LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE
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Archivio selezionato: Sentenze Cassazione Civile
ESTREMI
Autorità: Cassazione civile sez. I
Data: 01 marzo 2010
Numero: n. 4863
CLASSIFICAZIONE
CASSAZIONE CIVILE Deposito di atti di documenti nuovi
FALLIMENTO Concordato fallimentare omologazione
OBBLIGAZIONI E CONTRATTI Condizione del contratto sospensiva
OBBLIGAZIONI E CONTRATTI Contratto preliminare (compromesso)
Cassazione civile - Deposito di atti - Di documenti nuovi - Documenti di prova
delle condizioni dell'azione - Deposito - Esclusione - Fondamento - Fattispecie
Obbligazioni e contratti - Contratto - Preliminare - Consegna della cosa e
pagamento del prezzo prima del contratto definitivo - Anticipazione dell'effetto
traslativo - Esclusione - Conseguenze - Posizione del promissario acquirente Detentore qualificato - Configurabilità - Possesso ad usucapionem - Esclusione
Fallimento - Concordato fallimentare - Omologazione - Sentenza di
omologazione - Beni del fallimento - Trasferimento nel patrimonio
dell'assuntore - Momento perfezionativo - Sentenza di omologazione Configurabilità - Successivi provvedimenti integrativi ed attuativi del giudice
delegato - Rilevanza - Esclusione - Trasferimento sottoposto a condizione Esclusione dei suddetti effetti - Sussistenza OBBLIGAZIONI E CONTRATTI Preliminare ad effetti anticipati - Consegna del bene prima della stipula del
contratto definitivo di vendita - Acquisto del possesso ad usucapionem da parte
del promissario acquirente - Esclusione. OBBLIGAZIONI E CONTRATTI Concordato fallimentare - Alienazione al terzo assuntore dei beni della società
fallita - Sentenza omologativa - Efficacia traslativa - Decreto attuativo del
giudice delegato - Efficacia integrativa con funzione esecutiva. OBBLIGAZIONI E
CONTRATTI - Acquisto del diritto sospensivamente condizionato - Pendenza
della condizione - Azione volta all'accertamento dell'intervenuta usucapione Aspettativa di diritto in capo all'acquirente sotto condizione - Legittimazione a
resistere in giudizio.
INTESTAZIONE
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PROTO
Vincenzo
-
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Presidente
-
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Dott. FIORETTI
Francesco Maria
- Consigliere Dott. PICCININNI Carlo
- Consigliere Dott. BERNABAI
Renato
- rel. Consigliere Dott. RAGONESI
Vittorio
- Consigliere ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 2924-2005 proposto da:
ALFA S.R.L. (P.I. (OMISSIS)), BETA S.R.L. (P.I. (OMISSIS)),
GAMMA
S.R.L.
((OMISSIS)),
in
persona
dei
rispettivi
Amministratori pro tempore, nonchè SOCIETA' GENERALE COSTRUZIONI
S.P.A. (P.I. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro
tempore, e
D.B.A. nella qualità di Curatore del
Fallimento
della
Società Generale Costruzioni,
elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA PAOLO EMILIO 34, presso l'avvocato D'ANGELO
QUIRINO, rappresentati e difesi dall'avvocato DI BIASE GIOVANNI,
giusta procura in calce al ricorso;
- ricorrenti contro
R.G.,
R.M.P.;
- intimati sul ricorso 6152-2005 proposto da:
R.G. (c.f. (OMISSIS)),
R.M.P.
(c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
MONTESANTO 25, presso l'avvocato IDINI GIOVANNA, rappresentati e
difesi dall'avvocato DURANTE EBERTO, giusta procura a margine del
controricorso e ricorso incidentale subordinato;
- controricorrenti e ricorrenti incidentali contro
ALFA S.R.L., BETA S.R.L., GAMMA S.R.L., SOCIETA' GENERALE COSTRUZIONI
S.P.A.,
D.B.A.;
- intimati avverso la sentenza n. 625/2004 della CORTE D'APPELLO di L'AQUILA,
depositata il 03/09/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
17/12/2009 dal Consigliere Dott. RENATO BERNABAI;
previa riunione dei ricorsi;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
APICE
Umberto che ha concluso per l'accoglimento del ricorso
principale; per il rigetto dell'incidentale.
FATTO
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
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Con atto di citazione notificato il 20 giugno 1992 l'Alfa s.r.l., la Beta s.r.l., la Gamma
s.r.l. e la Società Generale Costruzioni - S.G.C., s.p.a. convenivano dinanzi al Tribunale
di Pescara la signora D.M.M. per sentirla condannare al rilascio di un appartamento e di
un negozio siti in Pescara e da lei occupati a seguito di un contratto preliminare di
compravendita stipulato con la S.G.C., prima del suo fallimento.
Esponevano che la curatela non aveva mai consentito alla stipulazione del contratto
definitivo e che degli immobili avevano invece acquistato la proprietà le prime tre società
in forza del concordato fallimentare omologato che prevedeva il loro obbligo di soddisfare
i creditori concorsuali a fronte della cessione di tutti i beni della società fallita.
Costituitasi ritualmente, la signora D.M. eccepiva, in via preliminare, la carenza di
legittimazione attiva delle società assuntrici del concordato, in carenza del decreto di
trasferimento, da parte del giudice delegato, degli immobili rivendicati; nel merito,
deduceva di esserne divenuta proprietaria, automaticamente, in virtù del precedente
contratto da lei stipulato - da qualificare come vendita obbligatoria di cose future, e non
come preliminare di compravendita - una volta ultimata la loro edificazione; o,
alternativamente, a titolo originario, per usucapione da possesso ultraventennale.
Chiedeva, quindi, in via riconvenzionale, l'accertamento del proprio diritto di proprietà.
A seguito del decesso della D.M., il giudizio proseguiva con il subingresso degli eredi R.G.
e R.M. P..
Integrato il contraddicono nei confronti della curatela del fallimento S.G.C. - che,
costituendosi, eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva a seguito della
chiusura della procedura concorsuale, omologata con sentenza passata in giudicato - il
Tribunale di Pescara con sentenza 29 giugno 1998 rigettava la domanda principale e, in
accoglimento della riconvenzionale, dichiarava l'usucapione degli immobili; con condanna
delle società attrici Alfa, Beta e Gamma alla rifusione delle spese di giudizio nei confronti
dei convenuti e loro compensazione invece tra il fallimento S.G.C., e questi ultimi.
I successivi gravami - principale, delle società, e incidentale dei sigg. R. - venivano
respinti dalla Corte d'appello di L'Aquila con sentenza 3 settembre 2004.
La corte motivava:
- che la curatela difettava di legittimazione passiva a seguito del passaggio in giudicato
della sentenza omologativa del concordato fallimentare, con recupero della capacità
sostanziale e processuale della S.G.C.;
- che erano del pari carenti di legittimazione attiva le tre società assuntrici, mai divenute
proprietarie degli immobili in mancanza di prova dell'allegata emissione del decreto di
trasferimento in loro favore da parte del giudice delegato;
- che la domanda non poteva ritenersi svolta dalla S.G.S. s.p.a. in bonis, limitatasi ad
intervenire ad adiuvandum, con richiesta, solo in subordine, dell'accertamento del proprio
diritto di proprietà in caso di risoluzione del concordato;
- che era pure infondato il gravame incidentale condizionato, volto all'accertamento della
natura di contratto di vendita obbligatorio di cosa futura, e non di contratto preliminare:
qualificazione, da escludere sulla base degli elementi letterali della scrittura privata, già
valorizzati dal tribunale e non contestati in modo specifico dai signori R..
Avverso a sentenza, non notificata, proponevano ricorso per cassazione l'Alfa s.r.l., la
Beta s.r.l., la Gamma s.r.l., la s.p.a.
Società Generale Costruzioni, nonchè il curatore del fallimento S.G.S. (con la formula
"per quanto occorrer possa") con atto notificato il 24 gennaio 2005.
Deducevano:
1) la violazione degli art. 130 e 136, L. Fall., e dell'art. 1356 cod. civ., giacchè la
sentenza di omologazione del concordato costituiva titolo immediato e diretto del
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trasferimento degli immobili, di cui il successivo provvedimento del giudice delegato
aveva solo funzione integrativa ed esecutiva: onde, sussisteva la loro legittimazione a
richiedere il rilascio dell'immobile acquistato. In ogni caso, la legittimazione attiva
costituiva solo una condizione dell'azione, integrabile nel corso del processo, e nella
specie era stata sicuramente acquisita dopo che il giudice delegato, con decreto 31
ottobre 2002, aveva disposto procedersi al trasferimento degli immobili ed il curatore vi
aveva provveduto con atto pubblico 18 dicembre 2002; la cui produzione, nel giudizio di
legittimità, doveva intendersi consentito ex art. 372 cod. proc. civ. al fine di dimostrare
l'ammissibilità del ricorso. In subordine, doveva riconoscersi alle società assuntrici la
legittimazione in pendenza della condizione sospensiva dell'acquisto, consistente
nell'adempimento degli obblighi concordatane art. 1356 cod. civ.), o quanto meno alla
Società generale costruzioni tornata in bonis, o in alternativa, alla curatela: a pena di
ritenere il patrimonio del fallito inammissibilmente privo di titolare e abbandonato a se
stesso.
2) La violazione degli artt. 1158 e ss., 1166, 2941 e 2942 cod. civ. e la carenza di
motivazione in ordine all'accertamento dell'acquisto per usucapione, non essendo stata
fornita la prova del trasferimento del possesso in forza del contratto preliminare, nè
dell'animus possidendi in capo alla signora D.M.: incompatibili, entrambi, con la natura
obbligatoria, e non reale, del diritto costituito in suo favore. Oltre a ciò, faceva difetto
l'elemento psicologico dell'inerzia della proprietaria S.G.C., s.p.a., che aveva perduto la
capacità di agire per ottenere il rilascio dell'immobile, a seguito del fallimento dichiarato
nel (OMISSIS).
Resistevano con controricorso i sigg. R.G. e M. P., che svolgevano altresì ricorso
incidentale subordinato per violazione dell'art. 1472 cod. civ. nella negazione della natura
definitiva del contratto di compravendita di cosa futura stipulato dalla loro dante causa.
Entrambe le parti depositavano memorie illustrative ex art. 378 cod. proc. civ..
All'udienza del 17 dicembre 2009, dopo la riunione dei ricorsi ex art. 335 cod. proc. civ.,
il Procuratore generale precisava le conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.
DIRITTO
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, di contenuto variegato, le società ricorrenti deducono la violazione
degli artt. 130 e 136, L. Fall., e dell'art. 1356 cod. civ..
La censura è articolata sotto più profili che occorre esaminare partitamente.
Viene in considerazione, in via preliminare di rito, la questione dell'ammissibilità della
produzione del decreto con cui il giudice delegato avrebbe autorizzato il trasferimento
degli immobili, nelle more del giudizio, e del conseguente atto pubblico 18 dicembre
2002 che vi avrebbe dato attuazione.
Sul punto, deve accogliersi l'eccezione d'irricevibilità sollevata nel controricorso.
I documenti in questione non valgono, infatti, a dimostrare l'ammissibilità del ricorso, ai
sensi dell'art. 372 c.c., comma 1.
Questa è, infatti, del tutto incontroversa sotto il profilo della legittimazione ad
impugnare, che deriva dalla qualità di parte processuale già assunta nei gradi di merito
da tutte le società ricorrenti. In realtà, ciò che s'intende provare mediante la
documentazione allegata è, piuttosto, la titolarità del diritto di proprietà degli immobili,
che sarebbe ormai stata acquisita dalle società con l'atto pubblico offerto in esibizione: e
cioè, una circostanza di fatto attinente alla questione di merito posta a fondamento della
sentenza di rigetto della domanda, sia in primo che in secondo grado. E' vero che la
legittimazione attiva - rectius: la titolarità del diritto vantato dalle attrici - è condizione
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dell'azione (Cass., sez. 3, 30 Maggio 2008, n. 14468), verificabile, quindi, fino al
momento della decisione; senza che a quest'ultima debba assegnarsi il significato
restrittivo, prospettato dai resistenti, di decisione di primo grado. Tuttavia, cosa diversa
dall'astratta rilevanza della condizione sopravvenuta è il regime di prova del fatto
costitutivo che la sostanzia, soggetto alle regole preclusive proprie di ciascun grado di
giudizio. A tale stregua, resta inammissibile, nella fase di legittimità, qualsiasi attività
istruttoria, sia pure documentale; ed il fatto sopravvenuto può trovare ingresso nel
thema decidendum solo se oggetto di esplicita ammissione della controparte che lo renda
pacifico.
Nella specie, peraltro, i signori R. non hanno affatto confermato l'altrui acquisto del
diritto, contestando, anzi, la natura incondizionata ed efficace del decreto del giudice
delegato, a loro dire meramente autorizzativo della vendita. Ne consegue che la
circostanza integrativa della condizione dell'azione resta controversa e non può trovare
dimostrazione aliunde, per via documentale (art. 372 cod. proc. civ.).
Viene ora all'esame la tesi subordinata dell'acquisto della proprietà degli immobili per
effetto della stessa sentenza omologativa del concordato fallimentare, con cui si
disponeva l'alienazione dei beni della S.C.G. s.p.a. agli assuntori.
Al riguardo, dev'essere ribadito il costante orientamento che a tale pronuncia riconosce
natura di titolo diretto ed immediato del trasferimento dei beni del fallito nel patrimonio
dell'assuntore, di cui segna, di conseguenza, il dies a quo (Cass., sez. 3, 13 aprile 2007,
n. 8832; Cass., sez. 2, 8 novembre 2002, n. 15.716). Essa attua, infatti, come
corrispettivo dell'accollo dei debiti del fallito, il trasferimento dei suoi beni, che fino a quel
momento erano assoggettati al vincolo di indisponibilità in favore dei creditori dalla data
di apertura del concorso (Cass., sez. 1, 27 Maggio 1987, n. 4715). Ne consegue che
eventuali provvedimenti integrativi o attuativi assunti dal giudice delegato ex art. 136,
comma 3, L. Fall., in epoca successiva, una volta accertato il completo adempimento del
concordato, nell'esercizio di un'attività di sorveglianza e controllo priva di contenuto
decisorio - ivi comprese la descrizione specifica dei beni alienati necessaria per la
trascrizione e la cancellazione delle ipoteche, con io svincolo delle cauzioni - si pongono
in funzione meramente esecutiva ( Cass., sez. 1, 23 dicembre 1992, n. 13.626); mentre,
la sentenza di omologazione ha effetti costitutivi dei trasferimento della proprietà, allo
stesso modo di un contratto di compravendita o della sentenza di esecuzione in forma
specifica pronunziata ex art. 2932 cod. civ..
Tuttavia, nella specie, l'acquisto da parte delle società Alfa, Beta e Gamma non era
efficace all'atto stesso della sentenza, bensì sottoposto alla condizione sospensiva del
regolare adempimento degli obblighi concordatari assunti.
Ne discende che, nelle more - ed ancora, alla data dell'edictio actionis - esse non erano
proprietarie degli immobili pretesi, ma solo titolari di un'aspettativa qualificata,
suscettibile di mera tutela cautelare, conservativa, in pendenza della condizione (art.
1356 cod. civ.).
Alla luce di questa ricostruzione in fatto e diritto, eccedeva dunque i limiti di
legittimazione la domanda di merito svolta dalle s.r.l.
Alfa, Beta e Gamma, volta ad ottenere il rilascio dell'appartamento e del negozio occupati
dalla signora D.M., previo accertamento del proprio diritto pieno, poziore rispetto a quello
vantato da quest'ultima.
Anche la censura relativa al diniego di legittimazione della curatela e della S.G.C, s.p.a.,
tornata in bonis, non può trovare accoglimento.
Sotto il primo profilo è esatto che, una volta omologato il concordato, la curatela perde
ogni potere d'impulso processuale che valichi i limiti della vigilanza sull'esatto
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adempimento delle obbligazioni concordatarie.
In ordine, invece, alla società, la doglianza è inammissibile, volta com'è ad un riesame,
nel merito, del contenuto della domanda da essa svolta: interpretata dalla corte
territoriale, con motivazione immune da vizi logici, come mero intervento ad adiuvandum
delle società Alfa, Beta e Gamma (salva l'azione in proprio nell'ipotesi subordinata, non
ricorrente nella specie, di risoluzione del concordato fallimentare).
Con il secondo motivo le società ricorrenti censurano la violazione degli artt. 1158 e ss.,
1166, 2941 e 2942 cod. civ. e la carenza di motivazione in ordine all'accertamento
dell'acquisto per usucapione.
Il motivo è fondato nei limiti di cui appresso.
A riguardo, viene all'esame, in via preliminare, il problema della legittimazione attiva
all'impugnazione delle società Alfa, Beta e Gamma, di cui si è testè negato l'acquisto
della proprietà in epoca anteriore all'edictio actionis e nelle more del processo, entro il
termine preclusivo della relativa prova.
Dalla suddetta statuizione non discende peraltro la carenza del potere di contraddire in
ordine all'altrui domanda di accertamento dell'usucapione.
E ciò, sotto un duplice profilo.
Da un lato, le predette società sono legittimate ad impugnare la sentenza quali parti
convenute, in riconvenzione, dalla stessa D. M., che le aveva individuate come legittime
controinteressate alla dichiarazione di acquisto a titolo originario della proprietà degli
immobili. Si tratta di una veste processuale stabile, non legata all'esito della domanda
principale da esse svolta, cui è correlata la perpetuano del potere di resistere alla
domanda riconvenzionale e di impugnarne la sentenza di accoglimento, nella perdurante
presenza dell'interesse a contraddire (art. 100 cod. proc. civ.).
Dall'altro, non può del pari disconoscersi una, sia pur limitata, tutela sostanziale al
titolare di un'aspettativa (quale va, appunto, qualificato l'acquirente di un diritto
subordinato a condizione sospensiva), tesa ad impedire eventi - materiali o, come nella
specie, giuridici - suscettibili di pregiudicarla irreversibilmente.
Dalla disciplina della condizione deriva, infatti, la tipizzazione di una gamma di facoltà
che eleva l'aspettativa al rango di situazione di diritto: incluso, perfino, il potere di
disporre del diritto condizionato, significativo, per antonomasia, di una signoria sulla cosa
(art. 1357 cod. civ.).
Al riguardo, anche se sia da ritenere impropria, in sede concettuale, la definizione di
"doppia titolarità" del medesimo diritto di proprietà - in capo, rispettivamente,
all'acquirente e all'alienante sub condizione - resta che la situazione soggettiva del primo
non è un mero interesse di fatto: al punto da essere specificamente tutelata tramite la
legittimazione a compiere atti conservativi (art. 1356 cod. civ.). Con quest'ultima
locuzione, non infrequente nel codice (art. 460 c.c., comma 2, e art. 1130 c.c., comma 1,
n. 4), non si intendono, innanzitutto, solo i ricorsi cautelari, ma anche quelli possessori
(Cass., sez. 2, 14 maggio 1990, n. 4117), che pure hanno efficacia interruttiva dell'altrui
possesso ad usucapendum (artt. 1165 e 2943 cod. civ.: Cass., sez. 2, 19 giugno 2003, n.
9845; Cass., sez. 2, 15 maggio 1992 n. 5801).
Inoltre, la nozione di atto conservativo ex art. 1356 cod. civile, se trova il suo naturale
ambito di riferimento nei provvedimenti cautelari o possessori, tesi a contrastare
eventuali abusi del venditore - che è pur sempre titolare attuale del diritto, poziore
rispetto all'aspettativa dell'acquirente - può invece espandersi fino a ricomprendere
altresì l'azione e la resistenza in un giudizio di cognizione nei confronti del terzo
detentore, al fine di impedirne l'acquisto a titolo originario della proprietà, preclusivo
financo della retroattività reale dell'effetto dell'avveramento della condizione (art. 1360
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cod. civ.). In tale contesto deve riconoscersi legittimazione all'acquirente sub condicione
a resistere alla pretesa di un quisque de populo, privo, allo stato, di alcun titolo
giustificativo del godimento della cosa.
Per completezza di analisi, si può soggiungere, in sede sistematica, che analoga potestà
viene riconosciuta anche al chiamato all'eredità, nella fattispecie di cui all'art. 460 cod.
civ.: con l'unica conseguenza che l'esercizio della domanda di cognizione, travalicante i
confini dell'atto conservativo in senso stretto, cautelare o possessorio, menzionato nella
norma, produrrà l'effetto di un'accettazione tacita dell'eredità (Cass., sez. 3, 1 luglio
2005, n. 14081; Cass., sez. 2, 27 giugno 2005, n. 13738).
Sotto il profilo in esame, resta invece limitata ad un ruolo adesivo la compresenza nel
ricorso della S.G.C., in bonis) nonchè della curatela del fallimento S.G.C., del resto
perfino espressamente connotato in tal senso con la formula "per quanto occorrer possa"
contenuta nell'epigrafe del ricorso.
Ciò premesso in ordine alla legittimazione al ricorso in parte qua, si osserva che la
contestazione mossa dalle società Alfa, Beta e Gamma al possesso goduto dalla signora
D.M., e poi dai suoi aventi causa a titolo ereditario, se è inammissibile nella parte in cui
tende a proporre un riesame nel merito della situazione di fatto dell'immobile a partire
dal 1970 accertata nei due gradi pregressi, appare invece fondata laddove denunzia, in
punto di diritto, l'insussistenza del possesso utile all'acquisto per usucapione, non
identificabile con la detenzione degli immobili attribuita con il contratto stipulato in data
(OMISSIS), qualificato concordemente dei giudici di merito come preliminare di
compravendita.
Nella promessa di vendita, infatti, quando venga convenuta la consegna del bene prima
del perfezionamento del contratto definitivo, non si verifica un'anticipazione degli effetti
traslativi, in quanto la disponibilità in tal modo conseguita dal promissario acquirente ha
mera natura di detenzione, sia pur qualificata, collegata ad un contratto con effetti
obbligatori, costitutivo di reciproci diritti di credito ad un fare (prestazione del successivo
consenso); e non di possesso utile ad usucapionem: salva la dimostrazione di una
sopraggiunta interversio possessionis nei modi di cui all'art. 1141 c.c., comma 2 (Cass.,
sez. unite, 27 marzo 2008, n. 7930).
Solo il possessore, infatti, e non anche il detentore, può usucapire il bene (e godere delle
azioni di manutenzione e di nunciazione:
artt. 1170 e 1171 cod. civ.); mentre, al promissario acquirente va riconosciuta una
detenzione qualificata, esercitata nel proprio interesse, ma alieno nomine; in assenza
dell'animus possidenti, escluso dalla consapevolezza che l'effetto traslativo non si è
ancora prodotto.
In conclusione, anche in presenza del cd. preliminare ad effetti anticipati - che pure ha,
certo portata ben più pregnante del paradigmatico pactum de contraendo - è pur sempre
il contratto definitivo, espressione di autonomia negoziale e non mero atto dovuto
solvendi causa, a produrre l'effetto traslativo reale: restando esclusa la scissione tra
titulus e modus adquirendi (eventualmente, anche mediante atto non negoziale), che era
propria del diritto romano ed è tuttora vigente in taluni ordinamenti moderni, come
quello tedesco.
Entro questa cornice concettuale, la consegna della cosa e l'anticipato pagamento del
prezzo non sono incompatibili, in ultima analisi, con la figura del preliminare, nè indice
della natura definitiva della compravendita; quale che ne sia la giustificazione causale: se
per clausola atipica, introduttiva di un'obbligazione aggiuntiva, o per collegamento
negoziale (preliminare di compravendita, comodato e mutuo gratuito: in questo senso,
Cass. sez. un. 7930/2008, cit.).
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In applicazione dei predetti principi, appare dunque erronea la decisione della Corte
d'appello di L'Aquila nella parte in cui ha dichiarato l'acquisto per usucapione in forza
della prolungata detenzione da parte della signora D.M. e dei suoi eredi.
E' invece inammissibile il ricorso incidentale condizionato dei signori R., perchè volto ad
una diversa ricostruzione ermeneutica del contratto avente natura di merito che non può
trovare ingresso in questa sede, in quanto volta ad attribuirgli natura definitiva, e non
preliminare, sulla base di un riesame degli elementi connotativi (art. 1362 c.c. e segg.).
La sentenza dev'esser quindi cassata nei limiti sopra precisati, con rinvio alla medesima
corte territoriale, in diversa composizione, per l'applicazione del principio di diritto
enunciato, salvo l'accertamento di un'eventuale interversio possessionis, ed anche per la
liquidazione delle spese della presente fase di legittimità.
P.Q.M.
P.Q.M.
- Rigetta il primo motivo, accoglie il secondo del ricorso principale e dichiara
inammissibile il ricorso incidentale;
- cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa dinanzi
alla Corte d'appello di L'Aquila, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio
di cassazione.
Così deciso in Roma, il 17 Dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 1 marzo 2010
CONFORMI E DIFFORMI
(1) In senso conforme cfr. Cass. 12 ottobre 2007 n. 21434; in senso implicitamente
contrario cfr. Cass. 17 giugno 2009 n. 14080.
(2) In senso conforme cfr. Cass. 27 marzo 2008 n. 7930.
(3) In senso conforme cfr. Cass. 8 novembre 2002 n. 15716; in senso conforme alla
prima parte della massima cfr. Cass. 26 maggio 2009 n. 12140.
Tutti i diritti riservati - © copyright 2002 - Dott. A. Giuffrè Editore S.p.A.
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