Helen Leadbitter

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Helen Leadbitter
Ascoltare i giovani caregivers: che cosa ci può insegnare l’esperienza inglese
Helen Leadbitter (The Children’s Society, England)
www.youngcarer.com
The Children’s Society è un’associazione inglese che da più di vent’anni si occupa di ricerca, sensibilizzazione
e sviluppo di progetti a favore dei giovani caregivers e delle loro famiglie.
In collaborazione con i servizi pubblici e il Terzo settore, il nostro progetto Include promuove buone
pratiche finalizzate a fare in modo che bambini e ragazzi non si trovino nella condizione di dover prestare
un’assistenza inappropriata e trovino il sostegno di cui hanno bisogno per imparare, per crescere bene, per
vivere un’infanzia positiva.
Il progetto Include punta a cambiare la situazione dei giovani caregivers e delle loro famiglie.
Promuoviamo la collaborazione tra operatori sociali, insegnanti e personale sanitario, per realizzare
soluzioni che tengano in considerazione i bisogni dell’intero gruppo familiare.
Vogliamo evitare che i giovani caregivers prestino un’assistenza inadatta a loro, che incide negativamente
sul loro benessere fisico ed emotivo, e vogliamo restituire loro l’infanzia.
Realizziamo percorsi di sensibilizzazione costruiti su misura per professionisti ed organizzazioni che
desiderano essere più informati sui giovani caregivers e sulle loro famiglie.
Inoltre, pubblichiamo e diffondiamo molto materiale informativo e di supporto per i professionisti che
lavorano direttamente con le famiglie e per i loro servizi di appartenenza.
Abbiamo anche collaborato con gli enti locali, per sviluppare politiche e procedure che prevedano di
lavorare con il giovane caregiver sostenendo tutto il suo nucleo familiare, e siamo stati consultati per la
definizione di linee guida nazionali riguardo ai giovani caregivers.
I nostri principali ambiti di attività sono:
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sensibilizzazione rivolta agli operatori;
realizzazione di pubblicazioni e materiale informativo;
consulenza per formazione e sviluppo;
consulenze e percorsi di empowerment per giovani caregivers e per la loro famiglia;
campagne per interventi in Parlamento.
Attualmente, siamo impegnati nel programma Making a Step Change for young carers and their families:
un progetto con cui ci stiamo muovendo a livello nazionale per favorire un lavoro congiunto tra diverse
organizzazioni, per promuovere interventi legislativi e linee di indirizzo, e una nostra strategia unitaria
riguardo ai caregivers.
In particolare, con questo programma cerchiamo di costruire capacità e consapevolezza tra i principali
stakeholder e i soggetti con ruoli decisionali, attraverso eventi, attività di informazione, supporto online,
per fare in modo che le buone pratiche si radichino nei servizi pubblici e di privato sociale, per fare
chiarezza e sviluppare una consapevolezza comune sulle modifiche legislative intervenute in materia di
giovani caregivers e delle loro famiglie, e sulle ricadute che esse hanno concretamente a livello locale.
Grazie alla diffusione di informazioni, documentazione e formazione, The Children’s Society vuole costruire,
presentare e radicare prassi di lavoro orientate alla prevenzione e percorsi che consentano alle famiglie di
ricevere aiuto tempestivamente, grazie a un’individuazione precoce dei bisogni legati a malattia o disabilità,
alla valutazione dei bisogni dell’intera famiglia e a interventi coordinati tra loro, con cui sia possibile evitare
che bambini e ragazzi debbano assumersi la responsabilità di un’assistenza inadeguata alla loro età.
Con il nostro programma Young Carers in Focus stiamo stringendo una rete di rapporti in tutta l’Inghilterra
per mettere in comunicazione quelli che abbiamo chiamato Young Carers Champions: giovani caregivers
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che si impegnano in prima persona per promuovere i cambiamenti strutturali utili ai ragazzi come loro e
alle loro famiglie, a livello locale e nazionale.
Grazie a questo programma, i giovani caregivers migliorano in termini di resilienza, fiducia in sé stessi,
capacità e conoscenza; possono avere voce in capitolo sulla loro vita, e incidere sul sistema di aiuti rivolti a
loro, a livello locale e nazionale.
Un altro nostro progetto articolato su tutto il territorio nazionale, Family Inclusion Project, sta
incrementando le attività di sostegno per le famiglie più fragili in cui sono presenti giovani caregivers – ad
esempio, famiglie di rifugiati, di minoranze etniche, di persone affette da HIV.
Partendo dalle buone prassi, abbiamo sviluppato strumenti e risorse per professionisti che lavorano in rete,
con l’obiettivo di garantire un servizio completo anche a famiglie difficili da raggiungere e portatrici di
bisogni complessi (come si diceva: famiglie di minoranze, rifugiati e richiedenti asilo, famiglie con persone
sieropositive).
Tutto il materiale e le informazioni sul programma sono disponibili sul sito www.youngcarer.com.
L’espressione “young caregiver” indica minorenni che forniscono assistenza regolare e continua e sostegno
emotivo a membri della loro famiglia fisicamente o mentalmente malati, disabili, o che abusano di sostanze
stupefacenti.
Gli young caregivers si assumono la responsabilità di seguire un genitore, un fratello o una sorella, o un
altro familiare affetto da:
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disabilità fisica, sensoriale o mentale;
malattie croniche;
HIV e altri virus a trasmissione sanguigna;
dipendenza da alcol o droghe;
malattie mentali;
traumi da guerra o da torture.
Le ricerche condotte in Inghilterra hanno rilevato come l’età media dei giovani caregivers sia di 12-17 anni;
si registrano però un aumento di giovanissimi, di età compresa tra i 4 e i 7 anni, e un impatto
particolarmente forte delle responsabilità di cura sui ragazzi tra i 16 e i 25 anni, al momento di passaggio
all’età adulta, al mondo del lavoro e all’università, e nel trasferimento della presa in carico dai servizi per
minori ai servizi per adulti.
Le ricerche sul ruolo dei bambini e dei giovani che si prendono cura dei loro genitori hanno mostrato che si
tratta di un fenomeno globale, diffuso in tutto il mondo (Becker 2007, Evans e Becker 2009).
Nei diversi Paesi si usano termini diversi per descrivere questi giovani caregivers: ad esempio, Child-headed
households (famiglie con capifamiglia bambini) nella zona dell’Africa Sub-sahariana (Gilbert e Charles,
2012), young caregivers negli Stati Uniti (Becker, 2007) e in Canada (Charles et al., 2012) e child-carers in
India (Underhill 2003).
A seguito dell’attività dei ricercatori e degli operatori del Terzo settore, che si sono impegnati per il
riconoscimento e il sostegno di questi ragazzi, si è affermata ampiamente ormai l’espressione young carer.
The Children’s Society è stata invitata in tutto il mondo a fornire consulenze, a promuovere il
riconoscimento degli young carers e a fornire loro l’aiuto necessario, oltre che a partecipare a convegni
come questo.
Quello che rende vulnerabile un giovane caregiver è l’impatto dell’impegno assistenziale sulla sua vita. Un
giovane caregiver, cioè, diventa a rischio nel momento in cui l’assistenza che sta prestando e le
responsabilità verso la persona che sta accudendo raggiungono un livello eccessivo o non adeguato per
quel minore, e mettono così a rischio il suo benessere emotivo o fisico, o i suoi risultati scolastici o le
opportunità per la sua vita futura.
Sono molte le ricadute negative sulla vita dei giovani caregivers che meritano di essere ricordate.
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Aspetti negativi
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Ne risente la vita scolastica: la riduzione della frequenza, la difficoltà di concentrazione in classe o la
difficoltà a svolgere i compiti a casa sono tutti problemi che possono avere effetti a lungo termine
sulla possibilità di ottenere un diploma e di accedere all’istruzione universitaria.
I giovani caregivers possono essere isolati dagli altri bambini e ragazzi della loro età, e sentirsi soli.
I giovani caregivers possono avere la sensazione di non avere nessuno che è lì per loro, e che gli
operatori non li ascoltino.
Non vivono la loro infanzia, perché non hanno tempo libero e tempo per il gioco e per lo sport.
Possono sorgere conflitti con la persona assistita. Ad esempio, il ragazzo può sentirsi in colpa se
esce e la lascia sola, o provare rancore per il fatto di doverla accudire.
I giovani caregivers possono sviluppare essi stessi problemi di salute, fisica o emotiva, come
conseguenza dell’assistenza che prestano. Si è verificato che in Inghilterra molti giovani caregivers
possano sviluppare forme di autolesionismo, compresi disturbi alimentari, come conseguenza di
ansia e stress.
Possono sentirsi diversi dagli altri bambini e ragazzi.
Ci possono essere problemi legati al tenere segreti degli aspetti della situazione familiare,
soprattutto nei casi di malattie oggetto di stigma, che non si vogliono far sapere ad altri.
Possono sorgere problemi nel passaggio all’età adulta, ad esempio quando si vorrebbe andare a
vivere da soli.
I giovani caregivers possono trovarsi in condizioni di povertà, dato che un genitore disabile ha
minori opportunità di impiego retribuito.
Aspetti positivi del prestare assistenza
È importante però riconoscere che per i giovani caregivers non ci sono soltanto ricadute negative:
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I giovani caregivers possono maturare un senso di orgoglio per il loro ruolo di assistenza e per i
risultati che ottengono.
Possono anche trarre benefici da un ambiente familiare unito, in cui ci si aiuta e ci si assiste a
vicenda.
Possono anche dimostrarsi motivati, capaci di gestire diverse responsabilità e di affrontare con
buoni risultati il percorso scolastico, mentre nel contempo prestano assistenza.
Riconoscere che esistono anche aspetti positivi, però, non deve inconsapevolmente incoraggiare a
proseguire con un’assistenza inappropriata, o farla diventare un motivo di esaltazione, anziché una ragione
per sostenere il minore e la sua famiglia.
La capacità di un giovane caregiver di gestire efficacemente l’assistenza non deve essere usata per
nascondere il suo bisogno di aiuto. Molti giovani carers posseggono abilità e competenze che troppo spesso
non vengono riconosciute come tali.
In generale, i giovani caregivers ci hanno detto che il problema non sta in quello che devono fare, ma nel
come li fa sentire: la preoccupazione è continua, 24 ore su 24, non viene mai meno.
Le situazioni per cui si può parlare di giovani caregivers sono molte e molto diverse tra loro. Spesso, però, i
professionisti che potrebbero aiutare questi bambini e ragazzi non riescono a riconoscerli in quanto
caregivers. È abbastanza frequente che cadano nelle falle dei servizi e sfuggano all’attenzione degli
operatori: un’eventualità piuttosto frequente soprattutto tra famiglie di neri e di minoranze etniche, di
rifugiati, di malati affetti da malattie stigmatizzanti.
Per riconoscere l’esistenza dei giovani caregivers sono stati necessari molti anni, almeno nel Regno Unito;
all’inizio erano stati definiti giovani caregivers soprattutto bambini e ragazzi nelle cui famiglie c’erano
persone con disabilità fisica, perché era più facile rendersi conto del ruolo concreto che stavano svolgendo.
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La domanda da porsi, a questo punto, è: in quali circostanze bambini e giovani devono essere classificati
come “giovani caregivers”? E chi li può definire tali?
La definizione non si basa sul numero di ore che un ragazzo trascorre ad assistere un familiare, né sul tipo di
ruolo o di responsabilità che assume su di sé. Questo perché in ogni famiglia in cui si registrano casi di
malattia o disabilità si possono individuare dei giovani caregivers; ed è difficile paragonare il ruolo di un
giovane caregiver che si occupa di un malato mentale con quello di chi si occupa di una persona che ha una
disabilità fisica, perché si tratta di due impegni molto diversi.
Un bambino o un ragazzo viene quindi riconosciuto come “giovane caregiver” nel momento in cui le
responsabilità che ha assunto nella sua famiglia cominciano ad incidere negativamente sulla sua salute e sul
suo benessere.
È importante notare che non basta che in famiglia ci sia una persona malata o disabile perché si possa
automaticamente dire che un minore è un giovane caregiver: è soltanto quando un minore raggiunge un
livello di responsabilità che incide sul suo benessere, che lo si può considerare tale. La partecipazione dei
giovani caregivers è di capitale importanza.
Tutti i nostri strumenti, il materiale e la formazione che offriamo sono ispirati dalle loro voci. Il nostro
obiettivo è fare in modo che le loro idee siano sempre prese in considerazione e che essi stessi siano
riconosciuti come esperti nelle questioni che riguardano la loro vita.
Negli ultimi vent’anni ci siamo costantemente confrontati con loro e li abbiamo consultati per capire che
cosa vorrebbero dagli operatori e dai politici per ottenere un aiuto migliore per loro e per la loro famiglia.
Per farlo, abbiamo organizzato seminari residenziali con specialisti, azioni parlamentari, un Forum dedicato
agli Young Carers e il National Young Carers Festival: una manifestazione nazionale annuale che abbiamo
realizzato in collaborazione con la YMCA Fairthorne Manor. Il festival ha ormai 17 anni. All’inizio, era partito
come un’assemblea di 600 giovani caregivers da tutta l’Inghilterra. Adesso, vi partecipano circa 1500
giovani, ogni anno.
È un’occasione in cui possono prendersi una pausa dalle loro responsabilità, in cui possono divertirsi e
vivere davvero da bambini e ragazzi, fare nuove amicizie, e essere ascoltati nella “Voice Zone”, uno spazio
destinato all’ascolto.
Questo evento è stato fondamentale per portare le voci dei giovani nelle linee guida e nelle leggi nazionali e
nella normativa degli enti locali.
Ogni anno c’è un tema diverso: ad esempio, “Le dieci cose più importanti per te” o “Pensare al mio
benessere”.
In Inghilterra, il Children & Families Act del 2014 e il Care Act del 2014 hanno rafforzato in modo
significativo i diritti dei giovani caregivers. Le modifiche nella legislazione sui giovani caregivers e sulle loro
famiglie sono il diretto risultato di vent’anni di azioni, di campagne di sensibilizzazione, di consultazioni con
i giovani caregivers al festival.
Oggi, la legge inglese stabilisce che gli enti locali devono garantire il sostegno a un adulto con necessità di
assistenza in modo da evitare che un giovane caregiver debba sostenere un carico di assistenza eccessivo o
non adatto a lui.
Nel momento in cui un giovane viene riconosciuto come carergiver, dovranno essere presi in
considerazione anche i bisogni della persona assistita. Le nuove norme hanno stabilito che è responsabilità
degli enti locali individuare e sostenere i caregivers di qualsiasi età; gli enti locali possono intraprendere
ogni “ragionevole strategia” per individuare i giovani caregivers.
Una direttiva molto recente in materia impone un atteggiamento proattivo, volto a pubblicizzare e a
diffondere informazioni riguardo all’aiuto disponibile, oltre che a introdurre misure preventive per ridurre i
bisogni che si potrebbero presentare in futuro.
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Il punto di partenza dovrebbe essere la valutazione dei bisogni del genitore o del fratello/della sorella che
ha bisogno di assistenza.
La valutazione sull’adulto dovrà accertare perché c’è un minore che presta assistenza, di che tipo di
assistenza e di quali compiti si sta occupando il minore, e cosa è necessario modificare per evitare che
debba assumersi responsabilità eccessive o inappropriate.
Se si ritiene che il bambino o il ragazzo abbia bisogno di aiuto anche per se stesso, è bene effettuare una
valutazione specifica centrata sui suoi bisogni.
Quando si effettua la valutazione dei bisogni riguardo a una persona che necessita di assistenza, vanno
considerati anche tutti i fattori che possono incidere sulla vita dei minori eventualmente presenti in
famiglia.
Tra questi fattori ci sono:
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l’impatto della situazione sulle funzioni genitoriali;
il funzionamento della famiglia e della gestione della casa;
l’impatto dell’assistenza sul benessere, sulla salute e sull’istruzione del minore.
Si tratta poi di pensare cosa modificare per ridurre il livello di assistenza che il minore ha sulle spalle.
Quando si identifica un giovane caregiver, va sempre effettuare una valutazione relativa alle necessità
complessive della persona che ha bisogno di assistenza.
Nessun pacchetto di prestazioni assistenziali dovrebbe reggersi sull’inappropriato ruolo di caregiving di un
bambino o di un ragazzo.
Il punto chiave è un approccio rivolto al gruppo familiare nel suo insieme: le prestazioni assistenziali devono
essere orientate alla famiglia, non al singolo utente. The Children’s Society ha promosso un progetto
chiamato Whole Family Pathway, un servizio online libero e gratuito, costruito secondo un approccio ad
accessi multipli (no wrong door) che considera la famiglia nel suo insieme.
È uno strumento pensato per operatori che lavorano in diversi settori: i servizi socio-assistenziali pubblici
per adulti e per minori, i servizi sanitari, la scuola e le organizzazioni del Terzo settore.
L’obiettivo è fare in modo che, quando qualcuno della famiglia (genitore o figlio) ha bisogno di aiuto e si
mette in contatto con un qualsiasi ente o servizio, venga seguito sempre un medesimo percorso di presa in
carico.
L’idea alla base di questo approccio orientato alla famiglia nel suo insieme è quella di sollecitare gli enti
locali a una visione olistica dei bisogni della persona, nel contesto della sua più ampia rete di supporto.
Pertanto, si tiene conto di come l’adulto, la sua rete di supporto o la comunità locale in cui vive possono
contribuire a raggiungere gli obiettivi che si sono posti, e allo stesso tempo si valuta se e come le necessità
assistenziali dell’adulto incidono sugli altri componenti della famiglia o su altre persone della rete informale
di sostegno. Lo strumento è disponibile online sul nostro sito www.youngcarer.com.
Accanto al lavoro sul campo, The Children’s Society collabora con il gruppo di ricerca Young Carers Research
Group dell’Università di Loughborough (Inghilterra). Questo gruppo ha cominciato a studiare il fenomeno
dei giovani caregivers alla fine degli anni Novanta, con ricerche quantitative e qualitative. La loro ultima
ricerca, The Lives of Young Carers in England, finanziata dal Ministero dell’Istruzione, è un progetto in due
fasi, che analizza l’impatto delle responsabilità assistenziali sui minori e la diffusione del fenomeno. I dati
statistici sui giovani caregivers saranno pubblicati a breve.
Il gruppo di ricerca ha anche sviluppato alcuni strumenti, tra cui uno per lo screening destinato ai ricercatori
e a chi volesse individuare i minori che, a casa, prestano assistenza a un familiare malato o disabile. Lo
strumento di screening è pensato anche per valutare quanto il minore capisce riguardo alla malattia o alla
disabilità del suo familiare, per classificare il tipo e il peso delle responsabilità di assistenza di cui si fa
carico, e i suoi bisogni in quanto caregiver.
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The Children’s Society mette a disposizione dei professionisti che operano a livello inter-istituzionale molti
strumenti liberamente accessibili sul sito.
In gran parte si tratta di strumenti online, ma c’è anche materiale a stampa, che può essere scaricato dal
sito o ordinato in formato cartaceo.
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