Notiziario del 15/06/2008
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Notiziario del 15/06/2008
giugno 2008 Ong e Movimenti sociali sotto la minaccia dei gruppi paramilitari crisi umanitaria senza precedenti Cari amici e sostenitori, la situazione in Colombia non è semplice. Il Paese ha più di 40 anni di sofferenza continua sulle spalle e un confronto grondante sangue tra Stato, guerriglie delle Farc e dell’Eln, aggravato negli ultimi decenni dalla violenta reazione dei gruppi paramilitari. Questo scenario ci pone un interrogativo: può un male infierire per cento anni e un corpo continuare e resistergli? L’unica risposta possibile ci viene dalla realtà: la Colombia vive la peggiore crisi umanitaria della sua storia a causa del conflitto armato interno e di un modello economico che ha sepolto nella povertà oltre il 50 per cento della popolazione. Di recente la Chiesa cattolica ha promosso una commissione nazionale che avrebbe il compito di avvicinare il governo del presidente Uribe e le Farc per una negoziazione di pace. E’ in quest’ambito che è stato divulgato uno studio sulla grave situazione che soffre il Paese, in cui si evidenzia che la Colombia “è il terzo Paese del mondo” nella triste classifica delle peggiori crisi umanitarie del secolo. E che questa “è senz’altro la peggiore che hanno sofferto i colombiani nella loro storia”. Da parte nostra, come cooperazione italiana, continueremo a impegnarci nel progetto Speranza Colombia, creando nuove opportunità per queste popolazione di desplazados e offrendo condizioni di vita più dignitose. Anche per il nostro compito, non è per nulla facile lavorare nel quotidiano. Le Organizzazioni non governative, e molti movimenti sociali, sono infatti destinatari “privilegiati” delle minacce di morte dei gruppi paramilitari. E conseguentemente il clima in cui viene realizzato il Progetto è di paura. Mancano pochi mesi e, grazie anche a un cofinanziamento dell’Unione europea, avremmo realizzato quanto ci proponevamo di fare. Anche i risultati sono notevoli, ma ciò nonostante ancora si sta seminando per creare più spazi di dialogo. Nostro obiettivo in Colombia è infatti di continuare a lavorare al fianco della popolazione di desplazados, aiutandoli a difendere i propri diritti, incrementando le capacità di emancipazione sociale, economica e culturale. La sfida è importante, ma non impossibile. Silvia Ayon Programmi ProgettoMondo Colombia e area Andina Donne, comunità, educatori, impegnati in un unico obiettivo: restituire dignità e sicurezza l'unione fa la pace Tra poco più di 6 mesi terminerà il finanziamento ufficiale dell’Unione Europea e, freneticamente, con l’equipe di lavoro abbiamo deciso di raddoppiare gli sforzi. Il primo sforzo è quello di portare avanti il lavoro “normale”: offrire le consulenze giuridiche, le sedute di appoggio psicologico, garantire le borse di studio, ristrutturare abitazioni ecc. Vista la consistenza degli obiettivi del Progetto, già questo non è poco. Il secondo sforzo, quello supplementare, è mettere in pratica il “senso ProgettoMondo Mlal”, e dunque non lasciare che “il mondo” muoia con il Progetto ma, al contrario, garantire da subito le condizioni necessarie a patrimonializzare l’impatto delle attività e garantire una continuità per il futuro. Per il Progetto “Speranza Colombia”, questo lavoro si chiama evitare che tutto quanto fatto fino ad oggi assuma un significato puramente assistenziale. Questa è infatti la trappola peggiore per la cooperazione allo sviluppo. Se le comunità con cui da 3 anni lavoriamo non avessero imparato almeno un po’ ad arrangiarsi da sole, il nostro lavoro avrebbe avuto un significato davvero minimo. E allora ciò che stiamo facendo è preparare le condizioni per lasciare spazio al protagonismo della gente, dare loro gli strumenti per rivendicare i propri diritti dinanzi alle autorità competenti, creare meccanismi per continuare a seguirli realisticamente, secondo le nostre capacità, in futuro. Infatti il problema più spinoso a Cazucà, quello della violazione dei Diritti Umani, non permette alla gente di costruirsi un futuro, mette in dubbio ogni certezza. Se ultimamente in Italia il problema della sicurezza è ai primi posti delle questioni da risolvere, immaginate come si sente un cittadino che, oltreché dei delinquenti comuni, della guerriglia e dei paramilitari, non si può fidare neanche della polizia o dell’esercito per paura che possano accadere le cose peggiori a lui o alla sua famiglia. Certo la situazione è notevolmente migliorata negli ultimi anni. Tuttavia la sensazione è che sia migliorata proprio grazie alla visibilità nazionale e internazionale, che siamo riusciti a proiettare su Cazucà insieme alle altre Ong ed alle Nazioni Unite. Per questa ragione abbiamo deciso di organizzare, insieme alla Commissione dei DD.UU. del Senato colombiano e a quella della Pace della Camera, una nuova “Udienza Pubblica sulla situazione dei Diritti Umani ad Altos di Cazucà” (la prima si è realizzata nel 2004) per fare il punto, ma soprattutto per mandare un messaggio forte e chiaro a quanti aspettano solo che si abbassi un po’ la guardia per riprendere le loro malefatte peggio di prima. L’iniziativa è in programma per ottobre e prevede il coinvolgimento di tutto il corpo diplomatico e di tutte le Ong attive sul territorio. Con l’occasione presenteremo anche un altro lavoro importante: l’Osservatorio sui Diritti Umani del Comune IV di Soacha, che effettuerà un monitoraggio continuo ed emetterà bollettini informativi. Allo stesso modo, oltre a completare le 150 ristrutturazioni di abitazioni previste (attualmente siamo a quota 125), stiamo organizzando un convegno pubblico sulla situazione della proprietà delle case e dei terreni nei quartieri del Progetto, cui parteciperanno il Comune di Soacha (Alcaldìa), la Regione (Gobernaciòn di Cundinamarca) e il Ministero della Casa (Ministerio de Vivienda). La meta è fissare un calendario che garantisca la legalizzazione dei quartieri del Progetto, facendo valere impegni firmati dagli attuali amministratori locali quando erano semplici candidati prima delle elezioni dello scorso anno. In questo modo le organizzazioni dei cittadini avranno una base concreta d’impegni da far rispettare: installare e migliorare i servizi di base, asfaltare le strade, creare servizi sociali, investire in infrastrutture ecc. ecc. Contemporaneamente sta partendo un fondo rotatorio di credito per microimprese. Gli stessi studenti che hanno finito la loro formazione tecnica avranno accesso a un prestito a tassi agevolati per iniziare la loro attività commerciale, se così desiderano. I tecnici agrari, i sarti ed esperti in confezioni, gli specialisti d’informatica e reti e i grafici pubblicitari (per ora 115 giovani hanno concluso gli studi, a dicembre saranno 180) hanno seguito, sempre nell’ambito del Progetto, un corso di “creazione ed amministrazione d’impresa” la cui tesi finale consisteva nell’elaborazione di un progetto produttivo. Un comitato di credito finanzierà le migliori proposte. La nostra carta vincente è stata l’alleanza con la Fondazione formativa “Minuto de Dios”, che combina un altissimo livello didattico con l’ispirazione cristiana solidale verso i più poveri e un prestigio universalmente riconosciuto con una grande disponibilità alla collaborazione. Altro risultato che ci riempie di orgoglio e che rappresenta un’incredibile ricchezza in prospettiva per i prossimi anni è il lavoro con le “madri comunitarie”. Queste donne si fanno carico dell’educazione della prima infanzia in scuole materne improvvisate, teoricamente finanziate dall’Istituto Colombiano per il Benessere Familiare, ma in realtà sono abbandonate a se stesse, almeno fino all’arrivo del Progetto. I rimborsi spese di queste donne, spesso loro unica fonte d’ingresso, erano ridicoli e il loro ruolo veniva disprezzato dagli stessi funzionari pubblici. Il Progetto non solo ha già realizzato 1 corso professionale in Educazione Infantile e Prescolare per 55 donne (altri due sono attualmente in corso per altre 110), ma è riuscito a trovare una convenzione e un finanziamento per far frequentare l’Università di pedagogia a quante di esse (sono circa 15) vogliano migliorare ulteriormente il loro livello professionale. Oltre a ciò il Progetto ha implementato attività di supervisione e di “controllo di qualità” in un lavoro tanto delicato come quello con i bimbi da 0 a 6 anni. Ma la dinamica straordinaria sorta in questi due anni vede le madri comunitarie nei nostri quartieri riunirsi in un’associazione professionale e riuscire a strappare all’ICBF migliori condizioni di lavoro e di trattamento e più risorse per i bambini di cui hanno cura. L’unione fa la forza. Enrico Neri capoprogetto Speranza Colombia i l p u n t o Una tensione quotidiana In Altos de Cazucà la violenza politica non è mai scomparsa: se fino a poco tempo fa, ogni due settimane/un mese, si registrava un omicidio, un pestaggio, una violenza sessuale, un nuovo “desplazamiento” a base di minacce di morte, in queste ultime settimane siamo tornati a respirare un clima di tensione fortissima come non succedeva da tempo. Praticamente tutti i responsabili delle organizzazioni di desplazados che lavorano con il Progetto sono stati minacciati di morte, quando non di cose peggiori e indicibili, da un nuovo gruppo di paramilitari che si chiama “Aquile Nere”: e-mail truculenti che danno i brividi, anche e soprattutto tenendo conto che questa gente è capace di fare davvero quello che dice. La cosa grave è che sono state minacciate anche 8 ambasciate e perfino la Delegazione dell’Unione Europea in Colombia. Mercoledì 30 Aprile la locale Delegazione della Unione Europea ci ha convocato a una “Riunione di sicurezza”: la maggior parte dei Progetti finanziati, oltre alla Delegazione, ha ricevuto minacce. Tutti hanno fatto presente che non siamo di fronte a un problema di logistica (ci sono stati offerti giubbotti antiproiettile e telefoni satellitari), ma a un problema politico: una presa di posizione dell’Unione Europea sarebbe utilissima, perlomeno per chiedere che il governo riconosca il problema e si distanzi dai gruppi paramilitari che, fatto quantomeno singolare, nei loro deliranti messaggi di minaccia indicano come una delle colpe più gravi che si possano commettere quella di “contrastare la politica del Presidente”. La delegazione locale tuttavia può fare poco non avendo alcuna autonomia in fatto di posizione politica. Così, mentre la polizia afferma che le Aquile Nere “non esistono”, che si tratta di criminalità comune e che la maggior parte dei 21 sindacalisti assassinati dal 1 gennaio di quest’anno è vittima di “crimini passionali”, noi continuiamo a fare il nostro lavoro, forti del fatto che, insieme a Fedes, la nostra controparte locale, siamo gli unici, in Altos di Cazucà, a non essere stati minacciati. Proprio per ragioni di sicurezza, non avevamo ad esempio firmato l’appello alla manifestazione del 6 marzo, pur poi partecipandovi ugualmente. E inoltre siamo stati anche attenti a non prendere posizione esplicita contro il governo. Insomma tacere per continuare ad esserci. la storia Ostaggi dello scontro tra esercito e guerriglia Florinda e Isabel unite dal dolore B RE V I Doña Florinda ha 67 anni e non sa né leggere, né scrivere. Parla poco. Doña Isabel di anni ne ha 62, si sta diplomando alle serali (con il Progetto “Speranza Colombia”) e non fa altro che parlare… Florinda viveva in una zona della Colombia benedetta da Dio, alle pendici della cordigliera centrale. Un compagno e 7 figli: tutti contadini. “La mia fattoria era un sogno: caffè, platano, yucca, mais e fagioli, vacche e galline”, viveva felice “anche senza assistenza sanitaria: a quei tempi avevamo una salute di ferro”. Da tutt’altra parte, nella foresta amazzonica, dove si pensa che Ingrid Betancourt sia tenuta prigioniera, Isabel, nata e cresciuta poverissima, prendeva il toro per le corna. Con suo marito, i suoi 2 figli ed altre 76 famiglie, occupava 80 ettari di selva; insieme la bonificavano e iniziavano a coltivare coca. “Con il mais non sopravviveva: la coca non ti faceva ricco, ma la vendevi sempre. Ce n’era di diverse varietà: coca dolce, amara, coca peruviana … Avevo un terreno bellissimo, avevo alberi da frutta e decine, che dico, centinaia di galline e maiali. Aspettavo solo di godermi la mia vecchiaia senza rimpianti”. La maledizione di Florinda è stata la fede politica: “sin da bambina – confessa lei stessa- la mia famiglia era di sinistra, come tutti i contadini del posto e io sono stata una delle fondatrici della U.P. (partito di sinistra) come i miei figli e il mio compagno”. Ma nel 1993 la situazione precipita. Arrivano nella notte, sbattono fuori di casa tutta la famiglia, picchiano e insultano: hanno sparato alla testa del figlio maggiore di Florinda (34 anni), poi una raffica di mitra ha segato le vite di altri due figli di 26 e 23 anni. Chi? “Los paracos malditos”, gli squadroni della morte. Isabel invece deve le sue disgrazie al petrolio scoperto vicino alla sua fattoria. La compagnia multinazionale ha iniziato frenetiche esplorazioni; è arrivato l’esercito. “Nella mia fattoria –racconta- hanno costruito un eliporto”. Ma la zona era stata da sempre controllata dalle Farc. “Andavamo d’accordo con i guerriglieri, bastava dargli da mangiare. Poi mi piaceva il fatto che proibissero ai raspachines di fumare coca: era sano”. Ma Isabel è stata accusata di essere collaboratrice della polizia, chissà da quale vicino invidioso: “Una notte –rievoca ancora con dolore immenso- s’è scatenato il finimondo: bombe su bombe”. La guerriglia c’è andata giù dura. “Ho perso i sensi e mi sono risvegliata in mezzo ai proiettili: l’esercito è riuscito a salvarmi e a portarmi nel villaggio più vicino”. Il marito e il figlio assassinati, l’altro figlio, sottufficiale dell’esercito, ucciso dalla guerriglia qualche mese dopo. “Ho passato 2 anni fuori di me: ero pazza, completamente. Mi sono detta, Florinda: riprenditi!”. Ma la persecuzione non è finita: sette anni fa hanno arrestato uno dei figli superstiti con strane accuse politiche e le minacce continuano. In Fedes ha però trovato una nuova famiglia e, nel gruppo di donne, una nuova dignità: “Non andrò mai più –dice- a elemosinare le briciole, andremo tutte insieme a esigere i nostri diritti”. Un delirio di armi, sangue, violenza e morti: l'esercito e i paramilitari da un lato, dall’altro i guerriglieri … e in mezzo? Florinda e Isabel, desplazadas. Asciugate le lacrime, ora si tengono per mano. Enrico Neri Capoprogetto Speranza Colombia • Ancora dalla parte dei desplazados. Per assicurare continuità alla nostra presenza in Colombia, e soprattutto per rafforzare il nostro impegno al fianco dei desplazados, abbiamo presentato più proposte ai principali enti finanziatori per l’istituzione di un Osservatorio sui diritti umani in Colombia. • Fondazione Cariplo. Il nostro più sentito grazie alla Fondazione Cariplo che ha assicurato al progetto Speranza Colombia un importante contributo per le attività di sensibilizzazione sul territorio italiano, con il quale si è potuto cominciare a lavorare anche in diverse realtà locali sui temi dei diritti umani in Colombia. • Solidarietà del territorio italiano. Da questa prima fase di impegno sul territorio italiano, particolarmente interessanti le nuove collaborazioni avviate con la Regione Liguria e il Comune di Genova. Sempre a Genova, prosegue l’iniziativa di scambio Colombia-Italia con i ragazzi della scuola “Fontanarossa” di Quezzi. viale Palladio 16, 37138 Verona, tel. 045 8102105, e-mail: [email protected], www.progettomondomlal.org Versamenti (intestati a ProgettoMondo Mlal): - c/c postale 12808374 - c/c bancario, Banca Popolare Etica (IBAN IT06J0501812101000000512890), Causale «speranza colombia»