scritti d`Africa

Transcript

scritti d`Africa
LEGGERE L’AFRICA
di Rosella Clavari e Anna Fresu (Ass. Cult. Scritti d’Africa)
L’Africa che conosciamo è:
paesaggi stupendi, natura selvaggia e incontaminata, lunghe spiagge orlate di palme,
cieli di un azzurro impossibile, cammelli e Land Rover, immagini da documentari
televisivi e vacanze per turisti danarosi;
guerre, fame, siccità, miseria, spazzatura, bambini abbandonati, malaria, dissenteria,
aids, corruzione;
azioni umanitarie e grandi affari;
creature stupende, irraggiungibili sulle passerelle dell’alta moda e su riviste patinate;
“mal d’Africa”.
Ogni cosa è vista con i nostri occhi, raccontata con le nostre parole.
Ma che posto hanno gli sguardi, le parole dell’altro, dell’uomo e dalla donna africani,in
tutto questo?
Questi sguardi, queste parole sono stati a lungo negati da secoli di
colonialismo, da interessi strategici ed economici, dall’impoverimento e
dall’indifferenza.
Ma l’Africa che si è liberata dal colonialismo, l’Africa che ha costruito nazioni, identità,
che lotta contro i mali che l’affliggono, ha conquistato il diritto alla parola, a far
sentire la propria voce.
E quelle parole di cui uomini e donne sono sempre stati maestri nei lunghi racconti
intorno al fuoco, negli spiazzi dei villaggi, in mezzo al vociare di un suq, quelle parole
che hanno aiutato a difendere la propria identità attraverso la trasmissione di
genealogie, miti e leggende, anche durante la dominazione coloniale, sono
diventate segni, “nero su bianco”, poesie, racconti, romanzi in cui gli scrittori
africani riaffermano il proprio diritto a raccontare se stessi, la loro storia, la
loro visione del mondo.
E per conciliare le molte lingue che compongono i loro paesi, per fare arrivare
più lontano le loro voci, con qualche rara eccezione, utilizzano le lingue dei colonizzatori,
alle quali i governi dopo le indipendenze hanno dato quasi sempre lo statuto di lingua di
unificazione nazionale.
Lo fanno però appropriandosi completamente di questa lingua, piegandola,
reinventandola, mescolando lessico, espressioni idiomatiche, sintassi delle
lingue parlate, traducendo sempre e comunque l’immaginario, il vissuto del
loro essere africani.
Dagli anni ‘50-’60, che hanno visto l’insorgere delle guerre di liberazione e delle prime
indipendenze fino alla metà degli anni ‘70, in cui si realizzarono finalmente le
indipendenze anche nelle ex-colonie portoghesi, fino ad oggi, c’è stata in
Africa una grande produzione letteraria in francese, in inglese, in portoghese.
Forse il ritardo dell’editoria italiana nella divulgazione di queste opere è dovuto anche
alla necessità di doverle tradurre; forse l’interesse per l’Africa non faceva mercato.
In questi anni però le cose stanno cambiando, soprattutto per l’impegno di alcuni editori
(in particolare piccoli e medi), grazie ai quali è possibile trovare in libreria numerosi titoli
principalmente di autori sudafricani, ma anche del Congo, del Camerun, della Costa
D’Avorio, del Marocco, dell’Algeria, dell’Egitto, del Mozambico, dell’Angola, delle isole di
Capo Verde.
L’attenzione sulla letteratura africana è stata sicuramente richiamata anche dai premi
Nobel conferiti al nigeriano Wole Soyinka, alla sudafricana Nadine Gordimer, all’egiziano
Nagib Mahfuz; da cattedre o corsi sulle letterature africane presso alcune università
italiane; dall’azione di alcune associazioni culturali, come “Scritti d’Africa”, che da
circa dieci anni si propone di far conoscere questa letteratura e il mondo in cui
essa si inscrive a un più vasto pubblico, ma anche di stimolare la curiosità del
mondo editoriale e del mondo della scuola attraverso eventi, tavole rotonde,
pubblicazioni, spettacoli.
A coloro che si chiedono perché lo scrittore africano scrive, che cosa gli dà la voglia,
la forza di farlo, anche in mezzo a situazioni così difficili e complesse – “a che serve,
insomma, uno scrittore in Africa”, l’autore congolese Emmanuel Dongala risponde:
“(…) In un continente martoriato e disperato, dobbiamo fare in modo che la gioventù
tradita dalla politica non perda la speranza e sappia che la vita non è soltanto fame,
malattia, povertà, guerra e uomini politici che si comportano da capi delle milizie; che la
vita può essere vissuta diversamente, può essere migliore, i fiori esistono e il vino di
palma non si beve solo durante le veglie funebri, ma anche per i matrimoni e le nascite.
(…) Quando, nell’esercizio del nostro mestiere, riusciamo a strappare un sorriso a un
uomo o a una donna al colmo della disperazione è una vita umana che abbiamo salvato,
perché quel sorriso è un’apertura alla speranza, una scommessa per la vita”. (trad. M.
José Hoyet)
E il grande poeta mozambicano José Craveirinha, autore di grande coscienza civile, alla
stessa domanda, durante la lunga guerra che sconvolse il suo paese dopo
l’indipendenza, mi rispose: “Il melo dà le mele. Io sono poeta…che altro potrei dare?”
LA LETTERATURA AFRICANA IN ITALIA
La comparsa della letteratura africana nelle lingue europee è relativamente giovane nel
panorama internazionale. La cultura africana, pur vantando un’antica tradizione
scritta nell’area subsahariana (per es. in Etiopia fin dal V sec d.C.) si è espressa per
millenni e tuttora si manifesta nella tradizione orale attraverso racconti,
proverbi, parabole, miti e leggende.
L’originalità della sua espressione sta nel non aver rinnegato questo grande patrimonio
della tradizione orale, spesso travasandolo nella forma scritta in una lingua che non è
quella di appartenenza ma quella dei paesi colonizzatori: Francia, Inghilterra, Portogallo.
La più ampia produzione di opere risale all’epoca dell’indipendenza dei vari
stati africani, dagli anni sessanta agli anni settanta. Possiamo parlare in linea generale
di tre aree letterarie:
francofona, anglofona, lusofona, accanto a Maghreb, Egitto e Sudan, dove
l’influenza culturale araba è presente nella lingua e nella letteratura accanto a quella
europea. A tale proposito dobbiamo ricordare che l’uso di una lingua europea da parte
degli scrittori africani non sempre viene accettato di buon grado; tuttavia l’esigenza di
farsi conoscere a livello mondiale e di imporsi nel mercato editoriale, ha imposto la
scelta delle lingue europee. Per un approfondimento di questa tematica rimandiamo ai
testi di Cristina Brambilla (Letterature africane in lingue europee) e di Albert Gerard
(Letterature in lingue africane), editi entrambi da Jaca Book.
I mass-media spesso ci riportano dell’Africa l’aspetto più drammatico della
povertà, della fame, delle guerre: piaghe sociali che purtroppo esistono e che
sollecitano la solidarietà di molti popoli, una solidarietà che non può tuttavia
prescindere da una più approfondita conoscenza della cultura africana. Leggere un libro
di un autore africano significa avvicinarsi di più alla sua vita, al suo mondo e nutrirsi
della sua ricchezza, poiché la forza di un libro, presso tutti i popoli, è proprio questa.
Un racconto o un romanzo che descrivono una situazione conflittuale possono, infatti,
essere più incisivi e informativi di un intero libro di storia o di una cronaca televisiva;
ecco che la tragedia dei bambini-soldato affiora tra le pagine di Allah non è mica
obbligato dello scrittore ivoriano Ahmadou Kourouma; il tema dei bambini di strada
abbandonati al loro solitario destino viene affrontato con accenti di toccante umanità
dallo scrittore della Guinea Tierno Monénembo, nel suo Il grande orfano. Questo tanto
per rimanere aderenti alla più cruda attualità.
Riflettendo su quelle che possono essere considerate delle caratteristiche o
tematiche ricorrenti nella letteratura africana contemporanea, possiamo,
sempre in maniera puramente orientativa e generale, individuare i seguenti elementi:
in primo luogo l’importanza dell’oralità, della letteratura della memoria di atavica
tradizione e del parlar comune;
- il rapporto esclusivo con la natura, verso cui si nutre un sacro rispetto anche per la
credenza religiosa che essa sia abitata dagli spiriti;
- il senso di appartenenza alla propria terra, alle proprie radici e di conseguenza il
rispetto verso gli anziani e il culto degli antenati;
- il rapporto conflittuale città-villaggio e città-suburbio;
- la lotta politica contro il colonialismo, l’indipendenza, la costruzione della nazione.
La produzione poetica merita un discorso a parte, così come la letteratura della
diaspora africana, vale a dire degli africani arrivati in un altro continente attraverso la
tratta degli schiavi e l’emigrazione e che lì si sono insediati per generazioni (afroamericani, antillani, garfuras dell’America Centrale, caraibici, afro-europei etc).
Un capitolo a parte merita poi l’Africa degli immigrati in Italia, che ha imparato
a raccontarsi nella nostra lingua e che ha già dato vaste testimonianze: una letteratura
giovane, anche per l’età dei suoi autori, che sta contribuendo all’evoluzione e
all’arricchimento della nostra lingua e della nostra letteratura.
Volendo fare un breve excursus nel panorama della letteratura africana odierna ci
atterremo alle opere tradotte in italiano, affrontando volta per volta i paesi delle varie
aree che si esprimono in lingua portoghese, francese o inglese, e tenendo conto che la
produzione si è notevolmente incrementata nell’ultimo decennio grazie all’attività di
piccoli e medi editori come:
E/O, Sinnos, Edizioni Lavoro, Socrates, Besa, AIEP-Guaraldi, Ilisso, Gorée, per
citarne alcuni.
Ci riferiremo soprattutto agli autori africani di maggior spicco, senza voler fare torto a
nessuno. E’ solo l’inizio di un grande viaggio in cui speriamo che gli esploratori
divengano sempre più numerosi.
Sempre in tema di viaggio non è casuale che iniziamo il discorso dalle opere di
espressione portoghese: i primi contatti tra l’Africa nera e l’Europa avvennero infatti
al tempo delle esplorazioni portoghesi, quando Bartolomeo Diaz raggiungeva il Capo di
Buona Speranza nel 1487 e Vasco de Gama risaliva la costa orientale africana nel 1498.
LETTERATURA AFRICANA IN LINGUA PORTOGHESE
Mario Pinto de Andrade, intellettuale angolano, ha raccolto nell’antologia in due
volumi Letteratura negra pubblicata nel 1961 (Editori Riuniti), con prefazione di Pier
Paolo Pasolini, una selezione della produzione in prosa e poesia di scrittori dell’intero
continente africano (oltre a autori afro-caraibici e afro-americani), nella quale trova
risalto la poesia in lingua portoghese rappresentata da Agostinho Neto (primo
presidente dell’Angola indipendente) e ancora dall’angolano Viriato da Cruz, i
capoverdiani Josè Barbosa, Gabriele Mariano e Ovidio Martins, la mozambicana
Noemia de Sousa e il santomense José Tenreiro, nonché la prosa dell’angolano
Castro Soromenho.
Negli anni sessanta appaiono tre antologie poetiche, Con occhi asciutti (Il Saggiatore,
1963), dedicata a Agostinho Neto e curata da Joyce Lussu, che nel ‘66 cura anche
Cantico a un dio di catrame (Lerici) del mozambicano José Craveirinha; nel ‘69 Poesia
africana di rivolta a cura di G. Tavani e M.Vargas.
Sono poesie di affermazione della propria identità culturale, di denuncia
contro il regime coloniale portoghese, di esortazione alla ribellione e alla
lotta.
Seguirà poi un lungo periodo di silenzio interrotto nel 1981 da Poesia Angolana
moderna a cura di Fernanda Torriello e solo nel ‘91 da una nuova antologia poetica di
José Craveirinha, Voglio essere tamburo (Centro Internazionale della Grafica a cura di J.
Lussu e A. Fresu), e nel ‘94 per la stessa casa editrice e sempre a cura della Lussu
Agostinho Neto.
Grandi narratori come gli angolani Luandino Vieira, Pepetela e José Eduardo
Agualusa, i mozambicani Luís Bernardo Honwana, Mia Couto, Ungulami Ba Ka
Khosa, Paulina Chiziane e i capoverdiani Orlanda Amarilis e Germano Almeida,
che sono espressione delle grandi trasformazioni politiche culturali ed economiche che i
loro paesi attraversano, appaiono nelle nostre librerie con notevole ritardo.
Da segnalare l’uscita nel 1999 di Africana – Racconti dall’Africa che scrive in portoghese
a cura di Vincenzo Barca e Roberto Francavilla (Feltrinelli), che dà un notevole
contributo alla conoscenza di questa letteratura attraverso storie in cui risaltano la
relazione fra l’africano e il potere coloniale, fra oralità e letteratura scritta, la
contrapposizione fra spazio rurale e spazio urbano e la divisione all’interno della città fra
bianchi, neri e meticci segnata – per dirla con Luandino Vieira – dalla frontiera d’asfalto,
fra l’attaccamento alla terra e la necessità di emigrare.
Ci piace qui ricordare le opere più recenti degli autori di quest’area così feconda di
artisti. Il rapporto osmotico con la natura e l’importanza delle proprie radici
familiari affiorano in Un fiume chiamato tempo, una casa chiamata terra del
mozambicano Mia Couto; in Ualalapi il mozambicano Ungulami Ba Ka Khosa racconta
l’ascesa al potere e la sconfitta infertagli dall’esercito portoghese alla fine del XIX secolo
di Ngungunhana, re di Gaza, eroe della resistenza anticoloniale; e dall’Angola , in La
parabola della vecchia tartaruga (Besa, 2000), Pepetela ci narra la guerra vista dagli
occhi dei “vinti” abitatori del villaggio nei loro controversi e conflittuali rapporti; un
drammatico spaccato della situazione politica durante il periodo coloniale in Angola
viene descritto in La vita vera di D. Xavier di Luandino Vieira; uno sguardo sull’intera
comunità linguistica portoghese in un viaggio letterario fra Lisbona, Luanda e Rio de
Janeiro in Quando Zumbi prese Rio di Josè Eduardo Agualusa (La Nuova Frontiera, 2003).
Di Mia Couto sono stati pubblicati diversi romanzi, tra cui Terra Sonnambula, Sotto
l’albero del frangipani, tutti editi da Guanda a eccezione dei racconti riuniti in Voci
all’imbrunire (Edizioni Lavoro) e ne Il dono del viandante (Ibis).
Di Pepetela, autore prolifico quanto interessante, in Italia era stato pubblicato nel 1989
dalle Edizioni Lavoro il romanzo Mayombe oltre al dramma La rivolta della casa degli
idoli nel volume Teatro Africano (Bulzoni).
Il romanzo citato di Luandino Vieira, tradotto da V. Barca per Pironti, appare nel 2004, a
quarant’anni di distanza dalla pubblicazione di Luuanda (Feltrinelli, 1964).
Dello scrittore capoverdiano Germano Almeida ricordiamo il recente I due fratelli,
ricostruzione al modo di “cronaca di una morte annunciata” di un omicidio d’onore,
mentre nel 1996 era stato pubblicato dall’Aiep-Guaraldi Il testamento del signor
Napumoceno da Silva Araújo.
È importante segnalare all’interno di questo panorama la presenza di due scrittrici: la
capoverdiana Orlanda Amarilis di cui l’AIEP – Guaraldi ha pubblicato nel 1995 Soncente
(Racconti d’oltremare), brevi storie che affondano nella tradizione orale e descrivono la
situazione degli abitanti di Capo Verde, soprattutto donne, costrette ad emigrare; e la
mozambicana Paulina Chiziane – che definisce se stessa non una scrittrice bensì una
“narratrice di storie” – con Il settimo giuramento (La Nuova frontiera, 2004), che
descrive il conflitto fra modernità e tradizione, in cui il mondo magico prevale
sull’aspirazione a un modello di vita occidentalizzato e in cui il tema centrale, seppur in
parte mascherato, è quello di tutti i suoi romanzi: il rapporto tra l’uomo e la donna, in
cui la donna finisce sempre per accettare il suo ruolo tradizionale di sottomissione e di
accettazione del suo destino.
LETTERATURA AFRICANA IN LINGUA FRANCESE
La divulgazione delle opere di autori africani di espressione francese (Congo,
Costa d’Avorio, Guinea, Mali, Camerun, Senegal, ecc) avviene in Italia tra la metà
degli anni cinquanta e l’inizio degli anni sessanta. Degna di considerazione è
l’Antologia della nuova poesia nera e malgascia di lingua francese pubblicata da
Léopold Sédar Senghor nel 1948 e presentata nella sua versione italiana da Carlo Bo,
con la famosa introduzione di J.P. Sartre.
Gli anni sessanta sono dominati dall’interesse per il movimento della
“negritudine” con il suo principale esponente Senghor, presidente del Senegal dal
1960 al 1980. Ricordiamo di lui Poèmes, opera poetica completa edita da Seuil nel 1964
e pubblicata in Italia nel 1970; i suoi saggi e i discorsi sono riuniti nel volume Libertà 1:
Negritudine e Umanesimo (Rizzoli, 1974).
Nella traduzione italiana abbiamo una prima testimonianza del romanzo in lingua
francese con Il re miracolato del camerunese Mongo Beti (Feltrinelli, 1960), opera di
denuncia anti-coloniale. Seguirà nel 1966, nella collezione Verdi Anni, la traduzione di
L’Enfant noir del guineano Camara Laye, pubblicato con il titolo Io ero un povero
negro” e riproposto dalla piccola casa editrice AIEP-Guaraldi nel 1993 con più felice
traduzione del titolo (Un bambino nero); nel 1970 esce anche Il dovere di violenza del
maliano Yambo Ouologuem, opera controversa dove viene demistificata la visione
idealizzata del passato precoloniale africano diffusa dalla Négritude.
Tre autori senegalesi vengono portati alla luce dalla casa editrice Jaca Book: Ousmane
Sembène autore de Il vaglia, Cheikh Hamidou Kane che con L’ambigua avventura
descrive il conflitto tra i valori europei e quelli di una comunità tradizionale legata ai
principi della spiritualità islamica, Birago Diop con i suoi poetici racconti ascoltati dalla
viva voce del griot Ahmadou Koumba, opera di rivendicazione del magnifico
patrimonio della tradizione orale africana, della “letteratura della memoria”, come viene
definita dal grande romanziere e drammaturgo congolese Sony Labou Tansi, di cui
parleremo più avanti.
La prima scrittrice francofona a giungere in Italia è la senegalese Mariana Bâ autrice di
Cuore africano (SEI, 1980). Ricordiamo anche Werewere Liking con Orfeo africano
(Harmattan-Italia, 1996).
Per le Edizioni Lavoro, nella collana “Il lato dell’ombra” diretta da Itala Vivan, esce nel
1986 dello storico guineano Djibril Tamsir Niane Sundjata, epopea dell’eroe
fondatore dell’impero del Mali. E con lo scrittore maliano Amadou Hampâté Bâ ci
propone nel 1988 L’interprete briccone; dello stesso autore nel 1993 Sinnos pubblica
Petit Bodiel, entrambi i testi espressione della grande narrazione di tradizione orale.
Le due grandi case editrici Bulzoni e Einaudi nel 1988 pubblicano due volumi di Teatro
africano che raccolgono il meglio della drammaturgia africana. Tra i francofoni, la
malgascia Charlotte-Arrisoa Rafenomanjato, i congolesi Sylvain Bemba e Sony
Labou Tansi. Quest’ultimo, morto prematuramente nel 1995, è stato animatore del
Rocado Zulu Theatre di Brazzaville. Autore originale e prolifico, poeta, romanziere e
drammaturgo, di lui citiamo oltre alle opere teatrali presenti nel volume citato, le Poesie
inedite (La Rosa, 1997), i due romanzi La vita e mezza (Edizioni Lavoro, 1990) e Le sette
solitudini di Lorsa Lopez (Einaudi, 1988). La forma del paradosso, dell’assurdo e del
grottesco in un impasto linguistico che stravolge la lingua francese d’adozione è una
delle caratteristiche di questo grande artista.
Ousmane Sembène appare negli anni ‘90 con La nera di…( Sellerio) e il romanzo Il fumo
della savana” (Edzioni Lavoro). Tra gli autori della Guinea francese degni di nota, oltre al
già citato Camara Laye, va ricordato Tierno Monénembo con Il grande orfano
(Feltrinelli, 2003). Un autore nativo della Costa d’Avorio recentemente scomparso si è
imposto all’attenzione del pubblico e della critica ottenendo numerosi riconoscimenti:
Ahmadou Kourouma, con Allah non è mica obbligato (E/O, 2004), tragica epopea dei
bambini-soldato in Africa , I soli delle indipendenze, pubblicato in Francia nel 1968 e
pubblicato in Italia da Jaca Book solo nel 1996 e Aspettando il voto delle bestie selvagge
(E/O, 2001). Anche qui, come nel caso di Sony Labou Tansi, ci troviamo in presenza di
un’originale contaminazione linguistica di francese, espressioni gergali e lingua africana,
con effetti esplosivi e incisivi, riflesso di uno stato d’animo particolarmente segnato
dalle vicissitudini storiche.
Per quanto riguarda la poesia, dopo i Canti di lotta e di speranza del senegalese
David Diop, risalenti al 1979, abbiamo l’antologia Poesia africana-poeti subsahariani di
area francofona a cura di M.J. Hoyet (Ponte alle Grazie, 1992), con l’interessante
presenza di giovani poeti emergenti accanto ai magnifici J.B. Tati-Loutard, Tchikaya
U Tam’si e Paul Dakeyo.
Uno dei padri della letteratura congolese francofona può considerarsi Emmanuel
Dongala: Jazz e vino di palma (Edizioni Lavoro, 2004), tradotto a molti anni di distanza
dalla stesura del testo originale, ci mette in contatto con la vivacità e l’ironia che
caratterizza questo versante dell’espressione africana. In particolare colpisce il capitolo
dedicato al mito del grande jazzista John Coltrane, strumento di riscatto dalla solitudine
e dall’emarginazione grazie al potere evocativo ed esaltante della musica .
LETTERATURA AFRICANA IN LINGUA INGLESE
Abbiamo in quest’area il maggior numero (circa 130) di testi tradotti in italiano,
fatto dovuto sia all’estensione dell’imperialismo britannico in Africa, sia alla maggior
diffusione della lingua inglese a livello internazionale. Va inoltre sottolineato che in
Africa esiste un rapporto meno traumatico e sofferto con la lingua inglese, che
qui ha convissuto con gli idiomi locali, rispetto al francese e al portoghese.
L’istruzione e la nascita della vita intellettuale è stata inoltre favorita dalla
precoce fondazione di scuole e università. L’inglese in Africa presenta molte
varianti, per cui non può fornire un modello standard come in Australia e in America.
Rimane il fatto che per molti scrittori non è la lingua delle proprie emozioni,
per cui ci troviamo di fronte a un quadro eterogeneo anche per la diversa utilizzazione
del registro linguistico.
I paesi dell’area anglofona sono: Lesotho, Zimbabwe, Somalia, Ghana, Botswana, Kenya,
Nigeria, Sudafrica. Più dei due terzi dei testi sono nigeriani e sudafricani e i loro autori
per primi hanno sviluppato una letteratura nazionale.
Spiccano i nomi dello scrittore nigeriano Wole Soyinka, Premio Nobel 1986 e della
sudafricana Nadine Gordimer, Premio Nobel 1991.
La diffusione in Italia inizia negli anni cinquanta con pochi titoli e si sviluppa nell’arco di
un ventennio. L’inizio della diffusione della letteratura africana in lingua inglese in Italia
è segnato dal leggendario Il bevitore di vino di palma del nigeriano Amos Tutuola (ed.
Bocca, 1954); ma il testo che ha posto le basi dell’intera narrativa africana
contemporanea e uno dei libri contemporanei in inglese più letti nel mondo si
può considerare Il crollo dello scrittore nigeriano Chinua Achebe (1962).
Negli anni ottanta pochi nomi nuovi, tranne il sudafricano J.M. Coetzee, si affacciano
nel panorama letterario, mentre tornano alla ribalta W. Soyinka e Nadine Gordimer.
Viene pubblicato a quasi un secolo di distanza dalla sua nascita (1883) Storia di una
fattoria africana di Olive Schreiner.
A partire dagli anni ‘90 vengono tradotti molti autori e autrici del Sudafrica (fra cui
André Brink, Bessie Head, Zoe Wicomb ecc), in concomitanza con l’attenzione
internazionale per la liberazione di Nelson Mandela e la sua successiva elezione a
Presidente del Sudafrica. Gli scritti di Mandela sono memorie di carattere
prevalentemente storico-politico (verrà però pubblicata nel 2004 la sua raccolta di
Favole Africane).
Negli ultimi anni continua ad essere presente nelle nostre librerie un folto numero di
autori africani di espressione inglese estremamente interessanti e innovativi, come il
nigeriano Ken Saro-Wiwa (Foresta di Fiori, Socrates, 2004) e i sudafricani Zakes Mda
(Verranno dal mare, E/O, 2005); Achmat Dangor (Frutto amaro, Frassinelli, 2005).
Segnaliamo tra le nostre recenti letture uno scrittore che ha avuto numerosi elogi e
premi dalla critica per la sua attività letteraria: il narratore somalo Nurrudin Farah che
con il suo ultimo Legàmi ci fa entrare gradualmente in un’atmosfera sospesa tra paura
del presente ed evocazione del passato determinata dalla guerra. Nello sviluppo e
nell’estensione della sua scrittura è determinante l’apporto della letteratura orale.
Un pregevole trittico femminile merita di essere citato: Yvonne Vera, scrittrice dello
Zimbabwe, scomparsa prematuramente nel 2004, con Il fuoco e la farfalla e Le vergini
delle rocce (Frassinelli, 2002 e 2004) ci dà un’appassionata rappresentazione delle
drammatiche vicende storiche e private nel suo paese; Patricia Pinnock con Il cielo di
Cape Town (Pisani, 2004) commuove con la sua scrittura che sembra trovare nella
poetica del blues la sua più profonda ispirazione; Sindiwe Magona, sempre dal
Sudafrica, con il suo primo romanzo Da madre a madre (Gorée, 2005) racconta,
attraverso le parole che la madre dell’assassino rivolge alla madre della vittima, la
tragedia dell’assassinio a Città del Capo di una ragazza americana da parte di un
giovane nero istigato da un insorgente movimento antibianco.
Molti scrittori che, pur non essendo nati in Africa, hanno un forte legame biografico con
il continente, vengono spesso considerati nel panorama generale della letteratura
africana anglofona: Karen Blixen (Kenya), Doris Lessing (Zimbabwe), Rose Zwi e
Stuart Cloete (Sudafrica) .
LETTERATURA DEL MAGHREB
L’africanità del Maghreb è poco rivendicata dagli africanisti stessi, che
distinguono tra Africa bianca e Africa nera. Si riscontra inoltre uno scarso equilibrio
tra le opere tradotte dall’arabo e quelle dal francese, il che impedisce una visione
articolata e unitaria della cultura di quest’area.
Algeria
L’antologia Poeti e narratori d’Algeria (Mondadori, 1964) ha aperto un varco verso la
letteratura di questo versante, fortemente connotata dalla impronta culturale araba.
Nella poesia e nella narrativa si coglie soprattutto l’impegno politico contro
l’occupazione militare francese, il gusto per il fantastico e la tenacia nel denunciare con
violenta decisione l’ordine patriarcale.
Dopo la prima pubblicazione apparsa in Italia nel 1960, Una gazzella per te di Malek
Haddad, ricordiamo alcuni autori che si affermano sul mercato editoriale dagli anni
ottanta in poi: Kateb Yacine con Nedjme, riferimento fondamentale della nuova
letteratura maghrebina di espressione francese, libro del 1956 pubblicato solo nel 1983
da Jaca Book. Di lui ricordiamo anche la sua pièce più famosa, Il cerchio delle
rappresaglie (Epoché, 2004); Assia Djebar, Rachid Boudjedra, Rachid Mimouni,
Mammeri, Waciny Larey.
Di Mohammed Dib, autore ignorato per molti anni, sono stati pubblicati nel 2001 Un
estate africana (AIEP), L’incendio e La casa grande, entrambi pubblicati da Epoché nel
2004. In quest’ultimo romanzo, dallo stile crudo e poetico nel contempo, l’autore situa
l’azione prima della seconda guerra mondiale, nel momento in cui si parla di Hitler come
di un salvatore degli Arabi. Il protagonista Omar, un bambino di dieci anni costretto a
crescere in fretta è una figura emblematica che rappresenta il popolo della “casa
grande”, vasta caserma in cui tutti sono ossessionati dalla fame e dalla miseria.
Negli anni ‘90, accanto a scrittori già attivi da tempo e riproposti nelle loro ultime
opere come Assia Djebar e Rachid Boudjedra, abbiamo nuove presenze come Yasmina
Khadra, Souad Khodja, Ahlam Mostaghanemi. Di Rachid Boudjedra sono apparsi
recentemente Cerimoniale (Epoché, 2004) e Cinque frammenti del deserto (Edizioni
della Meridiana, 2004).
Sempre più visibile, il caso letterario della fine degli anni ‘90, Mohamed
Moulessehoul (ex ufficiale dell’esercito algerino) che continua a firmare con lo
pseudonimo femminile Yasmina Khadra: Cosa sognano i lupi? (Feltrinelli, 2001) e Le
rondini di Kabul (Mondadori, 2003). L’autore inoltre chiude la serie di romanzi noir che
l’hanno reso famoso (in Italia inizialmente da E/O) che ha come protagonista il
commissario Lobb, La parte del morto (2005). Situata nell’Algeria degli anni ‘80 la
vicenda vede Lobb, ex combattente della guerra d’Indipendenza e “pecora nera”, in
mezzo alla corruzione dilagante, inseguire un pericoloso serial-killer. Ma Lobb non si
accorge che viene manipolato da chi, dietro le quinte, trama la guerra civile.
Molto presente in Italia – tutti i suoi titoli vengono tradotti mano a mano che appaiono in
francese – Assia Djebar (primo autore algerino eletto all’Académie française nel 2005):
Le notti di Strasburgo (2000); Vasta è la prigione (Bompiani, 2001); La donna senza
sepoltura (Il Saggiatore, 2002); Queste voci che mi assediano. Scrivere nella lingua
dell’altro (Il Saggiatore, 1999), raccolta di narrazioni, poesie e brevi saggi che si
intersecano, è stato detto, con la forza e la musicalità di un unico poema.
Fra le nuove generazioni segnaliamo l’ottimo Y. B. con Allah Superstar (Einaudi, 2003) e
Zéro kill (Mondadori, 2001) senza dimenticare Rabia Abdessemed, La gatta di maggio
(racconti) (Edizioni Lavoro/CRES, 2001), A. Djemai, Camping (Nottetempo, 2003), Leila
Marouane, Doppio ripudio (Epoché, 2004) e Paul Smaïl con Ali il Magnifico (Feltrinelli,
2005), Amin Zaoui, Stazione di Monta per donne (2002) e La sottomissione (2003)
entrambi per le edizioni Argo di Lecce.
Sono editi in Italia anche Maadi Charef, Azouz Begag e Nina Bouraoui. Di Leila
Sebbar è uscito nel 1999 La ragazza al balcone (Mondadori) ed è presente nella
raccolta Rose del Maghreb (E/O, 2003) col racconto “La cugina”.
Marocco
La letteratura del Marocco si affaccia sulla scena editoriale nel 1974 con
l’opera di Driss Chraibi La civiltà, madre mia…(Franco Maria Ricci). La scelta
editoriale italiana per quest’area segue soprattutto l’audience francese. Accanto alle
opere non tradotte di un valido scrittore come Mrabet (Le boucs, 1955) troviamo
l’affermato artista Tahar Ben Jelloun che nel 1987 ha ricevuto il Premio Goncourt,
autore di numerose opere tradotte in italiano tra le quali citiamo: Creatura di sabbia
(1987), Notte fatale (1988), Giorno di silenzio a Tangeri (1989), A occhi bassi (1992),
L’albergo dei poveri (1999), tutti editi da Einaudi, la pièce teatrale La fidanzata
dell’acqua (in Teatro africano a cura di Egi Volterrani), e i più recenti L’amicizia e
l’ombra del tradimento (Einaudi, 2003), L’ultimo amico (Bompiani, 2004).
Di Abdelkhebir Khatibi è stato tradotto in italiano un solo libro, Amore bilingue
(Edizioni Lavoro, 1992). Del filone neorealista ricordiamo invece Addelhak
Serhane e Mohammed Choukri. E’ stato accolto favorevolmente dal pubblico,
soprattutto femminile, il libro di Fatima Mernissi La terrazza proibita del 1996,
illuminante sulla condizione femminile nella sua terra.
Altri autori che occorre menzionare sono Edmond Amran El Maleh con il suo Mille
anni, un giorno del 1994 e Abdellatif Laabi con Ordalia del 1982. Fra gli autori
affermati continua la pubblicazione regolare delle opere di Driss Chraibi, L’Ispettore Alì
e il corano (Marcos y Marcos, 2002 – tratto da Une enquête au pays, 1981; L’Inspecteur
Ali à Trinity College, 1996; L’Inspecteur Ali et la CIA, 2003).
Interessante la nuova intensissima voce di Rachid O., Cioccolata calda (2005), di
cui la Playground di Roma annuncia la traduzione dell’intera opera narrativa. Anche di
Fatima Mernissi, nota intellettuale, docente universitaria di sociologia a Rabat, studiosa
del Corano, saggista e narratrice, sono ora disponibili in italiano alcuni nuovi libri:
L’harem e l’Occidente (Giunti, 2000); Islam e democrazia (Giunti, 2002); Karawan. Dal
deserto al web (Giunti, 2004).
Tunisia
Anche per questo paese le traduzioni dei testi sono state fatte a distanza di molti anni
dalla pubblicazione del testo originale. Per esempio, Ritratto del colonizzato di Albert
Memmi, scritto nel 1957, da noi ha visto la luce solo nel 1979, così come La statua di
sale del 1953 edito solo nel 1991. Ricordiamo la trilogia di racconti di Chems Nadir, le
opere di Abdelwahab Meddeb e Fawzi Fellah.
Notevole è la produzione teatrale quanto quella novellistica di cui poco è stato
pubblicato eccetto la pièce Les amoreux du cafè desert di Fadhel Jaibi del 1996. Fra gli
autori tunisini le cui opere sono apparse di recente in Italia (purtroppo presso editori
poco visibili) va assolutamente menzionata la prima traduzione del romanzo
autobiografico ambientato nella Tunisi degli anni ‘50 durante i tumulti anti-coloniali del
famoso sociologo Albert Memmi (classe 1920) Il Faraone (a cura di Giovanna Parisse,
Textus, 2000) e opere del più giovane Faouza Mellah tra cui Clandestino nel
Mediterraneo (Asterios).
Libia
Tra le opere di questo paese è possibile leggere in italiano, grazie all’impegno di
piccole e medie case editrici come Jouvence, Edizioni Lavoro, Giunti, Zanzibar,
Ilisso, i testi teatrali di Abdallah al-Busiri del 1987 e i due romanzi di Ibrahim alKoni, Pietra di sangue e L’oro, autore che merita un particolare rilievo e a proposito del
cui romanzo Pietra di sangue (Jouvence, 1990) così afferma la studiosa Isabella Camera
d’Afflitto:
“(…) E’ uno dei più grandi scrittori arabi di oggi, lo “scrittore del deserto” per
eccellenza . Non si può attraversare il Sahara senza aver letto il suo romanzo”.
Egitto e Sudan
Due nomi spiccano fra tutti: quelli dell’egiziano Nagib Mahfuz, Premio Nobel 1988, tra
le cui numerose opere citiamo i romanzi Il caffe degli intrighi (Ripostes, 1988) e Notti
della mille e una notte (Feltrinelli, 1997); e Mahfuz, che tuttavia non si può considerare
rappresentativo di tutta la letteratura egiziana né della vasta letteratura araba.
A partire dagli anni quaranta l’interesse dei critici e degli studiosi italiani è rivolto più
che verso le opere di narrativa verso il teatro del grande drammaturgo Tawfiq alHakim, di cui viene tradotto nel 1943 L’albero del potere; tra le successive numerose
traduzioni citiamo Viaggio nel futuro (1988). I giorni (1994) è il capolavoro narrativo
di Taha Husein. Nell’antologia Narratori egiziani contemporanei curata da C.F. Barresi
e pubblicata nel 1977 compaiono quelli che diverranno i più importanti esponenti della
letteratura araba contemporanea: Ibrahim Aslan, Muhammad al-Busati, Gamal alGitani.
Da segnalare inoltre Nawal El Saadawi, Una figlia di Iside (Nutrimenti, 2002) e il libro
della scrittrice egiziana Latifa al-Zayyat Carte private di una femminista (Jouvence,
1996).
Di Salih Tayeb, La stagione della migrazione a Nord (Sellerio, 1992), unica traduzione
della letteratura sudanese, è tra i romanzi più interessanti che la letteratura araba abbia
prodotto.
Per la stesura di questo breve panorama letterario abbiamo fatto riferimento soprattutto
alla Bibliografia curata dal gruppo “Scritti d’Africa”: Scritti d’Africa – Bibliografia
cronologica della letteratura africana edita in Italia dal 1913″, ISIAO, Roma, 2001
(curatori: Vincenzo Barca, Laura Brossico, Sandra Grieco, Maria Paola Guarducci, Toni
Maraini, Monica Ruocco, Alessia Tiberio). Gli aggiornamenti sulle letterature del Maghreb
sono a cura di Marie José Hoyet.