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FRAMMENTO BERLINESE DE DEDITIGIIS IL Sono noti i frammenti di un libro de tre iudiciis, scritto antico giureconsulto romano, contenuti in una niente da Fajjum Mommsen il pergamena prove- pubblicò, per la prima una riproduzione fotografica nei Bendiconti dell'Acca- volta, con demia in Egitto, che 501-509. delle scienze di Berlino, del 1879, pagg. condo di quei frammenti ìege de honis rébusque è del tenore seguente: ...rum eorulm] hominum esset. ciorum numero senserimt Lo facti et non essent, videamus, ne verius de universis honis et de illustrarono, dottamente, dopo singulis... il * il Huschke, Brinz lur. Am. *, lo (ed. Schneider 5), p. ^ e il Zeitschri/t Krueger, Qesehichfe il si dediti- quod qui- Kriiger il compianto ^ l'Huschke*, è mia in- 623; Colleetio Ubr. iuris Anteiuatiniani, 111,299. 169183; fUr Rechtagesehichte (Rom. der Qiiellen und Litteratur dee Boni. der S. cum sit Karlowa ^ Non ^Sttidi e documenti di s'oria e diritto, I (1880), ' sed ^ Mommsen, Alibrandi, l'ultimo dei romanisti classici ^ M. Cohn ^ Il se- ita ius dicere iudicium reddere praetor iubeatur, ut ea fìant, quae futura forent, dam da un S. II Abth.), 1 (1881), 60-70. (1880), 93-99; Recht», p. 249 e seg. = cf. Hin- du droit romain (trad. Brissaud), p. 333-334. Die jungst aufge/undenen Bruchetùcke auH Schrifien Rom. Juristen, Leipzig 1880. toire de» sources * « '' Zeitschri/t der Savigny-Stifung (R. A.), II (1881), 90-111. Sitzungsherichte der Bayer. Akademie, 1884, p. 542; Die Freigelasienen der lex Aelia Sentia vnd das Berliner fragment von den dediticiern, Freiburg I. B., 1884. VI (1885), 198-204: cf. anche t'6., p. 205-225, lo scritto dell'Holder che parla incidentalmente del nostro frammento a proposito delle relazioni ' Zeitschri/t filr S. S. (R. A.), della legge Elia Senzia con la legge Junia ^ Rom. Reehtsgeschiehte, I, 767. — C Norbana. Segrè, nel suo acuto lavoro snlla. deditio et Romano, 1890, pag. 33) ritiene che " date le cattive condizioni del papiro su cui è scritto il frammento, non si possa da quella parte di esso che è chiaramente leggibile trarre legittimamente nessuna positiva e decisiva Snclusione;,, ma quest'affermazione mi pare troppo assoluta. dediticii aeliani (Bullettino dell'Istituto di Diritto 28 BULLETTINO DELL'ISTITUTO DI DIRITTO ROMANO tenzione di esporre qui le interpretazioni che del frammento berli- nese proposero questi scrittori, tanto più che ebbi occasione di ra- gionarne altrove \ ad una ma Schneider, per ipotesi, a cui lo mente, nel suo scritto e che, a primo, accennò, fugace- il mio avviso, che quel frammento presenta, siti ampia soltanto di dare forma più chiara e più se non risolve tutti i que- avvicina, però, di molto alla ci soluzione del più importante fra essi. I quesiti son questi: 1) chi è l'autore dei frammenti; 2) quali persone sono designate con le parole homines dediticiorum numero della loro successione; 3) qual'è 1. Il i primo quesito mi pare quasi insolubile. L'Alibrandi nostri frammenti appartengano del commentario di Ulpiano « di videamus sentono anche l'Huschke e che ad Edictum, quel videamus ne verius abbonda scritti sit poiché, fra gli altri argo- si ^ ; quindicesimo al libro addice a lui che nei suoi e in questa opinione con- Lenel ^ sebbene il primo supponga al libro quattordicesimo commentario al decimosesto di quel ben e di verius » il frammenti appartengano i quod sii senserimt. ritiene che menti, contenuto della controversia a frammento videamus ne verius cui alludono le parole del quidam facti e qual'è la legge regolatrice il di Ulpiano. ^ e secondo il Ora, per quanto sagaci siano gli argomenti e le osservazioni sulle quali fonda si questa congettura, penso esser cosa più prudente lasciar in disparte il come benissimo avverte quesito, poiché, frammenti non nome * ci i « quei danno un punto di appoggio per indovinare del loro autore Cf. Mommsen il » ^ e quindi ; mi limito a ritenere che miei Latini Iimiani, p. 37 e seg.; Cultura, III (1884), il il nostro 762-766; Rivista Critica delle Scienze Giuridiche, III (1885), 359-361. " 1. 68. Il, e. esprimo — Sul proprio avviso il metodo K. Akad. der Wiss. zu Berlin, ° X>a« * Op Edictum Perpetuum, ° L. e. I " keinen Anhalt. 506 [1885], 468 ah da Ulpiano e sul modo come Schri/steller e seg.; 477 : audeo den egli (Sitzuugsberichte der e seg.)- quinta edizione della sua lur. Ant-iimt., quotus hic ad edictum liber fuerit, definire p. Ulpian p. 25, 5. p. 15. Però, nella cit., l'Huschke scrive: uunc quidem di citazione usato Pernice, cf. qui erat p. 623, n. de iudiciis II, 1, ne „. Namen des Verfassers zu errathen geben die Uberreste IL FRAMMENTO BERLINESE DE DEPITICIIS « 29 » autore scriveva durante l'impero, quando l'opinione di quei giureconsulti che, nella parte mutila del frammento, era riassunta e discussa, non aveva ormai più seguaci nelle scuole di diritto. 2. tranne Gli scrittori che, sopra, furono citati sostengono tutti, Mommsen il Karlowa, che e il nostro frammento sono i le persone contemplate nel libertini dediticii e allude, è la legge Elia Senzia, la quale, che la legge a cui esso come è noto, istituì quella categoria di schiavi manomessi. Questa opinione, che chiamare, ormai, comune, a Gaio (I, XXII, nee me potremmo pare incontrovertibile, poiché se in 12, 15, 25, 67, 68; IH, 74), in Ulpiano Q, 5, 11; 2), in (I, 5, Paolo {Seni., IV, 12, XX, 14; 7) e nelle istituzioni giustinia- numero 3) la locuzione qui dediticiorum sunt, ovvero, qui dediticiorum numero facti sunt, designa, soltanto, la categoria dei dediticii aeliani, se quei giureconsulti antichi ci insegnano che era, appunto, la legge Elia Senzia che mero, se da Gaio (III, 75) si li faceva essere dediticiorum nu- desume che le disposizioni di quella legge, relative alla successione dei libertini dediticii, diedero, ap- punto, occasione ad una controversia fra giureconsulti, non com- prendo, proprio, come si possa mettere in dubbio che mento berlinese non riguarda che quegli schiavi altro formarono l'infima categoria dei libertini, elementare regola di critica storica ci il fram- i quali tanto più che la più insegna di non interpretarlo separatamente dalle altre fonti giuridiche. L'Hòlder, pur ammettendo questa opinione, nega che il nostro frammento ci conservi una di- sposizione della legge Elia Senzia e ritiene, invece, che alluda alla legge Imiia Norbana, la quale avrebbe, a suo avviso, estesa ai dediticii che, astrazion fatta dalla loro turpitudo, sarebbero divenuti latini, quella clausola di essa legge la quale regolava la successione dei latini iuniani. Le considerazioni che dovremo, frappoco, svol- gere rispetto al terzo quesito che ci siamo proposti, infirmeranno anche la ipotesi dell'Holder, ma, ad ogni modo, qui, basterà dire che essa non appare sostenibile, poiché le nostre fonti non ci indi- BULLETTINO DELL'ISTITUTO DI DIRITTO ROMANO 30 Norbana abbia potuto occuparsi, cano, affatto, che la legge lunia espressamente, dei dediticii aeliani. Mommsen Il Karlowa, e il lo dagli altri scrittori che illustrarono gono, abbiamo già il nostro frammento e sosten- primo \ specialmente, che esso il fine della repubblica, a coloro, cioè, detto, dissentono che si riferisce agli exules della erano colpiti ddàVexilium, da ima pena criminale che includeva la perdita della cittadinanza e l'allontanamento da un territorio limitato, di regola, almeno, da Roma e dall'Italia. * Contro questa opinione del Mommsen furono addotti argomenti gravissimi, specialmente dall' Alibrandi e dal- l'Huschke; fra i me quali a tempo dell'impero, gli esuli pare irrepugnabile questo, che erano parificati ai deportati e da loro acquistati, anche dopo non poteva la quale i beni, la deportazione, ricadevano al fisco nostro autore, parlando di esuli, ^ invocare una legge ordinava al pretore de bonis rébusque eorum dicere, iiis il al se, hominum iudicium reddere^ ut ea fiant quae futura forent si ita dedi- ticiorum numero facti non essenf. Ma, ad ogni modo, la questione se gli exides o non sta tanto nel sapere i deportati siano, veramente, nel numero dei dediticii, quanto se la locuzione dediticiorum numero, adoperata nel nostro frammento, possa a loro applicarsi; ora non sia tecnica, come vogliono il Karlowa e il Krùger, non sia, o è possibile negare che quella locuzione, nelle fonti giuridiche, altro non designa clie i dediticii aeliani. E pure ammesso, per un momento, che sone designate nel frammento berlinese, siano gli extdes, conseguenza che, essendo anche dediticiorum numero, di una legge * Il lui 'Cf. !, 140. III, = la =• che, nello stesso tempo, potrebbe appli- sua opinione, nonostante le molte opposizioni, nel suo consente anche L. Hartmann, de exilio apud romanos, Mommsen, Staatsrecht, III, 140. Dig.48, 20, 7, 1. la manomessi della legge Elia Senzia Droit puhlic romain (trad. Girard) pag. 157, n. 2; C. Segrè, avremmo nostro autore avrebbe riprodotto un testo ambiguo Moramsen mantiene R. Staatsrecht, Con così il i le per- = VI, p. 1 pag. Droit jmbUe romain (trad. e. p., 32). § 5; Cod. lust., IX, 49, 2. 157, n. 2. 21. Girard), VI, IL FRAMMENTO BERLINESE due generi di persone carsi a DE DEDITICIIS « fra loro distinti, e 31 » pretore, nel ius il dicere, iudicium reddere intorno alla successione ereditaria di cui la legge prescriveva le deva norme, sarebbe stato incerto se questa inten- riferirsi agli exules ovvero ai dediticii aeliani. Ora ognuno com- prende subito che ammettere una simile ambiguità in un testo di una legge romana e in un commento interpretativo un giurecon- di sulto romano intorno a quella legge sarebbe cosa, semplicemente, assurda, e perciò ritengo, per queste ragioni e per le altre addotte dagli scrittori citati, che nessuno possa più dubitare che le parole numero del nostro frammento homines dediticiorum soltanto libertini dediticii e i facti designino che la legge, citata nel frammento numero fa- stesso, sia la legge Elia Senzia la quale eos dediticiorum Ed ciébat. ora passiamo al terzo quesito. Le parole 3. come già si è modo come il frammento videamus ne verius del nostro quod quidam senserunt et detto, ad sii deuniversishonisetdesinguUs... accennano, una controversia nostro autore si esprime, fra giureconsulti, e dal i mi pare di poter ammettere che esso consentiva nella opinione dei quidam da lui esposta nella parte inferiore della pergamena di Fajjum, o che, almeno, essa, di fronte alla massima contraria stabilita nelle scuole del suo tempo e che aveva ricevuto forza di legge, gli pareva forse la più vera e dico la più vera, perchè nella il comparativo verius ; dimostra che, parte superiore del frammento, era riassunta un'altra opi- nione anch'essa opposta a quella prevalente fra al nostro autore i giureconsulti, e che sembrava meno vera, perchè contraddicente role testuali della legge. il ci ^ alle pa- Ciò posto, ricerchiamo per quale ragione capo della legge Elia Senzia, riguardante i beni dei liberti dedi- Che il comparativo verim lasci supporre che nella parte superiore del frammento era riassunta un'altra opinione opposta alle parole testuali della legge (sed cum ' lege) a mo (Dig. Ili, raffronta Cf. ad ogni modo pare di per sé evidente; 3, 1, § 1); id. libro XI ad due opinioni diverse fra anche Paulus lìbr, ed. loro e I quaestionum (ib. una cf. Ulp. libro IV, 2, 9, g 8j, di queste fa sua (Dig. IV, 2, 17). ove IX il ad edictum giureconsulto adoperando il verius 32 BULLETTINO DELL'ISTITUTO DI DIRITTO ROMANO ticii una contro- defunti, poteva, nella sua applicazione, far sorgere versia fra i giureconsulti e riproduciamolo, innanzi tutto, da Gaio che così ne discorre nelle sue istituzioni (HI, 74-76) lex Aélia Sentia dediticiorum Bomanorum libertorum, nent. Nam cives Romani dem lege tribuuntur. eorum bona numero facit, Eorum autem quos : bona modo quasi civium modo quasi Latinorum ad patronos qui, si in aliquo vitio futuri essent, quasi civium non tamen ìli non essente Bomanorum perii- manumissi patronis ea- habent etiam testamenti factio- nem; nam id plerisque placuit, nec inmerito: nam incredibile vide- batur pessimae condicionis hominibus voluisse legis latorem testamenti faciendi ius concedere. essent, ac si Eorum non vero bona qui, si manumissi futuri Latini essent, proinde in aliquo vitio tribuuntur patronis, Latini decessissent. nec mepraeterit, non satis in ea re legis la- torem voluntatem suam verbis expressisse. In primo luogo esaminiamo a che cosa parole di Gaio luntatem : suam nec me non praeterit si riferiscano le ultime satis in ea re legislatorem vò- verbis expressisse. L'Alibrandi e il Cohn le riferi- scono alla controversia sulla testamentifactio che alcuni giurecon- negavano, sulti altri, ma, secondo me, a eipiù, invece, accordavano ai liberti dediticii, torto, perchè contro ver sia con le par ole Gaio aveva già esaurita cotesta nam incredibile videbatur come osserva, giustamente, lo Schneider, egli questa maniera: nibus voluisse non praeterit expressisse. legis satis in ea re legis vero bona et bero diventati liberti ' Cf. i i latini, L'ea re nemmeno può quali si in aliquo vitio poiché, al ferma opinione \ miei Latini condicionis homi- i me latorem voluntatem suam verbi rei. il non riferirsi essent, sareb- tempo della legge Elia non esistevano, latini lunia Norbana, per quanto affermino p. altrimenti ; latorem testamenti faciendi ius concedere, nec Eorum è nostra et rei. sarebbe espresso in nam incredibile videbaturpessimae alla successione di coloro come si contrario il Voigt Senzia, e la * e lo legge lunia legge Hòl- Norbana^ luniani, p. 29 e seg.; la data iua gentium der Bomer, p. 746, n. 842, 7; p. 761, n. 855. della 13 e seg. ' jOas ius civile und IL der \ non FRAMMENTO BEULINESK « DE DEUITICIFS 33 » occupò della successione di costoro. Che ciò sia vero si parrai risulti evidente dal raffronto di queste due locuzioni usate Oaio : da nel caso dei liberti dediticii, che sarebbero diventati cives^ nostro giureconsulto Romanorum patronis il esprime così: eorum bona... quasi civium si eadem lege [Aélia Sentia] tribunntur ; nel caso dei liberti dediticii che sarebbero diventati latini, dice così eorum bona... proinde tribuuntur patronis ac si : Latini decessissent, senza attribuire ne alla legge Elia Senzia, ne alla legge lunia Nor- bana codesto provvedimento. Quel passo di Gaio non contiene una disposizione di legge, ma adunque, (III, 76), una dottrina interpreta- tiva sorta dalla necessità di estendere a quei dediticii scindendo dalla loro turpitudo, sarebbero diventati i quali, pre- latini, la regola stabilita dalla legge Elia Senzia per la successione di coloro che, non trovandosi in aliquo ma vitio, sarebbero diventati liberti cittadini ' ; poiché la parola legisìatorem, adoperata, per due volte, da Gaio in quel passo, come dal contesto apparisce, non può riguardare che la legge Elia Senzia sopra nominata, Vea re deve riferirsi a tutto l'isti- tuto della successione dei dediticii regolato da codesta legge a cui Gaio, a modo di conclusione, rivolge l'accusa di non aver dato su questo punto forma abbastanza chiara e precisa al suo pensiero. Ma l'accusa di Gaio non sarebbe giustificata, né una controversia avrebbe potuto sorgere fra i giureconsulti se la legge Elia Senzia, prescrivendo al pretore di ius dicere rispetto ai beni dei liberti dediticii, avesse adoperate Romani le parole ut ea fiant quae futura forent si manumissi cives futuri essent ; poiché in questo caso la volontà della legge sarebbe stata chiarissima, i beni che lasciavano morendo i dediticii avrebbero dovuto considerarsi come beni di un liberto cittadino ro- mano defunto, e per quanto assurda potesse sembrare la cosa, essi, ' L. e, p. 218 e seg. - Ulp. Uh. unum I ad Ed. aed cur. (Dig.. I, 3, 13): Nani., ut ait Pedius, quoties Imje bona occaaio est, cederà, quae tendunt mi tandem tUiUtatem, vd interp re tatione, rei certe iuriadic'ione suppleri. nìiquid vel alterutn Bull, dell' fatit. introduelum di Diritto est, Romano. A.nno VII. 3 ^ 34 BULLETTINO DELL'ISTITUTO DI DIRITTO ROMANO in ultimo spiritu, per servirci di una espressione di Giustiniano^ avrebbero avuto, in forza della legge stessa, la facoltà di testare. Perchè, adunque, la controversia fosse possibile, era necessario che le parole testuali della legge Elia Senzia fossero così ambigue da dar ragione, nello stesso tempo, da un lato, ai plerique^ nominati da Oaio, e dall'altro ai quidam, che alla loro opinione contraddicevano. Quali erano coteste parole? Ce le fa conoscere, senza dubbio, la per- gamena di Fajjum, di guisa che il capo della legge Elia Senzia doveva essere così formulato: de bonis rebusque Praetor... itaius dicito, quae futura forent horum hominum iudicium reddito, ut ea fiant. dediticiorum numero facti non si essent \ Orbene, ad un solo i giureconsulti romani, i com' quali, è noto, ridussero contenuto delle leggi Elia Senzia e lunia Norbana, con- il siderando quest'ultima come un complemento della prima, quale interpretazione doveano dare alla formula negativa si dediticiorum numero non facti essent, doveano forse ritenerla equivalente alla formula negativa adoperata dalla legge lunia Norbana per regolare la successione dei latini iuniani, la quale aveva disposto che di codesti liberti lata non proinde ad manumissores pertinerent, ac Gaio esset punto, perchè qui è (III, il ' L'Alibrandi (1. e. I, dalla legge lunin 173 e seg.) ritiene che dediticiorum numero hac lege facti non essente Elia Senzia aveva prescritto che servi misn, dediticiorum numero sint, sunt peregrini dediticii (Gai. lege era inutile, si lex vero nodo della questione. Norbana era chiarissima; Gaio non le rivolge alcuna accusa di oscurità : beni 56) ? Esaminiamo, attentamente, questo La formula negativa adoperata così i I. nel ma testo poiché ^, della legge era detto se nei capi precedenti, la legge a domìni» poenae nomine vincti... et pogtea.., manu- ovvero, eiusdem condicionis liberi fiant, cuius condicionis 13; Ulp. I. 11), nel capo che discutiamo, l'inciso hac s'intendeva da sé che codesti homines erano quelli quos lex Aelia Senlia dediticiorum numero faciebat. si *A coloro i quali sostengono che la legge lunia Norbana si occupò dei dediticii può osservare ancora che sarebbe inconcepibile che l'autore di essa, mentre aveva, espresso chiaramente la sua volontà nel fosse stato oscuro e regolare la successione non preciso nel manifestarla rispetto dei liberti latini,, ai dediticii latini futuri. - IL essa ricade nel nutus non disset, si FRAMMENTO BERLINESE numero esset, si di quelle DE DEDITICIIS « formule negative homo usucaptus non arhor non coahiisset, esset, « capite dimi- mancipio non de- si non alieno iuri si se quali formule, per dirla col Karlowa, si : 35 » subiecissent, le hanno tutte per iscopo una specie di restituzione nella primitiva condizione giuridica ».^ se la legge lunia Norbana aveva prescritto che la succesr^ione dei berti latini doveva regolarsi ac si ìex lata non esset, poteva sorgere sulla vera volontà del legislatore ; li- nessun dubbio esso voleva aver ri- prima che la in cui quei liberti vivevano guardo alla condizione E difatti legge lunia Norbana fosse stata promulgata, cioè, allo in lihertate moravi tutelato dal pretore; quindi lasciava morendo doveva tornare al tato del peculio di uno schiavo (Gaio, peculii bona il patrimonio che patrono come se ib.: si itaque iure Latinorum ad mamimissores ea il latino fosse trat- quodammodo lege pertinent). Ma la formula usata dalla legge Elia Senzia e riprodotta nel nostro fram- mento non poteva essere interpretata la in questo unico modo; esamina s'accorge subito che essa era bilingue. In mini, poteva supporsi, legittimamente, che il legislatore, chi ben altri ter- nell'ade perarla, avesse voluto aver riguardo alla condizione in cui vive- vano i liberti dediticii zione servile ; ma prima di essere manomessi, cioè, alla condi- potevasi anche supporre, legittimamente, che esso avesse voluto avere riguardo alla condizione migliore di liberti cittadini romani, o di liberti latini, nella quale quei rebbero vissuti se essa legge non pessima condizione dei cetti, li manomessi sa- avesse depressi ed abbassati alla dediticii. Ora, partendo da così opposti con- alcuni giureconsulti sostenevano che se le parole della legge Elia Senzia avevano riguardo alla condizione migliore, ossia che la formula negativa si dediticiorum numero facti non essent era risol- vibile nella positiva si cives Bomani vél latini facti essente che, cioè, dovevansi distinguere, nei riguardi patrimoniali, ' Gp. cit. I, 767 : i dediticii cives dai Diese negativen Fiktionen bezwecken alle eine Art Restitution des friiheren Rechtszustandes. BULLETTINO DELL'ISTITUTO DI DIRITTO ROMANO 36 dediticii latini, per logica conseguenza, era necessario e giusto rico- noscere nei primi tutti vano che le romano, diritti del liberto cittadino i anche quello di far testamento ; e quindi altri giureconsulti, invece, sostene- parole della legge Elia Senzia riguardavano la primitiva condizione servile di codesti manomessi turpes, ossia, che la formula negativa si si st'altra dediticiorum numero facti noti essent a dominis manumissi non stinguere due categorie di dediticii essent, in forza della legge lunia cioè, i Norbana, cìves e (i successione doveva regolarsi nello stesso modo latini), i loro la con cui regolavasi, loro beni doveano tornare al patrono iure peculii, poiché, bana nega, esplicitamente, i risolveva in que- quindi, senza di- la successione dei liberti latini, potevano argomentare quei giureconsulti se si e ai liberti se la legge lunia , \ latini Nor- testamentifacfio, la dediticii aeliani sono, senza distinzione alcuna, inferiori ai li- berti cives e ai liberti latini, non sarebbe equo accordare ad alcuni di essi i diritti del liberto cittadino romano, stabilendo, una così, disparità di trattamento da nulla giustificata nella categoria di co- due opposti sistemi desti homincs pessimae condicionis. Questi rebbero, dunque, a mio avviso, contenuti, periore del nostro secondo, nella frammento precedente parte inferiore, il omnium et : * il ; frammento stesso po- il trebbe supplirsi nella seguente maniera quod quidam senserunt primo, nella parte su- alle parole superstiti cosicché sa- videamus ne verius de universis honis et sii de singulis [rebus qui dediticiorum numero sunt ita ius dicere iudicium red- dere praeforem iuheri oportere ut ea fiant quae futura forent si a dominis manumissi non essent]. Fra queste due opinioni opposte ed estreme formando una terza •Gai, I, 23; Ulp., eclettica che cercò XX, ipe è il parso venne più tardi di conciliarle fra si servono, per risolvere i problemi nostro frammento, anche degli altri due e specialmente del terzo; cosa più prudente lasciarli in che mancano affatto di un loro, 14. 'Alcuni degli eruditi sopra nominati presenta si solido fondamento. disparte per non proporre che ma a congetture IL finì FRAMMENTO BERLINESE DE 37 « DEDITICIIS » per diventare l'opinione dominante nelle scuole romane di di- ritto e, al tempo di Gaio, era di legge. I giureconsulti che la ormai ricevuta come massima propugnavano partivano da questo concetto, che l'equità voleva, nell'applicare la legge Elia Senzia intorno alla successione dei dediticii defunti, alla condizione migliore di liberti cives in cui, secondo i casi, si romani avesse riguardo o di liberti latini^ sarebbero vissuti, prescindendo dalla loro turpitudo; ma, nello stesso tempo, era altrettanto equo negare ai dediticii cives futuri, la testamentifactio, per di essi, un trattamento che, non stabilire, in favore di fronte ai dediticii latini futuri, sa- rebbe stato privilegiato e stridente. Però Gaio, nel riprodurre, nelle sue istituzioni, questo terzo sistema, sentiva che esso non era logico in tutte le sue parti e non poteva esimersi dal darne accusa all'autore della legge Elia Senzia, il quale avrebbe potuto, con più chiarezza, far nota la propria volontà su questo punto, e anonimo, forse, concludeva che i quidam, i il quali fondavano nostro il loro sistema sulla lettera della legge, in fondo in fondo, non avevano tutti i torti. L, Cantarelli.