Chef sardi conquistano il Cous Cous Fest,Lo chef Seby Sorbello a

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Chef sardi conquistano il Cous Cous Fest,Lo chef Seby Sorbello a
I Cuochi Etnei si formano
Prosegue il calendario formativo delle berrette bianche del
vulcano, all’Ipsseoa Falcone incontro con i Maestri Cuochi e
Pasticceri di Palermo.
Giuseppe Giuliano, Maestro Pasticcere e responsabile
pasticceria della Federazione Italiana Cuochi; Giacomo Perna
presidente dell’Associazione Provinciale Cuochi e Pasticceri
di Palermo e Mario Puccio vicepresidente vicario dell’Apcpp,
sono i docenti Ffic che hanno tenuto il Corso di aggiornamento
a platea per i soci dell’Associazione Provinciale Cuochi Etnei
sul tema: “Cucina e banchettistica”.
Il corso, già annunciato nel ricco calendario delle berrette
bianche del vulcano, si è svolto nei locali dell’Istituto
Alberghiero “Giovanni Falcone” di Giarre e ha consentito anche
agli studenti più meritevoli di poter seguire le lezioni dei
rappresentati della cucina e pasticceria palermitana, reduci
da una grande vittoria ai recenti Campionati della Cucina
Italiana svoltisi a Rimini, dove hanno conquistato il titolo
di Campione d’Italia nella categoria combinata Cucina calda –
Cucina fredda.
All’incontro
di
Giarre
sono
intervenuti
il
presidente
dell’Associazione Provinciale Cuochi Etnei, Seby Sorbello, con
il segretario Vincenzo Mannino, e la dirigente scolastica
dell’Istituto Alberghiero “Giovanni Falcone”, Monica
Insanguine, con il docente Rosario Cantarella, referente della
formazione per i Cuochi Etnei all’interno dell’Istituto.
“Siamo doppiamente orgogliosi – ha detto il presidente Seby
Sorbello – sia di poter offrire questo nuovo corso di
aggiornamento ai nostri soci sia di poter disporre di nomi
prestigiosi come docenti all’interno della Federazione
Italiana Cuochi”.
Durante i saluti di apertura, il ringraziamento è andato anche
ai componenti del Team Junior dei Cuochi Etnei, che ai
Campionati di Rimini hanno conquistato i prestigiosi
riconoscimenti di 2° posto assoluto e medaglia d’argento nella
categoria Cucina calda a squadre, il Premio Critica
Gastronomica e due medaglie d’oro nella categoria Pasticceria
nella ristorazione, con Filippo Galletta e Melania Del Popolo,
che ha conquistato anche il titolo di Campione d’Italia nella
Pastry Art.
“Il nostro Istituto – ha detto la dirigente scolastica, Monica
Insanguine – è sempre a completa disposizione quando si tratta
di formare gli studenti e di offrire loro opportunità di
crescita”.
Ecco, infine, il prelibato menù realizzato al corso di
aggiornamento dai Maestri di Palermo. Starter: Crema di patate
al basilico con filetto di sgombro in olio cottura e spuma di
bufala al wasabi. Main Course: Carré di agnello gratinato al
pistacchio. Dessert: Savarin al mandarino con guazzetto di
frutta in marinatura forzata al rosolio di rosmarino; mousse
al mandarino, salsa con perle di tapioca e crumble ai lamponi.
Chef sardi conquistano
Cous Cous Fest
il
Alberto Sanna è il vincitore del Campionato italiano di cous
cous Bia; premio speciale della giuria di esperti al
corregionale Federico Floris, altro chef dei sei concorrenti
in gara.
E’ il sardo Alberto
di cous cous Bia,
svolta nell’ambito
corso a San Vito Lo
Sanna il vincitore del
la gara tra sei chef
della 19° edizione del
Capo fino a domenica 25
Campionato italiano
italiani che si è
Cous Cous Fest, in
settembre.
Ai fornelli del ristorante “Il Campidano” a Samassi, nel Medio
Campidano, Sanna ha conquistato il gradino più alto del podio
con una ricetta dal titolo “Black and yellow”, un cous cous
con seppia, gamberi viola, cipolla di Tropea e zenzero.
Secondo il giudizio della giuria tecnica, presieduta da
Stefania Berbenni, capo redattore di Panorama e composta da
chef e giornalisti di settore, il piatto del giovane chef è
stato definito “in movimento”, caratterizzato da una
“persistenza del gusto, un’idea cromatica forte e una sorpresa
del sapore”.
Grazie a questa vittoria lo chef farà parte della squadra
italiana, composta dagli chef sanvitesi Giorgio Graziano e
Antonino Grammatico, in gara al campionato del mondo di cous
cous che vedrà sfidarsi, da giovedì, chef provenienti da dieci
Paesi: Angola, Francia, Israele, Italia, Marocco, Mauritius,
Palestina, Perù, Stati Uniti e Tunisia. “La ricetta vincitrice
– ha detto Alberto Sanna – rispecchia la mia cucina, minimale,
dove i sapori rimangono protagonisti senza essere stravolti”.
La giuria di esperti, composta dal giornalista di Zafferano
magazine, Ferruccio Ruzzante, dagli chef Fabrizio Nonis,
Stefano De Gregorio, Rocco Pace, Giovanni Torrente e Giorgio
Graziano, capitano della squadra italiana del Cous Cous Fest
2016 e dal direttore generale di Bia spa, Luciano Pollini, ha
voluto assegnare un premio speciale a un altro dei sei
concorrenti in gara.
Considerata la differenza contenuta tra i punteggi ottenuti
dagli chef, la giuria ha voluto dare anche a Federico Floris
di Gonnesa (Carbonia- Iglesias) l’opportunità di partecipare
alla squadra italiana, avendolo apprezzato per “l’estrosità e
la presentazione del piatto e per la sua cultura culinaria”.
Domani farà tappa al Cous Cous Fest Luca Carboni con il suo
“Pop up tour 2016”, che prende il nome dall’ultimo album del
grande artista pop italiano, già certificato disco d’oro per
la super hit Luca lo stesso.
Lo chef Seby Sorbello a “Un
Mare di Bontà”
Come ormai da tradizione, lo chef patron di “Sabir
Gourmanderie” interverrà domenica 7 agosto a Santa Tecla in
occasione della kermesse gastronomica, con un piatto speciale.
Eccolo.
“Vi racconto il mare con il Gambero Rosso di Mazara”, ha
iniziato così Seby Sorbello per spiegare la ricetta che lo
chef realizzerà alla 6° edizione di “Un Mare di Bontà”,
l’evento enogastronomico del Centro Surgelati srl di Acireale.
Il cuoco del vulcano ha svelato il suo piatto, che proporrà
come racconto del mare, delle sue coste, dei suoi fondali.
Gambero Rosso di Mazara del Vallo con dadolata di ortaggi
profumato al timo e fonduta di Ragusano Dop al tartufo
dell’Etna. Si tratta di una ricetta che ha avuto già grande
successo anche in altri contesti nazionali di assoluto
prestigio, come alla 50° edizione del Vinitaly a Verona,
quando Seby Sorbello lo ha realizzato in occasione della
“EvoGalaDinner”, la cena di gala organizzata da Sol&Agrifood e
dove lo chef è stato invitato per raccontare l’Isola nei suoi
piatti.
“Questo piatto – ha spiegato Seby Sorbello – nasce dall’idea
di coniugare elementi ed ingredienti di grande eccellenza e
che fossero assolutamente contrastanti e diversi tra loro. La
sfida consiste proprio in questo: coniugarli creando il
bilanciamento giusto, affinché la ricetta possa avere un
emozionante aspetto visivo ed una bontà al palato davvero
unica. Il Gambero Rosso – ha continuato il presidente dei
Cuochi Etnei – ha sicuramente un suo sapore deciso, un suo
approccio al palato abbastanza forte, così come il Ragusano
Dop, anch’esso con una sua spiccata energia. Non è da meno il
tartufo. Il tutto, poi, viene ingentilito da questa dadolata
di ortaggi, come la carota di Ispica, la zucchina verde, il
sedano e questo profumo di timo, che riporta alla campagna e
alla natura”.
Ma lo chef Seby Sorbello non si è fermato qui e, in qualità di
presidente dell’Associazione Provinciale Cuochi Etnei, ha
svelato un altro piatto: quello che realizzerà con gli amici e
colleghi dell’Associazione. Si tratta di un Panino Gourmet
rigorosamente senza glutine, con un prelibato hamburger di
pesce. Sono le due grandi novità di questa edizione, infatti:
il pesce azzurro come approfondimento ed il gluten free come
parola d’ordine.
Accanto al Centro Surgelati, a Seby Sorbello, ad Alfio Visalli
ed ai Cuochi Etnei, la nutrita squadra dei partners: il team
del laboratorio del gusto Blu Lab Academy; i Maestri
pasticceri di Con.Pa.It., con il presidente Peppe Leotta; i
volontari di A.I.C. Sicilia, con la presidente regionale,
Giuseppina Costa; ed il supporto tecnico-organizzativo di Expo
di Barbara Mirabella. Grande attenzione anche per il settore
Wine & Beverage con i sommeliers di Ais Sicilia, con il
presidente Camillo Privitera, e con la Delegazione di Ais
Catania, con la Delegata Maria Grazia Barbagallo ed il
sommelier collaboratore di Blu Lab Salvo Di Bella.
L’evento, coordinato da Valentina Duca e presentato dal
giornalista gastronomico Antonio Iacona, vedrà la
partecipazione di altri numerosi giornalisti di settore,
mentre spettacoli di musica e di intrattenimento allieteranno
la serata. Un’intera area di Santa Tecla, infine, sarà
dedicata ai bimbi, con Cocomambo Animazione.
Le lacrime dello chef Alfio
Visalli
Il cuoco, tra i principali organizzatori di “Un Mare di
Bontà”, svela il piatto che realizzerà alla kermesse
gastronomica del 7 agosto, con i sapori e i profumi di
Sicilia.
Si chiama “Le lacrime del mare…” ed è il piatto che sarà
realizzato il prossimo 7 agosto a Santa Tecla dallo Chef Alfio
Visalli, in occasione della 6^ edizione di Un Mare di Bontà,
l’evento enogastronomico organizzato dal Centro Surgelati srl
di Acireale e lo stesso Visalli.
“Sarà un risotto dove – ha spiegato lo chef etneo –
utilizzeremo il pesce azzurro come principe del piatto e in
questo caso lo sgombro, accompagnato da erbetta Mauro, tipica
della costa jonica acese, e dalle lacrime di peperoncino
rosso. Si tratta di una ricetta – ha continuato Visalli – che
ho già avuto occasione di realizzare e far degustare in
un’altra manifestazione del nostro territorio: Cibo Nostrum
2016, lo scorso maggio, dove il pubblico ha potuto apprezzarne
non solo il gusto e gli aromi, ma la stessa filosofia, cioè
quella di voler evidenziare i troppi abusi subiti in tutti
questi decenni dal nostro mare e dalle sue coste. L’invito
attraverso la mia ricetta, infatti, è quello di recuperarne il
giusto rispetto!”.
Con lui, il team del laboratorio del gusto Blu Lab Academy;
gli amici e colleghi dell’Associazione Provinciale Cuochi
Etnei; lo chef Seby Sorbello; i Maestri pasticceri di
Con.Pa.It., con il presidente per la Sicilia orientale, Peppe
Leotta; i volontari di A.I.C. Sicilia, l’Associazione Italiana
Celiachia con la presidente regionale, Giuseppina Costa; ed il
supporto tecnico-organizzativo di Expo Fiere di Barbara
Mirabella.
Grande attenzione anche per il settore Wine & Beverage con il
sommelier Salvo Di Bella. L’evento, coordinato da Valentina
Duca e presentato dal giornalista gastronomico Antonio Iacona,
vedrà la partecipazione di altri numerosi giornalisti di
settore, mentre spettacoli di musica e di intrattenimento
allieteranno la serata.
Un’intera area di Santa Tecla, infine, sarà dedicata ai bimbi,
con Cocomambo Animazione.
Tre cuochi per tre pesci,
cena
a
sei
mani
per
raccontare il mare di Sicilia
Appuntamento lunedì 20 giugno presso il ristorante Tocco a
Ragusa per scoprire la reinterpretazione di gambero, polpo e
triglia.
Tre cuochi: Marco Baglieri del Crocifisso di Noto, Peppe
Bonsignore dell’Oste e il Sacrestano di Licata e Dario Di
Liberto del Tocco di Ragusa, lunedì 20 giugno 2016 alle 20,30
si ritroveranno attorno ai fornelli del ristorante Tocco,
all’interno dell’Hotel Montreal di Ragusa, per una cena a sei
mani.
Una cena dedicata alle tradizioni della cucina di mare
siciliana, con attori protagonisti il polpo, la triglia e il
gambero sempre presenti nella cucina storica di marina. Ma
anche e soprattutto un incontro fra amici che condividono la
passione per il loro lavoro e che si divertono stuzzicando e
sorprendendo il palato dei loro ospiti.
I tre chef realizzeranno alcuni tra i loro piatti tipici e ne
presenteranno altri nuovi, che saranno abbinati ai vini delle
cantine Avide, Marabino e Quignones. I tre chef sono nomi
importanti della ristorazione siciliana, riconosciuti in
Italia e all’estero.
Li accomuna l’aver acquisito l’amore per la cucina e il primi
rudimenti di quest’arte dalle mamme e dalle nonne a
dimostrazione che, almeno in Sicilia, la cucina è femmina.
I cuochi Fic a Sol&Agrifood
La Federazione italiana cuochi presente a Vinitaly nel
padiglione dedicato alle eccellenze del mondo dell’olio, dei
salumi e dei formaggi. Soddisfazione del pubblico.
Un grande successo in termini numerici, con 500 coperti nella
prima giornata e 700 nella seconda; ma, soprattutto, un
grandissimo riscontro in termini di qualità e di eccellenza. È
questo il risultato della presenza degli chef della
Federazione italiana cuochi al Vinitaly.
È la prima volta, infatti, nella storia della prestigiosa
manifestazione fieristica internazionale che Fic viene
chiamata per gestire il ristorante “Goloso” all’interno del
padiglione Sol&Agrifood. Quattro le regioni coinvolte:
Basilicata, Lombardia, Sicilia e Veneto, con una squadra
affiatata di diciotto chef che ogni giorno realizzano il menù
tanto apprezzato.
A variare sono gli antipasti, sempre diversi, mentre sono
uguali i piatti unici di carne, di pesce e vegetariano, oltre
che i dessert. Piatti che nascono dall’esperienza e dalla
professionalità dei cuochi delle regioni impegnate in cucina,
mentre va crescendo la domanda dei commensali, ogni giorno
sempre più numerosi.
Altro fattore apprezzato dai visitatori del Vinitaly è la
velocità e la precisione nel servizio, aspetto certamente non
da poco, viste le migliaia di persone che affollano ogni
giorno i padiglioni della fiera.
Il plauso per questo grande lavoro di squadra arriva
direttamente dal presidente nazionale Fic, Rocco Pozzulo, e
dal presidente Fic Promotion, Seby Sorbello, presenti
all’evento.
Tra le novità di quest’anno, inoltre, la realizzazione da
parte del Compartimento Giovani della Federazione del 1°
Trofeo “Jam Cup”, dedicato al miglior giovane chef Junior
Assistant Master.
Osteria Patraniello
Castellammare di Stabia si
adagia nel Golfo di Napoli in una
posizione strategica tra la zona vesuviana e la Penisola
Sorrentina.
Questa cittadina di mare conserva tradizioni culinarie molto
antiche, storica è l’Osteria Patraniello, che da decenni
propone piatti tipici locali, molto apprezzati anche dai
turisti di passaggio.
Il proprietario Luigi Buonocore racconta che, il nome
dell’osteria ricorda lo zio monaco “Padre Aniello”, il quale
circa trent’anni fa dava una mano servendo ai tavoli, dopo
aver regolarmente celebrato messa.
Ai fornelli dell’osteria lo chef Vincenzo Fiocco, realizza
piatti della tradizione, spaziando tra terra e mare,
utilizzando prodotti stagionali e delle migliori qualità.
L’Osteria Patraniello è anche pizzeria, il forno a legna a
vista, accoglie i clienti nelle due salette rustiche, per cui
pizze a pranzo e a cena, realizzate dall’esperto pizzaiolo
Mazza Aniello, sono classiche e gourmet da impasti di farina
Petra che lievitano per circa 24 ore.
Sia in cucina, che al forno delle
pizze, lo stoccafisso è l’ingrediente protagonista e
onnipresente, come vuole la tradizione culinaria di
Castellammare. Quindi in cucina lo chef prepara
quotidianamente lo Stock alla Paolotta, antica ricetta nata
nei monasteri, che al pesce aggiunge pomodorini, capperi,
olive verdi, origano, prezzemolo e appena un po’ di piccante;
gli stessi ingredienti dall’altro capo del locale completano
la tanto richiesta pizza “Zi Alfonso”.
Ma l’Osteria-Pizzeria
Patraniello, è un tripudio di
sapori che parlano di
Castellammare, e il turista è
proprio qui che completa la
conoscenza culturale di questa
cittadina in riva al mare.
Angela Merolla
Trofeo Terre del Sud
200 cuochi professionisti provenienti da tutte le regioni
d’Italia ma anche da Malta e dall’Inghilterra hanno
partecipato alla 5° edizione della rassegna culinaria
organizzata a Caltanissetta dall’Associazione professionale
Cuochi Italiani.
L’annuale rassegna
artistiche ma non
di cucina, pasticceria e sculture
solo, organizzata da Associazione
Professionale Cuochi Italiani Delegazione Sicilia, si è svolta
a Caltanissetta.
La gara si è articolata in sei categorie: Cucina calda, Cucina
Fredda, Pasticceria, Scultura artistica, Cake design e Maitre
al flambé; una rassegna articolata che ha visto sfidarsi, in
armonia, tanti professionisti della ristorazione d’eccellenza
a dimostrazione che la realtà gastronomica in Sicilia è viva e
in fermento.
All’importante evento ha partecipato anche un team in
rappresentanza dell’Aigs, Accademia Italiana di Gastronomia
Storica e Gastrosofia; sotto la guida del Questore Aigs di
Palermo, Maestro Pasticciere Massimo Giambelluca, la squadra,
composta dagli Ambasciatori Aigs Antonino Mineo e Nick
Venturella, e da Gaetano Mineo ha realizzato un’originale
cassata salata da 250 kg con verdure crude e cotte, prosciutto
crudo, mozzarelline, maionese, certamente un modo originale di
usare questi ingredienti per realizzare un antipasto
stuzzicante e di grande effetto scenografico.
Ma, in onore alla storia siciliana, il team ha realizzato
anche una cassata siciliana da record sormontata da un cesto
di splendide rose in omaggio agli ospiti inglesi. Un grande
show apprezzatissimo sia nel gusto che nell’estetica. Due
capolavori che sanno di primavera.
Anna M. Martano
La cucina di Paolo Barrale
Il 2016 per l’Associazione Provinciale Cuochi Etnei inizia con
un incontro unico e costruttivo, dal punto di vista didattico
e culturale. Due giorni a scuola di cucina dello chef stellato
dei suoi segreti e delle sue esperienze con la Sicilia nel
cuore.
Due giorni alla scoperta della cucina stellata dello chef
Paolo Barrale: si è aperto così il 2016 per l’Associazione
Provinciale Cuochi Etnei che, come sempre con la Federazione
Italiana Cuochi e l’Unione Regionale Cuochi Siciliani, ha
proposto ai propri associati e ad associati delle altre
provincie dell’Isola un incontro unico e costruttivo, dal
punto di vista didattico e culturale.
“La cucina stellata di Paolo Barrale”, questo il tema della
due giorni svoltasi negli eleganti locali de I Giardini di
Villa del Fago, a Santa Venerina, paese della fascia jonica
catanese. A salutare lo chef, siciliano originario di Cefalù
(Pa), ma da 13 anni campano di adozione, sono stati il
presidente dei Cuochi Etnei e presidente Fic Promotion, Seby
Sorbello, il vicepresidente dei Cuochi Etnei e presidente dei
Cuochi Siciliani, Domenico Privitera, il segretario Vincenzo
Mannino.
“Siamo lieti che il nuovo anno si apra con un nome d’eccezione
come quello del collega Paolo Barrale – ha detto il presidente
Seby Sorbello – e siamo convinti che la formazione dei nostri
associati sia da collocare sempre al primo posto delle nostre
attività, così come previsto dal nostro nuovo calendario”. Un
calendario, infatti, che è stato reso noto in questi giorni e
che prevede numerosi incontri a scopo didattico e formativo.
Siciliano, dunque, attualmente chef nell’azienda vinicola
Feudi di San Gregorio, nell’avellinese, nel territorio del
Fiano di Avellino e di altri vitigni storici italiani, Paolo
Barrale si è distinto per la sua alta professionalità e
disponibilità nel rispondere a tutte le domande e richieste
dei partecipanti. Ha spiegato come viva in prima persona il
territorio e come lo traduca poi nelle proprie ricette,
mettendo sempre il cliente a proprio agio.
Il suo menù, così, si è arricchito di aperitivi, antipasti,
primi, secondi e dessert, che hanno attirato l’attenzione dei
corsisti. Tra gli aperitivi: spritz, Apelle figlio di Apollo,
Mpepata di cozze, Papaccella di rinforzo; per poi passare al
menù vero e proprio: Gamberi, cagliata di mandorle, mandarino,
caviale di basilico; Capesante, foie gras, cipollotto e infuso
alle mele; Riso, “friarelli”, ricciola e rofano; Tortelli di
bufalo, latte cagliato e olio ravece (o un buon dop iblei);
Spigola in crosta di alghe, cavoli e dashi mediterraneo;
Maialino speziato, radicchio, mele e rose; Semplicemente…
delizia; Ricotta e pere 2015.
Jota triestina, un po’
storia della ricetta
di
Come per tantissime ricette di pietanze locali e regionali di
lunga tradizione, anche per la jota non si può indicare un
“autore” specifico né un ristorante che ne abbia l’esclusiva,
giacché la storia è prettamente casalinga e le varianti poche.
Prima di tutto, immagino ci si chiede il significato del nome
“jota”, proprio con la “j” (la “i” lunga” o “j / iota” lettera
dell’alfabeto greco). L’etimologia del nome è controversa. In
un dizionario, leggo che la parola potrebbe avere riferimento
al fatto che la ‘iota’ è la più semplice lettera dell’alfabeto
greco e nel linguaggio comune dire <uno iota> significa “un
bel niente”, (come nella frase “Neppure uno iota o un apice
della legge passerà”, Matteo, V, 18). E nulla osterebbe, in
secondo luogo, al fatto che il termine possa derivare dal
tardo latino «jutta», brodaglia, beverone, che parrebbe a sua
volta originare da una radice celtica, che lo studioso Gianni
Pinguentini nel suo “Dizionario storico etimologico
fraseologico del dialetto triestino” (1954) indica molto
probabile. Ad ogni modo, dalle parti del golfo giuliano le
contaminazioni lessicali, romane,
celtiche, greche, slave, germaniche, francesi, dalla
toponomastica alla culinaria, sono infinite.
Tale minestrone, che nasce come un miscuglio di “avanzi” delle
cucine povere, fatto a brodo acquoso, in
pratica ha due esclusivi elementi di
base: fagioli stufati e cappucci acidi,
cioè marinati sotto sale, a loro volta
stufati, cucinati separatamente, poi
ribolliti assieme, con l’aggiunta di un
soffritto di farina.
Oltre a ciò ci sono altri ingredienti che servono a insaporire
e amalgamare i gusti.
Della jota c’è traccia nell’area goriziana, triestina,
istriana da almeno 400 anni, mentre pare che fin dai tempi di
Carlo Magno si conoscesse il modo di conservare tale verdura
nel sale fino a farla fermentare e inacidire.
Nel corso dei secoli, via via che si radicava anche nel
popolino l’idea dell’<arte culinaria>, esaltata sulle tavole
dei nobili e degli abbienti, anche nelle cucine di casa e
nelle bettole si cominciarono ad usare aromi e sapori.
Così entrarono nel pentolone della jota: aglio, alloro,
comino, luganighe, avanzi di pancetta e di prosciutto, costine
di maiale o di vitello, e anche patate lessate a parte e poi
schiacciate. Il tutto coperto da tanta acqua, consumata a
fuoco lento, per una mezz’ora abbondante, mescolando più volte
per l’amalgama dell’insieme, finché il colore del brodo è di
un bel bruno.
Note.
Il cavolo cappuccio, affettato a listarelle e fatto macerare
anche con aggiunta di aceto e/o di vino bianco in botticelle
di legno, viene venduto in
contenitori di latta, da cui il
negoziante pesca la quantità
desiderata dal cliente. A casa
bisogna sciacquare bene la verdura
sotto l’acqua corrente, prima di
metterla a cuocere.
Nell’area germanica dove si consumano i “crauti” (“capuzi
garbi” è il caparbio equivalente triestino), c’è usanza di
aggiungere della birra alla prima cottura, birra che
fungerebbe come il pizzico di bicarbonato per ‘ammorbidire’ e
rendere più digeribile la verdura.
Inoltre, la tradizione più antica
riduce ad un rituale la cottura dei
cappucci: si deve ricoprirli di acqua
cinque volte. È assolutamente un ottimo
consiglio, da seguire, anche per
mangiarli come solo contorno (sempre
tradizione triestina a Capodanno).
Maura Sacher