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ANIME SOSPESE Ilenia Ermini Sommario Copyright © 2016 Ilenia Ermini Tutti i diritti riservati La Riunione.................................................................................. La Giustiziera............................................................................... Apatia........................................................................................... Zia Adelina................................................................................... Il Dipinto...................................................................................... Fantasma ...................................................................................... Visita al Castello .......................................................................... Un Nuovo Lavoro ........................................................................ Primo Giorno ............................................................................... Rinata ........................................................................................... Giorno Libero............................................................................... Appuntamento.............................................................................. Io Sono Maledetto........................................................................ Leonor .......................................................................................... Di Nuovo Insieme ........................................................................ Presente ........................................................................................ Cinque Settembre......................................................................... Otto Mesi Dopo............................................................................ La Riunione Oggi è la mia grande giornata. I raggi del sole, arroganti come non mai, entrano in camera infiltrandosi tra le fessure delle persiane e mi riscaldano del loro buongiorno. Mi giro e rigiro tra le lenzuola, mi stiro da capo a piedi e sospiro felice per quello che sarà di me tra poche ore. Allungo la mano e cerco sul comodino il telecomando per accendere la stereo. Un'impetuosa hit del momento mi accompagna al guardaroba mentre mi preparo per la mia riunione d'affari e continuando a ballare, raggiungo l’auto e via, volo diretta verso l’ufficio. Mi sento felice. Mai stata meglio. Tirando le somme, sono consapevole che sto vivendo un bellissimo periodo della mia vita. Sono fidanzata con Tobia da tre meravigliosi anni, un lavoro che va a gonfie vele e mi appaga in tutti i sensi. Sono a capo del reparto marketing italiano della multinazionale Gad&Get House, una società olandese d'import-export di oggettistica da regalo. Ogni mese assieme al mio team devo preparare una relazione da esporre alle altre filiali sui nuovi prodotti da introdurre o ampliare nel mercato. Un costante lavoro diviso tra progetti studiati per incrementare le vendite, bozze pubblicitarie, budget da far approvare, sondaggi con il consumatore e dita incrociate perché tutto si svolga per il meglio. Per finire, ma non per questo ultimo della lista d'importanza, ho pochi ma validi amici Veri, con la V maiuscola, nonché miei colleghi di lavoro: Monique e Claire, le giovani e belle single della filiale francese e Gary quella inglese, l'unico uomo nel gruppo. Nonostante fossimo una ventina di persone a ritrovarsi a turno nella propria sede, solo con pochi sono riuscita a legare e il nostro rapporto va oltre il lavoro. Una volta terminate le riunioni dove si parla per ore di lampade e tazzine, orologi e salvadanai, è nostra consuetudine concedersi una serata tra birra e "aggiornamenti importanti sulle relazioni pubbliche sociali all'interno della multinazionale". Diciamoci la verità, ci piace stare insieme, ridere, bere e soprattutto spettegolare. Già! Perché quando una società come la nostra conta una quarantina di sedi sparse in tutta Europa con uno sproposito di dipendenti, country manager e addetti vari, è facile venire a conoscenza di un'infinità di storie intriganti su cui fantasticare. Storie di gelosie, di doppiogiochisti, ma anche bellissime storie d'amore tra collaboratori, che ci fanno sognare e invidiare un po’. Il nostro gioco consiste nello scoprire i protagonisti dello scandalo o della favola di turno. Poi finisce lì. Ognuno riprende la sua strada. Non ci permettiamo né di giudicare, né di rendere pubblica la scoperta. Nasce come un segreto e rimane tale. Non rientra nelle nostre regole "parlare". Anche la mia relazione con Tobia è stata una di queste, considerando che è il mio boss! Per un breve periodo ho giocato con i miei colleghi e finto di non sapere chi fossero mai questi due nuovi amanti, ma poi non ho retto e ho svelato il mistero. In questi mesi un nuovo amore è sbocciato in una delle nostre filiali. Circolano voci di una storia di sotterfugi. "Sembrerebbe che lui non voglia spezzare il cuore della giovane compagna, perché ha perso la testa per una sua assistente" ci scrive Gary su skype "Sappiamo solo che è un pezzo grosso, ma niente nomi per il momento. Comunque oggi pomeriggio mi sentirò con Sylvia del reparto commerciale norvegese. Forse ha scoperto chi sono. Stasera vi mando un aggiornamento." Poi sparito. Non ho saputo più nulla. Non che abbia dato peso alla cosa, visto che di solito la "ciliegina sulla torta" ce la riserviamo per i nostri incontri, davanti a una bibita e una valanga di patatine fritte. Sola, seduta attorno al grande tavolo della sala riunioni, approfitto del momento di calma prima dell'arrivo dei colleghi, per dare un'ultima rilettura al mio report sull'articolo del mese: la paperella da collezione. Non il classico giocattolo usato per il bagnetto dei bambini, ma un nuovo modello di gomma dai mille colori, a fantasia o riprodotto a tema rock, con cresta punk o come dee-jay con tanto di cuffie finte. E di produzione limitata. Sono orgogliosa del mio progetto. Nato come prodotto solo per i bambini, da integrare con la nostra linea giochi per la fascia di età dallo zero ai sei anni, con l'andare del tempo si è sviluppato anche nel mercato degli adulti, portandolo a essere uno degli articoli più collezionati del momento. Gente comune e personaggi famosi fanno a gara per conquistarsi la paperella del mese e il successo è stato tale da decidere di allargare il mercato oltre oceano con una campagna pubblicitaria di tutto rispetto. Il mio team ha saputo che una nota star internazionale ne è un'assidua collezionista. Così, certi che il suo nome avrebbe avuto una certa risonanza, abbiamo preso contatti con il suo agente. Non solo il compenso richiesto è inferiore a quello che ci aspettavamo, ma ha fatto apporre una clausola nel contratto per avere in anteprima le nuove paperelle, prima ancora che siano messe sul mercato. Le ama tanto da avere una stanza solo per quelle. Anch'io le adoro, ma confesso che l'unico posto disponibile sono le mie mensole in bagno e in camera. Voci confuse provenienti dal corridoio mi distraggono dai miei pensieri. I miei colleghi sono arrivati. Gary è il primo a entrare nella stanza. Mi alzo in piedi per andargli incontro. «Ehi, ben arrivato! Fatto buon viaggio?» Mi guarda e non risponde. Un sorriso quasi forzato che mi lascia perplessa, perché non è da lui. Si siede e senza perdere tempo, prende una copia del mio report che ho fatto preparare per tutti e comincia a leggerla, mentre io sono ancora in piedi da sola, in completo imbarazzo. L'ultima volta che l'ho visto così freddo è stato quando si è lasciato da Richard e per un po' non gli si stava vicino. Ora che è single e fino a ieri sera non mi aveva accennato a nessun legame nelle ultime quarantott’ore, quindi rimango sorpresa dal suo comportamento. Anzi, su skype eravamo a dirci che non vedevamo l'ora di trascorrere la serata insieme e invece si è presentato con l'aria di uno che si sta riprendendo da una sbornia. «Le altre? Sono già arrivate?» Senza alzare gli occhi dai fogli accenna un «Sì, sì...» quasi infastidito dal mio parlare «Erano dietro di me. Si saranno fermate al distributore di caffè.» Non lo capisco proprio. Dopo pochi minuti arrivano le mie colleghe e anche loro hanno il solito atteggiamento di Gary. Mi fanno un cenno di saluto con la testa, un sorrisetto di cortesia che puzza di finto lontano un miglio e di nuovo l’indifferenza assoluta nei miei confronti. Mi passano davanti e si siedono al loro posto a leggere la mia documentazione. Sembrano disturbate dalla mia presenza. C'è qualcosa nell'aria che li turba. Un disturbo con il volo aereo? O sono io troppo tesa per il report da presentare che vedo tensione dappertutto? Li guardo per l'ultima volta in cerca di una risposta, ma non riesco a leggere nulla sui loro volti, se non quella serietà professionale tipica da riunione di lavoro. Quei tre dovranno darmi una spiegazione dopo la riunione. Accolgo gli altri collaboratori, che sembrano molto più spigliati e mi distraggo con le classiche domande di routine su come stanno, se hanno fatto buon viaggio, eccetera eccetera, anche se mi rendo conto di non sentire cosa mi rispondono. Una volta che si sono sistemati tutti attorno al tavolo, sospiro e inizio a parlare. «Se aprite il fascicolo riposto davanti a voi, potrete leggere la copia del contratto che Renée Wains, nota attrice di cinema che, presumo conosciate tutti, firmerà per rappresentare la nuova linea di paperelle. Un nome importante e una nuova immagine per la nostra società.» Scorrono quattro lunghe ore di discussione, fino all'approvazione finale del progetto e del budget e una V.I.P. desiderosa di lavorare con noi. Ripenso alle notti in bianco, al duro lavoro e alla soddisfazione di aver ottenuto ciò che più desideravo al mondo. Il miglior contratto pubblicitario da quando esiste la Gad&Get House. Tobia ha sempre avuto fiducia in me e oggi potrà dichiararsi orgoglioso della sua fidanzata. Provo a chiamarlo per comunicargli la bella notizia, ma il cellulare è staccato. Sapevo che in mattinata avrebbe avuto un incontro con un cliente importante, ma speravo avesse già finito e che ci raggiungesse per festeggiare. Sbuffo e poi fisso per un po' il cellulare, quasi speranzosa che lo riaccenda proprio in quell'istante. Alzo lo sguardo dal display sospirando e con sorpresa mi ritrovo Gary davanti. Le altre dietro di lui mi vengono incontro e hanno ancora lo sguardo spento. «Allora? Mi dite cosa sono queste facce da funerale? Che cosa avete oggi?» Gary non mi toglie lo sguardo di dosso e con i suoi due occhi da cerbiatto, mi guarda imbambolato come se cercasse le giuste parole da dirmi. Posa la mano sulla mia spalla e nell'indicarmi una sedia vicina, mi parla con un fil di voce che mi spaventa. «Siediti Mila. Ti dobbiamo parlare...» La Giustiziera Non è vero! Ditemi che non è vero! Non riesco a credere alle parole di Gary. Pallottole sparate contro di me come se fossi stata condannata a morte. Non mi hanno bendato e non ho nemmeno espresso l'ultimo desiderio. Colpita a tradimento. Gary aveva avuto la famosa soffiata sui nomi della coppia dello scandalo. Il mio Tobia. È lui che ha una tresca con una sua dipendente. Da quel che si vocifera, ha perso la testa per quella smorfiosa arrampicatrice sociale da quattro soldi della sua assistente. E non è la rabbia che mi fa pensare a sproposito, ma la verità. Lo sanno tutti che Michela Marchetti è una donna senza scrupoli, superficiale, che vive di cattiveria. Non ha amiche, litiga con tutti ed è risaputo che da anni tradisce suo marito, Angelo. Bella quanto odiosa. Dimostra molto meno dei suoi cinquant'anni. Di solito gli uomini s'invaghiscono di ragazze più giovani delle mogli, ma lei è l'eccezione con i suoi dieci, dico dieci anni in più di Tobia. Mentre io sono quella che ha meno anni di lui. Io sono quella giovane. Vorrei alzare le braccia in alto perché qualcuno possa notarmi e confermarmi che c’è qualcosa di sbagliato in questa storia. Sulla bocca di tutti io sono la compagna cui non sa come non spezzare il cuoricino. Ho la nausea! Io! Poverino. Devo fare qualcosa. Rimugino, penso e ripenso e la testa mi scoppia. Mi pulsa da paura. Il colpo di tosse di Gary mi riporta sul pianeta Terra. «Mila... tutto bene?» mi chiede. Mi accorgo della presenza dei miei amici che senza perdermi d'occhio, stanno aspettando una mia reazione. Non smettono di accarezzarmi il viso e le braccia come per confortarmi della perdita di un mio caro. Non è ancora un funerale. Non è ancora morto nessuno. Almeno per ora. Riprovo a telefonare a Tobia. Questa volta è libero. Appena la voce che ho tanto amato mi risponde, chiedo senza esitare. «Dove sei?» È appena tornato in ufficio dalla famosa riunione con il cliente importante. Come no. Sicuramente sarà stato un incontro segreto con la sua amante. Mi-che-la, la vecchia. Sia ben chiaro che non ho mai pensato che lo fosse, ma oggi per me lo è. Vec-chia. Ho bisogno di sfogarmi. No, via, non posso accettarlo. Lei no. «Sono subito da te» e riattacco prima che possa replicare. Guardo i miei amici. «Devo sapere la verità da lui. Mi deve guardare negli occhi e dirmelo. Ci aggiorniamo appena l'avrò ucciso.» Monique ha un sussulto che se non fosse per il momento tragico, mi avrebbe fatto ridere. «Ma sei matta? Lo vuoi uccidere davvero? Non fare pazzie Mila!» Stringo i pugni. «Lui mi ha ucciso per primo. E senza pietà. Tranquilla, non intendo farlo sul serio, ma non la passerà liscia.» Mi avvio diretta nell'ufficio del traditore. Cammino come una furia passando lungo il corridoio che divide il mio reparto dal suo. Testa alta e passo svelto, e chi si trova nel mezzo, lo travolgo, costringendo chiunque a spostarsi da una parte. Mi dispiace, ma oggi non ho tempo per chiedere scusa. Arrivo davanti alla sua porta. Senza bussare, entro di prepotenza nella sua stanza. È seduto dietro la sua scrivania. Con lo sguardo furente come se mi uscissero due raggi laser, cerco di incenerirlo. «È vero?» Gli chiedo furibonda, mentre mi accoglie con un sorriso. «Mi hanno appena informato della riunione. Sono contento per te! Lo sapevo che sarebbe stato un successo. Sei l'orgoglio della società.» Lo fulmino di nuovo con lo sguardo. «No. Forse non hai capito la mia domanda. La riformulo nel caso non avessi scandito bene le parole: È ve-ro?» Curioso come il colore della nostra pelle cambi a seconda delle situazioni che viviamo. Un'emozione e arrossiamo, se colti in fragrante diventiamo bianchi tendente al giallino pallido. Tobia ha assunto questo colorino che poco si addice al suo completo nero. Ha capito, ma sta zitto. Mi avvicino alla sua postazione e la colpisco con i pugni, talmente forte da alzare di peso il suo pc portatile. L'infame comincia a balbettare. «Ma... Amore! Non capisco... di cosa parli?» «Finiscila! Cerchi di ammorbidirmi, di trovare un'intesa per calmarmi, perché è vera la storia tra te e Michela. Giusto?» Senza pensarci troppo, appoggio il mio braccio sulla scrivania e con un gesto rapido e deciso, gliela libero da tutto quello che si trova sopra, facendolo scivolare diritto sul pavimento. Pc compreso. Il video si frantuma in un attimo e smette di funzionare. È morto. Sorrido quasi soddisfatta. Tobia non reagisce, consapevole di esserselo meritato. China la testa e con un fil di voce conferma: «Sì, è vero. Mi dispiace. Te lo avrei detto prima o poi. Non volevo farti del male.» Sento il sangue andarmi al cervello. Mi sento come l'incredibile Hulk che si trasforma, sto diventando verde e il mio corpo si sta trasformando. «Che cosa vuoi dire che me lo avresti detto "prima o poi"? Potresti spiegarmi anche cosa intendi con "non volevo farti del male"?» Osservo il suo studio finché non trovo qualcosa che faccia al caso mio e quel vaso cinese regalato da un cliente facoltoso attira la mia attenzione. Gli sarà costato una fortuna. Mai fare doni costosi se si possono rompere nel lanciarli addosso alle persone. Lo prendo decisa e con le braccia alzate cerco di prendere la mira. Con una forza inaspettata che solo la rabbia può regalarmi, glielo scaravento diritta verso la sua direzione. E così di nuovo con altri oggetti che mi capitano tra le mani. La sua fortuna è che non riesco a colpirlo, ma solo perché la mia vista ha sempre fatto pena. All'improvviso dalla porta appare Barbara, la segretaria, che fa finta di nulla e mi consegna un bigliettino. «Ecco il numero che mi hai chiesto.» Prima di uscire mi sorride e mi strizza l'occhio. Ciò mi conferma che non solo tutti hanno sentito, ma che ho anche il sostegno femminile dalla mia parte. Chiaro. Mentre mi stavo dirigendo verso lo studio del traditore, mi ero soffermata in segreteria per chiedere un numero di telefono. Tutti noi dipendenti siamo tenuti a dare un recapito telefonico di un nostro parente, da contattare in caso di urgenze. Compongo il numero. Appena Angelo mi risponde, con voce pacata e molto lentamente, perché comprenda molto bene la notizia che gli darò, sparo la dura verità. «Mio caro. La tua adorata mogliettina Michela va a letto con il suo capo, cioè con il mio ormai ex-fidanzato. E perché tu lo sappia, sono mesi che vanno avanti con questa tresca. Ma non sarò certo io a raccontarti tutti i dettagli. Michela sarà ben lieta di aggiornarti sulla sua relazione extra-coniugale.» Riattacco. Nel frattempo, la "vec-chia" è stata avvertita, perché si è subito sparsa la voce del mio intento di distruggere l'ufficio del boss. La intravedo pallida in volto tra il pubblico fermo sulla porta. Ha sentito la telefonata. Avrei voglia di strapparle i capelli. Ho un'immagine di me che le salto addosso e le tiro le braccia, la mordo, la picchio e la offendo. Ma è un pensiero che svanisce nel nulla. Non merita altro che indifferenza. Mi rivolgo un'ultima volta all'uomo che per tre anni ho amato con tutta me stessa. «Resta inteso che mi licenzio. Voglio lavorare con gente seria, non pronta a ingannare il proprio compagno. Mi fate schifo. Buona fortuna!» Esco dalla stanza. I colleghi accorsi ad assistere all'ultimo spettacolo offerto gratis dalla Gad&Get House, mi accolgono con un applauso. Quel giorno sono l'eroina della ditta. La giustiziera delle donne tradite. M'inchino a tanto onore. Mi avvio verso il mio ufficio, camminando a passo lento, per dare l'impressione di essere io la più forte di quei due, come se non me ne importasse più nulla se Tobia non mi ama più. Appena mi rendo conto di essere sola nel corridoio, comincio a correre, fino ad arrivare nello studio e sbattere la porta. Ad attendermi ci sono già i miei amici. Claire mi viene incontro e mi abbraccia. «Ti accompagniamo a casa.» Dal riflesso della finestra, intravedo il mio volto sconvolto. Per tutto il tempo non apro bocca. Sono in stato di choc. Mi sento nauseata. Una volta varcata la soglia del mio appartamento, mi abbandono in un pianto liberatorio sfogando il mio dolore, abbracciata alle uniche persone di cui possa fidarmi. Apatia Chi ha inventato lo scacciapensieri non aveva altro scopo nella vita che rendere le persone nervose. Altro che "antistress". Si doveva chiamare "anti-calma". Distesa sul letto, mi rendo conto di aver perso il conto delle ore con questi due inutili pezzetti in metallo incastrati tra di loro. M'innervosisco ancora di più e guardandolo per l'ultima volta, lo getto contro il muro facendolo atterrare sulla fila di libri letti e sparpagliati sul pavimento. Uno sguardo furtivo alla camera e mi rendo conto di essere sommersa dal disordine. Come ogni sera, la mamma aspetterà che mi addormenti per sistemare il salvabile e dare un'apparenza decente alla stanza, anche se appena mi sveglio ricomincio a dare il mio meglio. Una volta ero così orgogliosa del mio ordine, la mia cara ex tutta precisione. Sono mesi che sono rinchiusa qui dentro e ho trasformato una semplice camera in un bunker per la mia sopravvivenza dall'esterno. Sopra la scrivania trovi di tutto, dalle tazzine del caffè vuote alle bottiglie d'acqua schiacciate. Il televisore acceso su canali sconosciuti, i miei zapping fatti a caso a seconda dell'umore. A proposito... Una musica mi distrae dal caos e attira la mia attenzione. Ma da dove viene? Un video colpisce la mia curiosità. È una pubblicità. Una donna bellissima vestita di un elegante tubino nero sta camminando sul bordo di una piscina. Il suo passo deciso fa intendere che sta raggiungendo qualcuno. Si capisce che è un appuntamento con un amante o un fidanzato. Non si vede niente. La modella buca lo schermo con lo sguardo, aria sognante e un po' maliziosa, ha già un'intesa con chi la sta aspettando. E noi pubblico siamo in attesa di vedere l'uomo misterioso. Chissà... Sono ipnotizzata. Ora si ferma davanti a una sdraio. La telecamera si sposta dietro la sua schiena, giocando ancora sul fattore sorpresa. Non vogliono ancora svelare chi sia il fortunato. Un attore famoso? Si china in avanti forse per baciare lo sconosciuto e senza rendermi conto allungo anch'io il collo come se potessi vedere da dietro. L'inquadratura si muove piano e... Ecco... Intravedo... Vedo! La "mia" paperella di Gad&Get House. «No!» sobbalzo dal letto. E la mia bocca resta a forma di una "O" allungata, fin troppo sorpresa, mentre la modella dichiara il suo amore per il giocattolo del momento. «Mai senza di te!» sussurra con voce sensuale. Che schifo. Che oscenità. Fisso per un secondo il telecomando in mano e in men che non si dica, lo faccio volare diritto verso il muro a far compagnia allo scacciapensieri e ai libri. Lo sportellino del vano pile si rompe appena tocca terra e il rumore è sentito amplificato dalla mamma che si trovava al piano di sotto. Un urlo giunge dalla cucina. «Tutto beeene?» Non le rispondo perché tanto lo so che non attende la mia risposta. Infatti, la sento salire le scale. Sono imbambolata davanti allo schermo. Un chiaro esempio di tv spazzatura. Dov'è finito il mio progetto studiato per mesi con il mio team? I sacrifici fatti? Le notti insonni? E Renée Wains? Prendo il cellulare e scrivo un messaggio a Tobia, l'infame: "Peggio non potevi fare. Non solo hai tradito me, ma anche lo staff che ha lavorato sodo con me e per te. Hai tradito tutti! Anche le paperelle". Vorrei aggiungere qualche commento su quell'oca giuliva che di sicuro si troverà accanto a lui, ma la mia mente non mi suggerisce nulla d'intelligente. Sfioro il tasto d'invio da whatsapp e zac, le doppie stanghette blu mi confermano che ha ricevuto e letto il testo. Non mi rispondi, eh? Ti manca il coraggio, lo so, e lo sai anche tu. Sono sdegnata per come abbia buttato all'aria il mio lavoro di mesi e sono contenta di aver lasciato lui e la società. La mamma è in camera. Com'è entrata, esce. Le basta vedere che a rompersi non sono stata io, ma il telecomando, per ritornarsene tranquilla tra i fornelli. Sono trascorsi sei mesi da quando mi sono licenziata. Sono ritornata a casa dai miei. Almeno per il momento. Non ce la faccio a stare da sola. Non ancora. La liquidazione e la somma a titolo di rimborso "corna" per farmi stare zitta, per evitare eventuali scandali, mi permettono di prendere tutto il tempo necessario per pensare al mio futuro. Prima di tutto, mi sono ripromessa di dedicare tempo per me stessa. Potrebbe essere un inizio per ricominciare una nuova vita. Considerando che sono ancora sdraiata sul letto e continuo a fissare il soffitto, posso almeno dire di avere le idee chiare. Va beh, con calma il resto sarebbe venuto da sé.