pdf: 565 KB - Accademia Fiorentina di Papirologia

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FRAMMENTO BERLINESE DE DEDITIGIIS
IL
Sono noti
i
frammenti di un libro de
tre
iudiciis, scritto
antico giureconsulto romano, contenuti in una
niente da
Fajjum
Mommsen
il
pergamena prove-
pubblicò, per la prima
una riproduzione fotografica nei Bendiconti dell'Acca-
volta, con
demia
in Egitto, che
501-509.
delle scienze di Berlino, del 1879, pagg.
condo di quei frammenti
ìege de honis rébusque
è del tenore
seguente: ...rum
eorulm] hominum
esset.
ciorum numero
senserimt
Lo
facti
et
non
essent,
videamus, ne verius
de universis honis
et
de
illustrarono, dottamente, dopo
singulis...
il
*
il
Huschke,
Brinz
lur.
Am.
*,
lo
(ed.
Schneider
5),
p.
^
e
il
Zeitschri/t
Krueger, Qesehichfe
il
si dediti-
quod qui-
Kriiger
il
compianto
^ l'Huschke*,
è
mia
in-
623; Colleetio Ubr. iuris Anteiuatiniani, 111,299.
169183;
fUr Rechtagesehichte (Rom.
der Qiiellen und Litteratur dee Boni.
der S.
cum
sit
Karlowa ^ Non
^Sttidi e documenti di s'oria e diritto, I (1880),
'
sed
^
Mommsen,
Alibrandi, l'ultimo dei romanisti classici ^
M. Cohn ^
Il se-
ita ius dicere iudicium
reddere praetor iubeatur, ut ea fìant, quae futura forent,
dam
da un
S.
II
Abth.),
1
(1881), 60-70.
(1880),
93-99;
Recht», p. 249 e seg.
=
cf.
Hin-
du droit romain (trad. Brissaud), p. 333-334.
Die jungst aufge/undenen Bruchetùcke auH Schrifien Rom. Juristen, Leipzig 1880.
toire de» sources
*
«
''
Zeitschri/t der Savigny-Stifung (R. A.), II (1881), 90-111.
Sitzungsherichte der Bayer.
Akademie, 1884,
p.
542; Die Freigelasienen der lex
Aelia Sentia vnd das Berliner fragment von den dediticiern, Freiburg
I.
B.,
1884.
VI (1885), 198-204: cf. anche t'6., p. 205-225, lo scritto
dell'Holder che parla incidentalmente del nostro frammento a proposito delle relazioni
'
Zeitschri/t filr S. S. (R. A.),
della legge Elia Senzia con la legge Junia
^
Rom.
Reehtsgeschiehte, I, 767.
—
C
Norbana.
Segrè, nel suo acuto lavoro
snlla.
deditio
et
Romano, 1890, pag. 33) ritiene che
" date le cattive condizioni del papiro su cui è scritto il frammento, non si possa
da quella parte di esso che è chiaramente leggibile trarre legittimamente nessuna
positiva e decisiva Snclusione;,, ma quest'affermazione mi pare troppo assoluta.
dediticii aeliani (Bullettino dell'Istituto di Diritto
28
BULLETTINO DELL'ISTITUTO DI DIRITTO ROMANO
tenzione di esporre qui le interpretazioni che del frammento berli-
nese proposero questi scrittori, tanto più che ebbi occasione di ra-
gionarne altrove \
ad una
ma
Schneider, per
ipotesi, a cui lo
mente, nel suo scritto
e che, a
primo, accennò, fugace-
il
mio avviso,
che quel frammento presenta,
siti
ampia
soltanto di dare forma più chiara e più
se
non risolve tutti
i
que-
avvicina, però, di molto alla
ci
soluzione del più importante fra essi. I quesiti son questi: 1) chi è
l'autore dei frammenti; 2) quali persone sono designate con le parole
homines dediticiorum numero
della loro successione; 3) qual'è
1. Il
i
primo quesito mi pare quasi insolubile. L'Alibrandi
nostri
frammenti appartengano
del commentario di Ulpiano
«
di
videamus
sentono anche l'Huschke e
che
ad Edictum,
quel videamus ne verius
abbonda
scritti
sit
poiché, fra gli altri argo-
si
^
;
quindicesimo
al libro
addice a lui che nei suoi
e in questa opinione con-
Lenel ^ sebbene
il
primo supponga
al libro quattordicesimo
commentario
al decimosesto di quel
ben
e di verius »
il
frammenti appartengano
i
quod
sii
senserimt.
ritiene che
menti,
contenuto della controversia a
frammento videamus ne verius
cui alludono le parole del
quidam
facti e qual'è la legge regolatrice
il
di Ulpiano.
^
e
secondo
il
Ora, per quanto
sagaci siano gli argomenti e le osservazioni sulle quali
fonda
si
questa congettura, penso esser cosa più prudente lasciar in disparte
il
come benissimo avverte
quesito, poiché,
frammenti non
nome
*
ci
i
«
quei
danno un punto di appoggio per indovinare
del loro autore
Cf.
Mommsen
il
»
^
e quindi
;
mi
limito a ritenere che
miei Latini Iimiani, p. 37 e seg.; Cultura, III
(1884),
il
il
nostro
762-766;
Rivista
Critica delle Scienze Giuridiche, III (1885), 359-361.
" 1.
68.
Il,
e.
esprimo
— Sul
proprio avviso
il
metodo
K. Akad. der Wiss. zu Berlin,
°
X>a«
*
Op
Edictum Perpetuum,
°
L.
e.
I
"
keinen Anhalt.
506
[1885],
468
ah
da Ulpiano e sul modo come
Schri/steller
e seg.;
477
:
audeo
den
egli
(Sitzuugsberichte der
e seg.)-
quinta edizione della sua lur. Ant-iimt.,
quotus hic ad edictum liber fuerit,
definire
p.
Ulpian
p. 25, 5.
p. 15. Però, nella
cit.,
l'Huschke scrive:
uunc quidem
di citazione usato
Pernice,
cf.
qui
erat
p.
623, n.
de iudiciis
II,
1,
ne
„.
Namen
des
Verfassers
zu errathen
geben die Uberreste
IL
FRAMMENTO BERLINESE
DE DEPITICIIS
«
29
»
autore scriveva durante l'impero, quando l'opinione di quei giureconsulti che, nella parte mutila del frammento, era riassunta e discussa, non aveva ormai più seguaci nelle scuole di diritto.
2.
tranne
Gli scrittori che, sopra, furono citati sostengono tutti,
Mommsen
il
Karlowa, che
e il
nostro frammento sono
i
le
persone contemplate nel
libertini dediticii e
allude, è la legge Elia Senzia, la quale,
che la legge a cui esso
come
è noto, istituì quella
categoria di schiavi manomessi. Questa opinione, che
chiamare, ormai, comune, a
Gaio
(I,
XXII,
nee
me
potremmo
pare incontrovertibile, poiché se in
12, 15, 25, 67, 68; IH, 74), in Ulpiano Q, 5, 11;
2), in
(I, 5,
Paolo {Seni., IV, 12,
XX, 14;
7) e nelle istituzioni giustinia-
numero
3) la locuzione qui dediticiorum
sunt, ovvero, qui
dediticiorum numero facti sunt, designa, soltanto, la categoria dei
dediticii aeliani, se quei giureconsulti antichi ci insegnano che era,
appunto, la legge Elia Senzia che
mero, se da Gaio
(III,
75)
si
li
faceva essere dediticiorum nu-
desume che
le
disposizioni di quella
legge, relative alla successione dei libertini dediticii, diedero, ap-
punto, occasione ad una controversia fra giureconsulti, non com-
prendo, proprio,
come
si
possa mettere in dubbio che
mento berlinese non riguarda
che quegli schiavi
altro
formarono l'infima categoria dei
libertini,
elementare regola di critica storica
ci
il
fram-
i
quali
tanto più che la più
insegna di non interpretarlo
separatamente dalle altre fonti giuridiche. L'Hòlder, pur ammettendo
questa opinione, nega che
il
nostro frammento
ci
conservi una di-
sposizione della legge Elia Senzia e ritiene, invece, che alluda alla
legge Imiia Norbana, la quale avrebbe, a suo avviso, estesa ai dediticii
che, astrazion fatta dalla loro turpitudo, sarebbero divenuti
latini,
quella clausola di essa legge la quale regolava la successione
dei latini iuniani.
Le considerazioni che dovremo, frappoco, svol-
gere rispetto al terzo quesito che
ci
siamo proposti, infirmeranno
anche la ipotesi dell'Holder, ma, ad ogni modo, qui, basterà dire
che essa non appare sostenibile, poiché
le nostre fonti
non
ci indi-
BULLETTINO DELL'ISTITUTO DI DIRITTO ROMANO
30
Norbana abbia potuto occuparsi,
cano, affatto, che la legge lunia
espressamente, dei dediticii aeliani.
Mommsen
Il
Karlowa,
e il
lo
dagli altri scrittori che illustrarono
gono,
abbiamo già
il
nostro frammento e sosten-
primo \ specialmente, che esso
il
fine della repubblica, a coloro, cioè,
detto, dissentono
che
si riferisce
agli exules della
erano colpiti ddàVexilium,
da ima pena criminale che includeva la perdita della cittadinanza e
l'allontanamento da un territorio limitato, di regola, almeno, da
Roma
e dall'Italia.
*
Contro questa opinione del
Mommsen
furono
addotti argomenti gravissimi, specialmente dall' Alibrandi e dal-
l'Huschke; fra
i
me
quali a
tempo dell'impero,
gli esuli
pare irrepugnabile questo, che
erano parificati ai deportati e
da loro acquistati, anche dopo
non poteva
la quale
i
beni,
la deportazione, ricadevano al fisco
nostro autore, parlando di
esuli,
^
invocare una legge
ordinava al pretore de bonis rébusque eorum
dicere,
iiis
il
al
se,
hominum
iudicium reddere^ ut ea fiant quae futura forent
si
ita
dedi-
ticiorum numero facti non essenf. Ma, ad ogni modo, la questione
se gli exides o
non sta tanto nel sapere
i
deportati siano, veramente,
nel numero dei dediticii, quanto se la locuzione dediticiorum
numero,
adoperata nel nostro frammento, possa a loro applicarsi; ora
non sia tecnica, come vogliono
il
Karlowa
e
il
Krùger, non
sia, o
è possibile
negare che quella locuzione, nelle fonti giuridiche, altro non designa
clie
i
dediticii aeliani.
E
pure ammesso, per un momento, che
sone designate nel frammento berlinese, siano gli extdes,
conseguenza che, essendo anche
dediticiorum numero,
di
una legge
*
Il
lui
'Cf.
!,
140.
III,
=
la
=•
che, nello stesso tempo, potrebbe appli-
sua opinione, nonostante
le
molte opposizioni, nel suo
consente anche L. Hartmann, de exilio apud romanos,
Mommsen,
Staatsrecht, III, 140.
Dig.48, 20,
7,
1.
la
manomessi della legge Elia Senzia
Droit puhlic romain (trad. Girard)
pag. 157, n. 2; C. Segrè,
avremmo
nostro autore avrebbe riprodotto un testo
ambiguo
Moramsen mantiene
R. Staatsrecht,
Con
così
il
i
le per-
=
VI,
p.
1
pag.
Droit jmbUe romain (trad.
e. p., 32).
§ 5; Cod. lust., IX, 49, 2.
157, n. 2.
21.
Girard), VI,
IL
FRAMMENTO BERLINESE
due generi di persone
carsi a
DE DEDITICIIS
«
fra loro distinti, e
31
»
pretore, nel ius
il
dicere, iudicium reddere intorno alla successione ereditaria di cui
la legge prescriveva le
deva
norme, sarebbe stato incerto se questa inten-
riferirsi agli exules
ovvero
ai dediticii aeliani.
Ora ognuno com-
prende subito che ammettere una simile ambiguità in un testo di
una legge romana
e in
un commento interpretativo
un giurecon-
di
sulto romano intorno a quella legge sarebbe cosa, semplicemente,
assurda, e perciò ritengo, per queste ragioni e per le altre addotte
dagli scrittori citati, che nessuno possa più dubitare che le parole
numero
del nostro frammento homines dediticiorum
soltanto
libertini dediticii e
i
facti designino
che la legge, citata nel frammento
numero fa-
stesso, sia la legge Elia Senzia la quale eos dediticiorum
Ed
ciébat.
ora passiamo al terzo quesito.
Le parole
3.
come già
si è
modo come
il
frammento videamus ne verius
del nostro
quod quidam senserunt
et
detto, ad
sii
deuniversishonisetdesinguUs... accennano,
una controversia
nostro autore
si
esprime,
fra
giureconsulti, e dal
i
mi pare
di poter
ammettere
che esso consentiva nella opinione dei quidam da lui esposta nella
parte inferiore della pergamena di Fajjum, o che, almeno, essa, di
fronte alla
massima contraria
stabilita nelle scuole del suo
tempo
e che aveva ricevuto forza di legge, gli pareva forse la più vera
e dico la più vera, perchè
nella
il
comparativo verius
;
dimostra che,
parte superiore del frammento, era riassunta un'altra opi-
nione anch'essa opposta a quella prevalente fra
al nostro autore
i
giureconsulti, e che
sembrava meno vera, perchè contraddicente
role testuali della legge.
il
ci
^
alle
pa-
Ciò posto, ricerchiamo per quale ragione
capo della legge Elia Senzia, riguardante
i
beni dei liberti dedi-
Che il comparativo verim lasci supporre che nella parte superiore del frammento era riassunta un'altra opinione opposta alle parole testuali della legge (sed cum
'
lege) a
mo
(Dig. Ili,
raffronta
Cf.
ad ogni modo
pare di per sé evidente;
3,
1,
§ 1);
id. libro
XI ad
due opinioni diverse fra
anche Paulus
lìbr,
ed.
loro e
I quaestionum
(ib.
una
cf.
Ulp. libro
IV, 2, 9, g 8j,
di queste fa sua
(Dig. IV, 2, 17).
ove
IX
il
ad edictum
giureconsulto
adoperando
il
verius
32
BULLETTINO DELL'ISTITUTO DI DIRITTO ROMANO
ticii
una contro-
defunti, poteva, nella sua applicazione, far sorgere
versia fra
i
giureconsulti e riproduciamolo, innanzi tutto, da Gaio che
così ne discorre nelle sue istituzioni (HI, 74-76)
lex Aélia Sentia dediticiorum
Bomanorum
libertorum,
nent.
Nam
cives
Romani
dem
lege tribuuntur.
eorum bona
numero
facit,
Eorum autem quos
:
bona modo quasi civium
modo quasi Latinorum ad patronos
qui, si in aliquo vitio
futuri essent, quasi civium
non tamen
ìli
non
essente
Bomanorum
perii-
manumissi
patronis ea-
habent etiam testamenti factio-
nem; nam id plerisque placuit, nec inmerito: nam
incredibile vide-
batur pessimae condicionis hominibus voluisse legis latorem testamenti
faciendi ius concedere.
essent,
ac
si
Eorum
non
vero bona qui, si
manumissi futuri Latini
essent, proinde
in aliquo vitio
tribuuntur patronis,
Latini decessissent. nec mepraeterit, non satis in ea re legis la-
torem voluntatem suam verbis expressisse.
In primo luogo esaminiamo a che cosa
parole di Gaio
luntatem
:
suam
nec
me
non
praeterit
si
riferiscano le ultime
satis in ea re legislatorem vò-
verbis expressisse. L'Alibrandi e
il
Cohn
le riferi-
scono alla controversia sulla testamentifactio che alcuni giurecon-
negavano,
sulti
altri,
ma, secondo me, a
eipiù, invece, accordavano ai liberti dediticii,
torto, perchè
contro ver sia con le par ole
Gaio aveva già esaurita cotesta
nam incredibile videbatur
come osserva, giustamente, lo Schneider, egli
questa maniera:
nibus voluisse
non
praeterit
expressisse.
legis
satis in ea re legis
vero bona et
bero diventati liberti
'
Cf.
i
i
latini,
L'ea re
nemmeno può
quali si in aliquo vitio
poiché, al
ferma opinione \
miei Latini
condicionis homi-
i
me
latorem voluntatem suam verbi
rei.
il
non
riferirsi
essent, sareb-
tempo della legge Elia
non esistevano,
latini
lunia Norbana, per quanto affermino
p.
altrimenti
;
latorem testamenti faciendi ius concedere, nec
Eorum
è nostra
et rei.
sarebbe espresso in
nam incredibile videbaturpessimae
alla successione di coloro
come
si
contrario
il
Voigt
Senzia,
e la
*
e lo
legge lunia
legge
Hòl-
Norbana^
luniani, p. 29 e
seg.;
la
data
iua gentium der
Bomer,
p.
746, n. 842, 7; p. 761, n. 855.
della
13 e seg.
'
jOas ius civile
und
IL
der \ non
FRAMMENTO BEULINESK
«
DE DEUITICIFS
33
»
occupò della successione di costoro. Che ciò sia vero
si
parrai risulti evidente dal raffronto di queste due locuzioni usate
Oaio
:
da
nel caso dei liberti dediticii, che sarebbero diventati cives^
nostro giureconsulto
Romanorum
patronis
il
esprime così: eorum bona... quasi civium
si
eadem lege
[Aélia Sentia] tribunntur ; nel
caso dei liberti dediticii che sarebbero diventati latini, dice così
eorum
bona...
proinde tribuuntur patronis ac
si
:
Latini decessissent,
senza attribuire ne alla legge Elia Senzia, ne alla legge lunia Nor-
bana codesto provvedimento. Quel passo di Gaio
non contiene una disposizione di legge,
ma
adunque,
(III, 76),
una dottrina interpreta-
tiva sorta dalla necessità di estendere a quei dediticii
scindendo dalla loro turpitudo, sarebbero diventati
i
quali, pre-
latini, la
regola
stabilita dalla legge Elia Senzia per la successione di coloro che,
non trovandosi in aliquo
ma
vitio,
sarebbero diventati liberti cittadini
'
;
poiché la parola legisìatorem, adoperata, per due volte, da Gaio
in quel passo,
come dal contesto apparisce, non può riguardare che la
legge Elia Senzia sopra nominata, Vea re deve riferirsi a tutto
l'isti-
tuto della successione dei dediticii regolato da codesta legge a cui
Gaio, a
modo
di conclusione, rivolge l'accusa di
non aver dato su
questo punto forma abbastanza chiara e precisa al suo pensiero.
Ma
l'accusa di Gaio non sarebbe giustificata, né una controversia avrebbe
potuto sorgere fra i giureconsulti se la legge Elia Senzia, prescrivendo
al pretore di ius dicere rispetto ai beni dei liberti dediticii, avesse
adoperate
Romani
le
parole ut ea fiant quae futura forent si manumissi cives
futuri essent ; poiché in questo caso la volontà della legge
sarebbe stata chiarissima,
i
beni che lasciavano
morendo
i
dediticii
avrebbero dovuto considerarsi come beni di un liberto cittadino ro-
mano
defunto, e per quanto assurda potesse sembrare la cosa, essi,
'
L. e, p. 218 e seg.
-
Ulp.
Uh.
unum
I ad Ed. aed
cur. (Dig..
I,
3,
13):
Nani., ut ait Pedius, quoties Imje
bona occaaio est, cederà, quae tendunt mi
tandem tUiUtatem, vd interp re tatione, rei certe iuriadic'ione suppleri.
nìiquid
vel alterutn
Bull, dell'
fatit.
introduelum
di Diritto
est,
Romano.
A.nno VII.
3
^
34
BULLETTINO DELL'ISTITUTO
DI DIRITTO
ROMANO
in ultimo spiritu, per servirci di una espressione di Giustiniano^
avrebbero avuto,
in forza della
legge stessa, la facoltà di testare.
Perchè, adunque, la controversia fosse possibile, era necessario che
le parole testuali della legge Elia Senzia fossero così
ambigue da dar
ragione, nello stesso tempo, da un lato, ai plerique^ nominati da
Oaio, e dall'altro ai quidam, che alla loro opinione contraddicevano.
Quali erano coteste parole? Ce
le fa conoscere,
senza dubbio, la per-
gamena di Fajjum, di guisa che il capo della legge Elia Senzia doveva
essere così formulato:
de bonis rebusque
Praetor... itaius dicito,
quae futura forent
horum hominum
iudicium reddito, ut ea
fiant.
dediticiorum numero facti non
si
essent \
Orbene,
ad un solo
i
giureconsulti romani,
i
com'
quali,
è noto,
ridussero
contenuto delle leggi Elia Senzia e lunia Norbana, con-
il
siderando quest'ultima come un complemento della prima, quale
interpretazione doveano dare alla formula negativa si dediticiorum
numero
non
facti
essent,
doveano forse ritenerla equivalente alla
formula negativa adoperata dalla legge lunia Norbana per regolare
la successione dei latini iuniani, la quale aveva disposto che
di codesti liberti
lata
non
proinde ad manumissores pertinerent, ac
Gaio
esset
punto, perchè qui è
(III,
il
'
L'Alibrandi
(1.
e.
I,
dalla legge lunin
173 e
seg.)
ritiene che
dediticiorum numero hac lege facti non essente
Elia Senzia aveva prescritto che servi
misn, dediticiorum numero
sint,
sunt peregrini dediticii (Gai.
lege era inutile,
si lex
vero nodo della questione.
Norbana era
chiarissima; Gaio non le rivolge alcuna accusa di oscurità
:
beni
56) ? Esaminiamo, attentamente, questo
La formula negativa adoperata
così
i
I.
nel
ma
testo
poiché
^,
della legge
era detto
se nei capi precedenti, la legge
a domìni» poenae nomine
vincti... et pogtea..,
manu-
ovvero, eiusdem condicionis liberi fiant, cuius condicionis
13; Ulp.
I.
11), nel
capo che discutiamo, l'inciso hac
s'intendeva da sé che codesti homines
erano
quelli
quos lex Aelia
Senlia dediticiorum numero faciebat.
si
*A coloro i quali sostengono che la legge lunia Norbana si occupò dei dediticii
può osservare ancora che sarebbe inconcepibile che l'autore di essa, mentre aveva,
espresso chiaramente la sua volontà nel
fosse stato oscuro e
regolare
la
successione
non preciso nel manifestarla rispetto
dei
liberti
latini,,
ai dediticii latini futuri.
-
IL
essa ricade nel
nutus non
disset, si
FRAMMENTO BERLINESE
numero
esset, si
di quelle
DE DEDITICIIS
«
formule negative
homo usucaptus non
arhor non coahiisset,
esset,
«
capite dimi-
mancipio non de-
si
non
alieno iuri
si se
quali formule, per dirla col Karlowa,
si
:
35
»
subiecissent, le
hanno tutte per iscopo una
specie di restituzione nella primitiva condizione giuridica ».^
se la legge lunia
Norbana aveva
prescritto che la succesr^ione dei
berti latini doveva regolarsi ac si ìex lata
non
esset,
poteva sorgere sulla vera volontà del legislatore
;
li-
nessun dubbio
esso voleva aver ri-
prima che la
in cui quei liberti vivevano
guardo alla condizione
E difatti
legge lunia Norbana fosse stata promulgata, cioè, allo in lihertate
moravi tutelato dal pretore; quindi
lasciava morendo doveva tornare
al
tato del peculio di uno schiavo (Gaio,
peculii bona
il
patrimonio che
patrono come se
ib.:
si
itaque iure
Latinorum ad mamimissores ea
il
latino
fosse trat-
quodammodo
lege pertinent).
Ma
la
formula usata dalla legge Elia Senzia e riprodotta nel nostro fram-
mento non poteva essere interpretata
la
in questo unico
modo;
esamina s'accorge subito che essa era bilingue. In
mini, poteva supporsi, legittimamente, che
il
legislatore,
chi ben
altri ter-
nell'ade
perarla, avesse voluto aver riguardo alla condizione in cui vive-
vano
i
liberti dediticii
zione servile
;
ma
prima
di essere
manomessi,
cioè, alla condi-
potevasi anche supporre, legittimamente, che esso
avesse voluto avere riguardo alla condizione migliore di liberti cittadini romani,
o di liberti latini, nella quale quei
rebbero vissuti se essa legge non
pessima condizione dei
cetti,
li
manomessi
sa-
avesse depressi ed abbassati alla
dediticii. Ora,
partendo da così opposti con-
alcuni giureconsulti sostenevano che se le parole della legge
Elia Senzia avevano riguardo alla condizione migliore, ossia che la
formula negativa
si
dediticiorum numero facti non essent era risol-
vibile nella positiva si cives
Bomani
vél latini facti essente che, cioè,
dovevansi distinguere, nei riguardi patrimoniali,
'
Gp.
cit. I,
767
:
i
dediticii cives dai
Diese negativen Fiktionen bezwecken alle eine Art Restitution
des friiheren Rechtszustandes.
BULLETTINO DELL'ISTITUTO DI DIRITTO ROMANO
36
dediticii latini, per logica conseguenza, era necessario e giusto rico-
noscere nei primi tutti
vano che
le
romano,
diritti del liberto cittadino
i
anche quello di far testamento
;
e
quindi
altri giureconsulti, invece, sostene-
parole della legge Elia Senzia riguardavano la primitiva
condizione servile di codesti manomessi turpes, ossia, che la formula
negativa
si
si
st'altra
dediticiorum numero facti noti essent
a dominis manumissi non
stinguere due categorie di
dediticii
essent,
in forza della legge lunia
cioè,
i
Norbana,
cìves e
(i
successione doveva regolarsi nello stesso
modo
latini),
i
loro
la
con cui regolavasi,
loro beni doveano tornare al patrono iure peculii, poiché,
bana nega, esplicitamente,
i
risolveva in que-
quindi, senza di-
la successione dei liberti latini,
potevano argomentare quei giureconsulti
se
si
e
ai liberti
se la legge lunia
,
\
latini
Nor-
testamentifacfio,
la
dediticii aeliani sono, senza distinzione alcuna, inferiori ai
li-
berti cives e ai liberti latini, non sarebbe equo accordare ad alcuni
di essi
i
diritti del liberto cittadino
romano, stabilendo,
una
così,
disparità di trattamento da nulla giustificata nella categoria di co-
due opposti sistemi
desti homincs pessimae condicionis. Questi
rebbero, dunque, a mio avviso, contenuti,
periore del nostro
secondo,
nella
frammento precedente
parte inferiore,
il
omnium
et
:
*
il
;
frammento stesso po-
il
trebbe supplirsi nella seguente maniera
quod quidam senserunt
primo, nella parte su-
alle parole superstiti
cosicché
sa-
videamus ne verius
de universis honis
et
sii
de singulis [rebus
qui dediticiorum numero sunt ita ius dicere iudicium red-
dere praeforem iuheri oportere ut ea fiant quae futura forent
si
a
dominis manumissi non essent].
Fra queste due opinioni opposte ed estreme
formando una terza
•Gai,
I,
23; Ulp.,
eclettica che cercò
XX,
ipe è
il
parso
venne più tardi
di conciliarle
fra
si
servono,
per
risolvere
i
problemi
nostro frammento, anche degli altri due e specialmente del terzo;
cosa
più prudente lasciarli in
che mancano affatto
di
un
loro,
14.
'Alcuni degli eruditi sopra nominati
presenta
si
solido fondamento.
disparte
per
non
proporre
che
ma
a
congetture
IL
finì
FRAMMENTO BERLINESE DE
37
« DEDITICIIS »
per diventare l'opinione dominante nelle scuole romane di di-
ritto
e,
al
tempo
di
Gaio,
era
di legge. I giureconsulti che la
ormai ricevuta come massima
propugnavano partivano da questo
concetto, che l'equità voleva, nell'applicare la legge Elia Senzia
intorno alla successione dei
dediticii defunti,
alla condizione migliore di liberti cives
in
cui,
secondo
i
casi,
si
romani
avesse riguardo
o di liberti latini^
sarebbero vissuti, prescindendo dalla loro
turpitudo; ma, nello stesso tempo, era altrettanto equo negare ai
dediticii cives futuri, la testamentifactio, per
di essi,
un trattamento che,
non
stabilire, in favore
di fronte ai dediticii latini futuri, sa-
rebbe stato privilegiato e stridente.
Però Gaio, nel riprodurre,
nelle sue istituzioni, questo terzo sistema, sentiva che esso
non era
logico in tutte le sue parti e non poteva esimersi dal darne accusa
all'autore della legge Elia Senzia,
il
quale avrebbe potuto, con più
chiarezza, far nota la propria volontà su questo punto, e
anonimo, forse, concludeva che
i
quidam,
i
il
quali fondavano
nostro
il
loro
sistema sulla lettera della legge, in fondo in fondo, non avevano tutti
i
torti.
L, Cantarelli.