Chef sardi conquistano il Cous Cous Fest,Lo chef Seby Sorbello a
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Chef sardi conquistano il Cous Cous Fest,Lo chef Seby Sorbello a
I Cuochi Etnei si formano Prosegue il calendario formativo delle berrette bianche del vulcano, all’Ipsseoa Falcone incontro con i Maestri Cuochi e Pasticceri di Palermo. Giuseppe Giuliano, Maestro Pasticcere e responsabile pasticceria della Federazione Italiana Cuochi; Giacomo Perna presidente dell’Associazione Provinciale Cuochi e Pasticceri di Palermo e Mario Puccio vicepresidente vicario dell’Apcpp, sono i docenti Ffic che hanno tenuto il Corso di aggiornamento a platea per i soci dell’Associazione Provinciale Cuochi Etnei sul tema: “Cucina e banchettistica”. Il corso, già annunciato nel ricco calendario delle berrette bianche del vulcano, si è svolto nei locali dell’Istituto Alberghiero “Giovanni Falcone” di Giarre e ha consentito anche agli studenti più meritevoli di poter seguire le lezioni dei rappresentati della cucina e pasticceria palermitana, reduci da una grande vittoria ai recenti Campionati della Cucina Italiana svoltisi a Rimini, dove hanno conquistato il titolo di Campione d’Italia nella categoria combinata Cucina calda – Cucina fredda. All’incontro di Giarre sono intervenuti il presidente dell’Associazione Provinciale Cuochi Etnei, Seby Sorbello, con il segretario Vincenzo Mannino, e la dirigente scolastica dell’Istituto Alberghiero “Giovanni Falcone”, Monica Insanguine, con il docente Rosario Cantarella, referente della formazione per i Cuochi Etnei all’interno dell’Istituto. “Siamo doppiamente orgogliosi – ha detto il presidente Seby Sorbello – sia di poter offrire questo nuovo corso di aggiornamento ai nostri soci sia di poter disporre di nomi prestigiosi come docenti all’interno della Federazione Italiana Cuochi”. Durante i saluti di apertura, il ringraziamento è andato anche ai componenti del Team Junior dei Cuochi Etnei, che ai Campionati di Rimini hanno conquistato i prestigiosi riconoscimenti di 2° posto assoluto e medaglia d’argento nella categoria Cucina calda a squadre, il Premio Critica Gastronomica e due medaglie d’oro nella categoria Pasticceria nella ristorazione, con Filippo Galletta e Melania Del Popolo, che ha conquistato anche il titolo di Campione d’Italia nella Pastry Art. “Il nostro Istituto – ha detto la dirigente scolastica, Monica Insanguine – è sempre a completa disposizione quando si tratta di formare gli studenti e di offrire loro opportunità di crescita”. Ecco, infine, il prelibato menù realizzato al corso di aggiornamento dai Maestri di Palermo. Starter: Crema di patate al basilico con filetto di sgombro in olio cottura e spuma di bufala al wasabi. Main Course: Carré di agnello gratinato al pistacchio. Dessert: Savarin al mandarino con guazzetto di frutta in marinatura forzata al rosolio di rosmarino; mousse al mandarino, salsa con perle di tapioca e crumble ai lamponi. Chef sardi conquistano Cous Cous Fest il Alberto Sanna è il vincitore del Campionato italiano di cous cous Bia; premio speciale della giuria di esperti al corregionale Federico Floris, altro chef dei sei concorrenti in gara. E’ il sardo Alberto di cous cous Bia, svolta nell’ambito corso a San Vito Lo Sanna il vincitore del la gara tra sei chef della 19° edizione del Capo fino a domenica 25 Campionato italiano italiani che si è Cous Cous Fest, in settembre. Ai fornelli del ristorante “Il Campidano” a Samassi, nel Medio Campidano, Sanna ha conquistato il gradino più alto del podio con una ricetta dal titolo “Black and yellow”, un cous cous con seppia, gamberi viola, cipolla di Tropea e zenzero. Secondo il giudizio della giuria tecnica, presieduta da Stefania Berbenni, capo redattore di Panorama e composta da chef e giornalisti di settore, il piatto del giovane chef è stato definito “in movimento”, caratterizzato da una “persistenza del gusto, un’idea cromatica forte e una sorpresa del sapore”. Grazie a questa vittoria lo chef farà parte della squadra italiana, composta dagli chef sanvitesi Giorgio Graziano e Antonino Grammatico, in gara al campionato del mondo di cous cous che vedrà sfidarsi, da giovedì, chef provenienti da dieci Paesi: Angola, Francia, Israele, Italia, Marocco, Mauritius, Palestina, Perù, Stati Uniti e Tunisia. “La ricetta vincitrice – ha detto Alberto Sanna – rispecchia la mia cucina, minimale, dove i sapori rimangono protagonisti senza essere stravolti”. La giuria di esperti, composta dal giornalista di Zafferano magazine, Ferruccio Ruzzante, dagli chef Fabrizio Nonis, Stefano De Gregorio, Rocco Pace, Giovanni Torrente e Giorgio Graziano, capitano della squadra italiana del Cous Cous Fest 2016 e dal direttore generale di Bia spa, Luciano Pollini, ha voluto assegnare un premio speciale a un altro dei sei concorrenti in gara. Considerata la differenza contenuta tra i punteggi ottenuti dagli chef, la giuria ha voluto dare anche a Federico Floris di Gonnesa (Carbonia- Iglesias) l’opportunità di partecipare alla squadra italiana, avendolo apprezzato per “l’estrosità e la presentazione del piatto e per la sua cultura culinaria”. Domani farà tappa al Cous Cous Fest Luca Carboni con il suo “Pop up tour 2016”, che prende il nome dall’ultimo album del grande artista pop italiano, già certificato disco d’oro per la super hit Luca lo stesso. Lo chef Seby Sorbello a “Un Mare di Bontà” Come ormai da tradizione, lo chef patron di “Sabir Gourmanderie” interverrà domenica 7 agosto a Santa Tecla in occasione della kermesse gastronomica, con un piatto speciale. Eccolo. “Vi racconto il mare con il Gambero Rosso di Mazara”, ha iniziato così Seby Sorbello per spiegare la ricetta che lo chef realizzerà alla 6° edizione di “Un Mare di Bontà”, l’evento enogastronomico del Centro Surgelati srl di Acireale. Il cuoco del vulcano ha svelato il suo piatto, che proporrà come racconto del mare, delle sue coste, dei suoi fondali. Gambero Rosso di Mazara del Vallo con dadolata di ortaggi profumato al timo e fonduta di Ragusano Dop al tartufo dell’Etna. Si tratta di una ricetta che ha avuto già grande successo anche in altri contesti nazionali di assoluto prestigio, come alla 50° edizione del Vinitaly a Verona, quando Seby Sorbello lo ha realizzato in occasione della “EvoGalaDinner”, la cena di gala organizzata da Sol&Agrifood e dove lo chef è stato invitato per raccontare l’Isola nei suoi piatti. “Questo piatto – ha spiegato Seby Sorbello – nasce dall’idea di coniugare elementi ed ingredienti di grande eccellenza e che fossero assolutamente contrastanti e diversi tra loro. La sfida consiste proprio in questo: coniugarli creando il bilanciamento giusto, affinché la ricetta possa avere un emozionante aspetto visivo ed una bontà al palato davvero unica. Il Gambero Rosso – ha continuato il presidente dei Cuochi Etnei – ha sicuramente un suo sapore deciso, un suo approccio al palato abbastanza forte, così come il Ragusano Dop, anch’esso con una sua spiccata energia. Non è da meno il tartufo. Il tutto, poi, viene ingentilito da questa dadolata di ortaggi, come la carota di Ispica, la zucchina verde, il sedano e questo profumo di timo, che riporta alla campagna e alla natura”. Ma lo chef Seby Sorbello non si è fermato qui e, in qualità di presidente dell’Associazione Provinciale Cuochi Etnei, ha svelato un altro piatto: quello che realizzerà con gli amici e colleghi dell’Associazione. Si tratta di un Panino Gourmet rigorosamente senza glutine, con un prelibato hamburger di pesce. Sono le due grandi novità di questa edizione, infatti: il pesce azzurro come approfondimento ed il gluten free come parola d’ordine. Accanto al Centro Surgelati, a Seby Sorbello, ad Alfio Visalli ed ai Cuochi Etnei, la nutrita squadra dei partners: il team del laboratorio del gusto Blu Lab Academy; i Maestri pasticceri di Con.Pa.It., con il presidente Peppe Leotta; i volontari di A.I.C. Sicilia, con la presidente regionale, Giuseppina Costa; ed il supporto tecnico-organizzativo di Expo di Barbara Mirabella. Grande attenzione anche per il settore Wine & Beverage con i sommeliers di Ais Sicilia, con il presidente Camillo Privitera, e con la Delegazione di Ais Catania, con la Delegata Maria Grazia Barbagallo ed il sommelier collaboratore di Blu Lab Salvo Di Bella. L’evento, coordinato da Valentina Duca e presentato dal giornalista gastronomico Antonio Iacona, vedrà la partecipazione di altri numerosi giornalisti di settore, mentre spettacoli di musica e di intrattenimento allieteranno la serata. Un’intera area di Santa Tecla, infine, sarà dedicata ai bimbi, con Cocomambo Animazione. Le lacrime dello chef Alfio Visalli Il cuoco, tra i principali organizzatori di “Un Mare di Bontà”, svela il piatto che realizzerà alla kermesse gastronomica del 7 agosto, con i sapori e i profumi di Sicilia. Si chiama “Le lacrime del mare…” ed è il piatto che sarà realizzato il prossimo 7 agosto a Santa Tecla dallo Chef Alfio Visalli, in occasione della 6^ edizione di Un Mare di Bontà, l’evento enogastronomico organizzato dal Centro Surgelati srl di Acireale e lo stesso Visalli. “Sarà un risotto dove – ha spiegato lo chef etneo – utilizzeremo il pesce azzurro come principe del piatto e in questo caso lo sgombro, accompagnato da erbetta Mauro, tipica della costa jonica acese, e dalle lacrime di peperoncino rosso. Si tratta di una ricetta – ha continuato Visalli – che ho già avuto occasione di realizzare e far degustare in un’altra manifestazione del nostro territorio: Cibo Nostrum 2016, lo scorso maggio, dove il pubblico ha potuto apprezzarne non solo il gusto e gli aromi, ma la stessa filosofia, cioè quella di voler evidenziare i troppi abusi subiti in tutti questi decenni dal nostro mare e dalle sue coste. L’invito attraverso la mia ricetta, infatti, è quello di recuperarne il giusto rispetto!”. Con lui, il team del laboratorio del gusto Blu Lab Academy; gli amici e colleghi dell’Associazione Provinciale Cuochi Etnei; lo chef Seby Sorbello; i Maestri pasticceri di Con.Pa.It., con il presidente per la Sicilia orientale, Peppe Leotta; i volontari di A.I.C. Sicilia, l’Associazione Italiana Celiachia con la presidente regionale, Giuseppina Costa; ed il supporto tecnico-organizzativo di Expo Fiere di Barbara Mirabella. Grande attenzione anche per il settore Wine & Beverage con il sommelier Salvo Di Bella. L’evento, coordinato da Valentina Duca e presentato dal giornalista gastronomico Antonio Iacona, vedrà la partecipazione di altri numerosi giornalisti di settore, mentre spettacoli di musica e di intrattenimento allieteranno la serata. Un’intera area di Santa Tecla, infine, sarà dedicata ai bimbi, con Cocomambo Animazione. Tre cuochi per tre pesci, cena a sei mani per raccontare il mare di Sicilia Appuntamento lunedì 20 giugno presso il ristorante Tocco a Ragusa per scoprire la reinterpretazione di gambero, polpo e triglia. Tre cuochi: Marco Baglieri del Crocifisso di Noto, Peppe Bonsignore dell’Oste e il Sacrestano di Licata e Dario Di Liberto del Tocco di Ragusa, lunedì 20 giugno 2016 alle 20,30 si ritroveranno attorno ai fornelli del ristorante Tocco, all’interno dell’Hotel Montreal di Ragusa, per una cena a sei mani. Una cena dedicata alle tradizioni della cucina di mare siciliana, con attori protagonisti il polpo, la triglia e il gambero sempre presenti nella cucina storica di marina. Ma anche e soprattutto un incontro fra amici che condividono la passione per il loro lavoro e che si divertono stuzzicando e sorprendendo il palato dei loro ospiti. I tre chef realizzeranno alcuni tra i loro piatti tipici e ne presenteranno altri nuovi, che saranno abbinati ai vini delle cantine Avide, Marabino e Quignones. I tre chef sono nomi importanti della ristorazione siciliana, riconosciuti in Italia e all’estero. Li accomuna l’aver acquisito l’amore per la cucina e il primi rudimenti di quest’arte dalle mamme e dalle nonne a dimostrazione che, almeno in Sicilia, la cucina è femmina. I cuochi Fic a Sol&Agrifood La Federazione italiana cuochi presente a Vinitaly nel padiglione dedicato alle eccellenze del mondo dell’olio, dei salumi e dei formaggi. Soddisfazione del pubblico. Un grande successo in termini numerici, con 500 coperti nella prima giornata e 700 nella seconda; ma, soprattutto, un grandissimo riscontro in termini di qualità e di eccellenza. È questo il risultato della presenza degli chef della Federazione italiana cuochi al Vinitaly. È la prima volta, infatti, nella storia della prestigiosa manifestazione fieristica internazionale che Fic viene chiamata per gestire il ristorante “Goloso” all’interno del padiglione Sol&Agrifood. Quattro le regioni coinvolte: Basilicata, Lombardia, Sicilia e Veneto, con una squadra affiatata di diciotto chef che ogni giorno realizzano il menù tanto apprezzato. A variare sono gli antipasti, sempre diversi, mentre sono uguali i piatti unici di carne, di pesce e vegetariano, oltre che i dessert. Piatti che nascono dall’esperienza e dalla professionalità dei cuochi delle regioni impegnate in cucina, mentre va crescendo la domanda dei commensali, ogni giorno sempre più numerosi. Altro fattore apprezzato dai visitatori del Vinitaly è la velocità e la precisione nel servizio, aspetto certamente non da poco, viste le migliaia di persone che affollano ogni giorno i padiglioni della fiera. Il plauso per questo grande lavoro di squadra arriva direttamente dal presidente nazionale Fic, Rocco Pozzulo, e dal presidente Fic Promotion, Seby Sorbello, presenti all’evento. Tra le novità di quest’anno, inoltre, la realizzazione da parte del Compartimento Giovani della Federazione del 1° Trofeo “Jam Cup”, dedicato al miglior giovane chef Junior Assistant Master. Osteria Patraniello Castellammare di Stabia si adagia nel Golfo di Napoli in una posizione strategica tra la zona vesuviana e la Penisola Sorrentina. Questa cittadina di mare conserva tradizioni culinarie molto antiche, storica è l’Osteria Patraniello, che da decenni propone piatti tipici locali, molto apprezzati anche dai turisti di passaggio. Il proprietario Luigi Buonocore racconta che, il nome dell’osteria ricorda lo zio monaco “Padre Aniello”, il quale circa trent’anni fa dava una mano servendo ai tavoli, dopo aver regolarmente celebrato messa. Ai fornelli dell’osteria lo chef Vincenzo Fiocco, realizza piatti della tradizione, spaziando tra terra e mare, utilizzando prodotti stagionali e delle migliori qualità. L’Osteria Patraniello è anche pizzeria, il forno a legna a vista, accoglie i clienti nelle due salette rustiche, per cui pizze a pranzo e a cena, realizzate dall’esperto pizzaiolo Mazza Aniello, sono classiche e gourmet da impasti di farina Petra che lievitano per circa 24 ore. Sia in cucina, che al forno delle pizze, lo stoccafisso è l’ingrediente protagonista e onnipresente, come vuole la tradizione culinaria di Castellammare. Quindi in cucina lo chef prepara quotidianamente lo Stock alla Paolotta, antica ricetta nata nei monasteri, che al pesce aggiunge pomodorini, capperi, olive verdi, origano, prezzemolo e appena un po’ di piccante; gli stessi ingredienti dall’altro capo del locale completano la tanto richiesta pizza “Zi Alfonso”. Ma l’Osteria-Pizzeria Patraniello, è un tripudio di sapori che parlano di Castellammare, e il turista è proprio qui che completa la conoscenza culturale di questa cittadina in riva al mare. Angela Merolla Trofeo Terre del Sud 200 cuochi professionisti provenienti da tutte le regioni d’Italia ma anche da Malta e dall’Inghilterra hanno partecipato alla 5° edizione della rassegna culinaria organizzata a Caltanissetta dall’Associazione professionale Cuochi Italiani. L’annuale rassegna artistiche ma non di cucina, pasticceria e sculture solo, organizzata da Associazione Professionale Cuochi Italiani Delegazione Sicilia, si è svolta a Caltanissetta. La gara si è articolata in sei categorie: Cucina calda, Cucina Fredda, Pasticceria, Scultura artistica, Cake design e Maitre al flambé; una rassegna articolata che ha visto sfidarsi, in armonia, tanti professionisti della ristorazione d’eccellenza a dimostrazione che la realtà gastronomica in Sicilia è viva e in fermento. All’importante evento ha partecipato anche un team in rappresentanza dell’Aigs, Accademia Italiana di Gastronomia Storica e Gastrosofia; sotto la guida del Questore Aigs di Palermo, Maestro Pasticciere Massimo Giambelluca, la squadra, composta dagli Ambasciatori Aigs Antonino Mineo e Nick Venturella, e da Gaetano Mineo ha realizzato un’originale cassata salata da 250 kg con verdure crude e cotte, prosciutto crudo, mozzarelline, maionese, certamente un modo originale di usare questi ingredienti per realizzare un antipasto stuzzicante e di grande effetto scenografico. Ma, in onore alla storia siciliana, il team ha realizzato anche una cassata siciliana da record sormontata da un cesto di splendide rose in omaggio agli ospiti inglesi. Un grande show apprezzatissimo sia nel gusto che nell’estetica. Due capolavori che sanno di primavera. Anna M. Martano La cucina di Paolo Barrale Il 2016 per l’Associazione Provinciale Cuochi Etnei inizia con un incontro unico e costruttivo, dal punto di vista didattico e culturale. Due giorni a scuola di cucina dello chef stellato dei suoi segreti e delle sue esperienze con la Sicilia nel cuore. Due giorni alla scoperta della cucina stellata dello chef Paolo Barrale: si è aperto così il 2016 per l’Associazione Provinciale Cuochi Etnei che, come sempre con la Federazione Italiana Cuochi e l’Unione Regionale Cuochi Siciliani, ha proposto ai propri associati e ad associati delle altre provincie dell’Isola un incontro unico e costruttivo, dal punto di vista didattico e culturale. “La cucina stellata di Paolo Barrale”, questo il tema della due giorni svoltasi negli eleganti locali de I Giardini di Villa del Fago, a Santa Venerina, paese della fascia jonica catanese. A salutare lo chef, siciliano originario di Cefalù (Pa), ma da 13 anni campano di adozione, sono stati il presidente dei Cuochi Etnei e presidente Fic Promotion, Seby Sorbello, il vicepresidente dei Cuochi Etnei e presidente dei Cuochi Siciliani, Domenico Privitera, il segretario Vincenzo Mannino. “Siamo lieti che il nuovo anno si apra con un nome d’eccezione come quello del collega Paolo Barrale – ha detto il presidente Seby Sorbello – e siamo convinti che la formazione dei nostri associati sia da collocare sempre al primo posto delle nostre attività, così come previsto dal nostro nuovo calendario”. Un calendario, infatti, che è stato reso noto in questi giorni e che prevede numerosi incontri a scopo didattico e formativo. Siciliano, dunque, attualmente chef nell’azienda vinicola Feudi di San Gregorio, nell’avellinese, nel territorio del Fiano di Avellino e di altri vitigni storici italiani, Paolo Barrale si è distinto per la sua alta professionalità e disponibilità nel rispondere a tutte le domande e richieste dei partecipanti. Ha spiegato come viva in prima persona il territorio e come lo traduca poi nelle proprie ricette, mettendo sempre il cliente a proprio agio. Il suo menù, così, si è arricchito di aperitivi, antipasti, primi, secondi e dessert, che hanno attirato l’attenzione dei corsisti. Tra gli aperitivi: spritz, Apelle figlio di Apollo, Mpepata di cozze, Papaccella di rinforzo; per poi passare al menù vero e proprio: Gamberi, cagliata di mandorle, mandarino, caviale di basilico; Capesante, foie gras, cipollotto e infuso alle mele; Riso, “friarelli”, ricciola e rofano; Tortelli di bufalo, latte cagliato e olio ravece (o un buon dop iblei); Spigola in crosta di alghe, cavoli e dashi mediterraneo; Maialino speziato, radicchio, mele e rose; Semplicemente… delizia; Ricotta e pere 2015. Jota triestina, un po’ storia della ricetta di Come per tantissime ricette di pietanze locali e regionali di lunga tradizione, anche per la jota non si può indicare un “autore” specifico né un ristorante che ne abbia l’esclusiva, giacché la storia è prettamente casalinga e le varianti poche. Prima di tutto, immagino ci si chiede il significato del nome “jota”, proprio con la “j” (la “i” lunga” o “j / iota” lettera dell’alfabeto greco). L’etimologia del nome è controversa. In un dizionario, leggo che la parola potrebbe avere riferimento al fatto che la ‘iota’ è la più semplice lettera dell’alfabeto greco e nel linguaggio comune dire <uno iota> significa “un bel niente”, (come nella frase “Neppure uno iota o un apice della legge passerà”, Matteo, V, 18). E nulla osterebbe, in secondo luogo, al fatto che il termine possa derivare dal tardo latino «jutta», brodaglia, beverone, che parrebbe a sua volta originare da una radice celtica, che lo studioso Gianni Pinguentini nel suo “Dizionario storico etimologico fraseologico del dialetto triestino” (1954) indica molto probabile. Ad ogni modo, dalle parti del golfo giuliano le contaminazioni lessicali, romane, celtiche, greche, slave, germaniche, francesi, dalla toponomastica alla culinaria, sono infinite. Tale minestrone, che nasce come un miscuglio di “avanzi” delle cucine povere, fatto a brodo acquoso, in pratica ha due esclusivi elementi di base: fagioli stufati e cappucci acidi, cioè marinati sotto sale, a loro volta stufati, cucinati separatamente, poi ribolliti assieme, con l’aggiunta di un soffritto di farina. Oltre a ciò ci sono altri ingredienti che servono a insaporire e amalgamare i gusti. Della jota c’è traccia nell’area goriziana, triestina, istriana da almeno 400 anni, mentre pare che fin dai tempi di Carlo Magno si conoscesse il modo di conservare tale verdura nel sale fino a farla fermentare e inacidire. Nel corso dei secoli, via via che si radicava anche nel popolino l’idea dell’<arte culinaria>, esaltata sulle tavole dei nobili e degli abbienti, anche nelle cucine di casa e nelle bettole si cominciarono ad usare aromi e sapori. Così entrarono nel pentolone della jota: aglio, alloro, comino, luganighe, avanzi di pancetta e di prosciutto, costine di maiale o di vitello, e anche patate lessate a parte e poi schiacciate. Il tutto coperto da tanta acqua, consumata a fuoco lento, per una mezz’ora abbondante, mescolando più volte per l’amalgama dell’insieme, finché il colore del brodo è di un bel bruno. Note. Il cavolo cappuccio, affettato a listarelle e fatto macerare anche con aggiunta di aceto e/o di vino bianco in botticelle di legno, viene venduto in contenitori di latta, da cui il negoziante pesca la quantità desiderata dal cliente. A casa bisogna sciacquare bene la verdura sotto l’acqua corrente, prima di metterla a cuocere. Nell’area germanica dove si consumano i “crauti” (“capuzi garbi” è il caparbio equivalente triestino), c’è usanza di aggiungere della birra alla prima cottura, birra che fungerebbe come il pizzico di bicarbonato per ‘ammorbidire’ e rendere più digeribile la verdura. Inoltre, la tradizione più antica riduce ad un rituale la cottura dei cappucci: si deve ricoprirli di acqua cinque volte. È assolutamente un ottimo consiglio, da seguire, anche per mangiarli come solo contorno (sempre tradizione triestina a Capodanno). Maura Sacher