Italia sulla strada giusta

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Italia sulla strada giusta
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Martedì 8 Luglio 2014
Fismic Confsal
Parere positivo della Fismic al percorso avviato dal premier Renzi
Italia sulla strada giusta
La scommessa in Ue si gioca sulle riforme
di
Vincenzo Bacarani
E
ra quasi inevitabile
che il debutto ufficiale del presidente
del consiglio, Matteo
Renzi, all’assemblea del parlamento dell’Unione europea
a Strasburgo mercoledì scorso provocasse reazioni dure,
soprattutto da parte di coloro
i quali vengono definiti i «falchi» del rigore.
Anche nel nostro Paese, al
suo esordio da premier nei
mesi scorsi, gli interventi
di Renzi, il suo modo di presentarsi nel dibattito politico
avevano suscitato perplessità, stupore e reazioni negative non solo dagli avversari
politici, ma anche da elementi del suo stesso partito che
vedevano in lui una sorta di
«profanatore» delle vecchie
regole, mai scritte ma sempre applicate, del vecchio
modo di fare politica. A fare
piazza pulita di timori, rancori e veleni è poi giunto il
trionfo alle elezioni europee
con il superamento del 40%
dei voti. E le cassandre e le
sibille si sono ritirate in silenzio. E per la prima volta,
dopo tanti anni, nel nostro
Paese si è sentito parlare di
speranza.
Ora, all’inizio del semestre di presidenza italiano
all’Unione europea, sembra
accadere la stessa cosa. Solo
che stavolta la partita da
giocare è senza dubbio più
complessa e articolata di
quella disputata tra le mura
di casa.
Renzi deve fare i conti con
i popolari tedeschi votati al
rigore di bilancio »I debiti»,
ha sostenuto il capogruppo
dei popolari, Manfred Weber, replicando al discorso del
premier italiano, «non creano
futuro, lo distruggono. L’Italia deve rispettare le regole.
No alla flessibilità, avanti
con il rigore». Renzi deve
fare i conti con gli antieuropeisti e/o anti-euro come
Lega Nord, Cinquestelle, il
Front National francese di
Marine Le Pen, il gruppo anglosassone di Nigel Farage . E
forse dovrà fare i conti anche
con alcuni dei socialisti che al
momento sembrano compatti
nel sostenerlo, ma, come insegna la vecchia politica che
anche in Europa sembra non
morire, non si sa mai.
Per il presidente del Consiglio a breve ci sarà un’altra
sfida al prossimo Consiglio
europeo del 16 luglio nel
quale si dovranno decidere
le principali nomine della
Commissione con la divisione
delle deleghe, la più importante delle quali, e che più ci
riguarda da vicino, è quella
agli Affari economici e monetari, presieduta finora dal
«falco» finlandese Olii Rehn.
Senza dubbio il vivace con-
Roberto Di Maulo
fronto tra Weber e Renzi non
è passato inosservato alla
cancelliera Angela Merkel
che ha sempre mostrato finora apprezzamento per il
giovane presidente del Consiglio italiano. Si tratterà di
vedere se le condivisioni sui
prìncipi generali tra Merkel
e Renzi troveranno una concreta applicazione nelle
scelte tecniche future.
Non bisogna dimenticare infatti che la
cancelliera e Weber
appartengono allo
stesso schieramento
politico.
Quello che poi in
sostanza chiede il
governo italiano è
una politica economica europea orientata al sostegno dello
sviluppo e dell’occupazione. Il programma
italiano appare ambizioso, ma l’intento principale
è quello di dare una svolta,
la «svolta buona» a un modo
di agire che appare lontano
dalle aspettative non solo
dell’Italia ma anche di altri
Paesi in cui infatti dilaga
l’euroscetticismo (Francia e
Inghilterra in testa).
Non accorgersi che l’attuale
politica economica dell’Unione europea sta allontanando
le popolazioni e sta facendo
diminuire, per usare un termine televisivo, lo «share» in
diversi Paesi sarebbe molto grave. E l’immagine che
Renzi ha provocatoriamente lanciato nel suo discorso
d’esordio («Se l’Europa oggi
si facesse un selfie», ha sostenuto, «emergerebbe il volto
della stanchezza, in alcuni
casi della rassegnazione.
L’Europa oggi mostrerebbe
il volto della noia») ha un po’
scandalizzato i conservatori
della vecchia politica del rigore a tutti i costi, ma ha reso
un quadro efficace e veritiero
della situazione generale. Le
stesse cose di Renzi, peral-
tro, nel recente passato sono
state dette, seppur con diverse sfumature e con frasi
meno colorite, da personaggi
estranei ai giochi politici di
Strasburgo: basti pensare al
presi-
dente
della Banca
Centrale
Europea, Mario Draghi, al
presidente del Fondo monetario internazionale Christine Lagarde e all’economista
statunitense e premio Nobel,
Paul Krugman.
Il programma della presidenza italiana poi, a ben
vedere, non presenta punti
su cui possa essere impossibile un’intesa. Tre gli aspetti
principali: il primo riguarda
la competitività, il lavoro,
l’istruzione e la ricerca; il
secondo gli immigrati, la
giustizia e le pari opportunità; il terzo il ruolo importante dell’Unione Europea
all’estero.
È il punto primo quello
che più ci riguarda direttamente e sul quale ci sono le
più forti resistenze da parte
soprattutto dei popolari tedeschi. L’Italia parla infatti
di migliorare la competitivi-
Matteo Renzi
tà industriale a partire dalle
piccole e medie imprese, di
una riforma strutturale dei
mercati del lavoro e dell’investimento sul capitale
umano, di un miglior uso dei
Fondi strutturali europei e
dei Fondi di investimento. E pertanto riforme
strutturali e investimenti per la crescita e l’occupazione.
Non vi è alcun
cenno dunque,
nella parte più
squisitamente economica
del programma, di rigore
di bilancio,
di sanzioni,
di «compiti
a casa». Va
da sé tuttavia, e Renzi lo
ha ribadito più
volte, che in questo quadro l’Italia
intende rispettare
i vincoli, anche se il
premier italiano ha polemicamente ricordato che nel
2003 proprio la Germania ha
sforato il patto. Il sospetto,
anche se per molti è una certezza, è che sullo sfondo del
rigorismo estremo emerso
pubblicamente mercoledì
scorso, ci siano le banche
tedesche che, per esempio,
hanno usufruito del fondo
salva Stati in Grecia, Paese
nel quale erano pericolosamente esposte.
Peraltro una certa, controllata flessibilità dei conti
pubblici in questo periodo
appare necessaria (l’Italia,
ricordiamo, ha chiesto lo slittamento dal 2015 al 2016 del
pareggio di bilancio in termini strutturali) se si vuole
intraprendere il cammino
delle riforme che, secondo il
premier, verrà portato avanti e terminato in mille giorni. «L’Europa», sostiene in
proposito il Segretario Generale della Fismic-Confsal,
Roberto Di Maulo, «deve iniziare a dare delle risposte
alle aspettative dei popoli e
non solo a quelle degli speculatori finanziari e delle
banche, pur sempre tenendo presente che i vincoli di
bilancio non possono essere
ignorati. Sul fronte italiano
come sindacato sosterremo
comunque il cammino del
governo Renzi e il suo programma delle riforme, anche
contro le resistenze delle altre organizzazioni».
E la scommessa di Renzi
in Europa si gioca poi alla
fine tutta sulle riforme. Non
dimentichiamo infatti che
nell’agenda italiana, tra le
altre, c’è una robusta revisione della Pubblica Amministrazione, una nuova legge
elettorale e quella del titolo
V della Costituzione. Insomma, occorre comunque
dimostrare ad euroscettici
e a rigoristi che l’Italia ha
preso la direzione giusta e
stavolta fa sul serio.
La Fismic, considerando
questi aspetti e soprattutto
quelli che riguardano lo sviluppo economico in chiave
europea, non può che approvare finora il percorso seguito dal premier. L’attenzione
nei confronti del mondo del
lavoro e dell’occupazione,
la sfida alla burocrazia in
Italia come in Europa, l’ipotesi forse non tanto remota
adesso di un fisco meno ossessivo, soprattutto in Italia,
sono elementi condivisibili.
Così come è condivisibile la
guerra ai privilegi grandi e
piccoli che nel nostro Paese
hanno rappresentato per
anni il lato oscuro di alcune,
e non poche, categorie.
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