IL DISASTRO AMBIENTALE E LA LEGGE N. 68/2015

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IL DISASTRO AMBIENTALE E LA LEGGE N. 68/2015
Relazione per il Corso di Laurea magistrale in
“Giurisprudenza”
IL DISASTRO AMBIENTALE E LA LEGGE N. 68/2015
Cattedra
Diritto Penale Progredito
RELATORI
STUDENTE
Prof. Carlo Sotis
Annalisa Arcangeli
Dott.ssa Marinella Bosi
Data Discussione: 21/04/2016
ANNO ACCADEMICO 2015/2016
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INDICE
1. Introduzione: etimologia e significato del concetto di disastro………………… pag. 3
2. L’ “altro disastro” rilevante ex art. 434 c.p.……………………………………… pag. 3
2.1 La locuzione “altro disastro”…………………………………………………… pag. 4
2.2 Il disastro ambientale nella giurisprudenza di merito e di legittimità… ……
pag. 6
3. Il nuovo delitto di disastro ambientale introdotto dalla L. n. 68/2015…………… pag. 9
3.1 Il delitto di disastro ambientale ex art. 452 quater c.p.………… …………… pag. 9
3.2 Focus sull’ avverbio “abusivamente”………………………………… ………
pag.11
2
1. Introduzione: etimologia e significato del concetto di disastro
Il termine disastro è un vocabolo di derivazione latina. La sua etimologia ha origine dal sostantivo
astrum cioè “stella” che, con anteposto il prefisso dis-, assume il significato di “cattiva stella, sfortuna”. Nel linguaggio di uso comune il temine disastro riveste molteplici significati, come si
evince dalla definizione riportata nel vocabolario, ossia di una grave sciagura che provochi danni di
vaste proporzioni o causi la morte di parecchie persone; ovvero di rovina, danno irreparabile
prodotto da calamità naturali, da interventi dell’uomo sul territorio, dalla guerra, da attentati; oppure
di un avvenimento, anche clamoroso in sé, che è causa di gravi perdite o danni, anche economici 1.
In sostanza, avendo tale concetto una portata ampia di significato, ci si è interrogati se esso possa
essere inserito in un precetto penale. L’interrogativo sorge in quanto nell’ipotesi in cui il legislatore penale ricorra a termini polisensi, generici, o ambigui per descrivere uno degli elementi costitutivi
dell’illecito, tali da comportare una indeterminatezza della norma penale, si avrebbe una lesione del
principio di determinatezza previsto all’art. 25 comma 2 della Costituzione. La conseguenza di ciò è quella di finire per attribuire al giudice l’individuazione del comportamento illecito. Per tale
ragione, la questione del vulnus al principio di determinatezza è stata affrontata nel 2008 dalla
Consulta in merito all’art. 434 c.p. nella parte che prevede la punibilità di fatti diretti a cagionare un “altro disastro” da cui deriva pericolo per l’incolumità pubblica. Di questa problematica, si parlerà
nel proseguo.
2. L’ “altro disastro” rilevante ex art. 434 c.p.
Al termine del precedente paragrafo è stato citato l’art. 434 c.p. 2 – rubricato – “Crollo di costruzioni o altri disastri dolosi” – il quale è stato inserito nel Codice Penale dal legislatore del 1930 al fine di
prevedere una tutela dell’incolumità pubblica minacciata dai possibili pericoli derivanti dall’inarrestabile progresso tecnico industriale3. Si tratta di una norma integrativa e di chiusura del
sistema penale previsto al Titolo VI “Dei delitti contro l’incolumità pubblica” - Capo I “ Dei delitti
di comune pericolo mediante violenza” del codice penale, che permette di inquadrare come “ altri 1
Definizione tratta dal vocabolario on-line www.treccani.it.
Art. 434 c.p. “Chiunque, fuori dei casi preveduti dagli articoli precedenti, commette un fatto diretto a cagionare il
crollo di una costruzione o di una parte di essa ovvero un altro disastro è punito, se dal fatto deriva pericolo per la
pubblica incolumità, con la reclusione da uno a cinque anni.
La pena è della reclusione da tre a dodici anni se il crollo o il disastro avviene”.
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V. relazione del Ministro Guardasigilli Alfredo Rocco al progetto definitivo del Libro II del codice penale: “ La
disposizione dell’articolo 440 (nei lavori preparatori al codice penale, il delitto di “crollo di costruzioni o altri disastri” era previsto nel suddetto articolo, poi nel testo definitivo è stato posto all’art. 434 c.p.), nella parte che riguarda altri
disastri, ha carattere integrativo: essa, cioè, è destinata a colmare ogni eventuale lacuna che di fronte alla multiforme
varietà dei fatti possa presentarsi nelle norme di questo Titolo concernenti la tutela della pubblica incolumità. Si è
osservato che la preoccupazione del progetto che possa esservi diastro non compreso nelle specifiche previsioni di
questo Titolo sia infondata ma in verità la quotidiana esperienza dimostra come spesso le elencazioni delle leggi siano
insufficienti a comprendere tutto quanto avviene, specie in vista dello sviluppo assunto dalla attività industriale e
commerciale, ravvivata e trasformata incessantemente dai progressi meccanici e chimici.” 1929, pp. 224-225.
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disastri” ai sensi dell’art. 434 c.p., eventi diversi dai disastri tipici previsti agli artt. 422 e ss.4 e dalla
fattispecie colposa prevista all’art. 449 c.p., ma omogenei a questi sul piano strutturale. Il comma 1
dell’art. 434 c.p. prevede la punibilità di un tentativo di crollo di costruzione o di altro disastro con la pena edittale della reclusione da uno a cinque anni per “Chiunque… commette un fatto diretto a cagionare il crollo di una costruzione o di una parte di essa ovvero un altro disastro (c.d. disastro
innominato), se dal fatto deriva pericolo per la pubblica incolumità”. Orbene, nell’ipotesi del comma 1, l’incriminazione è anticipata alla messa in pericolo concreto del bene giuridico
dell’incolumità pubblica. Ciò viene confermato dal comma 2 dell’art. 434 c.p. che sanziona con la
reclusione da tre a dodici anni il crollo o il disastro avvenuto. A tal proposito si segnala come sia
diffusa e condivisa in dottrina5 l’opinione secondo cui la fattispecie prevista al comma 1 sia un
“tentativo assunto a reato consumato”6.
2.1 La locuzione “altro disastro”
Il legislatore con la locuzione “altro disastro” prevede di incriminare tutte quelle condotte idonee a cagionare un evento di disastro, diverso da quelli tipizzati al Titolo VI, Libro II, del Codice Penale.
La dottrina ha più volte evidenziato il pericolo che tale formula elastica potesse condurre alla
strumentalizzazione del delitto di disastro innominato, specialmente per inquadrare fatti di
particolare gravità sul piano sociale sprovvisti di una norma penale ad hoc. Difatti nel 2006, il
G.U.P. del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere con due ordinanze, ha sollevato una questione di
legittimità costituzionale dell’art. 434 c.p. nella parte in cui punisce “Chiunque fuori dai casi preveduti agli articoli precedenti, commette un fatto diretto a cagionare (…) un altro disastro (…)
se dal fatto deriva pericolo per la pubblica incolumità”. La questione muove da un procedimento
penale a carico di soggetti imputati di disastro innominato ex art. 434 c.p. per aver usato numerosi
terreni agricoli come discariche abusive al fine di smaltire rifiuti pericolosi, cagionando
dolosamente un “disastro ambientale”. Il rimettente ritiene che la fattispecie di disastro innominato
ex art. 434 c.p. violi il principio di determinatezza, insito nella riserva assoluta di legge, sancita al
comma 2 dell’art. 25 Cost., inoltre verrebbero lesi il diritto di difesa dell’art. 24 Cost., il principio di colpevolezza sancito all’art. 27 Cost. e la finalità di prevenzione generale della pena. La Corte
Costituzionale, con sentenza n. 327 del 30 luglio 2008, ha riunito i due procedimenti dichiarando
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Artt. 422 (Strage), 423 (Incendio), 423 bis (Incendio boschivo), 424 (Danneggiamento seguito da incendio), 425
(Circostanze Aggravanti), 426 (Inondazione, frana o valanga), 427 (Danneggiamento seguito da inondazione, frana o
valanga), 428 (Naufragio, sommersione o disastro aviatorio), 429 (Danneggiamento seguito da naufragio), 430
(Disastro ferroviario), 431 (Pericolo di disastro ferroviario causato da danneggiamento), 432 (Attentati alla sicurezza
dei trasporti), 433 (Attentati alla sicurezza degli impianti di energia elettrica e del gas, ovvero delle pubbliche
comunicazioni), 433 bis (Attentato alla sicurezza delle installazioni nucleari), 436 (Sottrazione, occultamento o guasto
di apparecchi a pubblica difesa da infortuni), 437 (Rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul
lavoro).
5
In questo senso G. Marinucci, Voce “Crollo di costruzioni” in Enciclopedia del diritto, Vol. XI, 1962, p. 411;
A. Gargani, Reati contro l’incolumità pubblico, Tomo I: Reati di comune pericolo mediante violenza, 2008, p. 423.
6
L. A. Vergine, Il c.d. disastro ambientale: l’involuzione interpretativa dell’art. 434 c.p. (parte prima) in rivista
Ambiente & Sviluppo, 2013, p. 534 ss., cit..
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non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal rimettente. Per giurisprudenza
costante della Consulta, la verifica del rispetto del principio di determinatezza della norma penale,
viene svolta, valutando l’elemento costitutivo dell’illecito, in questo caso il termine disastro, alla
luce degli altri elementi descrittivi della fattispecie e della disciplina in cui la norma è inserita. Il
concetto di disastro su cui si basa l’art. 434 c.p. nella parte in cui incrimina il c.d. disastro innominato, è un termine dai molteplici significati nell’uso comune, come evidenziato in apertura, soprattutto in una norma in cui la condotta non è descritta, trattandosi di condotte concretamente
idonee a cagionare un evento di pericolo per la pubblica incolumità, o di danno, qualora avvenga il
disastro. Ma la precisione del suddetto termine sarebbe sostenuta, ad avviso della Consulta, dal fine
di incriminare accadimenti diversi e strutturalmente omogenei ai disastri tipici. Ci si è chiesti se sia
possibile individuare, nel sistema normativo del Titolo VI del Codice Penale, dei tratti distintivi
comuni ai disastri tipizzati, prescindendo dalle singole figure di valanga, inondazione, frana,
disastro aviatorio, disastro ferroviario, ecc.. La sentenza della Corte Costituzionale ricorda come la
dottrina ha formulato una nozione unitaria di disastro, individuando due tratti distintivi: uno sotto il
profilo dimensionale, in cui si deve essere al cospetto di un evento distruttivo di proporzioni
straordinarie, anche se non necessariamente immani, atto a produrre effetti dannosi gravi,
complessi ed estesi, l’altro, sotto il profilo della proiezione offensiva, per cui l’evento deve provocare un pericolo per la vita o per l’integrità fisica di un numero indeterminato di persone;
senza che peraltro sia richiesta anche l’effettiva verificazione della morte o delle lesioni di uno o più soggetti. Tale nozione è stata accolta anche dalla giurisprudenza di legittimità, la quale si è
espressa sul delitto di disastro innominato doloso, sulla fattispecie colposa ex art. 449 c.p. e sugli
altri delitti del Capo I, Titolo VI del Codice Penale, individuando un concetto di disastro fondato sui
medesimi tratti distintivi. La Corte Costituzionale ha affermato che le interpretazioni attribuite dalla
giurisprudenza ad un termine polisenso, generico, o ambiguo, anche se costanti nel tempo, di fatto
non possono colmare una originaria imprecisione della norma penale. L’interpretazione
giurisprudenziale può solo confermare il significato che tale termine assume in quella norma.
Diversamente, si andrebbero a tradire quelli che sono gli obiettivi cui tende il principio di
determinatezza, ossia evitare che il giudice assuma il ruolo di “creatore” dei precetti penali, stabilendo l’area di liceità/illiceità, in contrasto con il principio di divisione dei poteri, a cui è ispirato il nostro ordinamento; e garantire agli individui di comprendere la conseguenza penale della
propria condotta. La Corte Costituzionale, in conclusione della sentenza, si auspica che il legislatore
possa intervenire, in maniera tale da prevedere una fattispecie autonoma per quelle ipotesi di
disastro, come il c.d. disastro ambientale, ricondotte nella locuzione “altro disastro” ex art. 434 c.p.,
attraverso operazioni interpretative spesso problematiche.
5
2.2 Il disastro ambientale nella giurisprudenza di merito e di legittimità
Tra le fattispecie che la giurisprudenza ha ricondotto all’art. 434 c.p., rientra quella del c.d. disastro
ambientale, ossia quei fenomeni di alterazione dell’ambiente e delle sue componenti (acqua, aria, suolo, sottosuolo) non percepibili nell’immediato, ma bisognosi del trascorrere del tempo per
manifestarsi. L’elaborazione di tale figura deriva dalla presenza di un sistema normativo non idoneo rispetto ad una esigenza sociale di tutela della salute pubblica minacciata da attività industriali
fortemente inquinanti. Così, attraverso un’interpretazione talvolta creativa, che si dubita possa
rientrare nel perimetro tracciato dall’interpretazione letterale della norma, vengono inquadrati nel c.d. disastro innominato fatti che, dal punto di vista strutturale, non sarebbero riconducibili all’art. 434 comma 1 c.p.. La giurisprudenza, sfruttando l’indeterminatezza di questa espressione, ha elaborato una figura giurisprudenziale che si discute ricada nel delitto dell’art. 434 c.p. o non sia piuttosto un diverso reato non previsto dal legislatore come si vedrà, almeno fino alla Legge n. 68
del 22 maggio 2015. Come si è visto esaminando la sentenza della Consulta del 2008, il disastro
innominato dovrebbe presentare gli stessi requisiti strutturali dei disastri tipici previsti al Titolo VI
del Codice Penale. La giurisprudenza, a tal proposito, ha dovuto elaborare una serie di requisiti,
alla luce dei quali poter affermare che sussista il disastro ex art. 434 c.p. a causa del silenzio della
suddetta norma, dunque si ha disastro quando viene prodotto un “evento violento e traumatico nella realtà materiale, ossia un macro-danneggiamento, di carattere tendenzialmente istantaneo, che
ponga in pericolo la vita o l’integrità fisica di una pluralità indeterminata di persone”7. In
sostanza, l’omogeneità sul piano strutturale dei disastri tipici previsti al Titolo VI del Codice Penale e del delitto di disastro innominato ex art. 434 c.p. è data dal fatto che l’evento disastro si
caratterizza per essere un macro-evento concentrato nel tempo e nello spazio e dal bene giuridico
tutelato, ossia l’incolumità pubblica. Nella medesima sentenza, la Corte Costituzionale ha enunciato
il concetto di “incolumità pubblica” agli effetti del Titolo VI del Codice Penale nel suo significato
filologico in quanto “ Bene che riguarda la vita e l’integrità fisica delle persone, comprensiva anche della salute”. Diversamente da quanto richiesto dai requisiti citati, il disastro ambientale si
caratterizza per essere uno stratificarsi nel tempo di micro-eventi dannosi che portano ad una
alterazione dell’ecosistema e delle matrici ambientali ed in cui l’evento deve danneggiare il bene ambiente. Anteriormente alla modifica normativa, la figura del disastro ambientale era venuta in
rilievo in alcune importanti vicende giudiziarie, tra le quali si ricorda quella dell’ ICMESA di
Meda, al confine con Seveso, e quella relativa al petrolchimico di Porto Marghera.
7
Cit. di A. Gargani, La protezione immediata, p. 422, tratta da L. A. Vergine, Il c.d. disastro ambientale: l’involuzione interpretativa dell’art. 434 c.p. (parte prima) in rivista Ambiente & Sviluppo, 2013, p. 534 ss..
6
La vicenda di Seveso8 è nota dal punto di vista giudiziario, anche per essere la prima volta in cui la
locuzione “altro disastro” ex art. 434 c.p. è stata utilizzata per ricondurvi quelle fattispecie concrete
consistenti in una progressiva compromissione dell’ambiente che si sia sviluppata in un prolungato
lasso di tempo, il c.d. disastro ambientale9. Il 10 luglio 1976, fuoriuscì dallo stabilimento ICMESA
di Meda, una nube contenente varie sostanze tossiche, tra cui la TCDD, detta comunemente
diossina. A causa del vento, la nube raggiunse i comuni limitrofi allo stabilimento, in particolare
Seveso. Nell’immediato, la popolazione avvertì prurito agli occhi, sintomi di cloracne, moria di animali e danni alle colture. Nel seguito, si ebbe la chiusura temporanea di attività commerciali ed
agricole dei comuni di Meda, Desio, Cesano Maderno, Seveso. L’incidente si verificò a causa dell’elevata temperatura a cui veniva svolta la produzione, il che generò una reazione chimica nel
reattore, da cui dipese la drammatica conseguenza. Con sentenza del 24 settembre 1983, il
Tribunale di Monza, ha condannato gli imputati per il reato di omissione dolosa di cautele contro
infortuni sul lavoro ex art. 437 c.p. e per quello di disastro nella fattispecie colposa ex art. 449 c.p..
Il giudice di primo grado riconobbe la condotta omissiva per la carenza dei sistemi di allarme e
dispositivi di sicurezza, e la consapevolezza degli imputati della potenziale pericolosità del tipo di
produzione. Nonché decise sul risarcimento dei danni delle parti civili. La Corte d’Appello di Milano10, e la Corte di Cassazione11, confermarono la presenza di un disastro colposo ex art. 449
c.p..
L’altra vicenda da prendere in considerazione è quella relativa al petrolchimico di Porto
Marghera12, una zona industriale situata davanti alla città di Venezia, la quale, negli anni ’60, vide tra le multinazionali che vi si stanziarono Montedison, Enichem, Enimont. Proprio i dirigenti di
queste aziende furono imputati in un procedimento penale per il delitto di disastro nella fattispecie
colposa ex art. 449 c.p.. Il motivo risiede nella prassi svolta dalle suddette aziende di sversare nella
laguna le acque reflue dei trattamenti di produzione, liquami contenti sostanze fortemente
inquinanti per l’ambiente e pericolose per la salute umana. Tra queste il cloruro di vinile monomero in sigla CVM, impiegato per la produzione di PVC. Gli altri capi d’imputazione erano per reato di strage ex art. 422 c.p, omissione di cautele sul lavoro ex art. 437 c.p. in merito alle 157 morti per
tumore, e ai 103 malati tra i dipendenti addetti alle lavorazioni del PVC. Il procedimento si è
avviato nel 1994, dalla denuncia di un ex dipendente, da cui partirono le indagini sui sistemi di
produzione del PVC nel petrolchimico. Nel 1998 iniziò il processo penale, in cui vennero fatte due
contestazioni ben distinte: la prima relativa al c.d. disastro “interno”, inerente l’esposizione dei 8
Le notizie sul fatto sono tratte da M. Perrotta, Seveso, era il 10 luglio 1976 quando l’Italia scoprì la tragedia dell’inquinamento, 2013, su www.ecoblog.it.
9
G.P. Accinni, Disastro”ambientale” ed elusione fiscale: due paradigmatici esempi di sostanziale violazione del
principio di legalità in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 2015 p.763, cit..
10
Sent. Sez. Pen. II, 10/07/1985.
11
Cass. Sez. Pen. IV, 23/05/1986.
12
Le notizie sul fatto sono tratte da Processo per il petrolchimico tutti assolti i 28 imputati, articolo su
www.Repubblica.it/cronaca, 2 novembre 2001.
7
lavoratori alle sostanze chimiche; la seconda relativa al c.d. disastro “esterno”, inerente l’inquinamento ambientale che ha riguardato le aree adiacenti lo stabilimento, le zone limitrofe, le
falde acquifere, la laguna e l’aria. Il Tribunale di Venezia13, si pronunciò assolvendo gli imputati sia
per il delitto di disastro colposo ai sensi degli artt. 434 e 449 c.p. sia per l’omissione di cautele sul lavoro ex art. 437 c.p.. La Corte d’Appello di Venezia14, nel 2004 dichiarò il reato di omissione di
cautele sul lavoro prescritto. Per quel che concerne il delitto di disastro innominato colposo ai sensi
degli artt. 434 e 449 c.p., la Corte d’Appello ha ritenuto di dover condividere la tesi del Tribunale di
Venezia, il quale escludeva la sussistenza del suddetto delitto. Argomentando che, “per dottrina e
giurisprudenza, il disastro sussiste se vi è esposizione a pericolo della pubblica incolumità
provocata da un evento di danno per persone e cose”, nel caso in questione “non è possibile parlare di un evento di danno grave e complesso nel senso naturalistico in quanto l’inquinamento dei canali lagunari si è verificato nel corso degli anni ad opera prevalentemente di varie attività
industriali estranee al presente procedimento e con un modesto contributo del Petrolchimico”.
Anche nel caso in cui si accettasse la tesi dell’evento di danno a formazione progressiva, viene a mancare il requisito dei delitti contro l’incolumità pubblica, ossia il pericolo reale e concreto per la pubblica incolumità. La Corte d’Appello aggiunge che, “il presente procedimento non è riuscito ad
evidenziare la presenza di un concreto pericolo reale derivante dall’inquinamento cagionato dal Petrolchimico” in quanto i sedimenti provenienti dai canali circostanti lo stabilimento hanno
dimostrato concentrazioni di inquinanti che non superano i limiti di tollerabilità stabiliti15. Va
specificato che la Suprema Corte16 aveva affermato come il disastro potesse “ realizzarsi in un arco di tempo molto prolungato, senza che si verifichi un evento disastroso immediatamente percepibile
e purché si verifichi quella compromissione delle caratteristiche di sicurezza, di tutela della salute
e di altri valori della persona e della collettività che consentono di affermare l’esistenza di una lesione della pubblica incolumità”17. Tale affermazione si riferiva esclusivamente al disastro
“interno” allo stabilimento. Dunque, secondo una parte della dottrina18 la vicenda processuale di
Porto Marghera è stata travisata ed erroneamente individuata come modello di riferimento
giurisprudenziale per quel che concerne le ipotesi di disastro ambientale “a formazione
progressiva”. Eppure, sulla scia della pronuncia della Cassazione riguardo tale vicenda, si sono
13
Sent. 02/11/2001
Sent. Corte d’appello di Venezia, Sez. Pen. II, 15/12/2004.
15
La sentenza è tratta da www.paolodorigo.it/2004_12_15_SentenzaTribVE_Petrolchimico.pdf
16
Cass. Sez. Pen. IV, 06/02/2007.
17
Cit. della sentenza tratta da G.P. Accinni, Disastro”ambientale” ed elusione fiscale: due paradigmatici esempi di sostanziale violazione del principio di legalità in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 2015 p.763.
18
V. G.P. Accinni, Disastro “ambientale” ed elusione fiscale: due paradigmatici esempi di sostanziale violazione del principio di legalità in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 2015 p.763.
14
8
susseguiti una serie di interventi della giurisprudenza19 in tema di disastro ambientale che sono
andati, impropriamente, a colmare un evidente vuoto normativo.
3. Il nuovo delitto di disastro ambientale introdotto dalla L. n. 68/2015
Nel 2008 fu approvata la direttiva 2008/99/CE, emanata al fine di tutelare l’ambiente in modo più efficace, anche attraverso il diritto penale20, e di strutturare un sistema normativo che punisse
condotte illecite che potessero danneggiare o porre in pericolo concreto l’ecosistema, le matrici ambientali o la salute pubblica. Un primo recepimento della citata direttiva è avvenuto con il D.
Lgs. n. 121 del 2011 che ha introdotto nel codice penale due fattispecie di natura
contravvenzionale21. Ulteriore recepimento della direttiva è avvenuto con la L. n. 68 del 22/05/2015
con cui è stato introdotto all’interno del codice penale il Titolo VI bis rubricato “Dei delitti contro l’ambiente” costituito da dodici articoli tra cui cinque nuovi delitti a tutela dell’ambiente e dell’ecosistema. Essi sono: art. 452 bis “Inquinamento ambientale”;; art. 452 quater “Disastro ambientale”;; art. 452 sexies “Traffico ed abbandono di materiale ad alta radioattività”;; art. 452 septies “Impedimento del controllo”;; art. 452 terdecies “ Omessa bonifica”. L’aspetto peculiare che differenzia questa nuova legislazione in materia ambientale rispetto al passato consiste nell’acquisto da parte del bene giuridico ambiente di una autonoma meritevolezza di tutela. Fino al 2015 il bene
ambiente era tutelato solo in quanto strumentale alla tutela del bene giuridico finale della incolumità
o salute pubblica22. Oggi, quindi, a differenza del passato, il disastro ambientale è oggetto di una
autonoma previsione.
3.1 Il delitto di disastro ambientale ex art. 452 quater c.p.
La legge n. 68 del 2015 ha introdotto l’art. 452 quater c.p. – rubricato – “disastro ambientale” – con
cui punisce con la reclusione da cinque a quindici anni chiunque “fuori dai casi previsti all’art. 434, abusivamente cagiona un disastro ambientale”. La nuova norma del disastro ambientale è costituita
secondo due nuclei di disvalore: quello di evento, tanto che gli eventi di disastro sono tipizzati nel
comma 2, e quello di condotta, espresso dalla clausola di illiceità speciale “abusivamente”. Al
19
Sent. n. 2 del 02/02/2015 della Corte di Assise di Chieti che, richiamando le vicende del petrolchimico di Porto
Marghera è giunta a riconoscere la sussistenza dell’ipotesi di “disastro ambientale” sulla scorta della mera contaminazione di matrici ambientali scaturente da attività industriale protrattasi in un lungo arco temporale, da G.P.
Accinni, Disastro”ambientale” ed elusione fiscale: due paradigmatici esempi di sostanziale violazione del principio di
legalità in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 2015 p.763.
20
Art. 1 della Direttiva 2008/99/CE <<La presente direttiva istituisce misure collegate al diritto penale allo scopo di
tutelare l’ambiente in modo più efficace>>.
21
Artt. 727 bis (Uccisione, distruzione, cattura, prelievo di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette) e
733 bis c.p. (Distruzione o deterioramento di habitat all’interno di un sito protetto).
22
Cfr. L. Masera, I nuovi delitti contro l’ambiente. Voce per il “Libro dell’anno del diritto Treccani 2016” in Diritto
Penale Contemporaneo, 17 dicembre 2015, www.penalecontemporaneo.it p.3; L. Siracusa, La legge 22 maggio 2015,
n.68 sugli “ecodelitti”: una svolta “quasi” epocale per il diritto penale dell’ambiente in Diritto Penale Contemporaneo,
9 luglio 2015, www.penalecontemporaneo.it p.5. Interessante è la visione esposta da M. Catenacci che, nella dialettica
tra i due orientamenti legislativi in materia ambientale, uno “ecocentrico” e l’altro “antropocentrico”, vede prevalere in questa riforma la visione che protegge l’ambiente in quanto bene strumentale rispetto alla tutela della incolumità pubblica, I delitti contro l’ambiente tra aspettative e realtà in Diritto Penale e Processo, 2015, p.1069 ss..
9
comma 2 il legislatore ha voluto specificare quali siano gli eventi che, alternativamente,
costituiscono disastro ambientale: “1) l’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema;; 2) l’alterazione dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali;; 3) l’offesa alla pubblica incolumità in ragione
della rilevanza del fatto per l’estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo”. Al comma 3 è prevista una circostanza
aggravante qualora il disastro “è prodotto in un area naturale protetta o sottoposta a vincolo
paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di
specie animali o vegetali protette”. Il delitto di disastro ambientale va interpretato anche in rapporto
con il nuovo delitto di inquinamento ambientale dell’art. 452 bis c.p.23, anch’ esso introdotto dalla
riforma del 2015. Le ipotesi previste al n.1 e 2 dell’art. 452 quater c.p. si pongono in continuità
normativa rispetto agli eventi di compromissione e deterioramento previsti per il delitto di
inquinamento ambientale all’art. 452 bis c.p., trattandosi di forme di danneggiamento
dell’ecosistema più gravi. Tuttavia non si esclude che possano essere coincidenti con l’evento della compromissione prevista all’art. 452 bis c.p.. Entrambi gli eventi di danno di cui al n. 1 e 2 si
riferiscono ad alterazione irreversibile o reversibile ma solamente con provvedimenti eccezionali e
particolarmente onerosi dell’ecosistema24. Il dato letterale, porterebbe ad escludere la
configurabilità del delitto di disastro ambientale per quelle ipotesi di alterazione concernenti le
singoli matrici ambientali, ossia acqua, aria, suolo, sottosuolo, mancando il riferimento
nell’articolo. Al contrario, nel delitto di inquinamento ambientale ex art. 452 bis c.p. il legislatore
ha specificato come il deterioramento o la compromissione possano riguardare, oltre che
l’ecosistema, anche le singole matrici ambientali “1) delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo”. L’evento di disastro ambientale previsto al n.3 è quello che
presenta maggiori criticità, specialmente in riferimento all’espressione “offesa alla pubblica
incolumità”. Nei delitti di disastro del Titolo VI del Codice Penale abbiamo osservato come il bene
giuridico incolumità pubblica venisse tutelato mediante la previsione di condotte che fossero idonee
a porre in pericolo l’incolumità pubblica, indipendentemente dal danno arrecato ai singoli individui.
23
Art. 452 bis c.p. “Inquinamento ambientale - punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro
10.000 a 100.000 chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili:
1)delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo;; 2)di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna.
Quando l’inquinamento è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata”.
24
Interessante è il tentativo di definizione del termine “ecosistema” da parte di A.H. Bell e A. Valsecchi, Il nuovo
delitto di disastro ambientale: una norma che difficilmente avrebbe potuto essere scritta peggio in Diritto Penale
Contemporaneo, 21 luglio 2015, www.penalecontemporaneo.it p.6, i quali attingono all’allegato 1 del D. p. c. m. del 27 dicembre 1988, che descriveva per “ecosistemi” i “complessi di componenti e fattori fisici, chimici e biologici tra loro
interagenti ed interdipendenti che formano un sistema unitario ed identificabile per propria struttura, funzionamento ed
evoluzione temporale”. Inoltre sottolineano come, nel pensiero del legislatore, ecosistema si differenzi sia dall’ambiente come dimostrerebbe l’art. 117 comma 2 Cost. lett. s) “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali” sia
dalle singole matrici ambientali, “dalla biodiversità, anche agraria, dalla fauna e dalla flora” come si evince
dall’enunciato dell’art. 452 bis c.p..
10
Dunque, essendo l’incolumità pubblica un bene collettivo e a soggettività indeterminata, anche
nell’ipotesi n.3 dell’art. 452 quater c.p. l’offesa non può che consistere nella messa in pericolo di
tale bene. Qualora si venissero a configurare danni alle singole persone (omicidio o lesioni
personali) si andrebbe a configurare il concorso del disastro ambientale con i reati contro la
persona25. Dalla lettura della definizione di disastro ambientale presente al n.3 non sembra emergere
la necessità di un danno all’ambiente da cui possa derivare un pericolo per l’incolumità pubblica, bensì sembra prospettarsi una inedita forma di disastro sanitario26. Facendo riferimento alla
clausola di sussidiarietà espressa “Fuori dai casi previsti dall’art. 434”, alcuni esponenti della
dottrina27 hanno evidenziato come tale clausola possa essere stata inserita dal legislatore con la
finalità di evitare di far interferire la fattispecie di disastro ambientale prevista al n.3 con i
procedimenti in corso per l’accertamento della responsabilità penale per il delitto di disastro
innominato ex art. 434 c.p.. In realtà, questo scrupolo del legislatore è del tutto superfluo in quanto
il delitto di disastro ambientale ex art. 452 quater c.p. è punito con una pena più grave (reclusione
da cinque a quindici anni) rispetto a quella prevista all’art. 434 c.p. (reclusione da uno a cinque
anni; se il disastro avviene, da tre a dodici) e dunque si sarebbe applicato solo ai casi successivi
all’entrata in vigore della legge n. 68/201528. Il delitto di disastro ambientale è un reato d’evento a forma libera (o causalmente orientata) in cui vengono incriminate tutte quelle condotte attive od
omissive che abbiano cagionato uno dei tre eventi previsti al comma 2 dell’art. 452 quater c.p..
Pertanto, per quanto riguarda la configurabilità del reato attraverso una condotta omissiva, è
richiesto che il soggetto agente abbia l’obbligo giuridico di impedire l’evento ex art. 40 comma 2 c.p..
3.2 Focus sull’avverbio “abusivamente”
Ciò che caratterizza la condotta punibile ai sensi dell’art. 452 quater c.p. è l’elemento di disvalore
dell’abusività. Rispetto al testo inizialmente proposto in sede di lavori preparatori, la scelta del
legislatore di inserire la clausola di illiceità speciale costituita dal termine “abusivamente” ha
permesso di ampliare i contorni dell’area della illiceità29. Permettendo di ricomprendere anche
quegli eventi di danno ambientale la cui condotta fosse realizzata in violazione delle norme poste a
25
Cit. tratta da L. Masera, I nuovi delitti contro l’ambiente. Voce per il “Libro dell’anno del diritto Treccani 2016”in
Diritto Penale Contemporaneo, 17 dicembre 2015, p. 11.
26
In questo senso vedi L. Masera, I nuovi delitti contro l’ambiente. Voce per il “Libro dell’anno del diritto Treccani 2016” in Diritto Penale Contemporaneo, 17 dicembre 2015, p.11; e A.H. Bell e A. Valsecchi, Il nuovo delitto di
disastro ambientale: una norma che difficilmente avrebbe potuto essere scritta peggio in Diritto Penale
Contemporaneo, 21 luglio 2015, p. 5.
27
V. L. Masera, I nuovi delitti contro l’ambiente. Voce per il “Libro dell’anno del diritto Treccani 2016”in Diritto
Penale Contemporaneo, 17 dicembre 2015, pp.12-13; e A.H. Bell e A. Valsecchi, Il nuovo delitto di disastro
ambientale: una norma che difficilmente avrebbe potuto essere scritta peggio in Diritto Penale Contemporaneo, 21
luglio 2015, pp. 9- 10.
28
In questo senso L. Masera, I nuovi delitti contro l’ambiente. Voce per il “Libro dell’anno del diritto Treccani 2016”
in Diritto Penale Contemporaneo, 17 dicembre 2015, p. 13.
29
Vedi infra nel testo.
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tutela di beni diversi dall’ambiente, ma indirettamente collegati a questo, come le disposizioni a tutela del territorio, del paesaggio, della sicurezza sul lavoro, ecc.. A tal proposito, si richiama il
testo della norma approvata dalla Camera dei Deputati30 riguardante il disastro ambientale in cui era
presente la seguente formula “in violazione di disposizioni legislative, regolamentari o
amministrative, specificamente poste a tutela dell’ambiente e la cui inosservanza costituisce di per sé illecito amministrativo o penale” poi modificata dal Senato con l’avverbio “abusivamente”. Se
fosse rimasta la precedente formulazione sarebbero state punite per disastro ambientale solo quelle
condotte che avessero cagionato un danno all’ambiente realizzate in violazione di disposizioni penali o amministrative poste a tutela di tale bene. Ciò avrebbe avuto una portata restrittiva per quel
che concerne la rilevanza penale. Un’ulteriore ragione che ha spinto il legislatore a modificare il
testo del disastro ambientale con l’inserimento della clausola di illiceità citata è la volontà di
superare i problemi derivanti da un concorso di reati, concorso apparente di norme penali o di
applicazione del principio di specialità previsto all’art. 9 l. n. 689 del 24/11/198131 nel caso
dell’illecito amministrativo, tra il delitto di disastro ambientale e le violazioni delle norme penali o
amministrative a tutela dell’ambiente. Su quest’ultimo punto va chiarito che, verosimilmente, la
giurisprudenza tenderà a considerare assorbite nella più grave fattispecie di disastro ex art. 452
quater quelle violazioni di disposizioni penali o amministrative poste a tutela dell’ambiente, ma avendo inserito l’avverbio “abusivamente” quello stesso problema di concorso si ripresenterà per le violazioni di norme penali o amministrative poste a tutela dei beni giuridici diversi dall’ambiente, ma ad esso collegati32. Al di là delle ragioni per cui il legislatore ha inserito l’avverbio “abusivamente”, il problema che ne consegue è quello del significato che questo termine assume
nella fattispecie in cui è posto. Nel codice penale è frequente questo termine, in alcuni casi 33 il
termine rimanda ad una condotta clandestina, non autorizzata oppure non giustificata; in altri casi34
“abuso” assume il suo significato letterale, ossia in cui l’utilizzo di un potere, di una facoltà, o di un
titolo è eccessivo ovvero viene piegato a fini diversi da quelli per i quali è pensato. In diritto penale
ambientale, l’avverbio è presente all’art. 260 del D. lgs. n. 152/2006 (Testo unico sull’ambiente), il
quale punisce il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti. Al comma 1 prevede
30
Il delitto di disastro ambientale prevedeva la reclusione da cinque a quindici anni per “Chiunque, in violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, specificamente poste a tutela dell’ambiente e la cui
inosservanza costituisce di per sé illecito amministrativo o penale, o comunque abusivamente, cagiona un disastro
ambientale”.
31
Art. 9 l. n.689/1981 <<Quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede
una sanzione amministrativa, ovvero da una pluralità di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative, si applica
la disposizione speciale. Tuttavia quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione
regionale o delle province autonome di Trento e di Bolzano che preveda una sanzione amministrativa, si applica in ogni
caso la disposizione penale, salvo che quest’ultima sia applicabile solo in mancanza di altre disposizioni penali>>.
32
Cfr. A. H. Bell e A. Valsecchi, Il nuovo delitto di disastro ambientale: una norma che difficilmente avrebbe potuto
essere scritta peggio in Diritto Penale Contemporaneo, 21 luglio 2015, pp. 12-13.
33
Art. 348 (Abusivo esercizio di una professione); art. 445 (Somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la
salute pubblica); art. 615 ter (Accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico); art. 621 (Rivelazione del
contenuto di documenti segreti).
34
V. artt. 323, 571, 643, 661, inoltre i casi in cui l’abuso di una posizione o di una qualità costituisca una circostanza aggravante.
12
“Chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque
gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione da uno a sei anni”.
Sull’interpretazione da attribuire all’avverbio abusivamente presente nell’art. 260 del T.U.A., si era
espressa la Corte di Cassazione in varie sentenze, in cui emerge come il significato da attribuire a
questo termine non sia pacifico. In una pronuncia35, la Suprema Corte aveva dichiarato che la
gestione dei rifiuti fosse abusiva, dunque punibile per il delitto di traffico illecito di rifiuti solo
quando fosse clandestina, ossia l’attività venga svolta in assenza di titoli abilitativi o in violazione delle regole in materia di gestione dei rifiuti. In altra sentenza36, la Corte di Cassazione aveva
dichiarato che l’abusività della condotta “può sussistere anche quando la concreta gestione dei rifiuti risulti totalmente difforme dall’attività autorizzata”, non essendo, dunque, l’assenza dell’autorizzazione determinante per configurare il suddetto delitto. Nella relazione dell’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione alla L. n. 68/2015, si fa presente come alla luce di una
sommaria ricognizione degli orientamenti della giurisprudenza di legittimità in materia ambientale,
con il suddetto termine non ci si riferisce solo a quei fatti commessi in assenza di autorizzazione ma
si estenda anche ai casi in cui le autorizzazioni siano scadute o manifestamente illegittime o non
idonee allo svolgimento dell’attività richiesta, ovvero in violazione delle prescrizioni e dei limiti
previsti dalle autorizzazioni amministrative o dalla disciplina che regola quella materia 37. L’aspetto problematico dell’avverbio “abusivamente” ricorre nei casi in cui si è in presenza di
un’autorizzazione illegittima, ossia vi è un autorizzazione formalmente valida, ma contrastante con
le disposizioni legislative. Nella giurisprudenza di legittimità in materia di rifiuti è stata accertata la
sussistenza del requisito dell’abusività in presenza di autorizzazioni manifestamente illegittime.
Dunque, anche per quanto concerne il delitto di disastro ambientale ex art. 452 quater c.p. la mera
presenza di un provvedimento autorizzatorio a svolgere un’attività, da cui poi deriva un danno all’ambiente, non è un impedimento al giudice penale di ritenere quell’attività abusiva. Ciò solleva un’ulteriore problema tra la P.A. che rilascia le autorizzazioni e la magistratura penale che disapplica l’autorizzazione illegittima. Pur essendo questo avverbio, necessario per ricomprendere
in modo ampio tutte quelle condotte che cagionano danni o pongono in pericolo concreto il bene
ambiente, è possibile che esso contribuisca ad acuire uno “scontro istituzionale” tra P.A. e
magistratura. Il problema investe il limite di sindacabilità del giudice penale degli atti
amministrativi che autorizzano lo svolgimento di attività industriali. La riforma dei c.d. “eco-delitti” era molto attesa, proprio in virtù del fatto che, potesse essere l’occasione per dirimere questo
scontro, ossia comprendere fino a che punto il giudice possa perseguire condotte dannose o
pericolose per il bene ambiente e la salute pubblica, nonostante ci sia un’autorizzazione rilasciata 35
Cass. Sez. III, n. 46029 del 06/11/2008.
Cass. Sez. III, n. 44449 del 15/10/2013.
37
Cfr. Relazione Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione alla L. n.68/2015, pp. 11-12
36
13
dalla P.A., che confermerebbe la liceità dell’attività. L’orientamento giurisprudenziale, criticato
dalla dottrina maggioritaria, è quello secondo cui qualora da una condotta autorizzata da un atto
amministrativo risulta derivare un evento di danno conforme a quello tipizzato dalla norma, questa
andrà punita. La dottrina, invece, richiama il rispetto del principio di colpevolezza, di conseguenza
il giudice penale dovrà accertare, caso per caso, se il soggetto agente fosse o meno a conoscenza
che l’atto amministrativo fosse illegittimo38.
In ogni caso, pur essendo il concetto di abuso caratterizzato da una certa indeterminatezza, una
parte della dottrina ritiene che l’art. 452 quater c.p. possa superare la verifica della Corte
Costituzionale in termini di determinatezza39.
38
Cfr. M. Catenacci, I delitti contro l’ambiente fra aspettative e realtà in rivista Diritto Penale e Processo, 2015, p.
1069 ss.; M. Bosi, Rilevanza delle condotte realizzate abusivamente tra rischio ed evento ambientali, p. 9.
39
In questo senso v. M. Catenacci, I delitti contro l’ambiente fra aspettative e realtà in rivista Diritto Penale e
Processo, 2015, p. 1069 ss.; in senso contrario v. A.H. Bell e A. Valsecchi, Il nuovo delitto di disastro ambientale: una
norma che difficilmente avrebbe potuto essere scritta peggio in Diritto Penale Contemporaneo, 21 luglio 2015, p. 9.
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