Una tesi di laurea riguardante il progetto Casa Artina

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Una tesi di laurea riguardante il progetto Casa Artina
UNI VERSI T A’ DEGLI ST UDI DI BERGAMO
CORSO DI PERFEZI ONAMENT O: I NDI CAT ORI DI QUALI T A’ NELLA
PROGET T AZI ONE E VALUT AZI ONE PER I SERVI ZI ALLA PERSONA:
FORMAZI ONE ALLA COST RUZI ONE DI I NT ERVENT I NELLE RET I SOCI ALI
E NEL T ERRI T ORI O
Corsiste: Allegri Emanuela
Varisco Marina
I ndice:
Nicaragua: cenni storici
pag. 3
San Ramon e il Nicaragua
pag. 7
Progetto "Casa Artina"
pag. 19
I l titolo
pag. 19
Premessa
pag. 19
I l problema
pag. 19
I l luogo
pag. 21
Gli obiettivi
pag. 21
Le azioni
pag. 22
Azione 1 Casa di accoglienza
pag. 22
Azione 2 Microcredito
pag. 24
Azione 3 I mpresa di sostegno
pag. 25
I finanziamenti
pag. 27
L'organizzazione
pag. 27
Progetto "Casa Artina" : indicatori e correlazioni significative
pag. 28
I ndicatori di funzionamento
pag. 31
I ndicatori di sostenibilità economica del progetto
pag. 32
I ndicatori di impatto sociale
pag. 33
Conclusioni
pag. 35
Allegati
pag. 36
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Nicar agua: cenni st or ici
Nell’epoca precolombiana il territorio del Nicaragua era abitato da vari gruppi tribali del
ceppo culturale Mauhati d’origine messicana. Nicarao, il capo di una di queste tribù,
sul finire del 1522 accolse amichevolmente i conquistatori spagnoli guidati da Gil
Gonzalez Davila, il quale chiamò in suo onore la nuova terra Nicar agua. Anche il
Nicaragua fu inserito nel vicereame della Nuova Spagna (Messico) e, per tre secoli,
successivamente partecipò agli eventi che condussero alla proclamazione della propria
indipendenza.
Nel 1821, infatti, i Paesi centro-americani si staccarono dalla Spagna e si
proclamarono indipendenti.
I l 5 giugno 1823 nacque lo Stato separato, che assunse il nome di Province unite del
Centroamerica. Durò fino al 1839, anno in cui ciascuno dei cinque componenti
abbandonò il vincolo federativo, erigendosi a Repubblica.
Per il Nicaragua i primi cinquant’anni di vita nazionale furono difficili.
I l Paese era lacerato da guerre civili, che vedevano contrapporsi liberali e conservatori,
due fazioni oligarchiche, che si disputavano il controllo della proprietà fondiaria e delle
attività ad essa connesse. Questa situazione discendeva dall'eredità coloniale, che
aveva creato una società dualistica: da una parte i “signori della terra” e i loro clienti
politici e amministrativi; dall'altra la maggioranza della popolazione, dedita al duro
lavoro dei campi, analfabeta e povera. Al fianco dei proprietari terrieri bisogna
sottolineare il considerevole ruolo politico della Chiesa, detentrice di cospicue
ricchezze.
Dal 1854 alla fine del secolo in Nicaragua conservatori e liberali si succedettero al
potere alternando un dispotismo ad un altro.
A partire dai primi anni del 1900 l’intervento degli Stati Uniti in appoggio ai
conservatori si fece sempre piu’ pressante e nel 1912 il governo statunitense invio’ nel
Paese numerosi reparti armati. L'occupazione americana causò violente ondate di
insofferenza che sfociarono nel 1925 in una vera e propria guerriglia indipendentista.
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Nel 1928 le elezioni decretarono la vittoria dei liberali, tra i quali e’ importante
ricordare la figura di Augusto César Sandino che continuò a combattere le forze
americane presenti in Nicaragua fino al loro completo ritiro avvenuto nel 1933.
L'influenza americana continuò durante la dittatura di Anastasio Somoza, capo della
Guardia nazionale che fece uccidere Sandino e tenne per vent'anni il paese sotto il suo
stretto e repressivo controllo. Con Somoza s’instaurò così un regime repressivo che
seguiva l'interesse della propria famiglia e del disegno di egemonia internazionale degli
Stati Uniti in America Latina.
Anastasio Somoza morì il 28 settembre 1956 in seguito a un attentato.
Prese il suo posto il figlio Luis Somoza Debayle, mentre il fratello di Luis, Anastasio
Somoza Debayle, assunse il comando della Guardia nazionale.
Nel 1963 le elezioni portarono a capo del governo nicaraguense il partito liberalnazionalista, ma il contesto politico ed economico non mutò.
Nel 1966, infatti, i Somoza tornarono al governo con Anastasio Somoza Debayle, il
quale nel 1972, allo scadere del suo mandato si dimise, continuando di fatto a
esercitare il potere attraverso un triumvirato.
I l 23 dicembre del 1972 avvenne un episodio decisivo per la storia del paese:
Managua fu letteralmente rasa al suolo da un terremoto e la dittatura di Somoza rubò
gran parte degli aiuti umanitari inviati dall’estero, sprofondando il paese in una grave
crisi.
Da quel momento la guerriglia antigovernativa, guidata dal Fronte sandinista di
liberazione nazionale (un'organizzazione nata nel 1962 che si ispirava al precursore
liberale Augusto Sandino), si sviluppò in tutto il paese e guidò l’insurrezione generale
che nel luglio 1979 costrinse Somoza a riparare negli Stati Uniti.
Dopo l'ingresso dei guerriglieri a Managua, che avvenne il 19 luglio, fu insediato un
governo di ricostruzione nazionale. I sandinisti nominarono una giunta politica
costituita da tutte le forze che avevano combattuto la dinastia dei Somoza e cercarono
di risollevare le sorti di un paese prostrato dai conflitti e da una cronica povertà. Le
fortune della famiglia Somoza furono confiscate, vennero nazionalizzate le banche e
prese avvio una riforma agraria con lo scopo di redistribuire la terra ai contadini. Di lì a
poco si aprirono contrasti nella maggioranza e aumentò pericolosamente il conflitto tra
le oligarchie locali e i sandinisti.
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Nel 1981 la situazione precipitò, a causa della decisione del presidente americano
Ronald Reagan di sospendere gli aiuti al Paese, accusato di portare avanti una politica
troppo sbilanciata a sinistra e di sostenere la guerriglia nel Salvador.
Gli Stati Uniti contemporaneamente iniziarono a organizzare e armare la guerriglia dei
contras (abbreviazione di contrarevolucionarios), per lo più membri della Guardia
nazionale somozista.
Per cercare di ovviare alla critica situazione economica e politica il Nicaragua dal 1982
allacciò relazioni sempre più strette con l'U
RSS e con Cuba.
Le elezioni del 1984 furono vinte a larga maggioranza dal candidato presidenziale
sandinista, Daniel Ortega Savedra, che dal 1981 era alla guida del paese.
La situazione economica, già molto fragile, peggiorò ulteriormente nel 1985, anno in
cui il presidente George Bush impose l'embargo economico sul paese e acuì
l’oppressione sul piano militare.
Nel 1989 per il vertice centro-americano di T ela (in Honduras) sandinisti e contras
concordarono la smilitarizzazione del Nicaragua e nel Giugno del 1990 conclusero una
guerra costata 30.000 morti e piu’ di 20.000 feriti, oltre agli ingenti danni causati alla,
gia’ povera, economia locale.
Nelle elezioni del 1990 una coalizione antisandinista sostenuta dagli Stati Uniti,
l'Unione di Opposizione Na
zionale (UNO), ottenne la maggioranza all'Assemblea
Nazionale; la rappresentante dell'Unione, Violeta Barrios de Chamorro, eletta
presidente al posto di Ortega, intraprese un programma di ricostruzione che includeva
la smobilitazione delle forze armate dei ribelli contras, una notevole riduzione dei
membri dell'esercito e una riforma monetaria. L'elevato tasso d’inflazione venne
ridotto, ma la situazione economica non registrò sensibili miglioramenti.
Nel 1996, in un paese ancora lacerato dalle divisioni politiche e dalla violenza, (nelle
campagne, infatti, operavano bande formate sia da ex contras, sia da ex membri della
guerriglia sandinista che dell'esercito riformato durante la presidenza Chamorro) le
elezioni vennero vinte da Alleanza liberale, un partito di estrema destra guidato da
Arnoldo Alemán Lacayo, il cui primo proposito era quello di cancellare ogni traccia del
breve passaggio sandinista al governo del Paese.
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Attualmente Arnoldo Alemán è agli arresti domiciliari in quanto accusato di corruzione
e di altri gravi delitti, il suo posto al governo è stato preso da Enrique Bolaños,
anch’egli esponente del partito Liberale.
Nel 1972 uno spaventoso terremoto rade al suolo la città di Managua mettendo in
ginocchio il Nicaragua, un piccolo paese di circa cinque milioni di abitanti collocato nel
centro dell'istmo centroamericano. Oltre a questa catastrofe naturale il Nicaragua ha
dovuto affrontare un conflitto sociale e militare protrattosi ininterrottamente per oltre
un ventennio: dopo l'insurrezione con
tro la dittatura di Somoza (1977/1979), infatti, è
stato al centro di una guerra civile fra sandinisti e contras prolungatasi fino al 1990, al
termine della quale è iniziata una lunga e non meno sanguinosa fase di banditismo
diffuso all'interno del paese1990/1998).
(
Parallelamente alle disgrazie causate dagli esseri umani, altre catastrofi naturali si
sono abbattute violentemente sul territorio, generandovi un ulteriore aggravio di
morte e di dolore: nel 1988 il paese viene colpito dall'uragano Juan, il 19
95 è segnato
dall'eruzione del vulcano di Leon, nel 1996 le campagne del Pacifico vengono colpite
da una forte siccità e infine nel 1998 un secondo uragano, Mitch, sconvolge la
popolazione nicaraguese.
La gravità e il sovrapporsi di questi eventi ha generato una situazione interna di
fortissimo indebitamento e di cronica crisi di bilancio aggravata da una corruzione
amministrativa di eccezionali proporzioni e dalla conseguente chiusura del credito alle
piccole e medie imprese. Negli ultimi anni la grave crisi internazionale del prezzo del
caffè, principale fonte di esportazione nazionale ha definitivamente gettato il paese in
uno stato di recessione economica senza precedenti.
Questa catena di disastri ha prostrato il paese sino a renderlo uno degli stati più poveri
dell'America Latina, infatti si é provocata una drammatica situazione sociale in cui oltre
il 40% della popolazione sopravvive con meno di un dollaro al giorno.
Nelle città il numero dei minori in stato di abbandono è cresciuto vertiginosamente,
nelle campagne i livelli di mortalità infantile causati dalla denutrizione hanno raggiunto
percentuali preoccupanti; le famiglie composte da sole madri con figli sono divenute la
maggior parte della popolazione: anche in questo caso chi subisce maggiormente la
situazione di crisi sono i bambini e le madri capofamiglia, ai quali vuole rivolgersi il
progetto qui presentato.
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S an R amon e il Nicar agua
“Ogni parola ha l’aroma del contesto nel quale ha vissuto.” (M. Bachtin)
Soffermarsi a riflettere su queste parole ci ha portato il 10 Giugno 2003 direttamente
all’aereoporto di Malpensa con in mano due biglietti aerei: destinazione Managua,
capitale del Nicaragua. Arrivate a Managua a notte inoltrata un agronomo di San
Ramon e’ venuto a prenderci per accompagnarci a casa sua (si tratta dell’abitazione di
Criché e Bettina, lui responsabile della parte imprenditoriale del progetto e lei futura
direttrice del centro d’accoglienza), nel paese dove si trova la struttura prescelta per
l’attuazione del progetto “Casa Arti na”.
Nel nostro viaggio abbiamo cercato di conoscere concretamente il paese in cui si sta
attivando il progetto da noi studiato sulla carta per analizzarne la fattibilità e l’utilità,
immergendoci il più possibile nella cultura, nelle abitudini, nelle usanze e nelle
credenze del posto.
I l metodo di ricerca che abbiamo scelto di privilegiare, infatti, analizza e rielabora gli
elementi ricavati attraverso l’utilizzo di strumenti quali: l’osservazione, i colloqui, il
racconto di storie di vita, la partecipazione attiva a momenti di vita quotidiana, la
conoscenza della popolazione locale. A ciò si aggiunge la raccolta di materiale cartaceo
e audiovisivo finalizzata alla stesura di un documento “base” per un lavoro di ricerca
scientifica che ci auguriamo si possa sviluppare in futuro.
I l progetto di cui ci occupiamo si sviluppa in una delle 40 comarche del Municipio di
San Ramon denominata La Laguna. San Ramon è un paese di 30.000 abitanti che si e’
sviluppato a circa 15 chilometri dalla città di Matagalpa, nel Nicaragua Settentrionale.
Al primo impatto potrebbe sembrare un paesino piccolissimo, ma se ci si addentra tra
le montagne, se ne scopre la sua immensa estensione.
San Ramon è raggiungibile per mezzo di una strada asfaltata, molto dissestata
soprattutto nel periodo invernale, quando le frequenti e abbondanti piogge ne
peggiorano la percorribilità. Nel suo interno le strade sono tutte sterrate e il centro
abitato del Municipio è servito da mezzi di trasporto pubblici, che lo collegano a
Matagalpa. I trasporti risultano più complicati per gli abitanti delle montagne, che
spesso sono costretti a camminare ore per poter raggiungere la fermata più vicina.
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Sulle strade si osserva un susseguirsi di abitazioni e di pulperias (negozietti), poco
curati, sia a livello igienico che estetico. Vendono quasi tutti i medesimi prodotti:
bibite, acqua, riso, pane, sale, zucchero, poca frutta e poca verdura locali e qualche
capo d’abbigliamento.
Le abitazioni del Municipio sono costruite con materiali differenti a seconda delle
diverse possibilità economiche delle famiglie che vi abitano: si passa dalle case della
zona centrale prevalentemente in muratura, a case fatte di legno, fango, paglia o
addirittura costruite semplicemente con pezzi di latta, cartoni e teli di plastica nera
(queste ultime sono presenti in gran numero anche all’ingresso della stessa cittá di
Matagalpa, capoluogo del Dipartimento).
La maggior parte delle abitazioni ha un tetto di zinco, che resta sempre staccato una
ventina di centimetri dal resto della casa per permettere una maggiore circolazione di
aria. I pavimenti invece possono essere sia piastrellati - nelle case più “belle” - in
legno o semplicemente fatti con una gettata di cemento o terra pressata.
Non tutte le abitazioni sono dotate di corrente elettrica e di acqua (che comunque non
é mai potabile ed è solo fredda), di cucina (spesso ridotta ad un focolare), o di servizi
igienici interni: è frequente trovare all’esterno delle lattrine costituite da teli o latte che
coprono un buco nel terreno.
L’arredamento interno è sempre molto scarno: nello stesso locale si possono trovare
un tavolo, delle brande e un focolare per cucinare. Non ci sono armadi e raramente le
cucine sono provviste di contenitori chiusi. Spesso ci sono solo delle mensole sulle
quali appoggiano sia il cibo che le poche stoviglie. Un oggetto molto diffuso è l’amaca
che viene utilizzata specialmente nelle ore pomeridiane per far riposare i bimbi e
talvolta sostituisce il letto, mentre nelle abitazioni più povere il letto è costituito da
semplici assi di legno sulle quali si corica tutta la famiglia. All’interno delle abitazioni le
sedie sono poco utilizzate: si passa dal pavimento a delle sedie a dondolo tipiche
(sillas abuelitas) sulle quali ci si rilassa o si trascorre gran parte della giornata.
I ntorno al paese si può ammirare una vegetazione floridissima: ci sono immense
piantagioni di mais, frijoles (fagioli), caffe’, banane, platanos (banane utilizzate
principalmente per cucinare), guineos (di cinque qualita’ differenti, tutte simi li alle
banane), chaya (tipo di zucchina), mango, aguacade (avocado), aranci, limoni, palme
da cocco, guabas (giganti carrube), guayaba (frutto locale), immense sequoie
centenarie e bellissime piante dai fiori arancioni, rosa e lilla. Addentrandosi nelle
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montagne si possono vedere altissimi alberi che ospitano i monocongos (scimmie
urlatrici), numerosissimi zopilotas (avvoltoi) e un’infinita serie di coloratissimi uccellini
di varie specie.
Vicino alle abitazioni e nei campi si incontrano tantissimi cani, vacche, tori, galline,
cavalli, papere, capre, pecore e maiali, che per quanto magri e denutriti, costituiscono
comunque un’importante fonte alimentare del popolo nicaraguense.
Nella zona di San Ramon si possono vedere dei panorami magnifici: vastissime distese
verdi che si perdono nell’immensitá di un cielo, tinto di un vivacissimo azzurro e
illuminato da un caldissimo sole nelle ore diurne, e dominato nella notte dall’intensa
luce della luna attorniata da arcobaleni circolari e multicolori. Repentinamente la
brillantezza di questi colori viene spenta da enormi nuvoloni grigio antracite che
precipitano scroscianti e rinfrescanti, diluvi.
Per strada e’ impossibile non notare l’immensa quantita’ di bambini di ogni eta’, che
sgattaiolano ovunque: bambini che corrono, che giocano, che mangiano, che si lavano
o bevono dalle pozzanghere. Bambini che lavorano portando dei pesi immensi sulle
spalle (di solito legna o sacchi di mais), che camminano con in braccio i propri fratellini
più piccoli o affiancano la mamma nel disbrigo delle faccende domestiche.
Spesso sono bambini con capelli neri, la carnagione olivastra e intensi occhi castani;
ma è facile incontrare anche bimbi biondi o con bellissimi occhi verdi e azzurri, con la
carnagione chiara oppure scurissima, sempre caratterizzati da un profondissimo
sguardo che trasmette un sentimento di rassegnazione mista a tristezza.
I loro vestitini sono sempre sporchi e a brandelli. Per i più piccoli il pannolino è spesso
sostituito da alcuni stracci legati ai fianchi. Nessuno di loro porta le scarpe sebbene
camminino e corrano su strade sconnesse, piene di sassi e fango.
Ciò che non può lasciare indifferente chi vede questi bambini è senza dubbio la loro
situazione fisica: hanno braccia e gambe scheletriche, pance spesso gonfissime perchè
piene di parassiti causati dalla denutrizione e dalla scarsissima igiene che abita queste
zone. La loro pelle talvolta appare come squamata, mangiata da una forma particolare
di lebbra (lesmaniasis) ancora presente tra le montagne, che colpisce le persone il cui
organismo è privo di indispensabili supporti vitaminici, proteici ed energetici.
Le persone straniere che i bimbi incontrano sono un’occasione per chiedere una
cordoba (15 cordobas equivalgono a quasi un euro), qualcosa da mangiare oppure,
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attrezzati con uno sgabellino di legno a tracolla, un’opportunità per guadagnare
qualcosa pulendo loro le scarpe.
Un’altra figura che compare molto di frequente per le strade è quella femminile.
Al compimento del quindicesimo anno di vita ogni ragazza viene festeggiata e da quel
momento considerata una donna. Questo significa che da quel momento in poi la
cultura locale legittima la sua possibilità di avere rapporti sessuali e procreare.
La maggior parte delle donne incontrate nelle campagne di San Ramon, soprattutto
giovani, (anche se quelle che sembrano più anziane in realtà sono solo segnate dalla
fatica della dura vita che conducono) sono spesso gravide o attorniate da bimbi
piccolissimi. Fondamentalmente gli unici ruoli che vengono concessi loro sono quelli
della procreazione, della cura dei figli e delle mansioni domestiche. I l rapporto
sessuale tra compagni, e’ spesso consumato nel medesimo posto in cui stanno
dormendo i loro bambini: frequentemente le case, specialmente in montagna, sono
composte da un solo locale, nel quale si trova da una parte un focolare per cucinare e
dall’altra uno spazio in cui dormire.
Probabilmente questa avvilente condizione di vita (che ha origine nel fenomeno del
marito errante) ha portato le donne ad unirsi in una forte solidarieta’ femminile: si
supportano a vicenda sia nei lavori domestici che nella crescita dei figli, molte volte
avuti in eta’ troppo giovane (spesso l’uomo non riconosce nemmeno i propri figli che
quindi vengono cresciuti nella casa nativa della mamma che viene aiutata dalla propria
mamma, dalle sorelle e da altre parenti).
T ra le donne più anziane si possono distinguere delle figure particolari, che la maggior
parte delle volte, non avendo un compagno, per mantenere se stesse e le proprie
figlie sono costrette a lavorare come collaboratrici domestiche o come “tate” presso
famiglie con maggiori possibilitá economiche. I n questa cultura il nucleo famigliare
base è fondamentalmente formato dal binomio mamma-bambino, rispecchiando le
caratteristiche della famiglia matrifocale, tipica dell’America Latina.
Dalle testimonianze raccolte, attraverso i racconti di vita quotidiana di queste persone,
abbiamo constatato che la figura della donna, oltre ad essere relegata ai margini di
questa societá prevalentemente maschilista é anche vittima di numerose violenze
fisiche e psicologiche da parte del proprio compagno che non risparmiano nemmeno i
propri figli.
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I n città “solo poche donne hanno la possibilità di trovare un impiego in fabbrica, ma
anche queste vengono sfruttate e poco considerate. Le giornate lavorative sono
estenuanti e non prevedono il pagamento degli straordinari. I noltre le donne sono
spesso costrette a rimandare le visite mediche perche’ sanno che le ore di permesso
che chiedono non verranno retribuite e non verrá pagato loro il settimo giorno e
nemmeno gli incentivi di produzione. Questa situazione ha creato molti problemi e
drammi soprattutto nelle donne incinta perché il prolungato rinvio della visita medica é
stata la causa di alcuni aborti. Nell’impresa Hoo Chin ad una ragazza non é stato
permesso di lasciare il lavoro per andare dal medico, quindi ha abortito in bagno.
Dopo la denuncia del fatto e’ stata anche licenziata e questo non e’ il primo caso, ma
solitamente le persone tacciono per paura di perdere il lavoro.
I n alcuni casi le donne sono state licenziate, senza motivo, nel momento in cui
l’impresa si é resa conto che erano incinta. E’ molto frequente che per la paura di
perdere il proprio impiego, lavoratori e lavoratrici, mettano in secondo piano le proprie
necessita’ e la propria dignita’ umana.” [da Nicarahuac, Nicaragua e dintorni]
La cultura maschilista ha la sua origine nell’epoca della colonizzazione degli spagnoli i
quali attuarono pratiche di stupro di massa. Lì nacque il machismo, fenomeno tutt’ora
molto diffuso in virtù del quale il metro di misura della mascolinità è il numero di
donne possedute e soprattutto il numero di figli generati (vi sono casini uomini che
hanno addirittura raggiunto i 60 figli).
I l matrimonio non é sentito come un valore, né tanto meno la fedeltá ad una sola
donna. Quando l’uomo é legato dal vincolo matrimoniale ha comunque, esplicitamente
o implicitamente, la libertá di avere piú donne e la sua compagna, consapevole di
tutto questo, lo accetta o lo sopporta, chiedendo, però, di essere considerata la piú
importante.
I l fenomeno del marito errante e i soprusi subiti dalle donne nicaraguensi le portano
ad avere relazioni con più uomini, quasi sempre con la nascita di ulteriori figli.
Gli uomini che lavorano lo fanno prevalentemente nei campi e quel poco che
guadagnano talvolta lo spendono nel bere, noncuranti del fabbisogno della loro
famiglia. Capita spesso di incontrare uomini ubriachi che barcollano o che sdraiatisi per
terra si addormentano per strada, anche in pieno giorno, fra i bambini che giocano.
I l Nicaragua é abitato da circa 5.000.000 di persone delle quali il 60% vive in ambito
rurale, vive cioè nei campi e dell’agricoltura, ma non necessariamente possiede delle
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terra. I n particolare a S.Ramon l’agricoltura e l’allevamento sono fonti di sopravvivenza
per gli abitanti.
Nella zona di San Ramon si possono distinguere principalmente tre tipologie di
lavoratori della terra: l’obrero agricola, il campesino ed il finquero.
L’obrero agricola, o contadino senza terra, lavora tutto il giorno nei campi sotto un
padrone, che lo paga mediamente con un salario di 20 cordobas al giorno (circa un
euro) nel quale é incluso il suo pranzo quotidiano (che consiste in mais, arroz (riso),
frijoles e caffe’). Solit amente il proprietario terriero da all’obrero agricola e alla sua
famiglia una vivienda (piccola abitazione) e talvolta anche un piccolo pezzo di terra per
il proprio autoconsumo.
Fino a un po’ di tempo fa, era usanza che il padron diventasse il padrino dei figli
dell’obrero agricola, creandosi cosí fra le due famiglie una sorta di legame di parentela
e di alleanza politica (compadrazgo) che in un certo qual modo garantivano un buon
rapporto (per quanto di sudditanza) tra il padron ed il dipendente tutelando la
continuitá del lavoro di quest’ultimo. Oggi questo non si verifica più e ciò che lega il
padron e l’obrero agricola è un puro rapporto lavorativo, piuttosto distaccato ed
instabile, infatti se si presenta un calo del lavoro, il contadino viene privato del suo
impiego e la sua famiglia dell’abitazione.
I l campesino é colui che vive solo con i prodotti della terra. E’ un contadino che non
lavora solo nei campi di un padron, ma possiede anch’egli la propria piantagione di
banane, mais, frijoles (solitamente non piú di 50 manzane) e un piccolo appezzamento
di terra entro il quale alleva qualche capo di bestiame: pollame, 3 o 4 maiali e un paio
di vacche, che gli consentono di variare la propria alimentazione potendo infatti
beneficiare anche di prodotti diversi da quelli dati dalla terra (latte, formaggio, uova e
carne).
I l finquero, o proprietario terriero, possiede numerose finque (ovvero proprietá che si
estendono dalle 50 alle 100 manzane, circa) e cospiqui allevamenti di bestiame,
principalmente vacche, vitelli, cavalli, pecore, maiali e galline. I l finquero é una
persona molto ricca ed é colui che da lavoro sia agli obrero agricola che ai campesinos
e viene solitamente considerato il padron della comarca in cui vive.
Con la Rivoluzione sandinista sono stati confiscati e ridistribuiti numerosi terreni, senza
definire un progetto di sviluppo economico per la popolazione rurale. Per queste
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ragioni oggi le proprietá non sono ben definite e sorgono numerosi e aspri contenziosi
sulle loro suddivisioni e di conseguenza sulle cessioni, gli acquisti e le vendite.
Parlando con i campesinos di San Ramon ció che emerge é il fatto che non riescano
ancora a comprendere quali siano le possibili soluzioni che l’attuale governo vuole
adottare per risolvere le questioni relative all’intestazione definitiva delle terre. Essi
ritengono che i terreni confiscati a Somoza durante la rivoluzione sandinista,
precedentemente fossero di proprietá indigena e quindi oggi invece di pagarne il
canone al governo, bisognerebbe pagarlo alla popolazione indigena.
La stessa comarca della Laguna, zona in cui si trova la casa del progetto, prima di
Somoza apparteneva ad un italiano, Giuseppe Vita, dopo di che fu confiscata dai
sandinisti e tutt’ora la questione relativa alla sua proprietá é aperta.
I n Nicaragua, grazie al clima e alle caratteristiche delle terre, si è sviluppata una forte
caffé-coltura e oggi il caffé dà lavoro a numerosissimi campesinos, anche se
attualmente la sua vendita sul mercato internazionale é in crisi e di conseguenza le
opportunità di lavoro ad esso legate sono calate.
L’alimento che viene maggiormente coltivato in Nicaragua é comunque il mais, che
rappresenta l’elemento base nella dieta dei campesinos in quanto molto ricco di
carboidrati e suscettibile di essere sfruttato in maniera diversa.
I l mais si semina a maggio e si raccoglie in ottobre (necessita almeno di 100 giorni di
pioggia), ma ne esistono anche alcune varietá che abbisognano di un ciclo di
maturazione piú breve (4 mesi). Dal mais i contadini possono ricavare diversi alimenti:
la jelote (pannocchia) che viene bollita o cucinata al fuoco, il pane, le tortillas (piccole
piadine) che se cucinate con il mais tenero o dolce prendono il nome di guirilas, se
invece nell’impasto si aggiungono il latte, lo zucchero e la margarina, vengono
chiamate tamales dulces, la nacatamal, un piatto tipico fatto di farina di mais, riso,
patate, pomodori e quando c’é la possibilita’ si aggiungono pezzi di pollo o di maiale,
per poi bollire il tutto avvolto in foglie di banane. I l pinol è mais tostato e molato al
quale si aggiunge acqua e quando é possibile il latte, prende il nome di pinolillo
quando invece al latte viene aggiunto anche il cacao. La chicha è un succo di mais, il
pisol un siero di mais da bere e la cusuza, un liquore molto forte. I nfine l’atol è una
crema dolce a base di mais tenero.
Nella comunità indigena di El Chile, trenta chilometri a nord di Matagalpa, si celebra la
festa dell’atolera. L’atol, crema dolce di mais, ha la consistenza del mais mescolato con
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il latte. Anche se la temperatura supera i trenta gradi, i nicaraguesi considerano un
sacrilegio mangiare l’atol tiepido e fanno a gara per vedere chi riesce a consumarlo piú
caldo. Secondo la tradizione se qualcuno vede l’atol prima che sia ultimata la cottura,
l’amalgama si disgrega e il “budino” va buttato. Non si può guardare dentro il paiolo se
non si è sicuri che l’atol é pronto.
L’atolera è la tipica festa a cui partecipa tutto il paese. Ciascuna famiglia, a turno,
prepara l’atol durante il fine settimana. Nelle campagne é d’uso tra i contadini
condividere i primi frutti del raccolto.
Le donne fanno a gara per vedere chi lo cucina più morbido e più dolce.
I vicini si riuniscono ogni domenica nella casa prescelta. La padrona di casa serve l’atol
con una tortilla di mais tenero che funge da piatto e da cucchiaio. Gli invitati
esprimono i loro pareri sulla qualità del cibo e l’enorme paiolo sul fuoco basterá per la
colazione, il pranzo e la cena... ne avanzerà addirittura per il giorno successivo o per
venderlo al mercato.
I nsieme al mais un altro alimento tipico della dieta base del campesino sono i frijoles
(fagiolini neri) molto ricchi di vitamine. I fagioli maturano in poco tempo (3 mesi), ma
rendono molto meno rispetto al mais. I l campesino pensa per prima cosa a se stesso e
ai suoi animali, in un certo senso è un economista nato e quindi sa che per poter
mangiare necessita di almeno una libra di fagioli al giorno; per questa ragione,
generalmente il 60% di ció che produce lo utilizza per nutrire se stesso e la sua
famiglia, mentre il restante 40% lo vende. Anche dai fagioli si possono ricavare diversi
piatti: semplicemente bolliti in acqua o, quando é possibile, cotti con olio, aglio e
cipolle, frijoles fritos (fagioli fritti), in insalata, o uniti al guineo (un tipo di banana), il
gallo pinto (riso bollito e fagioli) e la purea de frijoles (puré di fagioli).
La carne, in genere, non rientra nella dieta del campesino, perché é molto cara (fra le
carni quella piú economica é comunque il pollo, poi c’é i l maiale e infine il manzo).
Anche il riso é un alimento che i contadini si possono permettere solo quando hanno
un certo salario, altrimenti la loro dieta si riduce a tortillas e fagioli.
L’alimento che difficilmente manca in queste abitazioni é la frutt a che cresce ovunque
rigogliosa (banane, platanos, guineos, mango, guayaba, guaba, papaya, ananas,
arance, mamons, pipyan, meloni e aguacate). Le verdure, invece, rientrano raramente
nell’alimentazione del campesino, sia per motivi culturali, sai perché sono molto care
(un ceppo di lattuga o di repollo, verza, costa 5 cordobas); le principali comunque
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sono papas (patate), yuca (tubero) pipyan e chaya (due varietá di zucchine), i legumi
e i pomodori.
Molti agricoltori si dedicano alla pesca e alla caccia di animali selvatici quali il venado
(cervo), cusuco (simile all’armadillo), conejo (coniglio) guardatinaja e guasaja (animali
simili ai castori) e anades (anatre), riescono a variare la propria dieta alimentare senza
incidere sulle possibilitá economiche famigliari. T utti i campesinos possiedono dei cani
che li aiutano nella cattura della selvaggina.
Un contadino ricco in Nicaragua possiede intorno alle 500 manzane di terreno, ma la
quantità di terra che si possiede non é l’unico indicatore di ricchezza, è fondamentale
che questi abbia una buona logica di mercato e sappia diversificare la propria
produzione coltivando non solo mais e frijoles, ma anche caffé e banane e allevando
vacche, maiali e galline.
Non appena un contadino si arricchisce sente la necessitá di ostentare la propria
ricchezza, quindi acquista la macchina (a volte ne cambia anche una all’anno), vestiti
(i principali capi simbolo di ricchezza sono nell’ordine: stivali in pelle, jeans, cinturone
con fibia, camicia a scacchi e sombreros che possono raggiungere il valore di 5.000
cordobas, cioè circa 300 euro!), il cellulare, il computer, la televisione, il satellitare,
tutte le ultime tecnologie (consumo ostentatorio) e manda i suoi figli all’universitá. E’
importante sottolineare che raramente chi si arricchisce apporta delle migliorie alla
propria abitazione, alla quale si attribuisce una scarsa attenzione estetica.
I l popolo del Nicaragua, come tutti i popoli, ha il suo modus vivendi: in particolare
nella zona di Matagalpa abbiamo potuto notare quanto sia diffusa l’abitudine di
spostarsi in auto-stop. Essendo spesso persone molto povere (quindi sprovviste di un
proprio mezzo di trasporto) e i mezzi di trasporto pubblici molto affollati, spesso la
gente aspetta sul ciglio della strada, o tante volte addirittura in mezzo alla carreggiata,
per approfittare del passaggio di un veicolo e saltarvi sul rimorchio. Quando si arriva
nei pressi della zona che devono raggiungere, battono con la mano sul finestrino di
modo che il conducente si fermi e lasci loro il tempo di scendere.
Questo “mezzo di trasporto” viene usato tranquillamente da tutti (uomini donne e
bambini) senza alcun timore o preoccupazione.
Durante la settimana, nelle zone abitate dai contadini, la giornata inizia generalmente
intorno alle cinque della mattina per concludersi veso le otto di sera. Solo durante il
fine settimana si organizzano feste con tanta musica nazionale e con notevole
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dispendio di alcoolici. T utti si scatenano nel ballo fino verso la mezzanotte, per poi
terminare la serata nelle gasolineras (stazioni di benzina), gli unici posti che sono
aperti tutta la notte e dove é possibile trovare ancora qualcosa da bere.
Un costume culturale localmente radicato é l’adozione informale di bambini
appartenenti a famiglie altrui soprattutto allorquando la famiglia originaria é troppo
numerosa, o i genitori hanno particolari problemi nell’accudire o nel mantenere un
bimbo, le famiglie vicine con maggiori risorse e possibilità di tempo adottano per un
periodo anche indefinito il piccolo più trascurato, indipendentemente dal fatto di
essere legati da rapporti di parentela.
Un altro costume assai diffuso in Nicaragua é la festa dei quindici anni.
“La festa piú attesa da tutte le bambine nicaraguensi é quella dei 15 anni. E’ molto piú
importante festeggiare i 15 anni che sposarsi. Per quanto povera, ogni famiglia celebra
fastosamente il quindicesimo compleanno delle ragazzine.
Sara, la figlia di Doña Azucena era la piú giovane delle sorelle e dunque la festa dei
suoi 15 anni doveva tenersi con tutti i crismi. Doña Azucena avrebbe dovuto aspettare
poi le nipoti per dare altre feste di quindicesimo compleanno.
Doña Azucena mi invito’ con altri amici al banchetto che si doveva tenere dopo una
messa di ringraziamento, celebrata nella parrocchia del quartiere. La festa era prevista
per le sei. Arrivammo alle sette perché, si sa, non c’é pericolo che le feste nicas inizino
puntuali. Quando entrammo in casa, l’unico fratello presente, lasciato di guardia per
evitare i furti, ci disse che erano ancora tutti in chiesa. Se ci andavamo potevamo
arrivare in tempo per i saluti.
Sara era ai piedi dell’altare accompagnata da genitori, fratelli, dame d’onore e amici in
coppia con le dame d’onore. I ndossava un abito rosa, fitto di merletti, lungo sino ai
piedi, guanti, calze e scarpe rosa, tutto secondo la tradizione. Le dame - quattordici,
perche’ con lei devono fare quindici - vestivano i lunghi abiti tradizionali celesti, rossi e
gialli. Soltanto alla quinceañera é consentito vestire di rosa.
Alla fine della messa, il padre prese Sara sottobraccio per iniziare la processione dalla
chiesa sino alla casa della festeggiata. Davanti a loro, una bambina vestita di bianco e
rosso con una stella in mano faceva da guida.
I n nessun quartiere la spettacolare processione dei quindici anni é un fatto
straordinario, tuttavia gli abitanti la seguono sempre come se fosse la prima che
vedono. T utti si affacciano alle finestre o stanno davanti all’uscio per vedere passare la
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ragazza vestita di rosa. T utti commentano la ricercatezza o la semplicitá dell’abito,
tutti sanno chi sono le dame e se hanno giá celebrato i loro quindici anni oppure no.
I noltre si fanno pettegolezzi sulle coppie al seguito.
Quando arrivammo a casa, Sara e suo padre aspettarono nel giardinetto che
entrassero tutti. La porta si chiuse dietro gli invitati e pochi secondi dopo si riaprí a
suono di valzer. La tradizione vuole che la ragazza e suo padre ballino insieme un
valzer davanti a tutti. Nessun altro puó unirsi alla danza che sembra eterna.
Subito dopo Sara cominció a ricevere i regali.
I nicas non aprono mai i pacchetti al momento di riceverli. Li mettono da parte e li
scartano quando ormai se ne sono andati gli ospiti. Se si vuole far sapere chi ha
regalato cosa si deve mettere un bigliettino. Malgrado ció, spesso i regali si
confondono e diventa molto difficile sapere chi ha regalato la tal cosa e chi la tal’altra.
Quando tutti i pacchi di Sara furono sistemati su un tavolo, incominció la festa. I l
padre brindó con un pó di vino, bevanda rarissima in Nicaragua e dichiaró aperto il
ballo per tutti.
I ntanto, Doña Azucena e le sorelle di Sara cominciavano a servire gli spuntini in piccoli
piatti di plastica: riso alla valenciana e fresco de cacao.
I l banchetto dipende dalle possibilitá economiche della famiglia, ma nessuno puo’
permettersi di essere da meno dei vicini o dei parenti che hanno gia’ celebrato i
quindici anni di qualche figlia. Questa festa dá la misura delle possibilitá economiche di
una famiglia, ma, in realtá, molto spesso le supera.
Riso alla valenciana, nacatamales, insalata, carne alla brace, succhi di frutta, birre e
molto rhum. Questi sono i piatti e le bevande piú usuali. Le donne fanno paioli di
frescos e di riso. Sarebbe imperdonabile che non ce ne fosse abbastanza per tutti, ivi
compresa la gente che arriva senza essere stata invitata. Si continua a ballare con la
musica a tutto volume mentre si servono le bevande e la cena. Piú tardi arriverá la
torta, guarnita come quella di un matrimonio. I n Nicaragua, quando cominciano a
girare le fette di torta significa che la festa é finita, quindi non si inizia a servirle che a
notte inoltrata.
Durante la festa di Sara, Doña Azucena era raggiante. Aveva preparato montagne di
riso e litri e litri di fresco di cacao, piú economico dei succhi di frutta, ripeteva agli
intimi.
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Era felice perché a sua figlia non era mancato niente. L’abito, relativamente semplice
se si tiene presente com’é la media degli abiti della cerimonia dei quindici anni, era
costato piú di trecento cordobas, a quell’epoca piú di ci nquanta dollari, glielo aveva
donato un amico. Lo stesso era successo con la torta. La famiglia aveva dovuto
mettere di tasca propria soltanto le scarpe, i guanti, le calze, le bevande e la roba da
mangiare. Doña Azucena e il figlio Horacio avevano dovuto lavorare mesi per pagare
tutto.
Gli stranieri criticano spesso i nicas perché spendono lo stipendio di mezzo anno per la
festa di un giorno. Dopo, dicono, devono vivere d’aria e dormire per terra. Non
possono comprare neppure un materasso. Ma i nicas la pensano diversamente. Le
feste per molti di loro sono momenti assolutamente irrinunciabili, quindi chi puó
giudicare se ció sia bene o male?
Giova dire che Sara era bella. Gli invitati e, manco a dirlo, la famiglia, erano davvero
orgogliosi della loro deliziosa quinceañera.
La festa finí verso mattina. Non avanzó nemmeno un goccio del fresco di Doña
Azucena né, ovviamente, una bottiglia di Rhum. La festa era stata un successo.
L’abito, come quello di una sposa, sarebbe rimasto appeso nell’armadio per non es sere
mai piú usato.” [Anna Cortadas, Nicaragua di gente dolce, scene e storie di vita
quotidiana e un ritratto inconsueto del Nicaragua]
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Pr oget t o “Casa Ar t ina”
I l t it olo
I l progetto di cooperazione internazionale di seguito riportato e’ intitolato alla memoria
di Giuseppe Artina, generoso volontario dell'Associazione Mani Amiche di Stezzano
prematuramente scomparso in un incidente in montagna alcuni anni or sono.
Pr emessa
Sulla scorta di 15 anni di esperienze e di rapporti con la realtà nicaraguese da parte di
alcuni volontari internazionali di Bergamo, nasce nel 2000 l’idea di un progetto
finalizzato ad affrontare la particolare situazione di degrado in cui si era venuta a
trovare la popolazione rurale nicaraguese, in particolare per quel che riguarda il
problema della denutrizione infantile.
I l progetto riveste un carattere sperimentale nella misura in cui si prefigge di associare
un intervento di natura assistenziale, rivolto per l’appunto a soggetti in stato di
bisogno, ad iniziative intese a promuovere la loro capacitá di autosviluppo e di
organizzazione
economica.
Dono
solidale
e
stimolo
alla
auto-promozione
imprenditoriale costituiscono i due assi di riferimento fondamentali che la proposta
assume e cerca di coniugare. La sotenibilitá economica dell’iniziativa sul lungo periodo,
la potenziale replicabilitá del modello, lo sviluppo del capitale umano e l’interscambio
di competenze professionali fra controparte italiana e controparte locale, sono
altrettanti criteri guida che il progetto ha perseguito sin dal momento della sua
ideazione.
Dopo un approfondito studio dei reali bisogni locali e delle forme di sostegno possibili,
si è scelto di attuare una cooperazione di tipo decentrato, creando dei rapporti di
gemellaggio tra rappresentanze e organizzazioni locali e italiane.
Soggetti di diversa natura hanno cioè deciso di collaborare sia in termini progettuali
che finanziari per rendere concreto il desiderio di aiutare chi vive in situazioni di
sofferenza, senza generare dipendenza nei beneficiari.
I l pr oblema
All’interno dello spettro di persone che in Nicaragua versano in condizioni di precarietá
socio-economica, due sono i segmenti sociali che si distinguono per il maggior grado
di vulnerabilità: il primo é composto dai cosiddetti bambini di strada, che sono spesso
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di origine contadina ma vivono prevalentemente dislocati nelle cittá piú popolose del
paese; il secondo é invece composto dai figli delle famiglie contadine di minor reddito
tutt’ora residenti nelle campagne, in particolare nelle zone che sono state colpite negli
anni passati dal passaggio dell’uragano Mitch.
I n entrambi i casi sono da considerare soggetti in condizioni di estrema vulnerabilitá
sia i bambini sia le rispettive madri. Nella visione del progetto il binomio madre-figlio
sono concepiti infatti come un unico soggetto da beneficiare, se non altro perché
costituiscono il nucleo della famiglia nicaraguense, ove l’assenza della figura paterna é
una situazione quasi normale.
Nelle principali cittá del Nicaragua si contano a centinaia i bambini che sopravvivono in
condizioni di abbandono parziale o totale. Le loro madri, sopraffatte dalle condizioni di
estrema penuria in cui vengono a trovarsi nel corso di precoci e frequenti gravidanze,
riescono a malapena a dedicarsi alla cura dei neonati trascurando i figli di etá
superiore ai quattro anni, i quali se la devono cavare da soli e da soli cercano di
cavarsela. Sono i bambini che vendono cianfrusaglie ai semafori, che chiedono
l’elemosina nelle vicinanze dei mercati, che custodiscono le auto delle persone piú
ricche o che, nel peggiore dei casi, rubano e vendono il proprio corpo per sopravvivere
alla quotidianitá. Sono loro che dormono nei mercati o ai bordi delle strade in
condizioni estreme, esposti ad abusi di ogni tipo.
La seconda categoria di soggetti ad alta vunerabilitá é composta dai figli delle famiglie
di produttori agricoli di piú basso reddito. Questa categoria é molto piú ampia della
precedente, ma é meno visibile, poiché le famiglie contadine vivono disperse nelle
vaste zone della campagna nicaraguese, lontano dai principali centri abitati e dalla
vista dei turisti stranieri. I redditi di queste unitá domestiche attualmente sono cosí
miserevoli (meno di un euro al giorno) che per loro é diventato quasi normale veder
crescere la propria prole in condizioni di denutrizione, di totale analfabetismo e in
mancanza di qualsiasi forma di cura sanitaria. Neppure quando si ammalano
gravemente, i figli dei contadini piú poveri usufruiscono dell’assistenza medica presso
l’ospedale del capoluogo, perché i genitori non hanno denaro a sufficienza per poter
pagare il viaggio, le medicine e la permanenza in cittá durante il periodo della loro
degenza in ospedale. Quest’ultimo è il target privilegiato dal progetto Artina.
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I l luogo
I l progetto si realizza nella località L a L aguna, Municipio di S an R amon, presso
l’antica casa padronale di un latifondista italiano trasformata in un centro d’accoglienza
e di cura per bambini al limite della sopravvivenza psico-fisica e donne gravide in alto
stato di denutrizione.
Benché non utilizzato da parecchio tempo, l’edificio é dal punto di vista strutturale in
ottimo stato di conservazione.
Costituito interamente in solida muratura, la casa é disposta su tre piani, ha al suo
interno due cucine, sei bagni, uno spazio infermeria, un grande salone, una decina di
stanze, due spazi magazzino, un ufficio e un’ampia veranda da adibire a salotto. Nel
periodo tra Novembre 2002 e Maggio 2003 sono stati ristrutturati l’impianto elettrico, i
servizi sanitari, le grondaie e sono state ritinteggiate le pareti esterne e riverniciate le
solette in legno.
La casa è collegata a San Ramon da 15 minuti di strada sterrata. I l Municipio di San
Ramon, nel quale è collocata la casa e che da essa sarà beneficiato, conta 30.000
abitanti ed è situato nel settentrionale dipartimento di Matagalpa, 140 Km a nord della
capitale Managua. E’ comodamente servito da mezzi di trasporto pubblici e dispone di
tutte le infrastrutture urbane fondamentali (acqua, luce, telefono, posta, dispensario).
E’ posto alla confluenza delle principali vie di transito che attraversano uno dei polmoni
di produzione agricola più importanti del paese; su di esse transitano i commerci
agricoli che costituiscono la componente largamente preponderante dell’economia di
Matagalpa. L’ospedale più vicino si trova a Matagalpa, a venti minuti, e l’aeroporto é
nella capitale, Managua, raggiungibile in due ore d’auto.
Gli obiet t ivi
1. Offrire accoglienza, tutela e educazione ai bambini che versano in condizioni di
abbandono o deprivazione di tali gravita’ da richiedere accudimento immediato,
pena il deperimento per denutrizione, il decesso per malattia o la cronicizzazione
della carriera deviante.
2. Dare alla madri dei minori che hanno ruolo di capofamiglia la possibilita’ di
sollevare le proprie sorti economiche mediante l’utilizzo di microcrediti da impiegare
per l’avviamento di piccole attitvita’ commerciali.
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3. Affiancare alla struttra di accoglienza e cura una attività economica finalizzata alla
copertura dei suoi costi e quindi al raggiungimento di un regime di autosufficienza
finanziaria nel medio termine, cioè nell’arco di tre anni.
4. Offrire a persone italiane la possibilita’ di fare brevi esperienze di cooperazione o di
turismo solidale, in virtù dei rapporti di gemellaggio instauratisi tra la sede del
progetto in Nicaragua e le organizzazioni italiane coinvolte nella sua promozione.
Grazie ai rapporti di gemellaggio il personale nicaraguese del progetto potra’
arricchire il proprio bagaglio professionale, mentre gli italiani interessati all’iniziativa
potranno soggiornare all’interno della sturttura di
accoglienza,
per
fare
un’esperienza di vacanza solidale o semplicemente per conoscere il progetto
nell’ottica di uno scambio umano e professionale realizzato a molteplici livelli.
L e azioni
I l raggiungimento degli scopi indicati e’ legato alla realizzazione di quattro azioni che,
seguendo l’ordine numerico degli obiettivi appena esposti, possiamo cosi’ descrivere:
Azione 1
CASA DI ACCOGLI ENZA
La prima azione consiste nell’attivare all ’interno della Laguna un centro di assistenza a
carattere residenziale destinato a ricevere bambini in condizione di grave denutrizione
e quindi al limite della sopravvivenza psico-fisica.
I bimbi possono essere accolti insieme alle madri, per le quali il centro può fungere da
luogo di riposo e temporaneo sollievo in mezzo ad una vita fatta di stenti e di
inenarrabili sofferenze. Una volta ricostituiti con le terapie di reidratazione orale e di
recupero alimentare, i bambini sono dimessi e tornano alle rispettive abitazioni.
T enendo presente il principio della logica territoriale, inizialmente vengono ospitati
nella casa Artina solo i bambini del Municipio di San Ramon, fino a sei anni di vita.
Questo è risultato essere infatti uno dei bisogni primari del territorio, fortemente
sentito e riscontrato anche negli incontri avvenuti con i principali esponenti della realtà
locale (sindaco e vicesindaco di San Ramon, medici, ONG locali…).
La struttura è caratterizzata da una flessibilità operativa che permette di esercitare sia
azioni di accoglienza a lunga durata, sia interventi più brevi (“cura sollievo”), che in
particolar modo vanno a beneficio delle famiglie contadine più indigenti che non hanno
22
la possibilità di sostenere le spese mediche dell’ospedalizzazione del proprio figlio nei
periodi di malattia e di convalescenza.
La casa di accoglienza quindi, può ospitare per un periodo di tempo, variabile a
seconda delle condizioni di salute e delle necessità famigliari, circa venti bambini ogni
anno in qualità di ospiti lungodegenti e annualmente 180 come beneficiari di cure
sollievo. Negli anni successivi al biennio di avviamento il numero dei minori beneficiari
potra’ aumentare nella misura in cui cresceranno le risorse finanziarie e le capacità
ricettive del progetto.
Per la parte sanitaria il progetto si avvale della collaborazione dei medici autoctoni
dell’associazione ARCO I RI S, già attivi in loco.
Nel periodo in cui siamo state a San Ramon abbiamo potuto affiancare questi medici
nelle loro giornate lavorative. Hanno un programma di visite settimanali fisso, che
seguono a rotazione, girando per le zone più sperdute fra le montagne del Municipio,
nelle quali cercano di portare i medicinali e i sostegni necessari per la cura delle
malattie più diffuse quali diarrea, presenza di parassiti intestinali, denutrizione,
infezioni delle vie respiratorie e malattie della pelle (ogni consulta –visita- costa 5
cordobas, circa 30 centesimi di euro, e comprende, oltre alla visita, la consegna ai
pazienti di medicinali, alimenti nutrizionali molto costosi come il latte in polvere o
barrette energetiche di supporto alimentare, anticoncezionali, etc… ). Oltre al supporto
medico Arco I ris s’impegna ad aiutare i bambini che vivono in queste zone anche dal
punto di vista nutrizionale e scolastico, distribuendo dei pranzi collettivi costituiti
principalmente da riso, alimento molto ricco di carboidrati, e organizzando piccoli corsi
di alfabetizzazione sostenuti da maestre volontarie. Nonostante l’impegno di questa
associazione medica nel cercare di raggiungere i posti più lontani del paese, è
frequente che le mamme, quando portano i propri figli dal medico, debbano fare
anche due ore di cammino, sotto il sole o i frequenti diluvi, su strade sterrate e
dissestate portando in braccio i propri bimbi.
Casa Artina si avvale del supporto dei medici di Arco I ris un giorno alla settimana,
durante il quale le consulte non vengono limitate ai piccoli che risiedono nel centro,
ma sono aperte a tutti gli abitanti della zona della Laguna.
All’inter no della casa il lavoro di assistenza medica e di cura è completato da un
adeguato sostegno educativo e morale svolto da parte di
due educatori
opportunamente formati, due infermiera e supervisionato dalla presenza costante di
23
una direttrice. Nello staff del centro sono presenti anche due cuoche, due donne delle
pulizie (conserje), due guardiani e un aiutante uomo, che, al fine di offrire un’
occasione lavorativa rivolta a più persone, seguono una logica di assunzione rotativa
tra gli abitanti del Municipio.
L’impostazione organizzativa del centro, oltre ad andare incontro alle necessità
primarie di vita dei bambini e delle rispettive famiglie, tende anche a valorizzare
l’usanza radicata nelle famiglie nicaraguesi, di prendersi cura, per periodi di tempo pi ù
o meno lunghi, di quei bambini che non possono essere allevati dai genitori biologici
(“adozione informale dei bimbi di famiglie altrui”) avvalendosi della presenza e la
supervisione costante delle figure di coordinamento salvaguardando cosi’ i principi
della professionalità.
I l centro individua la propria utenza mediante un lavoro di coordinamento e di
continua interazione operativa con i servizi sociali, le parrocchie, i leaders di comunita’
e le ONG presenti nelle aree rurali del Municipio di San Ramon.
Azione 2
MI CROCREDI T O
Dopo la prima fase di assistenza e cura, i bambini e le madri rientrano nel loro
ambiente famigliare. I l progetto prevede a questo punto l’intervento di un promotore
di sviluppo locale che aiuta le famiglie a risollevarsi economicamente, al fine di evitare
che gli stessi bambini vengano a trovarsi di nuovo in situazioni di denutrizione o di
abbandono.
Questa figura svolge un ruolo centrale nel progetto, perché costruisce microprogetti di
sviluppo economico basati sul potenziamento delle attività di produzione agricola e di
allevamento gestite dalle stesse famiglie.
L’esigenza d’introdurre la figura del promotore in loco nasce dalle numerose difficoltà
riscontrate sul territorio nella gestione autonoma del denaro ad uso commerciale da
parte delle famiglie contadine più povere, che non sono ancora pronte ad autogestirsi
(alto
tasso
d’alcoolismo,
bassa
scolarizzazione,
insufficienti
conoscenze
dell’andamento del commercio…).
L’aiuto del promotore locale consiste nell’acquisto dei beni per le famiglie con il denaro
proveniente dall’I talia (un appezzamento di terreno o un capo di bestiame). Per circa
due anni il promotore porterà avanti un lavoro di supervisione costante sulle capacità
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della famiglia beneficiaria di gestire il proprio reddito e far fronte alle necessità
primarie dei propri figli.
I n una seconda fase, il promotore attiverà con le famiglie beneficiarie un secondo tipo
di intervento, che prevede l'utilizzo del microcredito rotativo come strumento che
permette di far circolare un patrimonio all'interno della comunità in funzione dello
sviluppo delle piccole attività commerciali di carattere famigliare.
Chiave di volta per la riuscita di tali operazioni di promozione delle microimprese
famigliari tramite microcredito, è proprio il supporto tecnico organizzativo fornito dal
promotore che si occupa di promuovere e gestire la parte economica del progetto. Si
tratta in questa seconda fase di un prestito e non di ulteriori donazioni, che col tempo
porterebbero all'instaurarsi di unadipendenza cronica da risorse apportate da donatori
stranieri. Vengono quindi messi a disposizione dei piccoli crediti (non è stato ancora
stabilito se sotto forma di beni o di denaro contante) alle famiglie tradizionalmente
escluse da ogni forma di finanziamento bancario; in particolare questi "prestiti"
vengono corrisposti alle donne capofamiglia che risultano essere più attendibili e fidate
delle figure maschili.
La restituzione graduale e il mutuo controllo e l'alta frequenza periodica di rientro di
piccole frazioni dell'intera somma ricevuta è un fattore decisivo per la riuscita del
programma di microcredito, perchè permette di far circolare lo stesso denaro tra un
maggior numero di famiglie innalzando così il livello economico generale del municipio
e quindi la qualità di vita dei bambini.
Azione 3
I MPRESA DI SOST EGNO
Le microimprese famigliari promosse con lo strumento del microcredito, nascono sotto
forma di punti vendita collegati ad una rete di mercato di piu’ ampie dimensioni,
all’interno del quadro delle attivita’ commerciali perseguite da quelle che abbiamo
chiamato impresa di sostegno.
I l progetto Artina dipenderà nel primo biennio dai sovvenzionamenti internazionali
raccolti sotto forma di donazioni e contributi, ma nell'ottica di costruirne lebasi per
l'autosostenibilità economica sul medio e lungo periodo, si attiverà a partire dal 2004,
una operazione economica che si svilupperà con criteri rigorosamente imprenditoriali,
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avendo come fine specifico quello di creare e gestire risorse per sostenere le spese
della casa d'accoglienza per i bambini e i servizi ad essa connessi.
I n un paese come il Nicaragua, in cui l’impegno pubblico sul versante dei servizi sociali
e’ ridotto ai minimi termini, l’abbinamento “progetto sociale -impresa di sostegno”
costituisce di fatto una delle poche vie percorribili, se si vuole evitare l’instaurarsi di
una dipendenza cronica del servizio d’accoglienza da risorse apportate da donatori
stranieri.
L'impresa di sostegno inizialmente avrà un campo d'azione ben definito
e circoscritto,
che è stato individuato nella commercializzazione di beni agricoli prodotti nella zona
limitrofa al Municipio di San Ramon e destinati al mercato nazionale. Essa si occuperà
di acquistare, immagazzinare, imballare e rivendere sul mercato urbano i prodotti
agricoli comperati presso i diretti produttori nelle zone rurali circostanti. Necessiterà
inizialmente di tre operatori, di due mezzi di trasporto per le merci e di un magazzino
adibito ad un impianto artigianale per il confezionamento di prodotti agricoli che
consentiranno la commercializzazione di ortagi, frutta, cereali e legumi, non solo nei
mercati delle citta’ del Settentrione nicaraguese (Matagalpa, Estelí, Sebaco, Dario) ma
anche presso la stessa capitale Managua.
I l fattore decisivo che orienta in tal senso l'attività imprenditoriale, unitamente alla
vocazione agricola dell'economia locale, è la posizione della comunità di accoglienza
situata in una zona di confine tra campagna e città che rappresenta uno strategico
crocevia del flusso di derrate alimentari provenienti dalle coltivazioni rurali.
Nel quadro dello sviluppo dell’impresa di sostegno sono già state avviate le procedure
per l'acquisto e l'organizzazione di un piccolo allevamento di bestiame (una trentina di
capi tra vacche, pecore e galline) che diverrà operativo nel corso del secondo
semestre del 2003 sul terreno di un piccolo produttore che sta collaborando nello
sviluppo dell'iniziativaC
( riché): il 50% dei prodotti dell'allevamento (latte, uova, carne)
andranno al proprietario locale, mentre il rimanente 50% andrà a coprire le esigenze
alimentari del centro.
Parallelamente è stato acquistato un terreno per sviluppare coltivazioni agricole (caffè,
mais, fagioli, alberi da frutta, etc...) e permettere quindi al centro di diventare una
sorta di " granaio di riserva" al quale potranno attingere, oltre alle persone della casa,
anche le famiglie in gravi situazioni di denutrizione.
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I f inanziament i
Nel primo triennio il progetto verrà sostenuto con contributi a fondo perduto stanziati
da Enti Pubblici, Fondazioni e Privati, nonché dalle attività di sensibilizzazione pubblica
realizzate dalla Cooperativa sociale Orion e dall'Associazione di volontariato Mani
Amiche. Successivamente l'impresa di sostegno dovrà garantire un regime di
autosufficienza economica al centro di accoglienza, svincolandolo progressivamente
dalla dipendenza da contributi esterni.
Dopo il primo triennio eventuali enti o soggetti interessati a proseguire la
collaborazione con il progetto Artina, potranno continuare a partecipare mettendo a
disposizione non più contributi, ma prestiti destinati ad incrementare il fondo di credito
rorativo per le microimprese famigliari delle donne capofamiglia e dei ragazzi in uscita
dal centro. Un regolamento appositamente e dettagliatamente definito stabilirá, al
momento opportuno, un’insieme di norme che governeranno la gestione del fondo di
microcredito (tassi d’interesse, tempi di devoluzione, selezione delle richieste,
accompagnamento tecnico), nonché i termini dell’accordo
contrattuale con i
finanziatori.
L ’or ganizzazione
Per gli aspetti organizzativi e gestionali la controparte locale è l’ONG locale Popul Vuh
che assume l’iniziativa a beneficio di tutta la sua popolazione; per gli aspetti tecnico
sanitari, invece, la controparte è l’associazione medico-pediatrica Arco I ris, che gia’ sta
operando in loco, visitando i bimbi denutriti della zona.
Sul versante italiano il progetto è invece gestito congiuntamente dall'Associazione di
volontariato Mani Amiche di Stezzano, dalla Cooperativa sociale Sinapsi e dalla
Cooperativa sociale Orion di Bergamo.
I n I talia hanno inoltre concorso alla sua promozione le seguenti organizzazioni:
•
Fondazione Cariplo
•
Cooperativa Eco-sviluppo di Stezzano
•
Cassa Rurale e Artigiana di T reviglio
•
Cooperativa Progetto '79 di Palosco
•
Ditta AmbientAzioni di Ponte Nossa
•
Cooperativa sociale Pugno Aperto di Bergamo
•
Consorzio della Cooperative sociali Città Aperta di Bergamo
27
•
Scuola Edile di Bergamo
•
Associazione Nord-Sud di Bergamo
•
Ortofrutticola Salvi di Costa Mezzate (ditta Ortobell gruppo Bonduelle)
•
Associazione Pindorama Viaggi di Milano
Pr oget t o “Casa Ar t ina”: indicat or i e cor r elazioni signif icat ive
“Secondo la FAO (Food Agricultural Organisation) la parola “denutrizione” significa
ingerire una qualita’ e quantita’ di alimenti molto distanti da quella che un corpo
umano ha bisogno. I n Nicaragua tre persone su dieci soffrono di denutrizione e quindi
stiamo parlando di almeno 1.500.000 persone (senza considerare il cosiddetto
“numero oscuro”).
I n questa tragica classifica, il Nicaragua, si posiziona al primo posto a livello centro
americano e al secondo a livello latinoamericano superato solo da Haiti. Almeno
2.600.000 nicas vivono con meno di due dollari al giorno e di questi 1.040.000 vivono
con meno di un dollaro. I l 70% delle persone piu’ povere si trovano concentrate nel
settore rurale. I l 61,7% dei bambini nicas compresi fra i 12 mesi e i 5 anni di vita
soffrono di mancanza cronica di vitamina A e di ferro. I n Nicaragua muoiono, nel
primo anno di vita, dai 40 ai 50 bambini ogni 1.000 che nati, una donna su tre soffre
di anemia. Parallelamente a questa situazione c’e’ da registrare un notevole calo della
produzione di quei prodotti indispensabili per l’alimentazione quotidiana. T ra il 2000 e
il 2001 la produzione di riso e’ diminuita del 40% , quella dei fagioli del 58% , quella del
mais del 14% . La cosa piu’ strana e’ che, a fronte di un’enorme diminuzione di
produzione, vi e’ statao un’aumento della superficie coltivata. (Parlando con un
contadino di San Ramon ci e’ stato spiegato che due delle cause che hanno portato a
questa scarsa produzione potrebbero essere: l’enorme diffusione della coltivazione del
mais, che è un prodotto che impoverisce i terreni e una forte emigrazione dei
campesinos nelle cittá in cerca di un impiego piú redditizio).
A peggiorare questa situazione già sufficientemente drammatica, dal 1999 ad oggi, si
è aggiunto un aumento smisurato dei prezzi dei prodotti compresi nel paniere che si è
scontrato con un blocco pressoché totale dei salari minimi.” [da Nicarahuac, Nicaragua
e dintorni]
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Questo panorama disastrato del Nicaragua è una delle principali ragioni che ha spinto
il presidente della Sinapsi, Vittorio Rinaldi, che vanta un’esperienza di sette anni di
cooperazione in Nicaragua, a sensibilizzare i soci delle cooperative Sinapsi e Orion
sull’importanza e la necessità di sostenere un progetto di cooperazione internazionale
a supporto principalmente dei bambini denutriti, alle famiglie más povre e di
conseguenza all’intera comunità.
La zona individuata per lo sviluppo del progetto, come abbiamo anticipato, è il
Municipio di San Ramon, vicino a Matagalpa, ove egli ha trascorso per motivi di lavoro
la maggior parte della sua permanenza in Nicaragua, maturando quindi una
conoscenza approfondita dei luoghi, delle persone e delle loro necessità.
Dopo numerosi incontri con i rappresentati istituzionali del Municipio di San Ramon, è
emersa una positiva volontà di coinvolgimento e partecipazione delle autorità locali, in
particolare della comunità della Laguna, che è quindi stata prescelta per la
localizzazione del centro.
I niziamo l’analisi del progetto “Casa Artina” schematizzandolo all’interno di una rete di
relazioni necessaria per l’avvio dello stesso:
Nella parte superiore è presentata la controparte italiana che ha reso possibile
l’avviamento del progetto, partendo da un legame di conoscenza di tipo personale,
molto forte, tra Vittorio Rinaldi, la famiglia Artina, Gianni Chiesa e la controparte
Nicaraguese, sottoelencata, Crichè ed Enrique. Via, via vengono elencati gli altri enti e
agenzie partecipanti al progetto, sia italiane che nicaraguesi, seguendo l’ordine
decrescente della forza dei loro legami.
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Cassa rurale di T reviglio
Fondazione Cariplo
Cooperative sociali Orion e Sinapsi
Cooperativa sociale Eco-sviluppo
Associazione Mani Amiche
Vit t or io R inaldi
F amiglia Ar t ina
Gianni Chiesa
Cr ichè
Enr ique
Sindaco di San Ramon
ONG Locale Popul Vuh
Associazione medica Arco I ris
Municipio di San Ramon, come beneficiario
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Abbiamo rilevato tre diversi gruppi di indicatori per fare una valutazione del progetto:
•
I ndicatori di funzionamento (qualità del servizio)
•
I ndicatori di sostenibilità economica
•
I ndicatori di impatto sociale
I ndicat or i di f unzionament o:
1. Creare una cartella medica specifica per ogni bambino o donna incinta accolti nella
casa, per valutare la condizione psico-fisica al loro ingresso nel centro, controllarne
il decorso durante la permanenza e verificarne lo stato di salute al momento della
dimissione.
2. Costruire dei tabulati entro i quali inserire il numero dei bambini accolti nel centro,
il periodo in cui entrano e quanto dura la loro permanenza. I n questo modo si puó
verificare sia la durata di permanenza media dei bambini nel centro (tempo
necessario per raggiungere uno stato di salute adeguato), sia se durante l’anno si
raggiungono dei picchi oppure dei cali nel numero di persone accolte nel centro.
3. Quantificare il patrimonio delle famiglie i cui figli vengono accolti nel centro
utilizzando i quattro principali indicatori di ricchezza:
¬ Reddito famigliare mensile (cash)
¬ Proprietá terriere
¬ Capi di bestiame
¬ Mezzi di trasporto
Abbiamo rilevato che le persone piú ricche possiedono numerosi appezzamenti di
terreno nei quali coltivano diverse qualitá di prodotti agricoli: dal caffé, al cacao, ai
fagioli, al mais (indicati in ordine decrescente del guadagno che procurano);
numerosi capi di bestiame come: vacche, cavalli, pecore, maiali e galline (elencati
in ordine di valore) e diversi mezzi di trasporto quali: automobili, motocilette,
cavalli, muli, bici, mentre i piú poveri si spostano a piedi.
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Dopo un determinato periodo di tempo (circa due anni) dall’attuazione del
microcredito la stessa valutazione va ripetuta per verificare se la famiglia é stata in
grado di innalzare il proprio tenore di vita.
4. I dentificare le abitudini alimentari della famiglia nel momento in cui avviene la
presa in carico del figlio (varietá di alimenti, qualitá e quantitá degli stessi assunti
quotidianamente). Riverificare il livello nutrizionale, utilizzando lo stesso metodo,
dopo un determinato periodo di tempo (circa due anni) dalla concessione del
microcredito con un particolare riguardo per la nutrizione dei figli.
5. Stabilire una dieta adeguata alle condizioni fisiche del bambino da seguire
all’interno del
centro e al
momento della dimissione stabilirne una di
mantenimento, preparata dal medico del centro in accordo con la famiglia
interessata. Verificare periodicamente, tramite il promotore di sviluppo, che la
dieta indicata venga rispettata.
6. Selezionare il personale da assumere verificandone prima la preparazione e
organizzare all’interno della struttura dei corsi di formazione a loro rivolti, con lo
scopo di aggiornare periodicamente i dipendenti e quindi migliorare la loro
professionalità
I ndicat or i di sost enibilit à economica del pr oget t o:
1. Rapporto costi/benefici.
Assicurarsi, con monitoraggi periodici, che tutti i costi e gli investimenti necessari
alla realizzazione del progetto siano nel medio termine coperti da entrate portino
benefici effettivi, per garantire l’autosussistenza dello stesso.
Abbiamo pensato alla creazione di due tabelle distinte:
¬ la prima che segnali entrate (donazioni esterne, vendita prodotti agricoli,
prodotti del bestiame) ed uscite inerenti al progetto (costi del personale, degli
alimenti, del mantenimento del centro, dei prodotti necessari alla coltivazione
dei terreni, dell’allevamento del bestiame, delle proprietá, etc...)
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¬ La seconda, piú strettamente legata al centro, entro la quale verranno
segnalati i nominativi delle famiglie che ne usufriranno, con i relativi
investimenti fatti per ognuna di essi (alimentazione, medicinali, microcrediti,
etc...) e gli eventuali benefici che le stesse ne hanno tratto (propri prodotti
alimentari, opere di manutenzione del centro e la dimostrata capacitá di
proseguire autonomamente in una corretta gestione alimentare e scolastica dei
propri figli).
2. I ndividuare aziende farmaceutiche, alimentari, fondazioni e banche disponibili a
partecipare attivamente al progetto, verificando nel corso degli anni necessari al
suo svolgimento se questa rete di supporto ha subito variazioni e in che termini i
supporti sono stati distribuiti (con donazioni in termini di denaro, di prodotti,
oppure inviando in loco esperti disponibili a seguire
e formare per un certo
periodo le persone locali).
3. Verificare il livello di coinvolgimento e di interesse dei padri di famiglia al progetto,
rendendoli parte attiva nel seguente modo:
Coinvolgerli nel mantenimento e nei lavori di manutenzione del centro (sia
collaborando nelle riparazioni ad esso necessarie, sia contribuendo con i prodotti
dei propri campi, piuttosto che del proprio bestiame, ai fabbisogni quotidiani degli
ospiti della casa), per evitare che i genitori beneficiari assumano un atteggiamento
passivo, non sentendosi partecipi del funzionamento del centro, percependolo solo
come una struttura assistenziale, in cui tutto é dovuto, per il mantenimento del
quale non é necessario impegnarsi e lavorare.
I ndicat or i di impat t o sociale:
1. Assumere il numero più elevato possibile di persone della comunitá interessata,
compatibilmente con i fondi disponibili, utilizzando un sistema di assunzione
rotativa, che permetta a piú persone di beneficiare delle opportunitá lavorative
offerte dal centro, pur mantenendo fisse alcune figure di riferimento al fine di
garantire un buon livello di qualitá professionale
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2. Aiutare la figura femminile a rivalutarsi partendo dalla valorizzazione del suo ruolo
di donna, delle sue qualitá e possibilitá, inserendo all’interno del centro un
percorso finalizzato a rivalutare l’importanza della cura dell’igiene personale,
dell’aspetto estetico e della conoscenza della sessualitá. Migliorare inoltre la
propensione delle donne alla cura della casa e dell’alimentazione facendo in modo
che affianchino periodicamente la cuoca e l’addetta alle pulizie, creando una
rotazione tra tutte le mamme ospitate nel centro. I n questo modo, oltre ad
aumentarne le competenze spendibili nella loro vita quotidiana, si vuole
accrescere il loro senso di appartenenza e di cura della casa d’accoglienza.
3. Misurare i tassi di moralità/morbilità infantile presenti nella zona del Municipio
interessata al progetto e verificarne l’andamento nel medio termine, al fine di
quantificare, anche da questo punto di vista, i miglioramenti apportati dal
progetto.
4. Quantificare il numero di persone italiane che hanno fatto esperienza di turismo
solidale legata al progetto. Dare la possibilità a chi volesse fare ricerche o tirocini
sullo stesso di svolgerli direttemante in loco, pubblicizzarlo sia in I talia che in
Nicaragua (anche tramite le agenzie di viaggio disponibili a sostenere questa
iniziativa no profit), e periodicamente organizzare degli incontri di restituzione
dell’esperienza fatta (utili anche per monitorare l’andamento del progetto)
verificando attraverso l’aumento o meno dei viaggi svolti se il progetto é sentito e
condiviso.
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Conclusioni
I n questo elaborato abbiamo cercato di delineare, in linea di massima, la situazione
socio-economica attualmente presente in Nicaragua, al fine di comprendere nel miglior
modo possibile le motivazioni che hanno portato la Cooperativa sociale Sinapsi a
investire nel progetto Artina e che hanno spinto chi scrive ad approfondire la sua
conoscenza del contesto nicaraguese. É bene specificare che il lavoro da svolto vuole
essere anche una possibile base di studio per chi in futuro volesse dedicarvisi con studi
e ricerche scientificamente piú approfondite, oltre che una panoramica utile a chi
volesse ripetere un’esperienza s imile alla nostra.
Senza nessuna pretesa proponiamo quello che, a nostro parere, potrebbe essere utile
sviluppare:
¬ Approfondire attraverso uno studio eziologico le motivazioni che hanno portato il
Nicaragua al livello denutrizionale in cui ora si trova e capire come le variabili
rilevate si combinano tra loro e quale di esse é dominante:
-
povertá estrema
-
cosmivisione della rassegnazione e cultura della predestinazione (talvolta
qui necessarie per non impazzire)
-
figli nati in etá prematura, in seguito a delle violenza o ad imposizioni
(componente psicologica che gioca un ruolo molto importante)
¬ Analisi del consumo alimentare: misurare il quantitativo di alimenti incorporati e i
valori energetici ad esso associati.
¬ Analisi approfondita della dieta famigliare quotidiana, cercando di approfondire le
motivazioni che spingono i nicaraguensi a rifiutare alcuni alimenti (in special modo
le vedure).
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