Il meccanismo causale dell’ittero è la compressione/
invasione del coledoco ad opera della neoformazione
periampollare e/o cefalopancreatica che si reperta nel
60% dei pazienti.
Prurito, fatica e malassorbimento dei grassi sono la conseguenza dell'ittero ostruttivo e la decompressione biliare
determina un miglioramento significativo della qualità di
vita del paziente.
La risoluzione dell’ittero (bilirubina <2.5mg/dL) è un requisito fondamentale per l’esecuzione della chemioterapia
dal momento che la mancata escrezione biliare dei metaboliti dei farmaci può indurre un’inaccettabile tossicità dei
chemioterapici. Tuttavia, la selezione della migliore strategia di decompressione biliare non è semplice e deve
tenere conto di: 1. la possibilità di avere una conferma
cito-istologica della diagnosi; 2. l’eleggibilità chirurgica del
paziente e la pianificazione temporale dell’intervento chirurgico; 3. la prognosi del paziente quoad vitam. Pertan-
256
to, questa strategia deve essere discussa e decisa in un
contesto multidisciplinare con la partecipazione di tutti gli
specialisti coinvolti nella gestione del paziente.
Colangio Pancreatografia Retrograda
Endoscopica (ercp)
L’ERCP per la risoluzione dell'ittero ostruttivo determinato da stenosi biliare neoplastica ha un successo tecnico
maggiore del 90%, con un rischio di complicanze inferiore
al 5% (in mani esperte) ed è pertanto considerata la procedura d’elezione per il drenaggio biliare dei pazienti itterici
con PDAC. Principalmente eseguita in day surgery, l’ERCP richiede una più breve ospedalizzazione, e minori costi,
oltre ad avere un tasso inferiore di complicanze e morbilità
rispetto sia alla chirurgia, sia alle manovre radiologiche di
decompressione biliare.
Le protesi di polietilene (plastiche) sono poco costose ed
efficaci ai fini della decompressione biliare quando sono
posizionate durante l’ERCP; possono essere facilmente
rimosse sia endoscopicamente, sia durante l’eventuale
intervento chirurgico. Tra le protesi plastiche, quella del
diametro di 10 French (F) è considerata la protesi ideale, dal momento che studi di comparazione non hanno
dimostrato maggiori vantaggi nell’uso di protesi da 11.5
F e le protesi di calibro inferiore (7 F e 8.5 F) offrono risibili
vantaggi tecnici.
Le protesi biliari plastiche devono essere sostituite frequentemente poiché esse tendono ad occludersi per la
formazione al loro interno di un “biofilm” batterico. Posizionata una protesi biliare plastica, di solito il paziente viene seguito clinicamente e la protesi biliare sarà sostituita
“on-demand”, ovvero ripetendo l’ERCP solo quando il paziente presenterà sintomi e segni di ostruzione biliare, dal
momento che è stato dimostrato che cambiare la protesi
biliare ad intervalli fissi non offre al paziente particolari vantaggi, a fronte di maggiori spese e possibili complicanze.
Dati recenti suggeriscono l’ipotesi che il malfunzionamento
della protesi biliare plastica si possa manifestare precocemente nei pazienti con PDAC localmente avanzato e in
quelli con malattia resecabile borderline in corso di chemioterapia neoadiuvante. Uno studio ha valutato la pervietà delle protesi biliari plastiche in questo sottogruppo di
pazienti riportando un tasso di precoce malfunzionamento della protesi plastica pari al 35% (pervietà mediana di
49 giorni, IQR 25-91), con il 45% dei pazienti sottoposti
a ricovero ospedaliero urgente, non programmato (6). In
questo studio, anche una lunghezza della protesi plastica
maggiore di 7 cm è stata associata con un malfunzionamento precoce (48 vs 24%, p<0.01).
Gli stent metallici auto-espandibili (SEMS) sono protesi
metalliche (acciaio o nitinolo) di diametro variabile da 6 a
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10 mm. Tuttavia, i SEMS da 6 mm sono raramente utiliz- 5.801 euro, rispettivamente, p=0.28) quando sono calcozati perché tendono ad ostruirsi facilmente. Le caratteristi- late le spese relative alle procedure di follow-up e le necesche dei SEMS sono variabili, con diversa configurazione sarie ospedalizzazioni (7).
delle maglie e vari sistemi di rilascio, in base allo specifico Inoltre, l’analisi di sottogruppo ha dimostrato che il costo
produttore. I SEMS ricoperti (cSEMS) e quelli non ricoperti delle differenti protesi biliari non differisce anche quando
(uSEMS) presentano vantaggi e svantaggi che ne con- queste sono utilizzate per la decompressione biliare di
dizionano l’uso nelle diverse situazioni, con la differenza pazienti con ridotta aspettativa di vita (meno di 3 mesi) e
principale consistente nel fatto che gli uSEMS si integrano malattia metastatica. In base a questi dati, i costi iniziali dei
nell’epitelio biliare dal quale vengono rivestiti e, quindi, una SEMS sono largamente compensati dal fatto che essi restano pervi per un lungo periodo di tempo, determinando
volta posizionati, non possono essere rimossi.
Pertanto, è auspicabile avere una diagnosi cito-istologi- così minori costi di ospedalizzazione.
ca prima del posizionamento di un uSEMS, ma questa Pertanto, all’IUH è stato deciso di utilizzare i SEMS per
non è ritenuta necessaria se la gestione terapeutica del ottenere il drenaggio biliare nella maggior parte dei pazienti
paziente non dipende da essa (ad esempio, se è pro- con PADC, come illustrato nella figura 5. Inoltre, nei pagrammato l’intervento chirurgico).
Studi prospettici e di meta-analisi
condotti su pazienti con PADC e
Figura 4 Immagini di ERCP di un paziente maschio, di 70 anni, con ittero ostruttivo,
ittero ostruttivo, sottoposti ad ERdolore addominale, diarrea, calo ponderale e diagnosi di neoformazione
della testa del pancreas alla TC
CP con posizionamento di SEMS,
hanno dimostrato in modo statisticamente significativo che i SEMS
rimangono pervi più a lungo delle
protesi biliari plastiche e riducono
il numero di ERCP necessarie per
risolvere la recidiva dell’ittero.
La figura 4 mostra il posizionamento di un SEMS in un paziente con PDAC che ha determinato
ostruzione sia del dotto di Wirsung, sia del coledoco. I pochi
A
B
dati disponibili in letteratura fanno
ritenere che i cSEMS restino pervi
L’iniezione del mezzo di contrasto rivela
Evidenza di dilatazione biliare,
più a lungo degli uSEMS; tuttavia
la presenza di un ostruzione del dotto
prossimalmente alla stenosi (freccia)
questi dati non sono definitivi, ridi Wirsung e di una stenosi distale
chiedendo ulteriori conferme, ed i
del coledoco (segno del doppio dotto)
costi dei cSEMS superiori a quelli
degli uSEMS, vanificano questo
ipotetico vantaggio. La diffusione
nell’uso dei SEMS è resa difficile
dalla lievitazione dei costi dell’ERCP, dovuti al fatto che i SEMS costano all’incirca 20 volte più delle
protesi biliari plastiche (1.650,00
euro vs 90,00 euro). Tuttavia, un
recente RCT ha comparato l’uso di protesi biliari plastiche con
C
D
uSEMS e cSEMS in pazienti con
PDAC non resecabile e sottoposti
ad ERCP per decompressione biImmagine radiologica di SEMS posizionato
Immagine endoscopica dell'estremità distale
liare, dimostrando che non ci sono
a cavaliere della stenosi biliare
di SEMS biliare posizionato attraverso
la papilla, con buon deflusso di bile
differenze nei costi complessivi tra
le differenti protesi (6.906, 7.039 e
257
zienti sottoposti a terapia neoadiuvante i SEMS rappresentano la protesi d’elezione per ottenere il drenaggio
biliare perché in questo sottogruppo di pazienti le protesi
biliari plastiche sono gravate da un alto tasso di complicanze (soprattutto ostruzione precoce).
Opzioni endoscopiche
quando l’ERCP non risolve l’ostruzione biliare
Un adeguato drenaggio biliare è ottenuto alla prima ERCP nel 70 - 95% dei casi. Fattori associati ad elevate
percentuali di successo dell’ERCP comprendono l’assenza di un’ostruzione gastro-duodenale (Gastric Outlet
Obstruction - GOO), un alto numero di procedure eseguite ed esperienza nell’uso di tecniche avanzate (come
la sfinterotomia con precut) da parte dell’endoscopista.
Ripetere l’ERCP dopo il fallimento della prima ERCP, può
essere indicato quando l’ERCP sarà eseguita in un centro
di III livello, dove, nella maggior parte dei casi, una seconda ERCP è coronata da successo, con posizionamento
della protesi necessaria per risolvere l’ostruzione biliare.
Il drenaggio biliare per via percutanea trans-epatica
(PTDB) rimane una valida opzione se l’ERCP non riesce a
risolvere l’ittero; è coronato da alte percentuali di successo, se i dotti biliari intraepatici sono dilatati, e può essere
convertito in drenaggio biliare interno, mediante il posizionamento radiologico o endoscopico di una protesi biliare.
Il drenaggio biliare EUS-guidato (epatico-gastrostomia,
coledoco-duodenostomia) è una tecnica emergente che
prevede l’uso dell’EUS per guidare il posizionamento
di una protesi nell’albero biliare (mediante una puntura
trans-luminale) con risultati che raggiungono il 90% di
successo in alcune casistiche.
Tuttavia, i tassi di complicanze pari al 10% ed una lunga
curva di apprendimento necessaria per un’esecuzione
sicura ed efficace della procedura, hanno sinora limitato
la diffusione di questa tecnica. Il rendezvous EUS-guidato
prevede la puntura con un ago econdoscopico dell’albero biliare per introdurre in esso un filo guida che viene poi
fatto progredire in maniera anterograda per fuoriuscire attraverso la papilla major sotto guida EUS, rendendo così
possibile l’incannulazione del colecodo all’ERCP.
Figura 5 Proposta di algoritmo per l’approccio multidisciplinare al paziente con adenocarcinoma duttale del pancreas
ed ittero ostruttivo
Lesione pancreatica resecabile e paziente candidato alla chirurgia,
senza previsione di ritardo per la chirurgia*
o presenza di sintomi significativi✦
NO
ERCP con stent biliare;
considerare EUS-FNA°
SÌ
Consulto chirurgico per resezione
immediata con o senza EUS-FNA°
Affidare il paziente ad un centro di III livello
per un ulteriore tentativo con ERCP;
o consulto con radiologo interventista per PTBD;
o decompressione biliare EUS-guidata,
a seconda dell’expertise
Accesso biliare fallito
Accesso biliare riuscito
Aspettativa di vita
<3 mesi
>3 mesi
uSEMS; considerare stent plastico
uSEMS se diagnosi certa;
considerare cSEMS, o stent plastico se la diagnosi è incerta
*Pazienti con previsione di ritardo per la chirurgia maggiore di 2 settimane (per completare la stadiazione, o per la stabilizzazione di comorbidità)
dovrebbero essere sottoposti a decompressione biliare preoperatoria
✦Sintomi significativi: ittero severo, prurito intenso e refrattario a terapia
°L’EUS-FNA dovrebbe essere effettuato nei pazienti in cui si sospetta pancreatite autoimmune,o altra patologia pancreatica benigna che può
causare ostruzione biliare, oppure per conferma cito-istologica della diagnosi prima della chemio-radioterapia
PTBD: Drenaggio Biliare Trans-epatico Percutaneo
uSEMS: Stent Metallico Autoespandibile non ricoperto
cSEMS: Stent Metallico Autoespandibile ricoperto
258
Drenaggio biliare trans-epatico percutaneo
(ptdb)
Il PTDB è indicato per il drenaggio biliare di pazienti con
ostruzione biliare neoplastica che non sono candidati
all’ERCP a causa di alterazioni anatomiche post-chirurgiche, o che non sono stati drenati endoscopicamente
per insuccesso dell’ERCP. Dal momento che il volume del
lobo destro del fegato è solitamente maggiore di quello
sinistro, il PTDB è effettuato con accesso da destra per
ottenere il drenaggio biliare nei pazienti con stenosi del
coledoco o stenosi ilare (come nel PDAC metastatico).
In diverse occasioni, tuttavia, l’approccio sinistro alla via
biliare viene preferito a quello destro. Il dotto epatico di
destra è solitamente più corto del sinistro e pertanto la
sua ostruzione può determinare facilmente l’occlusione
dei rami intraepatici anteriori e posteriori di destra quando
la stenosi si estende al di sopra della biforcazione ilare. In
questi casi, un accesso sinistro alle vie biliari intraepatiche
può consentire il drenaggio di un volume funzionale di fegato maggiore, posizionando un solo catetere di drenaggio. Similmente, se è presente un’atrofia del lobo destro
del fegato, dovuta ad una riduzione del flusso sanguigno
o a trombosi nella vena porta, è necessario ottenere il drenaggio biliare del lobo sinistro del fegato ancora funzionale.
Nei pazienti con ascite, l’approccio sinistro alle vie biliari intraepatiche, prevede un’accesso al fegato anteriore, piuttosto che laterale (lungo la linea medio-ascellare destra),
consentendo di minimizzare la fuoriuscita di liquido ascitico
intorno al tubo di drenaggio, che è solitamente causa di
irritazione cutanea. Infine, il colon può essere posizionato
davanti al lobo epatico di destra, rendendolo inaccessibile,
per cui si rende necessario eseguire il PTDB pungendo il
lobo sinistro.
Il PTDB è effettuato sotto guida fluoroscopica, eseguendo
inizialmente una colangiografia transepatica percutanea
(PTC) per valutare l’anatomia biliare e localizzare la sede
dell’ostruzione. L’ecografia può essere utile per guidare la
puntura del dotto biliare intraepatico, specialmente se è
presente dilatazione dei dotti da ostruzione ilare. Controindicazioni alla PTC e al PTDB sono: 1. diatesi emorragica,
2. ascite severa, 3. metastasi parenchimali e 4. epatopatia
oncology update
cronica. Il PTDB può essere ottenuto utilizzando 3 diversi
sistemi di drenaggio: a. un catetere di drenaggio biliare
esterno, b. un catetere di drenaggio biliare interno-esterno, c. un SEMS interno.
I cateteri di drenaggio biliare esterno sono inseriti attraverso il parenchima epatico in un dotto biliare intraepatico
dilatato, al di sopra della stenosi biliare in modo da drenare
all’esterno la bile. Questi cateteri sono utilizzati in presenza
di una stenosi di alto grado, non valicabile dal filo guida,
al fine di ottenere l’iniziale decompressione biliare per poi
sostituire il catetere di drenaggio esterno con uno interno,
dopo la risoluzione dell’edema, o sono utilizzati come ponte temporaneo alla chirurgia.
I cateteri di drenaggio biliare interno-esterno sono più lunghi e quindi più stabili di quelli esterni. Questi cateteri sono
posizionati attraverso il parenchima epatico in dotto biliare
intraepatico dilatato e spinti attraverso la stenosi sino a fuoriuscire attraverso la papilla in duodeno. In questo modo, la
parte esterna del catetere drena i dotti biliari intraepatici al
di sopra della stenosi e quella interna ripristina il deflusso
biliare in duodeno, così da ristabilire la normale circolazione enteroepatica. A meno di febbre, sepsi od ostruzione
intestinale, solitamente il drenaggio esterno viene chiuso,
in modo da forzare il deflusso trans-papillare della bile: in
questi casi, è necessario monitorare il paziente per l’eventuale comparsa febbre, fuoriuscita esterna di bile, o
incremento dei valori di bilirubina. Questi ultimi indicano il
malfunzionamento della parte interna del catetere per cui
è necessaria l’immediata apertura del drenaggio esterno.
Dopo PTDB, i pazienti dovrebbero essere monitorati per
rilevare segni e sintomi di sanguinamento o infezione. Nonostante la profilassi antibiotica, una infezione settica può
insorgere nelle ore immediatamente successive al PTDB.
Dal momento che i dotti biliari decorrono paralleli alle arteriole epatiche e alle venule portali all’ interno delle triadi
portali, una transitoria emobilia può verificarsi durante l’eventuale cambio dei cateteri perchè il sangue può entrare
in un dotto biliare. L’improvvisa comparsa di sanguinamento dopo PTDB, o l’evidenza di un’anomalia vascolare
di un’arteriola, come uno pseudo- aneurisma in prossimità
del catetere di drenaggio, dovrebbero essere considerati
segno presunto di lesione vascolare e dovrebbero essere
immediatamente trattati con embolizzazione selettiva del
ramo arterioso a livello della lesione. La fuoriuscita di bile intorno al catetere percutaneo è solitamente dovuta 1.
all'occlusione dei fori laterali del catetere, o 2. alla dislocazione interna del catetere, con malposizionamento dei fori
laterali al di sotto della stenosi, oppure 3. all'intermittente
dislocazione esterna del catetere, con fuoriuscita dei fori
laterali nel parenchima epatico durante gli atti respiratori.
Altre complicanze del PTDB sono pneumoperitoneo,
emotorace, pneumotorace, peritonite biliare, colangite e
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Questa tecnica ha una percentuale di successo che
oscilla fra 70% e 100%, con un tasso di complicanze
relativamente elevato (3-15%). Dati preliminari fanno ipotizzare che le tecniche di decompressione biliare EUSguidata siano superiori al PTBD, con un ridotto numero
di procedure di follow-up e costi totali inferiori per ottenere la risoluzione dell’ittero. Tuttavia, ulteriori studi sono
necessari per stabilire con certezza l’utilità delle tecniche
di decompressione biliare EUS-guidata.
259
pancreatite. Entrambi i cateteri di drenaggio biliare, sia
l’interno-esterno, sia l’esterno, consentono la risoluzione
dell’ittero, ma richiedono un’attenta manutenzione, mediante lavaggio e aspirazione dei cateteri per mantenerne
la pervietà. La sostituzione di entrambe i tipi di catetere
può essere necessaria per ostruzione, migrazione o malposizionamento e può essere effettuata in regime ambulatoriale, con una minima sedazione del paziente.
Dopo accesso percutaneo ad un albero biliare ostruito, la
migliore opzione possibile per ottenere il drenaggio biliare
è il posizionamento di un SEMS interno a cavaliere della
stenosi. Il posizionamento interno di un SEMS ristabilisce
il deflusso di bile nell’intestino, senza la necessità di un
catetere esterno, migliorando la qualità di vita del paziente.
L’ostruzione del SEMS [da crescita del tumore all’interno
o alle estremità del SEMS (ingrowth o overgrowth), o da
accumulo di detriti biliari al suo interno] può essere trattato endoscopicamente, mediante il posizionamento di una
altra protesi al suo interno, riservando eventuale ulteriore
PTDB ai casi di fallimento delle procedure endoscopiche.
I SEMS per via percutanea non dovrebbero essere posizionati in presenza del sospetto che alcuni dotti biliari
intraepatici siano isolati dal resto dell’albero biliare e che
pertanto non possano essere drenati. I dotti biliari intraepatici sono 1. completamente isolati se il MDC iniettato
durante la PTC non li opacizza; 2. di fatto isolati quando il
MDC li riempie, consentendone la visualizzazione, ma non
defluisce e ristagna in essi nelle immagini colangiografiche tardive; prossimi alla isolamento se una stenosi centrale ne consente l’opacificazione ma c'è un significativo
ritardo nello svuotamento che avviene solo nelle immagini
colangiografiche tardive. Rispetto ai dotti biliari intraepatici completamente isolati, quelli di fatto isolati o prossimi
all’isolamento, sono a maggior rischio di colangite perché
possono essere colonizzati dai batteri quando il MDC li
opacizza in tutto o in parte durante la PTC. Per ridurre il rischio di complicanze e di successivi interventi per drenare
eventuali dotti biliari intraepatici isolati i SEMS non dovrebbero essere posizionati per via percutanea sino a quando
tutti i dotti intrapeatici opacizzati si siano completamente
svuotati del MDC o sino a quando il paziente sia apirettico
per almeno 48 ore dopo l’interruzione della terapia antibiotica. I rami biliari intraepatici isolati dovrebbero essere
sempre drenati posizionando un catetere interno-esterno.
Entrambi i cateteri interno-esterno e i SEMS posizionati
per via percutanea sono un’efficace sistema di drenaggio
biliare quando quest’ultimo non è ottenuto con l’ERCP.
Tuttavia, un'alternativa al PTDB è rappresentato dall’uso combinato di PTC ed ERCP con la tecnica del rendezvous. Similarmente alla tecnica dell’EUS-ERCP rendezvous, mediante PTC si verificano il grado e la sede
della stenosi biliare per poi spingere il filo guida attraverso
260
la stenosi nel duodeno. Il filo guida è quindi catturato con
un’ansa da polipectomia e utilizzato dall’endoscopista per
accedere nel coledoco e posizionare una protesi biliare interna plastica o metallica. Questa tecnica è particolarmente utile nei pazienti con stenosi di alto grado delle vie biliari
e/o con anatomia post-chirurgica complicata.
APPROCCIO CHIRURGICO AL PDAC
La corretta indicazione all’intervento chirurgico rimane di
fondamentale importanza nell’era moderna della gestione
multidisciplinare dei pazienti con PDAC. La TC ad alta risoluzione, con doppia fase di intensificazione del MDC, è
la metodica di immagine di scelta per ottenere la corretta
stadiazione dei pazienti con PDAC e fornisce al chirurgo
le informazioni necessarie per una resezione completa del
tumore, con margini tissutali negativi all’esame istologico
definitivo del campione operatorio.
La figura 6 elenca i criteri TC utili per determinare la resecabilità del PDAC in base alla stadiazione radiologica
preoperatoria. Storicamente, i pazienti con criteri TC di resecabilità erano sottoposti direttamente ad intervento chirugico, seguito da chemioterapia o radio-chemioterapia
adiuvante. Tuttavia, la bassa percentuale di pazienti liberi
da malattia a lungo termine, dopo intervento chirurgico
eseguito come terapia iniziale per PDAC resecabile, conferma la necessità di portare avanti studi clinici controllati
per sviluppare efficaci terapie sistemiche specifiche per
il PDAC. I recenti miglioramenti dell’efficacia dei farmaci
chemioterapici sostengono maggiormente l’ipotesi che la
chemioterapia neoadiuvante abbia benefici effetti anche
per i pazienti con PDAC resecabile (tabella 1).
Pazienti con tumore resecabile borderline o localmente
avanzato, in base ai criteri TC, dovrebbero ricevere chemioterapia o chemio-radioterapia preoperatoria. Idealmente, i pazienti con questi stadi di malattia ad alto rischio
dovrebbero essere arruolati in studi clinici controllati in cui
si sperimentano nuovi farmaci. Sebbene i più recenti regimi terapeutici abbiano tassi di risposta del 40% circa, la
maggior parte dei pazienti con PDAC localmente avanzato non sarà poi suscettibile di intervento chirurgico.
La figura 7 evidenzia l’approccio del gruppo multidisciplinare dell’IUH ai pazienti con PDAC dopo stadiazione
completa e valutazione della resecabilità del tumore, in base all’invasione neoplastica vascolare secondo i criteri TC.
Quando il paziente con PDAC è considerato eleggibile per
l’intervento chirurgico, l’obiettivo del chirurgo è quello di
ottenere una resezione R0, con rimozione completa del
tumore, senza evidenza di malattia macroscopica e microscopica nei margini di resezione.
Nella cefaloduodenopancreasectomia, il margine di re-
Metastatico
• evidenza di diffusione metastatica della malattia, tipicamente
a fegato, peritoneo, polmoni
Resecabile
• assenza di malattia extra-pancreatica
• vena mesenterica superiore e vena porta pervie
• interposizione di tessuto sano fra tumore e tronco celiaco,
arteria epatica comune o arteria mesenterica superiore
oncology update
Figura 6 Criteri TC di resecabilità dell’adenocarcinoma duttale del pancreas
Resecabile Borderline
• infiltrazione tumorale parziale della vena mesenterica superiore
e/o della vena porta che sono, però, pervie; oppure invasione
completa di un breve segmento venoso con possibilità di resezione
e ricostruzione vascolare
• evidenza di impronta tumorale (<180° o 50% della circonferenza
del vaso) su tronco celiaco, arteria epatica comune o arteria
mesenterica superiore
sezione più difficile da bonificare è quello
dell’arteria mesenterica superiore, dove
Tabella 1 Razionale per la chemioterapia neoadiuvante
è presente il cosiddetto tessuto lasso reAumento della probabilità di ottenere margini di resezione negativi alla chirurgia
troperitoneale. La revisione sistematica intraoperatoria dei margini di resezione è imAumento della probabilità di portare a termine la terapia multimodale
programmata
pegnativa ma fondamentale dal momento
che molti studi hanno dimostrato che reAttestazione della presenza di metastasi a distanza e progressione precoce
della malattia
sezioni R1 (malattia microscopica in situ)
o R2 (evidenza di malattia macroscopica)
Attestazione dello stato funzionale del paziente e della sua incapacità
di tollerare la chirurgia
sono associate con ridotta sopravvivenza
a lungo termine (8).
Opportunità di eseguire test in vivo e in vitro di responsività alla chemioterapia
Con l’obiettivo di ottenere la resezione
completa del tumore, i chirurghi pancreatici hanno cercato di estendere la linfadenectomia e di ficatamente le resezioni della vena mesenterica superiore
eseguire resezioni vascolari. I tentativi di migliorare la so- e della vena porta, sono routinariamente effettuate da chipravvivenza estendendo la linfadenectomia non sono stati rurghi pancreatici esperti. Questo tipo di estesa reseziocoronati da successo. Tre RCT (uno Italiano e due Statu- ne locale consente la rimozione chirurgica di tumori che,
nitensi) hanno comparato la linfadenectomia standard con in passato, erano classificati come malattia localmente
quella estesa e non hanno evidenziato alcun beneficio in avanzata e non resecabile. Gli entusiasmi iniziali per le
termini di miglioramento della sopravvivenza nel gruppo resezioni arteriose (arteria mesenterica superiore e arteria
di pazienti sottoposti a linfadenectomia estesa, a fronte epatica) si sono nel tempo raffreddati. Un analisi dei risuldi un numero significativamente maggiore di complicanze tati di un singolo centro ad alto volume di chirurgia panperioperatorie (9-11). Pertanto, si raccomanda di eseguire creatica ha dimostrato che non c’è differenza in mortalità
la linfadenectomia standard in corso di cefaloduodeno- tra i pazienti sottoposti a cefaluododenopancreasectomia
pancreasectomia per PDAC. Le resezioni vascolari, speci- standard e quelli in cui è eseguita una resezione venosa
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Localmente avanzato
• occlusione di vena mesenterica superiore e/o vena porta,
senza possibilità di resezione con ricostruzione vascolare
• evidenza di manicotto tumorale (>180° o 50% della circonferenza
del vaso) intorno a tronco celiaco, arteria epatica comune o arteria
mesenterica superiore
261
Figura 7 Approccio al paziente con adenocarcinoma duttale del pancreas da parte del gruppo multidisciplinare dell’Indiana University Hospital
TC protocollo pancreas
PDAC resecabile*
PDAC inizialmente non resecabile
Testa del pancreas
Corpo/coda del pancreas
Resecabile Borderline
Localmente avanzato
Metastatico
Stadiazione selettiva
laparoscopia
Laparoscopia
di stadiazione
Chemioterapia*
o Chemio-Radioterapia*
Chemio-Radioterapia*
Chemioterapia*
Resezione chirurgica
Chemioterapia adiuvante°
Resezione chirurgica
Chemioterapia adiuvante°
Resezione chirurgica
(>50%)
Resezione chirurgica
(<20%)
*Ai pazienti deve essere offerta la possibilità di partecipare a studi clinici randomizzati controllati
°Sostituire Chemioterapia con Chemio-Radioterapia se la resezione chirugica è R1 dopo esame istologico del pezzo operatorio
con ricostruzione vascolare, sebbene quest’ultima aumenti il tasso di complicanze perioperatorie.
Più recentemente, i dati dello United States National
Surgical Quality Improvement Project sostengono l'ipotesi che le resezioni venose possano aumentare il tasso di mortalità della cefaloduodenopancreasectomia. È
indubbio che questa tecnica debba essere eseguita in
centri ad alto volume, ove operano chirurghi esperti in
chirurgia pancreatica e vascolare. Attualmente nel 20%
dei pazienti sottoposti a cefaloduodenopancreasectomia
all’IUH sono eseguite resezioni venose con ricostruzione
vascolare (12).
Nel corso degli anni, la sicurezza della chirurgia pancreatica è aumentata in maniera significativa: il tasso di
mortalità è pari o, addirittura, inferiore al 2% nei centri ad
alto volume. La cefaloduodenopancreasectomia è però
ancora gravata da un’elevata morbilità pari al 40% circa
nei centri ad alto volume, come quello dell’IUH. Le più
comuni complicanze postoperatorie sono 1. la fistola
pancreatica (10-15%), 2. il ritardato svuotamento gastrico (10-15%), 3. la deiscenza dell’anastomosi biliare
e della duodenodigiunostomia, 5. gli ascessi intra-addominali. La frequenza delle complicanze anastomotiche e
degli ascessi intra-addominali è comunque relativamente
bassa.
Nonostante i significativi miglioramenti tecnici nell’esecuzione della cefaloduodenopancreasectomia, i pazienti
con PDAC continuano a morire, anche dopo un intervento “perfetto”. Questo frustante dato evidenzia la necessità
di migliorare la terapia sistemica dei pazienti con PDAC
resecabile.
262
TERAPIA SISTEMICA
PER I PAZIENTI CON PDAC
Gestione del paziente con Pdac resecabile
Soltanto una piccola percentuale dei pazienti con PDAC
si presentano alla diagnosi con malattia resecabile.
La sopravvivenza mediana globale (OS) di questi pazienti
è 20-22 mesi, dopo resezione chirurgica del tumore e
chemioterapia o chemio-radioterapia adiuvante (la radioterapia è un’opzione terapeutica controversa e generalmente è più utilizzata negli USA piuttosto che in Europa).
Tuttavia, dal momento che la sopravvivenza a 5 anni
dei pazienti con PDAC resecabile è del 10% dopo sola
chirurgia, mentre aumenta al 25% con l’aggiunta della
chemioterapia adiuvante, recentemente è stato proposto
di utilizzare la chemioterapia neoadiuvante preoperatoria
per i pazienti con PDAC resecabile.
Il problema di questo approccio è la mancanza di efficaci
terapie sistemiche: una recente meta-analisi ha valutato
i dati relativi a diversi studi clinici sull’uso di chemioterapia neoadiuvante, dimostrando che il tasso di resezione
effettiva non supera il 70% nei pazienti con PDAC resecabile in base ai criteri radiologici (13).
La resezione chirurgica del tumore dopo chemioterapia
neoadiuvante sembra essere efficace e sicura. In uno
studio prospettico di fase II, pazienti sottoposti a chemioradioterapia neoadiuvante con gemcitabina hanno avuto
un’OS mediana di 34 mesi ed una sopravvivenza a 5 anni
del 36% (14).
La chemioterapia adiuvante con gemcitabina aumenta la
Gestione del paziente con pdac resecabile
borderline e del paziente con tumore
localmente avanzato non resecabile
La gestione ottimale dei pazienti con PDAC resecabile
borderline e di quelli con tumore localmente avanzato
non resecabile rimane controversa. All’incirca il 70% dei
pazienti con malattia localmente avanzata muore a causa
delle metastasi e, pertanto, è necessario un approccio
sistemico alla malattia.
La combinazione di chemioterapia e radioterapia non ha
fornito risultati soddisfacenti, specialmente in assenza di
biomarcatori predittivi specifici per il PDAC. Sebbene alcuni selezionati pazienti con PDAC, resecabile borderline
o localmente avanzato, siano stati sottoposti ad intervento chirurgico, questo tipo di approccio rappresenta
un’eccezione piuttosto che la regola. Obiettivo della chemioterapia dei pazienti con PDAC resecabile borderline
è quello di indurre una significativa risposta tumorale tale
da consentire la resezione chirurgica.
Un recente studio pilota condotto dallo U.S. Alliance Cooperative Group ha valutato la fattibilità e la sicurezza
di uno schema modificato di FOLFIRINOX, seguito da
radioterapia a fasci esterni in combinazione con gemcitabina. Questa strategia terapeutica sembra essere praticabile ed efficace, con un alto tasso di resezioni R0 nei
pazienti che hanno completato la terapia neoadiuvante
preoperatoria, senza evidenza di progressione della malattia (15).
Diverse questioni restano aperte, soprattutto sul ruolo
della radioterapia, la durata della chemioterapia e la definizione del regime ottimale di terapia sistemica.
Negli ultimi due decenni, la gemcitabina è stata la sola
opzione terapeutica per la gestione oncologica dei pazienti con PDAC, sulla base di dati che dimostravano come la gemcitabina diminuisse il dolore e riducesse l’entità
della perdita di peso nei pazienti con PDAC metastatico.
Tuttavia, il beneficio offerto dalla gemcitabina in termini
di sopravvivenza era modesto. Recentemente, nuovi
schemi di chemioterapia, con la combinazione di diversi
farmaci, hanno mostrato di migliorare la sopravvivenza
libera da progressione di malattia (PFS) e la OS rispetto
alla sola gemcitabina. FOLFIRINOX ha dimostrato di aumentare la PFS da 3.4 a 6.6 mesi e l’OS da 6.7 a 11.1
mesi (16). Questo significativo miglioramento di PFS e
OS era associato ad un’aumentata tossicità che, tuttavia, non influenzava la qualità di vita dei pazienti che era
preservata per un periodo di tempo maggiore nei pazienti
trattati con FOLFIRINOX (17). La prima terapia ricombinante approvata dalla FDA è stata la combinazione di
nanoparticelle di albumina legate al paclitaxel (nab-paclitaxel), in combinazione con la gemcitabina (18). Questa
terapia ricombinante ha aumentato significativamente
PFS (da 3.3 a 5.5 mesi) e l’OS (da 6.7 a 8.5 mesi) dei
pazienti con PDAC metastatico (18).
All’IUH, l’approccio alla terapia sistemica del PDAC metastatico è personalizzato e dipende dai sintomi, dal
performance status e dalle comorbidità del paziente. I
pazienti con buon ECOG (Eastern Cooperative Oncology Group) performance status sono inseriti negli studi
clinici sperimentali, quando disponibili. Altrimenti, questi
pazienti sono trattati con FOLFIRINOX o nab-paclitaxel/
gemcitabina. In caso di progressione durante la prima
linea di terapia, i pazienti con un performance status stabile sono solitamente trattati con schemi di chemioterapia basati sul 5-FU o FOLFOX se erano stati sottoposti
inizialmente a chemioterapia con gemcitabina. Se invece
era stata utilizzata una chemioterapia di prima linea basata sul 5-FU, al momento della progressione i pazienti
sono sottoposti a chemioterapia con gemcitabina.
RADIOTERAPIA PER IL PDAC
Gli schemi di radioterapia (RT) per il PDAC sono in continua evoluzione, quale conseguenza della messa a punto
di sempre più efficaci regimi di chemioterapia e dell’evoluzione continua sia dei piani di trattamento radioterapici, sia
delle tecniche di irraggiamento. La stessa pianificazione
terapeutica è stata nel tempo condizionata dal controverso ruolo della RT nel trattamento dei pazienti con PDAC,
così come dall’evoluzione tecnologica nelle tecniche di
centraggio, pianificazione e somministrazione della RT.
oncology update
Gestione del paziente con pdac metastatico
Giorn Ital End Dig 2015;38:251-270
sopravvivenza libera da malattia, l’OS e l’OS a 5 anni,
rispetto alla sola osservazione dopo intervento chirurgico
per PDAC resecabile. Il 5-fluorouracile (5-FU) con leucovorina è stato comparato alla gemcitabina negli schemi
di chemioterapia adiuvante è si è dimostrato altrettanto
efficace. Tuttavia, il più gestibile profilo di tossicità della
gemcitabina rende quest’ultima il farmaco di elezione per
la chemioterapia adiuvante nella maggior parte dei centri
oncologici nel mondo.
Attualmente all’IUH è in corso uno studio prospettico di
fase II che prevede la somministrazione dello schema di
terapia neoadiuvante FOLFIRINOX (5-FU, leucovorina,
irinotecan, and oxaliplatino) per 2 mesi in pazienti con
PDAC resecabile in base ai criteri radiologici.
La selezione dei pazienti avviene nell’ambito del gruppo
multidisciplinare in cui intervengono oncologi medici, radioterapisti, chirurghi, gastroenterologi con l’obiettivo di
stratificare i pazienti in base allo stadio di malattia, valutando le reali possibilità di resezione chirurgica.
263
Ancora accesa è la discussione con gli oncologi medici
sulla terapia adiuvante ideale da somministrare ai pazienti
con PDAC. Sebbene studi iniziali pubblicati negli anni 80’
riportavano un aumento della sopravvivenza dei pazienti
con PDAC operati che erano stati sottoposti a RT (40
Gy somministrati in modalità split) in associazione con
5-FU, successivi studi condotti in Europa hanno dimostrato che la RT postoperatoria con 5-FU non solo non
modificava l’OS dei pazienti, ma in diversi casi faceva
aumentare le complicanze. Nello studio ESPAC-1 sono
stati comparati gli effetti della sola chemioterapia, della
chemio-radioterapia, della chemioterapia seguita da radioterapia e della semplice osservazione in pazienti con
PDAC resecato: i risultati di questo studio hanno evidenziato una sopravvivenza minore tra i pazienti sottoposti a
radioterapia in associazione con chemioterapia, rispetto
a quelli trattati con la sola chemioterapia (19). Questo
studio non fu condotto secondo i principi degli RCT dal
momento che ai ricercatori era consentito di scegliere il
trattamento cui sottoporre il paziente; inoltre c’era stato
un considerevole crossover fra i diversi gruppi di trattamento e non era stato previsto una centro di raccolta e
controllo centralizzato dei dati. Lo studio EORTC 40891
ha comparato l’efficacia della RT (40 Gy in somministrazione split) con 5-FU rispetto alla semplice osservazione
in pazienti sia con PDAC, sia con tumori dell’Ampolla di
Vater (20). Questo studio ha evidenziato un aumento non
significativo dell’OS nei pazienti sottoposti a trattamento,
suggerendo che la RT con FU sia maggiormente efficace per i pazienti con PDAC, rispetto a quelli con tumore
ampollare. Come nel caso dello studio ESPAC-1, anche
questi risultati devono essere interpretati con cautela, dal
momento che era stato utilizzato un regime di RT antiquato e che nello studio non erano state rispettate le
procedure di qualità. Inoltre, l’inclusione dei soli pazienti
con PDAC ad uno stadio di malattia relativamente precoce (T1-2/N0-1) e la presenza di pazienti con tumori
diversi nello stesso studio può aver inficiato la possibilità
di osservare maggiori benefici indotti dalla RT adiuvante.
Recentemente, diversi studi hanno cercato di fornire una
risposta alle domande originate dai risultati degli studi iniziali precedentemente citati. Nello studio RTOG 9704 i
pazienti sono stati randomizzati a ricevere chemioterapia
di induzione con gemcitabina, oppure 5-FU seguita poi
in entrambe i gruppi da chemio-radioterapia adiuvante
(50.4 Gy/5-FU), senza dimostrare significativa differenza
nell’OS tra i due differenti gruppi di trattamento (21). Nello stesso periodo, un altro studio condotto in Germania
(CONKO-001) ha comparato la chemioterapia adiuvante
basata sulla gemcitabina con placebo, riportando un aumento dell’OS a 5 anni del 10% (OS a 5 anni di 20.7 vs
10.4%, rispettivamente nei bracci di gemcitabina e pla-
264
cebo) (22). La sopravvivenza dei pazienti in entrambe gli
studi (RTOG 9704 e CONKO-00) era comparabile, confermando l’ipotesi che la chemioterapia da sola (piuttosto
che la chemio-radioterapia) è una opzione accettabile per
il trattamento adiuvante dei pazienti con PADC resecato.
Tuttavia, la RT postoperatoria dovrebbe essere ancora
considerata una valida opzione terapeutica in pazienti
selezionati sulla base 1. dei ristretti criteri di eleggibilità
dello studio CONKO-001 (erano richiesti valori di CA19.9
inferiori a 90 IU/mL), 2. del tasso relativamente elevato
di recidive locali se i pazienti non sono sottoposti a RT
postoperatoria e 3. dei dati aggregati provenienti da centri di riferimento Statunitensi che dimostrano come la RT
postoperatoria fa aumentare la sopravvivenza di alcuni
selezionati pazienti operati. I tentativi di migliorare la selezione dei pazienti con PDAC resecato da sottoporre a
terapia adiuvante postoperatoria hanno portato all’ ideazione dello studio cooperativo denominato RTOG 0848
che è in corso negli USA. In questo studio, la RT è somministrata soltanto ai pazienti che mostrano stabilità di
malattia, ovvero assenza di progressione, dopo 5 cicli di
chemioterapia adiuvante (con o senza erlotinib). All’IUH,
la RT postoperatoria è somministrata ai pazienti ad alto
rischio di recidiva per la presenza di margini di resezione
positivi nel campione operatorio e/o linfonodi positivi ma
che non hanno sviluppato malattia metastatica dopo i primi 5 cicli di chemioterapia adiuvante. I pazienti con PDAC
localmente avanzato hanno solitamente metastasi occulte, non diagnosticabili per limiti di risoluzione radiologica
e generalmente beneficiano di una chemioterapia di induzione prima di essere sottoposti a RT. In un recente
studio prospettico è stato valutato questo approccio terapeutico, randomizzando inizialmente i pazienti a gemcitabina oppure a gemcitabina con erlotinib: quei pazienti
che non mostravano progressione di malattia sono poi
stati randomizzati a chemio-radioterapia basata su capecitabina o a sola chemioterapia (23). All’incirca il 40% dei
pazienti inizialmente randomizzati alla chemioterapia hanno sviluppato malattia metastatica e non sono stati quindi
avviati alla seconda randomizzazione. Sebbene lo studio
non abbia dimostrato un aumento dell’OS nei pazienti
sottoposti a RT, quest’ultima ha significativamente ridotto
il tasso di recidive locali e aumentato l’intervallo libero da
malattia. Un trattamento sequenziale con chemioterapia
seguita da radio-chemioterapia è indicato per i pazienti
con PDAC resecabile borderline che sono candidati all’intervento chirurgico 4-6 settimane dopo il completamento
della chemio-radioterapia. Tuttavia, il controllo della malattia a lungo termine e l’OS rimane insoddisfacente nei
pazienti con PDAC, specialmente in presenza di tumori non resecabili e approcci innovativi per migliorarne il
trattamento sono chiaramente necessari. La radioterapia
PALLIAZIONE DEL PDAC
NON RESECABILE
La palliazione rappresenta la terapia di elezione dei pazienti con PDAC non resecabile ed ha come primo obiettivo il controllo dei sintomi del paziente al fine di migliorarne
la qualità di vita. L’approccio al paziente deve essere personalizzato basandosi su 1. stato di malattia, 2. prognosi,
3. aspettativa di vita, 4. preferenze personali del paziente
e 5. esperienza degli operatori.
Gestione del dolore
All’incirca il 90% dei pazienti con PDAC lamentano un
significativo dolore addominale durante il decorso della
loro malattia. Il ganglio celiaco è responsabile della trasmissione del dolore e trattamenti diretti (endoscopici,
percutanei o chirurgici) su di esso possono essere effi-
oncology update
caci nel controllo del dolore. All’IUH si preferisce l’accesso endoscopico per il trattamento del ganglio celiaco,
sulla base della specifica esperienza degli operatori e
dei dati di un singolo RCT che ha dimostrato efficacia e
superiorità dell’approccio endoscopico rispetto a quello
percutaneo.
L’approccio chirurgico è invece riservato a quei pazienti che si sottopongono a chirurgia per un intervento di
resezione del tumore che si rivela poi non resecabile intraoperatoriamente.
Quando il controllo del dolore non è possibile con i soli
analgesici orali o questi non sono tollerati dal paziente, la
neurolisi EUS-guidata del plesso celiaco (EUS-CPN) e del
ganglio celiaco (EUS-CGN) è ottenuta mediante l’iniezione
di anestetico locale (ad esempio bupivacaina) e poi di alcol assoluto nel plesso celiaco (CP), o nel ganglio celiaco
(CG). Una precoce EUS-CPN eseguita durante l’EUS di
diagnosi e stadiazione, consente di controllare il dolore in
modo ottimale, prevenendone l’intensificazione e riducendo l’uso di narcotici da parte del paziente. La riduzione
del dolore si verifica nell'80% circa di pazienti entro due
settimane dalla neurolisi EUS-guidata.
Non ci sono fattori predittivi dell’efficacia della EUS-CPN,
anche se l’invasione del plesso celiaco ad opera del tumore è associata ad una ridotta efficacia della neurolisi. Infine,
l’EUS-CPN non ha alcun impatto sulla sopravvivenza dei
pazienti.
Al momento dell’EUS-CPN, l’iniezione bilaterale (su entrambe i lati del CP) consente di ottenere una più estesa distribuzione della soluzione neurolitica all’interno del
plesso celiaco.
Sebbene ci siano dati discordanti sull’efficacia dell’ iniezione bilaterale rispetto a quella unilaterale, uno studio
di meta-analisi ha dimostrato la superiorità dell’iniezione bilaterale sull’iniezione monolaterale (24). Inoltre, un
recente RCT multicentrico ha dimostrato la superiorità
dell’ EUS-CGN sull’EUS-CPN nella palliazione del dolore;
tuttavia, EUS-CGN è stata comparata con la sola iniezione unilaterale dell’EUS-CPN e la superiorità di EUSCGN era simile a quella dell'iniezione bilaterale in corso
di EUS-CPN (25).
Dati sugli effetti collaterali dell’EUS-CPN sono limitati a
pochi studi retrospettivi ed alcuni casi clinici: lievi complicanze comprendono 1. diarrea transitoria (4-15%), 2.
ipotensione (1%) e 3. aumento paradosso del dolore (9%).
Complicanze maggiori occorrono nel 2.5% dei casi, con
sanguinamento retroperitoneale e formazione di ascessi.
In base ai dati di efficacia e sicurezza disponibili, è consigliabile eseguire precocemente l’EUS-CPN nei pazienti
con PDAC non resecabile e dolore addominale che richiede l’assunzione di narcotici per l’analgesia, al fine di
migliorare la qualità di vita dei pazienti.
Giorn Ital End Dig 2015;38:251-270
stereotassica (SBRT) consente di intensificare la dose di
RT somministrata mediante un ipo-frazionamento del trattamento che è indirizzato su obiettivi precisi, utilizzando
come guida immagini giornaliere e il controllo degli atti respiratori. Sebbene i risultati degli studi di fase III sull’uso di
questa tecnica non siano ancora disponibili, i risultati degli
studi di fase II riportano dati incoraggianti sul controllo locale della malattia, con un favorevole profilo di tossicità. Il
principale e più serio effetto collaterale della SBRT somministrata a livello addominale è il sanguinamento gastrointestinale con associate ulcerazioni. Fattori di rischio per
l’insorgenza di sanguinamento gastrointestinale in corso
SBRT includono l’uso di grandi frazioni di RT e l’infiltrazione del tumore pancreatico nello stomaco o nel duodeno.
Quest’ultima è una controindicazione all’uso della SBRT
nei pazienti con PDAC. Attualmente l’uso della SRBT è
indicato solo per pazienti arruolati in studi clinici controllati
randomizzati. Tuttavia la SBRT è una tecnica promettente
e merita di essere ulteriormente studiata per le sue molteplici potenziali applicazioni nei pazienti con PDAC, per i
quali può rappresentare una terapia adiuvante capace di
ridurre lo stadio di malattia nei pazienti con tumore borderline resecabile e localmente avanzato. Inoltre la SRBT in
associazione alla chemioterapia può essere un‘alternativa
alla RT a fasci esterni nei pazienti con PDAC non resecabile. Addizionali approcci di ricerca per ottimizzare i risultati
della RT nei pazienti con PDAC includono la valutazione
1. della RT neoadiuvante che ha un teoretico vantaggio
rispetto alla RT postoperatoria, anche nei pazienti con malattia resecabile, 2. della terapia con particelle elementari,
in particolare i protoni, 3. della combinazione dell’immunoterapia (vaccini antitumorali ed inibitori dei controlli immnumologici) con la RT e la chemioterapia.
265
Figura 8 Paziente con PDAC metastatico, nausea e vomito
Ostruzione gastro-duodenale
(Gastric Outlet Obstruction - goo)
L’ostruzione gastroduodenale, nota come
gastric outlet obstruction (GOO), si manifesta nel 10-25% dei pazienti con PDAC
non resecabile ed è indice predittivo di
bassa sopravvivenza. È causa di significativa morbilità che si manifesta con nausea
A
B
persistente ed intrattabile, vomito, malnuLa TC coronale mostra uno stomaco disteso e dilatato suggestivo
trizione e perdita di peso. Storicamente,
di una Gastric Outlet Obstruction dovuta ad una stenosi duodenale
il trattamento della GOO consisteva in un
by-pass chirurgico come la gastrodigiunostomia (GJ) eseguito per via laparotomica
o, più recentemente, per via laparoscopica.
Tuttavia, molti pazienti non sono candidati
ideali per la chirurgia, sia per le loro scadute condizioni generali, sia per la bassa
aspettativa di vita. Similmente ai SEMS biliari, i SEMS gastroduodenali sono divenuti
un’alternativa al by-pass chirurgico per il
trattamento dei pazienti con GOO (figura
8). Una recente revisione sistematica, con
C
D
A
associata meta-analisi di 3 RCT e 17 studi
Immagini endoscopiche che mostrano ristagno gastrico (C) e il lume duodenale stenotico (D)
non randomizzati (non-RCTs), in cui erano
comparati SEMS gastroduodenali e GJ ha
riportato un’ inferiore tasso di complicanze,
una più rapida ripresa dell’alimentazione
orale e un minore periodo di ospedalizzazione nei i pazienti cui era stato posizionato
un SEMS gastroduodenale, rispetto a quelli
sottoposti a GJ chirurgica (laparotomica o
laparoscopica) (26). Nell’analisi dei risultati dei non-RCTs era anche evidente che il
posizionamento dei SEMS gastroduodenali
per il trattamento dellla GOO ha un costo
E
F
minore (in media 8.629 dollari Statunitensi
Immagini endoscopiche che mostrano il posizionamento
vs 17.842 dollari Statunitensi; p = 0.09),
di un SEMS gastroduodenale a cavaliere della stenosi
sebbene questo dato non fosse statisticamente significativo. Non è stata invece rilevata alcuna differenza tra i due tipi di trattamento del poi passare ad una dieta a basso contenuto di scorie. Le
GOO in termini di qualità di vita e sopravvivenza mediana complicanze maggiori sono rare, ma possono verificarsi
dei pazienti. Complicanze lievi, ma precoci, dei SEMS sia precocemente, sia tardivamente. Tra le complicanze
gastroduodenali possono essere: senso di peso addo- precoci che si verificano nel corso della prima settimana
minale, nausea e vomito. Questi sintomi sono solitamen- si annoverano dolore severo, sanguinamento, perforate dovuti ad una ritardata espansione del SEMS che di zione e dislocazione del SEMS. Le complicanze tardisolito impiega una settimana per raggiungere il calibro ve includono formazione di fistola, perforazione tardiva,
definitivo e possono essere trattati conservativamente ostruzione biliare e migrazione del SEMS. L’ostruzione di
con terapia medica. Dal momento che una ostruzione quest’ultimo si verifica nel 15-20% dei pazienti ed è doprecoce del SEMS può essere dovuta all’accumulo di vuta solitamente a proliferazione tumorale al suo interno,
frammenti di cibo nel suo interno, al paziente viene rac- o al di sopra delle sue estremità (ingrowth o overgrowth).
comandata una dieta liquida per la prima settimana, per Quest’ultimo può essere trattato mediante l’inserimento
266
CONCLUSIONI
In conclusione, significativi progressi continuano ad essere fatti nella diagnosi, stadiazione e gestione terapeutica
dei pazienti con PDAC.
Questi pazienti sono gestiti in maniera ottimale da un
gruppo multidisciplinare costituito da gastroenterologi,
chirurghi, radiologi, oncologi e radioterapisti.
Le recenti innovazioni tecnologiche in radiologia hanno
consentito di migliorare significativamente l’accuratezza
delle metodiche di immagine per la diagnosi e la stadiazione del PDAC.
Quando necessario, gli endoscopisti possono ottenere
• L’EUS è indicata per l’identificazione di piccoli tumori (≤ 20 mm),
non altrimenti diagnosticati, per la diagnosi cito-istologica e per
la stadiazione delle neoformazioni del pancreas.
• La decompressione biliare nei pazienti con PDAC è ottenuta
con L’ERCP in più del 90% dei casi. I SEMS non rivestiti
dovrebbero essere la prima opzione per il drenaggio biliare,
specie se i pazienti sono candidati alla chemioterapia neoadiuvante. In caso di fallimento dell’ERCP si può ricorrere al PTDB
o al drenaggio biliare EUS-guidato.
• Solo il 15-20% dei pazienti con PDAC sono candidati all'intervento chirurgico. Per i pazienti con tumore resecabile e
borderline resecabile è raccomandata la chemioterapia neoadiuvante che ha determinato, insieme alle resezioni vascolari,
un significativo aumento della sopravvivenza a 5 anni (36%).
La palliazione del GOO e del dolore addominale debilitante può
essere efficacemente effettuata endoscopicamente.
diagnosi cito-istologica della neoformazione pancreatica,
e completarne la stadiazione con l'EUS, oltre a risolvere
l’ostruzione biliare mediante il posizionamento di protesi
biliare in corso di ERCP.
L’uso dei SEMS per il drenaggio biliare dei pazienti con
ittero ostruttivo si è dimostrata una strategia terapeutica
efficace e vantaggiosa economicamente, migliorando la
qualità di vita dei pazienti.
la palliazione del GOO e del dolore addominale debilitante può essere effettuata sempre endoscopicamente, rispettivamente mediante il posizionamento di SEMS
gastroduodenali e la neurolisi del plesso e/o del ganglio
celiaco EUS-guidata.
La chirurgia rimane l’unica effettiva possibilità di cura per
i pazienti con PDAC e le recenti tecniche chirurgiche che
prevedono resezioni venose, con ricostruzione vascolare,
possono determinare un significativo incremento dei pazienti suscettibili di intervento chirurgico curativo.
Nuovi protocolli di chemioterapia, con o senza radioterapia associata, hanno determinato un aumento significativo della sopravvivenza globale, sebbene la strategia
medica è considerata ancora palliativa e non curativa.
D’altra parte, i dati preliminari sull’efficacia della chemioterapia neoadiuvante, somministrata preoperatoriamente
ai pazienti con PDAC resecabile, sembrano essere molto
promettenti.
Nonostante questi progressi e l’innovazione tecnologica,
il PDAC rimane un killer silente, dal momento che molti
pazienti giungono alla diagnosi con malattia localmente
avanzata e non sono candidabili all’intervento chirurgico.
È necessario concentrare l’attenzione dei ricercatori sulla
diagnosi precoce, perché solo la scoperta di marcatori
biologici che possano consentire la diagnosi precoce del
PDAC potrà significativamente modificare la gestione dei
pazienti con PDAC e la loro prognosi.
Giorn Ital End Dig 2015;38:251-270
di un secondo SEMS all’interno e a cavaliere del primo
SEMS ostruito. SEMS parzialmente e completamente ricoperti o auto-conformanti sono un’alternativa ai SEMS
gastroduodenali non ricoperti che sono utilizzati negli
USA. Tuttavia, questi altri tipi di SEMS sono gravati da un
alto tasso di migrazione e non sono disponibili negli USA.
Quando possibile, l’estremità distale del SEMS gastroduodenale dovrebbe essere posizionata prossimalmente
alla papilla major, in modo da consentire l’accesso alle
vie biliari nel caso di futura ostruzione biliare. Tuttavia,
la tipica sede della GOO e la stessa anatomia gastroduodenale condizionano la lunghezza del SEMS gastroduodenale che spesso viene posizionato in modo da
coprire la papilla major. In questi casi, per il trattamento
dell’ostruzione biliare presente o imminente, è preferibile
posizionare un SEMS biliare, prima del posizionamento
del SEMS gastroduodenale. Se non è possibile il posizionamento simultaneo di entrambe i SEMS, e il SEMS
gastroduodenale copre la papilla major, allora l’accesso
alle vie biliari può essere difficile perchè la papilla major è dislocata e relativamente inaccessibile all’ERCP. È
possibile tentare di accedere alla papilla major attraverso
le maglie del SEMS gastroduodenale, direttamente oppure tagliando le maglie con una pinza a coccodrillo o
con l’Argon Plasma Coagulator. Tuttavia, nella maggior
parte dei casi queste manovre endoscopiche non sono
coronate da successo e il drenaggio biliare deve essere
ottenuto mediante PTC o EUS. Quest’ultima consente
un’accesso trans-epatico o trans-duodenale posizionando un SEMS biliare senza passare attraverso la papilla,
oppure di eseguire un rendezvous con l’ERCP. Il by-pass
biliare chirurgico rappresenta un’altra possibile alternativa, ma le scadute condizioni del paziente, spesso, lo
controindicano. In tutti i casi è fondamentale una valutazione multidisciplinare del paziente con GOO che deve
essere chiaramente informato sulle sue condizioni e sulle
possibili opzioni terapeutiche.
• La TC (eseguita con il cosiddetto protocollo pancreas) è la metodica di elezione per la diagnosi e la stadiazione dei pazienti con
sospetto PDAC e fornisce criteri di resecabilità che permettono
la corretta selezione dei pazienti eleggibili per la chirurgia.
oncology update
Take home message
• L’adenocarcinoma duttale del pancreas (PDAC) è una neoplasia ad elevata mortalità che deve essere gestita da un gruppo
multidisciplinare, con l’obiettivo di fornire al paziente la migliore
cura possibile.
267
Corrispondenza
Evan Fogel
Professor of Medicine
ERCP Fellowship Director
University Hospital, Indiana University Health
550 University Blvd., Suite 1602
Indianapolis, IN 46202
Tel. (317) 944-2816
Fax (317) 944-2157
E-mail: [email protected]
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L'adenocarcinoma pancreatico
e l'endoscopia (ERCP e EUS)
a cura di Armando Gabbrielli
Nell’ambito della diagnostica e la caratterizzazione
cito-istologica delle lesioni solide pancreatiche nella
nostra realtà veronese, anche perché gravati da un
numero elevato di richieste, i pazienti vengono studiati tendenzialmente con approccio EUS se ritenuti
con le metodiche radiologiche convenzionali (TC e
RMNO) operabili o localmente avanzati per evitare un
possibile seeding mentre i pazienti da palliare vengono indirizzati alla biopsie eco guidata trans parietale.
In caso di lesioni piccole (<1 cm) la EUS risulta il metodo di scelta per la FNA.
L’atteggiamento endoscopico del nostro centro
nell’ambito del drenaggio biliare è condizionato dal
tempo di attesa per l’intervento (4-6 settimane) operatorio ed il frequente tasso elevato (>15 mg ) di bilirubina che rende il drenaggio endoscopico preoperatorio quasi obbligatorio. Attualmente nel nostro centro
le protesi di scelta in pazienti operabili sono quelle
L'adenocarcinoma pancreatico
e la chirurgia
a cura di Giuseppe Malleo
Le indicazioni alla resezione con intento radicale del PDAC si sono progressivamente allargate.
Le linee guida più recenti (J. Natl Compr Cancer Netw
2014;12:1083-93) includono nella categoria del borderline resectable lesioni con coinvolgimento venoso
>180°, chiari segni di invasione della parete venosa
e/o presenza di trombosi segmentaria, purchè una ricostruzione vascolare sia tecnicamente possibile. Sul
versante arterioso, rientrano nella categoria del borderline resectable tumori con abutment dell’arteria
epatica (e possibilità di resezione a “short segment”)
e con abutment <180° dell’arteria mesenterica superiore e/o del tronco celiaco. La politica del centro
plastiche a causa delle limitazioni di spesa che gravano sulla utilizzazioni di quelle metalliche. Per altro l’unica regione italiana che ha messo a disposizione una
integrazione del DRG con un rimborso per le protesi
metalliche in patologie neoplastiche è la Lombardia.
Risulta per altro evidente da numerosi studi pubblicati recentemente che le protesi metalliche sono costeffective nel trattamento di questi pazienti anche in
quelli con aspettativa di vita inferiore a 3 mesi o con
metastasi (Walter D, van Boeckel P, Groenen M et al. Cost
efficacy of metal stent for palliation of extrahepatic bile duct
obstruction in a randomized controlled trial; Gastroenterology
2015;149:130-138) e efficaci anche nel trattamento derivativo preoperatorio (Tol J, van Hooft JE, Timmer R et
al. Metal or plastic stents for preoperative biliary drainage in
resectable pancreatic cancer. GUT 2015 on line August 25).
Risulta facilmente comprensibile che l’alto tasso di
occlusione delle protesi in plastica con necessità di
ricovero per la sostituzione della protesi stessa rende
il costo del trattamento con le metalliche comparabile
o vantaggioso per le ultime. Il problema della spesa
in un centro di III livello che posiziona diverse centinaia di protesi è e deve essere supportato da scelte
di politica sanitaria che in questo momento latitano
salvo rare eccezioni. Con l’introduzione delle protesi
metalliche completamente ricoperte la loro utilizzazione è possibile anche in caso di scelta di trattamento
con RF (possibile rischi da trasmissione di calore sulla parete duodenale con rischio di sanguinamento o
necrosi trans parietale) con la loro facile rimozione.
Come verrà meglio chiarito nella parte chirurgica, la
sempre più frequente scelta di un trattamento neoadiuvante (durata media 4 mesi) sia in pazienti localmente avanzati o anche operabili, rende l’utilizzazione
delle protesi metalliche di scelta anche in questo tipo
di pazienti.
di Verona è sempre più orientata – in presenza di tali
lesioni – verso una iniziale chemioterapia sistemica a
scopo di downsizing, che selezioni biologicamente la
malattia (escludendo dall’opzione chirurgica pazienti
con progressione), e che massimizzi la probabilità di
resezione R0 nel gruppo che giunge all’intervento.
L’estensione dello schema FOLFIRINOX e mFOLFIRINOX alla malattia borderline resectable sta causando un importante aumento della quota di pazienti
candidati a chirurgia, cui si associa una minore – ma
non trascurabile – quota di pazienti candidati a intervento dopo downstaging di una iniziale malattia chiaramente non resecabile per esteso coinvolgimento
arterioso o addirittura per presenza di metastasi a
distanza. I principali problemi che il chirurgo affronta
nella valutazione di un paziente sottoposto a chemioterapia con FOLFIRINOX è la difficoltà di stimare il
Giorn Ital End Dig 2015;38:251-270
Abbiamo letto con estremo interesse la monografia
sul adenocarcinoma del pancreas scritto dal gruppo
multidisciplinare del Pancreas dell'Indiana University
di Indianapolis.
Quello che cercheremo di riportare in questo breve
commento è il comportamento delle varie componenti
dell’Istituto del Pancreas di Verona in 3 ambiti specifici: quello endoscopico, quello chirurgico e quello
oncologico. Comunque condividiamo assolutamente
il messaggio dell’importanza dell’approccio multidisciplinare a questa patologia ancora cosi temibile e cosi
raramente guaribile.
oncology update
PDAC: la multidisciplinarietà
dell’Istituto del pancreas di Verona
269
reale burden di malattia e la resecabilità sulla base
dell’imaging tomografico. La massiva fibrosi conseguente al trattamento è infatti spesso indistinguibile
dal tessuto neoplastico, facendo perdere sensibilità
e specificità alla stadiazione radiologica. Per la scelta
chirurgica è necessario un approccio multidiscplinare, spesso un imaging funzionale (e.g. PET), e una valutazione attenta del performance status del paziente
e dell’andamento del Ca 19.9. L’esplorazione chirurgica e l’eventuale resezione sono atti tecnicamente
molto complessi, che spesso richiedono un’estesa
dissezione vascolare e il campionamento di tessuti
periavventiziali per esclusione estemporanea di coinvolgimento tumorale. Nonostante le caratteristiche
del moncone pancreatico (indurito dalla chemioterapia) favoriscano un’anastomosi a basso rischio e un
postoperatorio favorevole, i risultati funzionali possono essere problematici per le alterazioni della motilità
intestinale che conseguono all’estesa denervazione
dell’arteria mesenterica superiore. Aspetto ancora
più importante, i risultati oncologici e il reale benefit in
termini di sopravvivenza delle resezioni di PDAC dopo downsizing o downstaging non sono ancora ben
chiari. Ciò deriva dalla numerosità campionaria ancora relativamente esigua nelle varie esperienze, e dal
follow-up breve. La prospettiva futura, di imminente
introduzione, è la selezione del pazienti sulla base del
profilo genetico, grazie a tecniche di sequenziamento applicabili anche su citologia. L’analisi mutazionale
potrebbe stratificare i pazienti in diversi gruppi di trattamento multimodale nell’ambito di studi controllati di
“precision medicine”.
L’adenocarcinoma pancreatico
e l’oncologia
dell’arruolamento in sperimentazioni cliniche come di
assoluta prima scelta per i nostri pazienti. In attesa di
validi fattori biologici che possano predire il comportamento più o meno immediatamente metastatico nel
singolo paziente, la possibilità di mutuare i nuovi regimi
chemioterapici di prima linea avanzata anche nel trattamento dei pazienti con malattia localmente avanzata
o borderline resectable è diventata, grazie agli elevati
tassi di risposta dimostrati e anche in assenza di evidenze prospettiche randomizzate, una solida consuetudine. Nella malattia inizialmente resecabile, i tassi di
controllo di malattia (DCR) dimostrati nel trattamento
di prima linea con i regimi FOLFIRINOX e nab-paclitaxel + gemcitabina forniscono una relativa serenità
nel considerare il loro impiego e le prime esperienze
pubblicate suggeriscono un comunque elevato tasso di resezioni R0. In assenza, tuttavia, di evidenze
sperimentali più solide, tale approccio è ancora da
considerarsi ancora altamente sperimentale, considerando inoltre il crescente sforzo per la validazione dei
più recenti regimi di combinazione anche come strategie terapeutiche nella fase adiuvante post-resezione di
questi pazienti. Studi clinici randomizzati attualmente
in corso che valutino alternativamente FOLFIRINOX o
nab-paclitaxel + gemcitabina come strategie perioperatorie in questo stadio di malattia (es. SWOG S1505 trial)
aiuteranno in futuro a chiarire il ruolo dei trattamenti
sistemici in questo setting di pazienti.
a cura di Davide Melisi
Come descritto dai colleghi dell’IUH, il quadro dell’integrazione delle terapie sistemiche con gli approcci
chirurgici e radioterapici è stato fortunatamente arricchito negli ultimi 5 anni dall’introduzione di trattamenti
di combinazione certamente più impegnativi per i pazienti affetti da adenocarcinoma pancreatico ma finalmente di reale significato clinico per la loro prognosi.
In aggiunta alle ormai consolidate e verosimilmente
equiattive strategie di prima linea avanzata FOLFIRINOX e nab-paclitaxel + gemcitabina, particolare interesse è attualmente rivolto al setting di seconda linea.
La recente validazione dell’oxaliplatino (CONKO-003
trial, Oettle H, et al. JCO 2014) o di nuovi agenti come l’irinotecano liposomiale (MM398) in combinazione con
il 5-fluorouracile (NAPOLI-1 trial, Von Hoff D, et al. ESMO GI
2014) nei pazienti a progressione da regimi contenenti gemcitabina arricchisce il ventaglio di opportunità
per una programmazione di strategie terapeutiche tra
la prima e la seconda linea, in una prospettiva solo
pochi anni fa impensabile (Melisi D, Calvetti L, Frizziero M,
et al. Pancreatic cancer: systemic combination therapies for a
heterogeneous disease. Curr Pharm Des 2014;20(42):6660-9).
Viceversa, una sopravvivenza mediana che nonostante tali progressi continua a non superare i 12 mesi, impone, come indicato, di considerare l’opzione
Corrispondenza
Armando Gabbrielli
UOC Gastroenterologia, USO Endoscopia Digestiva
Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona
E-mail: [email protected]
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Giuseppe Malleo
UOC Chirurgia Generale e del Pancreas
Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona
E-mail: [email protected]
Davide Melisi
Digestive Molecular Clinical Oncology unit Department of Medicine
University of Verona Section of Medical Oncology
Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona
Policlinico "G.B. Rossi"
E-mail: [email protected]