in girum imus nocte et consumimur igni

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in girum imus nocte et consumimur igni
RECENSIONI
ph ILARIA SCARPA
IN GIRUM IMUS NOCTE
ET CONSUMIMUR IGNI
w w w. a l d e s w e b . o r g / i t / i n _ g i r u m
d i ROBERTO CASTEL LO
in collaboraz ione con la compag nia
PRESENTAZIONE
(giugno 2016)
di ANDREA PORCHEDDU
G l i a r t i s t i , s i s a , s o n o a va n t i d i c h i l o m e t r i : e s p l o r a n o z o n e s c o n o s c i u t e , c h e p o i n o i –
critici o presunti tali – proviamo a strutturare, a codificare, a urbanizzare.
Capita, allora, che certe creazioni illuminino, in anticipo, quel che siamo o quel che
saremo. Danno senso alla faticosa scrittura della nostra autobiografia: ci raccontano
quel
vivremo.
E
capiamo
di
più.
A
me
è
capitato
con
“ In
girum
imus
nocte
et
c o n s u m i m u r i n g n i ” : l o s p e t t a c o l o d i R o b e r t o C a s t e l l o e d e l s u o ra f f i n a t i s s i m o g r u p p o
ALDES
mostra
perfettamente
la
realtà,
italiana
e
non
solo.
Siamo
sfiniti,
stanchi,
esausti, spersi. Afflitti e avviliti ma non per questo rinunciatari o sconfitti.
Q u e l m a n i p o l o d i e r o i c h e r e i t e r a t a m e n t e a va n z a s t a n d o f e r m a è l a p e r f e t t a i n c a r n a z i o n e
di uno stato diffuso. Il m isterio so palin dro mo lat in o ch e fa da t it o lo è lo spu nt o per un
affresco degno di Bosch o di Bruegel che catapulta in un puro medioevo contemporaneo:
s o n o l e “ t r i b ù ” c a r e a l f i l o s o f o M i c h e l M a f f e s s o l i q u a n d o , n e L ’ i s t a n t e e t e r n o , e vo c a u n
ritorno del tragico nel postmoderno. La tragedia di ALDES non è cruenta, anzi: ma è
acquisita,
introiettata,
c o n -v i s s u t a
da
un’umanità
stanca
che
continua
a
marciare
inesorabilmente sul posto, a sbattersi e combatters i per una gara senza arrivo. Sono
anime in pena, sono pellegrini sfiniti, sono – con folgorante dolore – i migranti d’oggi.
I danzatori hanno corpi, volt i, mani che raccontano: camminano ass illat i da una musica
che è loop elettron ico ossessivo, in un alternarsi di buio e luce scandito da una diafana
voce beckettiana che tutto spinge all’assurdo. Ed è la condizione umana, quella che
racconta Castello. I l coreografo non condanna; anzi con uman issima empat ia evoca
momenti di contatto e forse tenerezza, quadri d’ins ieme in cui il girovagare sembra
t r o va r e p a c e . M a n o n c i s o n o v i e d i f u g a , n e l l a s c a t o l a c h i u s a c h e è m o n d o i n b i a n c o e
nero, tracciato di frammenti (proiettati) come pioggia o graffi, tagli di luce obliqui e
claustrofobici, dettagli che soffocano quanto la visione generale. Nella corsa tra gli
u l t i m i , a n c h e c h i s i s a l va è p e r d u t o .
PRESENTAZIONE
(giugno 2016)
La danza critica di Roberto Castello
d i ATT I L I O S C A R P E L L I N I
“Nel mondo realmente rovesciato anche il vero è un momento del falso” (Guy Debord)
A n t o n i n A r t a u d d i c e va d i Va n G o g h c h e e r a u n g r a n d e m u s i c i s t a m a c o n t u t t i i m e z z i
d e l l a p i t t u r a . D e l l e c o r e o g r a f i e d i Ro b e r t o C a s t e l l o s i p o t r e b b e d i r e q u a l c o s a d i m o l t o
simile: che rich iamano i linguaggi e le front iere espressive più disparate – dal cinema
a l l a v i d e o a r t e , d a l l a n a r r a z i o n e a l va r i e t à – m a c o n t u t t i i m e z z i d e l l a
danza
va
inteso
quel linguaggio, più
totale
che
assoluto,
danza, se per
di cui questo
artista ha
caparbiamente sperimentato l’assenza di confini fin dai lontani anni ’80, quando con la
c o m p a g n i a S o s t a Pa l m i z i è s t a t o u n o d e i f o n d a t o r i d e l l a d a n z a c o n t e m p o r a n e a i n I t a l i a .
Convinto che l’arte possa parlare non solo a tutti, ma di tutto, a cominciare da ciò che
artistico non è – come il denaro, una delle ossessioni ricorrenti dei suoi lavori, da
“Siamo qui
s o l o p e r i s o l d i ” c o n c u i s i p r e s e n t ò a To r i n o D a n z a n e l 1 9 9 4 f i n o a l r e c e n t e
“coreocabaret
confusionale”
di
“ Tr a t t a t o
di
economia”
messo
in
scena
con
l’attore
Andrea Cosentino – Castello ha utilizzato l’ironia, la parodia e il pastiche per costruire
de lle eterogenee e anarch iche enc iclopedie il cu i vero filo conduttore è lo smontaggio
dell’ideologia contemporanea. Con i cicli di un’epica derisoria, quali il progetto de “Il
migliore dei mondi possibili” (premio Ubu nel 2003), o con apologhi secchi e compatti
come “In girum imus nocte” - quasi un parabelstuck danzato - il coreografo di ALDES
non
fotografa
tanto
la
realtà
quanto
le
menzogne
di
un
mondo
rovesciato
che
si
presenta come vero di cui il corpo rappresenta la cartina di tornasole più estrema.
Artista critico che usa lo spettaco lo con t ro la so ciet à dello spet t aco lo, Roberto Cast ello
è decisamente un esponente del pessimismo della ragione. Il suo unico ottimismo lo
riversa
pubblico
nella
“non
vitalità
comunicativa
selezionato”
al quale
delle
non
sue
creazioni,
ha mai smesso
cioè
nella
relazione
di rivo lgersi.
con
il
E nel nuovo
modello organizzat ivo e produttivo che ha fondato con ALDES: una compagnia senza
capocomicato che funziona come una comunità di autori, una residenza che esercita sul
t e r r i t o r i o l a d i f f i c i l e a r t e d i r e s i s t e r e a l d e s e r t o c h e a va n z a .
LE R E C E N S I O N I
>>>
IL CORRIERE FIORENTINO
(18 dicembre 2016)
Castello e la dura marcia della vita
d i S I LV I A P O L E TT I
In una notte buia e tempestosa tre ragazze e un uomo si aggirano marciando inesorabili.
Ogn i tanto un black out scandito da una voce elettronica sembra fermare l'azione.
Niente da fare. Appena torna uno squarcio di luce, a delimitare lo spazio di azione, i
quattro sono sempre lì, in marcia.
Tr a i e t t o r i e d i v e r s e , m o m e n t i a p p a r e n t e m e n t e d i p a u s a , a p p r o c c i s o l i d a l i o s c a t e n a m e n t o
d i ra b b i e r e p r e s s e . Q u a l s i a s i c o s a n o n f e r m a c o m u n q u e l a c a m m i n a t a d e i q u a t t r o .
Ch i sono? Sembrano zombie, già morti, o magari solo esseri umani esausti dal vivere.
“ I n g i r u m i m u s n o c t e ” d i Ro b e r t o C a s t e l l o , v i s t o a l F l o r i d a , s i n t e t i z z a i n u n a e f f i c a c e
metafora teatrale la dura lex dell'esistenza:
onerati
di
estenuato,
interpreti.
affanni,
ma
angosce,
sviluppato
con
delusioni.
coerenza
camminare fino alla meta finale sempre più
Concetto
gestuale
estenuante
grazie
anche
e
alla
ai
lunga
un
po'
compenetratissimi
MEGLIO MENO
(15 dicembre 2016)
Il palindromo apocalittico di Roberto Castello
di LUIGI SCARDIGLI
FIRENZE. Si ch iamava Studio Uno e al posto de lla venere nord ica Ilen ia Romano
(ammirata e applaudita poco tempo fa in Alfa, dello stesso Castello, al teatro dello
S c o m p i g l i o d i Vo r n o d i L u c c a ) , t r e e s t a t i f a , a l F u n a r o d i P i s t o i a , Ro b e r t o C a s t e l l o a v e va
deciso di piazzare, come quarto elemento apocalittico della sua compagnia Aldes, uno
dei suoi danzattori stabili, Stefano Questorio. Fu nel salone in legno dell’indispensabile
oasi art ist ica pistoiese che la sua danza crit ica fece l’ult ima prova tecn ica di
trasmissione, prima di diventare, al Cantiere Florida, di Firenze (si replica stasera e
domani, 16 dicembre, alle 21) In girum imus nocte et consumimur igni, che seppur non
sembra possa potersi attribuire a Virgilio, resta comunque un famoso e angosciante
palindromo.
Il resto della comunicazione vis iva (mossa, indec ifrabile, come la foto che abbiamo
volutamente scelto) e dunque (a)morale, come gli altri tre interpret i, in ordine
alfabetico, erano e sono rimasti gli stess i: Mar iano Nieddu, G ise lda Ranieri e Irene
Russo lillo, che comp letano quel mosa ico schizofrenico di questa sezione umana che
p o t r e b b e e s s e r e i n t e s a e d e c i f r a t a c o m e u n ' o n d a t a d i m i g r a n t i a n o m a l i a r r i va t i e s a u s t i
sulle coste occidentali e pronti a risalire la china europea senza più anima. Non
necessariamente, però: anche gli indigeni europei somigliano sempre più ai loro fratelli
che spingono da Sud e che sembra possano sostituirsi in questa gara a ostacoli come
partecipanti vo lti e votati al massacro. La dubtechno che sottintende gli assordanti
o r d i n i s o v i e t i c i , c h e p r e c e d o n o , a l o r o v o l t a , p u n t u a l m e n t e , u n a d i v e r s a p r o s p e t t i va
scenica di questi allegri quattro ragazzi morti, resuscitati, ma morti prima di rinascere,
esaspera perfettamente lo stato ansiogeno dell’immagine, scandito dal rapporto
(a)musicale dai ricercati e funzionali movimenti disabili degli interpreti, incapaci, forse
perché reduci da una traversata mediterranea stipat i con altri condannat i a bordo di un
barcone che ne ha anch ilosato musco lature e artico lazion i, di muoversi con
coordinazione. Non solo gli arti inferiori e superiori non sono più in grado di
armonizzare la deambulazione; le sagome vis ive e i loro sguardi assenti, ringarzulliti,
ogni tanto, dall’idea di un miraggio o dalla promessa di un tozzo di pane, rendono ancor
più umiliante l’esodo verso non sappiamo quale terra promessa, che non aspetta altro di
d a r e i l b e n v e n u t o a d u n a n u o va o n d a t a d i s c h i a v i c a p a c i d i s o s t i t u i r e q u e l l i s f r u t t a t i f i n o
a quel momento e ormai talmente logori da non poter più essere utilizzati per
esperiment i sui geni, dimostrazioni, lobotomizzazioni. Le luc i son i quelle che vengono
sparate dalla consolle lungo il perimetro del palco a sezioni delimitate: ognuno dei
protagonisti sembra che abbia ancora una fune legata in vita che non consenta, a
n e s s u n o d i l o r o , d i l i b e r a r s i d e f i n i t i va m e n t e d a l p a s s a t o e c o n i u g a r s i c o n i l f u t u r o . M a
con il trascorrere della rappresentazione e della familiarizzazione degli interpreti con il
loro nuovo habitat, le quattro person ificazioni, che continuano a cadenzare i propri
passi asfittici rispettando i tempi claustrofobici della colonna sonora, sembrano
riprendere le sembianze umane: sorridono e diventano, da vittime predestinate e
destinate, sadici carnefici; un solo lampo di sarcasmo nel buio della disperazione,
l e t t e r a l m e n t e i n g e r i t o d a l l a n u o va s o t t o m i s s i o n e a l l a q u a l e v e n g o n o s o t t o p o s t i e c h e
somiglia quella dei loro fratelli fortunati e ricchi che pretendono di riscuotere il dazio
per l’offerta ospitalità. La prassi nichilista si auto esercita continuamente: Giselda,
Ilenia, Irene e Mariano (l’ordine alfabetico è deontologicamente indispensabile) non
abbandonano mai il loro status, così come il sottofondo sonoro, che cambia solo qualche
riff sillabico, ma resta nocivo, anche se militarmente impeccabile, e non consente a
nessuno di tirarsi fuori dalle gabbie luminose che rimandano sul fondale del proscenio le
loro sagome apparentemente normali. Il senso di totale abbandono, sconfitta, senza
possibilità alcuna di ristoro, men che mai di rivincita, si impadronisce tanto dei
protagonisti, quanto del pubblico, che vengono indistintamente assorbiti, all’un isono,
nel cono della disperazione, un cilindro anomalo forse un po’ troppo esasperato dal
regista rivolto comunque verso gli in feri e dal quale nessuno sembra essere in grado di
poter uscire.
http://megliomeno.com/index.php/item/349-il-palindromo-apocalittico-di-robertocastello
ARTALKS
(15 dicembre 2016)
Animali notturni o primitivi?
di SIMONA FRIGERIO e LUCIANO UGGE'
Al Cantiere Flor ida di F irenze arr iva Roberto Caste llo con In G irum Imus Nocte et
Consumimur Igni. E la notte si accende.
Sfuggevole
come
l’oggetto
del
suo
titolo
(chi
gira
in
tondo
nella
notte
e
viene
consumato dal fuoco? Le falene o le torce?), la performance f irmata da Roberto Castello
mette in scena personaggi notturni, al confine tra esseri primordiali – che si fanno largo
all’alba dell’umanità – e animali gaudenti, che mandano in fumo le loro esistenze in una
parossistica ricerca de l piacere, nelle fo llie di una gioventù bruc iata.
Una
serie
di
brevi
quadri,
a
tratti
vicini
alle
inquadrature
filmiche,
che
possono
rimandare sia al lento progredire della civiltà, con visioni metaforiche della rincorsa
v e r s o i l s u c c e s s o , g l i a t t i d i s o p r a f f a z i o n e , l a p r e va r i c a z i o n e p e r i l p o t e r e , l a f o r m a z i o n e
d i c l a n e l ’ e s c l u s i o n e d e i s i n g o l i , m a a n c h e l a p o s s i b i l i t à d i c o n d i v i s i o n e – d i u n o s p a z io ,
un tempo e un’esperienza comune. Oppure evocare la Milano da bere, lo struscio nelle
vie della moda, il degrado delle periferie, i pestaggi o gli stupri, i litigi da ubriachi, i
momenti goliardici da Italia Uno, il sesso come unica possibilità d’incontro tra corpi
separati.
I rimandi cinematografici non si esauriscono con i tagli di luce, anche alcuni movimenti,
come que llo delle man i, rivelano assonanze con quella gestualità da vampiro degli albori
del cinema, quando le inquadrature in diagonale e i bianchi e neri espressionisti di
M u r n a u r e n d e va n o N o s f e r a t u u n a f i g u r a i n c o n s c i a i n s i e m e c u p a e p e r t u r b a n t e .
La scenografia è sostituita dal gioco di luci e dalle videoproiezioni che dialogano con i
p e r f o r m e r, a t t u a l i z z a n d o l ’ i d e a d i G o r d o n C r a i g d i u n a s c e n o g r a f i a m o b i l e e a l l u s i va ,
quasi emozionale, protagonista essa stessa dello spettacolo teatrale.
I l s u c c e d e r s i d e i q u a d r i , i n u n c o n t i n u u m d i c l i m a x e a n t i c l i m a x , s i g a l va n i z z a n e l f i n a l e .
Gli ultimi dieci minuti si caricano di una tensione crescente, sottolineata da una musica
che sembra farsi vieppiù sincopata, fino al momento di stallo, quasi catartico, in cui il
respiro torna a quella quiete propria dell’alba, umana e primordiale.
http://www.artalks.net/animali-notturni-o-primitivi/
CITTA' NUOVA
(10 dicembre 2016)
Vanno in giro di notte e sono bruciati dalla fatica
d i G I U S E P P E D I S T E FA N O
A l Te a t r o F r a n c o Pa r e n t i d i M i l a n o l o s p e t t a c o l o d e l c o r e o g r a f o Ro b e r t o C a s t e l l o p a r l a
de ll’alienazione del nostro vive re quot idiano
Una luce fredda scansiona le pareti disegnando tagli geometrici – corridoi, porte, angoli,
s t r a d e – c h e s a l g o n o e s c e n d o n o , c h e a p r o n o e c h i u d o n o l o s p a z i o s c e n i c o . Tr a b u i o e
luce
intermittente,
i
danzatori,
sempre
in
movimento
e
con
la
testa
e
le
spalle
abbassate, come portassero un peso sulle spalle, si posizionano, inizialmente in gruppo
simili a zombie, poi scomposti, claudicanti, con posture e gesti sincro e in seguito
difformi, scrivendo nei loro corpi di tuniche nere brevi spot del vivere quotidiano. Que llo
che genera affinità, desideri, conflitti, violenze.
Il ritmo è martellante, ossess ivo. Una musica techno, un suono, dapprima urtante, poi,
nel sussulto dei corpi al limite della trance de i 5 danzatori, sempre più coinvolgente. “In
girum imus nocte et consumimur igni” (Andiamo in giro la notte e siamo consumati dal
f u o c o ) ”, d e l c o r e o g r a f o l u c c h e s e R o b e r t o C a s t e l l o d e l l a c o m p a g n i a A l d e s , è u n a d a n z a
cinetica tesissima, rigorosa, cinematografica, con sprazzi grottesch i. Mentre una voce
meccanica, come un ordine, ripete e avvisa che la fine è vicina – “the end is near” –, gli
interpreti in marcia si distribuiscono frontalmente, laterali, di spalle, in un continuo
va g a r e n o t t u r n o c h e l i s o r p r e n d e r à s m e m b r a n d o l i . D a u n ' u m a n i t à c o l l e t t i v a s i p a s s a
all'individuo; e intanto si intrecciano, si ostacolano, si sgambettano, si torturano, si
t r a s c i n a n o , s i b l o c c a n o . L a r e i t e r a z i o n e , t r a c o n t r a z i o n i e f l u i d i t à , t r o va c a m b i d i g e s t i
con ondeggiamenti del busto, disarticolazione dei muscoli, ghigni, mani sugli occhi,
braccia penzoloni, rotolamenti a terra, mentre la spossatezza si impadronisce dei corpi,
ma senza cedimenti.
https://www.cittanuova.it/vanno-in-giro-di-notte-e-sono-bruciati-dalla-fatica/
La REPUBBLICA ( 1 3 n o v e m b r e 2 0 1 6 )
Paler mo
d i R O B E R TO G I A M B R O N E
In girum imus nocte et consumimur igni è un celebre palindromo latino di origine
i n c e r t a , c h e p o t r e b b e r i f e r i r s i a l f a t a l e g i r o va g a r e d e l l e f a l e n e m o r t a l m e n t e a t t r a t t e
dalla luce.
Ro b e r t o C a s t e l l o i n t i t o l a c o s ì l a s u a f o l g o r a n t e c o r e o g r a f i a p r e s e n t a t a a l Te a t r o L i b e r o ,
nella quale i bravi interpreti Alice Giuliani, Mariano Nieddu, Stefano Questorio e Giselda
R a n i e r i a s s e c o n d a n o i l r i t m o i n c a l z a n t e d i u n a m u s i c a o s s e s s i va , l a s c i a n d o s i t r a s c i n a r e
in una estenuante danza ipnot ica, che alterna stati cataton ici a giravolte ed impeti
isterici.
L’ i n g e g n o s o d i s e g n o l u c i g u i d a i r a p p r e s e n t a n t i d i q u e s t a u m a n i t à a l l o s b a n d o n e l l a l o r o
s f i b r a n t e m a r c i a , i m p o n e n d o u n d i n a m i s m o i m p l a c a b i l e . U n a To t e n t a n z m e d i e va l e i n
bianco
e
nero,
rigeneratore,
che
metafora
ha
francese Maguy Marin.
non
della
poche
danza
come
assonanze
prometeica
con
il
condanna
recente
lavoro
o
della
come
fuoco
coreografa
IL SOLE 24 ORE ( 1 9 n o v e m b r e 2 0 1 5 )
Anime perse nella trance notturna di Roberto Castello
DANZA & DANZA
(novembre-dicembre 2015)
Dell'individuo e delle sue alienazioni
d i G I U S E P P E D I S T E FA N O
È u n r i t m o t e c h n o , m a r t e l l a n t e , o s s e s s i v o , i n va r i a t o , q u e l l a c h e p e r c u o t e e i p n o t i z z a i
nostri sensi. Una musica, un suono, dapprima urtante; poi, nel sussulto dei corpi al
limite
della trance
dei cinque
danzatori, sempre
più
coinvolgente. Una luce
fredda
scansiona le pareti disegnando tagli geometrici – corridoi, porte, angoli, strade – che
salgono e scendono, che aprono e chiudono lo spazio scenico.
Tr a b u i o e l u c e i n t e r m i t t e n t i , i d a n z a t o r i , s e m p r e i n m o v i m e n t o e c o n l a t e s t a e l e s p a l l e
abbassate, si posizionano, inizialmente in gruppo simili a zombie, poi scomposti, con
posture e gesti sincro e in seguito difformi, scrivendo nei loro corpi vestiti di nero brevi
spot del vivere quotidiano. Quello che genera affin ità, desideri, conflitti. “In girum imus
n o c t e e t c o n s u m i m u r i g n i ” ( A n d i a m o i n g i r o l a n o t t e e s i a m o c o n s u m a t i d a l f u o c o ) ”,
r i p o r t a i l c o r e o g r a f o l u c c h e s e Ro b e r t o C a s t e l l o d e l l a c o m p a g n i a A l d e s , a d u n a d a n z a
cinetica tesissima, rigorosa, cinematografica, con sprazzi grottesch i. Mentre una voce
ripete e avvisa che la f ine è vicina, – “the end is near ” – gli interpreti (Giselda Ran ieri,
Va l e n t i n a S e c h i , I l e n i a Ro m a n o , S t e f a n o Q u e s t o r i o ) s i d i s t r i b u i s c o n o f r o n t a l i , l a t e r a l i , d i
spalle, in un continuo vagare notturno che li sorprenderà smembrandoli.
D a u n ' u m a n i t à c o l l e t t i va s i p a s s a a l l ' i n d i v i d u o ; e i n t a n t o s i i n t r e c c i a n o , s i o s t a c o l a n o , s i
s g a m b e t t a n o , s i t o r t u r a n o , s i t ra s c i n a n o , s i b l o c c a n o . L a r e i t e r a z i o n e , t r a s p a s m i e
f l u i d i t à , t r o va c a m b i d i g e s t i c o n o n d e g g i a m e n t i d e l b u s t o , d i s a r t i c o l a z i o n e d e i m u s c o l i ,
mani
sugli
occhi,
braccia
penzoloni,
rotolamenti
a
terra,
mentre
la
spossatezza
si
impadronisce dei corpi, ma senza cedimenti. Castello, ispirandosi all'omonimo film di
Guy Debord del 1978 – in cui il regista usa immagini statiche per far progredire il
discorso sui meccanismi della società dello spettacolo e del consumismo - trasfigura
quel senso di perdita, l'inesorabile passare del tempo, l'alienazione e l'oppressione
dell'individuo nella società moderna, con una coreografia costruita come un meraviglioso
dispos itivo scen ico, dentro il quale ci cattura.
http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2015-11-19/anime-perse-trance-notturnaroberto-castello-155453.shtml?uuid=ACcNPWdB
KLP teatro ( 2 7 o t t o b r e 2 0 1 5 )
Roberto Castello:
desideri
girare
a
vuoto
sul
consumo
dei
nostri
d i S A LV ATO R E I N S A N A
La fine è vicina. Ma siamo ancora all'inizio. “In girum imus nocte (et consumimur igni)”:
andiamo in giro la notte e siamo consumati dal fuoco. Andiamo in giro la notte e finiamo
s e m p r e i n g a b b i a , p a r t e c i p i d i u n a n u o va c l a s s e m o r t a .
Ro b e r t o C a s t e l l o r i m a n e m o l t o c o e r e n t e a l l a r a d i c a l i t à d i G u y D e b o r d , s c r i t t o r e , r e g i s t a
e filosofo francese la cui vita/opera è fortemente dialettica, in bianco e nero, dalle
posizioni salde. Ha ben chiari i suoi nemici, ha ben forte la sua posizione. Così come lo
s p e t t a c o l o i n q u e s t i o n e , c h e s i g i o va , m a g n e t i c o e o s t i n a t o , d e l l a d i c o t o m i a b a s i l a r e d i
luce e ombra per costruire un notturno che non lascia scampo all'intrattenimento.
La scena è una scatola nera rischiarata solo dal videoproiettore, con superfici segnate
da angoli retti, e un bianco sporco, in cui si intravede un lento cadere di quella che
potrebbe essere pioggia nera.
Sei corpi vestit i con tuniche nere fat icano a prendere il via, poi in iziano all'un isono
quella che diventerà progress ivamente una partitura dannata e rigorosa, essenziale e
vio lenta. Quella di corpi asservit i ad un disegno superiore, ancora una volta eterodiretti
e in marcia. Non comunicanti. Ingabbiati e sincopati, in preda alle pulsioni da emeriti
b i p o l a r i , c l a u d i c a n t i , g r a v i e g r a va t i d a p e s i i n v i s i b i l i m a c a p a c i d i s o m a t i z z a r s i i n u n o
stato di degenza in scena.
L' u n i c o u o m o d e l g r u p p o ( M a r i a n o N i e d d u ) è s e m p r e c h i n o s u s e s t e s s o , g o b b o , i n p r e d a
a l g h i g n o n o s f e r a t e s c o d e l c o r p o c r i m i n a l e . G r a va t i d a l t e m p o c h e s c a n d i s c e
incessantemente l'azione, ad ogni buio le pedine cambiano posto, alternano stati di
felicità apparente a momenti di totale abnegazione alla psico-fisica macchina coreutica
imposta. Come nuovi lemming, operosi e ciechi. Inchiodati a terra, in una condizione di
febbrile angoscia all'interno della quale gli sprazzi di euforia sono di disperata messa in
scena, falsa, grottesca, della gioia esteriormente rappresentata.
C i s i d a n n a a v u o t o , s i g i r a a v u o t o c o m e m a c c h i n e c e l i b i . Tr a i s t a n t a n e e e f o l g o r a z i o n i
vis ive, senza poter staccare i piedi dal suolo, ci si consuma, ci si brucia per inerzia, per
e m p a t i a v e r s o i l d i s p e n d i o i m p r o d u t t i v o , s e n z a c o n s e r va z i o n i , s e n z a c e d i m e n t i a l
virtuosismo, rigorosamente lontani dai codici più riconoscibili della (danza di) moda. E
o g n i t a n t o l a v o c e f u o r i c a m p o c i r i c o r d a c h e “ t h e e n d i s n e a r ”.
La fine è vicina, e siamo quasi alla conclusione, forti di una fredda monocromia e di un
martellamento sonoro che non cede, ma anzi porta verso una trance che trasforma i
performer in esseri spossessati, in lotta per farsi luce, mai docili, mai coscienti, contro
le avvers ità intangibili de lla scena (della vita), servili al ritmo che li muove,
n e l l ' e s t i n g u e r s i va n o d i e n t u s i a s m i r a p p r e s e n t a t i , d i i n g a n n e v o l i r i s a t e n e r v o s e , d i
concitate vibrazioni di membra cadenzate.
Se per il situazionista francese il celebre palindromo latino che dà il titolo all'opera era
l ' i n c i p i t d i u n ( n o n ) f i l m c h e f a c e va u n a r i c o g n i z i o n e a m a r a e f i e r a d e l l a p r o p r i a v i t a
p a s s a t a , l o s p e t t a c o l o ( d a v e d e r e ! ) d i Ro b e r t o C a s t e l l o è u n c a t a r t i c o e s o r c i s m o c o n t r o
l a f u r i a c i n e s t e t i c a m e t r o p o l i t a n a , c o n t r o l a f a m i l i a r i t à c a n a g l i a , i l t r a f f i c o a va r o d i
quiete,
l'odio
che,
nostro
malgrado,
sotterraneo
ma
affiorante,
ci
accomuna
egoisticamente l'un l'altro.
durata: 1h
applausi del pubblico: 3'
4 stelle e 1/2 su 5
http://www.klpteatro.it/roberto-castello-girare-a-vuoto-sul-consumo-dei-nostri-desideri
INTERNAZIONALE ( 2 5 o t t o b r e 2 0 1 5 )
O PIN IO N I
Di cosa ha bisogno il teatro italiano
di CHRISTIAN RAIMO
[…]
Preparazione e volontà politica
Accanto alle mancanze della scuola va messa certo la responsabilità della crit ica, dei
teatri pubblici, dell’editoria: perché è rarissimo seguire uno spettacolo con il testo sotto
m a n o ? Pe r c h é s p e s s i s s i m o i f o g l i e t t i d ’ i n t r o d u z i o n e s o n o i n c o m p r e n s i b i l i ? Pe r c h é è q u a s i
la regola che le recensioni sui grandi giornali siano comprensibili solo dagli addetti ai
l a v o r i , e a l l e v o l t e n e m m e n o d a q u e l l i ? Pe r c h é q u a s i i n n e s s u n c a s o s i a c c o m p a g n a l o
s p e t t a c o l o c o n u n i n c o n t r o d i i n t r o d u z i o n e ? Pe r c h é l ’ e d i t o r i a t e a t r a l e n o n r i c e v e f o n d i
pubblici per poter sopravvivere?
E questo lungo discorso, questa perorazione, fatta essenzialmente per il teatro di prosa,
potremmo estenderla ad altre forme di spettacolo.
Se devo concludere con due esempi per il tutto li prenderei dalla danza.
Uno è quello di Roberto Castello : la sua compagnia è una de lle eccellenze de lla danza
europea. Il suo spettacolo – premio Ubu – del 1985, Il cortile prodotto con Sosta
Pa l m i z i , è c o n s i d e r a t o g i u s t a m e n t e s e m i n a l e p e r l a s t o r i a d e l l a c o r e o g r a f i a i t a l i a n a d e g l i
ultimi trent’anni, e il suo ultimo spettacolo, In girum imus nocte (et consumimur igni)
non è di minore bellezza.
Eppure a parte due giorni nella rassegna romana di Short theatre e una decina di date
s p a r s e p e r l ’ I t a l i a s a r à c o m p l i c a t i s s i m o v e d e r l o . Pe r c h é ? Pe r c h é i n q u e s t i t r e n t ’ a n n i c h e
ci separano dal Cortile si è fatto pochissimo per educare il pubblico, si è pensato che
bastasse promuovere gli eventi, e ora ci si rende conto che gli spettatori consapevoli
mancano.
È a n d a t a d i v e r s a m e n t e , d i c e va m o , i n B e l g i o . A R o m a e u r o p a f e s t i va l q u e s t ’ a n n o A n n e
Te r e s a D e Ke e r s m a e k e r h a p r e s e n t a t o u n m e r a v i g l i o s o c o f a n e t t o d i u n l i b r o e q u a t t r o
dvd
realizzato
con
Bojana
Cvejić
dedicato
alla
presentazione
del
suo
lavoro:
The
coreographer’s score. Nei quattro dvd non c’è solo la celebrazione di una star della
coreografia mondiale, ma un’ampia documentazione della sua didattica. Una via che la
s t e s s a D e Ke e r s m a e k e r c i o f f r e p e r e n t r a r e n e l s u o l a b o r a t o r i o a r t i s t i c o ; e f a r l o è q u a s i
altrettanto grat ificante che vedere i suoi splendidi spettaco li.
Investire nella formazione del pubblico non è così complicato, e restituisce risultat i
e v i d e n t i a n c h e d a u n p u n t o d i v i s t a e c o n o m i c o . L’ u n i c a c o n d i z i o n e , c e r t o , è c h e c i s i a n o
la preparazione e la vo lontà polit ica per farlo.
http://www.internazionale.it/opinione/christian-raimo/2015/10/25/teatro-italiano-crisi-fortezza-vuota
CHE TEATRO FA ( 1 9 o t t o b r e 2 0 1 5 )
ro ma. blo gau tor e .r e pubb lica. it - Ro do lfo di Giam mar co
nuovi critici / in girum imus nocte et consumimur igni...
di GIULIA SANZONE
L i q u i d i e p r o f o n d i b e a t b a t t o n o c o m e p i o g g i a , t ra a n c e s t r a l i p e r c u s s i o n i a f r i c a n e e g o c c e
c o l a n t i r i f l e s s e s u l l o s f o n d o p e r l a t o d i u n a s c e n a b u i a , s c h i a va d i b l o c c h i d i l u c e d i a f a n a ,
che generano e distruggono una settantina di straordinari quadri danzanti: flash
intermittenti, tormentati e asservit i a una voce meccanica, che impera beckett iana e
d o m i n a a l c o m a n d o “ d a r k / l i g h t ”.
in girum 1Scalzi, stretti in tuniche funeree, i sei automi protagonisti di una matrix
i n q u i e t a n t e s i a l l i n e a n o i n ra p i d i e d i s c o r d a n t i f r a m e a l t e r n a t i d a u n e f f e t t o s i m i l e a l l o
stop-motion, errando, epilettici e virtuosi, negli spasmodici tic di moderni proletari, o
innocenti bambini, per un’ora eccezionale di teatro danza, al confine sublime e ib rido
t r a l a v i d e o a r t e e l ’ a va n g u a r d i a e l e t t r o n i c a .
Sembrano creature inumane allo stadio microbico, o elementi primordiali, chimici e
c e l l u l a r i , i d a n z a t o r i c o r e o g r a f a t i d a Ro b e r t o C a s t e l l o , a s s e m b l a t i e s p a r p a g l i a t i d a
impulsi elettrici, da connessioni sinaptiche che inducono i corpi a convulsioni, attrazioni
e opposizion i di forze magnetiche in preda a sostanze psicotrope, a vo lte estaticoman iacali, altre vo lte depresse e anestetizzate.
L a r e t i n a d e l l o s p e t t a t o r e s i f o n d e t r a l e r i t m a t e va r i a z i o n i o t t i c h e , d e t t a t e d a i f a s c i d i
luce che incasellano l’estasi autistica dei personaggi, entrando anch’essa in una sorta di
trance dove la percezione viene alterata, scandita dalla travolgente cerimonia atavica e
cannibale.
La crudeltà spaventosa scandaglia terminazioni nervose ed emozion i de l branco plagiato,
vio lento e vio lentato, a sua vo lta, da un potere spietato come nelle sadiche giornate
della Salò pasoliniana, e si alterna all’ironia mostruosa di un ridicolo grottesco,
all’incubo bulimico di un piacere bramato fino ad una morte indifferente, invocata,
b r u c i a t a a l f u o c o d e l f a t a l e e r e i t e r a t o d e l i r i o : “ t h e e n d i s n e a r ”.
Sulla scia di un continuo reset, i quadri/prigione dell’olocausto in atto si consumano in
fretta e le sue torce danzanti si spengono come folli falene, sacrificandosi, suicide di
luce.
L’ i n e v i t a b i l e d e f l a g r a z i o n e è c e l e b r a t a n e l l a p e r f o r m a n c e g i à d a l t i t o l o , d i d e b o r d i a n a
memoria, con la palindroma formula latina che ripercorre al contrario i caratteri,
r i m a n e n d o p r o d i g i o s a m e n t e i n va r i a t a : I n g i r u m i m u s n o c t e e t c o n s u m i m u r i g n i
( “A n d i a m o i n g i r o d i n o t t e e c i c o n s u m i a m o a l f u o c o ” ) .
Te a t r o Va s c e l l o , Ro m a
17 ottobre 2015
http://cheteatrochefa-roma.blogautore.repubblica.it/2015/10/19/nuovi-critici-in-girumimus-nocte-et-consumimur-igni-g-s/
L'ALTRO QUOTIDIANO.IT ( 1 8 o t t o b r e 2 0 1 5 )
DAN Z A
Dal video saggio di Debord l’originale spettacolo di Roberto
Castello
d i F E D E R I C O B E TTA
U n ’ u n i c a b a s e r i t m i c a c h e s i r i p e t e o s s e s s i va m e n t e p e r t u t t o l o s p e t t a c o l o . U n a v o c e o f f
che decide con due semplici parole, light e dark, quando la scena è illuminata o buia. Un
unico spazio segmentato da colonne e aree oscure, possibilità di movimento sempre
incatenato tra confini rigidi. Questo è il quadro che accoglie i sei ballerini sotto la guida
di Roberto Castello nel suo ultimo lavoro In girum imus nocte et consum imur ingn i
(Andiamo in giro la notte e siamo consumat i dal fuoco) in scena al teatro vascello di
Ro m a f i n o a d o m e n i c a 1 8 o t t o b r e .
Lo spunto del lavoro è il video saggio di Guy Debord del 1978 dallo stesso titolo: un
montaggio di riprese originali, scene da film, foto e voce de llo stesso Debord che apre
nuove strade filmiche per res istere alla condizione umana intrisa di spettaco lo. Il lavoro
di Caste llo è, come dice l’autore, di pura danza, ma privo di quals iasi riferimento al
balletto. In questa sperimentalità, che anche in teatro è indagine esistenziale sulla
condizione de ll’umanità, si ravvedono i riferiment i al suo illustre predecessore. I sei
ballerin i, esseri umani sfranti dalla fat ica del quotidiano, incastrati in mosse ripetit ive o
disarticolat i in un’ebbrezza senza sfogo, sfidano la resistenza fis ica per sopravvive re a
u n a c o n d i z i o n e s e n z a u s c i t a . C o m e d i c e va D e b o r d n e l s u o f i l m : “ N i e n t e t r a d u c e va q u e s t o
presente senza via d’uscita e senza riposo come l’antica frase che ritorna integralmente
su se stessa, essendo costruita lettera per lettera come un labirinto da cui non si può
u s c i r e ”.
L o s p e t t a c o l o s i c h i u d e n e l s i l e n z i o e , a n c h e s e s e m b r a p r i va r e l o s p e t t a t o r e d i o g n i
speranza, lo rilancia nella sua vita dopo aver attraversato un’esperienza comune.
http://www.altroquotidiano.it/dal-video-saggio-di-debord-loriginale-spettacolo-diroberto-castello/
LA CITTA' METROPOLITANA ( 1 7 o t t o b r e 2 0 1 5 )
Al Teatro Vascello la coreografia di Roberto Castello
di POEMA SERIS LEO
Uno sguardo alla realtà contemporanea della danza italiana. Sei ballerini ritmati nel
tempo, in giro la notte e consumati dal fuoco.
Ro m a , 1 7 o t t o b r e 2 0 1 5 – U n f i n e s e t t i m a n a a l l ’ i n s e g n a d e l l a d a n z a q u e l l o p r o p o s t o d a l
Te a t r o Va s c e l l o d i M o n t e v e r d e a R o m a c h e d a v e n e r d ì 1 6 o t t o b r e a d o m e n i c a 1 8 o t t o b r e
2015 (pomeridiana delle h. 18), presenta al pubblico romano In girum imus nocte (et
consumimur igni), (Andiamo in giro la notte e siamo consumati dal fuoco), per la
coreograf ia di Roberto Castello. Se i personaggi, braviss imi ba ller ini che scand iscono la
s c e n a a l r i t m o d i u n a m u s i c a m a r t e l l a n t e , s e m p r e u g u a l e , i n t e r va l l a t a d a u n a v o c e f u o r i
s c e n a c h e g e s t i s c e s c e n e e s e q u e n z e s u l l e p a r o l e d i “ D a r k … L i g h t ”. B u i o e c a m b i a m e n t o .
Dalla metafora dell’alienazione, del delirio, sei corpi in perenne movimento che
interpretano silenti nell’ombra la visione di un’umanità orwelliana e sempre più lontana
dal senso di so lidarietà. Cos ì come rive la la scena de lla lotte comune e dell’improvvis a
solitudine in cui viene lasciata la loro compagna nel grido del… cambiamento.
L’ a r r i v i s m o , l a c o r s a v e r s o l a c o m p e t i z i o n e , a f f a n n a t a e m e r a v i g l i o s a m e n t e i n t e r p r e t a t a .
Ottima la scelta di una luce cinematografica per creare que lla prospett iva scen ica,
fondamentale nel comprendere cosa succede tra un istante e l’altro.
N e l “ D a r k … L i g h t ”, i l b u i o d i s e i f i g u r e n e r e c h e s i d i v e r t o n o f o r z a t e e , a l l o s t e s s o
tempo, spontaneamente si annullano. Gli amanti del cinema d’autore avranno
riconosciuto nel titolo In girum imus nocte (et consumimur igni) il richiamo al
palindromo enigmatico, capolavoro de l 1978 de l regista francese Guy Debord, che
d e f i n i va “ l o s p e t t a c o l o n o n c o m e u n i n s i e m e d i i m m a g i n i , m a c o m e u n r a p p o r t o s o c i a l e
t r a l e p e r s o n e , m e d i a t o d a l l e i m m a g i n i ”. N e l l a s u a d i f f i c o l t à , l o s p e t t a c o l o è a n c h e
c o m i c o e b e n c o n g e g n a t o p e r u n ’ o r a d i r a p p r e s e n t a z i o n e . “A n d i a m o i n g i r o l a n o t t e e
s i a m o c o n s u m a t i d a l f u o c o “ , l a m e s s a i n s c e n a va c o s ì o l t r e l a s u a p o s s i b i l e
interpretazione di metafora del vivere. Con il sostegno di MIBACT/Direzione Generale
S p e t t a c o l o d a l v i v o , R e g i o n e To s c a n a / S i s t e m a Re g i o n a l e d e l l o S p e t t a c o l o , I n g i r u m i m u s
nocte (et consumimur igni) è uno spettacolo da vedere, moderno in cui grazie alla
b r a v u r a d i E l i s a C a p e c c h i , A l i c e G i u l i a n i , M a r i a n o N i e d d u , G i s e l d a R a n i e r i , I l e n i a Ro m a n o
e d I r e n e R u s s o l i l l o , p e r q u a l c h e i s t a n t e s i h a c o m e l ’ i l l u s i o n e d i n o n t r o va r s i s e d u t i i n
Italia, ma tra gli spalt i di un qualche teatro sperimentale new yorkese.
http://www.cittametropolitana.info/2015/10/17/danza-il-teatro-vascello-con-la-nuovacoreografia-di-roberto-castello
LO SGUARDO DI ARLECCHINO.IT (1 3 o tto b r e ' 1 5 )
Andiamo in giro di notte (e siamo bruciati dalla fatica)
di ANDREA BALESTRI
C’è tanta fatica: si sente nella testa, per il pressare di un ininterrotto loop di un’ora, e
si sente nelle spalle, a star seduti sulle panche di legno dell’appena intitolata sala
Arnaldo Cestaro (la sede porcarese di Spam! è uno spazio sempre interessante e
a c c o g l i e n t e , m a p o c o e r g o n o m i c o ) . U n a f a t i c a c h e t r o va c o r r i s p o n d e n z a c o n q u e l l a i n
s c e n a : q u a t t r o f i g u r e v e s t i t e d i n e r o c h e a va n z a n o e s i m u o v o n o i n u n a v i s i o n e d e l l a
vita desolante e a tratti ironica. Sono sfiancati già all’inizio, da fermi, e lo sono ancor
più quando, come per obbedire svogliatamente a una forza superiore, qualcosa si muove
(per citare il titolo della stagione autunnale aperta dallo spettacolo).
È questo il nucleo di In girum imus nocte (et consumimur igni), ultima creazione di
Ro b e r t o C a s t e l l o c h e h a a p p e n a d e b u t t a t o a Ro m a , r i s c u o t e n d o u n s u c c e s s o
inaspettatamente unanime. La gestazione è durata almeno due anni, dalla prima
presentazione come studio di 20 minut i, a una prima vers ione di un’ora andata in scena
al fest ival Ring nell’estate 2014, fino a questa, della stessa durata, ma più densa e
strutturata. Il titolo, il cui significato vuol dire poco o nulla – Andiamo in giro di notte
( e s i a m o c o n s u m a t i d a l f u o c o ) – t r o va i l s e n s o n e l s u o s i g n i f i c a n t e : i l c e l e b r e
palindromo sembra accordarsi con la ricorsività che nello spettacolo è così sensibile.
I n g i r u m i m u s n o c t e , R . C a s t e l l o ( p h . Pa o l o Po r t o ) L i g h t . D a r k . U n a v o c e g r a c c h i a n t e d a
annunc io aeroportuale scandisce il succeders i di 67 quadri (li ha contati Rodolfo Di
Giammarco: complimenti). Si accende il proiettore che illumina la scena e le quattro
figure sono pronte e vive, ferme o in movimento. Una teoria di azion i quotidiane, più o
meno riconoscibili, si succede con ritmo ora disteso, ora serrato, ma sempre ritmato
dalla cadenza robot ica e infernale sparata a gran volume. Lo spazio è definito dai
mute voli riquadri della luce scura dell’immagine scorrevole del proiettore: i pixel sono
e v i d e n t i , q u a s i a r a p p r e s e n t a r e u n a v i t a d a Ta m a g o t c h i i n b a s s a d e f i n i z i o n e . A l i e n a t i :
questo termine è stato app licato più volte ag li esser i raffigurati da Gise lda Ran ieri,
Irene Russo lillo, Ilen ia Romano e Mar iano Nieddu. Non a caso: immersi come sono in
u n a r o u t i n e d a Te m p i m o d e r n i d i C h a p l i n , n o n s o n o p r e s e n t i a s é s t e s s i n e m m e n o p e r
sistemarsi i vest iti cadenti. I tentativi di riallacciare l’abito che è aperto sulla sch iena
sono deboli e poco convinti, come se l’altra azione condotta senza capirne il senso fosse
comunque più importante di darsi una dignità ormai smarrita da tempo.
In girum imus nocte, R. Castello (ph. Alessandro Colazzo) 3“The end is near“, annuncia
la voce robot ica, non senza iron ia, fin dai primi minut i: la fine mia o dello spettaco lo?
In realtà il lavoro, pur sfiancante, è ottimamente calibrato su un sapiente equ ilibrio tra
i momenti servi di quel ritmo in 4/4 e quelli in cu i il corpo è più libero di muoversi,
benché sempre con disperata afflizione.
Sorge il dubbio, però, sulla legittimità di proporre per due anni uno spettacolo – e di
farne pagare un biglietto – ancora non compiuto, secondo que ll’abitudine delle prove
aperte,
vizio
ormai
endemico
di
certo
#teatrocontemporaneo
(#sìtistocitando
# c h i m e n t i s m e t t i l a ) . I n q u e s t o c a s o i l d u b b i o va p o c o l o n t a n o e s i r i s o l v e s u b i t o . L a
sincer ità e l’um iltà con cui Roberto Castello presenta i suoi work in progress fanno parte
di un più ampio ed encomiabile progetto: costruire un rapporto stabile e bidirezionale
con il suo pubblico, che speriamo sia sempre più numeroso.
http://www.losguardodiarlecchino.it/andiamo-in-giro-di-notte-e-siamo-bruciati-dallafatica
ARTNOISE.it ( 2 9 s e t t e m b r e 2 0 1 5 )
DAN Z A
Roberto Castello, “In girum imus nocte…”
d i M A R TA O L I V I E R I
All’interno del fest ival Short Theatre, che quest ’anno apre la stagione settembrina di
t e a t r o , d a n z a e m u s i c a a Ro m a , a b b i a m o a v u t o l a p o s s i b i l i t à d i a s s i s t e r e a l l a p r i m a
a s s o l u t a d e l l a n u o va p r o d u z i o n e d i Ro b e r t o C a s t e l l o : I n g i r u m i m u s n o c t e ( e t c o s u m i m u r
igni) [Andiamo in giro la notte (e siamo consumati dal fuoco)].
S i e n t r a a l l a Pe l a n d a e s i a t t e n d e f i n c h é u n s u o n o b a t t e l o s p a z i o e s f o n d a i c o n f i n i d e l
controllo razionale.
Una scena nera ospita corpi alienati con l’aiuto di luci semplici e geometriche che,
ass ieme ai danzatori e ad una voce che scandisce meccanicamente il bu io e la luce,
disegnano ritmicamente la scena. Improvvisamente un tuffo.
Un territorio inconscio sembra accogliere lo spettatore che subito si affida al linguaggio
scelto e inizia a dialogare con lo spettacolo.
Corpi in movimento senza tregua narrano la comunità nelle sue espressioni più
va r i e g a t e ,
evidenziando
dall’inizio
alla
fine
uno
stato
di
malessere,
narrato
impeccabilmente dai danzatori attraverso un prec iso, e paradossalmente rass icurante,
parossistico tremolio rimbalzante che li accompagna per tutta la durata dello spettacolo.
I corpi sono insieme ma soli, poi soli, ma insieme. Proprio come nelle strade delle
nostre città.
La struttura dello spettacolo di Castello è salda, culla lo spettatore che ne segue il
cammino. Proprio per questo possiamo convogliare tutte le nostre energie in una
esperienza densa, sia di senso che di corpo.
I corpi si inseguono senza tregua, stanchi, deformati nei vo lti, deturpati forse dalla
stanchezza di cercarsi. Ne viene fuori una spossatezza profonda che, ahimè, credo
risieda pacata anche in quelle sedie di platea.
Lo spettacolo ha quas i un carattere ossessivo e liberatorio; con coraggio affronta questo
schema che tutti noi tendiamo a nascondere nel quotidiano. Qui non ci si può esimere
dal viverlo. Una volta terminato, si è certi di aver vissuto e condiviso qualche cosa di
prezioso con il resto del pubblico, con chi lo ha scritto e con chi lo ha danzato. Le
v i b r a z i o n i r e s t a n o i n c i r c o l o . L’ e s p e r i e n z a n e l e d e l p r e s e n t e è l a p i ù b e l l a s e n s a z i o n e
che ci auguriamo di vive re.
N e a b b i a m o a n c o r a l ’ o c c a s i o n e d a l 1 6 a l 1 8 o t t o b r e 2 0 1 5 a l t e a t r o Va s c e l l o d i Ro m a .
http://www.artnoise.it/roberto-castello-girum-imus-nocte/
Scenecontemporanee.it
Short Theatre
Khoukhou
2015
|
Aldes
(26 settembre 2015)
Roberto
Castello,
Youness
d i R E N ATA S AV O
Dal passato alla nostalgia di futuro, ma passando per il presente. A Short Theatre ha
debuttato In girum imus nocte (et consum imur ign i), coreograf ia d i Roberto Caste llo,
fondatore nel 1993 della compagnia toscana ALDES, e in generale tra i più illustri
rappresentati della danza contemporanea in Italia. Una prima assoluta il suo In girum
imus
nocte
(et
consumimur
igni),
titolo
palindromo
che
riprende
un
verso
tradizionalmente attribuito al poeta Virgilio dal significato enigmatico quanto la sua
assegnazione di paternità, a sua volta riutilizzato dal regista e filosofo Guy Debord
(autore del famoso saggio La società dello spettacolo) per un film (nel 1978) che
r i f l e t t e va s u l r a p p o r t o t r a l i b e r t à e s p e t t a c o l o , t r a p r o d u z i o n e e c o n s u m o , v i s t i e n t r a m b i
c o m e m o m e n t i d i u n c i c l o s p i e t a t o , l a b i r i n t o s e n z a v i a d ’ u s c i t a . L’ i n q u i e t u d i n e l a b i r i n t i c a
de l verso
latino
viene
trasferita nello
spettacolo
di Roberto
Castello
sul piano
del
movimento di gruppo nello spazio e nel tempo. Lo spazio vuoto è reso fioca luce dalle
proiezioni video sullo sfondo e movimento dalle anime nere che lo abitano. I corpi dei
danzatori rappresentano l'ossimoro di luci oscure che appaiono e scompaiono all’ordine
di accendersi e di spegnersi proveniente da una voce acusmatica. Il loop musicale dal
r i t m o s i n c o p a t o e d a l l e s o n o r i t à va g a m e n t e e t n i c h e d i v e n t a i l t e r r e n o s u c u i s t e n d e r e
una danza ispirata a tecniche e stili diversi: tra modu li coreografici che ne assecondano
l’andatura ritmica e la libertà di una danza che invece sembra sorda ai richiami de lla
musica, emerge nel complesso, in quel gioco illusionistico di spostamenti repentini nel
buio e nell'assoluta padronanza del senso spaziale che ricorda Quad (1981) di Samuel
Beckett, l’immagine di una sorta di videogioco in fernale, un’allucinazione che lascia
libero lo spettatore di ricamare un suo personale intreccio attorno alle brevi azioni
mimet iche innescate da intenz ioni narrative. Questo nuovo lavoro di Roberto Caste llo è
un'opera metafisica, enigmatica come un dipinto dechirichiano, non a caso costruita
sulla
dialettica
tenebre/luce
e
sul
paradosso
tra
spazio
bidimensionale
e
tridimensionale, dominato da corpi dalle mostruose abilità. Corpi che non conoscono
attrito, gravità né resistenza. Una sublime visione. Uno spettacolo eccezionale.
http://www.scenecontemporanee.it/arti-performative/short-theatre-10-mk-e-inkroberto-castello-in-girum-imus-nocte-et-consumimur-igni-1829
La REPUBBLICA ( 2 0 s e t t e m b r e 2 0 1 5 )
DAN Z A
IL CAOS DELLA VITA SCANDITO DALL'UDU
di RODOLFO DI GIAMMARCO
Un secondo e mezzo di suono ottenuto dall'udu, percussione africana, scandisce in modo
seriale, per un'ora, i 67 quadri (intercalati da bui) di un capo lavoro de lla danza che
studia con dinamiche toccanti il corpo umano in preda a isteria, ipnosi, sopruso.
S'intitola In girum imus nocte (et consumimur igni) , palindromo latino usato da Guy
D e b o r d i n u n f i l m d e l 1 9 7 8 , q u e s t a g e n i a l e m a c c h i n a d i Ro b e r t o C a s t e l l o c h e c o l l e z i o n a
posture di quattro performer continuamente sorpresi in gimnopedie, pose, e figure al
l i m i t e , s e m p r e i n s p a z i d i l u c e va r i a b i l i .
In abiti neri, affetti da spasmi o tranche, bersagli di fu lminee istruzion i beckett iane,
riprodotte a scatti come in sequenze alla Muybridge, subordinati come in un Salò di
Pa s o l i n i , a d a r c o r p o s t r e p i t o s a m e n t e a l c a o s d e l l a v i t a s o n o E l i s a C a p e c c h i , M a r i a n o
Nieddu, Giselda Ranieri e Irene Russolillo.
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2015/09/20/il-caos-dellavita-scandito-dalludu56.html?ref=search
NUCLEO art-zine ( 9 s e t t e m b r e 2 0 1 5 )
Short Theatre
Khoukhou
2015
|
Aldes
Roberto
Castello,
Youness
d i VA L E R I A L O P R I E N O
All’interno dell’ interessantissima programmaz ione di Short Theatre, Roberto Castello
d e b u t t a i n p r i m a a s s o l u t a c o n l a s u a n u o va p r o d u z i o n e i l c u i t i t o l o I n g i r u m i m u s n o c t e
et consumimur igni è attribuito ad un palindromo latino dalle origini incerte che tradotto
letteralmente sarebbe: Andiamo in giro la notte e siamo consumati dal fuoco.
Il coreografo inserisce i suoi quattro performer all’interno di un rettangolo dalle pareti
rosse e li bagna di una proiezione costante di neve cadente. Lo spazio è ulteriormente
diviso e creato dalle luc i che, annunciate da una voce fuori campo, alternano “light ”
luce e “dark” bu io. I suoi interpreti si muovono in questo spazio mute vole costruito
attraverso coni d’ombra, tenebre e fasc i di luce: un’architettura inglobante, dai contorni
netti, che solo attraverso il loro movimento sembra voluminosa, tridimensionale.
La costante e martellante musica elettronica che accompagna le quattro figure in scena
è un elemento assolutamente essenziale e materico. I danzatori, nelle loro posture
ricurve e ingobbite, dallo sguardo basso, si muovono goffi e incatt iviti. Moderni zombie
di una civiltà in disfacimento, alternano quadri estremamente pittorici, plastici ed
espression ist i, a gag divertenti e azioni da film muto. C’è un po’ de l capo lavoro di
Maguy Marin May B, come nei costumi un certo richiamo a Martha Graham. E’ l’
immagine
di
un’umanità
degradata
costruita
cinematograficamente,
in
modo
estremamente accurato e interpretato magnificamente.
Di tutt’altra fattura e concezione è
l o s p e t t a c o l o d i d a n z a d e l c o r e o g r a f o m a r o c c h i n o Yo u n e s s
Khoukhou. Becoming è la prima creazione di questo giovane danzatore. Lo spazio scenico è
s p o g l i o , i t r e i n t e r p r e t i s o n o v e s t i t i c o n a b i t i c o m u n i e s c a r p e , n o n c ’ è m u s i c a . L’ i n d a g i n e d e l
lavor o è essenzialmente sul moviment o. La drammaturgia del pezzo si basa sull’analisi delle
traiettorie, delle dinamiche, sull’imprevisto e gli scontri.
Lo spazio viene costruito attraverso il movimento e il ritmo. Le regole interne stabilite dai tre
fanno sì che essi riescano a coordinarsi in ogni istante. Lo schema geometrico e ripetitivo si
sfalda piano piano con l’aument o dell’andatura provocando scontri ed errori imprevedibili per
q u e s t o g e n u i n i e i n t e r e s s a n t i . L’ i m p r e v e d i b i l i t à d e l p e r c o r s o d i v e n t a a p o c o a p o c o v o l o n t a r i e t à
trasformando il gioco iniziale in una sfida. Il contatto è carico di tensioni e di immagini estreme.
Un lavor o in crescendo e pieno di piace voli momenti intellettualmente stimolanti.
http://nucleoartzine.com/short-theatre2015-aldes-roberto-castello-youness-khoukhou/
Teatro e critica
(7 settembre 2015)
Debutta in prima assoluta a Short Theatre 10 il nuovo lavoro
di Roberto Castello per Aldes
di GAIA CLOTIL DE CHERNETICH
Light. Sul palcoscenico nudo si registra l’assenza di quinte, corpi, oggetti. Gli unici
segni di vita sono una proiezione di gocce che scendono a scatti sul fondale e un ritmo
elettronico in quattro quarti, a scandire un tempo circolare. Dark. La sottrazione della
visione operata dal buio porta l’attenzione a concentrarsi sul ritmo, ambasciatore di un
seguito imprevedibile che s’innesta ne ll’oscurità come un oggetto concreto colto da
moto perpetuo. Light. Una formazione si stacca dal fondo della scena ritagliando,
immobile, la sagoma di quattro corpi a capo chino, elegantemente vest iti con abiti neri
d’ispirazione vittoriana.
In In girum imus nocte (et consumimor igni) – titolo palindromo dell’ultima creazione
de lla fuc ina lucchese ALDES condotta da Roberto Castello – il pr imo accenno al
movimento è un sussulto cinestetico che agisce alla base de lla nuca, un annu ire lieve
che marca il tempo in crescendo, nascendo sottile per diventare feroce, affilato e
s e l va t i c o .
I danzatori – Mar iano Nieddu, Gise lda Ran ieri, Irene Russolillo e Ilenia Romano/Elis a
Capecchi – sono posseduti e s’impossessano del ritmo che costruisce i loro corpi
portandoli verso quello “stato di danza” che già la danzatrice italo -americana Simone
Fo r t i a v e va i n i z i a t o a e s p l o r a r e , c o m p l i c e l ’ L S D , i n t o r n o a g l i a n n i ‘ 7 0 : u n a t r a n c e
p e r c e t t i va c h e d e f o r m a i t r a t t i e i n v a d e i l c o r p o , u n ’ a l t e r a z i o n e c h e e s a l t a l ’ i n d i v i d u a l i t à
disponendola ad aprirsi all’altro con le dovute conseguenze di conflitti e affinità.
L’ a l t e r n a n z a i r r e g o l a r e d i l u c e e b u i o è c h i a m a t a d a u n a v o c e c h e , i m p a r t e n d o i c o m a n d i
light e dark, conduce il gioco della visione. Come elemento drammaturgico, la luce è
q u e l l a d i a f a n a d i u n p r o i e t t o r e p r o g r a m m a t o p e r a t t i va r e e d i s a t t i va r e p o r z i o n i d i s c e n a
secondo un princ ipio geometrico vo lto a segnare improvvise latitudini e longitudini
(corridoi, sezion i e forme poste in posizioni e ad altezze diverse).
Nella prima metà, la reiterazione esasperata del dondolio della testa si combina con il
ritmico fruscio dei piedi dei danzatori colti da un fuoco crescente e capace di
t r a s f o r m a r e s e m p r e d i p i ù l e l o r o t e n s i o n i i n t e r i o r i i n m o v i m e n t i : d a i n - t e n s i o n a e xtension in un rapporto di reciproca interdipendenza. Quando giunge a regime, la
struttura dello spettacolo scioglie nei corpi un’umanità individuale, iniziano quindi a
intrecciarsi relazioni inedite che non sembrano vo lte a intrattenere il pubblico con il
prodigio dionisiaco della trance dance, ma a tenere testa, forse, a ciò che il setting
autoritariamente impone. Si generano quindi momenti di contatto dove il peso del corpo,
in senso sia fisico che metafisico, è oggetto ora d’accettazione ora di resistenza. La
liberazione del movimento, che esplode in forme liquide, è la via di fuga da un accumulo
di tic e di spasmi musco lari che entrano in loop. Se la verticalità che caratterizza
vis ivamente la prima parte contrassegna le quattro individualità come partecipant i dello
stesso trip, è nel momento in cui i danzatori raggiungono la dimensione orizzontale, al
co ntatto co l suo lo, che emerge ch iaramen te l’u man it à sin go lare di ciascun o di lo ro.
Spuntando dal nero solenne dei costumi, la carne è lo spazio del vulnus, la ferita, segno
della potenziale vulnerabilità che rilancia continuamente, nello spettacolo, ogni possibile
solid if icazione di senso. Così Giselda Ranieri ci offre con toccante intens ità la visione
della pelle della sua schiena mentre asseconda la forza del suo corpo che fluisce nei
muscoli disarticolando spazi e tempi.
Nonostante la voce fuori campo annunci ripetutamente l’avvento de lla fine – the end is
near – il ritmo non smette di possedere i corpi dischiudendo infine in loro la possibilità
d i u n ’ i r o n i a d a i t o n i l e g g e r i c h e va g a m e n t e i n i z i a a s c o m p o r r e , n e l l a s e c o n d a p a r t e , l a
d i m e n s i o n e s e r i a d e l l a s c e n a . È c o s ì c h e l a t ra n c e a p r e l e p o r t e a l l a p o s s i b i l i t à d i u n a
danza grottesca, coraggiosa evoluzione all’interno di un dispositivo scen ico austero che
invita lo spettatore a lasciars i andare, dall’in izio alla fine, attraversando i propri stati
d’animo sui quali le continue “seizure” della luce e dei movimenti agiscono come una
sequenza di neurologici black out e aure premonitrici. Con questa prima assoluta,
Ro b e r t o C a s t e l l o a c c o m p a g n a d a n z a t o r i e s p e t t a t o r i v e r s o u n o s t a t o d i r e c i p r o c a
empatia, quel fuoco comune che il titolo della creazione richiama: un fuoco che,
n o n o s t a n t e l ’ o p e r a z i o n e c h i r u r g i c a c h e l a d a n z a ra p p r e s e n t a p e r i c o r p i , n o n c o n s u m a l a
visione, ma la accende.
http://www.teatroecritica.net/tag/short-theatre-10/
[PAPER STREET]
(5 settembre 2015)
Nostalgia di Futuro, o la riconquista del presente
di GIULIO SONNO
“L a n os t alg ia è fru tt o d i un ' in c on s ape vo le s po n t an e it à: vi ve re , rim an e re ne l q u i e o ra, [… ]”
“La
precarietà
coreografo
nei confronti del presente
Roberto
Castello
t r o va
(co-fondatore
di
altresì
forma
S o s t a Pa l m i z i
nell'ultimo
e
creatore
lavo ro
del
del gruppo
ALDES). In girum imus nocte (et consumimur igni) è un'ipnosi alienante. Siamo nella
grande
scatola
di
o s s e s s i va m e n t e
un
tra
i
tempo
senza
continui
e f f e t t i va
i n t e r va l l i
di
evoluzione:
luce
e
buio.
un
Lo
ritmo
tribale
spazio
una
si
ripete
proiezione
segmentata di asfalto su l rosso pallido delle paret i. Non c'è sangue, non c'è meta, non
c'è
passato
né
futuro.
Con
movimenti
lenti
e
scattosi,
vediamo
aggirarsi
quattro
individu i né vivi né mort i (Capecchi, Nieddu, Ranier i, Russolillo ): si trascinano nel vuoto
de lle loro esistenze come se non potessero fare altro che "sopravvivers i addosso".
I m p o s s i b i l e d i r e s e i l b u i o c h e s e p a r a i d i v e r s i f r a m m e n t i s e g n i u n a d u r a t a e f f e t t i va .
I l p r i m o p e n s i e r o a l l o r a va a l l a m o v i d a d e l l e g r a n d i c i t t à , a i c l u b n o t t u r n i , a i r a v e p a r t y,
al
pub
c ra w l ,
generazioni:
ma
qui
Castello
c'è
ci
mostra
l'ologramma
molto
impietoso
di
della
più
che
nostra
uno
spaccato
vitalità
delle
nuove
contemporanea.
Ci
r i s c o p r i a m o g a t t i n e l l a s c a t o l a d i S c h r ö d i n g e r, n e s s u n o s a d i r e s e s i a m o a n c o r a v i v i
perché nessuno ha il coraggio di alzare il proprio coperchio, meglio atrofizzarsi nel
margine del dubbio.
Siamo, dunque, in una crisi e ciò non sfugge ad Arcuri, che con Short Theatre si
c o n f e r m a u n o d e g l i o s s e r va t o r i p i ù s e n s i b i l i e l u c i d i d e l p a n o r a m a t e a t r a l e i t a l i a n o ,
mostrando tacitamente alla Capitale come la crisi non sia banalmente un disagio ma
u n ' o p p o r t u n i t à d i t r a n s i z i o n e . L a " n o s t a l g i a d i f u t u r o " p o t r e b b e e s s e r e l a m o r t e d i d io ,
l'emancipazione dal lassismo della provvidenza, sana e responsabile
laicità. Questo
tempo depurato di speranza, insomma, non è necessariamente un male – anzi – perché
c i p o r t a a v i v e r e n e l p r e s e n t e : c i s p i n g e a l l ' a z i o n e .”
http://www.paperstreet.it/cs/leggi/nostalgia-di-futuro-o-la-riconquista-del-presente.html
DOPPIOZERO ( 1 0 s e t t e m b r e 2 0 1 5 )
Short Theatre: riti di sacrificio
Roberto Castello: la macchina di tortura del desiderio
d i ATT I L I O S C A R P E L L I N I
[ … ] Q u a n t o a “ n o s t a l g i a d i f u t u r o ”, p e r u s a r e i l c l a i m c h e q u e l l ’ i n f a t i c a b i l e i n v e n t o r e d i
m o t s d ’ o r d r e c h e è Fa b r i z i o A r c u r i h a c o n i a t o p e r q u e s t a d e c i m a e d i z i o n e d i S h o r t
Theatre, il palindromo coreograf ico di Roberto Castello riesce a espr imerne più de lle
a t t e s e e o s a n n a t e S h e S h e Po p . A n z i è l u i c h e c o n I n g i r u m i m u s n o c t i s e t c o n s u m i m u r
igni (t ito lo finalmente e arcaicamente lat ino, oltre che ispirato all’omonimo film di
Debord) finisce per reinterpetare l’assurdo sacrificio dell’Eletta: se non proprio “fino
a l l a m o r t e ”, i s u o i q u a t t r o d a n z a t o r i i m p r i g i o n a t i i n u n a c e l l u l a m u s i c a l e o s s e s s i v a m e n t e
r e i t e r a t a d a n z a n o f i n o a l l o s f i n i m e n t o e a l l a t ra n c e , c e l e b r a n d o u n e s e m p l a r e q u a n t o
angosciante matrimonio tra l’estasi e il panico. Storia di demoni e di farfalle notturne
c h e s v o l a z z a n o a t t o r n o a l l a s t e s s a l a m p a d a c h e l e i n c e n e r i r à – s e n e t r o va f o r s e u n a
tracc ia nelle spettrali ve lature di gocce che proiettate sulle pareti sono la sua sola
s c e n o g r a f i a – q u e s t a t o t e n t a n z c o n l u g u b r i a c c e n t i d a c a r n e va l e n o r d i c o , e l e g a n t i a b i t i
neri e corpi stilizzati, è nondimeno uno straordinario meccanismo alienante, una
sapiente macchina della legge (cioè della tortura) tardomoderna, con l’unica differenza,
derisoria, che a farla funzionare non è la legge, bensì il desiderio.
La sua sola musica è una frase ritimica estratta da non si sa quale barbarica
performance techno, la sua unica scena è uno spazio nudo di riferimenti che non siano il
giorno e la notte che si susseguono in un secco alternarsi di bianchi e di neri, il suo
interruttore è una voce femmin ile che all’in izio è carica di un glamour sintetico e quas i
suadente ma che, tempo dieci minuti, nel suo demiurgico e ripetuto prescrivere la luce
(light) e la tenebra (dark), suona più odiosa di una frusta egizia o di qualunque voce
mai udita dei Grandi Fratelli del passato. In mezzo, tra luce e tenebra, un drappello di
dannati batte il tempo sul posto, facendo oscillare il corpo e ciondolando le braccia,
s p o s t a n d o s i c o l f a v o r e d e l b u i o n e l l ’ i l l u s i o n e d i a va n z a r e – i n a va n t i , a d e s t r a , a
sinistra, rasente il muro, al centro – in un altro punto de llo spazio dove la luce (che è
quella di una trasparenza equalizzante e poliziesca) puntualmente li riscoprirà.
È u n a s o f f e r e n z a d i va r i a z i o n i , d a p p r i m a m i n i m e , p o i s e m p r e p i ù a c c e n t u a t e , e p r o p r i o
per questo sempre più ve lle itarie e aleatorie, che non riescono a liberars i de l rigorismo
elementare
ma
ossessivo
del
tema,
ovunque
portino
il
proprio
desiderio
di
emancipazione e di singolarità e soprattutto nelle direzioni canoniche della danza
contemporanea: in verticale e in orizzontale – in quel grado zero della postura che è la
t e r r a – n e l l a f i g u r a z i o n e o n e l l ’ i n f o r m e . L’ o n d a r i t m i c a t o r n a o g n i v o l t a a s o m m e r g e r l i
nello schema che in un’apparenza di ordine nasconde l’irrisoluzione del perpetuum
m o b i l e , d e l c i r c o l o v i z i o s o , d e l l a c a t t i va i n f i n i t à d e l p a l i n d r o m o c h e n o n i n i z i a e n o n
f i n i s c e , va i n g i r o , a p p u n t o , c o n s u m a n d o i l f u o c o d e l l e l a n t e r n e d e l l a n o t t e .
È l ’ i r r e s o l u z i o n e d i u n m o n d o t o t a l m e n t e r e a l i z z a t o ( c h e t a n t o d i s p e r a va J e a n
B a u d r i l l a r d n e i s u o i u l t i m i a n n i d i v i t a ) c h e Ro b e r t o C a s t e l l o v u o l e s m a s c h e r a r e c o n u n o
sguardo alla Matrix, mostrandone la nuda vita sotto le spoglie dello spettacolo
permanente. La danza è il suo strumento, la sua possibilità di incarnazione critica, e
insieme la sua metafora. Non si può non essere presi dalla tetanica ronde di In girum
imus nocte…, non si può non seguirla, se non battendo e fuggendo (cercando di fuggire)
allo stesso passo de lle infat icabili (e ammirevo li) anime perse che animano la sua
trance, ansimando sotto i colpi dei tamburi lontani troppo vicini, simpatizzando col
t o p o va l z e r r i m a s t o i m p i g l i a t o n e l l a s u a r u o t a e s p e r a n d o c h e q u a l c o s a , i l d e u s e x
machina di un provvidenziale colpo di rivoltella – una rivoltella surrealista, una vecch ia
rivoltella rivo luzionaria… – spacci una volta e per tutte que lla voce maledetta che, se
non bastasse il danno, la frusta che detta il tempo, ci aggiunge la beffa di annunciare di
t a n t o i n t a n t o , m e n d a c e m e n t e , c h e t h e e n d i s n e a r. E i n v e c e , a n c h e q u a n d o l a
coreografia sembra pross ima a una liberazione de l movimento in un disordine narrativo,
prefigurando gesti orgiastici o conflitti che ridestano i corpi dal loro torpore, non fa che
assolutizzare il meccanismo, usare l’illusione per stringere le maglie del palindromo.
Il mondo raffigurato da Castello viene dopo l’azione, i corpi che in esso si agitano sono
invischiati in un behaviorismo gestuale senza uscita, in un certo senso è pura, brutale
necessità che ha inglobato la trasgressione in se stessa. “La saggezza non arriverà
m a i …” d i c e va G u y D e b o r d s u g g e l l a n d o o r g o g l i o s a m e n t e i l s u o f i l m ( e l a s u a v i t a ) c o n d e i
punt ini di sospensione. Qu i non è la saggezza, ma la liberazione stessa che non arrive rà
mai. Altro che sballo: viviamo semplicemente in un’altra società disciplinare. Strozzato
d a u n e t e r n o p r e s e n t e c i r c o l a r e , i l f u t u r o n o n è p i ù q u e l l o d i u n a v o l t a . Re s t i t u i t i a l
silenzio senza una ragione, se non quella che gli spettacoli finiscono, Mariano Nieddu,
G i s e l d a R a n i e r i , I l e n i a Ro m a n o e I r e n e R u s s o l i l l o a va n z a n o s u l p r o s c e n i o , s t a n c h i e
radiosi. Un applauso saluta la loro salvezza prima ancora della loro bravura. (Anche
Nijinski, frastornato, applaude.)
http://www.doppiozero.com/materiali/scene/short-theatre-riti-di-sacrificio
gli STATI GENERALI ( 2 0 s e t t e m b r e 2 0 1 5 )
suo ni e visio ni
Short Theatre 2: polemiche e spettacoli
di ANDREA PORCHEDDU
U n m i o p o s t d i q u a l c h e g i o r n o f a , r e l a t i v o a l l a “ c o m u n i o n e ” t u t t a i n t e r n a a l F e s t i va l
S h o r t T h e a t r e d i Ro m a , h a s u s c i t a t o q u a l c h e r i s p o s t a i n d i s p e t t i t a e q u a l c h e p r e s a d i
p o s i z i o n e . A l c u n e b e l l e , a p p a s s i o n a t e , a r t i c o l a t e : e s e n z a d u b b i o va l e l a p e n a c o n t i n u a r e
a porre domande, se si hanno tante e tali risposte.
[…]
Allora intanto, per recuperare un po’ di tempo perduto in queste chiacch iere, vorre i
tornare su due spettacoli visti proprio a Short Theatre, che mi hanno sorpreso e
affascinato.
[…]
> Altro lavoro avvincente è In girum imus nocte et consumimur ingni (Andiamo in
g i r o l a n o t t e e s i a m o c o n s u m a t i d a l f u o c o ) , n u o va c o r e o g r a f i a d i R o b e r t o C a s t e l l o e d e l
s u o g r u p p o A l d e s . L’ a f f a s c i n a n t e e m i s t e r i o s o p a l i n d r o m o l a t i n o è l o s p u n t o p e r u n
affresco umano degno di Bosch o di Bruege l, puro medioevo contemporaneo: un’uman ità
sfranta, affranta, spersa che continua a marciare inesorabilmente sul posto, ad avanzare
stando ferma, a sbatters i e combattersi per una gara senza arrivo. I cinque formidabili
i n t e r p r e t i n e r o v e s t i t i ( E l i s a C a p e c c h i , M a r i a n o N i e d d u , G i s e l d a R a n i e r i , I l e n i a Ro m a n o ,
Irene Russo lillo) sono an ime in pena, sono pellegrin i sfin iti, sono migranti d’ogg i.
Camminano ass illat i da una musica che è loop elettronico ossessivo, in un alternars i di
bu io e luce scandito da una diafana voce beckett iana che tutto spinge all’assurdo. Ma è
la condizione umana, quella che racconta Castello non senza ironia: ed è la realtà di una
l o t t a q u o t i d i a n a , s e m p l i c e m e n t e p e r a r r i va r e u l t i m i . L’ i n c i p i t i n s i s t i t o d e l l o s p e t t a c o l o è
folgorante: quella postura dei corpi, quel camminare a vuoto, quegli sguardi appesantiti
sono l’emblema tragico dell’eterno ritorno del presente. Non ci sono vie di fuga, in
questa scatola chiusa che è il mondo: un bianco e nero tracciato di frammenti
(proiettati) come pioggia o graffi, tagli di luce obliqui e claustrofobici, dettagli parziali
che soffocano quanto la vis ione generale. Il lavoro cede un po’ in alcun i quadri
e c c e s s i va m e n t e n a r r a t i v i e m i m e t i c i , l a d d o v e l ’ i m p e t o c o m e s e m p r e c a u s t i c o d i Ro b e r t o
Castello si lascia andare a una empatica visione di questa umanità sbandata: quando
v u o l e s a l va r / c i , i l c o r e o g r a f o t o s c a n o p e c c a d i g e n e r o s i t à . A n z i c h é t e n e r e v i v o q u e l
“fuoco” che brucia lento e inesorabile le nostre vite, rosolandole calde come in apertura
spettacolo, Castello ha preferito un po’ di leggerezza. Chissà, altrimenti, vien da
pensare, l’es ito ci avrebbe davvero stordito, confuso e commosso davvero troppo.
http://www.glistatigenerali.com/teatro/short-theatre-2-polemiche-e-spettacoli/
RE CENSIONI
ph ILARIA SCARPA
TRATTATO DI ECONOMIA
COREOCABARET CONFUSIONALE SULLA CONDIZIONE ECONOMICA DELL'ESISTENZA
w w w. a l d e s w e b . o r g / i t / t r a t t a t o
d i ROBERTO CASTEL LO e ANDREA COSENTINO
Gli stati generali
(19 novembre 2016)
suo ni e visio ni
Brancaccino e Carrozzerie Not: spazi di creatività a Roma
di ANDREA PORCHEDDU
[...] le proposte più originali e divertenti di questo in izio stagione: la lezione-spettacolo
c h e M a s s i m i l i a n o C i v i c a f a s u l t e a t r o d i E d u a r d o D e F i l i p p o , d a l t i t o l o Pa r o l e i m b r u g l i a t e ,
e i l Tr a t t a t o d i e c o n o m i a d i C a s t e l l o / C o s e n t i n o .
[ . . . ] i l Tr a t t a t o d i e c o n o m i a v e d e l a c r e a z i o n e d i u n a c o p p i a c o m i c a s e n z a p r e c e d e n t i : i l
coreografo
e
danzatore
Ro b e r t o
Castello
si
intreccia
con
la
surreale
cifra
c r e a t i va
d e l l ’ a u t o r e - a t t o r e A n d r e a C o s e n t i n o . L’ e s i t o d e l l ’ i n c o n t r o è u n a i n a t t e s a d e f l a g r a z i o n e
dei meccanismi scen ici cui dà compimento teorico, in un finale davvero ironicamente
situazionista,
divertente
e
l’apparizione
divertita
video
recensione
del
critico
Attilio
entusiastica
Scarpellini,
ancorché
che
preventiva.
“firma”
Il
Tr a t t a t o
una
di
economia è una feroce requisitoria contro i meccanismi del Capitale, è un affronto alle
leggi del mercato, è una parodistica conferenza sul rigore delle macro e micro dinamiche
economiche, un attacco al cuore dei feticci del consumismo.
Pa r t e n d o d a l l ’ a n a l i s i c o m p a r a t a d i d u e o g g e t t i d i p l a s t i c a d e l l o s t e s s o p e s o , s t e s s a
fattura, ma dal prezzo diversiss imo – un pene e una paperella – Cosentino e Caste llo si
arrampicano
su
teorie
e
ipotesi,
su
dimostrazioni
e
digressioni
di
paradossale
ma
i n c o n t r o v e r t i b i l e l o g i c i t à . S e m m a i , i l Tr a t t a t o s i p i e g a u n p o ’ s u s e s t e s s o q u a n d o l a
crit ica si fa troppo autoreferenziale, ossia tutta rivo lta ai meccanismi de l teatro stesso,
parlando a un pubblico scelto: ma lo studio de i “dest inatari” – ovvero dei consumatori e
delle fasce di mercato – è esilarante. Come pure funziona benissimo la parodia, per stili
e modalità, delle creazioni dei “grandi maestri della danza” che Castello mette alla
berlina. Dietro l’apparente e goliardica intemperanza dei due, allora, c’è la sapienza
tagliente di chi sopporta sulla propria pelle
l’impossibilità di una vita culturale (e
t e a t r a l e ) n o r m a l e . “ D i c u l t u r a n o n s i m a n g i a ”, d i c o n o i s o l o n i d e l n u o v o c o n s o c i a t i v i s m o
massone, pronti a tutto pur di tagliare l’investimento pubblico nello spettacolo dal vivo
e nell’arte. Cosentino e Castello dimostrano, drammaticamente, quanto la fosca profezia
sostenuta da tanta parte politica sia vicina a realizzarsi."
http://www.glistatigenerali.com/teatro/brancaccino-e-carrozzerie-not-spazi-dicreativita-a-roma/
Saltinaria.it
(12 ottobre 2016)
Trattato di economia – Carrozzerie n.o.t. (Roma)
d i P I E T R O D ATTO L A
Castello ha lanciato l'idea, immediatamente accolta dal futuro partner di scena.
I n u n ' i n t e r v i s t a , i l c o r e o g r a f o d i c h i a r a c h e i l p u n t o d i p a r t e n z a è s t a t o l ' o s s e r va z i o n e d i
come il denaro venga "distrattamente ritenuto un elemento oggettivo, come se fosse un
elemento di natura". Il denaro è invece uno strumento artificiale e non intrinsecamente
necessario, nato per facilitare gli scambi. In breve, però, da mezzo si è trasformato in
fine, spingendo la stragrande maggioranza degli uomini a fare anche cose molto strane
pur di accumularlo. La sua natura di semplice mezzo è palese anche - e forse,
soprattutto - agli studiosi di economia. Nel suo cuore, l'economia non tratta del denaro,
m a d e l l e s c e l t e c h e f a c c i a m o e d e l ra p p o r t o c o n g l i a l t r i i n d i v i d u i e c o n l e c o s e c h e
u t i l i z z i a m o i n b a s e a u n s i s t e m a d i va l o r i d a t o ( s o l i t a m e n t e , q u e l l o d e l m a s s i m o
profitto). Se ciò è vero, c'è economia in ogni aspetto della vita, a prescindere dal
denaro. C'è un'economia degli affetti, per esempio, come c'è un'economia del successo:
se anche i soldi non interessano, perseguendo la massimizzazione degli affetti o del
successo si metteranno in moto dinamiche molto simili a quelle comunemente ricondotte
all'ambito economico.
Si tratta di un sistema, probabilmente in qualche modo connaturato all'essere umano o
forse anche alla vita stessa: il nostro essere, per impostazione predefinita, tende alla
massimizzazione di qualcosa, producendo intorno a sé tutta una serie di distorsioni che
solitamente finiscono per rendere la vita meno "umana". Questo sistema può essere
piegato solo compiendo uno sforzo consape vole in un'altra direzione, solo mutando
consape volmente i propri desideri. A questo serve l'arte che, pur immersa da capo a
piedi in questo stesso sistema (come non manca di far brillantemente notare lo
spettacolo), è tuttavia una delle att ività umane in cui vengono elaborat i nuovi pensieri.
Ma come parlare di tutto ciò senza ergersi in un inefficace sermone o scadere nel
cabaret? È quello che si chiede Castello stesso nel corso dello spettacolo, senza peraltro
d a r e u n a r i s p o s t a . I n s i e m e a C o s e n t i n o c i p r o va a e v i t a r e q u e s t a t r a p p o l a , s u s c i t a n d o u n
sorriso (quando non proprio una risata) e una meraviglia costanti grazie alla
caleidoscopicità dei linguaggi usati (dialogo, monologo, danza, immagine scenica,
proiezione, performance), al ritmo serrato e a scene che, nel dire una cosa, alludono (o
q u a n t o m e n o e vo c a n o ) a l t r o . C o s ì , m e n t r e i d u e m e t t o n o i n q u a t t r o e q u a t t r ' o t t o p i e d i i n
un gioco metateatrale, quello che dovrebbe essere lo spettacolo ideale (quello appetibile
a ogni segmento di pubblico), da una parte ci si avvede che sarebbe una schifezza
insostenibile, dall'altra, a volers i lasc iare suggest ionare da tutti quegli oggett i che,
trascinati dal nastro trasportatore, si accumulano in una piramide di spazzatura, può
ven ire in mente una più fine cons iderazione sulla sostanziale inutilità della gran parte
dei beni che inseguiamo e che "scorrono" nella nostra vita, solo per finire in qualche
(inquinante) discarica.
U n i c o f i l r o u g e d i q u e s t a s e r i e e t e r o g e n e a d i s c e n e : l a p e r va s i v i t à d e l l ' e c o n o m i a ( n e l
senso sopra inteso) nella vita e - quindi - anche nel teatro, nello spettacolo. Così, se ci
si
ferma
un
attimo
oltre
l'incontenibile
risata
scatenata
dalla
parodistica
e s e m p l i f i c a z i o n e d i c o m e Fa b r e , R o n c o n i e B a u s c h a v r e b b e r o p o t u t o t r a t t a r e i l t e m a
economico, si può anche giungere alla conclusione che degli stili tanto identificabili
corrispondono, in fondo, a dei brand, dei marchi di fabbrica riconoscibili, affermatisi nel
tempo e qu indi ripropost i dall'artista (anche) per sfruttarne la vendibilità: anche lo
s p e t t a c o l o è u n p r o d o t t o c h e va r e a l i z z a t o , p o s i z i o n a t o e v e n d u t o s e c o n d o l e l o g i c h e d e l
s i s t e m a . A t t i g u a a l p r o d o t t o c ' è l a s u a c r i t i c a . C o n u n c o l p o d i g e n i o , “ Tr a t t a t o d i
economia” può probabilmente fregiarsi di essere l'unico spettacolo a contenere in sé la
propria recens ione, peraltro dichiaratamente prezzolata e vergata senza aver visto un
minuto dello spettacolo. La critica stessa si fa spettacolo, monetizzando. Il cerchio è
c h i u s o . A l l o s p e t t a t o r e , s e v u o l e s f o r z a r s i , i l c o m p i t o d i t r o va r e d e n t r o d i s é l o s t i m o l o
per uscirne.
http://www.saltinaria.it/recensioni/spettacoli-teatrali/trattato-di-economia-castellocosentino-carrozzerie-not-roma-recensione-spettacolo.html
teatro.persinsala.it
(24 luglio 2016)
r ivist a di te atr o
Trattato di economia | festAmbiente Monte Barro
di FRANCESCO CHIARO
La scelta da parte degli organizzatori della terza edizione di festAmbiente Monte Barro
d i p u n t a r e s u l t e a t r o d i q u a l i t à s i r i v e l a v i n c e n t e , p o r t a n d o d a va n t i a u n p u b b l i c o
estremamente variegato e soddisfatto l’opera dissacrante e spietata d i Roberto Caste llo
e Andrea Cosentino.
Solitamente, ci si inerpica su un eremo incastonato tra i monti perché si ama la natura.
A Monte Barro, però, il passo ascensionale viene mosso perché si fa parte di un «ceto
medio colto e responsabile» che vuole assistere a uno spettacolo teatrale dai temi
s c o t t a n t i . N o n o s t a n t e l e b u o n e i n t e n z i o n i d i u n ’ o r g a n i z z a z i o n e g i o va n e e d i b e l l i s s i m e
s p e r a n z e , i l m e t e o d e t t a l e g g e e i l Tr a t t a t o d i e c o n o m i a , g i à i n v e r s i o n e u n p l u g g e d , s i
r e s t r i n g e a n c o r a d i p i ù , r a g g r u m a n d o s i s u l p i c c o l o p a l c o d e l l ’A u d i t o r i u m e d e f l a g r a n d o i n
modo piuttosto contenuto.
I n M o r i m o n d o ( e d . Fe l t r i n e l l i ) , Pa o l o R u m i z n a r r a d e l l e s u e a v v e n t u r e l u n g o i g r a n d i
s e r p e n t i f l u v i a l i i t a l i a n i . S e d e n d o s i s u u n a c a n o a n e l g r e m b o m a t e r n o d e l Po , l o s c r i t t o r e
p e r c e p i s c e s u b i t o u n c a m b i o d i p r o s p e t t i v a t o t a l e e s i r i t r o va a « g o d e r s i d a l l ’ a c q u a
l ’ i n a u d i t o n a u f r a g i o d e l l a t e r r a f e r m a » . I n u n c e r t o s e n s o , i l Tr a t t a t o d i e c o n o m i a d i
Castello-Cosentino ha molte cose in comune con questo viaggio dal distacco epicureo
rovesciato. Immergendosi nell’inafferrabile liqu ido della scienza che vuole «liberare
l’umanità dalla sch iavitù del bisogno», infatti, il duo si vede costretto a muoversi in
orizzonti nuovi, più ampi e quanto mai centrifughi.
Come in un mulinello d’acqua dolce, l’attore e il danzatore nuotano a tutta forza per
divincolarsi nel marasma di concetti astratti di difficile declinazione artistica e, sebbene
mostrino entrambi una padronanza invidiabile de l proprio mezzo (dolce favellare, flu ido
danzare ed esilarante duettare), alla fine della lotta sembrano costretti ad alzare
b a n d i e r a b i a n c a d a va n t i a u n a f i e r a t e n t a c o l a r e f i n t r o p p o o s t i c a e r i o t t o s a . L a
q u e s t i o n e , q u i n d i , va p r e s a d a u n a l t r o p u n t o d i v i s t a , q u e l l o d i a l e t t i c o . I n s c e n a n d o u n
canto sillabico mirato a decostruire la parola fino ai suoi componenti più elementari,
l ’ a s s e To r i n o - C h i e t i r i v e l a q u e l l ’ a r b i t r a r i e t à l i n g u i s t i c a c h e s o t t o s t à a n c h e a l m o n d o
economico e fornisce una serie di possibili approcci dialogici al tema, giocando proprio
sul mezzo stesso.
Tr a f e g a t i d i b a l e n a f a b r i a n i , p i o g g e m e t a l l i c h e à l a P i n a e s a s s i « i d e a l i p e r i d e n t i t à
sbarazzine e proteiformi», allora, l’economia diventa un pretesto per una critica tout
court alla produzione (nell’accezione marxiana del termine) come processo di
r e i t e r a z i o n e d i v u o t i d a r i e m p i r e a f r o n t e d i u n h o r r o r va c u i e s i s t e n z i a l e . C o n s a p e v o l i ,
però, di essere parte de llo stesso, sce llerato meccanismo produttivo, Cosent ino-Caste llo
fanno il passo successivo e tagliano le gambe – come già prima di loro fece Wilde con la
s u a f a m o s a p r e f a z i o n e a l l ’ u n i c o r o m a n z o c h e p u b b l i c ò – a t u t t i i p o t e n z i a l i “ m a ”, “ p e r ò ”,
“ a d i r l a t u t t a ”. L’ i n c u r s i o n e v i r t u a l e e d « e n c o m i a s t i c a » d i u n A t t i l i o S c a r p e l l i n i a s s o l d a t o
p e r l ’ o c c a s i o n e , i n f a t t i , è l a r i p r o va d e l l ’ i m p o s s i b i l i t à d i c r i t i c a r e u n s i s t e m a d a l l ’ i n t e r n o ,
r i p o r t a n d o d i f a t t o g l i a r t i s t i a n a u f r a g a r e i n b a l i a d i q u e l l e f o r z e o n d i va g h e e f i n o a
p r o va c o n t r a r i a i n v i n c i b i l i c h e , f o r s e , n o n r i u s c i r e m o m a i a d o m a r e , m a d i c u i
sicuramente possiamo ridere e, così dicono, «riprenderne possesso».
http://teatro.persinsala.it/trattato-di-economia-festambiente-monte-barro/32641
MEGLIO MENO ( 1 6 g i u g n o 2 0 1 6 )
Un tragicomico Trattato di economia
di LUIGI SCARDIGLI
P I S TO I A . I r i s c h i e r a n o m o l t e p l i c i e t e n t a c o l a r i : d a l l o s c a d e r e a l c a b a r e t t e l e v i s i v o s t i l e
Striscia la notizia a quello ancor più diffic ile da bypassare attraverso un sermone,
scontato e inverosimile, sulla falsa importanza del denaro e sulla sua reale
t o s s i c o d i p e n d e n z a . I n v e c e , Ro b e r t o C a s t e l l o e A n d r e a C o s e n t i n o , a l c e n t r o c u l t u r a l e i l
Funaro di Pistoia, sono riusciti nell’impresa, titanica, di mettere su un coreocabaret
confusionale sulla dimens ione economica de ll’esistenza portando in scena un vero e
p r o p r i o Tr a t t a t o d i e c o n o m i a , c h e h a b e n p o c o d a i n v i d i a r e a l l e i n d i s c u t i b i l i t e o r i e d i
S m i t h e M a l t h u s , p a s s a n d o d a Ke y n e s e R i c a r d o , f i n o a d a r r i va r e a M a r x . M a c o n l a
tragicomicità e la leggerezza che contraddistinguono il teatro, che fanno teatro.
Anche Stefano Bollani, il giocoliere del pianoforte, tra gli spettatori, ha gradito la
simpatica irriverenza, così come gli Omini, orfani, per la prima vo lta, di Francesca
Sarteanes i e l’attentissimo interprete Massimo Grigò. I dettagli non sono poveri come la
teoria che sponsorizzano: la scenografia, seppur minimalista, occupa virtualmente ogni
angolo della scena, anche perché occorre conciliare le anime eterogenee dei
p r o t a g o n i s t i : Ro b e r t o C a s t e l l o , c o r e o g r a f o , b a l l e r i n o , d o c e n t e d i a r t i p e r f o r m a t i v e
torinese, fondatore di Aldes, che ha prodotto lo spettaco lo, muove la danza anche e
soprattutto come la sua mentore ispiratrice, Pina Bausch; Andrea Cosentino, teatino,
sette ann i meno vecchio, viene da lla scuo la di Dar io Fo e co n le lezio n i imparate
perfettamente di grammelot, supera ogni barriera linguistica. Insieme però cosa
p o s s o n o f a r e ? Tu t t o ! I n p a r t i c o l a r e u n o s p e t t a c o l o , a f f r o n t a n d o , t r a l ’ a l t r o , u n o d e i t e m i
più spinosi, l’economia e le sue false impellenze, argomento con il quale in molti hanno
p r o va t o a f a r e i c o n t i ; p a r e c c h i , c o n r i s u l t a t i d e l u d e n t i . D i e t r o u n a c a t t e d r a
matrimoniale, sopra la quale scorre un tapis rulant dove viaggiano e cadono,
i n e s o r a b i l m e n t e , t u t t i g l i o g g e t t i s o p r a d e p o s i t a t i , l e d u e a n i m e p r o va n o a d a f f r o n t a r e
l’argomento con una spigliatezza e una semplicità geniali, che prende spunto da due
oggetti di plastica, di pari ingombro, dello stesso peso, ma con costi al dettaglio
diversi: una papere lla suonante usata da milioni di genitori per distrarre i propri
marmocchi durante l’annosa operazione del bagnetto (2,5 €, reperibile ovunque, dai
supermercat i ai negozi di giocatto li fino alle edico le) e un cazzo finto (10 €, si trova
solo nei pornoshop), anch’esso suonante, quasi sempre relegato e regalato in quelle
malinconiche e tragiche ricorrenze, come gli addii ai celibati, ad esempio. Il primo viene
utilizzato per centinaia e centinaia di vo lte durante lo svezzamento de l piccolo e può
anche essere riutilizzato con i fratelli più picco li; il secondo scatena una commovente
risata, al mass imo due, per poi ven ir riposto in un angolo della casa dove tutti si
augurano che nessuno decida di ficcanasare. Da lì, fino alla fine, tra i fumi inquinanti
che generano una nebbia fittissima, come si conviene nei giorni più anonimi del Nord
e s t , l a l e z i o n e d i e c o n o m i a – c h e i m p r e z i o s i s c e l a r a s s e g n a d e l l ’A t p Te a t r i d i C o n f i n e usa e si compiace di esempi esilaranti, surreali, profondamente illogici come lo è, nella
sua natura più intrinseca, la materia affrontata. Con scene sormontabili, incomprensibili
sovrapposizioni, balletti che evocano masturbazion i e passi di danza de lla più recente
interpretazione, sorrette, mai a fatica, da accuse furiose nei confronti di un sistema che
si compiace della sua inestricabile conformazione, utile, da sempre e per sempre, a dare
a l d e n a r o u n a p o t e n z a d e va s t a n t e , q u e l l a c h e t i e n e s o t t o i l g i o g o m i l i o n i e m i l i o n i d i
persone
chirurgicamente
e
inevitabilmente
sottoposte
ai
capricci,
inutili
ma
p u n t u a l m e n t e s o d d i s f a t t i , d i p o c h i s s i m i . L’ u l t i m a p a r o l a - c h e è l a p r e m e s s a m a a n c h e l a
spiegazione dello spettacolo - ad Attilio Scarpellini, giornalista anomalo, irriverente,
cos ì poco inc line alla diplomazia, non particolarmente gradito all’Ordine, che si rivolge
a g l i s t u d e n t i - s p e t t a t o r i g r a z i e a d u n v i d e o p r o i e t t a t o s u l l a f a c c i a d e l l a c a t t e d r a . Pe r i
crit ici che si sono spellati le mani in sala, stavolta, il compito per recensire è già fatto:
basta copiare.
http://megliomeno.com/index.php/item/244-un-tragicomico-trattato-di-economia
Lo sguardo di arlecchino.it
(15 gennaio 2016)
Economia e teatro: contaminazione e contagio
di MARIA FELICIANO
L a s c e n a s i a p r e s u u n a s c a r n a s c r i va n i a d i t a v o l e g r e z z e i n l e g n o : s u d i e s s a , d u e
microfoni, per un ambiente da pseudo studio televis ivo che crea aspettative di ascolto.
D o p o i l b u i o i n s a l a a r r i v a n o l o r o , Ro b e r t o C a s t e l l o e A n d r e a C o s e n t i n o : p r e n d o n o p o s t o
e a t t a c c a n o c o n r i t m o i n c a l z a n t e . L’ a r g o m e n t o f a s o r r i d e r e : u n a d i s s e r t a z i o n e
s u l l ’ i n t r i n s e c o va l o r e d e l l e c o s e e d e l l e p e r s o n e . Tr a t t a t o d i e c o n o m i a , i l t i t o l o : u n a
carrellata di considerazioni sull’accettazione implicita di un sistema economico che si
ripercuote inevitabilmente sul vissuto quotidiano di tutti noi, come una sorta di
traduzione estemporanea di un linguaggio tecnico che assume, finalmente, caratteri di
comprensibilità. Fin qui tutto chiaro, più o meno: la sfida è, però, non cadere nel facile,
nel “cabaret” di bassa lega. Solo le due personalità poliedriche e complementari degli
autori riescono nell’impresa, rendendo la performance uno spunto di riflessione sull’atto
teatrale stesso.
Che cos’è il teatro se non un prodotto commerciabile a sua vo lta? Esso si maschera in
v a r i m o d i e , f o r t e m e n t e e l a b o r a t o , p u ò g i u n g e r e a u n ’ e c c e s s i va i p e r f e t a z i o n e
intellettuale, tanto da non essere più decodificabile . Deve piacere e, per questo, i suoi
contenut i vengono modellat i paradossalmente dagli stess i fruitori. Deve essere
eccentrico e sorprendere a tutti i costi purché la platea trabocchi. Un parallelo che non
sfugge al pubblico: il teatro può essere gioco astratto e subdolo proprio come le regole
dell’economia, può (e forse de ve) essere gioco di forme. Un gioco che permea tutta
l’esistenza umana.
Tr a t t a t o d i E c o n o m i a ( p h - i l a r i a s c a r p a ) S u p e r b o , i n q u e s t o c a s o , l ’ u s o d e l l ’ e s p e r i e n z a
vocale, coreut ica e attoriale dei due che, mantenendo il filo conduttore legato al tema,
riescono a corroborare una persistente dimensione metateatrale con un susseguirsi di
c i t a z i o n i , t r o v a t e , s k e t c h . C o s e n t i n o r i l a n c i a d a l l a s u a p o s i z i o n e ( a l l a s c r i va n i a )
f r a m m e n t i d i c o n v i n c e n t i a d v e r t i s e m e n t s p e r i n s u l s e “ p i e t r e ”, m e n t r e i l s u o c o m p l i c e ,
Castello, traduce le parole in un vortice di azioni scen iche alle sue spalle. Interessante
anche l’accenno all’inconsistente divismo contemporaneo con lo spettatore agganciato
al flusso di parole evidenziate dalla luce puntata su un leggio alla destra del proscenio,
da cui gli attori recitano. Quasi una lezione di filosofia, con l’uso di molteplici e
simultanei canali comunicativi, mentre l’illuminazione crea un effetto reale e surreale a
seconda dell’esigenza.
Nel finale, sul lato opposto, un nastro in movimento trascina oggetti da un punto
a l l ’ a l t r o d e l p a l c o s c e n i c o ; f r a m m e n t i d i u n a r e a l t à va r i e g a t a c h e p o p o l a l a v i t a c o m e i l
t e a t r o . I l r i s u l t a t o è s o r p r e n d e n t e d i f r o n t e a u n a Ve n e r e d e g l i s t r a c c i i n v e r s i o n e
s c e n i c a . S e m b r a d i t r o va r s i d i n a n z i a u n a p e r f o r m a n c e d ’ a v a n g u a r d i a , p o p o l a t a d i
f a n t a s m i e l i n g u a g g i i n c o m p r e n s i b i l i m e n t r e , a l c o n t r a r i o , i l m e s s a g g i o a r r i va f o r t e e
chiaro. La conclusione si sublima in una proiezione sulla parte anteriore della cattedra:
una videorecensione che esalta, a priori ovvero senza averlo visto, lo spettacolo
medesimo, palesando con sgomento il circolo vizioso teatro-critica.
Il sorriso non smette mai di affiorare ma, proprio come in certo teatro, è solo una parte
dell’effetto vo luto. A esso si sovrappone un senso di amarezza, che scaturisce dalla
veridic ità delle affermazioni e dalla profonda riflessione su lle regole (pur sempre)
economiche cui siamo soggetti. Ironia e autoironia sono le chiavi di questo trattato,
agile mosaico di due personalità con un’unica essenza: la contaminazione dei generi.
http://www.losguardodiarlecchino.it/economia-e-teatro-contaminazione-e-contagio/
Lo sguardo di arlecchino.it ( 1 3 g e n n a i o 2 0 1 6 )
Il teatro, tra retorica e denaro
di SARA CASINI
Chi scrive è al momento imbarazzat issimo, perché lo spettacolo di cui dovrebbe tentare
di parlare ha reso pressoché inutile qualsiasi ulteriore considerazione, e sia chiaro:
questo non è un mero elogio, semplicemente la recensione è già scritta, ma su questo
punto torneremo.
I l Te a t r o N i e r i d i Po n t e a M o r i a n o è g r e m i t o , p r o n t o a d a s s i s t e r e a Tr a t t a t o d i e c o n o m i a ,
d i ( e c o n ) Ro b e r t o C a s t e l l o e A n d r e a C o s e n t i n o .
La riflessione nasce dal confronto di due oggetti, un fallo di gomma e una paperella da
bagno: stesso materiale, stessi cost i di produzione, prezzo l’uno quattro volte maggiore
dell’altro. I due artisti, in camicia e giacca, cercano di capire e spiegare la curiosa
discrepanza basandosi sulle leggi dell’economia, parlando come un unico essere
dall’implacabile logorrea.
L’ i m p r o n t a è c e r t a m e n t e m o r a l i s t a , d i q u e l m o r a l i s m o c h e d i t a n t o i n t a n t o n a s c e i n
ciascuno di noi, e che ci sentiamo di condividere, considerando nel suo complesso i
controsensi di un sistema capitalistico.
L’ a s p e t t o i n t e r e s s a n t e è , t u t t a v i a , l a p i e n a c o n s a p e v o l e z z a d e l l ’ a p p a r t e n e n z a a q u e l
sistema: anche uno spettacolo è un prodotto che deve essere venduto, e pertanto
l ’ e v e n t u a l e c r i t i c a c h e e s s o m u o v e a l s i s t e m a e c o n o m i c o n o n p u ò c h e e s s e r e p r i va d i
senso.
La bellezza, se così vogliamo dire, di quest ’opera risiede più nella forma che non nel
(dichiaratamente insensato/dissestato) contenuto: monologo, dialogo, danza, pura
a z i o n e s c e n i c a , va r i l i n g u a g g i t e a t r a l i s i f o n d o n o p e r a n n u l l a r s i r e c i p r o c a m e n t e , g r a z i e a
un’ironia assolutamente disincantata.
Meta-teatro perché consapevo le di sé e dis interessato a mascherarsi: i due interpreti si
presentano con i propri nomi e cognomi anagrafici (“Cosentino con le pallette in testa
che dice cose”), prendendo in giro sé stessi e il pubblico in continui scarti di registro
che regalano allo spettacolo un ritmo serrato ma mai confusionario.
Il teatro si rivolge a sé stesso dich iarando il suo, forse, più intrinseco problema: come
p a r l a r e d i q u a l c o s a s e n z a f a r l o e s p l i c i t a m e n t e , t r o va n d o p a r o l e c h e l o m a s c h e r i n o
eppure focalizzino l’attenzione dello spettatore sul tema centrale? La domanda viene
lanciata e abbandonata come irrisolta: nello spettacolo, semplicemente, la retorica è
s v e l a t a e i l ra g i o n a m e n t o s i m o s t r a c o m e p a r a d o s s o i n s o l u b i l e .
La “critica” (s i tratta piuttosto di bonaria iron ia) de ll’economia e del teatro trova una
p r o p r i a s i n t e s i n e l m o m e n t o i n c u i C o s e n t i n o , s e d u t o a l l a s c r i va n i a , e s p r e s s i o n e
ammiccante da venditore esperto, tesse le lodi di una pietra, e Castello, danzando nello
spazio circostante, liberatosi man mano dell’elegante abbigliamento, ci mostra
d i d a s c a l i c o i l m o d o i n c u i a l t r i g r a n d i a r t i s t i ( J a n Fa b r e , L u c a R o n c o n i , P i n a B a u s c h … )
avrebbero potuto interpretare il tema centrale dello spettacolo: quando lo stile si fonde
e confonde nel marchio, nel brand.
Il f inale è certamente sp iazzante: Attilio Scarpellini, crit ico “m ilitante” e certo voce
autorevo le almeno per coloro (ormai poch i) che s’interessino a qualche titolo di analisi
sceniche, appare in forma di luce proiettata, e compie, dichiarando l’esatta cifra
ricevuta come compenso, la video-recensione dello spettacolo (da lui non visto):
r e c e n s i o n e d e f i n i t i va c h e r e n d e p r i v o d i s i g n i f i c a t o l o s p e t t a c o l o e a s s o l u t a m e n t e p r i v e
d i va l o r e l e p r e s e n t i p a r o l e .
http://www.losguardodiarlecchino.it/il-teatro-tra-retorica-e-denaro/
Rumor(s)cena ( 1 5 d i c e m b r e 2 0 1 5 )
Te atr or e ce nsio ne
Un Trattato di economia che non fa sconti a nessuno
di RENZIA D'INCA'
PONTE A MORIANO (Lucca). Analisi ludica ad alto tasso di complessità situazionista e
quindi in apparente leggerezza, che in realtà delinea una feroce capacità autocritica dei
d u e c o - a u t o r i , l a c o p p i a Ro b e r t o C a s t e l l o c o r e o g r a f o e d a n z a t o r e i n t e r n a z i o n a l e , c o n
A n d r e a C o s e n t i n o , u n o f r a i ( p o c h i ) a t t o r i - a u t o r i t e a t r a l i s a t i r i c i d i ra n g o i t a l i a n i . I l
l a v o r o n a s c e p a r e c c h i m e s i o r s o n o a l l ’ i n t e r n o d e l l a s t a g i o n e S PA M i d e a t a e d i r e t t a d a l l o
s t e s s o Ro b e r t o C a s t e l l o . I s e g n i d i q u e s t o Tr a t t a t o d i e c o n o m i a s o n o m u l t i s e m a n t i c i e
a l l a f i n e s i c a p i s c e c h e , s p e t t a t o r i i n t u t t o e s a u r i t o o q u a s i n e l Te a t r o d i q u e s t a p i c c o l a
r e a l t à p r o v i n c i a l e a Po n t e a M o r i a n o o r g a n i c a a l l o s p a z i o S PA M d i Po r c a r i , s i r i d e p e r n o n
piangere. O forse si piange per non ridere. La spietatezza dei temi si evince fin dalle
primissime battute dove con la scusa ed il linguaggio da conferenza a carattere
e c o n o m i c o , i d u e r e l a t o r i s e r i o s i m a s o l o d i f a c c i a t a i n g i a c c a e c r a va t t a , e s p o n g o n o e x
cathedra due oggetti da sex shop. Ma dove sta il business? È di denaro che si parla o
forse di sesso? O di come questo e quello comunque di fatto reggano, da sempre, il
Pianeta e l’intera umanità ?
I l d o v e s i va a p a r a r e p u r p a r t e n d o n e a l l a l a r g a , s i f a s t r a d a b e n p r e s t o p e r c h é
l’indagine dei due autori è finto economica sui temi dei grandi sistemi del pensiero unico
lobbistico-finanziario e non tratta né di soldi né di sesso ma di cultura e di quella della
soc ietà dello spettacolo in ispecie. Con spietatezza raffinata mixando divers i generi,
dalla pantomima al talk show al cabaret, utilizzando le due diverse competenze in
affabulazione e siparietti sincronici affiatati per ritmi e scrittura drammaturgica,
Castello|Cosentino disegnano una partitura in cui ciò che viene messo alla berlina è
proprio il mondo della società teatrale, quel microcosmo spesso schizoide rispetto alla
cos iddetta società civile in un gioco perverso di realtà che si autorispecch iano perché
nella macch ina dei sold i c’è anche, eccome, la macchina-spettaco lo. Anche in quello per
q u a l c u n o “ f r i c c h e t t o n e ” p e r a l t r i “ d i r i c e r c a ”.
N e s s u n o è r i s p a r m i a t o n e l c o p i o n e d i Tr a t t a t o : n o n i l p u b b l i c o - c h e d i c e n o i s i a m o d i
sin istra, impegnati nel sociale, ambientalisti che teniamo al fis ico ma vestit i in formalinon i generi televisione, teatro e danza- né i mostri sacri e non il giornalismo, quello
della critica (con una video-partecipazione in falsa absentia di Attilio Scarpellini). Ma
nemmeno si risparmia la coppia autorale e artistica etero-definitasi dentro cartelli con
scritture concettuali-pure etichette, anch’esse di mercato. Niente e nessuno viene
risparmiato in un crescendo parossistico nel tritacarne della gioiosa macchina da guerra
dissacrante e iconoclasta del duo surreale e machiave llico. Se gli oggetti sono status
symbol e l’accapararsene significa far parte del clan dei ricchi potenti e superfighi
(scarpe e sex toys scorrono nel finale su un tapis roulant mentre Cosentino con
a n t e n n i n e d i s c o a n n i 8 0 t e l e v i s i va m e n t e , s p r o l o q u i a ) , c o s ì n e l m o n d o d e l l o s p e t t a c o l o
alcune
icone
vengono
tirate
in
ballo
come
oggetti-feticcio
reificati.
Ve n g o n o
r a p p r e s e n t a t e i n s c e n a f r a l ’ i r o n i c o e i l p a r o d i s t i c o d a C a s t e l l o : s i va d a J a n Fa b r e a
P i n a B a u s c h f i n o a Ro n c o n i , c o s ì c o m e c e r t i m e t o d i d i c e r t e s c u o l e d i t e a t r o ( i l
riferimento è al santone Osho e i suoi seguaci new age) mentre parte uno spezzato di
Te l e m o m ò ,
un
must
di
Cosentino
televenditore,
stavolta
della
famosa
pietra
(filosofale?).
I n s o m m a , s e a n c h e l o s p e t t a c o l o è u n p r o d o t t o d i t a r g e t , c o m e p o t e r r i c o n n e t t e r e l ’A r t e
e l ’ o g g e t t o ? L’ a r t e e l a s u a r e m u n e r a z i o n e “ o g g e t t i va ” s u l m e r c a t o d e l l ’ a r t e ? E q u i s i
sfiora, elegantemente, una riflessione autocritica di meta-teatro ma solo per sinapsi,
p e r a l l u s i o n i s o t t i l i . Pe r c h é , a l l o r a , p e r c o n t a m i n a z i o n e l o g i c a i n a m b i t o d ’ a r t e p l a s t i c a
contemporanea: chi decide le quotazioni di Damien Hirst?. E si potrebbe citare, sempre
per contaminazioni logiche, il teatro del baratto- se i tempi non fossero decisamente
altri- come i sistemi economici totalmente mutati dagli anni Settanta ed in barba al
b u o n C a r l e t t o M a r x . E q u i s t a i l c o n c e p t d i Tr a t t a t o d i e c o n o m i a . A l l o r a , c h i s i a m o , c h i
e r a va m o e d o v e a n d i a m o , n o i c h e o f a c c i a m o o o s s e r v i a m o , n o i c h e d a d e n t r o o d a f u o r i
per lavoro o per divertimento bypass iamo nel nostro teatrino privato esistenziale il
Te a t r o d i r i c e r c a ? E c h i s s à d o v e s i d i r i g e r a n n o a l l o r a , n e l l a p r o s s i m a s t a g i o n e , n o s t r a e
l o r o , q u e l l e m u c c h e p e z z a t e r u m i n a n t i i n t r a n s u m a n z a d e b o r d i a n a v e r s o i l Pa s s o d e l
Brennero di Qualcosa si muove , immortalate in fotografia che certo e non a caso è
s t a t a s c e l t a c o m e m a n i f e s t o d e l l a s t a g i o n e a u t u n n a l e 2 0 1 5 d i S PA M 1
http://www.rumorscena.com/15/12/2015/un-trattato-di-economia-che-non-fa-sconti-anessuno
Artalks.net
(13 dicembre 2015)
Non ci resta che piangere
Al Nieri di Ponte a Moriano va in scena un esilarante Trattato
di Economia, firmato da Roberto Castello e Andrea Cosentino
di LUCIANO UGGE'
Ieri sera abbiamo assistito a uno spettacolo che, come si suol dire, mette i piedi nel
piatto.
Tr a t t a n d o
dei
sistemi
di
produzione
industriale
e
dei
relativi
costi;
della
commercializzazione de i prodotti con i divers i sistemi distribut ivi; della creazione dei
bisogni indotti; e delle presunte regole matematiche che renderebbero l’economia una
s c i e n z a e s a t t a ( s a l v o p o i i l f a t t o c h e a o g n i e r r o r e d i va l u t a z i o n e s i a n o s e m p r e g l i s t e s s i
a pagarne lo scotto).
N e l l a p r i m a p a r t e , u n e s i l a r a n t e d i a l o g o g i o c a t o s u l l a Te d C o n f e r e n c e m o s t r a c o m e u n a
disamina accurata dei costi di produzione e dei benefici dell’utilizzo non porti a un
p r e z z o e q u o d e l p r o d o t t o . Pe r c h é q u e l l o c h e c o n t a v e r a m e n t e è c r e a r e l a n e c e s s i t à d e l
possesso dello status symbol e il bisogno di partecipare alla corsa al consumo per
sentirs i parte di questa soc ietà votata all’usa e getta, all’avere piuttosto che all’essere.
E a d i r i g e r e i l t u t t o q u e l l ’ e s i g u o n u m e r o d i p e r s o n e c h e c o n t i n u a n o a d i va r i c a r e l a
forbice tra ricchi e poveri, che hanno esponenzialmente aumentato il prezzo dell’inutilit à
grazie a un valore aggiunto determinato dall’immagine e dalle campagne pubblic itarie,
a n z i c h é d a l l a r i c e r c a e d a l l ’ i n n o va z i o n e .
In scena, Castello e Cosentino non risparmiano nessuno. Utilizzando i diversi mezzi
teatrali, dalla danza alla parodia, dal cabaret alla pantomima, mettono alla berlina le
onn ipresent i conduttrici tv in versione imbon itore da fiera paesana, che prestano la loro
immagine
per
propugnare
verità
adatte
a
tutte
le
stagioni;
su
su,
fino
a
quegli
intellettuali elitari, quei maître à penser dell’arte e del teatro, che torturano gli animali
p e r d e n u n c i a r e l o s q u a l l o r e u m a n o ( l e g g i J a n Fa b r e ) , o c h e s i c r o g i o l a n o i n s c e n o g r a f i e
barocche pagate con i soldi dei contribuenti per denunciare le storture del sistema
b a n c a r i o e c a p i t a l i s t i c o ( l e g g i L u c a Ro n c o n i ) .
Dura la riflessione sullo stato del teatro in Italia e sul mondo che lo circonda, ossia
que llo della crit ica che, privata di mezzi e di ungh ie, impallidisce di fronte alla libertà di
giudizio e si prostituisce spesso per qualche mica alla tavo la dei potenti.
Si ride, e molto, ma i pensieri seri accompagnano lo spettatore a lungo, anche fuori dal
teatro.
www./non-ci-resta-che-piangere/#more-7369
IL MANIFESTO ( 1 2 d i c e m b r e 2 0 1 5 )
VI SIO N I
Tra sex toys e finanza creativa
A teatro. Va in scena il progetto dell'attore Andrea Cosentino
e del danz atore e coreografo Roberto Castello
di GABRIELE RIZZA
C ’ è s e m p r e u n b u o n m o t i v o p e r f a r e u n a p u n t a t a a B u t i , r e m o t o s p i c c h i o d i To s c a n a c h e
fece innamorare persino un «orso» come Jean-Marie Straub. Prelibatezze gastronomiche
e ra f f i n a t e z z e t e a t r a l i . I m b a n d i t e , q u e s t e , s u l p a l c o a l l ’ i t a l i a n a d e l F r a n c e s c o d i B a r t o l o ,
d a D a r i o M a r c o n c i n i . A d a t t r a r c i o r a , u n p o d e r o s o t i t o l o , Tr a t t a t o d i e c o n o m i a , m i t i g a t o
da
un
«coreocabaret
confusionale
sulla
dimensione
economica
dell’esistenza»,
capricciosa chiosa da Serata Satie. Artefici del progetto, battezzato con successo al
Va s c e l l o
di
narratore,
Roma
per
creatore
di
il
fest ival
storie
Te a t r i
dai
di
confini
Ve t r o ,
sono
metafisici,
e
Andrea
Ro b e r t o
Cosentino,
Castello,
attore,
danzatore,
coreografo, an ima di Aldes, pure lu i estroverso «intrattenitore» di dinamiche scomposte.
Seduti
al
tavolo,
conferenzieri
azzimati,
Andrea
e
Ro b e r t o
iniziano,
con
freddo
determinismo da esperti in materia, a spiegarci, mettendo a confronto una paperella e
un
fallo
di
gomma
—
stesso
peso,
stessa
quantità
di
materia,
stesso
ludico
intratten imento ma prezzo ben diverso — come vanno le cose in fatto di economia
g l o b a l e , f i n a n z a i m p e r a n t e , b a n c h e l a d r o n e e s o p r a v v i v e n z a c r e a t i va . M a n o n s i t r a t t a
tanto di informarci o educarci (al peggio) quanto di stuzzicare l’idea che se un’altra
struttura economica non è realmente possibile, possibile è l’idea che di essa dobbiamo
avere: una bo lla destinata a scoppiare prima o poi, a ingh iottire il futuro e a navigare
trascinata dalle correnti come «l’isola dei rifiuti di plastica», alla deriva negli oceani e
g a l l e g g i a n t e n e l l a n o s t r a q u o t i d i a n a d i s p e r a z i o n e . D o v e va n n o i f i n i r e i n o s t r i s o l d i ?
Nello
spreco
più
inutile
e
nell’accumulo
più
scellerato.
Cerimonieri
e
imbonitori,
affabulatori e animatori, Castello e Cosentino creano un esilarante cabaret futurista,
giocano
di
rimessa,
l’uno
spalla
dell’altro,
e
sfoderano
l’arte
del
paradosso,
solo
a n t i d o t o a l l ’ i l l o g i c i t à d e l l e c o s e . I l r i s u l t a t o è u n a b i z z a r r a o p e r e t t a m o r a l e , n a r r a t i va e
p e r f o r m a t i va , c h e s i i n t e r r o g a s u l
d e n a r o , l a s u a i n va d e n t e o n n i p r e s e n z a e l a s u a
sostanziale mancanza di rapporto con la realtà, e che alla fine, consapevo le dei propri
limiti, e prendendosi gioco di se stessa, si fa recensire in video da Attilio Scarpellini
che, rispettando l’assurdità dell’impianto, lo spettacolo non l’ha visto. Se le leggi del
mercato
sono
fasulle
anche
il
teatro
in
qualche
modo
intelligenza. Come in questo caso.
http://ilmanifesto.info/tra-sex-toys-e-finanza-creativa/
si
deve
adeguare.
Ma
con
teatro.persinsala.it
(12 dicembre 2015)
r ivist a di te atr o
TRATTATO DI ECONOMIA
Society, you’re a crazy breed
Un cortocircuito di ironia surreale quello innescato da Roberto Castello e Andrea
Cosentino con il loro Trattato di Economia. In scena, al Teatro Nieri di Ponte a
Moriano
di SIMONA FRIGERIO
Qual è la differenza di valore intrinseco che separa una papera di plastica – prezzo 2
euro e mezzo – da un pene di plastica da 10 euro?
Da questa domanda che, nella sua assurdità, potrebbe sembrare pretestuosa, si srotola
uno spettaco lo che diverte, fa pensare e affascina per la travolgente misce la di mezzi
teatrali usati con giusto equilibrio.
Roberto Castello e Andrea Cosentino, partendo da un giudiz io di merito su due prodott i
all’apparenza identici (se non per forma e utilizzo), allargano il discorso alle regole che
governano
l’economia
consumistica
nella
quale
stiamo
affogando.
Fino
a
riflettere
m e t a t e a t r a l m e n t e s u l va l o r e i n t r i n s e c o d e l f a r e t e a t r o ; s u i m e z z i p e r r e n d e r e i l p r o d o t t o
teatrale appetibile a più palati; sugli argomenti che il teatro dovrebbe trattare se non
vuole
scadere
nel
pedagogico
o,
peggio,
nell’autoreferenziale;
concludendo
la
dissertazione demenzial-intellettuale con un’autocritica, insieme feroce e sarcastica, sia
a noi critici che a una certa critica compiaciuta e compiacente. Quest’ultima messa alla
berlina, cilieg ina sulla torta, da un Attilio Scarpellin i in videopresenza, che ricorda come
chi voglia esprimersi liberamente e, soprattutto, dedicars i al teatro di ricerca non possa
p r e t e n d e r e a n c h e u n s t i p e n d i o ( r e a l t à t ra g i c o m i c a c h e a c c o m u n a t e a t r a n t i e c r i t i c i ) .
La dissertazione, però, non è né in stile conferenza né, tanto meno, televis ivo. Caste llo
e
Cosentino
usano
il
teatro-danza,
la
pantomima,
l’affabulazione,
il
monologo
e
il
dialogo, il paradosso e pers ino l’allegoria per creare un cortoc ircuito emotivo, prima
ancora che intellettuale, che
metta lo
spettatore di
fronte
allo
sfacelo che
stiamo
vivendo.
A
livello
metateatrale,
si
segnalano
i
momenti
parodici
dedicati
al
politicamente
s c o r r e t t o t a r g a t o J a n Fa b r e e a l l ’ o p u l e n z a s c e n o g r a f i c a d i R o n c o n i . M e n t r e i l f i n a l e ( c o n
Castello che dispone su un tapis roulant tutti quegli oggetti inutili che dovrebbero
costituire la nostra fonte di felicità e che, al contrario, riempiono le discariche a cielo
a p e r t o d i p r o d u t t o r i / c o n s u m a t o r i m a , s o p r a t t u t t o , d e i Pa e s i d e l c o s i d d e t t o Te r z o M o n d o )
h a i l s a p o r e d e l l ’ e x e m p l u m , g r a z i e a l s u o va l o r e d i d a t t i c o – c h e n e l s e m p l i c e g e s t o t r o v a
una straordinaria forza poetica.
C o m e c a n t a E d d i e Ve d d e r i n S o c i e t y : “ I t h i n k I n e e d t o f i n d a b i g g e r p l a c e / ’ c a u s e w h e n
y o u h a v e m o r e t h a n y o u t h i n k / Yo u n e e d m o r e s p a c e ”. ( “ Pe n s o d i a v e r b i s o g n o d i t r o va r e
u n p o s t o p i ù g r a n d e / Pe r c h é q u a n d o h a i p i ù d i q u a n t o p e n s i / H a i b i s o g n o d i m a g g i o r e
s p a z i o ”, n . d . g . ) . M a l e r i s o r s e n a t u r a l i n o n s o n o i n f i n i t e , n é i c o n f i n i t e r r e s t r i . Q u a n d o
capiremo che oltre le Co lonne d’Ercole non spira l’avventura della scoperta ma l’abisso
dell’autodistruzione?
http://teatro.persinsala.it/trattato-di-economia/22519
LA GAZZETTA DI LUCCA
(12 dicembre 2015)
C ult ura e spe tt aco lo
Te la do io l’economia! Il paradossale,
marchingegno di Castello e Cosentino
ma
presente,
d i I G O R VA Z Z A Z
Fa u n c e r t o e f f e t t o v e d e r e i l Te a t r o N i e r i d i Po n t e a M o r i a n o g r e m i t o , q u a s i t i r a t o a
lucido (stiamo sempre parlando di uno spazio la cui ristrutturazione dev’essere stata
eseguita da nemici della scena, se si considera la scomodità del palco troppo alto e altre
q u i s q u i l i e ) i n o c c a s i o n e d i Tr a t t a t o d i e c o n o m i a , s p e t t a c o l o d i R o b e r t o C a s t e l l o e A n d r e a
C o s e n t i n o , a l l ’ i n t e r n o d e l c a r t e l l o n e a u t u n n a l e d i S PA M ! R e t e p e r l e a r t i c o n t e m p o r a n e e .
Fa e f f e t t o p e r c h é s i t r a t t a d i t e a t r o v e r o , va l e a d i r e v i v e n t e , c h e s i c o l l o c a a p i e n o
titolo nel presente, intessendo con questo, lo vedremo, una fitta serie di re lazion i.
Si parla di economia, materia ostica ancorché diffusa, permeante le nostre vite, la
nostra socialità, le nostre abitudini, dall’alimentazione al modo di presentarci. Seduti a
un tavo lo, i due artisti partono dal confronto tra una paperella e un pene, entrambi
finti, entrambi di plastica: stesso peso, stesso materiale, stessa area di produzione.
2,50 € la prima, 10 € l’altro: perché? Misteri, è il caso di dirlo, dell’economia, dei
bizant inismi del mercato, nell’innesco di un dispos itivo spettacolare che spazia dal
comico puro alla parodia, dalla performance al quasi comizio.
Strana coppia, Cosentino, attore, e Castello, danzatore-coreografo: stralunato,
spiazzante e spiazzato l’uno, loico e dottorale l’altro, eppure giocano di rimando,
imbeccandosi a vicenda, mescidando ruoli, registri e parole. Dopo la prima parte che
sembra una paradossale conferenza, si passa a sequenze più movimentate, nella
costante (auto)coscienza d’un lavoro ben arch itettato, ai limit i dell’iperfetazione
r i f l e s s i va : p e r p a u r a d i r i s u l t a r r e t o r i c i , i d u e s i p o n g o n o e d e s p o n g o n o i l p r o b l e m a d e l l a
retorica, a un tempo dribblando, ma pure sottolineando il rischio stesso che stanno nel
mentre correndo. Mirabili sono i sintagmi in cui Castello, costume cangiante sino al
d é s h a b i l l é , p a r o d i z z a à l a J a n Fa b r e , L u c a R o n c o n i , P i n a B a u s c h , t u t t i i d e a l m e n t e a l l e
prese con il problema dell’economia da svolgere in chiave spettaco lare. Ed è ottimo il
c o n t r i b u t o d i C o s e n t i n o c h e , c o n m a s c h e r a m e n t i d i va r i o t i p o , f a a t t r i t o g r a z i e a u n a
partitura verbale de l tutto in contrasto con quanto agito dal collega.
Lo spettacolo ha un ottimo ritmo, specie nella prima metà, grazie alla verve comica
della coppia, benché, col passare dei minuti, si noti una certa dilatazione. Si chiude,
p e r ò , a l l a g r a n d e , c o n u n v i d e o d i A t t i l o S c a r p e l l i n i , c r i t i c o t e a t r a l e “ m i l i t a n t e ”, c h e ,
senza aver visto l’allestimento, ne dec lama un entusiast ico panegirico, ovviamente a
pagamento. Epilogo amaro, nonostante le risate (copiose) della platea, nonostante la
felicità di una messinscena che mette il dito nella piaga, ma, al contempo, non può
certo offrire soluzioni (né dovrebbe farlo) ai problemi che pone.
Gli applausi sono generali e, francamente, meritatissimi, per uno spettacolo, lo
ripetiamo, al presente.
Concetto che, francamente, deve sfuggire del tutto dalle parti del Giglio: giovedì scorso,
i n f a t t i , s i è c e l e b r a t o l ’ i n c o n t r o t ra i l n o s t r o s p a z i o c i t t a d i n o e i l Te a t r o E r a d i
Po n t e d e r a , a s s u r t o a l r a n g o d i Te a t r o N a z i o n a l e i n a s s o c i a z i o n e c o n L a Pe r g o l a d i
F i r e n z e ; p e r l ’ o c c a s i o n e , l a s t u d i o s a C a r l a Po l l a s t r e l l i h a t e n u t o u n a c o n f e r e n z a s u J e r z y
Grotowski, regista e teorico del teatro di caratura mondiale e dal 1986 al 1999 operante
a Po n t e d e r a , e d u e s p e t t a c o l i p r o d o t t i d a l l ’ i m p o r t a n t e p o l o d e l l a p r o v i n c i a p i s a n a ( L a
p r o s s i m a s t a g i o n e , d i e c o n M i c h e l e S a n t e r a m o , e 2 x 2 = 5 . L’ u o m o d a l s o t t o s u o l o , d a
D o s t o e v s k i j , c o n C a c à C a r va l h o , r e g i a d i R o b e r t o B a c c i ) . Tu t t o m o l t o g i u s t o , d a u n c e r t o
punto di vista, ma anche no, se, come ci hanno confermato, nei tredici anni di
permanenza pontederese del maestro polacco (dal 1986 sino alla morte, occorsa nel
1999), mai vi era stato un invito da parte di Lucca; come a dire: gli art ist i li vogliamo,
ma solo morti.
Se questa è la convinzione, ci teniamo Castello e Cosentino.
http://www.lagazzettadilucca.it/cultura-e-spettacolo/2015/12/te-la-do-io-l-economia-ilparadossale-ma-presente-marchingegno-di-castello-e-cosentino/
La GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO (16 novembre'15)
AL ROSSINI
IL «TRATTATO» A
«CORE-CABARET»
GIOIA
DEL
COLLE,
DIVERTISSMENT
DI
Se l’economia diventa lezione «d a teatro»
con Cosentino e Castello
d i L I V I O C O S TA R E L L A
Se c’è un esempio di teatro contemporaneo la cui straordinaria incisività del testo è
i n v e r s a m e n t e p r o p o r z i o n a l e a l l a c r e a t i v i t à d e l t i t o l o , Tr a t t a t o d i e c o n o m i a d i A n d r e a
Cosent ino e Roberto Castello è un piccolo gioie llo capace di far r if lettere anche chi di
economia non ne vuole sentir parlare.
G ià, perché lo spettaco lo che ha inaugurato il cartellone di prosa de l teatro Rossin i di
Gioia del Colle, in una speciale anteprima di stagione, è un «divertissment» coreografico
(o di «corecabaret», come lo chiamano gli autori) «sulla scienza che vuole liberare
l’umanità dalla schiavitù del bisogno».
L’ e c o n o m i a , a p p u n t o . R i l e t t a e « s p i e g a t a » d a u n a t t o r e e a u t o r e c o m i c o c o m e C o s e n t i n o ,
insieme al coreografo e danzatore Castello.
Il risultato è dirompente ed esilarante, a partire dalle prime battute in cui si discerne lo
s c i b i l e e c o n o m i c o e d e t i c o t ra u n a p a p e r e l l a e u n f a l l o d i g o m m a , d u e o g g e t t i i d e n t i c i i n
quanto
a
materiali
usati,
ma
dal
costo
decisamente
differente.
Il
nostro
vivere
quotidiano è indagato in una lente d’ingrandimento paradossale, in cui il Dio denaro è
solo la punta di un iceberg che si scioglie a poco a poco, tra una battuta e una
performance, sino alla catarsi finale.
Cosentino e Castello avvinghiano l’attenzione del pubblico con un ritmo serrato, ma al
tempo stesso dolce, fino ai meritati applausi finali e all’ultima risata.
Che non li seppellirà: anzi, saranno loro stessi, quasi, ad essere sommersi dal cumulo di
rifiut i che pian piano si ammonticchiano al lato de lla scrivania posta in scena. Senza
d i m e n t i c a r e i l v i d e o f i n a l e p r o i e t t a t o d a va n t i a l p u b b l i c o , i n c u i i l c r i t i c o t e a t r a l e A t t i l i o
Scarpe llin i recensisce con estrema verbos ità lo spettacolo, senza in realtà averlo visto.
È u n a m a g i a t e a t r a l e c h e a l Ro s s i n i h a a c c o m p a g n a t o a n c h e l a g o d i b i l i s s i m a p e r f o r m a n c e
a n d a t a i n s c e n a p o c o p r i m a d e l l o s p e t t a c o l o ( a c u r a d i Ro b e r t o C a s t e l l o ) s u l p i a z z a l e
a n t i s t a n t e a l t e a t r o : i n S c e n e d a u n m a t r i m o n i o ( c o n A l e s s a n d r a M o r e t t i , Fa b i o Pa g a n o e
To m m a s o S e r r a t o r e ) u n a s t r a l u n a t a f e s t a d i n o z z e h a r i d e f i n i t o g l i s p a z i p e r s o n a l i e
pubblici, urbani e teatrali.
Quanto a l prossimo appuntamento che apr irà uffic ialmente la stagione del Rossin i, sarà
giovedì 26 novembre, alle 21 (infotel 080.3484453): Erri De Luca, tra racconti, poesie e
c a n z o n i , c o n d u r r à i l p u b b l i c o n e « L a m u s i c a p r o va t a » , c o n l a v o c e d i N i c k y N i c o l a i e i l
sax di Stefano Di Batt ista, accompagnati da Roberto Pistolesi (batter ia), Andrea Rea
(pianoforte) e Daniele Sorrentino (basso).
TEATRO e CRITICA ( 1 2 n o v e m b r e 2 0 1 5 )
suo ni e visio ni
Andrea Cosentino e Roberto Castello. L’arteconomia
di SIMONE NEBBIA
Andrea
Cosentino
e
Roberto
Castello
con
Tr a t t a t o
di
economia
a
Te a t r i
di
Ve t r o .
Recens ione in taccuino critico
C ’ è u n a f r a s e c h e m i s o n o d e t t o s u b i t o d o p o a v e r v i s t o i l Tr a t t a t o d i e c o n o m i a d i R o b e r t o
Castello e Andrea Cosentino, è una frase che non hanno detto loro ma che mi pare abbia
attraversato l’intera messa in scena, salutata da un grande trasporto di pubblico per
Te a t r i d i Ve t r o 9 i n p r i m a n a z i o n a l e a l Te a t r o Va s c e l l o . H o p e n s a t o c h e i l t e a t r o h a c o m e
int imo fine il senso, là dove lo spettaco lo si accontenta di avere come obiett ivo primario
il consenso, che gli somiglia. Ma non è.
Il tono e l’ambientazione sono inizialmente quelli di una conferenza in cui verrà non
solo
analizzato
accresciuta
dal
ma
trasposto
potere
in
visuale,
forma
il
tema
scenica,
della
quindi
teoria
con
una
economica,
dote
di
applicata
fruibilità
in
forma
p r a t i c a . A t t r a v e r s o g i o c h i l i n g u i s t i c i e c o r e u t i c i q u e s t o c h e v i e n e d e f i n i t o “ c o r e o c a b a r e t ”,
in cui si ride e molto con estrema intelligenza, riesce nel difficile compito di tenere
insieme una tematica ostica come appunto l’economia, che ha esteso il proprio dominio
a
ogni
ambito
delle
attività
umane,
con
l’elettrizzazione
della
scena
promessa
e
mantenuta dall’abilità del comico, grazie alla quale l’opera prende forma su fondamenta
solide, geometriche, ma si sviluppa attraverso l’estremizzazione degli elementi di cu i
sono composte, secondo stile e poet ica. Insomma, per farla breve, anche una casa di
Gaudí ha le fondamenta di una casa cantoniera.
Lungo quest ’opera che parafrasando Brecht potrebbe defin irsi “l’economia spiegata ai
p o v e r i ”,
ironizzando
sui
termini
della
finanza
di
cui
sono
pieni
tutti
gli
organi
di
informazione e che arrivano a noi come una piena di fiume contro cui non sappiamo
quale argine porre, Castello e Cosentino evidenziano i paradossi della nostra società che
poggia su caratteristiche non più certe, ripetute fino al punto di farsi vuote, mentre i
piani de i govern i nazionali mostrano sempre meno sens ibilità. Ma non è tutto, perché di
artisti parliamo, e tra i migliori del teatro contemporaneo. E per questo si parla di
f o r m a , d i p r o f e s s i o n e d ’ a r t i s t a , d e l v a l o r e d e l d e n a r o n e l l ’ a r t e . Pe r c h é p a r l a n d o d ’ a l t r o ,
l ’ a r t e , p a r l a d i s é . E n o n p o s s i a m o n o n a s c o l t a r e . Pe r c h é p a r l a n d o d ’ a l t r i , l ’ a r t e , p a r l a d i
noi.
v i s t o a l Te a t r o Va s c e l l o , Ro m a – N o v e m b r e 2 0 1 5
http://www.teatroecritica.net/2015/11/andrea-cosentino-e-roberto-castellolarteconomia
NUCLEO art-zine ( 1 0 n o v e m b r e 2 0 1 5 )
Speciale Tdv 9 | Castello & Cosentino, Trattato d’economia
di VALERIA LOPRIENO
Sommiamo la prorompente ironia e sagacia di uno degli attori comici più influenti del
panorama
teatrale
italiano
e
l’irriverenza
e
l’originalità
di
uno
dei
coreografi
più
apprezzati della danza contemporanea, il risultato non potrà che essere sorprendente.
Se a questa già nutrita somma aggiungiamo un argomento che, nonostante sembri poco
“ a r t i s t i c o ”,
riesce
a
smascherare
proprio
le
dinamiche
più
recondite
dell’arte
e
si
riferisce a chiunque senza possibilità di esclusione, allora si può senz’altro parlare di un
piccolo capolavoro.
I due istrioni, voci rec itanti e danzanti nonché ment i creatrici dello spettaco lo, sono
Andrea Cosentino e Roberto Castello, la mater ia su cui la loro analisi si è soffermata è
l ’ e c o n o m i a . I l l o r o i n c o n t r o , ra c c o n t a t o d a l l e p a r o l e n e l l ’ i n t e r v i s t a r i l a s c i a t a c i p r i m a d e l
d e b u t t o a s s o l u t o s u l p a l c o d e l t e a t r o Va s c e l l o , è s t a t o d a s t i m o l o p e r i n d a g a r e o g n u n o i l
campo
dell’altro
lungimiranza
di
e
avviare
Roberta
un
processo
Nicolai
creativo
direttrice
del
originale
Fest ival
e
Te a t r i
peculiare.
Grazie
di
si
Ve t r o ,
è
alla
avuta
l ’ o p p o r t u n i t à d i v e d e r l i i n p r i m a a s s o l u t a a Ro m a l o s c o r s o 7 N o v e m b r e .
Lo spettacolo prende avvio dalla forma più classica della conferenza, dell’esegesi di una
materia così studiata come quella dell’economia, dibattendo su ciò che rende divers i due
a r t i c o l i i n g o m m a c h e r i s u l t a n o a l l ’ a n a l i s i t e c n i c a e s s e n z i a l m e n t e u g u a l i . Tu t t a q u e s t a
prima parte introduce il concetto che ciò che cambia le scelte degli esseri umani in
a m b i t o e c o n o m i c o e q u i n d i i l va l o r e d i q u a l c o s a , n o n s o n o t a n t o l e
caratteristiche
tecniche di un oggetto, quanto la collocazione sul mercato di questo medesimo rispetto
ad un altro e cioè l’offerta.
Questo concetto apparentemente borioso e inadatto ad un
palcoscenico teatrale, in realtà viene, appunto, offerto e spiegato in modo tutt’altro che
piatto e noioso. Le battute di comparazione tra una paperella e un fallo di gomma si
susseguono con una forza disarmante, un fiume in piena di ironia e comicità condito da
nozioni serissime, che a ripensarle all’uscita de l teatro sono le basi del nostro vivere
quotidiano.
La grandezza dello spettacolo risulterà poi essere l’accostamento di questo principio
economico al mondo dell’arte, nello specifico proprio al campo del teatro, in un continuo
gioco di scoperchiamento delle dinamiche teatrali, una presa in giro teatrale del teatro,
un
meta
d e r i va n t e
teatro
dall’ironia
sconforto
d e va s t a n t e .
possono
a r r i va r e
La
dopo
presa
aver
di
coscienza
smesso
di
dello
ridere,
spettatore
dopo
molte
e
il
ore
dall’uscita dal teatro, ma proprio per questo sono anche più profondi. Nel mentre si è
a v v o l t i d a u n a m i r i a d e d i c i t a z i o n i c o l t e ( J a n Fa b r e , W i l l i a m F o r s y t h e e P i n a B a u s c h ) e
meno
colte
(Antonella
Clerici),
balletti
plastici
e
divertenti,
spot
pubblicitari,
d i va g a z i o n i , o g g e t t i e a r t i f i c i s c e n i c i c h e c u l m i n a n o c o n u n ’ a l t r a t r o v a t a g e n i a l e : è
proiettato sulla scr ivania che tronegg ia in mezzo a lla scena il video d i Attilio Scarpellin i,
che ne l suo stile verboso e metaforico fa una critica articolata de llo spettacolo senza
averlo, in realtà, mai visto.
Un lavoro perfetto nelle tempistiche, nella sceneggiatura e nelle dinamiche spaziali e
muscolari, assolutamente da vedere e rivedere.
http://nucleoartzine.com/speciale-tdv-9-castello-cosentino-trattato-deconomia/
RECENSIONI
ph ALDES
ALFA
appunti sulla questione maschile
h t t p : / / w w w. a l d e s w e b . o r g / i t / a l f a
d i ROBERTO CASTEL LO
in collaborazione con
A L E S S A N D R A M O R E TT I , M A R I A N O N I E D D U , I L E N I A R O M A N O e F R A N C E S C A Z A C C A R I A
LO SGUARDO DI ARLECCHINO ( 2 0 d icem b r e 2 0 1 6 )
Roba da maschi (forse)
di IGOR VAZZAZ
Un panorama suburbano domina la scena: la sgrammaticatura graffittara macchia arredi
in simil cemento disseminati qua e là. Un uomo-marionetta in giallo (Mariano Nieddu)
d e c l a m a m e c c a n i c o l a p r e s e n t a z i o n e d i A L FA . A p p u n t i s u l l a q u e s t i o n e m a s c h i l e , t i t o l o t r a
i più attesi della rassegna Assemblaggi Provvisori. Gesti aguzzi, mani a paletta, sguardo
robotico. Scandisce, con fissità metronomica, riflessioni paradossali, condivisibili:
"Guardandosi intorno viene spontaneo pensare che essere un ultra cinquantenne
maschio eterosessuale bianco europeo, di re ligione cristiana, ragionevolmente sano,
sportivo, istruito, con pro le sana e adulta, profess ionalmente piuttosto realizzato e
s e n z a e c c e s s i v i p r o b l e m i e c o n o m i c i , n o n s i a e s a t t a m e n t e u n a c o n d i z i o n e s va n t a g g i a t a ,
soprattutto se si considera la quantità di rotture di coglioni, discriminazion i, vessazion i
e violenze che rischiano, e spesso subiscono, ad opera della mia categoria sociale tutti
quelli che non corrispondono anche solo ad uno dei requisiti di cui sopra". I gesti
vengono doppiati da que lli d'una danzatrice (Alessandra Moretti), eco visuale per una
p a r t i t u r a d i c o m i c o a u t o m a t i s m o , q u a s i r i m a n d o a l Pe t e r S e l l e r s s u l f i n a l e d i I l d o t t o r
Stranamore. Risate. È solo il preludio per una serie di azioni tra il dissennato e
l'improbabile:
tre
sensuali
coriste
(svetta,
pure
vocalmente,
Ilenia
Ro m a n o )
c i c a l e g g i a n o d i e t r o i m i c r o f o n i , a c c o m p a g n a n d o u n c o m p a s s a t i s s i m o Ro b e r t o C a s t e l l o
v e r s i o n e r o c k s t a r, o c c h i a l i s c u r i e c o p r i c a p o va r i o p i n t o , c h e a r r i n g a l a f o l l a . S i s l i t t a
sull'improvvisazione
vocale,
e
un'estenuante
sequenza
di
gestualità
inconsulte
strappando nuove risa al pubblico ormai complice del peculiare gioco performat ivo.
Affiorano elementi consolidati del repertorio castelliano: l'inumanità forzata di In girum,
l ' i r r e s i s t i b i l e c o r e o - c a b a r e t d e l Tr a t t a t o d i e c o n o m i a ( l e g g e t e q u a ) , p u r e s c a m p o l i d i
titoli lontani (l'acuminatissimo Carne trita o l'apocalittico Nel disastro), parodie da
action movie di arti marziali. Non sono autocitazioni, ma riutilizzo efficace di colori
s p e r i m e n t a t i s u a l t r e t a v o l o z z e , t ra d u z i o n e c o n c r e t a d i q u a n t o p a r t o r i t o i n u n a m a i
banale riflessione su uomo e società. Qui si misurano parimenti audacia e limiti delle
o p e r e d i C a s t e l l o : l a c a p a r b i a u r g e n z a d i m i s u r a r s i c o l r e a l e s e n z a i n c a p p a r, c o l r i s c h i o
anche qui in agguato, nella pastoia d'un messaggio palesato in eccesso. Che resta, per
fortuna, legato al gioco delle forme, facendosi discorso scenico senza permanere quale
dichiarazione d'intenti. Ne lla disinvoltura d'un linguaggio stratificato e opulento ai limiti
d e l c a r n e va l e s c o , A L FA è u n d i s c o r s o , a t ra t t i p u r e s o v r a c c a r i c o , s u l d e s i d e r i o , l ' i d e n t i t à
e il potere, più che sulla questione maschile in sé, ammessa e non concessa la stagna
separazione di simili concett i. Così, Francesca Zaccaria assume toni e bionde fattezze da
va m p p e r r i m a r c a r e , n o n c e l a n d o l a c e r t i d i n u d i t à , c o m e i l r e g i s t a l e a b b i a " i m p o s t o " u n
ruolo sulla base d'una gerarchizzazione di genere: finzione e realtà si sovrappongono e
mescolano al punto da elidersi/eludersi reciprocamente. Non sarà l'unico cortocircuito,
s e s i c o n s i d e r a c o m e l e " c r e a t u r e " p r o d u t t i v e d i C a s t e l l o , S PA M ! e A L D E S , s i a n o d i f a t t i
realtà ad altissima densità muliebre, pur con una carismatica leadership di genere
opposto.
Nel
frattanto,
uno
spaesato,
laterale
Nieddu
s'ostina
nell'intermittente/interminabile elenco numerato delle qualità "richieste" a un uomo da
parte d'una società che Castello sembra suggerire fotta i maschi non meno (semmai in
altro modo) delle vessat iss ime femmine. Ed è, questa, una delle sequenze-refrain tra le
meglio assestate, nell'insinuare quanto disagio possa addensarsi anche nella condizione
virile, in quel dover essere, limacc ioso e sfibrante, che spinge, chi più chi meno, nei
trist i e spesso involontariamente ridicolosi dintorni d'una forzata mascolin ità. Applausi
convinti, anche da noi maschi omega. Alfa appunti sulla questione maschile, Castello
(2016)
http://www.losguardodiarlecchino.it/roba-da-maschi-forse/
KRAPP'S LAST POST (1 2 d icem br e 2 0 1 6 )
ALFA di ALDES: sul desiderio del potere (o sul potere del
desiderio)
di SIMONA CAPPELLINI
L a c o m p a g n i a A l d e s , d i r e t t a d a Ro b e r t o C a s t e l l o , d e b u t t a a l l o
E s p o s i t i v o d e l l o S c o m p i g l i o c o n u n n u o v o s p e t t a c o l o : “A l f a –
m a s c h i l e ”. I l c o n t e s t o è l a ra s s e g n a s u l l ’ i d e n t i t à d i g e n e r e
performer Cecilia Bertoni, nata in seguito al bando indetto dallo
S p a z i o Pe r f o r m a t i v o e d
Appunti sulla questione
diretta dalla regista e
Scompiglio nel 2015.
Sempre sull’onda dello sperimenta lismo Roberto Caste llo approda – dopo la danza, il
teatro, la video-arte, il cabaret e perfino la tv – alla live mus ic.
A l l ’ e n t r a t a i n s a l a l o s p e t t a t o r e s i t r o va d i f r o n t e a d u n a s c e n o g r a f i a c h e g i à l a s c i a
i n t u i r e l ’ a t m o s f e r a g r o t t e s c a c h e p r e va r r à d u r a n t e t u t t a l a p e r f o r m a n c e : p e z z i d i m u r i
ricoperti di graffiti e scritte che, messe assieme, formano una carrellata dei cliché
va n d a l i c i , f a n t a s i o s a m e n t e a r r i c c h i t i d a u n ’ i m p r o n t a u m o r i s t i c a .
Già dalle prime battute di Mariano Nieddu, che recita il mono logo introduttivo con voce
impostata e sopra le righe, intuiamo i tranelli che gravitano attorno al cosiddetto
maschio Alfa, mentre una impeccabile Alessandra Moretti, nascosta dietro di lui, dà vita
ad una mimica che in qualche modo fa da sottotitolo gestuale di stampo ironico, un po’
come un linguaggio dei segni di taglio sarcastico.
I l l e s s i c o d a v e r b a l e d i v e n t a m u s i c a l e c o n l ’ e n t r a t a d i Ro b e r t o C a s t e l l o , u n a i m p r o b a b i l e
pop star al tramonto che potrebbe essere uscito da un film di Jim Jarmush, impegnato in
un live show con tre coriste (oltre alla Moretti, Francesca Zaccaria e Ilenia Romano) a
cui si accoda Mariano Nieddu. Ne consegue una vera e propria partitura in cui cori
polifonici fanno da sfondo al fraseggio di un assolo (quello di Castello) fatto di
gorgheggi e vocalizzi che viaggiano da una tonalità all’altra, passando dal rhythm and
blues alla liric a, con veri e propri solfeggi vocali dai ruoli ben cadenzati. Il tutto condito
da una composizione di movimenti ed espressioni in disordine ed apparentemente
casuali.
Pa r o l a , d a n z a e m u s i c a l i v e va n n o q u i n d i a f o r m a r e u n a n u o va f o r m u l a d r a m m a t u r g i c a ,
ancora indefinibile, ma proprio per questo perfettamente teatrale. Appena accennato è
qu i il fermo immagine, caposaldo di molt i lavori di Caste llo, mentre acqu ista ancora più
forza il ritmo, già elemento portante della performance precedente “In girum imus nocte
( e t c o n s u m i m u r i g n i ) ”.
“A l f a ” s i s n o d a d a u n a s c e n a a l l ’ a l t r a i n u n c o n t i n u o c r e s c e n d o e d i m i n u e n d o , i n c u i
l ’ u n i c o s o n o r o è e s e g u i t o l i v e d a i p e r f o r m e r, f a t t a e c c e z i o n e p e r l ’ u s o d i u n t a m b u r o
(per mano dello stesso Castello) che a seconda della scena incalzerà il ritmo o renderà
l’atmosfera quasi sciamanica.
Ma chi è Alfa? Come anticipato dal programma di sala, Alfa è una specie di saggio in
forma di spettacolo in cui si esamina l’evo luzione dell’ident ità maschile e il suo ruo lo di
p o t e r e , c h e l o h a t ra s f o r m a t o i n g e n e r e d o m i n a n t e . I l m a s c h i o a l f a è i l s e d u t t o r e d i
successo, colui che detiene il potere sulla donna, anche a costo di usare la forza.
Ma è proprio così, oppure è solo il riflesso di ciò che si è costruito nel tempo, un’altra
delle tante etichette sociali in cui riconoscersi? Di contraccolpo si mette dunque in
evidenza il ruolo femminile, fondamentale in questo processo, quale oggetto del
desiderio e, proprio per questo, detentore di un potere. “Che cos’è in fondo Alfa se non
l ’ i s t i n t o a c o m p e t e r e p e r i l p o t e r e ? ”.
Come una enc iclopedia che raccoglie gli innumerevoli stereotipi che definiscono il
g e n e r e m a s c h i l e , i n “A l f a ” s i m i m a n o i t e r m i n i a c u i s i a s s o c i a i l m a s c h i o d i s u c c e s s o ,
mostrandone il potere sulla donna (incluso quello del regista sulla danzatrice),
parodiando il superuomo di Mussolini o deridendo frasi di ammirazione di una donna nei
riguardi del proprio uomo.
Come sempre, il punto di forza degli spettacoli di Castello è l’unicità della loro estetica.
Ognuno con una propria personalità, una propria poetica, e sempre secondo un
paradosso che mostra il passo successivo per farci vedere l’andamento de l momento
attuale. Stilisticamente, più che per contenuti, le performance di Castello trasudano un
disfacimento intrinseco alla natura umana, quasi ancestrale, ma che allo stesso tempo
ne rappresentano anche il lato carismatico. Non hanno speranza, né possibilità di
riscatto, e tuttavia – sicuramente grazie anche a una buona dose di ironia e ad una
eccellente interpretazione – i personaggi hanno un loro fascino che fa sì che lo
spettatore entri in empatia con loro, anziché respingerli.
Nonostante l’eterogene ità dei lavori, si evidenziano comunque un’ident ità e una
c o n t i n u i t à s e m p r e r i c o n o s c i b i l i , c h e t r o va n o i l l o r o s e n s o n e l c o n t i n u o i n t e r r o g a r s i s u l l a
forma di linguaggio teatrale, fino a diven ire il nodo centrale di ogn i performance, al
punto da risultare scomodi o lasciare lo spettatore perplesso, come sotto l’effetto di un
qualche sovraddosaggio stordente, da metabolizzare in qualche lasso indefinito di
tempo.
“A l f a ” è p r o b a b i l m e n t e u n o d i q u e s t i , e a n c o r a u n a v o l t a è s i c u r a m e n t e l ’ e s t e t i c a l ’ a s s e
c e n t r a l e s u c u i v e r t e l ’ i n t e r a p e r f o r m a n c e . Fa r c i t a d i t r o va t e p a r a d o s s a l i e r i f e r i m e n t i
surreali quali “Simon del deserto” di Buñuel, conduce il pubblico in altri mondi, che da
un lato ci scompigliano, mentre dall’altro ci fanno sorridere perché perfettamente
riconoscibili.
Ancora una volta Roberto Castello rad iografa una soc ietà che sembra procedere in
caduta libera e senza rete di sicurezza verso il proprio auto-disfac imento, dando rilie vo
al senso del ridico lo che irrompe nelle nostre vite in modo cruento, al grottesco privato
e pubblico, al risibile e al tragicomico con cui conviviamo pacificamente, lasciandoci
s e m p r e i n a t t e s a d i u n a s vo l t a r e p e n t i n a p e r l a s c e n a s u c c e s s i va , c h e m a i s i p r o s p e t t a
come quella finale.
D e l r e s t o , c o m e s o s t e n e va J o h n C a g e , “ u n ’ a z i o n e è s p e r i m e n t a l e q u a n d o i l r i s u l t a t o n o n
è p r e v e d i b i l e ”, e i n q u e s t o s i c u r a m e n t e R o b e r t o C a s t e l l o s i è s e m p r e d i s t i n t o .
http://www.klpteatro.it/alfa-roberto-castello-aldes-recensione
RUMOR(S)CENA (9 d icem br e 2 0 1 6 )
ALFA: quando il maschio non ritrova più la sua identità
di RENZIA D'INCA'
VORNO (Lucca) – Uno spettacolo spiazzante dentro una cornice tradizionale affidata a
parola musica canto e danza, una performance complessa che affronta e si interroga su
u n t e m a s p i n o s o e q u a n t o m a i a t t u a l e : i l G e n d e r. E l o f a d a u n p u n t o d i v i s t a m a s c h i l e ,
quello del cosiddetto maschio Alfa, il dominante, il capobranco secondo la definizione
dei primatologi riferito alle scimmie ma che per traslazione è usato anche per nominare
u n a c a t e g o r i a d e l m a s c h i o d e l g e n e r e u m a n o . A L FA è u n a p r o d u z i o n e d i A l d e s , l a
C o m p a g n i a d i r e t t a d a Ro b e r t o C a s t e l l o c h e h a s e d e p r e s s o l o s p a z i o S PA M , v i c i n o a
L u c c a c o n i l s o s t e g n o d e l l ’A s s o c i a z i o n e d e l l o S c o m p i g l i o , d i r e t t a d a l l a p e r f o r m e r C e c i l i a
Bertoni che sempre nel Comune di Capannori, dispone di uno straordinario complesso
sede di installazioni concerti laboratori mostre e residenze. In questi mesi ospita
Assemblaggi provvisori, una programmazione tutta dedicata appunto alla questione di
genere. Districars i in una materia densa, doverla trasformare in forme riconoscibili e
compiute in una forma artistica, richiede un bilancino di precisione. La questione del
G e n d e r a p p a s s i o n a e d i v i d e f i n d a g l i a n n i N o va n t a s u l p i a n o d i s t u d i s o c i o l o g i c i , m a
tuttora infiamma i sostenitori dell’una e dell’altra fazione: da un lato coloro che
sostengono essere l’identità femminile e quella maschile prodotto della Natura, con
tutte le implicazion i soc iali e cu lturali che ne conseguono e la Chiesa che vede nella
Te o r i a i l d e m o n i o c h e d i s t r u g g e l e b a s i d e l l a S a c r a Fa m i g l i a ; d a l l ’ a l t r a i s o s t e n i t o r i d e l l a
differenza di genere che nasce sul terreno della Cultura e dei condizionamenti sociali,
e n t r o i q u a l i c r e s c i a m o e c i f o r m i a m o p e r e n t r a r e n e l m o n d o a d u l t o . Ro b e r t o C a s t e l l o
non prende posizione, si defila anche dalle diatribe attualissime sul tema legate al
mondo gay e lgtb: pensiamo al fenomeno delle Sentinelle in piedi, mentre si ritaglia un
f o c u s a l t r e t t a n t o i n c a n d e s c e n t e , q u e l l o d e l m a s c h i o A L FA a p p u n t o , e l o f a i n s i e m e a l s u o
alter ego in scena Mariano Nieddu e alle coriste attrici performer rumoriste Alessandra
M o r e t t i , I l e n i a Ro m a n o e F r a n c e s c a Z a c c a r i a .
La scena è costellata da monoliti su cui sono tracciati graffiti da periferie urbane o
porte interne di toilette di terz’ordine con riferimenti sessuali espliciti, un demi monde
che in parte contestualizza e contiene ciò che andremo a vedere. Le azion i scen iche si
susseguono a mosaico come siparietti: nello spazio in contemporanea i cinque performer
si avvalgono di microfoni e fanno ampio uso di oggett i sonori che accompagnano i
monologhi e i gramelot affidati a Castello, al suo alter ego maschio Alfa che di sé fa
narrazione, e alle tre ragazze che in vest i di groupier attric i amanti mogli vestali, fanno
da controcanto alla affabulazione del capobranco. Ma non c’è solo parola o suono in
questa intricata elaborazione performativa: ci sono i corpi e le voci de lle donne e del
doppio-Alfa che scandiscono con danze tribali e suoni gutturali, privi di contenuti ma
ricchi di vibrazioni semant iche che giocano su molteplici piani lingu ist ici. Fra verbale e
n o n v e r b a l e i n A L FA a s s i s t i a m o a u n b u o n c o n t e m p e r a m e n t o d e i c o d i c i , o p e r a z i o n e m o l t o
ardimentosa ancora suscettibile di lima.
La parte più propriamente verbale è affidata a considerazion i fra il biografismo del
m a s c h i o A L FA - l ’ e d u c a z i o n e r i c e v u t a d a l l e m a d r i z i e s o r e l l e e i l s u o p s e u d o d e l i r i o d i
Po t e r e s u l l e f e m m i n e . I n q u a n t o a l l e f e m m i n e a n c h ’ e s s e r i p r o d u c o n o i c l i c h è d e l
femminile più trito: oggetto sessuale in funzione testosteronica del desiderio che si
a u t o a l i m e n t a n e g l i o c c h i d e l l ’A l t r o , i l t u t t o a s u a v o l t a i n f u n z i o n e d i r i p r o d u z i o n e e
t r a s m i s s i o n e d e i g e n i ( N a t u r a ) . Tu t t a v i a q u e s t o m a s c h i o A L FA i n v e r s i o n e Ro b e r t o
Castello trasmette anche un forte segnale di smarrimento e frustrazione come se
indossasse la maschera del falso sé, insomma è un maschio in crisi di identità, che
simula, che veste i panni di una identità fitt izia costruita su paradigmi imposti che non
risuonano, maschio vincente sì ma sofferente, imprigionato dai dettami socio culturali
de lla società occ identale che lo vogliono produttivo e riprodutt ivo (Cu ltura?).
La corda della maschera del personaggio viene tirata fino a trasformarlo in figura
grottesca, caricaturale tanto che Castello resta in bilico come sospeso sul filo di lana di
questo doppio messaggio: ci faccio o ci sono? non dando risposte, sospendendo il
giudizio tuttavia lasciando la netta sensazione che a questo scimmione antropizzato
Dominus gli sia un po’ scappata di mano il contro llo della situazione scivolando nel
paradosso, nella parodia di se stesso e nel ridicolo. E’ questa l’autoironia sottile
spiazzante a segnare la cifra stilistica che percorre l’apparente rapsodica non linearietà
d i A L FA .
http://www.losguardodiarlecchino.it/roba-da-maschi-forse/
PERSINSALA (6 d icem br e 2 0 1 6 )
ALFA. Solo singolare maschile?
di LUCIANO UGGE'
A l l a Te n u t a d e l l o S c o m p i g l i o s o l d o u t p e r i l d e b u t t o n a z i o n a l e d i A l f a a p p u n t i s u l l a
questione maschile, di e con Roberto Caste llo.
In un paesaggio suburbano degno dei peggiori sottopassi ferroviari o dei piloni delle
s o p r a e l e va t e d i p e r i f e r i a , o v e c a m p e g g i a n o s c r i t t e c h e v a n n o d a d i o c ’ è a s l o g a n s u l l a
supremazia razziale o proposte d’incontri erotici, irrompono i due performer che
enunciano il manifesto diktat di un’esistenza di sopraffazione secondo le regole del
maschio bianco, benestante, eterosessuale e di religione cattolica.
L’ i n s o f f e r e n z a l a t e n t e , p e r ò , p i a n o p i a n o r i e m e r g e i n q u a n t o l a s e t e d i p o t e r e n o n s i
p l a c a m a i o , c o m u n q u e , n o n è m a i a b b a s t a n z a s o d d i s f a t t a ( c o m e c a n t a E d d i e Ve d d e r :
“ I t ’s a m y s t e r y t o m e / We h a v e a g r e e d w i t h w h i c h w e h a v e a g r e e d / A n d y o u t h i n k y o u
have to want more than you need / Until you have it all, you won’ t be free”) e, sotto
sotto, il rischio di non essere una sce lta personale e vo luta, ma l’es ito di un
comportamento indotto, continua a tormentare.
In un mondo maschile dove contano di più le donne che si riescono ad avere rispetto
a l l e i d e e , A L FA a p p u n t i s u l l a q u e s t i o n e m a s c h i l e m e t t e – p u r t r o p p o s o l o a t e a t r o – a l l a
berlina una serie di luogh i comuni, riappac ificandoci con quei sentiment i che vorremmo
alla base di un’es istenza ricca di valori condivisi e di crescita anche interiore.
La serie di quadri parte dalla pantomima di una figura femminile, in secondo piano
( c o m e d e v e s t a r e u n a b r a va m o g l i e ) , c h e a c c o m p a g n a l ’ e s p o s i z i o n e / m o n o l o g o d e l
maschio, sottolineandone con sincronicità perfetta l’assurdità e condendo con sberleffi
i r r i v e r e n t i l ’ i m p e g n a t i v o a u t o e l o g i o . L’ i r r o m p e r e s u l p a l c o d i u n g r u p p o v o c a l e , a c a va l l o
t r a i Pe r s u a s i o n s e i g o s p e l p i ù r a f f i n a t i , c o n u n r a p p e r s c a t e n a t o , s c o n v o l g e l a s c e n a e
la linearità drammatica che lo spettacolo sembrava perseguire. Ne l frattempo, il
decalogo di aggett ivi per descrivere il succitato maschio si allunga in una selva
sconfinata di comportamenti codificati, richiesti, imposti dalla posizione sociale
conquistata, ma che non lascia scampo all’immaginazione. Canoni violentemente
suggeriti, per ossimoro, che coinvo lgono comportament i, modi di presentarsi, vest iario e
q u a n t ’ a l t r o s e r va a f a r p a r t e d i u n m o n d o d i v i n c e n t i o m o l o g a t i e o m o l o g a n t i .
Non manca neppure la rubrica sui generis dedicata ai suggerimenti femminili, utili per
essere desiderate, in quanto la parte “debole” può essere solo scelta e mai scegliere,
ricoprendo il ruolo di compagna del – e mai del protagonista. E per essere desiderate ed
esercitare così una parvenza di potere, si finisce per diventare macchiette ins ignificant i
– sempre sull’orlo di una crisi di nervi.
Figure televis ive o da rotocalchi, maschi Alfa di gruppi rock o di pubblic ità del
dopobarba si materializzano sul palco in un intrigo di stereotipi, suggestioni, danze
i p n o t i c h e d i g r o u p i e , i l t u t t o a c c o m p a g n a t o d a l l a v o c e d e l l e p e r f o r m e r e d i Ro b e r t o
Castello con mus iche esegu ite dal vivo e create con poch i mezzi ma molto efficaci, o col
semplice canto a cappella.
Uno spettacolo che corre, si distende, si concede de lle pause, evolve in forme e modi
divers i per indagare un comportamento co llettivo che, sempre più spesso, mostra le
c o r d e e l a p r o p r i a d e m e n z i a l e va c u i t à .
Musica, danza e recitazione si alternano efficacemente creando momenti di pathos ma
suscitando anche un moto di rifiuto rispetto a ciò che ci viene buttato in faccia, in uno
scenario tanto trash quanto ironicamente realistico.
Alla fine dello spettacolo, di corsa a casa per sapere se avremo ancora una Costituzione.
http://teatro.persinsala.it/alfa-appunti-sulla-questione-maschile/34689
RECENSITO ( 6 d i c e m b r e 2 0 1 6 )
Castello indaga su chi ha paura del maschio alfa?
d i TO M M A S O C H I M E N T I
LUCCA – “Sei solo nato nel momento storico peggiore per essere un maschio bianco, eterosessuale
e cr ist ia no” ( C hu ck Pala hniu k, “Re d S ult an' s Big Boy” in “Roma nce ”)
In bilico tra l'inno e la ridicolizzazione, come è nelle corde sarcastiche e pungenti di Roberto
C a s t e l l o , v e l e g g i a q u e s t o m a s c h i o “A l f a ” d a p i ù p a r t i , n e g l i u l t i m i d e c e n n i , d e m o n i z z a t o , i r r i s o ,
vilipeso come uno straccio ve cchio, come un corpo appartenente a una antica mentalità, a una
condizione e concezione vintage dell'evoluzione. Eppure il maschio alfa è la prosecuzione della
specie, è il dominante capobranco testosteronico che regge il peso di una comunità. E, sia in
natura che nella società civile, è un efficace ed essenziale momento di consolidamento e raccordo
di speranze e intuiti, di sintesi di un pensiero, di una semplice linearità salvifica. Un'altalena di
aspettative e ricor si, un'oscillazione tra la protezione , ver so l'esterno, e la pericolosità, interna
tra le quattro mura, rendono il maschio alfa potenziale danno e presenza energetica e salda in
una elettricità, in un elastico a doppio filo che eccita e impaurisce, che esalta e incute rispetto,
che attrae e allontana, che difende, preserva e ripara ma che non è addomesticabile.
“Superuomini si na sce, grandi uomini si di venta” (Roberto Gervaso).alfa1
“A l f a ” s i i n s e r i s c e p e r f e t t a m e n t e , e a p i e n o t i t o l o , a l l ' i n t e r n o d e l l a s t a g i o n e d e d i c a t a a l “ G e n e r e ”
d e l l a Te n u t a D e l l o S c o m p i g l i o , a p o c h i p a s s i d a L u c c a ( u n a r i f l e s s i o n e s u l l ' a r e a t e a t r a l e t i r r e n i c a
s u l v e r s a n t e c o n t e m p o r a n e o a n d r e b b e f a t t a : o l t r e a S p a m a P o r c a r i , i l G r a t t a c i e l o e i l Te a t r o d e l l e
C o m m e d ie a L i v o r n o , i l Sa n t 'A n d r e a e i S a c c h i d i S ab b i a a P i s a p o c o a l t r o s i m u o ve s u l l i t o ra l e ) , i n
un contesto bucolico di vigne e fienili ma allo stesso tempo funzionale, attento ai passaggi, ai
cambiamenti, che annusa l'aria di quel che sarà. Castello, qui regista e non coreografo, crea un
ensemble di momenti, un mosaico di scatti nei quali emergono ad intermittenze luminose, quasi
flash back nella memoria ancestrale, impressi nella nostra corteccia cerebrale, lampanti visioni su
questo uomo chiamato ad assumersi responsabilità e a caricarsi sulle spalle il futuro e il domani
del suo clan e della sua specie, in conflitto con un mondo circostante che lo vuole b(l)andire,
boldrinianamente, dal ventaglio delle possibilità, eliminare dall'album di famiglia, estromettere
perché ritenuto portatore di valori negativi, bollato come primordiale, non evoluto, pericoloso. “Il
superuomo è il senso della terra” (Friedrich Nietsche).
Come ogni uomo alfa che si rispetti, questo nostro (Mariano Nieddu ha forza interpretativa
impattante e quella catarsi che gli permette di calarsi totalmente, sempre convincente senza
strafare mai: sicurezza e certezza), immerso in quest'aia colorata e solida di blocchi di cemento
da periferia urbana, è attorniato dal suo harem, dalle sue groupie (Alessandra Moretti, Ilenia
Roman o, Fran cesca Za ccaria ai micr ofoni c ome c oro da con certo) di compagne e amanti o dal
ginece o familiare che vede in lui un punto di riferimento. Scudi di asfalto verticale, come posati a
barriera, a difendere privilegi acquisiti ma anche argini valoriali dietro i quali nascondersi e
ripararsi di fronte all'ondata di perbenismo manicheo che avanza, quasi una Stonehenge moderna,
un ab it ac ol o- r icet t ac olo d e lle pe gg ior i an sie de lla pan cia d el Pae se , a cce r chi at i d a le tt e r e
grondanti odio e razzismo, sesso e fascismo. In questo brodo primordiale, fatto anche di
distruzione e prevaricazione, l'uomo alfa sperimenta e assorbe grazie alfa2anche al maschilismo
delle donne che gli gravitano attorno e addosso che lo spingono a indossare i panni, a tratti
consunti e già ampiamente sfruttati, dell'uomo forte, dell'uomo solo al comando, della punta
dell'iceberg, del cavaliere senza macchia, del capitano coraggioso e temerario.
Il maschio alfa diviene quindi anche condizione non scelta ma assegnata, non volontà ma
c o s t r i z i o n e p e r “ s o p r a v v i v e r e e m o l t i p l i c a r s i ”, “ i n c o m p e t i z i o n e p e r l ' i m m o r t a l i t à ”, “ f r e c c i a c h e
p u n t a a l l ' i n f i n i t o ”, “ m e m o r i a i m p e r i t u r a ”. È l a N a t u r a n o n l a s o c i e t à p u l i t a e a s e t t i c a c h e v o g l i o n o
costruire azzerando le differenze, appiattendo, a colpi di leggi ed emendamenti, milioni di anni di
trasformazione, crescita, progresso, sviluppo, perfezionament o. In fondo siamo, anche, animali.
Lo vogliono silenziare, mettere in un angolo, non dargli più voce in capitolo, mettere a tacere,
alla porta, emarginarlo, metterlo alla catena come Melamp o. Si stanno impegnando per mettere al
bando e alla berlina peli e muscoli, per costruire, a tavolino, come in un laboratorio, un mondo
senza linfa, senza nerbo, senza spina dorsale, senza ossatura né colonna vertebrale, impaurito e
molle che frana al primo colpo di vento, che cede al primo colpo di Stato, acconsentendo passivo
e p r o n o . “ L' u o m o è u n c a v o t e s o t r a l a b e s t i a e i l s u p e r u o m o , u n c a v o a l d i s o p r a d i u n a b i s s o ”
(Friedrich Nietsche).
Se da una parte viene anche esaltata la sfera decisionale, dall'altra, come contraltare, l'alfa è
tratteggiato e disegnato, meglio fotografato (come nella locandina della piece) e raffigurato come
Ke n, l' et e r no rag a z z o imp o st a t o di B a rb ie , b e lloc cio m a f int o, d i p la st ica . D op o t a nt o te a t r o
omosessuale, con istanze (anche giuste) omosessuali e questioni omosessuali, problemi della
comunità omosessuale e nudi e strusciamenti e ammiccamenti omosessuali, gay e lgbt (e qui
potremmo fare un cospicuo e corposo elenco di esempi che dal palcoscenico scivolano spesso nel
comizio), ecco un teatro eterosessuale. Che piaccia o meno il maschio alfa è necessario,
imprescindibile. Chi ha paura del maschio alfa?
http://www.recensito.net/teatro/castello-indaga-su-chi-ha-paura-del-maschio%E2%80%9Calfa%E2%80%9D.html
ARTALKS
(5 dicembre 2016)
ALFA. Quello che non ho
di SIMONA FRIGERIO
A l l a Te n u t a d e l l o S c o m p i g l i o p r o s e g u e A s s e m b l a g g i P r o v v i s o r i . U n ’ a v v e n t u r a n e i g e n e r i ,
non solamente a livello ideologico e filosofico, ma anche artistico. E, questa vo lta, è
Ro b e r t o C a s t e l l o a d a c c e n d e r e i r i f l e t t o r i s u l l a q u e s t i o n e d e l m a s c h i l e .
“Quello che non ho una camicia bianca / quello che non ho un segreto in banca / quello
c h e n o n h o s o n o l e t u e p i s t o l e / p e r c o n q u i s t a r m i i l c i e l o p e r g u a d a g n a r m i i l s o l e ”. C o s ì
c a n t a va Fa b r i z i o D e A n d r é . U n t e s t o c h e c o n t e s t a va l ’ i d e a d e l m a s c h i l e s i n g o l a r e , b i a n c o
(di etnia e di colletto), occidentale, liberista, capitalista, guerrafondaio, avido e
v i n c e n t e . U n m o d o d i e s s e r e c h e h a t r o va t o i n f i n i t e d e c l i n a z i o n i , d a l WA S P a s t e l l e e
strisce (Wh ite Anglo-Saxon Protestant, bianco di origine anglosassone e di religione
protestante) al buon padre di famiglia all’italiana, che proteggendo soffoca e
opprimendo guida. Uno standard, come indica Castello, un modello al quale conformarsi
o dal quale rifuggire; nel primo caso, annientando una personalità e ambizioni forse
diverse; nel secondo, pagando con l’emarginazione il proprio bisogno di alterità.
E le donne? In questo mondo di maschi Alfa, cosa resta alle donne? Il ruolo subalterno
di angelo del focolare; quello di “dietro ogni grande uomo c’è una grande donna” (ben
esemplificato nella godibilissima pantomima iniziale con arguto monologo interpretato
da Mariano Nieddu); di femmina perfetta nel reggiseno a balconcino (o a veranda?) che
si sente sempre sicura perché usa l’assorbente giusto, desiderabile non perché
desiderante ma in quanto oggetto di desider io (una Francesca Zaccaria dec isamente in
parte); o di maschio mancato che, quando arriva al potere, non solo lo eserc ita con la
stessa veemenza di un maschio arrogante (dalla Thatcher alla Merke l) ma pers ino con
un pizzico di odio verso no i donne che cont inuiamo a batterci per la differenza di
genere, perché un altro mondo sia ancora possibile.
Pe r r a c c o n t a r e q u e s t o u n i v e r s o , C a s t e l l o e i l s u o g r u p p o d i a t t o r i , d a n z a t o r i , r u m o r i s t i ,
c a n t a n t i e m i m i , t r a va l i c a n o o g n i g e n e r e i n s e r e n d o u n a s c e l t a s t i l i s t i c a f o r t e e , a v o l t e ,
spiazzante per lo stesso spettatore, all’interno di un discorso poetico sui labili confini di
genere, in senso di appartenen za e dist an za. Fo rma e sost an za si spo sano
perfettamente, giustificandosi persino nelle dissonanze.
Cast eccellente, nel quale Alessandra Moretti, nel ruolo della compagna che avrebbe
qualcosa da dire ma, ovviamente, alle spalle del demiurgo può solo ribollire fra sé, offre
un’immagine cult di tutto quello che le donne non dicono: “e non andiamo via / ma
nascondiamo del do lore / che scivola, lo sentiremo poi, / abbiamo troppa fantasia, e se
diciamo una bugia / è una mancata verità che prima o poi succederà” (Enrico Ruggeri e
Luigi Schiavone – cantata da Fiorella Mannoia).
http://www.artalks.net/alfa-quello-che-non-ho/
MEGLIO MENO
(4 dicembre 2016)
Lo strapotere maschile
di LUIGI SCARDIGLI
VORNO
(LU).
Il prodotto,
se
cambiassimo
l’ordine
dei
fattori,
probabilmente
cambierebbe. Il paradosso ha ragion d’essere a teatro, non certo con i numeri, ma
anche nel mondo dell’arte, il condizionale, è d’obbligo, perché certezze, ahinoi, non ne
abbiamo, nemmeno scambiando i genitali, nemmeno poggiando la donna sul piedistallo e
l ’ u o m o , p i ù i n b a s s o , a r i v e r i r l a . A L FA – a p p u n t i s u l l a q u e s t i o n e m a s c h i l e - i n s c e n a , i n
p r i m a , i e r i s e r a a l l a Te n u t a d e l l o S c o m p i g l i o ( s i r e p l i c a s t a s e r a , d o m e n i c a 4 d i c e m b r e ,
alle 19,30) - questa condizione, al momento solo virtuale, ha deciso di non
c o n t e m p l a r l a , s e n o n va g a m e n t e , e s e n o n n e l l ’ u n i c o m o m e n t o , a p i c a l e , n e l q u a l e l a
d o n n a è s ì , e l e va t a , m a p e r e s s e r e c o m p r a t a , u s a t a , u t i l e s o l o p e r l a c i r c o s c r i t t a
s o d d i s f a z i o n e , p r i m a r i a e a n i m a l e , d e g l i i s t a n t i m a s c h i l i , c h e va n n o a p p a g a t i , a
qualunque costo.
L’ i d e a è d i Ro b e r t o C a s t e l l o , i n f a t i c a b i l e c r e a t o r e d i e l e m e n t i p o l i t i c o - s c e n i c i , s o s t e n u t o ,
in questa ricerca equidistante dal classico e dal trash, in un limbo difficilmente
catalogab ile, rivendicabile, dunque commerciab ile, da Alessandra Moretti, Ilenia Romano
e Francesca Zaccar ia e coadiuvato, nella semp lificaz ione e incarnazione maschile , da
Mariano Nieddu, un cinquantenne eterosessuale, bianco, europeo, sano, di religione
c a t t o l i c a , c o n c o n t r a t t o a t e m p o i n d e t e r m i n a t o , va g a m e n t e b e n e s t a n t e , p a d r e d i d u e
figli sani, belli e che giocano discretamente a calcio. Il palco è una zona limitrofa di un
giardinetto pubblico de lla periferia romana dove sui murett i nati per esigenze di falsa
a r c h i t e t t u r a , h a n n o i n v e c e t r o va t o s p a z i o e a c c o g l i e n z a s o l o s c r i t t e va n d a l i c h e , v u o t e ,
senza destinatari e con mittent i anon imi e fra i quali trova spazio un fouton, dove non si
eseguono massaggi tantrici, ma esercizi di arti marziali. I piani di lettura sono
molteplici, isolabili, circoscrivibili e ognuno carico di una propria storia, autonoma,
individuale, art ist ica: c’è una vis ione sarcast ica e parossistica, divertente; ne segue e la
precede una violenta, estrema, a volte un po’ troppo spinta, ma senza essere cruenta,
dunque poco credibile; lungo l’intera rappresentazione lo sforzo ginnico, fisico ed
e r o t i c o p r e n d e s i s t e m a t i c a m e n t e i l s o p r a v v e n t o , m a n e s s u n o , t ra i l p u b b l i c o , r i e s c e a
e c c i t a r s i : s u c c e d e s e m p r e c o s ì , q u a n d o s i è o s s e r va t i , v i s t i , s c o p e r t i , d e n u n c i a b i l i ,
nemmeno se una delle protagon iste si sveste completamente e si trucca il viso vestita
solo da una sottile vestaglia dalla quale trape lano turgidi capezzoli poggiati su seni
appena disegnat i e una fica curata nei dettagli pelvici. Anche la componente vocale, a
cappella, stratosiana, ha la sua fortissima percentuale d’impatto scenico, come quella
petroliniana delle confessioni pasoliniane, con un tributo ai Pink Floyd e a una miriade
di altri elementi che sfuggono, probabilmente, allo stesso autore, figuriamoci allo
spettatore, attento a coordinare lo sguardo e l’attenzione su entrambi i lati del
palcoscen ico, dove l’uomo snocc iola progress ivamente e numericamente le virtù
maschili, prodigandos i in un goffo e commovente linguaggio corporeo e le donne,
va l l e t t e , c o r i s t e , s p o g l i a r e l l i s t e , g a l l i n e l l e , o c h e t t e , c o r p i s e m o v e n t i e s e d u c e n t i n e
va n i f i c a n o l a s u c c e s s i o n e a r i t m e t i c a . I l m a s c h i o - A L FA è l a v o c e n a r r a n t e , i l c r e a t o r e , i l
bandleader di questo gruppo rock, con affinità punk, che sussurra in russo e in
v o c a l e s e , c h e c e l e n t a n e g g i a i n d i s p a r t e e c h e g o d e o s s e r va n d o i l p r o p r i o c i r c o d a n n a r s i
l ’ a n i m a p e r a r r i va r e f i n o a l l a f i n e . Re g g e r e b b e i n u n t e a t r o c l a s s i c o ? R i u s c i r e b b e a
giungere fino alla fine, in una casa de l popolo, senza ven ir subissato da spernacchi o
senza dover ricorrere alle dissolvenze delle forze de ll’ordine ch iamate per placare le
i r r u e n z e d i s p e t t a t o r i i n f o i a t i ? N e l l a Te n u t a d e l l o S c o m p i g l i o s ì e n o n s o l o p e r c h é
e r a va m o p r e s e n t i a n c h e n o i : i n q u e l l ’ a n g o l o ( i n ) n a t u r a l e , d i s t a n t e d i e c i m i n u t i d a l
casello
autostradale
Lucca
est,
ma
anni/luce
dal
traffico
che
lo
percorre
quotidianamente,
Cecilia
Bertoni,
la
direttrice
artistica,
ha
creato
un
cosmo
equidistante, ma abbastanza per non essere identificabile, dalla terra e dal cielo, dove
si possono ideare progetti e realizzarli senza pagare lo scotto, né i diritti d’autore, di
alcuna rivendicazione.
http://megliomeno.com/index.php/item/343-lo-strapotere-maschile