Studio CREA sull`impatto dei cambiamenti climatici sulle colture

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Studio CREA sull`impatto dei cambiamenti climatici sulle colture
Studio CREA sull’impatto dei cambiamenti
climatici sulle colture biologiche italiane
A cura dell’Ufficio Stampa
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Cambiamenti climatici e agricoltura biologica
Siccità, inondazioni e clima instabile: effetti che si
riflettono sull’agricoltura biologica e aumentano
i rischi per i produttori.
I cambiamenti climatici impongono nuove sfide all’agricoltura biologica.
Le parole chiave sono innovazione, tecnologia e gestione del rischio ma vanno tarate su una
mappatura della vulnerabilità colturale che va aggiornata.
Quale futuro per il Biologico di fronte ai sempre più numerosi eventi climatici anomali che portano
con maggior frequenza estati siccitose, bombe d’acqua, grandinate con chicchi più grandi di una
noce o gelate impreviste?
Queste variabili, infatti, si traducono in vere e proprie porte aperte a virosi, batteriosi e nuovi
parassiti amplificando “l’effetto volatilità del mercato” in un settore che, per definizione, limita
l’utilizzo di fitopatogeni, con il duplice obiettivo di arrivare a prodotti con standard qualitativi
elevati e ad un’agricoltura ad impatto zero.
Tutti i dati dell’agricoltura biologica
Il problema è cogente se si considera la spinta globale che ha portato a coltivare, in tutto il pianeta,
quasi 40 milioni di ettari a bioloico.
L’Italia è al primo posto in Europa per numero di operatori (60mila secondo Sinab) e
al secondo, dopo la Spagna, per superfici destinate (oltre 1,4 milioni di ettari) all’agricoltura
biologica.
La crescita degli areali è mediamente del 10% l’anno, dal 2010. Sicilia, Calabria e Puglia sono le
regioni più ‘Bio’ mentre in fondo alla classifica di Sinab ci sono Liguria, Molise e Valle d’Aosta.
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La spinta produttiva segue il boom di consumi: nello stesso periodo, In Italia, la spesa Bio
procapite ha infatti guadagnato 10 punti percentuali per arrivare a circa 42 euro l’anno.
Una delle più basse in Europa se si pensa che il primo consumatore Bio in Ue, la Svizzera, arriva
a 200 euro.
Secondo i dati emersi da una ricerca sulla vulnerabilità delle aree a rischio climatico in Italia,
condotta dalla ricercatrice del Crea Antonella Pontrandolfi, tra il 2003 e il 2012, l’agricoltura
biologica italiana ha subito danni per 14 miliardi di euro (circa 1,4 miliardi l’anno) pari a 111
euro l’anno per ogni ettaro.
Il 77% dei danni è relativo alle produzioni, di questi il 62% è causato dalla siccità (nel solo 2003 si
sono verificati il 43% dei danni dell’interno decennio), mentre il 20% è legato a eventi estremi
di pioggia alluvionale che, per contro, causa il 90% dei danni alle infrastrutture.
La mappa della vulnerabilità colturale
«A parità di evento climatico, come ad esempio la siccità, le colture più vulnerabili – ci spiega la
Potrandolfi – sono quelle che non prevedono sistemi di irrigazione standard, come ulivi e viti
oppure quelle più idrovore come i pomodori, le lattughe o gli ortaggi in genere.»
«Per fare un esempio, viti e ulivi, in caso di siccità, dovrebbero essere irrigate con sistemi di
soccorso ma spesso mancano. In tali casi le piante possono sviluppare maggiori difficoltà in termini
di adattamento al cambio climatico.»
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«Per paradosso, però, le colture da agricoltura biologica possono risultare, teoricamente, più
resilienti proprio perché orientate a sviluppare, negli anni, tecniche agronomiche non artificiali che
favoriscono l’adattamento delle piante. Ma davanti a questo scenario di cambiamento così anomalo,
è difficile immaginare che questo settore, come tutti gli altri, rimanga esente da un qualche impatto
anche in considerazione che, già a monte, ha un problema di rese inferiori» sottolinea la Potrandolfi.
In questo senso, il Crea sta lavorando per sviluppare massicciamente (piano triennale 2017-2020)
questo settore di ricerca.
Il rischio d’impresa
«Fra le priorità – continua la Potrandolfi – c’è quella di individuare parametri più attuali per
la definizione di ‘calamità naturale’ oggi tarata su dati risalenti agli anni ’80 quando la frequenza
dei fenomeni climatici anomali era molto più bassa. Si tratta di considerazioni importanti per
valutare adeguatamente il rischio di impresa anche in funzione di un auspicato sviluppo dello
strumento assicurativo oggi poco usato. D’altro canto, non esistono misure pubbliche espressamente
rivolte a questa vulnerabilità e la ricerca sull’adattamento delle colture ai cambi climatici attinge a
fondi destinati all’innovazione in generale, come quelli previsti dai Psr».
La Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige nel trentino, sta lavorando ad una serie di
progetti di ricerca che puntano da un lato su innovazione e tecnologia e dall’altro su nuovi sviluppi
di tipo gestionale.
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Disciplinare e trattamenti per l’agricoltura biologica
«Stiamo realizzando – ci spiega Ilaria Pertot, responsabile della sezione agro-ecosistemi e Biorisorse della fondazione –dei modelli matematici che declinino su scala territoriale le conseguenze
dell’aumento della temperatura e, quindi, permettano di tarare con precisione o bisogni di ciascun
territorio.»
«Nel caso dell’agricoltura biologica, ad esempio, contiamo di pubblicare entro la fine del 2017,
uno studio che permetterà, ad esempio, il fabbisogno di rame metallico. Come è noto, è uno dei
pochi trattamenti ammessi nel disciplinare Bio per combattere le fitopatologie che si sviluppano
con l’eccesso di pioggia. Il limite imposto è di sei chili per ettaro. Le risultanze di questo modello
matematico ci permetteranno di dire se nei territori maggiormente colpiti dalla pioggia, a causa del
cambio climatico, questa soglia sarà ancora utile e, viceversa, se potrà essere ridotta nelle aree o
nelle stagioni più secche».
Le ultimissime dal mondo
Il Canada, che è uno dei principali Paesi per consumo di cibo biologico al mondo,
sta investendo pesantemente per favorire lo sviluppo di tecnologie sostenibili soprattutto nei
Paesi emergenti, come quelli sudamericani, che sono fra i suoi principali fornitori.
È di ieri la nota stampa dell’Ice di Toronto che annuncia come il governo canadese ha annunciato
investimenti in tutto il mondo per 1,8 miliardi di euro al fine di incoraggiarel’innovazione
sostenibile nei Paesi in via di sviluppo on l’intento di diventare un “key player” in questo settore.
Intanto, alla vigilia del Consiglio dei Ministri dell’agricoltura dei Paesi dell’Unione Europea il
prossimo 12 dicembre, Confagricoltura manifesta preoccupazioni sugli orientamenti proposti dai
Paesi del Nord.
«Questi Stati spingono per ammettere nel disciplinare dell’agricoltura biologica – afferma Paolo
Parisini presidente della Federazione nazionale dell’agricoltura biologica di Confagricoltura –
anche prodotti non seminati su terra perdendo così la naturale difesa della biodiversità, uno dei
cardini dell’agricoltura biologica. Altrettanto grave è la richiesta di poter vendere prodotti
biologici contaminati accidentalmente da pesticidi, senza alcun rispetto per i consumatori e
per i produttori. Su questa china, si rischia di approvare regole che annacquerebbero la qualità
della produzione agricola biologica italiana ed europea. che naturalmente possono essere fatte nel
proprio territorio».
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