Luoghi di lavoro e assunzione di alcol: quali gli
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Luoghi di lavoro e assunzione di alcol: quali gli
IGIENE DEL LAVORO Articolo IGIENE E SICUREZZA I dipendenti affetti da dipendenza possono accedere ai programmi di riabilitazione Luoghi di lavoro e assunzione di alcol: quali gli accertamenti sanitari consentiti? di Paolo Paraluppi, medico del lavoro SPSALASL specialista in tossicologia, consulente e formatore Cegos Italia A seguito della pubblicazione del Provvedimento 16 marzo 2006, sancito dalla Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Provincie autonome di Trento e Bolzano, ai sensi dell’art. 15, legge n. 125/2001, si è assistito alla programmazione di numerosi incontri in materia di problemi alcolcorrelati; in alcuni casi, sono state prospettate interpretazioni della normativa, con indicazioni operative condivisibili, dal punto di vista medicogiuridico, per alcuni dei soggetti obbligati in materia di sicurezza e di salute nei luoghi di lavoro quali, in particolare, il datore di lavoro e il medico competente. In questo contesto, poiché per questi soggetti si potrebbero prospettare possibili inosservanze a specifici obblighi normativi di carattere penale, si cercherà, tra l’altro, di porre particolare attenzione agli accertamenti sanitari consentiti al datore, per il tramite del medico competente, sui lavoratori addetti ad attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortunio ovvero per la sicurezza, l’incolumità o la salute dei terzi. [1] I l provvedimento della Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano 16 marzo 2006[1], sancito quale intesa ai sensi dell’art. 8, comma 6, legge 5 giugno 2003, n. 131, ha finalmente dato attuazione a quanto previsto dall’art. 15, «Disposizioni per la sicurezza sul lavoro», legge n. 125/2001, «Legge quadro in materia di alcol e di problemi alcolcorrelati». È importante precisare, innanzitutto, che, nelle attività lavorative di cui all’allegato del provvedimento, è fatto esplicito e assoluto divieto di assunzione e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche così come definite al comma 2, art. 1, legge n. 125/2001; dalla lettura di questo disposto appare evidente che i controlli alcolimetrici possano (e non necessariamente debbano) essere effettuati, dal medico competente o dai medici del lavoro con funzioni di vigilanza delle aziende unità sanitarie locali competenti territorialmente, al solo ed esclusivo fine di verificare il rispetto o meno, da parte dei lavoratori, del divieto in questione, quindi, della avvenuta assunzione o meno, da parte degli stessi, durante il lavoro, di bevande alcoliche o superalcoliche. Infatti, nell’art. 15, legge n. 125/2001, dal legislatore non viene espresso nessun rimando alle normative specifiche sulla sicurezza e sulla salute dei lavoratori, con l’esclusione della semplice definizione di medico competente (art. 2, comma 1, lettera d), D.Lgs. n. 626/1994), ma, piutto- sto, il comma 2 prevede la validità delle disposizioni della legge unicamente «per le finalità previste dal presente articolo», quindi, per il divieto di somministrazione e di assunzione di alcol. Dal punto di vista medico-giuridico, risulta chiaro, pertanto, che questi controlli alcolimetrici rappresentano accertamenti non rientranti tra quelli previsti per la sorveglianza sanitaria dei lavoratori di cui all’art. 16, D.Lgs. n. 626/1994. Per questa ragione, devono semplicemente essere intesi come uno strumento per l’eventuale verifica del rispetto del divieto di assunzione di alcol da parte dei lavoratori addetti ad attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro, ovvero per la sicurezza, l’incolumità o la salute di terzi. Questa verifica, quando prevista, deve considerarsi residuale, nel senso che ben più importanti appaiono il rispetto del divieto, da parte del datore di lavoro o di un altro soggetto, di somministrare bevande alcoliche e superalcoliche; soprattutto, quindi, è necessario porre in atto un idoneo sistema di sorveglianza per evitarne l’assunzione nel corso dell’attività lavorativa, anche attraverso una adeguata sensibilizzazione dei lavoratori sull’argomento. I controlli alcolimetrici In quest’ottica, si ritiene che il legislatore abbia acquisito le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in merito alla tematica alcol e lavoro, rifacendosi al concetto di In Gazzetta Ufficiale del 30 marzo 2006, n. 75. 34 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 31 luglio 2007 N. 15 IGIENE DEL LAVORO Articolo IGIENE E SICUREZZA luoghi di lavoro alcol free. Anche se nel disposto normativo non viene precisato su quale matrice e con quale metodo è possibile effettuare i controlli alcolimetrici sui lavoratori, risulta chiaro che è necessario poter determinare la concentrazione di alcol etilico, nelle matrici biologiche, in quel determinato momento e durante il lavoro (intossicazione acuta) e non, invece, ricercare nelle stesse indicatori di abuso nel tempo (intossicazione cronica), come, per esempio, la transferrina decarboidrata (CDT). Il divieto in questione, infatti, è sì assoluto, ma limitato a quelle categorie di lavoratori rientranti nell’Allegato al provvedimento e soltanto ed esclusivamente durante il lavoro. Un test di indagine di abuso cronico effettuato dal medico competente, che evidenzierebbe, tra l’altro, l’assunzione alcolica da parte del lavoratore per un periodo di circa 14 giorni, senza poter distinguere, tuttavia, se lo stesso abbia assunto alcol nel luogo di lavoro o al di fuori dello stesso, non solo risulterebbe inutile ai fini della verifica del rispetto del divieto in questione, ma addirittura diverrebbe un accertamento sanitario illecito. La sorveglianza sanitaria, per essere effettuata dal medico competente, innanzitutto deve risultare obbligatoria ex lege, in quanto mirata alla valutazione dei rischi per la salute, ossia al rischio di contrarre malattie professionali, e, comunque, non è prevista per situazioni a rischio infor- [2] tunistico come, per esempio, in relazione all’uso di alcol. Per questo motivo, l’area di intervento del medico competente è quella definita nell’art. 16, comma 1, D.Lgs. n. 626/1994, nel quale viene precisato che la sorveglianza sanitaria è richiesta soltanto nei casi espressamente previsti dalla normativa vigente e, quindi, in deroga a quanto dettato dall’art. 5, commi 1 e 2, legge n. 300/1970 (accertamenti sanitari vietati)[2]. Gli artt. 16 e 17, D.Lgs. n. 626/ 1994, non esplicitano che, in situazioni di rischio per la sicurezza, l’incolumità o la salute di terzi, il medico competente possa porre un giudizio di idoneità o inidoneità temporanea, parziale o totale e, tanto meno, può giungere a questo giudizio il medico del lavoro delle AUSL. Per di più, occorre rimarcare che l’esecuzione di test di ricerca per l’abuso cronico di alcol, in fase di visite preventive e periodiche nei lavoratori, appare alquanto discutibile sotto il profilo della libertà dell’individuo costituzionalmente sancita e rappresenta, inoltre, una violazione di natura penale dell’art. 5, Statuto dei lavoratori (legge n. 300/1970), proprio in considerazione del fatto che questo accertamento non risulta mirato a un rischio per la salute specificatamente normato. Il divieto in questione risulta vigente anche per i lavoratori non soggetti a sorveglianza sanitaria obbligatoria che svolgono le lavorazioni comportanti un elevato rischio di in- fortuni sul lavoro, ovvero per la sicurezza, l’incolumità o la salute di terzi. Pertanto, qualora il medico competente non sia presente, sarà il medico del lavoro delle AUSL territorialmente competenti a poter eseguire i controlli alcolimetrici, poiché abilitato a questa verifica su tutti gli addetti alle attività lavorative di cui all’allegato del provvedimento. I dubbi applicativi Dato per certo che nelle lavorazioni di cui al provvedimento il divieto è assoluto e che, pertanto, è necessario farlo rispettare, non si riesce a comprendere il motivo per il quale il datore di lavoro dovrebbe valutare un rischio per la sicurezza dei lavoratori, ai sensi dell’art. 4, D.Lgs. n. 626/ 1994, che non può essere, proprio ex legge n. 125/2001, neppure residuale. E ancora, non si riesce neppure a comprendere come si possa argomentare che il lavoratore è tenuto, come da qualcuno sostenuto, al rispetto del divieto di assunzione di bevande alcoliche e superalcoliche e a sottoporsi ai controlli alcolimetrici ai sensi dell’art. 5, comma 2, D.Lgs. n. 626/ 1994, in considerazione anche del fatto che, per la violazione di questa disposizione, è prevista una sanzione penale di cui al D.Lgs. n. 758/1994, consistente nell’arresto fino a 1 mese o nell’ammenda da 400.000 a 1.200.000 lire, quando, invece, la normativa (la legge n. 125/2001) prevede, per la violazione del divieto di assunzione di alcol, una semplice Nei lavori preparatori alla legge quadro sull’alcol, alcuni rappresentanti della XII Commissione (Affari sociali) della Camera dei deputati avevano proposto che nel dettato legislativo venisse espresso che i lavoratori, di cui alle attività lavorative in questione, dovessero essere sottoposti alla sorveglianza sanitaria obbligatoria per il rischio di infortuni o per la sicurezza di terzi; per esempio, in seduta del 23 ottobre 1997 per le disposizioni per la sicurezza sul lavoro era previsto che «Nelle medesime attività, ai sensi del comma 2, punto a) dell’articolo 16 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, dovranno essere previste visite preventive periodiche, ed ogni qual volta il medico competente lo ritenga necessario, al fine di verificare l’idoneità psicofisica alle specifiche mansioni; è obbligo dei lavoratori sottoporsi agli accertamenti di cui al punto d) omissis»; nella seduta dell’8 aprile 1999 sempre per le disposizioni per la sicurezza sul lavoro all’art. 15, comma 3, veniva suggerito: «Nell’ambito della valutazione dei rischi di cui agli articoli 3 e 4 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, il datore di lavoro, in collaborazione con il medico competente, individua le mansioni che comportano per il lavoratore un elevato rischio di andare incontro a infortuni sul lavoro, ovvero un elevato rischio che lo stesso possa provocare infortuni a terzi. Tale valutazione è mirata anche ai rischi derivanti da eventuali stati patologici psico-fisici dei lavoratori addetti alle diverse mansioni», e, ancora, al comma 5, che «I lavoratori occupati nelle mansioni di cui al comma 3 devono essere sottoposti a sorveglianza sanitaria da parte del medico competente, secondo quanto previsto negli articoli 16 e 17 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 omissis». Il testo approvato e pubblicato della legge n. 125/2001, all’art. 15, non ha riportato nulla di quanto allora proposto. 31 luglio 2007 N. 15 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 35 IGIENE DEL LAVORO Articolo IGIENE E SICUREZZA sanzione amministrativa che va da 1 milione a 5 milioni di lire[3]. Infine, è necessario sottolineare che il comma 3, art. 15, legge quadro sull’alcol, prevede che i lavoratori affetti da patologie alcolcorrelate possano, eventualmente, per loro libera scelta, accedere ai programmi terapeutici e di riabilitazione di cui all’art. 9, beneficiando di quanto previsto dall’art. 124, D.P.R. n. 309/1990[4]. Quindi, stante l’attuale normativa in materia di divieto di assunzione e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche nelle attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, l’incolumità o la salute dei terzi, i datori di lavoro e i medici competenti dovranno operare come da corretta interpretazione al disposto normativo, anche per non incorrere in possibili violazioni della legge di carattere penale. In particolare, il datore di lavoro, nelle attività lavorative di cui all’Allegato al provvedimento, in primis, si dovrà preoccupare di vietare nei luoghi di lavoro la somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche, oltre che di porre in atto un idoneo sistema di sorveglianza per evitarne anche la minima assunzione, così da rispettare quello che, in sostanza, dispone l’art. 15, legge n. 125/2001, ossia, luoghi di lavoro alcol free. Gli obblighi dei soggetti responsabili Poiché, però, il rispetto delle leg- [3] [4] [5] [6] [7] ge non può limitarsi all’area della repressione, è necessario comunicare correttamente ai soggetti obbligati anche le motivazioni sottese alla scelta normativa che ha il compito, in questo ambito, di tutelare il bene della incolumità individuale. Quindi, il datore di lavoro, prima di segnalare all’organo di vigilanza documentate e palesi violazioni al disposto normativo, per l’irrogazione delle sanzioni amministrative previste, o di sollecitare l’intervento del medico competente o del medico del lavoro delle AUSL, per l’eventuale effettuazione del controllo alcolimetrico a scopo di verifica indiretta della avvenuta assunzione di alcol etilico, e di ricorrere ad atti quali richiami, provvedimenti disciplinari o a quant’altro, reso possibile dai rispettivi CCNL e dalla legge n. 300/1970, dovrà rendere edotti i lavoratori su quanto previsto dalla normativa specifica, attraverso gli strumenti da lui ritenuti più opportuni, e procedere a una corretta informazione sul rischio derivante da uno stato di alterazione psico-fisica sotto l’influenza di alcol. Per quanto attiene, invece, il medico competente e il medico del lavoro delle AUSL, giova evidenziare che il legislatore ha lasciato alla discrezionalità (e al buon senso) degli stessi l’effettuazione o meno dei controlli alcolimetrici sui lavoratori di cui all’Allegato al provvedimento[5]. La logica sottesa a questa previsione normativa è quella di evitare l’effettuazione di controlli alcolime- trici non sorretti da ragionevole giustificazione, in nome del principio della tutela della libertà personale da coercizione arbitraria. Quindi, gli incaricati dell’esecuzione di questi controlli alcolimetrici, al solo fine della verifica del rispetto del divieto di assunzione di alcol da parte dei soggetti obbligati, potranno dare preferenza ad accertamenti non invasivi, previo consenso informato[6], quali, per esempio, quelli effettuati mediante l’apparecchio denominato etilometro. È necessario sottolineare che il medico competente, per i motivi riportati, non potrà utilizzare gli eventuali riscontri positivi ai controlli alcolimetrici ai fini dell’espressione del giudizio alla mansione specifica[7], ma, nel pieno rispetto del segreto professionale e della privacy, segnalerà il mancato rispetto del divieto al datore di lavoro per i necessari e gli opportuni provvedimenti di allontanamento temporaneo dalla lavorazione e per la relativa segnalazione all’organo di vigilanza, ai fini dell’irrogazione della sanzione prevista. Nello svolgimento dei propri compiti, pertanto, il medico competente dovrà porre particolare attenzione nel non effettuare accertamenti sanitari di screening illeciti. Soltanto nel caso in cui, a seguito delle visite previste dall’art. 16, D.Lgs. n. 626/1994, il medico competente dovesse avere il motivato sospetto diagnostico di essere in presenza di uno specifico problema di Per portare un analogo esempio, si cita la legge n. 3/2003 sul divieto di fumo; nei luoghi di lavoro chiusi il lavoratore in generale, nel caso di mancato rispetto del divieto, è punito con una sanzione pecuniaria amministrativa. Art. 124, D.P.R. n. 309/1990, «I lavoratori di cui viene accertato lo stato di tossicodipendenza, i quali intendono accedere ai programmi terapeutici e di riabilitazione presso i servizi sanitari delle unità sanitarie locali o di altre strutture terapeutico-riabilitative e socio-assistenziali, se assunti a tempo indeterminato hanno diritto alla conservazione del posto di lavoro per il tempo in cui la sospensione delle prestazioni lavorative è dovuta all’esecuzione del trattamento riabilitativo e, comunque, per un periodo non superiore a tre anni». Si ribadisce, al proposito, che al comma 2, art. 15, legge n. 125/2001, il legislatore ha utilizzato i termini «possono essere effettuati» e non, invece, per esempio, vengono effettuati o devono essere effettuati. Questa indicazione scaturisce anche dal fatto che essendo un accertamento non rientrante tra quelli previsti dall’art. 16, D.Lgs. n. 626/1994, lo stesso non può essere ricondotto all’art. 17, comma 1, lettera e) («fornisce informazioni ai lavoratori sul significato degli accertamenti sanitari cui sono sottoposti omissis»), che è sanzionato penalmente. Oltre al fatto che questi accertamenti non sono quelli previsti dall’art. 16, D.Lgs. n. 626/1994, si ribadisce che gli stessi danno indicazioni per i soli casi di intossicazione acuta (non di intossicazione cronica) e, quindi, non forniscono validi criteri per la formulazione del giudizio di idoneità. 36 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 31 luglio 2007 N. 15 IGIENE DEL LAVORO Articolo IGIENE E SICUREZZA alcolismo cronico, tale da rendere problematica l’espressione del giudizio di idoneità[8], lo stesso potrà richiedere ulteriori accertamenti sanitari per il singolo lavoratore, tenendo in considerazione anche quanto previsto dal comma 2, art. 17[9]. Questo è valido anche in considerazione del fatto che la diagnosi medico-legale di patologie alcolcorrelate è fondata principalmente sui criteri di giudizio clinico (indagine anamnestica, esame clinico obiettivo ed esame psichico), sui reperti laboratoristici specialistici e sullo studio del soggetto in un congruo arco di tempo. I lavoratori che dovessero presentare patologie alcolcorrelate e per i quali non fosse possibile individuare, all’interno dell’azienda, una mansione a minor rischio dovranno essere invitati dal medico competente ad accedere ai pro- grammi terapeutici e di riabilitazione di cui all’art. 9, legge n. 125/ 2001, beneficiando, nei casi previsti, di quanto riportato all’art. 124, D.P.R. n. 309/1990. Infine, si ricorda che, comunque, risultando sempre vigente il comma 3, art. 5, legge n. 300/1970[10], in ogni caso, il datore di lavoro può fare sempre riferimento all’ente pubblico, anche nei casi di lavoratori con sospette patologie alcolcorrelate. l Bibliografia 1. Legge 30 marzo 2001, n. 125, «Legge quadro in materia di alcol e problemi alcolcorrelati e relativi lavori preparatori»; 2. Provvedimento Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano 16 marzo 2006, «Intesa in materia di individuazione delle attività lavorative che comporta no un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, l’incolumità o la salute dei terzi, ai fini del divieto di assunzione e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche»; 3. Consulta nazionale alcol, «Parere formulato sulla proposta di decreto recante ”Regolamento concernente l’individuazione delle attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, l’incolumità o la salute dei terzi, ai fini del divieto di assunzione e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche, ai sensi dell’art. 15 della L. n. 125/2001», http://www.epicentro.iss.it Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell’Istituto superiore di sanità. [8] [9] [10] Ovviamente, non soltanto per gli addetti di cui all’Allegato al provvedimento 16 marzo 2006 ma, in linea generale, in tutti i casi di sorveglianza sanitaria obbligatoria. Art. 17, D.Lgs. n. 626/94 comma 2, «Il medico competente può avvalersi, per motivate ragioni, della collaborazione di medici specialisti scelti dal datore di lavoro che ne sopporta gli oneri». Art. 5, comma 3, L. n. 300/1970: «Il datore di lavoro ha la facoltà di far controllare l’idoneità fisica del lavoratore da parte di enti pubblici ed istituti specializzati di diritto pubblico». 31 luglio 2007 N. 15 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.com 37