Quaderni d`italianistica : revue officielle de la Société canadienne

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Quaderni d`italianistica : revue officielle de la Société canadienne
Rossana Fenu Barbera
De bello judaico
Giuseppe Flavio:
di
una nuova fonte per
di Dante*
Commedia
la
Premessa
L'episodio del Conte Ugolino, all'interno del canto 33 dell'Inferno,
di
78 versi (91 se
considerano
si
le
si compone
monologo del
terzine introduttive al
protagonista e l'invettiva finale di Dante contro Pisa), almeno 33 dei quali (quasi
la
metà) risultano derivare da reminiscenze classiche e bibliche
Una visione d'insieme
voce "Ugolino",
alla
Tebaide
di
di Stazio,
di
delle fonti classiche catalogate fino al
dall' Enciclopedia
Dante.
1970
è offerta,
Dantesca, che raccoglie citazioni della
dell'Eneide di Virgilio
e,
in
misura minore, delle Metamorfosi
Ovidio.
Dagli anni '70 ad oggi nuove e numerose fonti sono state riconosciute dagli
studiosi che
appianare
hanno spesso sperato, attraverso
le
analogie con altre opere, di
esegetiche che da secoli
si
attribuiscono a questo canto:
le difficoltà
qui
ci si riferisce
dolor, potè
'1
(Inf.
33.75), suscettibile (o
che pone Ugolino come autore
La
sorto intorno al verso "poscia, più che
al dibattito critico
digiuno"
critica si è trovata
di
un
meno)
il
'1
una interpretazione
atto aberrante di tecnofagia.
impegnata, e divisa, per lungo tempo, nel tentativo
dare di questo verso un'interpretazione chiara e precisa.
se spesso ha sollecitato
di
di
Ma questa aspirazione,
dialogo degli studiosi su questo canto, non
meno
spesso ha determinato reazioni polemiche, a volte vivaci, a volte irriverenti.
Fra
i
primi ad entrare in una disputa letteraria fu Guglielmo Pepe che nel
controbatteva l'ipotesi tecnofagica a cui
non era
ipotesi che tra l'altro
Dante, Jacopo dalla Lana.
così
il
Pietrobono,
il
Viviani,
il
Martini,
1
826
era accostato Giambattista Niccolini,
stata scartata
da uno dei primi commentatori
il
di
Pascoli fu attratto dall'ipotesi del cannibalismo, e
Raya, l'Ammendola. Più numerosi furono coloro che
rifiutavano di credere a
il
Il
si
un tale epilogo
della vicenda di Ugolino,
Bianchi, lo Scartazzini,
il
D'Ovidio,
il
si
come il Venturi,
Grabher,
il
Russo,
per citare solo alcuni nomi rappresentativi della nostra critica letteraria del 700,
dell '800 e della
di Inferno 33:
il
A
prima metà del 900.
aggiungeva una terza che percepiva
il
queste due tendenze opposte se ne
carattere volutamente
ambiguo
nel testo
verso 75 pronunciato da Ugolino venne considerato tanto più
affascinante quanto più "foscamente indeterminato", in
QUADERNI tfitalianistica
Voi.
XVI, No.
2.
"penombra misteriosa",
Autunno 1995
Rossana Fenu Barbera
160
in "forma involuta", fatto di "tenebre e sottointesi", dal De Sanctis, al
Tommaseo, al Dalmata. Ma queste definizioni, soprattutto quelle del De Sanctis,
finirono per suscitare l'irritata reazione di Benedetto Croce: "Che cosa - io
diceva tra
me
sono codesti forse? Indeterminatezze
-
di significato..." (cit. in
Frattini, 24).
Benedetto Croce, a sua volta, con l'accusa
una non meno indeterminata
di
posizione interpretativa sarà "attaccato" da Gianfranco Contini con
vessata questione
si
spinge più vicino
Sarebbe impossibile citare qui
pronunciati su questo tema.
1
E
ai
tutti
tuttavia
i
Anzi, se fino agli anni cinquanta
risolti.
il
quale
la
giorni nostri.
i
nomi
si sono
non sono affatto
avevano mirato alla
degli studiosi che
conflitti interpretativi
gli obiettivi critici
esatta interpretazione dell'ultimo verso pronunciato da Ugolino, a partire dagli
anni sessanta saranno proprio le teorie di Contini a mantenere vive le polemiche,
che
spostano, tuttavia, sulla sponda delle fonti che hanno ispirato
si
il
canto 33
dell'Inferno.
Anche
le fonti
che finora sono
accettate dagli studiosi di
Dante
e
state
si
ha,
messe in luce non sono uniformemente
insomma, la sensazione di un'insoddis-
fazione cronica, del prevalere di un'ansia critica competitiva che minaccia di
confondere,
tra l'altro,
i
criteri in
base
ai
quali valutare l'autorevolezza di una
fonte rispetto ad un'altra.
Le analogie che Gianfranco Contini aveva
canto di Ugolino e
sulla variabilità
in discussione
il
Ed anche
...più
le possibili relazioni
con
da Marianne Shapiro (129-47) con l'appoggio
vanno prese con cautela
(Sanguineti
il
ed incertezza della ricezione delle fonti del canto 33, sono messe
et Amiles, sostenute
Contini,
sottolineato fra
esempi contemporanei
da Edoardo Sanguineti perché sono da considerarsi "indizi
sicuramente topici che referenziali" (10).
Y Amis
tempo
a suo
Tieste di Seneca, per portare alcuni
e considerate se
non come
di
"ipotesi di indizio"
8).
Per Sanguineti Yaemulatio dantesca verte decisamente su una Tebaide di
Stazio che "fa forza sopra Virgilio" e se
il
debito senechiano,
presenza
che
il
di
adombra
Seneca perché è
Seneca tragico con
il
il
critico riconosce nel canto di
tuttavia le fonti note a favore di
"...
proprio Seneca,
famoso passo
ma
di Epist.
Ugolino
una nuova
Seneca morale prima
il
XIV, 9213 a fornirci una
sorta di glossa automatica..." (8).
Ad
una linea
critica
fedele a Contini,
Zampese, De Rooy - che
si
- Freccerò, Cook-Herzman, Shoaf,
affida alle fonti classiche {Tieste, Tebaide,
Metamorfosi) per interpretare Inferno 33 secondo una lettura antropologico/
mitica, alla quale
biblici del testo
si
connettono
gli
elementi evangelico/profani (a cui
dantesco inevitabilmente rimandano), 2
si
i
richiami
oppone Robert Hol-
lander in anni recenti:
To those who find
the cannibalistic interpretation attractive,
one who does not do so can
only offer his skepticism. There are no proofs in such matters.
...
Are we
to
understand
De
bello judaico di Giuseppe Flavio
1
thatTydeus, because he gnawed on the freshly severed head of Menalippus
...(the
6
source
of Dante's horrific description of Ugolino and Ruggen) will also be found punished in
hell as "cannibal"? (70)
L'Hollander, a sostegno di un'interpretazione dell'Ugolino dantesco quale
portatore di un messaggio spirituale di paternità
presenta una nuova
fallita,
fonte che considera illuminante in questo rispetto: "In this reading Luke's gospel,
and
comes
most pertinent antecedent
ing of the desperate
La
of the importunate friend (Luke
in particular the parable
the
text that
conduces
drama of this problematic canto"
1.5-13), be-
1
to a clearer understand-
(65).
1
disputa, sia sulle fonti che sull'interpretazione del canto 33 dell Inferno,
sembra, in definitiva, ancora aperta, forse proprio in dipendenza del prevalere
di
una tendenza
compresenza
Poiché
critica
che è più a favore
maggior parte dell'attenzione
la
essenzialmente verso una ricerca
mi
di
un discorso
che
di esclusione
di
di fonti.
riflessioni: in
storia.
primo luogo
risultati della ricerca
I
si
Flavio quale possibile figura
può considerare
è indirizzata, finora,
hanno portato
alle seguenti
lo storiografo ebraico
auctoritas storica che
di
si
mondo classico e biblico,
in un campo pressoché inesplorato
è sembrato opportuno volgere le indagini
che è quello della
critica
di intertestualità col
può contribuire
Giuseppe
a schiarire
ombre relative al processo creativo del canto 33 dell' Inferno. La presenza,
non immediatamente evidente, di uno storico nel canto incentrato sulla vicenda
di Ugolino - che risale a reali fatti politici avvenuti a Pisa negli anni intorno al
certe
1280, ma sui quali fatti Dante si astiene diplomaticamente dal fare commenti
perché "dir non è mestieri" - mette in luce la possibile esistenza di un progetto
più ambizioso di Dante, che è poeta
sovrapporre dei
attuare
una sorta
fatti storici
di
superamento della
miti della modernità creati nella
significativi rappresentanti.
stabilire fino a
ma anche
dell'antichità
con
storia antica
Commedia,
Un problema
di cui
di
che punto Dante intendesse chiarire
problemi
Infatti se
Commedia,
dei debiti
cautela.
i
i
legami
maestri classici sono quasi sempre
sembra che Dante
la storia
Sappiamo che
tempo, non furono né
i
rapporti di Dante
facili
né
chiari, e
uno
si
si
la storia,
fra
i
più
invece,
Inferno 33 e
riallacciano
i
critico (latinucci,
fatti
rivivere nella
ad personam,
muova con
con
fra
è,
riconoscenza verso
un nuovo interesse
attraverso citazioni esplicite o incontri
con
è certo
non nuove, che
di autorità e di sfida poetica, di
propri debitori, sottoposti negli ultimi anni a
Dante).
con l'imposizione dei nuovi
Ugolino
più difficile da definire
l'opera di Giuseppe Flavio: riflessioni, queste,
ad una serie
esule politico: quello di
quelli del presente, al fine di
nel
campo
più circospezione e
con
la storia del
suo
potrebbero forse essere paragonati
ai
sentimenti contradditori di amore e odio, o di rivalsa, di un figlio nei confronti
di
un padre tiranno. Cito Bontempelli:
Dante ebbe ansia di azione quanto nessun
altro
uomo al mondo,
e
si
sentiva imperatore e
1
Rossana Fenu Barbera
62
ma la stona politica non lo volle,
papa;
la
sua corona e
insieme
1
la
sua
cacciò via, e
lo
lui
storia,
di rivalsa la
il
potente e
poesia
si
il
dovè
nella sola poesia trovare
poesia solamente, ove egli era
tiara, scettro e pastorale; nella
due poli della
Con un senso
Sarà
la
sopraffatto,
dominatore e plebeo (875).
riconnette alla storia e se ne riappropria.
vicenda del Conte Ugolino della Gherardesca, con
dei figli lasciati a morire di
fame
il
penoso
nella torre dei Gualandi, a fornire a
sacrificio
Dante esule
l'arma del riscatto della sua esclusione dalla vita politica del suo tempo.
indispensabile, perché questo avvenga, che
sopravvivenza del padre e che
a cibo per la
corpo dei
il
la
figli di
Ma
è
Ugolino assurga
disperazione di questi accenda
il
Facendo leva su un discorso di sacrificio filiale e di
antropofagia Dante accomuna gli esempi delle lezioni pagane (Ties te di Seneca),
desiderio di vendetta.
con
quelli del
con
la
di
Giuseppe Flavio) per
far trionfare,
ammissibile, che è quello spirituale della Cristianità a cui tutta
di sacrificio
Commedia
Il
giudaismo (De bello judaico
condanna dell'uomo moderno nelle profondità dell'inferno, l'unico esempio
come
Ed è a
concetto di paternità, in Inferno 33, è spesso riconosciuto dalla critica
essenziale punto di partenza per un'operazione esegetica del canto.
questo che
ci si riallaccia.
L'immagine paterna,
un riscontro
realistico
Commedia,
in tutta la
molto concreto che
e ne\V Inferno in particolare, ha
realizza attraverso
si
mento affettivo di un debito intellettuale nelle figure
anche attraverso drammatiche figure
Il
discorso
si
fa più astratto se
maternità nel poema.
drammatico
di Virgilio
si
riconosci-
di padri dannati e indimenticabili
si
considera
Quando anche Dante,
il
ma
come
porsi di Dante in relazione alla
infatti,
avrebbe del materiale
e reale in riferimento alla figura materna, lo filtra
sua essenza, e
il
o Guininzelli,
come Ugolino.
Cavalcanti e soprattutto
umano
ed epura della
serve invece di quel materiale per la creazione dei suoi più
fortunati miti paterni.
Mi
riferisco qui
ad una madre
frettolosamante, con indifferenza, da Dante, in
canto 23, in relazione
il
la
informa.
si
al
tema del digiuno
di
un verso
nome
Maria, citata
del Purgatorio, nel
e della fame, tra le
anime che espiano
peccato della gola:
Io dicea tra
la
me
stesso pensando: 'Ecco
gente che perde Ierusalemme,
quando Maria
nel figlio die di becco!'.
(28-30)
Ci troviamo
di fronte
ad un esempio
di quel
procedimento che Beryl Smalley ha
individuato essere un regolare strumento di esegesi biblica, praticato anche da
De
bello judaico di Giuseppe Flavio
Dante nella Monarchia:
la
1
tecnica dell '"episodio parallelo". Amilcare Iannucci
riconosce che questa tecnica, secondo cui "due episodi del
a vicenda a causa di precisi richiami interni stabiliti
costantemente da Dante nella Commedia, ed è
di agire
come commentatore
La citazione
donna
della
il
Gerusalemme
{Forma
92).
Commedia. Lo stesso Dante,
non aggiunge alcun giudizio
figlio,
illuminano
Purgatorio 23 per lungo tempo
in
questa madre, che "nel figlio die di becco", ossia che impresse
nel corpo del
si
segno della volontà del poeta
e critico di sé stesso
di
poema
dal poeta stesso", è adoperata
è passata pressoché inosservata fra gli studiosi della
di
63
di
valore o
i
propri denti
commento ed
il
discorso è chiuso. Si passa infatti all'incontro del poeta con Forese Donati che
occupa
il
resto del canto.
Ma questa occorrenza antropofagica, che non può non richiamare alla mente
il
canto di Ugolino, a ben guardare non è l'unico parallelismo che accomuna
Inferno 33 e Purgatorio 23: entrambi
della
fame
e di
i
è
il
canto dell'odio e dell'inimicizia perenne,
superamento dell'odio
tra
Forese Donati
sono
canti
un digiuno mortale; uno
e
infatti
improntati sul tema
canto dei traditori della patria,
il
Purgatorio 23, mostra
il
l'altro,
concittadino Dante, in un canto
il
il
tema centrale è stato solo recentemente riconosciuto come "politico"
(Sebastio). E, da non trascurare, in entrambi canti la pena e le sofferenze dei
penitenti vengono anatomicamente relegate ad una sola parte del corpo, la testa.
Basterebbero queste indicazioni per incoraggiare un'analisi su un rapporto di
cui
i
natura esegetica fra
il
canto di Ugolino e Purgatorio 23.
Ma è soprattutto la lettura della fonte da cui l'episodio della Maria ebraica è
un dramma umano di tale intensità che la natura morale e
Dante non poteva ignorare dietro un atteggiamento apparentemente
distaccato ed ermetico. I tre versi citati in Purgatorio 23, pertanto, possono
tratto, a rivelare
cristiana di
un essenziale punto di partenza per la nostra indagine,
come una spia lasciata da Dante durante il suo cammino
nella Commedia per rinviarci, allusivamente, al canto di Ugolino. Guardiamo
dunque l'episodio della Maria ebraica: 3
essere considerati
perché funzionano
Mulier quaedam ex numero trans Jordanem habitantium incolarum, Maria nomine, Eleazari
filia
de vico Vetezobra,
Hierosolymam
recepta,
...
genere ac
divitiis nobilis,
cum caeteris obsidebatur.
proptereaque saepissime raptoribus maledicens,
cum neque
irritabat:
quidem parando
aliis
famesque visceribus
Igitur vi
filio,
...
et
cum
alia multitudine refugiens in
Graviter autem mulier indignabatur:
imprecans, eos contra se vehementius
neque miserans earn quisquam vellet interficere. Sed victum
parabat: undique autem adempta jam erat ei etiam rapiendi facultas,
iratus,
et
medullis irrepserat. Plus vero
quam fames iracundia succendebat.
animi de necessitate impulsa, rebus adversis contra naturam excitatur: raptoque
quem
servavero?
lactantem habebat: Miserum
Apud Romanos
etiam
si
te, ait
infans, in bello et
vixeris, serviturus es:
fame
et seditione cui te
fames autem praevenit
servitutem: his vero seditiosi saeviores sunt. Esto igitur mihi cibus, et seditiosis furia, et
humanae
vitae fabula,
quae sola deest calamitatibus Judaeorum. Et hoc simul dicens,
Rossana Fenu Barbera
164
occidit filium,
coctumque medium comedit, adopertum vero reliquum
aderant seditiosi, et contaminatissimi nidons odore capti,
parasset, ostenderet, minabantur. Illa vero
bonam partem
mortem
servavit.
Ecce autem
ei statim, nisi
quod
se reservasse respondens, aperit
reliquias. Illos autem confestim horror cepit atque dementia, visuque ipso diriguerunt.
At mulier: Et hic, inquit, est vere filius et facinus meum. Comedite: nam et ego comedi.
Judaeis pacem obtulisset, eisque
[...] Caesar autem super hoc Deum placabat: siquidem
liberam proposuisset omnium oblivionem, quae commiserant. Illos autem pro concordia
filli
seditionem, bellum pro pace, pro satietate atque opulentia
manibus templum, quod
esse dignissimos.
famem optasse:
Verumtamen
et qui propriis
hujusmodi alimentis eos
ipse eis servasset, incendere coeperant,
scelus hujus nefandi victus ruina sese patriae operturum,
neque relicturum in orbe terrae, ut sol inspiciat civitatem, in qua matres sic vescerentur.
Ante matres autem patribus hujusmodi alimenta deberi: qui nec post ejusmodi clades
arma deponerent. {De
bello 6.3.4-5)
(Fra gli abitanti della regione
al di là
del
Giordano
Bethezuba,
resto della popolazione
era rifugiata in
si
...
vi era
una donna
di
nome
Maria, figlia
ragguardevole per nascita e ncchezza che col
di Eleazar, del villaggio di
Gerusalemme rimanendovi
assediata.
...
La
donna era in preda a un tremendo furore e con gli insulti e le maledizioni che continuamente scagliava contro saccheggiatori cercava di aizzarli contro di sé. Nessuno però si
i
decideva a ucciderla, né per odio né per pietà, e
lei
era stanca di procurare ad
che da nessuna parte era ormai possibile trovare mentre
viscere e nelle midolla, e ancor più della
insieme
Afferrò
fame
alla spinta dell'ira e della necessità e si
il
bambino
lattante
che aveva seco e
fino al loro arrivo,
per me, per
i
ancora mancava
fra le tante
fame, alla rivolu-
pure riusciremo a vivere
finire schiavi;
per l'umanità
...
E
allora, sii tu cibo
la tua storia sia
sventure dei giudei". Così disse
e,
ucciso
il
quell'unica che
figlio, lo
cuocere; una metà ne mangiò, mentre l'altra la conse-.-vò in un luogo nascosto.
arrivarono
i
all'istante se
cibo
queste parole: "Povero figlioletto,
alla guerra, alla
la schiavitù, se
ma la fame ci consumerà prima di
ribelli furia vendicatrice, e
il
consumava il furore. Allora cedette
abbandonò ad un atto contro la natura.
mezzo
zione? Dai romani non possiamo attenderci che
altri
serpeggiava nelle
le
la
gli rivolse
a quale sorte dovrei cercare di preservarti in
fame
la
mise a
Ben presto
banditi e fiutando quell'odore esecrando, la minacciarono di ucciderla
non avesse mostrato ciò che aveva preparato. Ella rispose di averne conresti del bambino: un improvviso
servata una bella porzione anche per loro e presentò
i
brivido percorse quegli uomini paralizzandoli, ed essi restarono impietriti a una
tal vista.
mio bambino" disse la donna "e opera mia è questa. Mangiatene, perchè
anch'io ne ho mangiato...." ... Anche di quest'infamia Cesare si protestò innocente
"Questo è
dinanzi
oltre
il
al dio,
che
il
dichiarando che da parte sua erano state offerte
perdono per
tutte le
colpe commesse;
ma
ai
giudei pace e autonomia
poiché essi avevano preferito
la
fame all'abbondanza e al benessere e con le
proprie mani avevano cominciato a incendiare il tempio che romani s'erano sforzati di
conservare per loro, ormai erano ben degni anche di un simile cibo. Egli avrebbe avuto
ribellione all'accordo, la guerra alla pace, la
i
le
macerie della
una
città in cui le
cura di seppellire l'empio misfatto della madre divoratrice del figlio sotto
sua patria, senza permettere che sulla faccia della terra
madri prendevano
dopo
tanti orrori
tale cibo.
Ma, più che
alle
restavano ancora in armi
il
sole vedesse
madri, quei pasti
si
addicevano
ai padri,
che
...).
L'episodio è ricordato dallo storico ebraico Giuseppe Flavio nel sesto dei suoi
sette libri del
De bello judaico.
Scritti in
greco intorno
al
70 d.C.
i
libri
circolavano
De
bello judaico di Giuseppe Flavio
V
in traduzione latina fin dal
secolo.
Giuseppe Flavio nella traduzione
nome
derivato dal
di
4
latina
Dante potrebbe aver
che porta
nome
il
ampliamento delle vicende) dell'opera completa.
conoscenza
ludaicum
di
Rufino
d' Aquileia,
porta la corretta divisione in sette
di
almeno due
di essi,
il
V
e
il
inferto da Tito e Vespasiano a
vicenda della donna
libri (in
libri.
alcuni casi è
che l'avrebbe
Dante dimostra
latina del
fatta nel
di
un
che
Bellum
IV secolo e che
conoscere
contenuto
il
VI, che riguardano l'assedio degli anni 66-67,
Gerusalemme,
e
che culminano appunto con
la
prigioniera per molti giorni nel suo castello dove una follia
omicida a causa della fame
la
spinge a cibarsi della carne del proprio
La presenza di un caso storicamente attestato
all'interno di
(titolo
Si è più propensi a credere
Dante derivi dalla più accurata versione
attribuita a
letto l'opera di
Hegesippus
di
Giuseppe), del VI-VIII secolo; questa, tuttavia non è una
vera e propria traduzione, bensì una riduzione in cinque
la
165
un canto purgatoriale
in cui
un digiuno rigoroso, quasi mortale,
i
di antropofagia,
figlio.
menzionata
penitenti sono condannati a soffrire
fa riflettere. L'episodio
non
è stato, invece,
mai considerato con l'importanza dovuta.
Nella secolare tradizione critica del canto di Ugolino
si
trovano sporadici
accenni, infatti, alla possibilità che la presunta tecnofagia implicita nel verso
75 del canto 33 de\V Inferno possa essere giustificata in riferimento a quel passo
del
De
bello judaico, che Dante cita in Purgatorio 23 (Carmignani 31).
ipotesi critiche a cui
del
mi
riferisco, del
D'Ovidio restano però
5
Le
Carmignani per primo, del Pietrobono,
sulla soglia dell'opera di
Giuseppe Flavio:
il
progetto
dell'Ugolino letterario era considerato indipendente nella mente di Dante
dall'episodio di Giuseppe malgrado certe analogie tematiche.
Ugolino
andavano
e della sua vicenda
infatti ricercate
E
le fonti di
anche secondo questi
studiosi in tutta quella tradizione letteraria e mitologica che va da Ovidio, a
Seneca, a Stazio. In anni recenti Carolynn
allusive fra l'episodio della
Ma la studiosa è
madre
di
Lund Meade
Giuseppe Flavio
e
intuisce le relazioni
il
canto
di
Ugolino.
soprattutto interessata a perseguire l'interpretazione di alcuni
passi della Bibbia che costituiscono
il
sottotesto indispensabile per unire le
esperienze antitetiche di Ugolino e di Forese Donati. Così ancora una volta
l'opera di Giuseppe Flavio resta inesplorata.
Vorrei far osservare, invece, le numerose analogie esistenti fra
Giuseppe Flavio e
At mulier: Et
{De bello
(Questo è
il
il
passo
di
canto 33 óq\V Inferno nelle seguenti occasioni:
hic,inquit, est vere filius et facinus
meum. Comedite: nam
et
ego comedi.
6.3.4)
il
mio bambino,
disse la donna, e opera
mia
è questa. Mangiatene, perché
anch'io ne ho mangiato).
Con una
sostituzione della figura da materna in paterna e un ribaltamento
dell'immagine del figlio che da oggetto diventa soggetto e
da immolare, in Inferno 33
si
legge:
si
offre
come vittima
Rossana Fenu Barbera
166
"Padre, assai ci
se tu
mangi
di noi: tu
men
fia
ne
doglia,
vestisti
queste misere carni, e tu
le
spoglia".
(61-63)
Possiamo notare che, nel caso della madre così come in quello del padre,
parole sono pronunciate con il tono liturgico del sacrificio eucaristico,
le
ma
in
un comune abominevole travisamento
del dare e del togliere insieme la
vita.
Ancora
(in
si
veda, presente in tutte e due
le
vicende, la volontà dei protagonisti
Inferno lo vediamo negli antefatti all'episodio di Ugolino, nel canto 32) di
tramandare
ai
posteri
Esto igitur mihi cibus,
Sii tu
cibo per me, per
"O
il
proprio tragico destino:
et seditiosis furia, et
i
tu che mostri per
sì
odio sovra colui che tu
mondo
bestiai
ti
vitae fabula...
per l'umanità
{De bello
6.3.4)
la tua storia sia...)
segno
mangi,
siete e la sua pecca,
sappiendo chi voi
nel
humanae
ribelli furia vendicatrice, e
suso ancora io
te
ne cangi,
(7/7/32.133-38)
Ma se le mie parole esser dien seme
che
frutti
infamia
al traditor
{Inf.
La
vista del
ch'io rodo.
33.7-8)
bambino morto mezzo divorato
dalla
madre
terrorizza
i
combat-
tenti lasciandoli "impietriti":
Illos
autem confestim horror cepit atque dementia, visuque ipso diriguerunt. {De bello
6.3.4)
(un improvviso brivido percorse quegli uomini paralizzandoli, ed essi restarono impietriti
a una tal vista).
Un
analogo terrore coglie Ugolino
alla vista dei figli
che portano
i
segni della
morte dipinti nel viso:
ond' io guardai
nel viso a' mie' figliuoi sanza far motto.
Io
non piangea,
sì
dentro impetrai.
(47-49)
L'invettiva di sapore
morale che Dante lancia contro
la città di
Pisa "vituperio
De
bello judaico di Giuseppe Flavio
1
67
metonimicamente dell'uccisione dei figli innocenti di
non meno violenta evocazione apocalittica di Cesare alla
delle genti", responsabile
Ugolino,
ricorda la
ci
donna
notizia dell'episodio di antropofagia della
seppellimento totale della
Verumtamen
ebraica, in cui
promette un
scelus hujus nefandi victus ruina sese patria operturum, neque relicturum in
orbe terrae, ut sol inspiciat civitatem,
in
qua matres
sic vescerentur...
(Egli avrebbe avuto cura di seppellire l'empio misfatto della
sotto le macerie della sua patria senza permettere
vedesse una
si
Gerusalemme:
città di
città in cui le
Ahi
madri prendevano
Pisa, vituperio
poi che
la
Capraia e
e faccian siepe
sì
{De bello
che sulla faccia della
cibo
6.3.5)
divoratrice del figlio
terra
il
sole
...).
le genti
vicini a te punir son lenti,
i
muovasi
de
tale
madre
Gorgona,
la
ad Arno
ch'elli annieghi in te
in
su
(Inf.
E
si
il
racconto di Ugolino, e quella
la foce,
ogne persona!
33.79-84)
osservi la somiglianza delle due locuzioni: quella del verso 75 che conclude
di
Giuseppe Flavio
(6.3.4) che spiega le cause
del folle gesto della donna:
poscia, più che
Plus vero
Abbiamo
'1
dolor, potè
'1
digiuno.
quam fames iracundia succendebat.
qui due affermazioni caratterizzate dalla stessa brevità sintattica,
che esprimono
il
senso di una causalità sintatticamente formulata in forma
comparativa; nel caso della madre "più della fame
nel caso del padre "più che
inverte l'ordine dei fattori,
"dolore",
si
ma
il
dolor, potè
'1
i
fumi
dell'ira
prodotto non cambia:
'1
la
consumava
il
furore",
digiuno": nel verso di Dante
si
sono attenuati da un più solenne
le leggi
del digiuno e quelle della
fame
equivalgono, che sia l'atto di antropofagia apertamente dichiarato, o am-
biguamente insinuato.
Ci
si
potrebbe anche chiedere, a questo punto, se l'ambiguità, da sempre
accordata dalla critica a questo verso, corrisponda ad analoghe intenzioni da
parte di Dante perché
il
termine "digiuno", nel suo uso aulico antico, stava a
significare anche "brama, desiderio intenso" e
impiega
il
con questo
"digiuno" nel canto 15 del Paradiso: 6
il
significato
Dante
quale significato, se così
fosse inteso anche nel canto 33 deWInferno, conferirebbe all'ultima frase di
Ugolino
il
senso
di
una dichiarata intenzione antropofagica. Spiegherebbe cioè
che negli ultimi giorni
di vita di
sopravvento sul dolore per
Ugolino
la
il
desiderio intenso di mangiare ebbe
fame, o sul dolore per
la
morte dei
il
figli,
Rossana Fenu Barbera
168
o peggio, sul dolore provato dal padre nell'atto stesso di cibarsi delle loro carni:
"poscia, più che
Si
a
'1
dolor, potè
deve osservare che
conferma
di quel
procedimento tecnico
proprio a caratterizzare
ardentemente
desiderio".
...il
digiuno, insieme
il
la
di
al
dolore, ricompaiono, tra l'altro,
autoesegesi del "passo parallelo",
pena dei golosi, coloro che
in vita
hanno desiderato
cibo, in Purgatorio 23:
il
Tutta esta gente che piangendo canta
per seguitar
in
fame e
la
gola oltra misura,
'n sete qui
santa.
si rifa
(64-66)
Non
deve dimenticare che questo è
si
il
canto in cui Dante cita Giuseppe Flavio,
come
e "tutta esta gente" qui incontrata dal poeta,
imposizione
memoria,
di
immagini,
vicenda antropofagica della donna ebraica:
in cui si inserisce la
Io dicea fra
la
per effetto di una sovra-
ricalca perfettamente sull'altra gente, quella della
si
me stesso pensando:
'Ecco
gente che perde Ierusalemme,
quando Maria nel
figlio die di becco!
'.
(Purg. 23.28-30)
Il
tema
della degenerazione
morale che
la
fame può
scatenare, sembrerebbe
costruito da Dante effettivamente su un'opposizione padre/madre, sulla base di
un usurpamento
di materiali,
perchè
il
dramma
antropofagico viene trasferito in
Inferno 33 nella figura paterna, mentre alla figura della madre, reale protagonista di
questo dramma, viene attribuita una funzione
oscuramente responsiva. Che abbiano contribuito
inversione, nella
mente
di
Dante,
le
minima ed esclusivamente,
alla realizzazione di questa
parole pronunciate da Cesare nel
De bello
judaico "Ante matres autem patribus hujusmodi alimenta deberi" ("Ma più che
alle
madri quei pasti
della vicenda di
Nel
riferire
collera e lo
si
addicevano
ai
padri"), poste a
questa frase pronunciata da Cesare, Giuseppe Flavio sottolinea
sdegno verso coloro che sono
gnoso episodio accaduto a Gerusalemme
ribelli ebrei,
tivi,
e che pertanto
non evitano
di
la
veri responsabili del vergo-
i
ossia, dal
provocare orrori
tutta l'opera di Flavio, a
canto di Ugolino, è
infatti
fazioni ebraiche che
si
punto
di vista dei
romani,
i
Il
vero grande motivo
di ulteriori
analogie con
il
ribellarono contro l'Impero, per cui Tito e Vespasiano
Gerusalemme 7
Giuseppe Flavio verso
fatto prigioniero dei
simili.
conferma
quello del tradimento politico: tradimento delle
e la distrussero al termine di
ed estenuante; tradimenti interni
di
ritenuti
colpevoli di essere traditori dell'Impero, irriducibilmente combat-
che aleggia su
attaccarono
commento conclusivo
Maria?
il
ai
suo popolo: Flavio
Romani ma
una guerra sanguinosa
gruppi della resistenza.
infatti
Ed anche tradimento
durante questa guerra fu
poi divenne fautore e cordiale collaboratore
De
bello judaico di Giuseppe Flavio
del nemico. Tradimento, infine, del dio stesso che, nell'ottica di
Flavio, aveva abbandonato
popolo ebraico, per punire, con
il
salemme, l'empietà degli uomini della
loro intento,
il
non
Giuseppe
la disfatta di
Geru-
resistenza. Costoro, infatti, per realizzare
erano astenuti dalle più
si
69
1
orribili atrocità,
calpestando ogni
umana e divina: "Questo era ritenuto da Giuseppe il vero tradimento che,
privando Gerusalemme dell'aiuto divino, l'aveva condannata alla distruzione"
legge
(Vitucci xx).
I
legami
poco,
Dante
si
fra
De
il
bello judaico e
il
si
astiene,
con cautela, dal
trattare in virtù di
petenze professionali che distinguono
Che per
l'effetto de' suo'
fidandomi
di lui, io fossi
e poscia morto, dir
non
il
fra
mai
andare
ai fatti noti
pietà da Ruggeri a morire di
...
come
la
com-
di
pensieri,
è mestieri.
33.16-18)
dunque quella
che "dir non è mestieri";
fondo dei sentimenti
al
una demarcazione
poeta dallo storico:
scelta di Dante, di fronte alla narrazione è
rinuncia alla storia,
di
come vedremo
preso
(Inf.
La
canto di Ugolino,
rafforzano ulteriormente in relazione proprio a quei "fatti storici" che
di
un Ugolino
fame con
figli
i
il
del poeta che
poeta sceglie
in cattività,
infatti
condannato senza
innocenti:
morte mia fu cruda,
udirai, e saprai s'è'
m'ha
offeso.
(20-21)
Anche Flavio poco prima
di iniziare a descrivere, nel
spesso mortali, causate dalla fame a cui fu ridotta
Gerusalemme, ricorda a
l'assedio di
essere
uno
al
libro, le sofferenze
popolazione durante
competenze, ossia
se stesso le proprie
storico e che, in quanto tale,
deve, esattamente
V
la
non può indulgere
contrario di Dante, esporre
i
sui sentimenti
di
ma
fatti:
Sed enim reprimenda sunt, quae dolent, lege scribendi: quando non domestici luctus, sed
exponendarum rerum hoc tempus est. Prosequar autem seditionis facinora caetera. {De
bello 5.1 .3)
(Ma
lo storico deve, fra l'altro raffrenare
momento
i
1
di
compiangere
la patria,
i
non è questo il
Narrerò quindi
propri sentimenti, perché
ma
di
esporre
i
fatti.
successivi sviluppi della guerra civile).
fatti
a cui
Giuseppe
fomentata da
dilaniavano
I
fatti
tre sette
si
riferisce nel
giudaiche che
la città all'interno
V
si
libro
sono quelli
erano formate a
anche più degli
assalti
che Dante invece non racconta sono quelli
una guerra
civile
Gerusalemme
e che
di
romani dall'esterno.
quando si
dopo varie
relativi al 1288,
delineò, in Toscana, una triplice divisione politica che sarà poi,
Rossana Fenu Barbera
170
alleanze dei capi e tradimenti, determinante per la vita di Ugolino:
Negli anni di Cristo 1288, del mese di Luglio, essendo creata in Pisa grande divisione e
per cagione della signoria,
sette
Giovanni Visconti]
dell'una era capo
...
il
giudice Nino
Gallura de Visconti con certi guelfi, e l'altro era
di
il
l'altro era l'arcivescovo
Gherardeschi coll'altra parte de' guelfi, e
[scil.
nipote di
conte Ugolino de
Ruggieri degli
Ubaldini... (Villani 204)
Nel
De bello judaico, un certo Giovanni
di Giscala,
insieme a Simone, figlio
di
8
Ghiora, e a Mattia, discendente di una stimata famiglia di sacerdoti, avevano
formato una sorta
attacchi romani.
di triplice alleanza
per difendere
che, mettendo in atto
una
serie di inganni,
determinarono lo sfaldamento dell'alleanza e
a morte Mattia
Vediamo
il
la città di
Gerusalemme
dagli
Ma la sete di potere di Simone, insieme alla malvagità di Giovanni
dopo che
aveva ordinato
la
decisione di
Gerusalemme
questi aveva consegnato
passo del capitolo 13 del quinto
di tradire la città,
Simone di condannare
nelle sue mani.
libro:
Denique Simon Matthiam, per quem obtinuerat civitatem, excruciatum peremit.
...
postquam obtinuit civitatem, inimicum eum aeque atque alios esse
dicebat, qui pro se consilium dederat, velut hoc simplicitate suasisset: productumque
eum et accusatum, quod cum Romanis sentiret, morte damnavit, ne purgationis quidem
Ingressus autem
ei
ille,
cum tribus
facultate concessa,
autem se occidi, quam
filiis suis,
quartus enim adTitum ante profugerat. Prius
ilia, quod civitatem ei
novissimum jussit interrici. Ille
conspectu suo filios jugulatur, coram Romanis productus... {De
obsecrantem, atque hanc pro
filios
aperuisset, gratiam postulantem, ut augeret ejus dolorem,
quidem super caesos
in
bello 5.13.1).
(Simone non
nelle
[scil:
lo
mani
lasciò morire senza supplizi
la città.
...
Mattia] nemico, pari agli
aveva
nemmeno
quando [Simone] mise piede
i
anche se aveva perorato
altri,
fatto per stolta ingenuità.
l'accusa di parteggiare per
stato condotto in
i
nella città,
il
aveva consegnato
considerò
al
suo cospetto e con
dei figli, chiedendogli questa grazia in
figli,
Simone
che erano già
lo fece
i
il
uccidere per ultimo.
stati trucidati
un luogo dove romani potevano
sotto
i
fra
i
due uomini,
il
particolare
il
questi l'aveva aiutato ad entrare
coinvolgimento del popolo chiamato ad inveire contro
traditore della patria e soprattutto
suoi occhi e
vederlo...).
complotto antecedente
Simone verso Mattia dopo che
condanna a morte
lo
sua causa, giudicando che
lo
suoi
Certi dettagli di questo brano,
voltafaccia di
la
Così allora se lo fece trascinare
fatto aprire le porte della città,
Così egli fu ammazzato sopra
dopo essere
gli
ne fece padrone,
condannò a morte, senza permettergli di difendersi,
quarto aveva fatto in tempo a rifugiarsi presso Tito. E
romani
insieme con tre figli, perché il
quando Mattia lo supplicò di ucciderlo prima
ricompensa di avergli
Mattia che
in città e se
numerico dei quattro
risulta tanto più crudele, "ut augeret ejus
il
presunto
figli, la
cui
dolorem", perché
deliberatamente, viene fatta eseguire prima di quella paterna, non possono non
ricordarci le sorti del
Conte Ugolino
che nella sua realtà storica:
sia nell'interpretazione della
Commedia
De
bello judaico di Giuseppe Flavio
conte Ugolino, e subitamente a furor di popolo
...l'arcivescovo ordinò di tradire
il
assalire e combattere al palagio,
facendo intendere
rendute
1
al
il
7
fece
popolo ch'egli avea tradito Pisa, e
Lucchesi; e sanza alcuno riparo rivoltosi
le loro castella a' Fiorentini e a'
il
popolo addosso, fu preso, e nel detto assalto fu morto un suo figliuolo bastardo e uno suo
nipote, e preso
E
il
conte Ugolino, e due suoi figliuoli, e
deve rilevare che Giuseppe Flavio, riferendosi
Si
morte
cui
di Mattia,
figli
i
commento
crudeltà
per
di tipo politico
al
9
passo della condanna a
De bello judaico dopo quello di
secondo episodio del
innocenti pagano per
misergli in prigione...
tre nipoti... e
così fu lo ingiusto traditore dal traditore tradito. (Villani 204-7)
Maria, in
colpe dei padri, mette da parte qualsiasi
le
farsi giudice,
da un punto
di vista etico, della
umana.
Da analoghe
intenzioni è
mosso
punito nel fondo dell' Inferno, fra
ampiamente
il
traditori della patria:
i
come
ma, come
discorso di Ugolino, che
rilevato dalla critica, in tutta la narrazione
il
non tanto su
ma su di un'idea tutta cristiana
dell'immagine paterna, che nel suo caso è
e sacrale della rispettabilità
brutalmente violata: a Ugolino, che tralascia
unicamente denunciare "come
la
le
è
è stato
personaggio tende
alla propria rivalutazione dall'accusa di tradimento, facendo leva,
un'eventuale infondatezza delle accuse mossegli,
si sa,
rivendicazioni politiche,
morte mia fu cruda",
la
crudeltà
stata
preme
a cui fu
sottoposto dal suo nemico, derivante dal dolore di non poter far fronte alle
sofferenze dei
che, ci dice, moriranno prima di
figli,
dopo sette giorni
modo in cui Dante altera
impotenza, uno dopo
È emblematico
di
il
l'altro,
i
Ugolino relativamente
di
lui, di
fronte alla sua
digiuno e lunghe sofferenze.
particolari della vicenda storica
alla presenza, nella prigione, dei
due
figli,
Gaddo
e
Uguccione, e dei due nipoti, Nino e Anselmuccio. Nel canto 33, ad una cura
estrema per i particolari temporali corrisponde infatti una netta imprecisione
scompaiono
dei dettagli anagrafici che
vengono chiamati
figli e
condizione di prigionia,
padre
il
numero
nella narrazione,
dove
i
due nipoti
dei figli, da due che erano nella reale
raddoppia, diventando Ugolino indistintamente
si
il
di tutti e quattro:
ond' io guardai
nel viso a' mie' figliuoi sanza far motto.
piangevan
disse:
elli;
e
Anselmuccio mio
"Tu guardi
sì,
padre! che hai?".
(47-51)
Una
giustificazione a questa modifica della realtà potrebbe trovare origine nel
passo
di
Mattia citato precedentemente. Qui Giuseppe Flavio ha potuto quasi
constatare quanto venga aggravato
l'esecuzione capitale dei
"Ille
figli
il
sopra
dolore di un padre che è costretto a vedere
i
corpi dei quali verrà infine fatto morire:
quidem super caesos in conspecru suo
filios jugulatur". E, in particolare, di
Rossana Fenu Barbera
172
tre figli,
dato che
quarto se n'era ruggito da Tito
il
enim ad Titum ante profugerat" {De bello
anche in Inferno 33, verso
la
"cum tribus
5.13.1).
Ma
filiis suis,
quartus
non sembra presente
conclusione del racconto di Ugolino, all'interno di
quella sequenza di decessi che pare avvengano più in contemporaneità che a
distanza l'uno dall'altro, l'intenzione di Dante di ridurre apparentemente a tre
numero
di quella perdita lacerante, attraverso
puntiglio quasi manieristico, di addizioni e di sottrazioni, di figli e di giorni?
non sono anche
gli ultimi istanti di vita di
"sovra ciascuno
...
il
un'operazione elaborata con
Ugolino spesi sopra
il
corpo dei
10
E
figli,
poi che fur morti"?
Poscia che
Gaddo mi
fummo
si
al
quarto di venuti,
gittò disteso a' piedi,
dicendo: "Padre mio, che non m'aiuti ?".
Quivi morì; e
vid'io cascar
tra
'1
come
li
tre
quinto di e
tu
mi
vedi,
ad uno ad uno
'1
sesto; ond'io
mi
diedi,
già cieco, a brancolar sovra ciascuno,
e
due
di
li
chiamai, poi che fur morti.
(67-74)
Vorrei fare un ulteriore confronto fra la sequenza narrativa prescelta per de-
fame
scrivere Ugolino, esasperato dalla
"cascar" morti, con un altro passo del
pagine l'episodio
di Mattia.
della guerra, ricorda le
dalla
fame
e dalle sofferenza
De
Qui Giuseppe Flavio, che
immagini
di
coloro che furono
e la reazione di chi invece
dopo aver visto i figli
poche
bello judaico, che precede di
assistette alle
i
prime
fasi
primi a cadere stremati
sopravviveva e vedeva morire davanti a sé
parenti o conoscenti:
Siccis oculis, et corruptis oribus, qui tardius morerentur, eos qui ante se requiescerent,
tuebantur.
(De bello 5.12.3)
(Quelli che stentavano a morire
li
guardavano con gli occhi
asciutti e le
bocche contorte chi
aveva preceduti nell'ultimo riposo)
In
Dante come
in
Flavio
si
adopera
la
successione del guardare, del cadere delle
prime vittime, e degli occhi, che sono
"ciechi"; per arrivare infine al
testo di
in Flavio "asciutti", inariditi e in
Dante
particolare di quella bocca "corrotta" presente nel
Flavio che potrebbe aver ulteriormente contribuito a rinforzare
nell'immaginazione
di
Dante una sorta
civiltà cristiana proiettandola in
di
corruzione dei più arcaici valori della
Ugolino, assillato dalla fame e forse dalla
rassegnazione.
Se
il
tradimento
di
Simone verso Mattia
è
un esempio
rivoluzionario della guerra narrata da Giuseppe,
pagine più intense del
il
De bello judaico, sta comunque
fame causata dall'assedio che
del folle fanatismo
cuore dell'opera, ossia
le
in quelle descrizioni della
le legioni di Tito infersero alla città di
Gerusa-
De
lemme,
bello judaico di Giuseppe Flavio
1
e alla disfatta dell'ultimo baluardo di difesa, la Torre
Antonia che sarà
giorni, una coincidenza temporale e spaziale che
debellata in sette
73
può
si
ri-
trovare nel canto 33, nell'ultima settimana di vita dei prigionieri pisani rinchiusi
dentro la Torre della fame.
Nell'opera
di
Giuseppe,
sofferta durante l'assedio era tale che
fame
nell'aria e tratteneva
... neque luctus, in
(De bello 5.12.3)
(Fra tanti lutti non
Non
mortificazione degli abitanti della città per la
la
illis
si
il
un dignitoso
silenzio imperava
pianto, per rispetto ai sentimenti di ognuno:
calamitatibus, neque fletus erat, sed
fame superabantur
levava un lamento o un gemito: la fame cancellava
i
affectus.
sentimenti).
diversamente Dante crea l'atmosfera all'interno della prigione, quando
patimenti per
la
fame non corrispondono più speranze
Iononpiangea
ai
di salvezza:
...
Perciò non lagrimai né nspuos'io
tutto quel giorno
lo di e l'altro
né
la notte
stemmo
tutti
appresso,
muti.
(49-65)
Durante l'assedio
di
Gerusalemme
tale che molti ebrei tentavano
la
la
disperazione che
fuga con
le
mogli e con
Ma
i
la
una volta presi dai nemici, tormentati
crocefissi nel cospetto di coloro che erano sulle mura:
cerca di cibo.
...
post
pugnam
itaque verberati, et ante
fame provocava era
figli fuori
in tutti
dalle
i
mortem modis omnibus excruciati,
(De bello 5.11.1)
(Cosi venivano flagellati e, dopo aver subito ogni
mura
in
modi, erano
contra
murum
cruci suffigebantur.
sorta di supplizi
prima
di
morire, erano
crocefissi di fronte alle mura).
Nel canto 33 l'idea della crocifissione appare due volte in relazione
al
supplizio
sofferto dagli innocenti: una volta per analogia, nell'invocazione d'aiuto di
Gaddo che
ripete le ultime parole di Cristo crocefisso "Padre mio, che
non mi
aiuti", e un'altra volta metaforicamente nell'invettiva contro Pisa:
Che
se
'1
conte Ugolino aveva voce
de
d'aver tradita
te
non dovei
figliuoi porre a tal croce.
tu
i
le castella,
(85-87)
Per quanto riguarda l'ideazione della figurazione plastica in cui sono
immortalati Ugolino " '1 sovran" e Ruggieri sotto di lui "...io vidi due ghiacciati
Rossana Fenu Barbera
174
in
una buca,
manduca,
la
nuca"
/
/ sì
cosi
{Inf.
che l'un capo a
'1
sovran
li
là 've
/
aveva
il
'1
pan per fame
una
lotta. In
si
nemico "sopra
si
cervel s'aggiugne con
'1
32.125-29), vorrei rimandare ad alcune metafore presenti nel
bello judaico che Giuseppe Flavio adopera per definire
nemici in
come
l'altro era cappello; / e
denti a l'altro pose
una disparità
De
di forze fra
definisce Giovanni, "inferiore" per la posizione, che
la testa":
Joannes autem quanto superior erat virorum multitudine, tanto loco superabatur: hostesque
habens a vertice, neque sine metu conabatur incursus,
{De bello
et
prae iracundia cessare non poterat.
5.1.1)
(Giovanni invece, quanto era a loro superiore per numero
per
la
posizione, e avendo
Nell'altra
si
dice che
i
nemici sopra
di
non poteva
la testa
uomini, tanto era inferiore
attaccare...).
parenti degli uccisi stavano tutto
i
il
giorno "sopra"
i
loro
nemici a molestarli:
imminere autem
illis ait
interfectorum amicos atque cognatos... {De bello 4.3.14)
(Su di loro volevano trarre vendetta
Si osservi, infine,
il
ritratto finale di
Quand'ebbe detto
riprese
gli
ciò,
amici e
parenti degli uccisi...)
i
Ugolino a conclusione del proprio racconto:
con
gli
occhi
torti
M teschio misero co'denti,
che furo a l'osso, come d'un can,
forti.
(76-78)
Il
"bestiai
segno" che spinge Ugolino ad affondare
nemico vanta certamente antenati
all'apparire dei dannati in Inferno 32, ossia
in particolare
Tideo che rode
dimostra l'esistenza
classica
"bestiai
come ad
di
premura
di citare
di Stazio,
si
si
è sostenuto
l'esempio della scrittura di Giuseppe Flavio
un immaginario comune nell'antichità esteso alla
campi, diversi da quello della poesia;
altri
segno" a cui
denti nella carne del suo
tempie a Menalippo. Ma, come
le
in apertura di queste pagine,
i
i
che Dante
personaggi della Tebaide
classici
gli
uomini possono
ridursi,
non
la
cultura
tematica del
è esclusivamente presente
nella lezione dei classici:
...
hanc autem non erraverit quisquam, dicens seditionem
veluti rabida fera,
extemorum
(...non sbaglierebbe chi dicesse
quando non ha
E
altro
in seditione esse factam, ac
penuria, in sua viscera saevire solet.
che
la
nuova
da divorare, finisce per
rivolta
...
fu
{De
bello 5.1.1)
come una belva
infuriata che,
infierire contro le proprie carni).
ancora:
Ipsos autem spes egestate victus hiantes, veluti canes rabidos decipiebat:
dentibus nécessitas subigebat. {De bello 6.3.3)
...
omniaque
De
(Sbadigliando per
bello judaico di
fame, essi
la
si
necessità spingeva a mettere sotto
In
o
un celebre saggio
meno
di
i
Giuseppe Flavio
aggiravano barcollando come cani rabbiosi
dal titolo Arte allusiva del
lettore
che
si
ricordi
1
95 1 a proposito della necessità
tratti distintivi
non
ci si
possa più obiettivamente affidare
richiami un solo testo,
come unica fonte;
poeta può desider-
si
l'effetto voluto se
riferiscono" (275).
con più convinzione
al fatto
fare questo
le fonti
si
poema
sia
uno
è propensi a credere
che
la densità allusiva nel
su cui tutta l'opera è improntata e
profondo del servizio dialogico che
We
sta rafforzando
si
Commedia, che
"il
"non producono
chiaramente del testo cui
qualche anno a questa parte,
l'idea, fra gli studiosi della
dei
La
indagare sulle fonti di un opera letteraria, Pasquali suggeriva di dis-
are che sfuggano al pubblico" e allusioni che
Da
...
75
denti qualunque cosa).
tinguere fra reminiscenze inconsapevoli, imitazioni, che
non su un
1
che una data allusione
comprometterebbe
il
senso
permettono a Dante:
have broadened the meaning of the term "allusion" to include a wide spectrum of
intra-
and intertexual phenomena. The "poetry of allusion"... extends from
tation
of a predecessor text
to dialectical"
explicit
quo-
and "synecdochical" cross-references, oblique
echoes, and even "screened" or suppressed allusions. This broadened concept of allusion
is
necessitated
interpretative
by the range of practices found within the Commedia and by the variety of
and ideological functions served by such practices. (Jacoffand Schnapp 2)
L'ambiguità di Inferno 33,
la
come ha
sostenuto Jorge Louis Borges, per
il
quale
vera essenza del canto è tutta nel dire e non dire, ora suggerire ora tacere un
eventuale conclusione antropofagica, è senza dubbio una componente che è
stata
Ci
si
fortemente avvertita per lungo tempo nell'atmosfera cupa
di
questo canto.
chiede a questo punto se sia possibile che alcune delle ombre avvisate
finora dai critici siano dovute in parte alla
mancanza
di
una
esatta interpre-
tazione dei rimandi allusivi. Si spera pertanto, con l'appoggio dei suggerimenti
di Pasquali e di Jacoff e
testuali fra
Schnapp, che
i
richiami allusivi intertestuali ed extra-
Purgatorio 33, Inferno 33 e
il
De
bello Giudaico fin qui esposti
portino a riflettere ulteriormente su quale sia "l'effetto voluto" da Dante con la
costruzione del mito di Ugolino, dove non solo
si
sovrappongono,
Una
ma anche gli
considerazione
ci si
esempi che
i
mentire nei confronti dell'Ugolino storico, dal
qualcun
personaggio è
altro e altrove,
concesso
il
non
non solo i
passi biblici
tramanda.
sente di fare con più sicurezza, a giustificazione
dell'ambiguità in Inferno 33: ossia che Dante
far credere del suo
classici,
la storia
al
sì
come poeta è consapevole di
momento che quanto vorrebbe
accaduto ed anche storicamente,
Conte della Gherardesca. Tuttavia
ai
ma
a
poeti è
beneficio di mentire, impunemente, in base alle note distinzioni fra
vero, richiesto alla Storia e verosimile, richiesto all'arte: così, grazie a questo
beneficio, Dante ottiene due risultati:
impegni poetici
presi,
il
primo è quello
di restare fedele agli
rendendo fama e immortalità a Ugolino, traditore e
1
Rossana Fenu Barbera
76
come
infamia a Ruggeri,
tradito, e
dai patti stabiliti col peccatore pisano;
secondo è quello ottenuto da Dante uomo, fiorentino
si
una
poesia della Commedia, con
rivincita, grazie alla
anea, da cui, a sua volta,
si
in esilio,
il
che può prender-
la storia
contempor-
era sentito tradito, ricreandone una, che supera per
notorietà quella originale.
The Johns Hopkins University
NOTE
*
Una
versione ridotta di questo articolo è stata letta
al
Graduate Students Colloquium
Hispanic and Italian Literatures and Romance Philology, presso
nia, in data 8 aprile
1
2
Le parole
al
al
verso 69
di Inf.
si
rimanda
alla bibliografia di
De Rooy.
successivo aggiornamento bibliografico di
Gaddo morente
di
in French,
University of Pennsylva-
1995.
Per una visione della vasta produzione critica su questo tema
Hollander e
la
33 "Padre mio, che non m'aiuti?",
si
rifanno a
quelle di Cristo morente sulla croce: "Eli, Eli, lama sabachthani". Vangelo di Matteo 27.46;
Vangelo
3
Da
di
Marco
15.34;
De
l'abbreviazione
Per
(Lat.21).
le
Ogni citazione
bello.
della traduzione italiana,
4
Salmo 22
qui in avanti ogni riferimento alla versione latina verrà fatto fra parentesi nel testo con
latina sarà
accompagnata dai passi corrispondenti
Giuseppe Flavio La guerra giudaica.
informazioni relative alla diffusione dei codici del
De
bello judaico
veda Vitucci,
si
xxxv-xxxviii.
5
A proposito della scarsa credibilità con cui queste ipotesi
D'Ovidio: "...aveva un bel gridare
"unico
al
mondo"
il
aveva un
[...]
circolavano
codest'annedoto aveva guazzato era nel suo pieno
Dante ne toccò come
di
un
legga
il
commento del
come
bell'affermare che ad uno storico indegno di fede
Giuseppe Flavio non bisogni menar buono l'annedoto della Maria
in
si
Rosini che quello dei Gherardeschi sarebbe stato un fatto
fatto storico.
Ed
ebrea....:
il
Carmignani, che
giudicando bastare alla sua
diritto
invero quel tocco,
sì
crudo e
...
cinico, per
tesi
che
sapore
il
amaramente comico che sembra infondervi l'espressione "dar di becco", dice di per sé, quanto
altro mancava che Dante e conosceva la tecnofagia e non tremava di esprimerla, anche
energicamente, non che di farvi una mera allusione come sarebbe quella di Ugolino" (81-82).
Fra coloro che in anni più recenti hanno dato rilievo alla presenza della Maria ebraica di
Giuseppe Flavio nella Commedia ricordo Singleton, che così commenta l'episodio: "In using
Erysichthon and
tern
Lund Meade,
6
Mary
as
two examples of fearful hunger Dante has followed his familiar patsi vedano anche gli articoli di
of alternating classical and non classical incidents" (545);
e Stephany.
"Grato e lontano digiuno,
/
volo
vestì le
ti
tratto
/
leggendo del magno volume
solvuto hai, figlio, dentro a questo lume
bruno,
piume" (49-54). Pasquini
/
in ch'io
ti
/
du' non
parlo,
si
mercé
muta mai bianco né
di colei /
e Quaglio parafrasano la parola digiuno
ch'a
con
"il
l'alto
dolce
e ormai lungo desiderio (digiuno, s'intenda: di conoscerti)" (3.206). Cfr. anche la voce
"digiuno" in Vocabolario della lingua italiana Zingarelli:
ardente. Vedi
anche
in Petrarca "send'io tornato a soler
curo"; Cortelazzo-Zolli: "Digiuno:
7
...
"...
fig.
lett:
digiuno di veder
lei
Brama, desiderio
che sola al
mondo
desiderio (av. 1321, Dante)".
Commedia, due volte, in Paradiso 6.92, e in
buon Tito" colui che vendicò le ferite di Cristo
Vorrei far notare che Tito viene citato nella
Purgatorio 21.82, dove Dante definisce
"ond'uscì
'1
"il
sangue per Giuda venduto" (Purg. 21
favore dell'Impero in riferimento all'assedio di
prova della conoscenza
di
Dante dei
tema
di
un
guerra giudaica
8
il
al
Sarà forse irrilevante
fatti
altro tragico
ma è curioso
il
narrati
.84).
Questa dichiarata presa
Gerusalemme
oltre
di
posizione a
ad essere un'ulteriore
da Giuseppe Flavio connette
le
vicende della
tradimento storico, quello di Giuda verso Cristo.
caso di omonimia con Giovanni Visconti e con uno dei
Figli
De
del
9
bello judaico di Giuseppe Flavio
Conte della Gherardesca che
si
numero
a due
"...
:
e dui figliuoli,
un capitolo successivo delle
in
Pisani,
i
che avieno messo
che
"How
chiede:
si
standing up?
The
numero
dubbi sollevati per
'fall'
De Rooy
in risposta a
is, I
la
Villani
il
dei nipoti imprigionati
con
smentisce modificando
si
il
Conte Ugolino con dui suoi nepoti
(213).
presenza del verbo "cascare" da Boitani
('cascare')?
Are they
after four
days of fasting,
for his account... is realistically implausi-
Boitani sostiene che:
believe, an echo
The verb cascare in the Dantean
il
pregione
in
which Ugolino now claims
ad uno ad uno", there
sons.
i
can the other three
truth
ble..." Boitani (30).
tre
Istorie,
come addrietro facemmo menzione.."
10 Ricordo, a questo proposito,
77
chiamava Matteo.
Vorrei far notare l'imprecisione del Villani sull'effettivo
Ugolino, perché
1
"...in
verse 71 "vid'io cascar
li
from the description of the death of Thyestes'
verse seems
somewhat inappropriate
the contest of the long and exhausting imprisonment. Certainly,
it is
used
-
if not unlikely - in
in
a methaphorical
sense" (75).
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