Quaderni d`italianistica : revue officielle de la Société canadienne
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Quaderni d`italianistica : revue officielle de la Société canadienne
Rossana Fenu Barbera De bello judaico Giuseppe Flavio: di una nuova fonte per di Dante* Commedia la Premessa L'episodio del Conte Ugolino, all'interno del canto 33 dell'Inferno, di 78 versi (91 se considerano si le si compone monologo del terzine introduttive al protagonista e l'invettiva finale di Dante contro Pisa), almeno 33 dei quali (quasi la metà) risultano derivare da reminiscenze classiche e bibliche Una visione d'insieme voce "Ugolino", alla Tebaide di di Stazio, di delle fonti classiche catalogate fino al dall' Enciclopedia Dante. 1970 è offerta, Dantesca, che raccoglie citazioni della dell'Eneide di Virgilio e, in misura minore, delle Metamorfosi Ovidio. Dagli anni '70 ad oggi nuove e numerose fonti sono state riconosciute dagli studiosi che appianare hanno spesso sperato, attraverso le analogie con altre opere, di esegetiche che da secoli si attribuiscono a questo canto: le difficoltà qui ci si riferisce dolor, potè '1 (Inf. 33.75), suscettibile (o che pone Ugolino come autore La sorto intorno al verso "poscia, più che al dibattito critico digiuno" critica si è trovata di un meno) il '1 una interpretazione atto aberrante di tecnofagia. impegnata, e divisa, per lungo tempo, nel tentativo dare di questo verso un'interpretazione chiara e precisa. se spesso ha sollecitato di di Ma questa aspirazione, dialogo degli studiosi su questo canto, non meno spesso ha determinato reazioni polemiche, a volte vivaci, a volte irriverenti. Fra i primi ad entrare in una disputa letteraria fu Guglielmo Pepe che nel controbatteva l'ipotesi tecnofagica a cui non era ipotesi che tra l'altro Dante, Jacopo dalla Lana. così il Pietrobono, il Viviani, il Martini, 1 826 era accostato Giambattista Niccolini, stata scartata da uno dei primi commentatori il di Pascoli fu attratto dall'ipotesi del cannibalismo, e Raya, l'Ammendola. Più numerosi furono coloro che rifiutavano di credere a il Il si un tale epilogo della vicenda di Ugolino, Bianchi, lo Scartazzini, il D'Ovidio, il si come il Venturi, Grabher, il Russo, per citare solo alcuni nomi rappresentativi della nostra critica letteraria del 700, dell '800 e della di Inferno 33: il A prima metà del 900. aggiungeva una terza che percepiva il queste due tendenze opposte se ne carattere volutamente ambiguo nel testo verso 75 pronunciato da Ugolino venne considerato tanto più affascinante quanto più "foscamente indeterminato", in QUADERNI tfitalianistica Voi. XVI, No. 2. "penombra misteriosa", Autunno 1995 Rossana Fenu Barbera 160 in "forma involuta", fatto di "tenebre e sottointesi", dal De Sanctis, al Tommaseo, al Dalmata. Ma queste definizioni, soprattutto quelle del De Sanctis, finirono per suscitare l'irritata reazione di Benedetto Croce: "Che cosa - io diceva tra me sono codesti forse? Indeterminatezze - di significato..." (cit. in Frattini, 24). Benedetto Croce, a sua volta, con l'accusa una non meno indeterminata di posizione interpretativa sarà "attaccato" da Gianfranco Contini con vessata questione si spinge più vicino Sarebbe impossibile citare qui pronunciati su questo tema. 1 E ai tutti tuttavia i Anzi, se fino agli anni cinquanta risolti. il quale la giorni nostri. i nomi si sono non sono affatto avevano mirato alla degli studiosi che conflitti interpretativi gli obiettivi critici esatta interpretazione dell'ultimo verso pronunciato da Ugolino, a partire dagli anni sessanta saranno proprio le teorie di Contini a mantenere vive le polemiche, che spostano, tuttavia, sulla sponda delle fonti che hanno ispirato si il canto 33 dell'Inferno. Anche le fonti che finora sono accettate dagli studiosi di Dante e state si ha, messe in luce non sono uniformemente insomma, la sensazione di un'insoddis- fazione cronica, del prevalere di un'ansia critica competitiva che minaccia di confondere, tra l'altro, i criteri in base ai quali valutare l'autorevolezza di una fonte rispetto ad un'altra. Le analogie che Gianfranco Contini aveva canto di Ugolino e sulla variabilità in discussione il Ed anche ...più le possibili relazioni con da Marianne Shapiro (129-47) con l'appoggio vanno prese con cautela (Sanguineti il ed incertezza della ricezione delle fonti del canto 33, sono messe et Amiles, sostenute Contini, sottolineato fra esempi contemporanei da Edoardo Sanguineti perché sono da considerarsi "indizi sicuramente topici che referenziali" (10). Y Amis tempo a suo Tieste di Seneca, per portare alcuni e considerate se non come di "ipotesi di indizio" 8). Per Sanguineti Yaemulatio dantesca verte decisamente su una Tebaide di Stazio che "fa forza sopra Virgilio" e se il debito senechiano, presenza che il di adombra Seneca perché è Seneca tragico con il il critico riconosce nel canto di tuttavia le fonti note a favore di "... proprio Seneca, famoso passo ma di Epist. Ugolino una nuova Seneca morale prima il XIV, 9213 a fornirci una sorta di glossa automatica..." (8). Ad una linea critica fedele a Contini, Zampese, De Rooy - che si - Freccerò, Cook-Herzman, Shoaf, affida alle fonti classiche {Tieste, Tebaide, Metamorfosi) per interpretare Inferno 33 secondo una lettura antropologico/ mitica, alla quale biblici del testo si connettono gli elementi evangelico/profani (a cui dantesco inevitabilmente rimandano), 2 si i richiami oppone Robert Hol- lander in anni recenti: To those who find the cannibalistic interpretation attractive, one who does not do so can only offer his skepticism. There are no proofs in such matters. ... Are we to understand De bello judaico di Giuseppe Flavio 1 thatTydeus, because he gnawed on the freshly severed head of Menalippus ...(the 6 source of Dante's horrific description of Ugolino and Ruggen) will also be found punished in hell as "cannibal"? (70) L'Hollander, a sostegno di un'interpretazione dell'Ugolino dantesco quale portatore di un messaggio spirituale di paternità presenta una nuova fallita, fonte che considera illuminante in questo rispetto: "In this reading Luke's gospel, and comes most pertinent antecedent ing of the desperate La of the importunate friend (Luke in particular the parable the text that conduces drama of this problematic canto" 1.5-13), be- 1 to a clearer understand- (65). 1 disputa, sia sulle fonti che sull'interpretazione del canto 33 dell Inferno, sembra, in definitiva, ancora aperta, forse proprio in dipendenza del prevalere di una tendenza compresenza Poiché critica che è più a favore maggior parte dell'attenzione la essenzialmente verso una ricerca mi di un discorso che di esclusione di di fonti. riflessioni: in storia. primo luogo risultati della ricerca I si Flavio quale possibile figura può considerare è indirizzata, finora, hanno portato alle seguenti lo storiografo ebraico auctoritas storica che di si mondo classico e biblico, in un campo pressoché inesplorato è sembrato opportuno volgere le indagini che è quello della critica di intertestualità col può contribuire Giuseppe a schiarire ombre relative al processo creativo del canto 33 dell' Inferno. La presenza, non immediatamente evidente, di uno storico nel canto incentrato sulla vicenda di Ugolino - che risale a reali fatti politici avvenuti a Pisa negli anni intorno al certe 1280, ma sui quali fatti Dante si astiene diplomaticamente dal fare commenti perché "dir non è mestieri" - mette in luce la possibile esistenza di un progetto più ambizioso di Dante, che è poeta sovrapporre dei attuare una sorta fatti storici di superamento della miti della modernità creati nella significativi rappresentanti. stabilire fino a ma anche dell'antichità con storia antica Commedia, Un problema di cui di che punto Dante intendesse chiarire problemi Infatti se Commedia, dei debiti cautela. i i legami maestri classici sono quasi sempre sembra che Dante la storia Sappiamo che tempo, non furono né i rapporti di Dante facili né chiari, e uno si si la storia, fra i più invece, Inferno 33 e riallacciano i critico (latinucci, fatti rivivere nella ad personam, muova con con fra è, riconoscenza verso un nuovo interesse attraverso citazioni esplicite o incontri con è certo non nuove, che di autorità e di sfida poetica, di propri debitori, sottoposti negli ultimi anni a Dante). con l'imposizione dei nuovi Ugolino più difficile da definire l'opera di Giuseppe Flavio: riflessioni, queste, ad una serie esule politico: quello di quelli del presente, al fine di nel campo più circospezione e con la storia del suo potrebbero forse essere paragonati ai sentimenti contradditori di amore e odio, o di rivalsa, di un figlio nei confronti di un padre tiranno. Cito Bontempelli: Dante ebbe ansia di azione quanto nessun altro uomo al mondo, e si sentiva imperatore e 1 Rossana Fenu Barbera 62 ma la stona politica non lo volle, papa; la sua corona e insieme 1 la sua cacciò via, e lo lui storia, di rivalsa la il potente e poesia si il dovè nella sola poesia trovare poesia solamente, ove egli era tiara, scettro e pastorale; nella due poli della Con un senso Sarà la sopraffatto, dominatore e plebeo (875). riconnette alla storia e se ne riappropria. vicenda del Conte Ugolino della Gherardesca, con dei figli lasciati a morire di fame il penoso nella torre dei Gualandi, a fornire a sacrificio Dante esule l'arma del riscatto della sua esclusione dalla vita politica del suo tempo. indispensabile, perché questo avvenga, che sopravvivenza del padre e che a cibo per la corpo dei il la figli di Ma è Ugolino assurga disperazione di questi accenda il Facendo leva su un discorso di sacrificio filiale e di antropofagia Dante accomuna gli esempi delle lezioni pagane (Ties te di Seneca), desiderio di vendetta. con quelli del con la di Giuseppe Flavio) per far trionfare, ammissibile, che è quello spirituale della Cristianità a cui tutta di sacrificio Commedia Il giudaismo (De bello judaico condanna dell'uomo moderno nelle profondità dell'inferno, l'unico esempio come Ed è a concetto di paternità, in Inferno 33, è spesso riconosciuto dalla critica essenziale punto di partenza per un'operazione esegetica del canto. questo che ci si riallaccia. L'immagine paterna, un riscontro realistico Commedia, in tutta la molto concreto che e ne\V Inferno in particolare, ha realizza attraverso si mento affettivo di un debito intellettuale nelle figure anche attraverso drammatiche figure Il discorso si fa più astratto se maternità nel poema. drammatico di Virgilio si riconosci- di padri dannati e indimenticabili si considera Quando anche Dante, il ma come porsi di Dante in relazione alla infatti, avrebbe del materiale e reale in riferimento alla figura materna, lo filtra sua essenza, e il o Guininzelli, come Ugolino. Cavalcanti e soprattutto umano ed epura della serve invece di quel materiale per la creazione dei suoi più fortunati miti paterni. Mi riferisco qui ad una madre frettolosamante, con indifferenza, da Dante, in canto 23, in relazione il la informa. si al tema del digiuno di un verso nome Maria, citata del Purgatorio, nel e della fame, tra le anime che espiano peccato della gola: Io dicea tra la me stesso pensando: 'Ecco gente che perde Ierusalemme, quando Maria nel figlio die di becco!'. (28-30) Ci troviamo di fronte ad un esempio di quel procedimento che Beryl Smalley ha individuato essere un regolare strumento di esegesi biblica, praticato anche da De bello judaico di Giuseppe Flavio Dante nella Monarchia: la 1 tecnica dell '"episodio parallelo". Amilcare Iannucci riconosce che questa tecnica, secondo cui "due episodi del a vicenda a causa di precisi richiami interni stabiliti costantemente da Dante nella Commedia, ed è di agire come commentatore La citazione donna della il Gerusalemme {Forma 92). Commedia. Lo stesso Dante, non aggiunge alcun giudizio figlio, illuminano Purgatorio 23 per lungo tempo in questa madre, che "nel figlio die di becco", ossia che impresse nel corpo del si segno della volontà del poeta e critico di sé stesso di poema dal poeta stesso", è adoperata è passata pressoché inosservata fra gli studiosi della di 63 di valore o i propri denti commento ed il discorso è chiuso. Si passa infatti all'incontro del poeta con Forese Donati che occupa il resto del canto. Ma questa occorrenza antropofagica, che non può non richiamare alla mente il canto di Ugolino, a ben guardare non è l'unico parallelismo che accomuna Inferno 33 e Purgatorio 23: entrambi della fame e di i è il canto dell'odio e dell'inimicizia perenne, superamento dell'odio tra Forese Donati sono canti un digiuno mortale; uno e infatti improntati sul tema canto dei traditori della patria, il Purgatorio 23, mostra il l'altro, concittadino Dante, in un canto il il tema centrale è stato solo recentemente riconosciuto come "politico" (Sebastio). E, da non trascurare, in entrambi canti la pena e le sofferenze dei penitenti vengono anatomicamente relegate ad una sola parte del corpo, la testa. Basterebbero queste indicazioni per incoraggiare un'analisi su un rapporto di cui i natura esegetica fra il canto di Ugolino e Purgatorio 23. Ma è soprattutto la lettura della fonte da cui l'episodio della Maria ebraica è un dramma umano di tale intensità che la natura morale e Dante non poteva ignorare dietro un atteggiamento apparentemente distaccato ed ermetico. I tre versi citati in Purgatorio 23, pertanto, possono tratto, a rivelare cristiana di un essenziale punto di partenza per la nostra indagine, come una spia lasciata da Dante durante il suo cammino nella Commedia per rinviarci, allusivamente, al canto di Ugolino. Guardiamo dunque l'episodio della Maria ebraica: 3 essere considerati perché funzionano Mulier quaedam ex numero trans Jordanem habitantium incolarum, Maria nomine, Eleazari filia de vico Vetezobra, Hierosolymam recepta, ... genere ac divitiis nobilis, cum caeteris obsidebatur. proptereaque saepissime raptoribus maledicens, cum neque irritabat: quidem parando aliis famesque visceribus Igitur vi filio, ... et cum alia multitudine refugiens in Graviter autem mulier indignabatur: imprecans, eos contra se vehementius neque miserans earn quisquam vellet interficere. Sed victum parabat: undique autem adempta jam erat ei etiam rapiendi facultas, iratus, et medullis irrepserat. Plus vero quam fames iracundia succendebat. animi de necessitate impulsa, rebus adversis contra naturam excitatur: raptoque quem servavero? lactantem habebat: Miserum Apud Romanos etiam si te, ait infans, in bello et vixeris, serviturus es: fame et seditione cui te fames autem praevenit servitutem: his vero seditiosi saeviores sunt. Esto igitur mihi cibus, et seditiosis furia, et humanae vitae fabula, quae sola deest calamitatibus Judaeorum. Et hoc simul dicens, Rossana Fenu Barbera 164 occidit filium, coctumque medium comedit, adopertum vero reliquum aderant seditiosi, et contaminatissimi nidons odore capti, parasset, ostenderet, minabantur. Illa vero bonam partem mortem servavit. Ecce autem ei statim, nisi quod se reservasse respondens, aperit reliquias. Illos autem confestim horror cepit atque dementia, visuque ipso diriguerunt. At mulier: Et hic, inquit, est vere filius et facinus meum. Comedite: nam et ego comedi. Judaeis pacem obtulisset, eisque [...] Caesar autem super hoc Deum placabat: siquidem liberam proposuisset omnium oblivionem, quae commiserant. Illos autem pro concordia filli seditionem, bellum pro pace, pro satietate atque opulentia manibus templum, quod esse dignissimos. famem optasse: Verumtamen et qui propriis hujusmodi alimentis eos ipse eis servasset, incendere coeperant, scelus hujus nefandi victus ruina sese patriae operturum, neque relicturum in orbe terrae, ut sol inspiciat civitatem, in qua matres sic vescerentur. Ante matres autem patribus hujusmodi alimenta deberi: qui nec post ejusmodi clades arma deponerent. {De bello 6.3.4-5) (Fra gli abitanti della regione al di là del Giordano Bethezuba, resto della popolazione era rifugiata in si ... vi era una donna di nome Maria, figlia ragguardevole per nascita e ncchezza che col di Eleazar, del villaggio di Gerusalemme rimanendovi assediata. ... La donna era in preda a un tremendo furore e con gli insulti e le maledizioni che continuamente scagliava contro saccheggiatori cercava di aizzarli contro di sé. Nessuno però si i decideva a ucciderla, né per odio né per pietà, e lei era stanca di procurare ad che da nessuna parte era ormai possibile trovare mentre viscere e nelle midolla, e ancor più della insieme Afferrò fame alla spinta dell'ira e della necessità e si il bambino lattante che aveva seco e fino al loro arrivo, per me, per i ancora mancava fra le tante fame, alla rivolu- pure riusciremo a vivere finire schiavi; per l'umanità ... E allora, sii tu cibo la tua storia sia sventure dei giudei". Così disse e, ucciso il quell'unica che figlio, lo cuocere; una metà ne mangiò, mentre l'altra la conse-.-vò in un luogo nascosto. arrivarono i all'istante se cibo queste parole: "Povero figlioletto, alla guerra, alla la schiavitù, se ma la fame ci consumerà prima di ribelli furia vendicatrice, e il consumava il furore. Allora cedette abbandonò ad un atto contro la natura. mezzo zione? Dai romani non possiamo attenderci che altri serpeggiava nelle le la gli rivolse a quale sorte dovrei cercare di preservarti in fame la mise a Ben presto banditi e fiutando quell'odore esecrando, la minacciarono di ucciderla non avesse mostrato ciò che aveva preparato. Ella rispose di averne conresti del bambino: un improvviso servata una bella porzione anche per loro e presentò i brivido percorse quegli uomini paralizzandoli, ed essi restarono impietriti a una tal vista. mio bambino" disse la donna "e opera mia è questa. Mangiatene, perchè anch'io ne ho mangiato...." ... Anche di quest'infamia Cesare si protestò innocente "Questo è dinanzi oltre il al dio, che il dichiarando che da parte sua erano state offerte perdono per tutte le colpe commesse; ma ai giudei pace e autonomia poiché essi avevano preferito la fame all'abbondanza e al benessere e con le proprie mani avevano cominciato a incendiare il tempio che romani s'erano sforzati di conservare per loro, ormai erano ben degni anche di un simile cibo. Egli avrebbe avuto ribellione all'accordo, la guerra alla pace, la i le macerie della una città in cui le cura di seppellire l'empio misfatto della madre divoratrice del figlio sotto sua patria, senza permettere che sulla faccia della terra madri prendevano dopo tanti orrori tale cibo. Ma, più che alle restavano ancora in armi il sole vedesse madri, quei pasti si addicevano ai padri, che ...). L'episodio è ricordato dallo storico ebraico Giuseppe Flavio nel sesto dei suoi sette libri del De bello judaico. Scritti in greco intorno al 70 d.C. i libri circolavano De bello judaico di Giuseppe Flavio V in traduzione latina fin dal secolo. Giuseppe Flavio nella traduzione nome derivato dal di 4 latina Dante potrebbe aver che porta nome il ampliamento delle vicende) dell'opera completa. conoscenza ludaicum di Rufino d' Aquileia, porta la corretta divisione in sette di almeno due di essi, il V e il inferto da Tito e Vespasiano a vicenda della donna libri (in libri. alcuni casi è che l'avrebbe Dante dimostra latina del fatta nel di un che Bellum IV secolo e che conoscere contenuto il VI, che riguardano l'assedio degli anni 66-67, Gerusalemme, e che culminano appunto con la prigioniera per molti giorni nel suo castello dove una follia omicida a causa della fame la spinge a cibarsi della carne del proprio La presenza di un caso storicamente attestato all'interno di (titolo Si è più propensi a credere Dante derivi dalla più accurata versione attribuita a letto l'opera di Hegesippus di Giuseppe), del VI-VIII secolo; questa, tuttavia non è una vera e propria traduzione, bensì una riduzione in cinque la 165 un canto purgatoriale in cui un digiuno rigoroso, quasi mortale, i di antropofagia, figlio. menzionata penitenti sono condannati a soffrire fa riflettere. L'episodio non è stato, invece, mai considerato con l'importanza dovuta. Nella secolare tradizione critica del canto di Ugolino si trovano sporadici accenni, infatti, alla possibilità che la presunta tecnofagia implicita nel verso 75 del canto 33 de\V Inferno possa essere giustificata in riferimento a quel passo del De bello judaico, che Dante cita in Purgatorio 23 (Carmignani 31). ipotesi critiche a cui del mi riferisco, del D'Ovidio restano però 5 Le Carmignani per primo, del Pietrobono, sulla soglia dell'opera di Giuseppe Flavio: il progetto dell'Ugolino letterario era considerato indipendente nella mente di Dante dall'episodio di Giuseppe malgrado certe analogie tematiche. Ugolino andavano e della sua vicenda infatti ricercate E le fonti di anche secondo questi studiosi in tutta quella tradizione letteraria e mitologica che va da Ovidio, a Seneca, a Stazio. In anni recenti Carolynn allusive fra l'episodio della Ma la studiosa è madre di Lund Meade Giuseppe Flavio e intuisce le relazioni il canto di Ugolino. soprattutto interessata a perseguire l'interpretazione di alcuni passi della Bibbia che costituiscono il sottotesto indispensabile per unire le esperienze antitetiche di Ugolino e di Forese Donati. Così ancora una volta l'opera di Giuseppe Flavio resta inesplorata. Vorrei far osservare, invece, le numerose analogie esistenti fra Giuseppe Flavio e At mulier: Et {De bello (Questo è il il passo di canto 33 óq\V Inferno nelle seguenti occasioni: hic,inquit, est vere filius et facinus meum. Comedite: nam et ego comedi. 6.3.4) il mio bambino, disse la donna, e opera mia è questa. Mangiatene, perché anch'io ne ho mangiato). Con una sostituzione della figura da materna in paterna e un ribaltamento dell'immagine del figlio che da oggetto diventa soggetto e da immolare, in Inferno 33 si legge: si offre come vittima Rossana Fenu Barbera 166 "Padre, assai ci se tu mangi di noi: tu men fia ne doglia, vestisti queste misere carni, e tu le spoglia". (61-63) Possiamo notare che, nel caso della madre così come in quello del padre, parole sono pronunciate con il tono liturgico del sacrificio eucaristico, le ma in un comune abominevole travisamento del dare e del togliere insieme la vita. Ancora (in si veda, presente in tutte e due le vicende, la volontà dei protagonisti Inferno lo vediamo negli antefatti all'episodio di Ugolino, nel canto 32) di tramandare ai posteri Esto igitur mihi cibus, Sii tu cibo per me, per "O il proprio tragico destino: et seditiosis furia, et i tu che mostri per sì odio sovra colui che tu mondo bestiai ti vitae fabula... per l'umanità {De bello 6.3.4) la tua storia sia...) segno mangi, siete e la sua pecca, sappiendo chi voi nel humanae ribelli furia vendicatrice, e suso ancora io te ne cangi, (7/7/32.133-38) Ma se le mie parole esser dien seme che frutti infamia al traditor {Inf. La vista del ch'io rodo. 33.7-8) bambino morto mezzo divorato dalla madre terrorizza i combat- tenti lasciandoli "impietriti": Illos autem confestim horror cepit atque dementia, visuque ipso diriguerunt. {De bello 6.3.4) (un improvviso brivido percorse quegli uomini paralizzandoli, ed essi restarono impietriti a una tal vista). Un analogo terrore coglie Ugolino alla vista dei figli che portano i segni della morte dipinti nel viso: ond' io guardai nel viso a' mie' figliuoi sanza far motto. Io non piangea, sì dentro impetrai. (47-49) L'invettiva di sapore morale che Dante lancia contro la città di Pisa "vituperio De bello judaico di Giuseppe Flavio 1 67 metonimicamente dell'uccisione dei figli innocenti di non meno violenta evocazione apocalittica di Cesare alla delle genti", responsabile Ugolino, ricorda la ci donna notizia dell'episodio di antropofagia della seppellimento totale della Verumtamen ebraica, in cui promette un scelus hujus nefandi victus ruina sese patria operturum, neque relicturum in orbe terrae, ut sol inspiciat civitatem, in qua matres sic vescerentur... (Egli avrebbe avuto cura di seppellire l'empio misfatto della sotto le macerie della sua patria senza permettere vedesse una si Gerusalemme: città di città in cui le Ahi madri prendevano Pisa, vituperio poi che la Capraia e e faccian siepe sì {De bello che sulla faccia della cibo 6.3.5) divoratrice del figlio terra il sole ...). le genti vicini a te punir son lenti, i muovasi de tale madre Gorgona, la ad Arno ch'elli annieghi in te in su (Inf. E si il racconto di Ugolino, e quella la foce, ogne persona! 33.79-84) osservi la somiglianza delle due locuzioni: quella del verso 75 che conclude di Giuseppe Flavio (6.3.4) che spiega le cause del folle gesto della donna: poscia, più che Plus vero Abbiamo '1 dolor, potè '1 digiuno. quam fames iracundia succendebat. qui due affermazioni caratterizzate dalla stessa brevità sintattica, che esprimono il senso di una causalità sintatticamente formulata in forma comparativa; nel caso della madre "più della fame nel caso del padre "più che inverte l'ordine dei fattori, "dolore", si ma il dolor, potè '1 i fumi dell'ira prodotto non cambia: '1 la consumava il furore", digiuno": nel verso di Dante si sono attenuati da un più solenne le leggi del digiuno e quelle della fame equivalgono, che sia l'atto di antropofagia apertamente dichiarato, o am- biguamente insinuato. Ci si potrebbe anche chiedere, a questo punto, se l'ambiguità, da sempre accordata dalla critica a questo verso, corrisponda ad analoghe intenzioni da parte di Dante perché il termine "digiuno", nel suo uso aulico antico, stava a significare anche "brama, desiderio intenso" e impiega il con questo "digiuno" nel canto 15 del Paradiso: 6 il significato Dante quale significato, se così fosse inteso anche nel canto 33 deWInferno, conferirebbe all'ultima frase di Ugolino il senso di una dichiarata intenzione antropofagica. Spiegherebbe cioè che negli ultimi giorni di vita di sopravvento sul dolore per Ugolino la il desiderio intenso di mangiare ebbe fame, o sul dolore per la morte dei il figli, Rossana Fenu Barbera 168 o peggio, sul dolore provato dal padre nell'atto stesso di cibarsi delle loro carni: "poscia, più che Si a '1 dolor, potè deve osservare che conferma di quel procedimento tecnico proprio a caratterizzare ardentemente desiderio". ...il digiuno, insieme il la di al dolore, ricompaiono, tra l'altro, autoesegesi del "passo parallelo", pena dei golosi, coloro che in vita hanno desiderato cibo, in Purgatorio 23: il Tutta esta gente che piangendo canta per seguitar in fame e la gola oltra misura, 'n sete qui santa. si rifa (64-66) Non deve dimenticare che questo è si il canto in cui Dante cita Giuseppe Flavio, come e "tutta esta gente" qui incontrata dal poeta, imposizione memoria, di immagini, vicenda antropofagica della donna ebraica: in cui si inserisce la Io dicea fra la per effetto di una sovra- ricalca perfettamente sull'altra gente, quella della si me stesso pensando: 'Ecco gente che perde Ierusalemme, quando Maria nel figlio die di becco! '. (Purg. 23.28-30) Il tema della degenerazione morale che la fame può scatenare, sembrerebbe costruito da Dante effettivamente su un'opposizione padre/madre, sulla base di un usurpamento di materiali, perchè il dramma antropofagico viene trasferito in Inferno 33 nella figura paterna, mentre alla figura della madre, reale protagonista di questo dramma, viene attribuita una funzione oscuramente responsiva. Che abbiano contribuito inversione, nella mente di Dante, le minima ed esclusivamente, alla realizzazione di questa parole pronunciate da Cesare nel De bello judaico "Ante matres autem patribus hujusmodi alimenta deberi" ("Ma più che alle madri quei pasti della vicenda di Nel riferire collera e lo si addicevano ai padri"), poste a questa frase pronunciata da Cesare, Giuseppe Flavio sottolinea sdegno verso coloro che sono gnoso episodio accaduto a Gerusalemme ribelli ebrei, tivi, e che pertanto non evitano di la veri responsabili del vergo- i ossia, dal provocare orrori tutta l'opera di Flavio, a canto di Ugolino, è infatti fazioni ebraiche che si punto di vista dei romani, i Il vero grande motivo di ulteriori analogie con il ribellarono contro l'Impero, per cui Tito e Vespasiano Gerusalemme 7 Giuseppe Flavio verso fatto prigioniero dei simili. conferma quello del tradimento politico: tradimento delle e la distrussero al termine di ed estenuante; tradimenti interni di ritenuti colpevoli di essere traditori dell'Impero, irriducibilmente combat- che aleggia su attaccarono commento conclusivo Maria? il ai suo popolo: Flavio Romani ma una guerra sanguinosa gruppi della resistenza. infatti Ed anche tradimento durante questa guerra fu poi divenne fautore e cordiale collaboratore De bello judaico di Giuseppe Flavio del nemico. Tradimento, infine, del dio stesso che, nell'ottica di Flavio, aveva abbandonato popolo ebraico, per punire, con il salemme, l'empietà degli uomini della loro intento, il non Giuseppe la disfatta di Geru- resistenza. Costoro, infatti, per realizzare erano astenuti dalle più si 69 1 orribili atrocità, calpestando ogni umana e divina: "Questo era ritenuto da Giuseppe il vero tradimento che, privando Gerusalemme dell'aiuto divino, l'aveva condannata alla distruzione" legge (Vitucci xx). I legami poco, Dante si fra De il bello judaico e il si astiene, con cautela, dal trattare in virtù di petenze professionali che distinguono Che per l'effetto de' suo' fidandomi di lui, io fossi e poscia morto, dir non il fra mai andare ai fatti noti pietà da Ruggeri a morire di ... come la com- di pensieri, è mestieri. 33.16-18) dunque quella che "dir non è mestieri"; fondo dei sentimenti al una demarcazione poeta dallo storico: scelta di Dante, di fronte alla narrazione è rinuncia alla storia, di come vedremo preso (Inf. La canto di Ugolino, rafforzano ulteriormente in relazione proprio a quei "fatti storici" che di un Ugolino fame con figli i il del poeta che poeta sceglie in cattività, infatti condannato senza innocenti: morte mia fu cruda, udirai, e saprai s'è' m'ha offeso. (20-21) Anche Flavio poco prima di iniziare a descrivere, nel spesso mortali, causate dalla fame a cui fu ridotta Gerusalemme, ricorda a l'assedio di essere uno al libro, le sofferenze popolazione durante competenze, ossia se stesso le proprie storico e che, in quanto tale, deve, esattamente V la non può indulgere contrario di Dante, esporre i sui sentimenti di ma fatti: Sed enim reprimenda sunt, quae dolent, lege scribendi: quando non domestici luctus, sed exponendarum rerum hoc tempus est. Prosequar autem seditionis facinora caetera. {De bello 5.1 .3) (Ma lo storico deve, fra l'altro raffrenare momento i 1 di compiangere la patria, i non è questo il Narrerò quindi propri sentimenti, perché ma di esporre i fatti. successivi sviluppi della guerra civile). fatti a cui Giuseppe fomentata da dilaniavano I fatti tre sette si riferisce nel giudaiche che la città all'interno V si libro sono quelli erano formate a anche più degli assalti che Dante invece non racconta sono quelli una guerra civile Gerusalemme e che di romani dall'esterno. quando si dopo varie relativi al 1288, delineò, in Toscana, una triplice divisione politica che sarà poi, Rossana Fenu Barbera 170 alleanze dei capi e tradimenti, determinante per la vita di Ugolino: Negli anni di Cristo 1288, del mese di Luglio, essendo creata in Pisa grande divisione e per cagione della signoria, sette Giovanni Visconti] dell'una era capo ... il giudice Nino Gallura de Visconti con certi guelfi, e l'altro era di il l'altro era l'arcivescovo Gherardeschi coll'altra parte de' guelfi, e [scil. nipote di conte Ugolino de Ruggieri degli Ubaldini... (Villani 204) Nel De bello judaico, un certo Giovanni di Giscala, insieme a Simone, figlio di 8 Ghiora, e a Mattia, discendente di una stimata famiglia di sacerdoti, avevano formato una sorta attacchi romani. di triplice alleanza per difendere che, mettendo in atto una serie di inganni, determinarono lo sfaldamento dell'alleanza e a morte Mattia Vediamo il la città di Gerusalemme dagli Ma la sete di potere di Simone, insieme alla malvagità di Giovanni dopo che aveva ordinato la decisione di Gerusalemme questi aveva consegnato passo del capitolo 13 del quinto di tradire la città, Simone di condannare nelle sue mani. libro: Denique Simon Matthiam, per quem obtinuerat civitatem, excruciatum peremit. ... postquam obtinuit civitatem, inimicum eum aeque atque alios esse dicebat, qui pro se consilium dederat, velut hoc simplicitate suasisset: productumque eum et accusatum, quod cum Romanis sentiret, morte damnavit, ne purgationis quidem Ingressus autem ei ille, cum tribus facultate concessa, autem se occidi, quam filiis suis, quartus enim adTitum ante profugerat. Prius ilia, quod civitatem ei novissimum jussit interrici. Ille conspectu suo filios jugulatur, coram Romanis productus... {De obsecrantem, atque hanc pro filios aperuisset, gratiam postulantem, ut augeret ejus dolorem, quidem super caesos in bello 5.13.1). (Simone non nelle [scil: lo mani lasciò morire senza supplizi la città. ... Mattia] nemico, pari agli aveva nemmeno quando [Simone] mise piede i anche se aveva perorato altri, fatto per stolta ingenuità. l'accusa di parteggiare per stato condotto in i nella città, il aveva consegnato considerò al suo cospetto e con dei figli, chiedendogli questa grazia in figli, Simone che erano già lo fece i il uccidere per ultimo. stati trucidati un luogo dove romani potevano sotto i fra i due uomini, il particolare il questi l'aveva aiutato ad entrare coinvolgimento del popolo chiamato ad inveire contro traditore della patria e soprattutto suoi occhi e vederlo...). complotto antecedente Simone verso Mattia dopo che condanna a morte lo sua causa, giudicando che lo suoi Certi dettagli di questo brano, voltafaccia di la Così allora se lo fece trascinare fatto aprire le porte della città, Così egli fu ammazzato sopra dopo essere gli ne fece padrone, condannò a morte, senza permettergli di difendersi, quarto aveva fatto in tempo a rifugiarsi presso Tito. E romani insieme con tre figli, perché il quando Mattia lo supplicò di ucciderlo prima ricompensa di avergli Mattia che in città e se numerico dei quattro risulta tanto più crudele, "ut augeret ejus il presunto figli, la cui dolorem", perché deliberatamente, viene fatta eseguire prima di quella paterna, non possono non ricordarci le sorti del Conte Ugolino che nella sua realtà storica: sia nell'interpretazione della Commedia De bello judaico di Giuseppe Flavio conte Ugolino, e subitamente a furor di popolo ...l'arcivescovo ordinò di tradire il assalire e combattere al palagio, facendo intendere rendute 1 al il 7 fece popolo ch'egli avea tradito Pisa, e Lucchesi; e sanza alcuno riparo rivoltosi le loro castella a' Fiorentini e a' il popolo addosso, fu preso, e nel detto assalto fu morto un suo figliuolo bastardo e uno suo nipote, e preso E il conte Ugolino, e due suoi figliuoli, e deve rilevare che Giuseppe Flavio, riferendosi Si morte cui di Mattia, figli i commento crudeltà per di tipo politico al 9 passo della condanna a De bello judaico dopo quello di secondo episodio del innocenti pagano per misergli in prigione... tre nipoti... e così fu lo ingiusto traditore dal traditore tradito. (Villani 204-7) Maria, in colpe dei padri, mette da parte qualsiasi le farsi giudice, da un punto di vista etico, della umana. Da analoghe intenzioni è mosso punito nel fondo dell' Inferno, fra ampiamente il traditori della patria: i come ma, come discorso di Ugolino, che rilevato dalla critica, in tutta la narrazione il non tanto su ma su di un'idea tutta cristiana dell'immagine paterna, che nel suo caso è e sacrale della rispettabilità brutalmente violata: a Ugolino, che tralascia unicamente denunciare "come la le è è stato personaggio tende alla propria rivalutazione dall'accusa di tradimento, facendo leva, un'eventuale infondatezza delle accuse mossegli, si sa, rivendicazioni politiche, morte mia fu cruda", la crudeltà stata preme a cui fu sottoposto dal suo nemico, derivante dal dolore di non poter far fronte alle sofferenze dei che, ci dice, moriranno prima di figli, dopo sette giorni modo in cui Dante altera impotenza, uno dopo È emblematico di il l'altro, i Ugolino relativamente di lui, di fronte alla sua digiuno e lunghe sofferenze. particolari della vicenda storica alla presenza, nella prigione, dei due figli, Gaddo e Uguccione, e dei due nipoti, Nino e Anselmuccio. Nel canto 33, ad una cura estrema per i particolari temporali corrisponde infatti una netta imprecisione scompaiono dei dettagli anagrafici che vengono chiamati figli e condizione di prigionia, padre il numero nella narrazione, dove i due nipoti dei figli, da due che erano nella reale raddoppia, diventando Ugolino indistintamente si il di tutti e quattro: ond' io guardai nel viso a' mie' figliuoi sanza far motto. piangevan disse: elli; e Anselmuccio mio "Tu guardi sì, padre! che hai?". (47-51) Una giustificazione a questa modifica della realtà potrebbe trovare origine nel passo di Mattia citato precedentemente. Qui Giuseppe Flavio ha potuto quasi constatare quanto venga aggravato l'esecuzione capitale dei "Ille figli il sopra dolore di un padre che è costretto a vedere i corpi dei quali verrà infine fatto morire: quidem super caesos in conspecru suo filios jugulatur". E, in particolare, di Rossana Fenu Barbera 172 tre figli, dato che quarto se n'era ruggito da Tito il enim ad Titum ante profugerat" {De bello anche in Inferno 33, verso la "cum tribus 5.13.1). Ma filiis suis, quartus non sembra presente conclusione del racconto di Ugolino, all'interno di quella sequenza di decessi che pare avvengano più in contemporaneità che a distanza l'uno dall'altro, l'intenzione di Dante di ridurre apparentemente a tre numero di quella perdita lacerante, attraverso puntiglio quasi manieristico, di addizioni e di sottrazioni, di figli e di giorni? non sono anche gli ultimi istanti di vita di "sovra ciascuno ... il un'operazione elaborata con Ugolino spesi sopra il corpo dei 10 E figli, poi che fur morti"? Poscia che Gaddo mi fummo si al quarto di venuti, gittò disteso a' piedi, dicendo: "Padre mio, che non m'aiuti ?". Quivi morì; e vid'io cascar tra '1 come li tre quinto di e tu mi vedi, ad uno ad uno '1 sesto; ond'io mi diedi, già cieco, a brancolar sovra ciascuno, e due di li chiamai, poi che fur morti. (67-74) Vorrei fare un ulteriore confronto fra la sequenza narrativa prescelta per de- fame scrivere Ugolino, esasperato dalla "cascar" morti, con un altro passo del pagine l'episodio di Mattia. della guerra, ricorda le dalla fame e dalle sofferenza De Qui Giuseppe Flavio, che immagini di coloro che furono e la reazione di chi invece dopo aver visto i figli poche bello judaico, che precede di assistette alle i prime fasi primi a cadere stremati sopravviveva e vedeva morire davanti a sé parenti o conoscenti: Siccis oculis, et corruptis oribus, qui tardius morerentur, eos qui ante se requiescerent, tuebantur. (De bello 5.12.3) (Quelli che stentavano a morire li guardavano con gli occhi asciutti e le bocche contorte chi aveva preceduti nell'ultimo riposo) In Dante come in Flavio si adopera la successione del guardare, del cadere delle prime vittime, e degli occhi, che sono "ciechi"; per arrivare infine al testo di in Flavio "asciutti", inariditi e in Dante particolare di quella bocca "corrotta" presente nel Flavio che potrebbe aver ulteriormente contribuito a rinforzare nell'immaginazione di Dante una sorta civiltà cristiana proiettandola in di corruzione dei più arcaici valori della Ugolino, assillato dalla fame e forse dalla rassegnazione. Se il tradimento di Simone verso Mattia è un esempio rivoluzionario della guerra narrata da Giuseppe, pagine più intense del il De bello judaico, sta comunque fame causata dall'assedio che del folle fanatismo cuore dell'opera, ossia le in quelle descrizioni della le legioni di Tito infersero alla città di Gerusa- De lemme, bello judaico di Giuseppe Flavio 1 e alla disfatta dell'ultimo baluardo di difesa, la Torre Antonia che sarà giorni, una coincidenza temporale e spaziale che debellata in sette 73 può si ri- trovare nel canto 33, nell'ultima settimana di vita dei prigionieri pisani rinchiusi dentro la Torre della fame. Nell'opera di Giuseppe, sofferta durante l'assedio era tale che fame nell'aria e tratteneva ... neque luctus, in (De bello 5.12.3) (Fra tanti lutti non Non mortificazione degli abitanti della città per la la illis si il un dignitoso silenzio imperava pianto, per rispetto ai sentimenti di ognuno: calamitatibus, neque fletus erat, sed fame superabantur levava un lamento o un gemito: la fame cancellava i affectus. sentimenti). diversamente Dante crea l'atmosfera all'interno della prigione, quando patimenti per la fame non corrispondono più speranze Iononpiangea ai di salvezza: ... Perciò non lagrimai né nspuos'io tutto quel giorno lo di e l'altro né la notte stemmo tutti appresso, muti. (49-65) Durante l'assedio di Gerusalemme tale che molti ebrei tentavano la la disperazione che fuga con le mogli e con Ma i la una volta presi dai nemici, tormentati crocefissi nel cospetto di coloro che erano sulle mura: cerca di cibo. ... post pugnam itaque verberati, et ante fame provocava era figli fuori in tutti dalle i mortem modis omnibus excruciati, (De bello 5.11.1) (Cosi venivano flagellati e, dopo aver subito ogni mura in modi, erano contra murum cruci suffigebantur. sorta di supplizi prima di morire, erano crocefissi di fronte alle mura). Nel canto 33 l'idea della crocifissione appare due volte in relazione al supplizio sofferto dagli innocenti: una volta per analogia, nell'invocazione d'aiuto di Gaddo che ripete le ultime parole di Cristo crocefisso "Padre mio, che non mi aiuti", e un'altra volta metaforicamente nell'invettiva contro Pisa: Che se '1 conte Ugolino aveva voce de d'aver tradita te non dovei figliuoi porre a tal croce. tu i le castella, (85-87) Per quanto riguarda l'ideazione della figurazione plastica in cui sono immortalati Ugolino " '1 sovran" e Ruggieri sotto di lui "...io vidi due ghiacciati Rossana Fenu Barbera 174 in una buca, manduca, la nuca" / / sì cosi {Inf. che l'un capo a '1 sovran li là 've / aveva il '1 pan per fame una lotta. In si nemico "sopra si cervel s'aggiugne con '1 32.125-29), vorrei rimandare ad alcune metafore presenti nel bello judaico che Giuseppe Flavio adopera per definire nemici in come l'altro era cappello; / e denti a l'altro pose una disparità De di forze fra definisce Giovanni, "inferiore" per la posizione, che la testa": Joannes autem quanto superior erat virorum multitudine, tanto loco superabatur: hostesque habens a vertice, neque sine metu conabatur incursus, {De bello et prae iracundia cessare non poterat. 5.1.1) (Giovanni invece, quanto era a loro superiore per numero per la posizione, e avendo Nell'altra si dice che i nemici sopra di non poteva la testa uomini, tanto era inferiore attaccare...). parenti degli uccisi stavano tutto i il giorno "sopra" i loro nemici a molestarli: imminere autem illis ait interfectorum amicos atque cognatos... {De bello 4.3.14) (Su di loro volevano trarre vendetta Si osservi, infine, il ritratto finale di Quand'ebbe detto riprese gli ciò, amici e parenti degli uccisi...) i Ugolino a conclusione del proprio racconto: con gli occhi torti M teschio misero co'denti, che furo a l'osso, come d'un can, forti. (76-78) Il "bestiai segno" che spinge Ugolino ad affondare nemico vanta certamente antenati all'apparire dei dannati in Inferno 32, ossia in particolare Tideo che rode dimostra l'esistenza classica "bestiai come ad di premura di citare di Stazio, si si è sostenuto l'esempio della scrittura di Giuseppe Flavio un immaginario comune nell'antichità esteso alla campi, diversi da quello della poesia; altri segno" a cui denti nella carne del suo tempie a Menalippo. Ma, come le in apertura di queste pagine, i i che Dante personaggi della Tebaide classici gli uomini possono ridursi, non la cultura tematica del è esclusivamente presente nella lezione dei classici: ... hanc autem non erraverit quisquam, dicens seditionem veluti rabida fera, extemorum (...non sbaglierebbe chi dicesse quando non ha E altro in seditione esse factam, ac penuria, in sua viscera saevire solet. che la nuova da divorare, finisce per rivolta ... fu {De bello 5.1.1) come una belva infuriata che, infierire contro le proprie carni). ancora: Ipsos autem spes egestate victus hiantes, veluti canes rabidos decipiebat: dentibus nécessitas subigebat. {De bello 6.3.3) ... omniaque De (Sbadigliando per bello judaico di fame, essi la si necessità spingeva a mettere sotto In o un celebre saggio meno di i Giuseppe Flavio aggiravano barcollando come cani rabbiosi dal titolo Arte allusiva del lettore che si ricordi 1 95 1 a proposito della necessità tratti distintivi non ci si possa più obiettivamente affidare richiami un solo testo, come unica fonte; poeta può desider- si l'effetto voluto se riferiscono" (275). con più convinzione al fatto fare questo le fonti si poema sia uno è propensi a credere che la densità allusiva nel su cui tutta l'opera è improntata e profondo del servizio dialogico che We sta rafforzando si Commedia, che "il "non producono chiaramente del testo cui qualche anno a questa parte, l'idea, fra gli studiosi della dei La indagare sulle fonti di un opera letteraria, Pasquali suggeriva di dis- are che sfuggano al pubblico" e allusioni che Da ... 75 denti qualunque cosa). tinguere fra reminiscenze inconsapevoli, imitazioni, che non su un 1 che una data allusione comprometterebbe il senso permettono a Dante: have broadened the meaning of the term "allusion" to include a wide spectrum of intra- and intertexual phenomena. The "poetry of allusion"... extends from tation of a predecessor text to dialectical" explicit quo- and "synecdochical" cross-references, oblique echoes, and even "screened" or suppressed allusions. This broadened concept of allusion is necessitated interpretative by the range of practices found within the Commedia and by the variety of and ideological functions served by such practices. (Jacoffand Schnapp 2) L'ambiguità di Inferno 33, la come ha sostenuto Jorge Louis Borges, per il quale vera essenza del canto è tutta nel dire e non dire, ora suggerire ora tacere un eventuale conclusione antropofagica, è senza dubbio una componente che è stata Ci si fortemente avvertita per lungo tempo nell'atmosfera cupa di questo canto. chiede a questo punto se sia possibile che alcune delle ombre avvisate finora dai critici siano dovute in parte alla mancanza di una esatta interpre- tazione dei rimandi allusivi. Si spera pertanto, con l'appoggio dei suggerimenti di Pasquali e di Jacoff e testuali fra Schnapp, che i richiami allusivi intertestuali ed extra- Purgatorio 33, Inferno 33 e il De bello Giudaico fin qui esposti portino a riflettere ulteriormente su quale sia "l'effetto voluto" da Dante con la costruzione del mito di Ugolino, dove non solo si sovrappongono, Una ma anche gli considerazione ci si esempi che i mentire nei confronti dell'Ugolino storico, dal qualcun personaggio è altro e altrove, concesso il non non solo i passi biblici tramanda. sente di fare con più sicurezza, a giustificazione dell'ambiguità in Inferno 33: ossia che Dante far credere del suo classici, la storia al sì come poeta è consapevole di momento che quanto vorrebbe accaduto ed anche storicamente, Conte della Gherardesca. Tuttavia ai ma a poeti è beneficio di mentire, impunemente, in base alle note distinzioni fra vero, richiesto alla Storia e verosimile, richiesto all'arte: così, grazie a questo beneficio, Dante ottiene due risultati: impegni poetici presi, il primo è quello di restare fedele agli rendendo fama e immortalità a Ugolino, traditore e 1 Rossana Fenu Barbera 76 come infamia a Ruggeri, tradito, e dai patti stabiliti col peccatore pisano; secondo è quello ottenuto da Dante uomo, fiorentino si una poesia della Commedia, con rivincita, grazie alla anea, da cui, a sua volta, si in esilio, il che può prender- la storia contempor- era sentito tradito, ricreandone una, che supera per notorietà quella originale. The Johns Hopkins University NOTE * Una versione ridotta di questo articolo è stata letta al Graduate Students Colloquium Hispanic and Italian Literatures and Romance Philology, presso nia, in data 8 aprile 1 2 Le parole al al verso 69 di Inf. si rimanda alla bibliografia di De Rooy. successivo aggiornamento bibliografico di Gaddo morente di in French, University of Pennsylva- 1995. Per una visione della vasta produzione critica su questo tema Hollander e la 33 "Padre mio, che non m'aiuti?", si rifanno a quelle di Cristo morente sulla croce: "Eli, Eli, lama sabachthani". Vangelo di Matteo 27.46; Vangelo 3 Da di Marco 15.34; De l'abbreviazione Per (Lat.21). le Ogni citazione bello. della traduzione italiana, 4 Salmo 22 qui in avanti ogni riferimento alla versione latina verrà fatto fra parentesi nel testo con latina sarà accompagnata dai passi corrispondenti Giuseppe Flavio La guerra giudaica. informazioni relative alla diffusione dei codici del De bello judaico veda Vitucci, si xxxv-xxxviii. 5 A proposito della scarsa credibilità con cui queste ipotesi D'Ovidio: "...aveva un bel gridare "unico al mondo" il aveva un [...] circolavano codest'annedoto aveva guazzato era nel suo pieno Dante ne toccò come di un legga il commento del come bell'affermare che ad uno storico indegno di fede Giuseppe Flavio non bisogni menar buono l'annedoto della Maria in si Rosini che quello dei Gherardeschi sarebbe stato un fatto fatto storico. Ed ebrea....: il Carmignani, che giudicando bastare alla sua diritto invero quel tocco, sì crudo e ... cinico, per tesi che sapore il amaramente comico che sembra infondervi l'espressione "dar di becco", dice di per sé, quanto altro mancava che Dante e conosceva la tecnofagia e non tremava di esprimerla, anche energicamente, non che di farvi una mera allusione come sarebbe quella di Ugolino" (81-82). Fra coloro che in anni più recenti hanno dato rilievo alla presenza della Maria ebraica di Giuseppe Flavio nella Commedia ricordo Singleton, che così commenta l'episodio: "In using Erysichthon and tern Lund Meade, 6 Mary as two examples of fearful hunger Dante has followed his familiar patsi vedano anche gli articoli di of alternating classical and non classical incidents" (545); e Stephany. "Grato e lontano digiuno, / volo vestì le ti tratto / leggendo del magno volume solvuto hai, figlio, dentro a questo lume bruno, piume" (49-54). Pasquini / in ch'io ti / du' non parlo, si mercé muta mai bianco né di colei / e Quaglio parafrasano la parola digiuno ch'a con "il l'alto dolce e ormai lungo desiderio (digiuno, s'intenda: di conoscerti)" (3.206). Cfr. anche la voce "digiuno" in Vocabolario della lingua italiana Zingarelli: ardente. Vedi anche in Petrarca "send'io tornato a soler curo"; Cortelazzo-Zolli: "Digiuno: 7 ... "... fig. lett: digiuno di veder lei Brama, desiderio che sola al mondo desiderio (av. 1321, Dante)". Commedia, due volte, in Paradiso 6.92, e in buon Tito" colui che vendicò le ferite di Cristo Vorrei far notare che Tito viene citato nella Purgatorio 21.82, dove Dante definisce "ond'uscì '1 "il sangue per Giuda venduto" (Purg. 21 favore dell'Impero in riferimento all'assedio di prova della conoscenza di Dante dei tema di un guerra giudaica 8 il al Sarà forse irrilevante fatti altro tragico ma è curioso il narrati .84). Questa dichiarata presa Gerusalemme oltre di posizione a ad essere un'ulteriore da Giuseppe Flavio connette le vicende della tradimento storico, quello di Giuda verso Cristo. caso di omonimia con Giovanni Visconti e con uno dei Figli De del 9 bello judaico di Giuseppe Flavio Conte della Gherardesca che si numero a due "... : e dui figliuoli, un capitolo successivo delle in Pisani, i che avieno messo che "How chiede: si standing up? The numero dubbi sollevati per 'fall' De Rooy in risposta a is, I la Villani il dei nipoti imprigionati con smentisce modificando si il Conte Ugolino con dui suoi nepoti (213). presenza del verbo "cascare" da Boitani ('cascare')? Are they after four days of fasting, for his account... is realistically implausi- Boitani sostiene che: believe, an echo The verb cascare in the Dantean il pregione in which Ugolino now claims ad uno ad uno", there sons. i can the other three truth ble..." Boitani (30). tre Istorie, come addrietro facemmo menzione.." 10 Ricordo, a questo proposito, 77 chiamava Matteo. Vorrei far notare l'imprecisione del Villani sull'effettivo Ugolino, perché 1 "...in verse 71 "vid'io cascar li from the description of the death of Thyestes' verse seems somewhat inappropriate the contest of the long and exhausting imprisonment. Certainly, it is used - if not unlikely - in in a methaphorical sense" (75). OPERE CITATE Alighieri, Dante. La Commedia secondo 'Antica Vulgata. Ed. Giorgio Petrocchi. Torino: Einaudi, l 1975. . Purgatory. Trans, and commentary by Charles S. Singleton. Princeton: Princeton UP, 1977. "Two Versions of Tragedy: Ugolino and Hugelyn". The New York: Cambridge UP, 1989. 20-55. Boitani, Piero. Tragic and the Sublime in Medieval Literature. Bontempelli, Massimo. Opere scelte. Milano: Mondadori, 1978. Borges, Jorge Louis. "The False Problem of Ugolino". Critical Essays on Dante. Ed. Giuseppe Mazzotta. Boston: Hall, 1991. 185-88. 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