Da Silvio Berlusconi a Vladimir Putin. Variazioni sul concetto di

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Da Silvio Berlusconi a Vladimir Putin. Variazioni sul concetto di
Marica Spalletta* – Lorenzo Ugolini**
DA SILVIO BERLUSCONI A VLADIMIR PUTIN:
VARIAZIONI SUL CONCETTO DI “SPORT POLITICS”***
1. Introduzione
Fin dai suoi albori, lo sport è stato caratterizzato da un particolare vincolo, talvolta implicito
talvolta palese, con tutto ciò che può essere ricondotto alla politica in senso lato. Come
segnala Novelli (2006a), tale vincolo bagna le sue radici nell’intrinseco valore sociale dello
sport, che trasforma la «semplice attività ginnica in un qualcosa d’altro, connesso con aspetti
religiosi, morali e politici» (p. 197). Così, molti sono gli esempi, già dall’Antichità, in cui lo sport
viene rivestito di valori politici, dalla Roma antica (con i panem et circenses) all’Antico Egitto e
ai Sumeri. L’esempio forse più importante, conosciuto, e la cui eco arriva anche al giorno
d’oggi, è rappresentato dai Giochi Olimpici, in onore dei quali ogni belligeranza veniva
sospesa: una “tregua olimpica” che ancora oggi, per i Giochi Olimpici moderni, viene sovente
evocata (Spivey 2004; Panagiotopoulou 2010).
L’avvento, a partire da fine Ottocento, delle Olimpiadi moderne e dello sport come oggi lo
conosciamo non ha intaccato il suo valore sociale e politico: al contrario, esso si è giovato dello
sviluppo dei mezzi tecnici e tecnologici della sua diffusione e della sua comunicazione (Catolfi,
Nonni 2006). Lo sport – e in particolare la sua sublimazione, ovvero ancora una volta i Giochi
Olimpici – è infatti rapidamente divenuto un simbolo dello stato di salute di un Paese o, al
contrario, della sua voglia di emergere o di recuperare antichi fasti (Sudgen, Tomlinson 2012).
Attraverso lo sport determinati messaggi politici e sociali sono stati trasmessi con particolare
veemenza: basti pensare al celebre podio della finale dei 200m piani alle Olimpiadi di Città del
Messico del 1968, nel quale il vincitore Tommie Smith e il terzo classificato John Carlos furono
protagonisti di un clamoroso gesto di protesta contro la discriminazione razziale nel loro Paese,
gli Stati Uniti (con l’adesione, meno roboante ma significativa, del secondo classificato,
l’australiano Peter Norman). Sempre sul podio, e sempre a Città del Messico, la fuoriclasse
della ginnastica artistica Věra Čáslavská protestò contro l’occupazione sovietica del suo Paese,
la Cecoslovacchia (Hartmann 2003; Weisbord 2015).
I Giochi Olimpici hanno poi spesso rappresentato uno specchio della situazione politica
internazionale, dai boicottaggi in piena Guerra Fredda (gli Stati Uniti non parteciparono alle
Olimpiadi di Mosca 1980, e di conseguenza gli atleti sovietici disertarono i successivi Giochi di
Los Angeles 1984) (Tomlinson, Young 2006) a terribili fatti di sangue, come la violenta
repressione della protesta a Piazza delle Tre Culture poco prima dell’inaugurazione dei Giochi
di Città del Messico 1968 o il massacro di 11 atleti israeliani da parte di un commando di
terroristi palestinesi durante le Olimpiadi di Monaco 1972 (Large 2012; Witherspoon 2013). Più
in generale, le grandi manifestazioni sportive sono sovente teatro di rivendicazioni di natura
politica e sociale, e gli esempi potrebbero essere innumerevoli, dai recentissimi movimenti di
Ricercatore di Sociologia dei processi culturali e comunicativi, Link LAB, Link Campus University, Roma.
Assegnista di ricerca, Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale (CORIS), Sapienza-Università di
Roma.
***
L’articolo è frutto del lavoro congiunto dei due autori. In particolare, Marica Spalletta ha scritto i
paragrafi 3.2, 3.3, 3.4, 3.6, 3.7 e 4; Lorenzo Ugolini i paragrafi 1, 2, 3, 3.1, 3.5, 3.8.
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protesta in Brasile in occasione della Confederations Cup di calcio del 2013, dei Mondiali di
Calcio del 2014 (Spalletta 2015; Ugolini 2015) e delle Olimpiadi di Rio 2016 a esempi anche di
minor dimensione e risonanza: basti pensare al cospicuo numero di bandiere dei movimenti
indipendentisti baschi sulle strade del Tour de France nelle tappe pirenaiche che si avvicinano
o sconfinano nei Paesi Baschi.
Proprio il ciclismo offre l’esempio più celebre per quanto concerne l’Italia: è ormai infatti
entrato a far parte del sentire comune il fatto che la vittoria di Gino Bartali al Tour de France
del 1948 abbia giocato un ruolo decisivo per ricostruire un sentimento di unità nazionale a
seguito dell’attentato subito dal segretario del Partito Comunista Italiano Palmiro Togliatti, che
aveva portato l’Italia a un passo da una guerra civile. Un episodio tanto più significativo perché
– stando alle voci e, per certi versi, alle leggende tipiche dell’epica dello sport – tale vittoria fu
fortemente caldeggiata da telefonate dei principali leader politici italiani (Bergonzi 2012).
Infine, un aspetto da mettere in luce è senz’altro l’uso dello sport a fini propagandistici che
è stato fatto dalle grandi dittature del Novecento. L’esempio più clamoroso è senz’altro
rappresentato dalle Olimpiadi di Berlino 1936, concepite da Adolf Hitler come fastosa vetrina
del nazismo (Hilton 2006) e, come ricorda Novelli (2006b), a tale scopo viene sfruttata quella
che in quel momento era la frontiera dell’innovazione dei media, con il film Olimpia di Leni
Riefenstahl a mettere al servizio del Regime il meglio della tecnica cinematografica dell’epoca.
Ma anche per quanto riguarda le dittature di stampo comunista, lo sport viene percepito fin da
subito come efficace mezzo di diffusione della salute e della bontà del loro modello sociale, e
diventa ben presto “affare di Stato”, con la deleteria conseguenza del fenomeno che è stato
chiamato, similarmente, “doping di Stato”: anche in questo caso gli esempi sono numerosi e
riguardano molti Paesi del blocco dell’Europa Orientale, ma probabilmente è riguardo all’ex
Germania dell’Est che si riscontrano gli esempi più clamorosi, fino al parossismo di un’atleta
come Heidi Krieger che, al seguito dei cambiamenti fisiologici dovuti alle massicce assunzioni
di farmaci dopanti, è stata costretta a cambiare sesso (Gregori 2004).
Per quanto riguarda i sistemi democratici, il connubio tra sport e politica raggiunge i propri
massimi livelli con la mediatizzazione della società (Mazzoleni 2012) e, come conseguenza,
della politica (Mazzoleni, Schulz 1999; Schultz 2004; Strömbäck 2008): a seguito dello sviluppo
del panorama della comunicazione, e in particolare con l’affermazione della preponderanza del
mezzo televisivo, infatti, i media cominciano a rivestire un luogo vieppiù centrale, e
successivamente preponderante, all’interno delle dinamiche dei principali processi culturali, tra
cui lo sport (Hjarvard 2013; Frandsen 2014). In particolare, è agli effetti di personalizzazione e
leaderizzazione che si deve quell’identificazione dell’attore politico con la sua strategia
(Mazzoleni 2012), ai fini della cui comunicazione lo sport rappresenta un topic altamente
spettacolare e di conseguenza notiziabile (Boyle 2006; Rowe 2004; Sorrentino, Bianda 2013;
Spalletta, Ugolini 2013, 2015).
Inoltre, un altro fenomeno che nasce in ambito di mediatizzazione, la popolarizzazione
della politica, presenta un’interessante declinazione in chiave sportiva. Come rimarcano infatti
autorevoli studiosi italiani e internazionali (Street 1997; Van Zoonen 2005; Dakhlia 2010;
Wheeler 2013; Mancini 2015; Mazzoni, Ciaglia 2015), uno dei tratti distintivi della cosiddetta
“pop politics” (Mazzoleni, Sfardini 2009) consiste nella sua tendenza ad appropriarsi di
palcoscenici – quali la televisione, il cinema, la musica – diversi rispetto ai tradizionali “luoghi”
della comunicazione politica. Tra questi palcoscenici, un ruolo di primo piano è rappresentato
proprio dallo sport, il quale soddisfa entrambe le declinazioni che, secondo Van Zoonen
(2005), contraddistinguono la popolarizzazione della politica: da una parte, l’uso di codici pop
da parte dei politici, che in questo caso si declina in termini di espressione della propria
passione nei confronti di una determinata disciplina, oppure di tifo verso una squadra o un
atleta; dall’altro, l’apparizione di contenuti riconducibili alla politica all’interno di contesti e di
codici pop, quale può essere, per esempio, un quotidiano sportivo.
Se la relazione tra politica e sport ha dunque conosciuto numerose e sfaccettate
declinazioni nel corso dell’ultimo secolo (Hoberman 1984; Novelli 2006a; Porro, Martelli 2013),
essa ha tuttavia raggiunto il proprio culmine, in Italia ma non solo, con la “discesa in campo” di
Silvio Berlusconi del 1994, non a caso considerato come il caso paradigmatico della
popolarizzazione della politica in chiave sportiva (Mazzoleni, Sfardini 2009). Con l’ex
“Cavaliere” assistiamo infatti alla compresenza in una sola figura di un imprenditore dei media,
le cui televisioni private avevano contribuito in maniera decisiva all’affermazione dei codici pop
in politica (Susca 2004; Novelli 2006b; Mazzoni, Caniglia 2011); un presidente di una squadra
di calcio vincente anche per il modello imprenditoriale applicato nella sua gestione (Bonini
2008); infine – in ordine di tempo – un politico di rilevanza nazionale e internazionale, a più
riprese presidente del Consiglio, la cui ricerca di consenso e popolarità (Roncarolo 2008) si è
spesso giovata delle qualità mostrate in ambito editoriale e sportivo.
La centralità dello sport – o meglio: del calcio – nella strategia politica e comunicativa di
Silvio Berlusconi trova altresì conferma in quanto emerso in una nostra precedente ricerca
(Spalletta, Ugolini 2015): nei vent’anni che seguono la “discesa in campo”, infatti, lo sport ha
costituito per il Cavaliere da una parte uno strumento in grado di garantirgli una notiziabilità in
contesti giornalistici non politici (nel caso specifico, su «La Gazzetta dello Sport»), dall’altra un
mezzo attraverso cui costruire la propria immagine pubblica e politica, e nello specifico per
delineare e veicolare un modello vincente, durevole nel tempo e affascinante, al cui interno lo
stesso Berlusconi assumeva un ruolo simbolico, efficace e imprescindibile.
2. Obiettivi e metodologia della ricerca
Nel corso di questo paper ci proponiamo di ripartire dalle riflessioni presentate in quella
ricerca per rispondere alla seguente domanda: cosa accade quando, dal fenomeno Berlusconi,
ci si sposta verso altri leader politici caratterizzati da una forte passione per lo sport? Entrambe
le declinazioni del concetto di popolarizzazione proposte da Van Zoonen (2005) (l’uso di codici
pop in contesto politico, il riferimento a contenuti politici in contesto pop) appaiono rispettate,
oppure il concetto di “sport politics” (Spalletta, Ugolini 2015) subisce delle inevitabili
variazioni, legate al modificarsi di quell’effetto di personalizzazione della politica cui
accennavamo poc’anzi, e che evidentemente si ripercuote anche sul rapporto tra sport e
politica?
Al fine di rispondere a questa domanda, il paper presenta i risultati di una ricerca sulla
copertura giornalistica che il principale quotidiano sportivo italiano («La Gazzetta dello Sport»)
riserva al leader russo Vladimir Putin nell’arco temporale compreso tra l’agosto del 1999
(quando Putin assume la carica di Primo Ministro su designazione dell’allora presidente Boris
Eltsin) e l’agosto del 2016, ovvero dopo la conclusione dei Giochi Olimpici di Rio che, come
vedremo, rappresentano il culmine di una significativa messa in discussione dell’intera politica
russa in ambito sportivo in seguito a un enorme “scandalo doping” che ha coinvolto in
particolare l’atletica leggera. Il corpus testuale analizzato è composto da un totale di 1109
articoli.
Per quanto concerne la scelta dell’attore politico, essa presenta varie e diverse motivazioni,
solo in parte legate all’amicizia personale e all’alleanza politica che hanno legato e tuttora
legano Putin a Silvio Berlusconi. Al pari del nome di Berlusconi, infatti, il nome di Putin è
spesso associato al mondo dello sport russo e internazionale sia dal punto di vista delle scelte
in materia di politica dello sport effettuate dal Cremlino (dalle discipline in cui la Russia vanta
una solida tradizione alle nuove frontiere rappresentate, per esempio, dall’organizzazione di un
GP di Formula 1 su suolo russo, fino ad arrivare alle dinamiche di politica sportiva
internazionale che hanno condotto la Russia ad aggiudicarsi i Giochi Olimpici invernali di Sochi
2014 e i Mondiali di Calcio del 2018), sia perché lo stesso Putin si è spesso affermato come
protagonista dello sport russo, non solo come tifoso o sostenitore ma anche come praticante
(Spalletta 2013; Spalletta, Ugolini 2016).
Con riferimento invece alla finestra temporale, la scelta si motiva in ragione del fatto che i
17 anni compresi tra l’agosto del 1999 e l’agosto del 2016 offrono una fotografia quanto mai
approfondita della parabola politica del leader russo che esordisce sulla scena internazionale
come Primo Ministro nell’agosto 1999, per poi diventare presidente ad interim dopo le
dimissioni di Boris Eltsin, nei primi mesi del 2000; presidente eletto dal 2000 al 2008; Primo
Ministro nominato dal suo “delfino” Dimitri Medvedev (eletto presidente) dal 2008 al 2012;
nuovamente presidente eletto dal 2012 a oggi.
Infine, dal punto di vista metodologico abbiamo optato per una media content analysis
(Altheide, Schneider 2013; Macnamara 2005) di stampo qualitativo (Corbetta 2003) poiché
essa ci consente di portare avanti da un lato la specifica analisi del rapporto tra un leader
politico e la sua comunicazione attraverso lo sport, dall’altro di comprendere in che modo tale
rapporto può risultare funzionale a uno specifico disegno di costruzione dell’identità nazionale.
3. Vladimir Putin su «La Gazzetta dello Sport»: una partita lunga 17 anni
Come si accennava poc’anzi, il corpus testuale analizzato è composto da un totale di 1109
articoli, nei quali il leader russo Vladimir Putin è almeno nominato; all’interno di questo corpus
abbiamo ritenuto di operare due distinzioni preliminari. La prima si lega a una specifica scelta
editoriale de «La Gazzetta dello Sport» a partire dal gennaio del 2007, ovvero l’avvio di una
rubrica fissa quotidiana, curata dal giornalista Giorgio Dell’Arti, dedicata all’approfondimento
di un evento riconducibile alla notiziabilità non sportiva (cronaca, politica interna o estera,
economia, ecc.), corredata da una serie di altre notizie che provvedevano a fornire ai lettori un
quadro generale della situazione extrasportiva. Questa rubrica, che nel tempo sarà
ufficialmente “battezzata” Altri Mondi, rappresenta di fatto un esempio di giornalismo
generalista, non sportivo, pur se pubblicato su una testata specialistica: come tale, offre una
copertura ampia di Putin nella sua veste di leader internazionale (il primo articolo è di marzo
2007), ma non ci offre che pochi spunti utili ai fini della nostra riflessione. Gli articoli
riconducibili agli Altri Mondi sono quasi la metà del totale della copertura (520), e la nostra
ricerca ne tiene conto in maniera approfondita solo in pochi e determinati casi che andremo
espressamente a menzionare nelle prossime pagine.
La seconda distinzione riprende quella che abbiamo applicato anche al corpus testuale
della ricerca condotta su Silvio Berlusconi (Spalletta, Ugolini 2015), nonché in altre qualitative
media content analysis svolte in precedenza (Spalletta, Ugolini 2013, 2014), ovvero
l’identificazione degli articoli in cui il leader russo è a tutti gli effetti il protagonista (o uno dei
principali protagonisti) della notizia sportiva (articoli ai quali dedicare un’analisi maggiormente
approfondita), escludendo così tutti gli articoli in cui il leader russo è meramente citato. Questa
distinzione, particolarmente rilevante quando l’oggetto dell’analisi era Berlusconi (erano infatti
numerosissimi gli articoli in cui la citazione del Cavaliere appariva ridondante e non necessaria),
riguardo alla copertura di Putin ci è apparsa ben presto difficilmente effettuabile e scarsamente
significativa.
È senz’altro vero, infatti, che vi è un numero considerevole di articoli in cui Putin è
l’indubbio protagonista della notiziabilità sportiva, e che rivestono un fondamentale interesse
ai fini della nostra ricerca; così come sono numerosi gli articoli in cui il leader russo è solo
nominato: tuttavia, è necessario sottolineare il fatto che sovente anche la mera citazione di
Vladimir Putin in un articolo assume un diverso valore nel momento in cui ci si propone di
approfondire il “peso” della sua leadership nella costruzione di una specifica immagine (per sé
e per il suo Paese) attraverso lo sport. Se, per anticipare un esempio, un articolo fa riferimento
all’avallo di Putin a una specifica operazione di stampo sportivo, questa non può essere
considerata una “mera” citazione, anche nel caso in cui questa non prendesse più di
pochissime parole: essa ribadisce e in qualche modo rafforza l’idea della centralità, effettiva o
ipotetica, del leader russo in tutto ciò che concerne il mondo dello sport nel suo Paese.
Anche la distribuzione temporale degli articoli ci consente di trarre alcune indicazioni
importanti sulla notiziabilità di Vladimir Putin. Innanzi tutto, la copertura del leader russo è del
tutto assente nel 1999, mentre nei primi mesi del 2000 offre poche citazioni. Il primo
significativo articolo è datato maggio 20001: nel raccontare una gara podistica che si tiene nei
pressi del Cremlino il giorno dell’insediamento di Putin, tale competizione viene descritta
come «senza colori sportivi se si eccettua il nero della cintura del nuovo presidente russo
Vladimir Putin, ex judoka come testimoniato dal pezzo d’album di famiglia mandato in onda
nella diretta tivù a canali unificati dedicata al suo insediamento». Pur se da fonte secondaria,
per la prima volta la «Gazzetta» fa cenno alla volontà del leader russo di associare lo sport alla
sua immagine, anche in quanto praticante.
Da quel momento in poi, la notiziabilità di Putin ha mantenuto una cadenza piuttosto
regolare a livello annuale (meno di 40 articoli l’anno fino al 2011, esclusi gli Altri Mondi), ma
con alcune significative concentrazioni in occasione di eventi specifici: i Giochi Olimpici (estivi e
invernali, in particolare nel 2008 quando le Olimpiadi di Pechino coincisero con la guerra in
Georgia), l’assegnazione dei Giochi Olimpici invernali a Sochi avvenuta nel luglio del 2007, la
possibile cessione del Milan a un colosso russo nel maggio del 2010. Nel 2012 la notiziabilità
di Putin aumenta sensibilmente, così come nel 2013 (anche per via della polemica sui diritti
degli omosessuali in concomitanza con i Mondiali di Atletica nell’agosto di quell’anno) e da
quel momento in poi esplode definitivamente, fino a raggiungere il culmine nel 2014: 246
articoli totali, di cui 102 di notiziabilità sportiva, e di questi ben 76 tra gennaio e marzo, in
concomitanza con i Giochi Olimpici invernali di Sochi. Nel 2015, pur ovviamente diminuendo,
la notiziabilità sportiva di Putin è di 49 articoli, mentre nel 2016, al 27 agosto, siamo già a 41
articoli: una copertura già molto ampia, in concomitanza con lo scandalo doping che ha
accompagnato la nazionale russa (in particolare di atletica) verso le Olimpiadi di Rio 2016.
3.1. Lo sport: 12° uomo in campo per il “team Russia”
La sopracitata distribuzione temporale ci ha quindi consentito di accennare alle principali
tematiche affrontate nella copertura offerta da «La Gazzetta dello Sport» a Vladimir Putin, che
rappresenteranno l’ossatura del presente paragrafo. Tuttavia, a nostro avviso è interessante
sottolineare in via preliminare un aspetto che appare trasversale a tutte queste diverse
tematiche, e allo stesso tempo fondativo dell’approccio di Putin. Infatti, dall’analisi degli
articoli appare chiaro che Putin si consideri a tutti gli effetti come il capo dello sport russo.
Questo approccio contiene senz’altro in sé una inevitabile componente strutturale: in quanto
Capo dello Stato e principale leader del suo Paese, egli ha in qualche modo un’influenza anche
sulle sue istituzioni sportive, ci si attende che presenzi in via ufficiale a determinati eventi, e
1
V. Piccioni, A Mosca nel giorno di Putin la corsa assedia il Cremlino, 08/05/00.
appare normale che esprima soddisfazione e faccia complimenti ad atleti russi in caso di
particolari affermazioni sportive2, oppure cordoglio quando viene a mancare un protagonista
dello sport del suo Paese3.
Tuttavia, già nel 2000 appare chiaro che Putin ha intenzione di avere un impatto più netto
sulla politica sportiva del suo Paese: innanzi tutto, è presidente del Comitato speciale per la
preparazione degli atleti russi che parteciperanno all’Olimpiade di Sydney4, e l’assegnazione
delle Olimpiadi di Pechino nel 2008, avvenuta a Mosca nel 2001, offre un primo spaccato di
quanto Putin intenda “far pesare” la sua presenza nelle sedi in cui si prendono le principali
decisioni di politica sportiva5.
Uno dei casi più eclatanti di questo approccio riguarda una forte polemica che ha avuto
luogo durante le Olimpiadi invernali di Salt Lake City 2002, in relazione allo scandalo
ribattezzato “Skategate”. La prova di pattinaggio artistico di figura vede la vittoria della coppia
russa: una decisione che fa infuriare pubblico e commentatori, che da subito ventilano l’ipotesi
di pressioni indebite sui giudici per far vincere i russi rispetto alla coppia canadese, considerata
nettamente più meritevole. Le polemiche fanno immediatamente affiorare l’effettiva esistenza
di tali pressioni, che alcuni giudici hanno subìto per far primeggiare i russi, e la medaglia d’oro
viene assegnata ex aequo. La «Gazzetta» riporta inizialmente l’assenza di commenti da parte di
Putin6, ma la settimana successiva la delegazione russa è protagonista di vibranti proteste di
senso opposto, sostenendo che in diverse discipline gli atleti russi siano stati penalizzati, e in
questo caso Putin prende esplicitamente posizione, parlando senza la diplomazia che ci si
aspetterebbe da un leader politico, ma al contrario con toni e partecipazione ascrivibili
maggiormente al capo dello sport russo7. A ulteriore riprova di ciò, il presidente del Comitato
Olimpico Internazionale (CIO) Jacques Rogge, nell’ottica di far rientrare le proteste
particolarmente veementi, si rivolge direttamente a lui con una lettera che alimenta
ulteriormente le polemiche: è opportuno infatti che il presidente del CIO si rivolga a un Capo
di Stato e non al presidente del Comitato olimpico del Paese in questione8?
Da quel momento in poi, il fatto che Putin sia il “capo” dello sport russo, e che intervenga
in maniera molto più diretta di quanto farebbe un suo omologo in altri Paesi, appare quasi
implicito. È lui a concedere un passaporto russo a un cestista statunitense per potenziare il
Cska Mosca e la nazionale russa9, dopo che proprio il basket era apparso come la prima tappa
di un rilancio in grande stile dello sport russo, con l’organizzazione della Final Four di Eurolega
del 200510; inoltre, stando all’analisi della «Gazzetta», è proprio il basket ad aprire la porta
all’immissione sistematica degli ingenti capitali degli oligarchi russi nello sport11, dopo
l’acquisizione del Chelsea da parte di Roman Abramovich datata 2003. Questa immissione
viene presentata come una specifica intenzione di Putin, che nel corso degli anni si amplia ad
Per esempio V. Martucci, Myskina, trionfo a senso unico, 06/06/04; M. Poli, Per la Russia una vittoria da
romanzo Brasile shock, 13/08/12.
3
Per esempio M. Oriani, È morto Gomelsky, patriarca del basket nell’Unione Sovietica, 17/08/05.
4
Killy visita gli impianti dei Giochi di Torino 2006, 27/07/00.
5
G. Merlo, La città dei Giochi 2008: volata a tre, 13/07/01.
6
A. Buongiovanni, A. Anghileri, G. Merlo, Doppio oro, bufera sui Giochi, 16/02/02.
7
G. Merlo, G. L. Pasini, «Russia umiliata, rispettateci», 23/02/02.
8
G. Merlo, La lettera di Rogge apre le porte alla politica, 23/02/02.
9
Holden, la Russia in mano a uno yankee, 17/09/05.
10
C. Annese, Russia a canestro con stelle e show, 03/11/04.
11
C. Annese, La Russia fa ricco lo sport d’Europa, 01/08/05.
2
altre discipline, come il ciclismo con i team Tinkoff e Katyusha12, e va a toccare anche il calcio.
Inoltre, essa si declina in maniera se possibile ancor più netta quando si parla di sport che
possiamo considerare come “olimpici”, attraverso un chiaro indirizzo alle singole federazioni e,
all’occorrenza, interventi in prima persona. Si tratta di argomenti che approfondiremo nei
prossimi paragrafi.
3.2. Un presidente sportivo, con una passione per il judo
Quella di Putin nei confronti dello sport è una passione che ha radici assai antiche e che
non sembra conoscere soluzione di continuità nel passaggio da disciplina a disciplina.
L’immagine di Putin «sportivo vero»13 appartiene infatti alla storia personale dell’uomo e
all’iconografia ufficiale del leader14, e nei 17 anni considerati ai fini della nostra ricerca viene
frequentemente esibita sul campo dallo stesso Putin o ribadita a parole dal suo staff o dai suoi
amici. Anche la «Gazzetta» dedica numerosi articoli a questo tema. Nel 2010 la Rosea ricorda
infatti come «prima ci fu il cacciabombardiere, poi il sottomarino, la caccia alla tigre e il
prototipo del fuoristrada da corsa Volkswagen Tuareg. Ieri è toccata alla Renault F.1. Vladimir
Putin non smentisce la fama di politico sportivo e muscolare e ha pilotato la F.1 fino a 240
km/h»15. Un anno più tardi, Il quotidiano rimarca come non vi sia estate in cui Putin «non
compia un’impresa memorabile. Una volta lo fotografano alla guida di un aereo, un’altra si
mostra campione di judo. Un’altra ancora mostra il fisico palestrato»16. Un presidente, dunque,
che «ama lo sport, lo pratica, lo vive»17.
La centralità dello sport nella formazione personale dell’uomo Putin, prima ancora che
nella sua strategia politica e comunicativa, è altresì confermata se, come a più riprese
segnalato sulla «Gazzetta», è proprio dal mondo dello sport che provengono alcuni dei più
fidati collaboratori e consiglieri: dal preparatore atletico Leonid Tiagatschev, di cui si suppone
una significativa capacità di influenzare le scelte sia sportive che politiche18 dello “Zar”, al
maestro di judo Vasily Shestakov, nominato dallo stesso Putin direttore del Centro nazionale
dell’informazione19, fino al campione di sci Karl Schranz, prezioso consigliere durante la
campagna vittoriosa per la candidatura olimpica20.
La passione di Putin nei confronti dello sport raggiunge tuttavia i propri massimi livelli (in
termini sia assoluti che di notiziabilità) quando il discorso si sposta sul judo, disciplina che il
leader russo pratica fin dai tempi della sua militanza nel KGB21, e in cui vanta un 5° dan (ossia la
scala di graduazione del judo, il cui massimo è rappresentato dal 10° dan) conquistato sul
P. Condò, «Anche Putin viene da me a bere birra», 18/05/07; C. Ghisalberti, Tchmil: «Con Katyusha
rilancerò la Russia», 13/11/08.
13
P. Molinaro, Putin, dalla Russia con amore: per lo sci, 10/02/01.
14
V. Piccioni, A Mosca nel giorno di Putin la corsa assedia il Cremlino, 08/05/00. È altresì significativo che,
nel 2012, il giorno del giuramento di Putin si concluda con una partita di hockey in cui il neo-presidente
scende sul ghiaccio sotto gli occhi dei leader invitati all’evento, tra cui spicca l’amico Silvio Berlusconi (Tra
Usa e Russia, 08/05/12).
15
Putin pilota sulla Renault a 240 km/h, 08/11/10.
16
Putin superman russo. Stavolta è archeologo, 12/08/11.
17
P. Molinaro, Putin, dalla Russia con amore: per lo sci, 10/02/01.
18
Ibidem.
19
Chi dirige il centro stampa di Putin? Il maestro di judo, 24/01/08.
20
G. Merlo, Mosca, una pista nella casa di Putin, 02/01/09.
21
C. Gobbi, Putin, cintura nera dei presidenti, 04/01/05.
12
tatami e tre successivi riconoscimenti concessi dalla Federazione internazionale22. Numerosi
infatti sono gli articoli in cui viene rimarcata la passione del leader russo per il judo, che lo
porta ad assistere a molte competizioni23; l’importanza che questo sport ha rivestito nella sua
formazione personale e professionale, consacrata dalla pubblicazione di un libro di teoria e
pratica del judo24; infine, il seguito che egli ha saputo garantire alla disciplina, che fa di lui un
perfetto ambasciatore25, e il suo desiderio di portare la Russia ai vertici mondiali della
disciplina.
Con riferimento a quest’ultimo aspetto, assai approfonditi sono gli articoli che raccontano
del sodalizio professionale tra lo “Zar” e l’ex judoka italiano Ezio Gamba che vinse la prima
medaglia d’oro azzurra nella storia del judo curiosamente proprio ai Giochi di Mosca 1980. Nel
novembre del 2008, pochi mesi dopo la disfatta del judo russo alle Olimpiadi di Pechino, Putin
chiama infatti il c.t. italiano alla direzione tecnica della squadra nazionale russa26; quattro anni
più tardi (Londra 2012) Gamba ricambia la fiducia riposta in lui portando la squadra russa
cinque volte sul podio, e questo gli garantisce l’apprezzamento dello “Zar”: “Sei il numero uno
al mondo, lo zar del tatami”, sono le parole che il presidente gli rivolge al ritorno dai Giochi27,
e che vengono ulteriormente confermate un anno più tardi quando, attribuendo a Gamba la
prestigiosa onorificenza dell’Ordine dell’Amicizia28, lo definisce un “eroe nazionale” oltre che
un “uomo di parola”29. Una fiducia che Gamba ricambia ergendosi a difesa di Putin nella
vicenda doping che, come vedremo più avanti, dal 2015 porta a galla un sistema di gestione
dello sport in Russia caratterizzato dal ricorso a pratiche illecite (uso di sostante proibite e
corruzione)30. A suggellare definitivamente l’amicizia tra Putin e Gamba, la concessione al
tecnico italiano del passaporto russo31, che chiude idealmente un percorso scandito
certamente dal rapporto umano, ma anche dall’impegno economico garantito dal leader
russo32.
Ma la passione di Putin per il judo non rimane confinata alla sola pratica amatoriale, bensì
si estende anche alla sfera politica33, diventando in primis strumento di gestione dei rapporti
tra le diverse federazioni che regolano l’attività agonistica della disciplina. Egualmente amato e
temuto tanto dal coreano Park, presidente della International Judo Federation – che, motu
proprio, nel 2001 gli aveva conferito la qualifica di “maestro”34 – quanto da Marius Vizer,
presidente della European Judo Union (UEJ), è proprio con quest’ultimo che, nel 2005, Putin
stringe un patto di ferro: il leader russo sosterrà Vizer nella sua corsa alla poltrona più
importante del judo mondiale (quella, appunto, detenuta da Park), ricevendo in cambio il suo
sostegno per la creazione, a Mosca, di una Accademia del judo, ufficialmente voluta per
C. Gobbi, Sul tatami con Putin, 20/09/01; E. De Denaro, Che onore per Putin. Ha ricevuto l’8° dan,
11/10/12.
23
Galeone e Tangorre chiudono quinte. In tribuna c’è la cintura nera Putin, 25/04/10; Putin, ex judoka,
andrà a Londra, 20/06/12.
24
C. Gobbi, Sul tatami con Putin, 20/09/01.
25
E. De Denaro, Che onore per Putin. Ha ricevuto l’8° dan, 11/10/12.
26
E. De Denaro, La Russia chiama Gamba, 19/11/08.
27
Putin: «Gamba è lo zar del tatami», 07/08/12.
28
Putin premia il c.t. Gamba, 30/10/13.
29
G.P. Laffranchi, C.t. in fuga dall’Italia. Gamba, lo “Zar”: «Eroe russo», 16/10/13.
30
V. Piccioni, Svolta di Putin: «Un’inchiesta interna subito». Basterà a Coe?, 12/11/15.
31
E. De Denaro, Gamba russo. Putin regala il passaporto al c.t. italiano. «Che onore», 09/01/16.
32
Gamba-Putin. La strana sfida. «E abbiamo brindato col the», 20/12/09.
33
C. Gobbi, Putin, cintura nera dei presidenti, 04/01/05.
34
Cintura a Putin, 28/02/01.
22
migliorare la conoscenza, la pratica e la diffusione di questo sport, in realtà – secondo l’analisi
proposta dalla «Gazzetta» – finalizzata a spostare dal Giappone alla Russia il potere decisionale
del judo mondiale, e con esso i relativi investimenti35.
L’uso “politico” del judo da parte di Putin non si limita però alle sole politiche dello sport,
ma investe anche l’ambito delle relazioni internazionali, affermandosi come strumento per
intessere relazioni politiche, per rafforzare il ruolo della Russia nello scenario internazionale e/o
per dirimere contrasti con altre potenze. A conferma di ciò, sono solo le gare di judo quelle cui
Putin decide di assistere durante i Giochi di Londra 201236, e che egli espressamente considera
come una «occasione di recarsi in Gran Bretagna per un’altra visita ufficiale, dopo quella del
2003 durante il primo mandato»37. Nella strategia di Putin il judo è altresì un prezioso
strumento per familiarizzare con gli altri leader mondiali, che sovente vengono invitati sul
tatami dallo “Zar” o che chiedono espressamente allo “Zar” di potersi misurare con lui in
pedana38.
3.3. Le grandi cerimonie dello sport come palcoscenici politici
In un interessante articolo del 2004 dedicato alle passioni sportive dei principali leader
politici internazionali (da Romano Prodi a Tony Blair, fino al presidente brasiliano Lula), Andrea
Schianchi osserva come «nell’era mediatica, […] lo sport in generale e il calcio in particolare
sono veicoli di comunicazione, di aggregazione e di creazione del consenso di massa. E questo
chiunque faccia politica lo sa; Berlusconi, probabilmente, è stato il primo a capirlo e a
sfruttarne l’effetto. Un presidente che si fa vedere dentro uno stadio è un uomo che si avvicina
al popolo, idealmente lo abbraccia, lo “sente”, ne percepisce l’umore»39. Da questa carrellata
di leader politici non risulta escluso Vladimir Putin, che al contrario occupa uno dei gradini più
alti del podio quando a essere in gioco è il tasso di partecipazione alle grandi cerimonie dello
sport, e la relativa capacità di caricare queste ultime di un marcato significato politico.
Come ricordavamo poc’anzi, una delle prime apparizioni ufficiali di Putin in un evento
sportivo coincide con il giorno del suo insediamento come presidente della Federazione
Russa40 e si evolve, nel periodo esaminato, in un crescendo tanto quantitativo quanto
qualitativo: ad aumentare progressivamente nel corso del tempo non è infatti solo il numero,
ma anche l’importanza degli appuntamenti agonistici (che abbiano luogo in Russia o nel
mondo), in cui la «Gazzetta» rimarca la presenza del leader russo e le associa un significato
politico. Solo per citare qualche esempio: i Mondiali di sci alpino di St. Anton 2001, che Putin è
costretto a «vivere nelle sale vip degli alberghi più lussuosi, parlando di soldi, stringendo
accordi, prigioniero del suo ruolo»41; la cerimonia di consegna dei Laureus Awards 2008, dove
la presenza di Putin dipenderà «dalle conseguenze della dichiarazione di indipendenza del
Kosovo»42; le Olimpiadi di Pechino 2008, alla cui cerimonia inaugurale Putin assiste mentre «i
suoi carri armati stanno invadendo l’Ossezia georgiana»43; i Mondiali di pattinaggio artistico di
C. Gobbi, Putin, cintura nera dei presidenti, 04/01/05.
Medvedev ci sarà. Putin solo al judo, 18/07/12.
37
Putin, ex judoka, andrà a Londra, 20/06/12.
38
«La Gazzetta dello Sport» menziona, per esempio, il «tatami d’eccezione» su cui si confrontano Putin
con il principe Alberto di Monaco (G. Merlo, Rogge, l’uomo del progresso, 17/07/01).
39
A. Schianchi, Per chi tifano i leader, 08/03/04.
40
V. Piccioni, A Mosca nel giorno di Putin la corsa assedia il Cremlino, 08/05/00.
41
P. Molinaro, Putin, dalla Russia con amore: per lo sci, 10/02/01.
42
Tuttenotizie, 18/02/08.
43
P. Molinaro, Carezze per i potenti. Quanti fischi per Bush, 09/08/08.
35
36
Mosca 2011, che diventano un’occasione per ricordare il terremoto in Giappone44; la cerimonia
di apertura dei Mondiali di atletica di Mosca 2011, in cui si celebra «l’orgoglio russo dalla
conquista dello spazio al balletto, all’energia che alimenta l’Europa»45; nel 2013, la sfida per il
titolo mondiale WBA, WBO e IBF tra il pugile ucraino Wladimir Klitschko e il collega russo, Alex
Povetkin, che alimenta di nuova linfa il conflitto in atto tra i due Paesi46; infine, il primo GP di
Formula 1 disputato a Sochi nel 2014, caratterizzato dalla minaccia jihadista alla vicina
Cecenia47.
La scelta dello “Zar” di partecipare o meno agli eventi sportivi non appare essere tuttavia
mai lasciata al caso, bensì sempre accuratamente studiata, ponderata, e soprattutto finalizzata
a celebrare il “personaggio Putin”. Di qui, dunque, la rinuncia a una serie di eventi: deluso
dalle prestazioni della nazionale russa di hockey, lo “Zar” diserta infatti sia i Giochi invernali di
Torino 2006 che quelli di Vancouver 201048; stesso discorso per la sessione del CIO che
assegna le Olimpiadi 2012, poiché Putin teme l’umiliazione di Mosca che esce al primo turno49.
Un discorso a parte riguarda infine le partite dello Spartak Mosca, squadra di calcio di cui Putin
è tifoso50: la «Gazzetta» rimarca infatti come le sue incursioni allo stadio siano drasticamente
diminuite da quando si è sparsa la voce che, quando Putin assiste ai match, lo Spartak Mosca
esce sempre sconfitto51.
La centralità dei grandi eventi sportivi come palcoscenici politici – dunque parte di
quell’idea di “sport di Stato” di cui dicevamo in precedenza – trova altresì conferma quando ci
spostiamo dal versante della partecipazione a quello dell’organizzazione: Putin non è infatti
“soltanto” uno sportivo praticante o uno spettatore, ma anche uno stratega nella scelta degli
eventi sportivi da ospitare sul suolo russo e un abile organizzatore degli stessi. Nel periodo
esaminato, molteplici e diversi sono gli eventi sportivi di cui lo “Zar” si fa promotore: alcuni
strettamente legati alla tradizione russa, come i menzionati Mondiali di pattinaggio artistico del
2011, dove Mosca subentra in corsa a Tokyo causa terremoto52; altri, come il parallelo di sci
alpino disputato nel 2009 sulla Piazza Rossa, finalizzato a promuovere la disciplina in vista dei
Giochi olimpici di Sochi 201453.
Al di là dei casi menzionati, è tuttavia indubbio che, nel periodo considerato, l’interesse di
Putin si concentri principalmente su tre eventi, diversi tra loro per tipologia e per la disciplina
cui fanno riferimento, ma assai simili quanto al ritorno economico e di immagine che sono in
grado di riservare a chi li organizza: i Giochi olimpici, i Mondiali di calcio e la Formula 1.
Tuttavia, non sempre tali eventi offrono a Putin il risultato sperato.
Per quanto concerne i Giochi, Mosca tenta l’avventura olimpica per la prima volta all’inizio
degli anni 2000; la sua candidatura per ospitare l’edizione del 2012 appare tuttavia fin da
subito assai fragile e, come rimarca Gianni Merlo, la capitale russa rischia di essere
prematuramente tagliata fuori dalla corsa a meno che Putin non intervenga personalmente per
sostenerla54. In un primo momento lo “Zar” fa trapelare il proprio appoggio55, sacrificando a
A. Buongiovanni, Plushenko guarda. Chan gli soffia il record del corto, 28/04/11.
P. Molinaro, Farah scatto d’oro. Bolt sottotono, 11/08/13.
46
Tuttenotizie & Risultati, 21/09/13.
47
L. Perna, Offerti 40 milioni, ma Lewis non molla il posto ad Alonso, 10/10/14.
48
G. Merlo, Il pattinaggio fa il record di ascolti: punte di 11 milioni, 25/02/06; Taccuino, 27/02/10.
49
G. Merlo, Londra in rimonta su Parigi, 06/07/05.
50
F.M. Ricci, Bergkamp illude l’Arsenal ma il Lione segna al 90°, 22/02/01.
51
A. Schianchi, Per chi tifano i leader, 08/03/04.
52
Dopo la rinuncia di Tokyo Mondiali di figura a Mosca, 25/03/11.
53
G. Merlo, Mosca, una pista nella casa di Putin, 02/01/09.
54
G. Merlo, Italia, un vero disastro. Si salva solo la Dolcini, 02/03/02.
44
45
tale scopo la candidatura a ospitare gli Europei di calcio in programma nello stesso anno56, ma
si tratta comunque di un sostegno “tiepido”: nella testa del leader russo ha infatti già preso
forma il sogno “Sochi 2014” del quale parleremo nel prossimo paragrafo.
Decisamente più tormentato il percorso che porta la Russia all’assegnazione dei Mondiali
di calcio del 2018, per non dire di tutto ciò che accade dopo, con il coinvolgimento del Paese
nello scandalo che investe la Federazione internazionale di calcio (FIFA) e i cui effetti negativi si
ripercuotono sullo stesso Putin, che nella vicenda è tutt’altro che spettatore. Ma andiamo con
ordine. Sulla scia della vittoria nella corsa per i Giochi olimpici invernali del 2014, nel marzo del
2010 l’allora sottosegretario allo sport Igor Shuvalov dichiara che la Russia auspica di poter
ospitare i Mondiali di calcio del 2018 o del 2022 e, in questa sede, ricorda come «il lavoro di
Putin sia stato fondamentale per l’assegnazione dei Giochi olimpici invernali del 2014 a
Sochi»57.
La scelta viene fatta pochi mesi più tardi dalla FIFA, nel corso di una bollente sessione
iniziata tra sospetti e veleni sulla facilità di comprare i voti da parte della città candidate, e
infuocata dallo stesso Putin che motiva la sua mancata presenza a Zurigo perché «la
concorrenza è sleale e senza scrupoli»58. Ma il colpo di scena – o meglio, il colpo di teatro –
arriva appena 24 ore più tardi: la Russia vince infatti a mani basse la corsa per il Mondiale 2018,
facendo gridare allo scandalo la concorrenza inglese. E mentre il presidente Obama non
nasconde la propria indignazione, Putin mette da parte le accuse e i sospetti del giorno prima,
e si schiera con forza a sostegno del massimo organo del calcio mondiale («Le accuse di
corruzione rivolte alla FIFA sono inaccettabili», dichiara lapidario lo “Zar”, tagliando corto alle
domande dei giornalisti)59.
Gli anni che seguono sono caratterizzati da una vera e propria “guerra fredda” tra USA e
Russia, in cui oggetto del contendere non è più l’assegnazione di un Mondiale, bensì l’intero
organo del calcio mondiale60. Poi, nel maggio del 2015, si arriva alla resa dei conti: due giorni
prima della scontata rielezione di Sepp Blatter alla guida della FIFA, la giustizia americana
arresta infatti 7 dirigenti di quella che viene definita come «la cupola del calcio mondiale»61. La
risposta di Putin non si fa attendere e, dopo aver ribadito l’estraneità del suo Paese alla
vicenda, punta l’indice contro gli Stati Uniti, orchestratori a suo avviso di «un chiaro tentativo di
impedire la rielezione di Blatter per via giudiziaria e di far revocare l’assegnazione di Russia
2018»62. Con grande soddisfazione, dunque, Putin accoglie la rielezione di Blatter63 e continua
a difenderlo strenuamente anche nei giorni successivi quando, schiacciato dal dilagare dello
scandalo, Blatter è costretto a dimettersi64. Le parole di Putin sono, ancora una volta,
particolarmente significative: «Il modo in cui si manifesta la lotta alla corruzione – afferma infatti
il leader russo – mi inducono a chiedermi se non sia la continuazione della gara per il 2018 e il
2022. Tutti siamo a conoscenza della situazione che si sta sviluppando attorno a Blatter. Io non
V. Piccioni, È successo anche, 13/11/04.
F. Licari, E la Francia potrebbe spianare la strada all’Italia, 13/01/05.
57
La Russia punta il Mondiale. C.t.: ora Advocaat è in pole, 18/03/10.
58
F. Licari, Due Mondiali in palio tra polemiche e accuse, 02/12/10.
59
F. Licari, Il Mondiale dei ricchi: Russia 2018 e Quatar 2022. La rabbia di Obama, 03/12/10.
60
A. De Calò, Calcio e affari, tra Obama e Putin, 28/05/15.
61
Ibidem.
62
M. Pierelli, Putin attacca gli Usa. «Russia 2018 non si tocca. Io sono con Blatter», 29/05/15.
63
F. Licari, Platini non si arrende: «Necessario cambiare». Gelo dalla Casa Bianca, 30/05/15.
64
A. De Calò, Morto il re, palla a «Le Roi», ma la partita resta aperta, 03/06/15.
55
56
voglio entrare nei dettagli, ma non credo a una sola parola sul suo coinvolgimento della
corruzione»65.
I mesi che seguono sono caratterizzati da un continuo tira e molla, in cui a essere
costantemente messa in discussione è proprio Russia 2018. Ma, come osserva Marco Guidi
sulle pagine della «Gazzetta», sono «troppo delicati i rapporti di politica internazionale per
arrivare a una decisione così drastica. Putin e la Russia avranno così il loro Mondiale di calcio,
ma gli scheletri sono usciti dall’armadio»66.
Se dall’affaire Russia 2018 Putin non esce da grande trionfatore, la Formula 1 appare
decisamente più redditizia in termini di ritorno di immagine. Anche in questo caso, si tratta di
un percorso iniziato quasi dieci anni fa, e di cui Putin è tutt’altro che spettatore. Fin dal 2007,
infatti, circola nel paddock l’idea di organizzare un GP di Formula 1 in Russia, in particolare a
San Pietroburgo, città natale dello “Zar”67. Ma Putin non è affatto convinto di tale scelta,
poiché l’area su cui vuole puntare è quella di Sochi, per ragioni sia di immagine (“Sochi”, come
vedremo nel prossimo paragrafo, diventa nel corso degli anni sinonimo di “Putin”) che
economiche (legate alla possibilità di riutilizzare le strutture costruite per i Giochi). L’accordo
con Bernie Ecclestone, patron della Formula 1, viene siglato nel 2010 e, quattro anni più tardi
ha luogo il primo GP di Russia68.
La «Gazzetta» dedica un ampio resoconto dell’evento, caratterizzato da una «coreografia
da parata di Stato che ha trasformato la presenza di Vladimir Putin in uno show», con
Ecclestone, il presidente della Federazione internazionale dell’automobile Jean Todt e il re del
Bahrain Al-Khalifa a fare da comprimari, un servizio d’ordine imponente e i team avvertiti con
un comunicato di osservare il silenzio assoluto sulla linea di partenza, per rispettare l’inno
russo. Più di tutto, a dare il polso del successo politico e mediatico dello “Zar”, i tanti tifosi che
indossano magliette con la faccia di Putin, anziché quelle di Alonso o Vettel69.
3.4. Sochi 2014: un progetto politico chiamato “Olimpiade”
«Vietato sbagliare. Sono i Giochi di Putin»70: mai frase fu, a nostro avviso, più calzante per
riassumere il significato dei Giochi di Sochi 2014, che non a caso abbiamo definito, fin dal
titolo di questo paragrafo, “un progetto politico chiamato Olimpiade”. Tuttavia, per
comprendere appieno quanto le sorti di Sochi 2014 si leghino alla figura di Vladimir Putin, per
non dire del ruolo che egli ha avuto nella loro ideazione, pianificazione, organizzazione e
realizzazione, occorre fare un passo indietro nel tempo, a quando il progetto prende forma
nella mente dello “Zar”, per poi essere condiviso con i suoi più fidati collaboratori e consiglieri.
In un articolo pubblicato nel febbraio del 2012 e finalizzato a fare il punto della situazione a
due anni esatti dall’accensione della fiamma olimpica, Gianni Merlo71 ricorda come Putin fosse
ancora presidente della Russia72 quando cominciò a pensare a Sochi come sede di
un’Olimpiade invernale. Dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, infatti, la Russia aveva
perso i più importanti centri sul Mar Nero, ed era quanto mai necessario avviare un processo di
M. Pierelli, Presidenza Fifa, Platini correrà (contro Zico?). Tavecchio: «Siamo con lui», 29/07/15.
M. Guidi, Le ombre sul torneo voluto da Putin, 20/07/16.
67
«Vogliamo un GP a San Pietroburgo», 08/02/07.
68
Dal 2014 a Sochi il GP di Russia, 15/10/10.
69
L. Perna, Arriva Putin e il GP si trasforma in parata, 13/10/14.
70
A. Buongiovanni, Miracolo Russia. «Vietato sbagliare. Sono i Giochi di Putin», 31/01/14.
71
G. Merlo, I Giochi di Putin. la città di mare è regina d’inverno. Obiettivo: Caucaso, 14/02/12.
72
Ricordiamo che Putin è stato presidente della Federazione Russa dal 2000 al 2008, e successivamente
dal 2012 a oggi.
65
66
rilancio della regione tanto economico (legato alla ripartenza del turismo) quanto politico
(determinato dalla vicinanza del confine con Abkhazia e Georgia, ossia zone cuscinetto tra
Russia e Turchia). Da questo punto di vista, l’Olimpiade rappresentava «un’occasione ghiotta
per accelerare i processi» e Putin non se l’è lasciata scappare, intervenendo in prima persona (e
con tutto il peso del suo carisma) nella competizione con le altre città candidate (su tutte, la
coreana Pyeongchang.
Nel 2007, è infatti proprio il leader russo il «principale ospite»73, per non dire il vero
mattatore della sessione CIO di Guatemala City, nel corso della quale vengono assegnati i
Giochi invernali del 2014: dall’esordio in conferenza stampa in cui mescola i temi politici legati
al suo incontro con George Bush in cui si è discusso di cooperazione energetica («Stiamo
lavorando per rendere il mondo più trasparente e sicuro») a quelli sportivi («siamo qui per
sottolineare la qualità della proposta di Sochi»)74 all’adozione della «politica della formica» per
l’acquisizione dei voti (da quello del Paese ospitante, il Guatemala, ai 5 voti dei delegati
italiani, indispettiti dall’arruolamento di Alberto Tomba come testimonial per la Corea75), dagli
incontri privati nella suite dell’Hotel Intercontinental alla presentazione in perfetto stile
«”sovietico”, concreta e con poche immagini a effetto». La «Gazzetta» non ha dubbi
nell’attribuire proprio all’intervento finale di Putin il merito di aver consentito la vittoria di Sochi
nella finalissima con la rivale coreana: «Vladimir Putin ha affascinato qualche membro del CIO
con la sua aria di uomo di sport, per questo Sochi ha vinto i Giochi invernali 2014. […] Sochi
aveva Putin in più, che ha parlato in inglese, concludendo in francese. È stato abile. Adesso
qualcuno dice che se ci sarà un capo del comitato organizzatore, non potrà essere che lui»76.
Nei 7 anni che seguono l’assegnazione dei Giochi l’impegno di Putin nei confronti del
progetto non risulta affatto ridimensionato, bensì si estende su ogni aspetto
dell’organizzazione: dunque, la realizzazione dei siti olimpici77, i relativi ritardi e la nomina di
una apposita task force78, la definizione dei prezzi dei biglietti79, i premi per i vincitori di
medaglie (con il toto-medaglie che diventa, giorno dopo giorno, «una questione di interesse
nazionale»)80, la scelta della mascotte81, l’individuazione di regole precise per la scelta dei
tedofori (resa quanto mai necessaria dopo il sinistro presagio della morte di un tedoforo)82, le
norme in materia di manifestazioni pubbliche in coincidenza con i Giochi83.
Al di là dei temi menzionati, sono due gli aspetti organizzativi su cui la «Gazzetta» si
concentra maggiormente nei mesi che precedono l’inizio dei Giochi, e rispetto ai quali il ruolo
di Putin appare essenziale: la gestione economica e quella della sicurezza.
Con riferimento al primo aspetto, già in fase di assegnazione il CIO aveva espresso molti
dubbi circa l’effettiva realizzabilità, in soli 7 anni, della totalità degli impianti richiesti per
un’Olimpiade invernale, considerando che l’area di Sochi non poteva avvalersi di alcuna
G. Merlo, Giochi invernali. Domani scelta per il 2014. Oggi c’è Putin, 03/07/07.
«La Gazzetta dello Sport» rimarca come «non era mai successo che nella conferenza stampa di due capi
di Stato in cui si parlava di cooperazione energetica, si finisse per discutere di sport». Cfr. G. Merlo,
Fattore Putin: il trionfo di Sochi, 06/07/07.
75
G. Merlo, Giochi 2014, Tomba testimonial coreano, 05/07/07.
76
G. Merlo, Fattore Putin: il trionfo di Sochi, 06/07/07.
77
Putin ordina controllo ai siti, 27/12/12.
78
Putin: task force per salvare Sochi, 17/09/13.
79
Sochi: biglietti fino a 990 euro, 22/01/13.
80
Russia: un oro vale 90.000 euro, 26/11/13.
81
Sochi 2014: vince il leopardo di Putin ma le mascotte saranno tre, 27/02/11.
82
F. Cocchi, La maledizione di Sochi. Muore un tedoforo, 17/12/13.
83
Putin cancella il divieto a Sochi: si può manifestare in un’area riservata, 05/01/14.
73
74
struttura preesistente, per non dire dei costi che la Russia avrebbe dovuto sobbarcarsi per la
costruzione degli stessi84, ma alle obiezioni del CIO Putin aveva risposto ostentando grande
sicurezza, forte dell’appoggio dei suoi «paperoni».
Sono proprio loro, osserva Marisa Poli85, i magnati dell’economia russa (perlopiù oligarchi
amici intimi di Putin, e che lo stesso “Zar” ha posto ai vertici di numerose federazioni sportive) i
principali sponsor del progetto “Sochi 2014”. Solo per citare qualche nome: Mikhail
Prokhorov, che con la sua Norilsk controlla la maggior parte della produzione di minerali
preziosi; Andrei Bokarev, proprietario del 49% del gruppo industriale che produce il
kalashnikov; Alexei Kravstov, ceo di Kraftway, una delle maggiori compagnie russe di prodotti
informatici; il generale Vagit Alekperov, presidente di Lukoil, l’azienda petrolifera russa
seconda al mondo per riserve. E poi, ovviamente, Gazprom. «C’è chi sostiene che tutto questo
amore per lo sport degli amici di Putin non sia del tutto disinteressato», continua la giornalista.
«Come ha denunciato nei giorni scorsi il blogger Alexiei Navalni, oppositore del presidente
russo, i costi per le infrastrutture e degli impianti sarebbero stati sovrastimati da una a due
volte e mezza per il totale di 51 miliardi di dollari, in gran parte dello Stato o di società legate
allo Stato, mentre i principali investitori privati erano oligarchi amici di Vladimir Putin o in
conflitto d’interesse. Secondo Mikhail Kasyanov, ex primo ministro con Putin, la partecipazione
dei magnati è stata una sorta di tassa imposta dal presidente. “In Russia se vuoi fare affari devi
pagare”, ha dichiarato all’AP Kasyanov, ora all’opposizione».
Quello dei costi di realizzazione degli impianti (e la relativa lievitazione degli stessi
conseguente ai numerosi ritardi sulla tabella di marcia), per non dire della loro manutenzione
dopo lo spegnimento della fiamma olimpica86, non è tuttavia un problema di cui Putin sembra
curarsi: si tratta piuttosto di un investimento parte di un progetto più ampio, finalizzato a
rilanciare turisticamente un’area strategica per Mosca87, a cavallo tra Europa e Asia, e nel
contempo a promuovere l’immagine della Russia e del suo presidente88.
Ben diverso – o meglio: cambiato nel corso del tempo – è l’atteggiamento dello “Zar” nei
confronti della minaccia terroristica, che si somma ai tradizionali problemi di sicurezza legati
alla gestione di un evento olimpico. Nel presentare la candidatura olimpica di Sochi, Putin
aveva infatti garantito un’edizione dei Giochi «sicura, divertente e memorabile»89, ma con
l’avvicinarsi dell’evento lo “Zar” si è trovato a dover fare i conti con una serie di molteplici e
diverse minacce di stampo terroristico, che hanno individuato nella cittadina sul Mar Nero «un
bersaglio ideale»90: a destare maggiore preoccupazione, in particolare, è il terrorismo islamicoceceno. Dal punto di vista giornalistico, è interessante notare come considerazioni pressoché
simili su questo tema siano formulate sulla «Gazzetta» sia nelle pagine dedicate allo sport
quanto nella rubrica Altri Mondi. «Sarebbe una vera beffa per Putin – scrive infatti il giornalista
sportivo Fausto Narducci – se l’idea, anche un po’ ardita, di portare l’Olimpiade invernale in
riva al Mar Nero si rivelasse in qualche modo un immenso boomerang per la sua propaganda
politica. Perché è indubbio che Sochi sia diventata un bersaglio sensibile per la controffensiva
cecena del “signore della guerra” Doku Umarov»91. E gli fa eco Giorgio Dell’Arti, ideatore e
G. Merlo, Olimpiade invernale 2014. Sfida Russia-Sud Corea, 04/07/07.
M. Poli, Russia, i Paperoni dello sport. Più di 51 miliardi per i Giochi, 29/01/14.
86
Nei progetti futuri anche una sala da musica, 15/02/14.
87
G. Merlo, Putin ha già vinto la prima scommessa. Poi Sochi diverrà un centro turistico, 12/02/14. Cfr.
anche A. Cremonesi, Benvenuti a Sochi, la terra promessa, 09/10/14.
88
F. Narducci, Costi triplicati: ma conviene ancora organizzare un’Olimpiade?, 20/07/12.
89
M. Poli, Sochi blindata, sono Giochi di guerra, 08/01/14.
90
Il CIO tranquillizza: «Ci sono garanzie». Isinbayeva: «Choc», 31/12/13.
91
F. Narducci, Sochi è un bersaglio terroristico perché è in gioco il prestigio di Putin, 31/12/13.
84
85
responsabile delle pagine non sportive, secondo cui, dietro gli attentati terroristici «ci sono i
Giochi Olimpici del prossimo 7 febbraio. […] Putin ha puntato sulle Olimpiadi per accreditarsi a
livello mondiale e il terrorismo islamico-ceceno cerca di approfittare per farsi vedere dal
mondo e rovinare i piani del presidente russo»92.
Quanto alla risposta di Mosca a tali minacce, essa si muove lungo una duplice direttrice: da
una parte ribadendo quanto già fatto per garantire la “pax olimpica” (con trentasettemila tra
poliziotti, soldati e forze speciali impegnati sul campo), dall’altra parte moltiplicando gli sforzi
per aumentare il livello di sicurezza nei siti olimpici (ulteriori restrizioni all’accesso all’area e ai
luoghi di gara sia per le persone che per gli autoveicoli, controllo del traffico telefonico e mail,
utilizzo dei droni, utilizzo di missili aria-terra e di sistemi di difesa antiaerea)93, così da venire
incontro tanto alle richieste del CIO quanto alle manifeste preoccupazioni della comunità
internazionale94.
Ancora una volta, sono tuttavia le parole dello stesso Putin a darci il polso della situazione:
«Cercheremo di rendere le misure di sicurezza non invadenti o troppo vistose per atleti, ospiti
e giornalisti, ma allo stesso tempo faremo del nostro meglio per garantire la loro efficacia»:
salvaguardare lo spirito olimpico, dunque, e con esso l’immagine del Paese e del leader che
quei Giochi a voluto, pur senza abbassare il livello di guardia della sicurezza, in assenza del
quale “l’Olimpiade di Putin” rischierebbe di dover fare i conti con problemi ben più gravi della
perdita di una medaglia d’oro.
È in questo clima infuocato95, con i toni ancor più esasperati dall’acceso confronto tra il
leader russo e la comunità occidentale sui tema dei gay96 che, il 7 febbraio 2014 viene accesso
il braciere olimpico, nel corso di una cerimonia che il direttore della «Gazzetta», Andrea Monti,
definisce una «fastosa, colossale esibizione son et lumière di potenza geopolitica con qualche
vena pacchiana e un intoppo da scongiuri». Una cerimonia finalizzata a ritrovare lo spirito
olimpico, smarrito in quel «groviglio inestricabile di affari, corruzione e volontà di potenza che
trova in Putin il regista e l’interprete perfetto» e a celebrare la città di Sochi, situata in quel
Caucaso in cui «si incrociano Oriente e Occidente, le rotte del petrolio e quelle delle armi. E
proprio lì il nuovo sovrano del Cremlino ha organizzato la sua apoteosi»97.
Due settimane più tardi, a Giochi ormai conclusi, il giudizio che la «Gazzetta» formula è
ampiamente positivo, sia rispetto ai dubbi della comunità internazionale98 che alle aspettative
G. Dell’Arti, Perché in Russia torna l’incubo del terrorismo?, 31/12/13.
M. Poli, Sochi blindata, sono Giochi di guerra, 08/01/14.
94
Gli USA, in particolare, annunciano l’invio di navi da guerra e aerei nel Mar Nero con il compito di
tenersi pronti per un’eventuale evacuazione di massa dei siti olimpici da parte della squadra americana.
Cfr. S. Garavaglia, Tuttenotizie & Risultati, 22/01/14.
95
Due settimane prima dell’inizio dei Giochi, Dmitri Peskov, portavoce di Putin, in un’intervista al tabloid
«Komsomolskaia Pravda» afferma che l’Occidente sta «screditando politicamente i Giochi di Sochi. Alcuni
paesi si comportano in maniera spudorata per prendere di mira l’Olimpiade invernale». «Purtroppo anche
i nostri mass media versano secchiate di fango, citando sproloqui di ogni sorta», aggiunge Peskov.
«Dicono che si tratterebbe di un progetto personale di Putin, poi si chiedono a chi è venuto in mente di
tenere l’Olimpiade in una zona subtropicale, mentre alcuni affermano che la Russia tiene i Giochi nella
zona dove gli zar opprimevano i disgraziati popoli caucasici» (cfr. S. Battaggia, Putin si è stancato e
attacca l’Occidente, 24/01/14).
96
Su questo tema rimandiamo a quanto diremo nel paragrafo 3.8.
97
A. Monti, I Giochi di Putin, l’Olimpiade di tutti, 08/02/14.
98
Più volte la «Gazzetta» aveva paventato (riportando a sua volta i dubbi di atleti e federazioni), il rischio
di un’Olimpiade «artificiale». Cfr., per esempio, A. Buongiovanni, Sicurezza olimpica. Impianti perfetti e
paesi inventati. I Giochi artificiali, 04/02/14.
92
93
dello stesso Putin: «Fuori dal medagliere, ma trionfatore», scrive per esempio Marisa Poli, che
aggiunge: «Putin chiude la sua “Olimpiada Vladimirovna” come sognava e niente ha potuto
rovinare la parata. Né le camere non (tutte) finite, né le proteste zittite senza buone maniere
dai cosacchi, né il terrorismo islamico che ha ucciso non lontano da qui sino alla vigilia. […] Lo
“Zar” Putin è stato onnipresente a Sochi, ha sfrecciato dalla favolosa dacia costruita nella
riserva di Krasnaya Polyana verso tutte le sedi olimpiche, con le strade bloccate 20 minuti
prima del passaggio della colonna di auto che lo segue e lo precede. Il presidentissimo ha
bevuto grappa e cantato alla Haus Austria con l’amico e maestro di sci personale Karl Schranz.
Si è presentato al quartier generale statunitense di Sochi con pins a stelle e strisce. Ha
ammaestrato rarissimi leopardi delle nevi, visitato in ospedale la freestyler Maria Komissarova,
ferita gravemente alla colonna vertebrale in allenamento. E ha superato indenne il momento
più nero: il k.o. dell’hockey ai quarti. Ieri ha incassato le telefonate di complimenti di Obama e
della Merkel, che non si era presentata alla cerimonia d’apertura, come la maggior parte dei
leader occidentali»99.
3.5. Lo stratega del calcio
In un articolo del 2008, Pierfrancesco Archetti ci regala il perfetto incipit per analizzare il
rapporto tra Putin e il calcio: «Vladimir Putin non ama il pallone, però adesso ne adopera la
100
passione planetaria» . «Ha unito – prosegue Archetti, evocando significativamente una azione
“in prima persona” – una delle più potenti imprese statali russe (Gazprom) al club della sua
città, lo Zenit San Pietroburgo. Scopo: arrivare al livello europeo di Milan o Real Madrid». È
infatti risaputo, e più volte è stato sottolineato in questo saggio, che lo “Zar” ha una specifica
predilezione per determinati sport tipici della tradizione russa, come la ginnastica o gli sport
invernali, oltre che per il judo che ha praticato lungamente e con successo. Tuttavia, la
dimensione planetaria del calcio rappresenta un importante motivo di attenzione per lo “Zar”,
e questo nel coverage offerto da «La Gazzetta dello Sport» assume due specifiche declinazioni.
La prima, in ordine di tempo, è legata agli investimenti degli oligarchi russi nel calcio, russo
e internazionale. Si tratta di un coinvolgimento che potremmo definire “indiretto”, anche se,
come abbiamo già avuto modo di sottolineare, tale terminologia appare quantomeno
approssimativa nel definire l’approccio di Putin allo sport che emerge nella sua trattazione
giornalistica.
Infatti, fin dai primi casi di questi investimenti, il ruolo di Putin appare come essenziale,
anche se non nel verso che ci si potrebbe attendere. Una efficace cartina tornasole in questo
senso è rappresentata dal rapporto che intercorre tra il leader e il magnate del petrolio Roman
Abramovich, primo di una serie di cosiddetti “oligarchi” russi a investire nel calcio europeo con
l’acquisto della squadra inglese del Chelsea nel 2003. A cavallo tra il 2003 e il 2004, infatti, «La
Gazzetta dello Sport» riferisce più volte di un’indagine, richiesta esplicitamente da Putin, volta
a “mettere ordine” (ma si potrebbe dire anche “mettere in riga”) tra questi oligarchi, e che
rischiava di mettere in difficoltà proprio Abramovich101. Già nel 2005, tuttavia, in seno a un’altra
polemica di natura politica – il conflitto tra Putin e un altro oligarca, Boris Berezovsky –
Abramovich appare non solo come amico di Putin, ma come il suo braccio esecutivo102, e
spesso da allora sarà considerato103, come vedremo nei prossimi paragrafi, un suo amico.
M. Poli, Impianti e spettacolo. Lo zar è stato di parola, 14/02/14.
P. Archetti, Il Bayern sfida uno Zenit a tutto gas, 24/04/08.
101
F. M. Ricci, Putin e il Chelsea preoccupano Abramovich, 04/01/04.
102
G. Galavotti, L’ex oligarca Berezovsky accusa: «Abramovich è il braccio di Putin», 06/07/2005.
103
P. Condò, Abramovich dà l’addio a Eltsin. Poi raggiunge il suo Chelsea, 25/04/07.
99
100
Un altro significativo frangente, proprio in quei mesi (febbraio 2004), riguarda la possibile
acquisizione della squadra di calcio della Roma da parte di un’altra grande società di oligarchi
russi, la Nafta Moskva: una società il cui organigramma appariva misterioso, ma che includeva
senz’altro Abramovich, e nel quale un ruolo decisivo era ricoperto da due fedelissimi di Putin, il
banchiere Aleksandr Mamut104, che peraltro aveva in passato provato ad acquisire un club di
calcio russo, la Torpedo Mosca, e il deputato Suleiman Kerimov105.
Nel maggio 2010, inoltre, per alcuni giorni circola la voce di un interessamento
proveniente dalla Russia per l’acquisto di una quota o della totalità del Milan: un’operazione
che sarebbe legata a doppio filo all’amicizia tra Silvio Berlusconi e Vladimir Putin106. La voce
perde rapidamente di “peso”, ma ciclicamente torna in auge, in particolare quando un
momento difficile del Berlusconi politico coincide con un periodo non particolarmente brillante
del Milan e con un incontro tra il Cavaliere e Putin (per esempio tra l’agosto e l’ottobre del
2012)107. Non appare però chiaro quanto tali trattative siano reali e quanto possano invece
essere una lettura dei giornalisti, una sorta di “2+2” basato sulla dinamica degli eventi; rimane
senz’altro significativa la presenza su un quotidiano sportivo di analisi di matrice sportiva
ispirate a dinamiche politiche italiane ed estere (quali le difficoltà politiche di Berlusconi, le
pressioni della sua famiglia perché ceda il Milan, e la sua scelta piuttosto frequente di
incontrare Putin in questi frangenti).
Tuttavia, l’esempio più eclatante (e notiziato) riguarda senz’altro la squadra dello Zenit di
San Pietroburgo, che nel giro di pochi anni è passata da una storia e un palmares limitati a
diventare una delle primissime squadre di Russia (insieme al CSKA di Mosca, che però è
sempre stata la storica squadra dell’Armata Rossa sovietica), e una importante realtà a livello
europeo, con la vittoria della Coppa UEFA nel 2007, della Supercoppa Europea nel 2008, con
una stabile presenza nelle principali competizioni continentali e con diversi roboanti “colpi” di
calciomercato che hanno portato diversi “grandi nomi” di richiamo mondiale nel campionato
russo, a cominciare dall’allenatore di questa prima stagione di successi, l’olandese Dick
Advocaat, al tecnico italiano Luciano Spalletti (dal 2009 al 2014).
L’ascesa dello Zenit coincide con la sua acquisizione a fine 2005 da parte del colosso degli
idrocarburi Gazprom (a forte partecipazione statale, e che dallo stesso anno controlla Sibneft,
la compagnia petrolifera di Roman Abramovich), e dalle pagine della «Gazzetta» emerge,
anche con una certa frequenza, il fatto che Putin sia uno dei principali fautori dell’investimento
fatto da Gazprom108, se non un investitore diretto, ovvero una persona in grado di orientare a
tutti gli effetti le scelte del colosso petrolifero riguardo allo Zenit109, addirittura in termini di
calciomercato110. È inoltre interessante notare come da molti degli articoli citati emerga, in
maniera velata o palese, il fatto che Putin sia un tifoso dello Zenit e non, come già detto, dello
Spartak Mosca. Non sappiamo ovviamente per quale squadra batta davvero il cuore di tifoso
dello “Zar”, ma non possiamo non notare come i riferimenti a Putin tifoso dello Spartak si
fermino al 2004, mentre quelli a Putin tifoso dello Zenit emergano unicamente dopo l’inizio
dell’epopea della squadra di San Pietroburgo.
A. Catapano, Benzina russa per la Roma, 10/02/2004.
A. Catapano, E. Esposito, R. Palombo, Roma ai russi. Ormai è fatta, 26/02/04.
106
C. Laudisa, Arriva Gazprom. 150-180 milioni per l’affarone, 25/05/10.
107
A. Bocci, C. Laudisa, Milan, si fa avanti il Qatar Club, stadio e tv. Dagli sceicchi pronti 250 milioni,
12/10/12.
108
P. Archetti, Il Bayern sfida uno Zenit a tutto gas, 24/04/08; P. Archetti, Lo Zenit si prende l’Uefa.
Irrompono i nuovi ricchi, 15/05/08.
109
P. Archetti, Advocaat il giramondo, 03/05/08.
110
A. Elefante, Arshavin, piccolo genio che piace ai grandi club, 23/06/08.
104
105
Questo fatto, che com’è ovvio non è dirimente di per sé (ci sono molteplici possibili
spiegazioni di questa discrepanza in seno al coverage offerto da «La Gazzetta dello Sport»), è
tuttavia coerente con una lettura dell’investimento nello Zenit di San Pietroburgo come parte
di un progetto più ampio, che quindi Putin tiferebbe “per interesse”: come scrive
esplicitamente Paolo Condò nel 2008 pochi giorni dopo la vittoria della Supercoppa Europea
da parte dello Zenit San Pietroburgo, «l’obiettivo stagionale era la Champions. Attenzione: non
un’onorevole prima partecipazione ma la Champions proprio, la coppa da alzare nel cielo di
Roma come prologo al compimento, da parte di Guus Hiddink, della supermissione di vincere
il Mondiale 2010. Le linee del Grande Piano sono ormai visibili anche a occhio nudo: Hiddink
arriva a Mosca nel 2006 pagato da Abramovich, e tutti pensano che la nazionale russa sia solo
un parcheggio in attesa del Chelsea. Errore. Abramovich è la longa manus di Vladimir Putin,
che vede nel calcio il teatro globale sul quale imporre orgoglio, ricchezza e potenza della
nuova Russia»111.
La lunga citazione dell’articolo ci consente l’ideale ponte con il secondo grande tema che
emerge dall’analisi del coverage relativo al rapporto tra Putin e il calcio, ovvero il legame con
la Nazionale di calcio russo, una nazionale che deve essere «sempre più potenza nel mondo
del calcio, come vuole Putin»112. Sulle pagine della «Gazzetta» emerge a più riprese
l’intenzione del leader russo di trasformare una squadra mai realmente competitiva113 in una
Nazionale in grado di vincere i principali tornei internazionali114. Così, nel 2005 un articolo di
Fabio Licari115 riporta la polemica per la quale dietro alle dimissioni “forzate” dello storico
presidente della Federcalcio russa Vyacheslav Koloskov ci fosse «una manovra politica […]
orchestrata da Putin», il quale nel 2006 interviene direttamente per la scelta del tecnico
olandese Guus Hiddink116, allenatore di grande fama e primo straniero alla guida della Russia.
Anche il suo successore e connazionale Dick Advocaat viene in qualche modo ricondotto a
un’influenza del Cremlino, vincolata in questo caso all’apprezzamento maturato durante la
vincente esperienza allo Zenit San Pietroburgo.
Ma è con l’avvicendamento tra Advocaat e l’allenatore italiano Fabio Capello, avvenuto in
seguito al fallimento della Nazionale russa agli Europei del 2012, che il “peso” di Putin viene
registrato dalla «Gazzetta» con maggior nitore (anche alla luce dell’assegnazione dei Mondiali
di Calcio 2018 alla Russia). Già dieci giorni dopo l’eliminazione della Russia viene segnalato
che il presidente della Federcalcio russa Fursenko si dimette durante un incontro con Putin117;
poche settimane dopo la probabilità che la scelta del suo sostituto ricada su Capello viene
considerata aumentata perché «consigliato pare anche da Berlusconi»118 (pur senza precisare
P. Condò, Zenit, 16/09/08.
G. Galavotti, Dramma Inghilterra. La Russia la fa fuori, 18/10/07.
113
La Nazionale di calcio della Russia non è mai andata neanche in finale in nessuna grande competizione
internazionale (miglior risultato le semifinali all’Europeo 2008); anche la Nazionale dell’Unione Sovietica
non è mai riuscita a imporsi a livello mondiale (miglior risultato il 4° posto al Mondiale 1966), pur
vincendo l’Europeo del 1960 e arrivando in finale nel 1988.
114
G. Galavotti, Romantsev e Souayah, due c.t. sul filo del rasoio, 05/06/02.
115
F. Licari, Russia con l’ex giallorosso Alenichev, 09/02/05
116
P. Condò, Hiddink risolve le missioni impossibili, 23/11/07.
117
Russia, il capo della Federcalcio lascia l’incarico, 26/06/12.
118
P. Archetti, Roulette russa. Capello primo fra 13 c.t. Oggi l’incontro?, 11/07/12. Dopo l’acquisizione
del Milan da parte di Berlusconi, Fabio Capello è stato allenatore della “Primavera”, e ha poi assunto
incarichi dirigenziali nelle società sportive di proprietà del “Biscione”. Promosso sulla panchina della
prima squadra nel 1991 (su intuizione, si disse, dello stesso Berlusconi), diede vita per cinque anni a uno
dei cicli più vincenti della storia dei “rossoneri”.
111
112
chi fosse l’esatto destinatario del consiglio); a sancire ancor di più questa “linea”, lo stesso
giorno anche Il RompiPallone, la breve rubrica satirica che il comico Gene Gnocchi tiene
quotidianamente sulla prima pagina della “Rosea” dal 2006, ironizza sulla chiamata di Capello
evocando il rapporto tra Putin e Berlusconi.
Anche nelle settimane successive la scelta di Capello viene inserita in un contesto più
ampio, nel quale il nome del leader russo viene spesso evocato, come principale ispiratore
della nuova linea della Federcalcio (sia in positivo, con la scelta di un modello possibilmente
vincente119, che in negativo, dai detrattori politici120); più in generale, la scelta di Capello è
comunque inserita in una linea politica: «Gli olandesi Hiddink e Advocaat hanno aperto la
strada. Non sappiamo se sia stato Vladimir Putin in persona a soffiare sul nome del tecnico
italiano. Certo i russi non possono permettersi altre battute a vuoto. Questione di immagine e
prospettive. Nel 2018 organizzano i Mondiali in casa»121.
A suggellare il fatto che la guida della Nazionale di calcio sia un problema che riguarda il
Cremlino è infine la conclusione del rapporto tra Capello e la Russia, avvenuto nell’estate del
2015 in seguito a una lunga serie di risultati deludenti. L’articolo di Giorgio Kudinov del 16
giugno 2015 definisce l’esonero di Capello «un affare di stato», al quale partecipano Dmitry
Peskov (addetto stampa personale di Vladimir Putin), Sergey Ivanov (responsabile
dell’Apparato del presidente), e «l’onnipotente Ministro dello Sport Vitaly Mutko, nuovo
padrone del calcio russo, dopo il recente esonero pilotato del presidente della Federcalcio
Nikolay Tolstykh».
Un ultimo fondamentale aspetto da mettere in luce riguardo al rapporto tra Vladimir Putin
e la Nazionale di calcio russa riguarda la questione delle intemperanze e delle violenze
riconducibili agli “hooligans” russi in occasione delle grandi manifestazioni internazionali.
Questa problematica inizia a farsi sentire in maniera netta in occasione degli Europei del 2012,
acuita inoltre dalla storica rivalità (non solo sportiva) tra Russia e Polonia (oltre che dalla
situazione di tensione che all’epoca cominciava a delinearsi tra la Russia e l’Ucraina122). Così,
già nella gara d’esordio i tifosi della Russia si rendono protagonisti di violenze, gravemente
sanzionate dal punto di vista disciplinare123, il che crea tensioni in vista del successivo incontro
Russia-Polonia124. In entrambi i casi, gli articoli riportano una presa di posizione forte da parte
di Putin in difesa (sia diretta che preventiva) della tifoseria russa, con un richiamo esplicito alle
autorità polacche a tutelare la loro sicurezza e incolumità.
Ma è senz’altro nel recente Campionato europeo del 2016 che il problema delle violenze
dei tifosi russi ha raggiunto il culmine. In un contesto in cui la problematica della sicurezza era
vieppiù nodale (la manifestazione si è svolta in una Francia provata dagli attentati di matrice
jihadista, e in particolare uno di quelli del 13 novembre 2015 ebbe lo Stade de France come
obiettivo), gli hooligans russi si sono resi protagonisti di scontri molto violenti con i loro
omologhi inglesi. Anche in questo caso, Putin è intervenuto per chiedere equità per i tifosi
russi, temendo un trattamento più aspro rispetto a tifosi violenti di altre nazionalità125. Tuttavia,
in questo frangente il ruolo del presidente russo appare essere decisamente più “centrale”, dal
G. Kudinov, Russia a Capello. Verso Brasile 2014 2 anni a 5 milioni, 17/07/12.
D. Romani, Capello vola in Russia. Ma è già un caso politico, 18/07/12.
121
A. De Calò, I grandi tecnici come le archistar e così Capello va in gol a Mosca, 17/07/12.
122
Polonia e Ucraina erano i due Paesi ospitanti della manifestazione.
123
A. Catapano, Violenza, Russia stangata. -6 con la condizionale, 14/06/12.
124
M. Dalla Vite, Invasione russa. Si temono scontri, 16/06/12.
125
F. Ceniti, Putin attacca: «È solo colpa dei russi?», 18/06/16.
119
120
momento che uno dei principali hooligans arrestati, Alexander Shprygin, è amico e
collaboratore di Putin126.
«La Gazzetta dello Sport» delinea quindi uno scenario in cui, ancora una volta, i problemi
teoricamente connessi con lo sport (come la violenza dei tifosi) appartengono in realtà a una
dimensione più strettamente politica: nello specifico, una situazione di tensione tra Russia e
Inghilterra in seguito all’“affaire Litvinenko” del 2006, che ha avuto sovente ricadute in ambito
calcistico, fino ad arrivare, per l’appunto, al 2016, in cui in occasione degli scontri tra le due
tifoserie «uno degli arrestati è un capo ultrà molto vicino a Putin: un’ulteriore prova
dell’intreccio calcio e politica»127. Un intreccio, infine, che desta forte preoccupazione in vista
dei Mondiali del 2018 che si svolgeranno in Russia, e il prefetto francese titolare
dell’organizzazione degli Europei del 2016 identifica negli hooligans di estrema destra
provenienti dall’Est europeo un problema dalla gravità crescente, e in Vladimir Putin la persona
preposta a risolverlo128.
3.6. La “squadra del presidente” (e i suoi avversari)
Fin dai suoi esordi sulla scena pubblica, e in maniera sempre crescente con il passare degli
anni, Putin ha sempre amato circondarsi di amici/sostenitori, non disdegnando affatto, anzi
facendosene vanto, quando essi provengono dal mondo dello sport.
Da chi è composta, dunque, quella che potremmo definire come “la squadra del
presidente”? In primo luogo, da campioni dello sport, ancora in attività oppure ritiratisi dalle
competizioni, di provenienza russa o internazionale. Solo per citare qualche esempio: Karl
Schranz, leggenda dello sci alpino austriaco i cui «occhi cominciano a brillare quando gli si
chiede del suo rapporto con Putin»129; Marat Safin, ex campione russo di tennis, eletto alla
Duma nelle fila del partito di Putin130; Dmitry Tarasov, centrocampista della Lokomotiv Mosca
sanzionato dall’Uefa perché sceso in campo indossando una maglietta con l’immagine di Putin
e la scritta: “Il presidente più corretto”131; Slava Fetisov, mito dell’hockey russo emigrato alla
fine degli anni Ottanta negli States e rientrato in patria su invito dell’amico Putin, che gli ha
affidato il compito di rispolverare l’immagine della superpotenza russa nello sport132.
Tra gli “amici” di Putin un posto d’eccezione è poi occupato da due atlete che, per motivi
diversi, possono essere considerate “le donne del presidente”: la campionessa di salto con
l’asta Yelena Isinbayeva e la ginnasta Alina Kabaeva. Quanto alla prima, la troviamo spesso al
fianco dello “Zar” nelle occasioni ufficiali133, è stata testimonial del suo Paese nella corsa per le
Olimpiadi del 2012134 e non ha mai fatto mistero dell’emozione che prova ogniqualvolta si
trova a incontrare Putin135. A conferma dell’amicizia che lega lo “Zar” con l’astista, a Yelena
Isinbayeva viene concesso l’onore di essere uno degli ultimi tedofori nella cerimonia inaugurale
di Sochi 2014, ruolo che l’astista “scippa” proprio alla Kabaeva, l’altra “donna del presidente”
Ibidem; A. Bocci, L’ultrà amico di Putin ricompare a Tolosa: arrestato di nuovo, 21/06/16.
S. Boldrini, La strategia russa per la leadership dell’hooliganismo, 19/06/16.
128
A. Grandesso, C’è una sfida vinta dalla Francia: quella della sicurezza, 12/07/16.
129
G. Merlo, Schranz e l’amico presidente. «Putin, grande anche sugli sci», 25/12/07.
130
Safin politico. Eletto alla Duma, 08/12/11.
131
Taccuino, 18/02/16.
132
G. Merlo, Fetisov: «Il Kgb non voleva farmi giocare negli Usa», 15/02/06.
133
Tuttenotizie, 18/02/08.
134
M. Poli, Isinbayeva, il cielo sopra Berlino, 30/06/05.
135
G. Merlo, Isinbayeva. «La bellezza conta tanto», 09/01/07.
126
127
da molti indicata, nei giorni a ridosso dell’apertura dei Giochi, come probabile ultima
tedofora136.
Nel caso della campionessa di ginnastica ritmica, in particolare, l’appellativo “donna del
presidente” è quanto mai azzeccato perché, a dispetto di una grande riservatezza del leader
russo circa la propria vita privata137, è proprio il suo nome a comparire nell’unico gossip che
vede protagonista Putin. La notizia di una relazione tra i due inizia a circolare nell’estate del
2008, complice una vacanza che i due avrebbero trascorso a Villa Certosa, residenza estiva
dell’amico Silvio Berlusconi138. Nonostante le smentite ufficiali del Cremlino, il gossip continua
a circolare, rafforzato un anno più tardi dall’ipotesi dell’arrivo di un possibile erede per i due139.
Gossip a parte, di certo la Kabaeva rientra in quel gruppo di “sexy atlete” che Putin ha voluto
con sé alla Duma140.
Alla “squadra del presidente” appartengono infine due personaggi assai influenti del
mondo del calcio, che qui solo menzioniamo poiché di loro ci siamo già occupati nel
precedente paragrafo: da una parte Silvio Berlusconi, con cui Putin condivide, se non l’amore
per il calcio (perché il leader russo è animato da passione decisamente meno accesa rispetto
all’ex Cavaliere), quanto meno la percezione delle potenzialità di immagine141; dall’altra parte il
patron del Chelsea Roman Abramovich che, a dispetto dei rapporti – di cui si diceva – non
sempre idilliaci con lo “Zar”, viene normalmente appellato come «il figlioccio»142, «il
paladino»143, «il braccio/l’emissario»144 di Putin.
Se la schiera degli amici dello “Zar” è assai variegata e nutrita, ben più esile (o quanto
meno non dichiarato) è il “fronte del no”. Circoscrivendo la casistica ancora una volta al mondo
dello sport, le cronache annoverano in primis il pattinatore Evgueni Plushenko, che dopo l’oro
ai Giochi di Torino 2006 annuncia di volersi candidare alle elezioni nelle fila di “Just Russia”,
compagine politica in cui confluiscono alcuni fuoriusciti da “Russia Unita”, il partito di Putin145;
in secondo luogo, Mikhail Prokhorov, terzo uomo più ricco di Russia e proprietario della
squadra di basket dei New Jersey Nets, che nel 2011 si candida alle presidenziali proprio
contro Putin146; infine, Boris Berezovsky, primo oligarca della Russia post sovietica, con interessi
sportivi ai confini del lecito, considerato uno tra i più acerrimi avversari di Putin147.
Il più fiero oppositore di Putin e, per molti versi, il «suo incubo»148, è tuttavia l’ex campione
di scacchi Garri Kasparov. Sceso in politica con l’obiettivo dichiarato di contrastare Putin149,
finito più volte in carcere per le sue idee150, arrivato addirittura a chiedere la doppia
Ultima tedofora sarà la Kabaeva, fiamma di Putin?, 01/04/14.
Rarissime, per esempio, le apparizioni pubbliche della moglie Lyudmila, così come assai scarse le
informazioni circa il loro divorzio, avvenuto nel 2013 (Putin divorzia. «Una decisione presa in due»,
07/06/13).
138
A. Ljubimov, Putin, love story con la ginnasta sexy, 16/04/08.
139
Putin, un bimbo dall’ex stella Kabaeva?, 18/12/09.
140
Le sexy deputate di Putin, 29/12/07.
141
P. Condò, Hiddink risolve le missioni impossibili, 23/11/07.
142
S. Boldrini, Abramovich e la coppa: che romanzo, 18/05/12.
143
G. Galavotti, City contro Chelsea. È roba da ricchi, 13/09/08.
144
L’ex oligarca Bereznavsky accusa: «Abramovich è il braccio di Putin», 06/07/05.
145
A. Buongiovanni, Plushenko contro Putin, 21/12/06.
146
Russia: Prokhorov si candida alla presidenza, 14/12/11.
147
G. Galavotti, L’ex oligarca Berezovsky accusa: «Abramovich è il braccio di Putin», 06/07/05.
148
Kasparov: «In Russia è regime». Moore: «In Usa rischio l’arresto», 20/05/07.
149
Tuttenotizie, 12/03/05.
150
G.L. Pasini, R. Magrini, Scacco al mito: Karpov-Kasparov, 22/09/09.
136
137
cittadinanza alla Lettonia per potersi «impegnare senza restrizioni nella difesa della pace, della
democrazia e della giustizia»151, Kasparov non fa mistero delle sue opinioni su Putin e, in
generale, sulla condizione di regime che si vive in Russia: «Chi protesta, a Mosca, ha la certezza
di avere problemi, di essere arrestato, di avere rapporti ravvicinati con gli omon [le forze
speciali del ministero dell’Interno, ndr]. Per questo siamo così pochi a fare opposizione. Eppure
non abbiamo bisogno di appoggi esterni. Quello che ci serve è che i governi stranieri smettano
di sostenere Putin. […] Sarkozy incontra Putin per gli interessi della Renault, la Merkel per quelli
della Deutsche Bank, Berlusconi per quelli... di Berlusconi. Ma ogni passo dei leader
occidentali verso Putin complica il cammino dei russi verso la democrazia: l’obiettivo sarà
raggiunto solo quando in Russia si smetterà di festeggiare il compleanno di Putin e si
comincerà a celebrare la memoria di Anna Politkovskaja»152.
Non appartiene infine al mondo dello sport, ma utilizza un palcoscenico sportivo per
rivolgere le proprie accuse nei confronti di Putin, la vedova di Alexander Litvinenko, la spia
russa uccisa con il polonio radioattivo nel 2010. In occasione dei Giochi del 2012, infatti, la
signora Marina «ha chiesto ai londinesi di indossare un nastrino bianco in segno di protesta per
la visita di Putin»: «i suoi agenti hanno ucciso mio marito – ha dichiarato la donna –, un
cittadino britannico, nel centro di Londra, contaminando centinaia di persone innocenti con un
veleno radioattivo. Ha truccato le elezioni, soppresso la libertà di parola e arrestato i
dissidenti». La «Gazzetta» rimarca altresì come, alle proteste della vedova Litvinenko, si sia
unito anche il menzionato Kasparov, che ha chiesto esplicitamente di «vietare a Putin l’ingresso
in Gran Bretagna: “Il suo unico interesse è fare mostra del suo potere e mettere i soldi pubblici
nelle mani dei suoi amici. Vuole governare come Stalin e vivere come Roman Abramovich”»153.
3.7. L’ombra del doping (e della corruzione)
Tra le diverse macchie che – nel periodo esaminato – hanno infangato il rapporto di Putin
con lo sport, e di conseguenza l’immagine che lo “Zar” ha cercato di costruirsi proprio
attraverso il ricorso allo sport, non c’è dubbio che quella più evidente e profonda sia
rappresentata dal doping. Qui tuttavia giova immediatamente rimarcare come, sebbene lo
scandalo sia salito agli onori delle cronache solo in questo ultimo anno, quello del doping è un
problema con cui Putin si è trovato a dover fare i conti fin dai primissimi anni della sua ascesa
politica.
Già nel 2002, in un clima olimpico arroventato dal menzionato “Skategate”, la squadra
femminile russa di sci di fondo era infatti finita nelle mire dell’antidoping, dai cui controlli era
emersa la positività all’EPO delle due campionesse Olga Danilova e Larissa Lazutina. La
reazione russa, nell’occasione, era stata veemente: a essere messa in discussione non fu solo la
regolarità delle procedure154, bensì l’atteggiamento stesso del CIO nei confronti della Russia,
che sarebbe stata «bersaglio di una campagna denigratoria»155. Al di là della vicenda in sé,
l’immagine russa esce profondamente macchiata da questo scandalo, e ancor più quella di
Putin, già accusato per le sue ingerenze politiche nella coeva (e già menzionata) vicenda
“Skategate”. E mentre il presidente del CIO Jacques Rogge sentenzia che «un conto sono le
giurie che possono sbagliare umanamente o in malafede – e quello può far parte del gioco –,
S. Garaviglia, Tuttenotizie & Risultati, 06/11/13.
M. Salvini, Kasparov: contro Putin senza paura, 31/10/08. La giornalista Anna Politkovskaja viene uccisa
nel giorno del compleanno di Putin.
153
G. Bozza, Tatami al veleno. Fughe, morsi e contestazioni, 03/08/12.
154
G. Merlo, Guerra fredda, tutto in una notte, 23/02/02.
155
S. Arcobelli, G. Merlo, Sorelle d’Italia, gioia della fatica, 26/02/02.
151
152
un’altra cosa è il trucco del doping, che veramente offende la nostra dignità»156, sulle colonne
della «Gazzetta» Arcobelli e Merlo osservano come la «giovane democrazia» russa non abbia
affatto «rimosso alcune tendenze deprecabili del passato»157.
La questione doping nello sport russo torna al centro del dibattito pubblico un decennio
più tardi. Alla fine del 2014, la tv tedesca ARD annuncia infatti il coinvolgimento di alcune
atlete russe di primo piano in un’inchiesta dell’agenzia internazionale anti-doping (WADA)
finalizzata a smascherare quello che viene definito come un vero e proprio “doping di
Stato”158. Un anno più tardi la stessa WADA rende noti i risultati della propria indagine,
attraverso la diffusione di un rapporto in cui sono formulate pesanti accuse nei confronti della
Russia, che non solo avrebbe avallato l’uso di pratiche dopanti tra i suoi atleti, ma si sarebbe
anche macchiata di corruzione nei confronti di alcuni membri della Federazione internazionale
di atletica leggera (IAAF) al fine di coprire l’accaduto. Dinanzi alle accuse, la Russia reagisce
con toni «dialetticamente violenti», attraverso i quali dichiara di sentirsi «vittima sacrificale
sull’altare del mondo occidentale»: «dietro tutto questo – afferma Artem Patsev, consulente
giuridico della stessa WADA – c’è un chiaro disegno politico»159. Per quanto concerne Putin,
egli opta per un iniziale silenzio, che tuttavia è costretto a rompere nel momento in cui si
comincia a paventare l’ipotesi di una esclusione della nazionale russa di atletica leggera dai
Giochi di Rio 2016, a conferma del fatto che lo scandalo sta «mettendo a rischio la nuova
identità che la Russia si è costruita in questi anni, proponendo un copione vecchio stampo fatto
di servizi segreti, tecnici dopatori, controlli ingannati e atleti ricattati»160.
Fin da subito, le posizioni appaiono però alquanto distanti. Gli organi sportivi e l’opinione
pubblica ritengono infatti che, per uscire dal “Russiagate”, sia necessario «intervenire
pesantemente sui dirigenti russi, smantellare questo sistema dopante di Stato, squalificare
secondo i regolamenti sportivi tutti gli atleti russi che siano stati trovati positivi o abbiano
aggirato il sistema di controllo», pur salvaguardando «quei campioni puliti che possono
diventare i simboli della nuova Russia del riscatto»161. Per parte sua, Putin da una parte esprime
posizioni che rifiutano l’idea del «muro contro muro» (in particolare, lo “Zar” si impegna a dare
avvio a una inchiesta interna in collaborazione con le autorità antidoping internazionali),
dall’altra tutto fa, tranne che «cospargersi il capo di cenere» (egli è infatti assai fermo nel
ribadire che «il problema del doping non può essere confinato alla sola Russia e le sanzioni
devono essere individuali»)162.
I mesi seguenti sono un susseguirsi di colpi di scena: la Russia è infatti costretta ad
ammettere le prime colpe; in segno di protesta molti sponsor russi iniziano a ritirare il proprio
sostegno alla IAAF163; infine, lo scandalo si estende anche al di fuori dei confini dell’atletica
leggera, con la scoperta della positività al meldonium della tennista Maria Sharapova164. I toni
si inaspriscono ulteriormente quando vengono a galla i rapporti non proprio leciti tra Putin e
l’ex presidente della IAAF, il senegalese Lamine Diack: un’amicizia fatta di scambi sportivi
C. Gregori, G. Merlo, Larissa, zarina con la macchia, 25/02/02.
S. Arcobelli, G. Merlo, Sorelle d’Italia, gioia della fatica, 26/02/02.
158
V. Piccioni, «Ci sono 150 sospetti». E sull’atletica è bufera, 10/12/14.
159
A. Buongiovanni, Putin all’angolo. Accuse all’Occidente: «Solo motivi politici», 10/11/15.
160
V. Piccioni, Grandi manovre. Putin all’attacco. La reazione Usa. È guerra fredda?, 11/11/15.
161
F. Narducci, Russia, il compromesso non è reato, 12/11/15.
162
V. Piccioni, Svolta di Putin: «Un’inchiesta interna subito». Basterà a Coe?, 12/11/15.
163
G. Merlo, I russi ammettono le colpe. «Già rimosso i responsabili», 13/11/15.
164
D. Romani, L’ITF conferma: «La Sharapova verrà ascoltata», 14/04/16.
156
157
(copertura del doping) e non (la «Gazzetta» cita espressamente la mancata rielezione del
presidente della repubblica del Senegal Abdoulaye Wade)165.
Poi, nel giugno 2016, arriva il provvedimento, definito «senza precedenti nella storia
olimpica»166, della IAAF: a dispetto di quanto richiesto dal CIO, che insiste per la salvaguardia
dei diritti degli atleti puliti167, la squadra russa di atletica viene esclusa dai Giochi di Rio, con la
sola eccezione di quegli atleti che da tempo vivono e si allenano all’estero. La clamorosa e per
molti versi inaspettata decisione della IAAF, sulla «Gazzetta» diventa spunto per una riflessione
più ampia sulla Russia di Putin, per il quale – scrive Fausto Narducci – è forse arrivato il
momento di smettere di «cullarsi nell’illusione di essere al di sopra delle regole». Questa Russia
– prosegue il giornalista – «già travolta dai casi del meldonium, in cui ci ha (ri)messo la faccia
Maria Sharapova», «coinvolta nello scandalo FIFA per la corruzione legata all’assegnazione dei
Mondiali 2018 a Mosca», uscita malissimo da Euro 2016 (sia per i demeriti sportivi della
nazionale che per le menzionate vicende hooligans), vede ora messi in discussione anche i
Giochi di Sochi 2014: un’Olimpiade «nata a suon di rubli per esaltare l’orgoglio russo» e che
ora «potrebbe diventare la buccia di banana nella scalata di Putin verso l’egemonia sportiva»,
se è vero che all’orizzonte si sta profilando l’esclusione della Russia nel suo complesso (e non
più di singole federazioni) dai Giochi invernali del 2018. Ed è alquanto significativo, conclude
Narducci, che «proprio grazie all’intervento della sottovalutata giustizia sportiva, Putin dovrà
riflettere sui limiti della sua arroganza: qua e là ci sono regole che vanno rispettate?»168.
Qualche giorno più tardi – mentre monta la protesta della campionessa di salto con l’asta
Yelena Isimbayeva, pronta a rivolgersi al Tribunale dei diritti umani pur di scendere in pista a
Rio169 – il vice-direttore della «Gazzetta» Pier Bergonzi commenta: «Quando parliamo di
“guerra al doping” dobbiamo mettere in conto misure eccezionali. E di fronte all’entità dello
scandalo russo era un prezzo da pagare. Qualcuno subirà senza colpe personali la
“responsabilità collettiva”, un po’ come quando i tifosi corretti pagano per una partita a porte
chiuse o come quando le squadre inglesi soffrirono collettivamente per i 5 anni fuori dalle
coppe europee». Ben altro discorso invece, conclude Bergonzi, è se «il CIO avrà la forza
“politica” per bandire l’intero sport russo da Rio», poiché «essendo una decisione più politica
che tecnica non è per nulla scontata»170.
3.8. Putin, lo sport e i gay
L’ultimo aspetto che emerge dalla ricerca riguarda la specifica tematica dei diritti delle
persone omosessuali, che nel corso degli ultimi anni si è imposta come significativo fattore di
contaminazione tra il giornalismo sportivo e il giornalismo politico e sociale, nonché con alcuni
elementi di cronaca. In particolare, nel caso specifico della copertura offerta da «La Gazzetta
dello Sport» a Vladimir Putin, tale tematica ha assunto una dimensione centrale a partire
dall’inizio del 2013, per via di una polemica riguardante il riconoscimento di tali diritti in Russia,
che ci permette di mettere in luce ancora una volta una specifica declinazione dell’approccio di
Putin verso lo sport del suo Paese e la sua potenziale funzionalità in termini politici.
A. Grandesso, A Diack 1,5 milioni dai russi per coprire il doping?, 19/12/15. Cfr. anche A.
Buongiovanni, Si alleggerisce la posizione di Fischetto, 15/01/16.
166
A. Buongiovanni, Russia fuori dai Giochi. Continua il doping sistematico, 18/06/16.
167
G. Merlo, Il CIO è con la IAAF. Ma gli atleti puliti in gara per la Russia, 22/06/16.
168
F. Narducci, Doping, hooligans, mazzette: Putin si sente sotto tiro, 19/06/16.
169
G. Mazzone, «Io pulita e resto a casa: ai Giochi gente squalificata per due o quattro anni», 22/07/16.
170
P. Bergonzi, TAS: assist al CIO, ma niente è scontato, 22/07/16.
165
Il casus belli di questa polemica è rappresentato dall’iter legislativo e dalla successiva
adozione nel giugno del 2013 di una legge riguardante il divieto di “propaganda
omosessuale” nei confronti dei minori in Russia; tale legge di fatto contribuisce a inasprire un
atteggiamento già di scarsa apertura verso la comunità LGBT, per il quale la Russia era già
criticata a livello nazionale e internazionale. Ai fini della nostra ricerca, è interessante notare
come uno dei principali palcoscenici di tale polemica, anche per una mera questione
temporale, sia stato lo svolgimento dei Campionati mondiali di atletica leggera del 2013, che
tennero proprio allo stadio Lužniki di Mosca dal 10 al 18 agosto, vale a dire circa due mesi
dopo l’approvazione della legge.
L’inizio stesso dell’iter della legge trova spazio a gennaio 2013 nella sezione Altri
mondi171, ma è con l’avvicinarsi dei Mondiali di atletica leggera che la sua correlazione con lo
sport, e con i suoi valori più alti, appare esplicitamente sulle pagine della “Rosea”. Già dal
primo editoriale sull’argomento172, che riferisce dell’esplicita intenzione del ministro dello sport
russo Vitaly Mutko di applicare la nuova legge anche durante i Mondiali, viene espresso il
legame con la dimensione politico-sociale dello sport, riportando da un lato il suo conflitto con
i valori di «libertà, socializzazione, confronto» intrinseci allo sport stesso, dall’altro valutandone
il suo impatto politico, con la critica a tale legge che spinge a ventilare boicottaggi alle
Olimpiadi di Sochi 2014, di cui i Mondiali di atletica sono «la prima prova generale».
Così, i diritti delle persone omosessuali divengono ben presto uno dei principali temi di
contaminazione tra lo sport e la politica nella narrazione della «Gazzetta». Tre in particolare gli
episodi: la presa di posizione del mezzofondista statunitense Nick Symmonds, che per primo si
espone contro la legge dedicando la sua medaglia d’argento «agli amici gay e alle amiche
lesbiche»173; di segno opposto una dichiarazione – poi in parte ritrattata – della fuoriclasse
russa del salto con l’asta Yelena Isinbayeva (che, come abbiamo già sottolineato, rientra nella
schiera degli “amici” di Putin), che afferma che la “normalità” risiedesse nel rapporto uomodonna174.
Infine, particolarmente significativo appare essere un episodio connesso con la gara di
staffetta femminile 4x400m, vinta dal quartetto russo. Sul podio, le atlete si scambiano dei baci
sulla bocca, e tale atteggiamento è interpretato dai media internazionali come una presa di
posizione politica contraria alla legge e al presidente Putin, ma ben presto si rivela essere una
semplice manifestazione di gioia e affetto175. L’episodio, tuttavia, suscita la presa di posizione
del presidente del CIO Jacques Rogge, successivamente l’indignata smentita dell’eventuale
connotato polemico da parte della Federazione russa di atletica176, infine una conferenza
stampa ufficiale delle atlete, che smentiscono ulteriormente la lettura politica e polemica del
loro gesto, definendosi “umiliate” dal fatto che i giornali parlassero di loro per quell’episodio e
non per la medaglia d’oro conquistata177.
La polemica sulla legge russa in materia di diritti LGBT prosegue nel corso dei mesi e,
come era in parte stato predetto, conosce un’impennata all’avvicinarsi dei Giochi Olimpici di
Sochi del 2014. Già dall’ottobre 2013 Putin avverte la necessità di prendere posizione
Putin contro i gay. «Vietato parlarne», 27/01/13.
F. Narducci, La legge anti-gay in Russia, un duro colpo allo sport, 04/08/13.
173
Symmonds sfida Putin. «Un podio per i gay», 15/08/13.
174
F. Narducci, Isinbayeva ambigua sul problema gay ora che gli sportivi fanno outing, 17/08/13.
175
Quel bacio tra le russe è pro gay? Rogge: «Il CIO contro le discriminazioni», 19/08/13. Va tenuto conto
che tradizionalmente in Russia il bacio sulla bocca non è necessariamente connotato dal punto di vista
sessuale.
176
«Bacio anti-Putin? Una completa stupidaggine», 20/08/13.
177
«Quel bacio era di gioia, ci avete umiliato», 21/08/13.
171
172
sull’argomento in presenza del nuovo presidente del CIO Thomas Bach in visita agli impianti178,
ma è nel dicembre successivo che la polemica deflagra nuovamente in seguito alla scelta di
Barack Obama di inviare a Sochi in rappresentanza del governo degli Stati Uniti la hockeysta
Caitlin Cahow e la fuoriclasse del tennis Billie Jean King, omosessuali dichiarate e paladine dei
diritti delle persone omosessuali179. Una scelta che la stessa «Gazzetta» situa in un contesto
politico più ampio, di tensione tra Russia e mondo occidentale e che vede avvicinarsi i
prodromi della crisi ucraina: «Che l’isolamento politico russo possa avere radici più profonde è
possibile, ma a quanto pare il caso dei gay continua a essere la miccia preferita degli
oppositori. Peccato che ci vada ancora di mezzo lo sport»180.
La polemica viene poi rinfocolata dalle dichiarazioni di Mario Pescante, storico dirigente
sportivo italiano e membro del CIO, che nel condannare proprio la “linea” di politicizzare un
evento sportivo (per di più concettualmente universale come le Olimpiadi), prende le distanze
da chi nelle settimane precedenti si era schierato in difesa dei diritti delle persone
omosessuali181. Questa posizione, pur rettificata nei toni il giorno seguente182, crea una forte
polemica in Italia, coperta dalla «Gazzetta» attraverso i commenti di esponenti politici e attivisti
dei diritti LGBT183, gli stessi che nell’imminenza della Cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici
chiedono all’allora premier italiano Enrico Letta di prendere una posizione simile al suo
omologo statunitense (e ad altri leader internazionali), e di manifestare in maniera chiara il
dissenso italiano alla legge russa184. Da quel momento in poi il tema dei diritti degli
omosessuali diventa di abituale notiziabilità riguardo alle Olimpiadi, sia per brevi riferimenti
alla legge, sia per episodi come quello che vede coinvolta la showgirl ed ex parlamentare
italiana Vladimir Luxuria185.
Quale il ruolo giocato da Vladimir Putin all’interno della notiziabilità legata ai diritti delle
persone omosessuali? Tre sono le principali vesti nelle quali il leader russo appare, che
possiamo riassumere nelle definizioni di incendiario, pompiere, regista. Come incendiario,
nella quasi totalità degli articoli relativi a questa tematica, Putin appare non solo come
metonimia (con la legge russa che diventa la “legge di Putin”) ma come principale
propugnatore e ideologo della legge (per esempio «la normativa voluta dal presidente russo
Putin»186 o direttamente il riferimento a «l’omofobia di Putin»187); come pompiere, lo “Zar” si
spende per spegnere – il più possibile in nuce – eventuali polemiche e strumentalizzazioni
legate alla legge188, e si espone in prima persona durante lo svolgimento delle Olimpiadi
abbracciando la campionessa olimpica olandese Ireen Wüst, omosessuale dichiarata (episodio
al quale, tuttavia, la «Gazzetta» non dedica che poche righe189).
Infine, sia nell’ottica negativa dell’incendiario, sia in quella positiva (o quantomeno
distensiva) del pompiere, Putin appare sempre nel pieno controllo della situazione, sulla quale
«A Sochi niente discriminazioni», 29/10/13.
F. Cocchi, Obama manda la King ai Giochi. Icone gay alla festa di Putin, 19/12/13.
180
F. Narducci, La clamorosa risposta di Obama alla politica anti gay della Russia, 19/12/13.
181
«Assurda la protesta gay contro Sochi», 16/01/14.
182
Pescante fa dietrofront. «Termini impropri sui gay. A Sochi spero vada Letta», 17/01/14.
183
Scalfarotto: «Il premier mandi la Concia a rappresentare il governo», 16/01/14.
184
M. Galdi, Letta va a Sochi tra le proteste. «Fai come Obama», 03/02/14.
185
S. Arcobelli, Scritta pro-gay, Luxuria arrestata, 17/02/14.
186
Legge anti gay: no alle unghie arcobaleno, 18/10/13.
187
F. Narducci, America e gay. Kluwe licenziato un passo indietro, 05/01/14.
188
«A Sochi niente discriminazioni», 29/10/13; G. Merlo, Bach: «Putin ci ha dato garanzie su diritti di
lavoratori e omosessuali», 04/02/14.
189
Putin abbraccia l’olimpionica Wust lesbica dichiarata, 14/02/14.
178
179
sembra sempre in grado di intervenire, come se ne fosse, per l’appunto, il regista. Così, se da
un lato la polemica sui diritti degli omosessuali si inserisce, come detto, in un più ampio
quadro di tensioni internazionali190, Putin non esita a usarla per ammorbidire da un lato la
“colpa” della Russia e, contestualmente, dedicare dall’altro una “stoccata” ai suoi avversari
politici internazionali191.
Infine, sulle pagine de «La Gazzetta dello Sport» (che pure si schiera apertamente, e fin da
subito, contro lo spirito e gli effetti della legge) emerge chiaramente come Putin sia
consapevole che la polemica sui diritti degli omosessuali non possa prevalere sugli equilibri
internazionali192, e che determinate posizioni critiche possono senz’altro avere un impatto
negativo sulla sua immagine internazionale, ma difficilmente possono delinearsi come esiziali.
Significative, in questo, sono le parole usate da Stefano Arcobelli in merito alla Cerimonia di
apertura: «Lo Zar Vladimir […] entra svelto per primo, impettito di nero come un agente
segreto d’un tempo […], sicuro come se stesse mostrando i muscoli e anche teso in tribuna a
fianco del presidente del CIO, Thomas Bach, e di una giovane bionda. Gli volevano rovinare la
festa, ma poteva andargli peggio con quasi 60 capi di Stato e di governo da ospitare.
Lasciamoli divertire, applaudire: distanti da certe idee, divisi da una legge russa che perseguita
i gay al punto da non poter esprimersi com’è successo a quattro manifestanti arrestati ieri a
San Pietroburgo, ma vicini grazie ai Giochi».
4. Dall’atleta allo stratega. Verso un nuovo modello di “sport politics”
Come si diceva in precedenza, l’obiettivo di questo paper consiste nel capire se e come il
modello di “sport politics” incarnato da Silvio Berlusconi (Spalletta, Ugolini 2015) subisca delle
variazioni nel momento in cui esso viene applicato a un altro leader politico, nello specifico
Vladimir Putin. Per rispondere a questa domanda occorre necessariamente ripartire dalle due
declinazioni che, secondo Van Zoonen (2005), assume il concetto di “pop politics” (di cui la
“sport politics” è, evidentemente, un’applicazione), ovvero l’uso di contenuti politici in contesti
pop e l’uso di codici pop in contesti politici.
a) L’uso di contenuti politici in contesti pop
Partiamo dalla prima questione, ovvero l’uso di contenuti politici in un contesto a tutti gli
effetti pop quale è rappresentato, in questo caso, da «La Gazzetta dello Sport». Dalla nostra
ricerca su Berlusconi è emerso chiaramente come lo sport abbia rappresentato per il Cavaliere
un efficace strumento di notiziabilità in contesti extra-politici lungo tutto il ventennio
considerato: seppur fedele alla promessa fatta ai propri lettori all’indomani della “discesa in
campo”, ovvero di occuparsi di Berlusconi solo ed esclusivamente per questioni di carattere
sportivo e non politico193, tra il 1994 e il 2014 «La Gazzetta dello Sport» si è infatti giocoforza
trovata a dover parlare anche del Berlusconi politico. E questo non soltanto nella rubrica Altri
Mondi, dove l’elevata notiziabilità del Cavaliere era quanto mai prevedibile e inevitabile dato il
G. Merlo, Guerra fredda con la scusa dei gay, 10/08/13.
Putin ai gay: «Voi tranquilli, ma niente bambini», 18/01/14.
192
S. Arcobelli, Letta tiene alta la bandiera a casa Putin. Il premier a Sochi «L’Italia combatte contro tutte
le discriminazioni», 08/02/14.
193
«Per la Gazzetta Berlusconi è sempre stato “soltanto” il presidente del Milan», ricorda Alberto Cerruti
in un articolo del 2011 (Il numero 1 attacca. È rivoluzione al Milan, 19/02/11).
190
191
ruolo politico che egli ha mantenuto nell’intero periodo esaminato194, ma anche – e forse
soprattutto – nelle pagine sportive del quotidiano.
È in queste pagine, infatti, che lo sport – o meglio: il Milan – assume quella dimensione di
“codice pop” il cui utilizzo garantisce, all’attore politico, uno spazio di notiziabilità
normalmente precluso ai suoi competitor. A conferma dell’efficacia di tale strategia, pensiamo
ai numerosi leader politici che, anche per arginare il “fenomeno Berlusconi”, hanno iniziato a
frequentare assiduamente gli stadi dichiarando il proprio tifo calcistico (da Massimo D’Alema a
Gianfranco Fini), a esternare le proprie passioni sportive (il ciclismo per Romano Prodi), infine a
concedersi quegli stessi commenti sportivi in contesti politici di cui, in vent’anni, Berlusconi ha
dimostrato di essere maestro (su tutti, i diversi leader del Popolo della Libertà, soprattutto
all’uscita dalle riunioni a Palazzo Grazioli o al termine delle cene ad Arcore).
Spostandoci dal caso Berlusconi a Vladimir Putin, rispondere alla domanda non appare
affatto così semplice, perché a monte è difficile trarre conclusioni di carattere generale da un
corpus testuale che, per sua stessa natura, non è paragonabile a quello utilizzato per la ricerca
su Berlusconi. Una comparazione in tale senso sarebbe stata infatti possibile se, piuttosto che
su «La Gazzetta dello Sport», la ricerca fosse stata condotta su una testata giornalistica
prettamente sportiva pubblicata in Russia, e in possesso dello stesso grado di penetrazione
presso il pubblico di cui gode la «Gazzetta» in Italia. Si tratta tuttavia di un’operazione
pressoché impossibile, perché a monte pochissimi sono i Paesi in cui vi è una presenza della
stampa sportiva specializzata paragonabile a quella italiana195.
Ci sono tuttavia degli interessanti spunti di riflessione che emergono dalla ricerca e sui
quali riteniamo opportuno soffermarci. Un primo dato a nostro avviso significativo emerge
dall’analisi quantitativa: i circa 1.100 articoli (di cui quasi la metà strettamente sportivi) che la
«Gazzetta» riserva a Putin costituiscono infatti un risultato quanto mai lusinghiero, sia in termini
assoluti (parliamo pur sempre di un leader politico straniero, e sappiamo quanto il newsmaking
giornalistico, e quello sportivo in particolare, risenta invece in misura significativa del valore
notizia della vicinanza) che in termini relativi (gli articoli su Berlusconi sono infatti in larghissima
parte focalizzati sul calcio, laddove invece quelli su Putin spaziano dal calcio a sport cosiddetti
“minori” in termini giornalistici196 quali, per esempio, il judo, lo sci alpino, per non dire degli
scacchi).
Una seconda considerazione può essere altresì fatta in relazione alla tipologia di articoli nei
quali Putin viene menzionato. In un’ampia parte dei circa 15.000 articoli esaminati per la ricerca
su Berlusconi, il Cavaliere risultava infatti “only quoted”, nel senso che la «Gazzetta» era solita,
per esempio, etichettare sovente il Milan come “la squadra del presidente Berlusconi”. Nel
caso di Putin, diminuisce invece significativamente il numero di articoli nei quali egli è “solo
citato”, perché talvolta anche la mera citazione assume una rilevanza non soltanto sportiva197.
Resta ovviamente da chiedersi, ma si tratta di una domanda allora (Berlusconi) come ora (Putin)
destinata a restare senza risposta, se la menzione dello Zar a proposito, per esempio, del judo,
sia sempre effettivamente dettata da una esigenza giornalistica (ovvero, legata a una notizia) e
non una scelta stilistica e/o narrativa del giornalista, che arricchisce il proprio articolo con
quelle oddities oggi così funzionali a un giornalismo in costante ricerca di visibilità (Sorrentino,
Bianda 2013; Spalletta, Ugolini 2013).
Ma, giova ribadirlo, si tratta di una notiziabilità per molti versi “esterna” al concetto di
popolarizzazione, che non vale per Berlusconi come, vedremo a breve, non rileva neppure per Putin.
195
Le sole eccezioni, da questo punto di vista, sono rappresentate dalla Francia e dalla Spagna.
196
“Minori” poiché il loro spazio di notiziabilità in Italia è decisamente inferiore al calcio stesso.
197
Supra, par. 3.
194
b) L’uso dello sport come codice pop in contesti politici
La seconda declinazione che, secondo Van Zoonen (2005), contraddistingue il concetto di
“politica pop” consiste nell’utilizzo di codici pop in contesti politici.
Nel caso di Silvio Berlusconi, la ricerca ha mostrato come tale utilizzo rientri all’interno di
una strategia di comunicazione politica ben definita fin dal giorno della discesa in campo: nel
momento in cui il Cavaliere “si mette al servizio dell’Italia”, egli lo fa proponendo un modello
vincente, durevole nel tempo e affascinante. Quel modello è rappresentato certamente dalla
sua attività nel mondo dell’edilizia prima e delle televisioni poi, ma soprattutto da quanto fatto
in ambito calcistico. È lo stesso Berlusconi, infatti, a ricordare regolarmente come il Milan fosse
“una squadra di poveri diavoli” al momento del suo acquisto, e come esso, sotto la sua
gestione, sia diventato “il club italiano più vincente nel mondo”. Ma non solo. Berlusconi non
si accontenta infatti che il Milan vinca, ma pretende che esso giochi bene; non vuole vittorie di
misura, ma che la gente esca dallo stadio in estasi per la performance cui ha assistito. Non
basta dunque “portare a casa il risultato”, ma occorre toccare le corde più profonde del cuore
dei tifosi rossoneri, in cima alla cui lista spicca proprio Berlusconi. Questo modello vincente,
durevole nel tempo e affascinante presenta tuttavia un corollario che ne rappresenta un limite,
e nel contempo un punto di forza: si tratta infatti di un modello al cui interno lo stesso
Berlusconi assume un ruolo simbolico, efficace e imprescindibile. Un modello, dunque, non
appaltabile, ma ripetibile, a patto che alla sua guida ci sia un altro Berlusconi198.
Spostandoci da Berlusconi a Putin, è indubbio che anche per lo “Zar” lo sport abbia avuto
un ruolo importante nelle strategie politiche e comunicative, e non potrebbe essere
diversamente se consideriamo la tradizione all’interno della quale Putin si colloca. In altre
parole: se Berlusconi porta un chiaro elemento di novità nella comunicazione politica delle
democrazie occidentali, in cui mai prima della sua discesa in campo (e verrebbe da dire
neanche dopo, o comunque mai ai livelli del Cavaliere) il codice pop dello sport aveva assunto
una tale centralità, l’innovazione portata da Putin è di dimensioni certamente più circoscritte,
perché da sempre lo sport rappresenta un elemento strategico della retorica dei Paesi di
tradizione comunista (e lo stesso potrebbe dirsi per quelli di tradizione nazionalista/fascista).
Putin si inserisce senz’altro nel solco di questa consolidata tradizione, ma anche alla luce
dello sviluppo del sistema politico russo, dopo la caduta del comunismo, appare indubbio che
egli introduca degli elementi di novità, che possiamo ricondurre al processo di
personalizzazione: non, come è ovvio, quella personalizzazione intrinseca alla dittatura, quanto
piuttosto la personalizzazione della politica, e della relativa comunicazione, che
contraddistingue l’evoluzione dei principali sistemi democratici. Nei 17 anni coperti dalla
nostra ricerca, Putin assurge infatti a personalizzazione non soltanto della Federazione russa,
ma anche dello sport russo nel suo complesso, ovvero con riferimento tanto alle performance
degli atleti (che praticano lo sport amato da Putin, che sono amici di Putin, che si esibiscono
sotto gli occhi di Putin, ecc.) quanto all’organizzazione degli eventi sportivi (le Olimpiadi di
Putin, i Mondiali voluti da Putin, la Formula 1 che diventa teatro di una parata di Putin). Come
vedremo a breve, una così forte personalizzazione dello sport produce certamente effetti
Questo modello era stato già proposto dal Cavaliere nel momento in cui, complice la politica, egli
deve lasciare la presidenza di Mediaset al figlio Piersilvio, e viene successivamente replicato al Milan,
quando nel 2010 fa il suo ingresso ufficiale in società la figlia Barbara. Più complicato il discorso relativa
alla politica, dove da anni si discute del possibile coinvolgimento della figlia Marina, che tuttavia stenta a
prendere forma, tanto per resistenze interne a Forza Italia quanto per la stessa volontà della diretta
interessata.
198
positivi nel momento del successo, ma presenta dei limiti nel momento in cui il sistema sport
entra in crisi.
c) Variazioni sul concetto di “sport politics”
Proprio il richiamo a questo aspetto rappresenta il primo e più significativo, ma
paradossalmente anche l’unico punto di contatto tra Berlusconi e Putin nel momento in cui,
dalle due declinazioni di “pop politics” proposte da Van Zoonen (2005), ci spostiamo a
ragionare sul significato che l’espressione “sport politics” assume nei due casi esaminati.
Gli ultimi due anni hanno infatti rappresentato, sia per Berlusconi che per Putin, un periodo
di profonda crisi nel rispettivo utilizzo dello sport come codice pop: il Cavaliere si è infatti
trovato a fare i conti con la profonda crisi di risultati in cui è incappato il suo Milan, frutto di
scelte poco felici (sia sul versante dei giocatori che dei diversi allenatori che si sono succeduti
sulla panchina rossonera), ma anche di problemi di gestione della società (personalizzati nella
guerra intestina tra la figlia Barbara e lo storico amministratore delegato Adriano Galliani) e
dell’impossibilità delle stesso Berlusconi di continuare a coprire i debiti societari (come fatto
invece con regolarità in passato). Di qui dunque la decisione, quanto mai sofferta ma
necessaria, di vendere la società, sia per ragioni strettamente legate all’ambito calcistico,
quanto per gli effetti nefasti che tale crisi produce su quel modello vincente, durevole nel
tempo e affascinante che costituisce la reason why della “sport politics”.
Nel caso di Putin, è altrettanto indubbio che gli scandali legati al doping e alla corruzione,
in cui la Russia appare profondamente coinvolta, abbiano gettato una pesante ombra sullo
“Zar”, vittima di un processo di trasferimento del discredito (Gili 2005) dall’ambito sportivo alla
sua persona, conseguenza ancora una volta di quella marcata personalizzazione dello sport
che, come abbiamo visto, lo caratterizza in maniera così netta. È oltretutto significativo, in
questo contesto, il frequente riferimento (da parte dello stesso Putin o nelle dichiarazioni dei
suoi più stretti collaboratori) al fatto che eventuali critiche mosse alla Russia in ambito sportivo
(siano esse di natura strettamente tecnico-agonistica o riferite alle diverse tematiche affrontate
nelle pagine precedenti) siano da ascrivere a un più ampio contesto di opposizione, finanche
di boicottaggio, alla Russia nel suo complesso: un’altra forma di trasferimento del discredito,
dallo sport russo all’identità nazionale russa, che vede ancora una volta Putin come principale
incarnazione.
Se Putin e Berlusconi si trovano sulla stessa barca quando si parla degli “effetti collaterali”
di una così marcata “sport politics”, le differenze tra i due diventano per molti versi incolmabili
quando ci si sposta sul significato che tale espressione assume nei confronti di ognuno dei
due, al punto che si può – e forse si deve – parlare di due modelli di “sport politics” che, in
comune, hanno solo il nome.
Tre, in particolare, sono le principali differenze che distinguono questi due modelli, la
prima e più evidente delle quali risiede in una diversa tipologia di personalizzazione che
ciascun leader incarna del rapporto con lo sport: se Putin, come detto, personifica lo sport
russo nel suo complesso (dunque un intero movimento), Berlusconi costituisce la
personalizzazione del calcio, o meglio di un singolo club calcistico. Ne deriva che, mentre
quando Putin parla di sport lo fa sempre pensando alla Russia, quando a farlo è il Cavaliere
l’associazione Berlusconi=sport=Italia appare decisamente più forzata. Giusto per citare un
esempio: quando scoppia lo scandalo “Skategate”, Putin scende in campo per difendere
l’onore degli atleti russi, e di conseguenza della Russia, laddove, quando l’Italia di Dino Zoff
esce mestamente di scena agli Europei del 2000, Berlusconi scende in campo attaccando
pesantemente l’allora commissario tecnico della Nazionale.
Il cosiddetto “caso Zoff” ci introduce alla perfezione alla seconda, significativa differenza
tra Berlusconi e Putin, che risiede tanto nel diverso carisma dei due leader quanto nelle
modalità attraverso cui essi lo esternano. Nel suo rapporto con lo sport, Berlusconi è infatti
passionale, per molti versi irrazionale, portato all’esagerazione: al Cavaliere non basta che il
Milan vinca, egli è un esteta e vuole che il Milan giochi bene; non si limita a scegliere
l’allenatore e i giocatori, ma spesso vuole essere lui a dettare la formazione; ogni anno ripiana
personalmente il bilancio della società, facendo montare la collera della figlia Marina, che
giudica apertamente il padre come un pessimo amministratore, quando di mezzo c’è il Milan.
D’altronde, come egli stesso ripete nelle interviste, “il Milan non appartiene alla sfera della
ragione, ma a quella del cuore e sarà l’ultima cosa che venderò”.
Per contro, Putin gestisce le questioni sportive con la stessa freddezza e razionalità che
rappresentano la sua cifra politica e che caratterizzano la sua iconografia ufficiale, frutto
sicuramente della sua esperienza nel KGB ma anche della pratica del judo. Laddove Berlusconi
è il tifoso che realizza il sogno di ogni bambino, ovvero diventare proprietario della propria
squadra del cuore, Putin è l’atleta che diventa manager: dunque colui che conosce le regole
del gioco, e che a un certo punto “passa dall’altra parte della cattedra”. Anche in lui c’è
sicuramente una forte passione per lo sport, e non potrebbe essere altrimenti data la centralità
che egli gli attribuisce, ma si tratta di una passione “finalizzata a” e mai “fine a se stessa”.
E qui veniamo alla terza, significativa differenza. Per Berlusconi, infatti, lo sport è uno
strumento di comunicazione politica, un mezzo utile per raggiungere un pubblico che
normalmente non si interessa di politica (attraverso la notiziabilità extra-politica) e/o che si situa
su posizioni politiche diverse (basti pensare all’uso strategico del calciomercato durante le
campagne elettorali di cui sovente Berlusconi viene accusato), laddove per Putin esso è
tutt’altro che un codice pop: al contrario, è parte integrante di una strategia politica, che
certamente ben si presta a essere comunicata, ma che si situa a un livello per certi versi più alto
rispetto a quanto non accada per Berlusconi. In altre parole: la comunicazione politica di
Berlusconi si costruisce anche attraverso il ricorso alla metafora sportiva (“quello che ho fatto
per il Milan, posso farlo per l’Italia”), la leadership politica di Putin si costruisce anche
attraverso i traguardi raggiunti nello sport.
Le tre differenze fin qui menzionate, considerate nel loro complesso, danno vita a una
quarta, ulteriore e strutturale differenza, che costituisce il punto di contatto tra quanto fin qui
evidenziato e quell’idea di “modello” cui facevamo riferimento in precedenza, e non a caso a
nostro avviso conclude del nostro ragionamento. Se Berlusconi propone infatti un modello che,
dallo sport, può essere esportato alla politica, nel caso di Putin egli stesso incarna un modello
che nasce proprio e si consolida nell’intersezione tra sport e politica. Un modello che egli non
inventa, perché come abbiamo detto appartiene alla tradizione da cui egli proviene, ma che
certamente egli esprime e personalizza ai suoi massimi livelli, giovandosi appieno delle sue
potenzialità e ovviamente esponendosi ai suoi rischi.
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