in girum imus nocte et consumimur igni
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in girum imus nocte et consumimur igni
RECENSIONI ph ILARIA SCARPA IN GIRUM IMUS NOCTE ET CONSUMIMUR IGNI w w w. a l d e s w e b . o r g / i t / i n _ g i r u m d i ROBERTO CASTEL LO in collaboraz ione con la compag nia PRESENTAZIONE (giugno 2016) di ANDREA PORCHEDDU G l i a r t i s t i , s i s a , s o n o a va n t i d i c h i l o m e t r i : e s p l o r a n o z o n e s c o n o s c i u t e , c h e p o i n o i – critici o presunti tali – proviamo a strutturare, a codificare, a urbanizzare. Capita, allora, che certe creazioni illuminino, in anticipo, quel che siamo o quel che saremo. Danno senso alla faticosa scrittura della nostra autobiografia: ci raccontano quel vivremo. E capiamo di più. A me è capitato con “ In girum imus nocte et c o n s u m i m u r i n g n i ” : l o s p e t t a c o l o d i R o b e r t o C a s t e l l o e d e l s u o ra f f i n a t i s s i m o g r u p p o ALDES mostra perfettamente la realtà, italiana e non solo. Siamo sfiniti, stanchi, esausti, spersi. Afflitti e avviliti ma non per questo rinunciatari o sconfitti. Q u e l m a n i p o l o d i e r o i c h e r e i t e r a t a m e n t e a va n z a s t a n d o f e r m a è l a p e r f e t t a i n c a r n a z i o n e di uno stato diffuso. Il m isterio so palin dro mo lat in o ch e fa da t it o lo è lo spu nt o per un affresco degno di Bosch o di Bruegel che catapulta in un puro medioevo contemporaneo: s o n o l e “ t r i b ù ” c a r e a l f i l o s o f o M i c h e l M a f f e s s o l i q u a n d o , n e L ’ i s t a n t e e t e r n o , e vo c a u n ritorno del tragico nel postmoderno. La tragedia di ALDES non è cruenta, anzi: ma è acquisita, introiettata, c o n -v i s s u t a da un’umanità stanca che continua a marciare inesorabilmente sul posto, a sbattersi e combatters i per una gara senza arrivo. Sono anime in pena, sono pellegrini sfiniti, sono – con folgorante dolore – i migranti d’oggi. I danzatori hanno corpi, volt i, mani che raccontano: camminano ass illat i da una musica che è loop elettron ico ossessivo, in un alternarsi di buio e luce scandito da una diafana voce beckettiana che tutto spinge all’assurdo. Ed è la condizione umana, quella che racconta Castello. I l coreografo non condanna; anzi con uman issima empat ia evoca momenti di contatto e forse tenerezza, quadri d’ins ieme in cui il girovagare sembra t r o va r e p a c e . M a n o n c i s o n o v i e d i f u g a , n e l l a s c a t o l a c h i u s a c h e è m o n d o i n b i a n c o e nero, tracciato di frammenti (proiettati) come pioggia o graffi, tagli di luce obliqui e claustrofobici, dettagli che soffocano quanto la visione generale. Nella corsa tra gli u l t i m i , a n c h e c h i s i s a l va è p e r d u t o . PRESENTAZIONE (giugno 2016) La danza critica di Roberto Castello d i ATT I L I O S C A R P E L L I N I “Nel mondo realmente rovesciato anche il vero è un momento del falso” (Guy Debord) A n t o n i n A r t a u d d i c e va d i Va n G o g h c h e e r a u n g r a n d e m u s i c i s t a m a c o n t u t t i i m e z z i d e l l a p i t t u r a . D e l l e c o r e o g r a f i e d i Ro b e r t o C a s t e l l o s i p o t r e b b e d i r e q u a l c o s a d i m o l t o simile: che rich iamano i linguaggi e le front iere espressive più disparate – dal cinema a l l a v i d e o a r t e , d a l l a n a r r a z i o n e a l va r i e t à – m a c o n t u t t i i m e z z i d e l l a danza va inteso quel linguaggio, più totale che assoluto, danza, se per di cui questo artista ha caparbiamente sperimentato l’assenza di confini fin dai lontani anni ’80, quando con la c o m p a g n i a S o s t a Pa l m i z i è s t a t o u n o d e i f o n d a t o r i d e l l a d a n z a c o n t e m p o r a n e a i n I t a l i a . Convinto che l’arte possa parlare non solo a tutti, ma di tutto, a cominciare da ciò che artistico non è – come il denaro, una delle ossessioni ricorrenti dei suoi lavori, da “Siamo qui s o l o p e r i s o l d i ” c o n c u i s i p r e s e n t ò a To r i n o D a n z a n e l 1 9 9 4 f i n o a l r e c e n t e “coreocabaret confusionale” di “ Tr a t t a t o di economia” messo in scena con l’attore Andrea Cosentino – Castello ha utilizzato l’ironia, la parodia e il pastiche per costruire de lle eterogenee e anarch iche enc iclopedie il cu i vero filo conduttore è lo smontaggio dell’ideologia contemporanea. Con i cicli di un’epica derisoria, quali il progetto de “Il migliore dei mondi possibili” (premio Ubu nel 2003), o con apologhi secchi e compatti come “In girum imus nocte” - quasi un parabelstuck danzato - il coreografo di ALDES non fotografa tanto la realtà quanto le menzogne di un mondo rovesciato che si presenta come vero di cui il corpo rappresenta la cartina di tornasole più estrema. Artista critico che usa lo spettaco lo con t ro la so ciet à dello spet t aco lo, Roberto Cast ello è decisamente un esponente del pessimismo della ragione. Il suo unico ottimismo lo riversa pubblico nella “non vitalità comunicativa selezionato” al quale delle non sue creazioni, ha mai smesso cioè nella relazione di rivo lgersi. con il E nel nuovo modello organizzat ivo e produttivo che ha fondato con ALDES: una compagnia senza capocomicato che funziona come una comunità di autori, una residenza che esercita sul t e r r i t o r i o l a d i f f i c i l e a r t e d i r e s i s t e r e a l d e s e r t o c h e a va n z a . LE R E C E N S I O N I >>> IL CORRIERE FIORENTINO (18 dicembre 2016) Castello e la dura marcia della vita d i S I LV I A P O L E TT I In una notte buia e tempestosa tre ragazze e un uomo si aggirano marciando inesorabili. Ogn i tanto un black out scandito da una voce elettronica sembra fermare l'azione. Niente da fare. Appena torna uno squarcio di luce, a delimitare lo spazio di azione, i quattro sono sempre lì, in marcia. Tr a i e t t o r i e d i v e r s e , m o m e n t i a p p a r e n t e m e n t e d i p a u s a , a p p r o c c i s o l i d a l i o s c a t e n a m e n t o d i ra b b i e r e p r e s s e . Q u a l s i a s i c o s a n o n f e r m a c o m u n q u e l a c a m m i n a t a d e i q u a t t r o . Ch i sono? Sembrano zombie, già morti, o magari solo esseri umani esausti dal vivere. “ I n g i r u m i m u s n o c t e ” d i Ro b e r t o C a s t e l l o , v i s t o a l F l o r i d a , s i n t e t i z z a i n u n a e f f i c a c e metafora teatrale la dura lex dell'esistenza: onerati di estenuato, interpreti. affanni, ma angosce, sviluppato con delusioni. coerenza camminare fino alla meta finale sempre più Concetto gestuale estenuante grazie anche e alla ai lunga un po' compenetratissimi MEGLIO MENO (15 dicembre 2016) Il palindromo apocalittico di Roberto Castello di LUIGI SCARDIGLI FIRENZE. Si ch iamava Studio Uno e al posto de lla venere nord ica Ilen ia Romano (ammirata e applaudita poco tempo fa in Alfa, dello stesso Castello, al teatro dello S c o m p i g l i o d i Vo r n o d i L u c c a ) , t r e e s t a t i f a , a l F u n a r o d i P i s t o i a , Ro b e r t o C a s t e l l o a v e va deciso di piazzare, come quarto elemento apocalittico della sua compagnia Aldes, uno dei suoi danzattori stabili, Stefano Questorio. Fu nel salone in legno dell’indispensabile oasi art ist ica pistoiese che la sua danza crit ica fece l’ult ima prova tecn ica di trasmissione, prima di diventare, al Cantiere Florida, di Firenze (si replica stasera e domani, 16 dicembre, alle 21) In girum imus nocte et consumimur igni, che seppur non sembra possa potersi attribuire a Virgilio, resta comunque un famoso e angosciante palindromo. Il resto della comunicazione vis iva (mossa, indec ifrabile, come la foto che abbiamo volutamente scelto) e dunque (a)morale, come gli altri tre interpret i, in ordine alfabetico, erano e sono rimasti gli stess i: Mar iano Nieddu, G ise lda Ranieri e Irene Russo lillo, che comp letano quel mosa ico schizofrenico di questa sezione umana che p o t r e b b e e s s e r e i n t e s a e d e c i f r a t a c o m e u n ' o n d a t a d i m i g r a n t i a n o m a l i a r r i va t i e s a u s t i sulle coste occidentali e pronti a risalire la china europea senza più anima. Non necessariamente, però: anche gli indigeni europei somigliano sempre più ai loro fratelli che spingono da Sud e che sembra possano sostituirsi in questa gara a ostacoli come partecipanti vo lti e votati al massacro. La dubtechno che sottintende gli assordanti o r d i n i s o v i e t i c i , c h e p r e c e d o n o , a l o r o v o l t a , p u n t u a l m e n t e , u n a d i v e r s a p r o s p e t t i va scenica di questi allegri quattro ragazzi morti, resuscitati, ma morti prima di rinascere, esaspera perfettamente lo stato ansiogeno dell’immagine, scandito dal rapporto (a)musicale dai ricercati e funzionali movimenti disabili degli interpreti, incapaci, forse perché reduci da una traversata mediterranea stipat i con altri condannat i a bordo di un barcone che ne ha anch ilosato musco lature e artico lazion i, di muoversi con coordinazione. Non solo gli arti inferiori e superiori non sono più in grado di armonizzare la deambulazione; le sagome vis ive e i loro sguardi assenti, ringarzulliti, ogni tanto, dall’idea di un miraggio o dalla promessa di un tozzo di pane, rendono ancor più umiliante l’esodo verso non sappiamo quale terra promessa, che non aspetta altro di d a r e i l b e n v e n u t o a d u n a n u o va o n d a t a d i s c h i a v i c a p a c i d i s o s t i t u i r e q u e l l i s f r u t t a t i f i n o a quel momento e ormai talmente logori da non poter più essere utilizzati per esperiment i sui geni, dimostrazioni, lobotomizzazioni. Le luc i son i quelle che vengono sparate dalla consolle lungo il perimetro del palco a sezioni delimitate: ognuno dei protagonisti sembra che abbia ancora una fune legata in vita che non consenta, a n e s s u n o d i l o r o , d i l i b e r a r s i d e f i n i t i va m e n t e d a l p a s s a t o e c o n i u g a r s i c o n i l f u t u r o . M a con il trascorrere della rappresentazione e della familiarizzazione degli interpreti con il loro nuovo habitat, le quattro person ificazioni, che continuano a cadenzare i propri passi asfittici rispettando i tempi claustrofobici della colonna sonora, sembrano riprendere le sembianze umane: sorridono e diventano, da vittime predestinate e destinate, sadici carnefici; un solo lampo di sarcasmo nel buio della disperazione, l e t t e r a l m e n t e i n g e r i t o d a l l a n u o va s o t t o m i s s i o n e a l l a q u a l e v e n g o n o s o t t o p o s t i e c h e somiglia quella dei loro fratelli fortunati e ricchi che pretendono di riscuotere il dazio per l’offerta ospitalità. La prassi nichilista si auto esercita continuamente: Giselda, Ilenia, Irene e Mariano (l’ordine alfabetico è deontologicamente indispensabile) non abbandonano mai il loro status, così come il sottofondo sonoro, che cambia solo qualche riff sillabico, ma resta nocivo, anche se militarmente impeccabile, e non consente a nessuno di tirarsi fuori dalle gabbie luminose che rimandano sul fondale del proscenio le loro sagome apparentemente normali. Il senso di totale abbandono, sconfitta, senza possibilità alcuna di ristoro, men che mai di rivincita, si impadronisce tanto dei protagonisti, quanto del pubblico, che vengono indistintamente assorbiti, all’un isono, nel cono della disperazione, un cilindro anomalo forse un po’ troppo esasperato dal regista rivolto comunque verso gli in feri e dal quale nessuno sembra essere in grado di poter uscire. http://megliomeno.com/index.php/item/349-il-palindromo-apocalittico-di-robertocastello ARTALKS (15 dicembre 2016) Animali notturni o primitivi? di SIMONA FRIGERIO e LUCIANO UGGE' Al Cantiere Flor ida di F irenze arr iva Roberto Caste llo con In G irum Imus Nocte et Consumimur Igni. E la notte si accende. Sfuggevole come l’oggetto del suo titolo (chi gira in tondo nella notte e viene consumato dal fuoco? Le falene o le torce?), la performance f irmata da Roberto Castello mette in scena personaggi notturni, al confine tra esseri primordiali – che si fanno largo all’alba dell’umanità – e animali gaudenti, che mandano in fumo le loro esistenze in una parossistica ricerca de l piacere, nelle fo llie di una gioventù bruc iata. Una serie di brevi quadri, a tratti vicini alle inquadrature filmiche, che possono rimandare sia al lento progredire della civiltà, con visioni metaforiche della rincorsa v e r s o i l s u c c e s s o , g l i a t t i d i s o p r a f f a z i o n e , l a p r e va r i c a z i o n e p e r i l p o t e r e , l a f o r m a z i o n e d i c l a n e l ’ e s c l u s i o n e d e i s i n g o l i , m a a n c h e l a p o s s i b i l i t à d i c o n d i v i s i o n e – d i u n o s p a z io , un tempo e un’esperienza comune. Oppure evocare la Milano da bere, lo struscio nelle vie della moda, il degrado delle periferie, i pestaggi o gli stupri, i litigi da ubriachi, i momenti goliardici da Italia Uno, il sesso come unica possibilità d’incontro tra corpi separati. I rimandi cinematografici non si esauriscono con i tagli di luce, anche alcuni movimenti, come que llo delle man i, rivelano assonanze con quella gestualità da vampiro degli albori del cinema, quando le inquadrature in diagonale e i bianchi e neri espressionisti di M u r n a u r e n d e va n o N o s f e r a t u u n a f i g u r a i n c o n s c i a i n s i e m e c u p a e p e r t u r b a n t e . La scenografia è sostituita dal gioco di luci e dalle videoproiezioni che dialogano con i p e r f o r m e r, a t t u a l i z z a n d o l ’ i d e a d i G o r d o n C r a i g d i u n a s c e n o g r a f i a m o b i l e e a l l u s i va , quasi emozionale, protagonista essa stessa dello spettacolo teatrale. I l s u c c e d e r s i d e i q u a d r i , i n u n c o n t i n u u m d i c l i m a x e a n t i c l i m a x , s i g a l va n i z z a n e l f i n a l e . Gli ultimi dieci minuti si caricano di una tensione crescente, sottolineata da una musica che sembra farsi vieppiù sincopata, fino al momento di stallo, quasi catartico, in cui il respiro torna a quella quiete propria dell’alba, umana e primordiale. http://www.artalks.net/animali-notturni-o-primitivi/ CITTA' NUOVA (10 dicembre 2016) Vanno in giro di notte e sono bruciati dalla fatica d i G I U S E P P E D I S T E FA N O A l Te a t r o F r a n c o Pa r e n t i d i M i l a n o l o s p e t t a c o l o d e l c o r e o g r a f o Ro b e r t o C a s t e l l o p a r l a de ll’alienazione del nostro vive re quot idiano Una luce fredda scansiona le pareti disegnando tagli geometrici – corridoi, porte, angoli, s t r a d e – c h e s a l g o n o e s c e n d o n o , c h e a p r o n o e c h i u d o n o l o s p a z i o s c e n i c o . Tr a b u i o e luce intermittente, i danzatori, sempre in movimento e con la testa e le spalle abbassate, come portassero un peso sulle spalle, si posizionano, inizialmente in gruppo simili a zombie, poi scomposti, claudicanti, con posture e gesti sincro e in seguito difformi, scrivendo nei loro corpi di tuniche nere brevi spot del vivere quotidiano. Que llo che genera affinità, desideri, conflitti, violenze. Il ritmo è martellante, ossess ivo. Una musica techno, un suono, dapprima urtante, poi, nel sussulto dei corpi al limite della trance de i 5 danzatori, sempre più coinvolgente. “In girum imus nocte et consumimur igni” (Andiamo in giro la notte e siamo consumati dal f u o c o ) ”, d e l c o r e o g r a f o l u c c h e s e R o b e r t o C a s t e l l o d e l l a c o m p a g n i a A l d e s , è u n a d a n z a cinetica tesissima, rigorosa, cinematografica, con sprazzi grottesch i. Mentre una voce meccanica, come un ordine, ripete e avvisa che la fine è vicina – “the end is near” –, gli interpreti in marcia si distribuiscono frontalmente, laterali, di spalle, in un continuo va g a r e n o t t u r n o c h e l i s o r p r e n d e r à s m e m b r a n d o l i . D a u n ' u m a n i t à c o l l e t t i v a s i p a s s a all'individuo; e intanto si intrecciano, si ostacolano, si sgambettano, si torturano, si t r a s c i n a n o , s i b l o c c a n o . L a r e i t e r a z i o n e , t r a c o n t r a z i o n i e f l u i d i t à , t r o va c a m b i d i g e s t i con ondeggiamenti del busto, disarticolazione dei muscoli, ghigni, mani sugli occhi, braccia penzoloni, rotolamenti a terra, mentre la spossatezza si impadronisce dei corpi, ma senza cedimenti. https://www.cittanuova.it/vanno-in-giro-di-notte-e-sono-bruciati-dalla-fatica/ La REPUBBLICA ( 1 3 n o v e m b r e 2 0 1 6 ) Paler mo d i R O B E R TO G I A M B R O N E In girum imus nocte et consumimur igni è un celebre palindromo latino di origine i n c e r t a , c h e p o t r e b b e r i f e r i r s i a l f a t a l e g i r o va g a r e d e l l e f a l e n e m o r t a l m e n t e a t t r a t t e dalla luce. Ro b e r t o C a s t e l l o i n t i t o l a c o s ì l a s u a f o l g o r a n t e c o r e o g r a f i a p r e s e n t a t a a l Te a t r o L i b e r o , nella quale i bravi interpreti Alice Giuliani, Mariano Nieddu, Stefano Questorio e Giselda R a n i e r i a s s e c o n d a n o i l r i t m o i n c a l z a n t e d i u n a m u s i c a o s s e s s i va , l a s c i a n d o s i t r a s c i n a r e in una estenuante danza ipnot ica, che alterna stati cataton ici a giravolte ed impeti isterici. L’ i n g e g n o s o d i s e g n o l u c i g u i d a i r a p p r e s e n t a n t i d i q u e s t a u m a n i t à a l l o s b a n d o n e l l a l o r o s f i b r a n t e m a r c i a , i m p o n e n d o u n d i n a m i s m o i m p l a c a b i l e . U n a To t e n t a n z m e d i e va l e i n bianco e nero, rigeneratore, che metafora ha francese Maguy Marin. non della poche danza come assonanze prometeica con il condanna recente lavoro o della come fuoco coreografa IL SOLE 24 ORE ( 1 9 n o v e m b r e 2 0 1 5 ) Anime perse nella trance notturna di Roberto Castello DANZA & DANZA (novembre-dicembre 2015) Dell'individuo e delle sue alienazioni d i G I U S E P P E D I S T E FA N O È u n r i t m o t e c h n o , m a r t e l l a n t e , o s s e s s i v o , i n va r i a t o , q u e l l a c h e p e r c u o t e e i p n o t i z z a i nostri sensi. Una musica, un suono, dapprima urtante; poi, nel sussulto dei corpi al limite della trance dei cinque danzatori, sempre più coinvolgente. Una luce fredda scansiona le pareti disegnando tagli geometrici – corridoi, porte, angoli, strade – che salgono e scendono, che aprono e chiudono lo spazio scenico. Tr a b u i o e l u c e i n t e r m i t t e n t i , i d a n z a t o r i , s e m p r e i n m o v i m e n t o e c o n l a t e s t a e l e s p a l l e abbassate, si posizionano, inizialmente in gruppo simili a zombie, poi scomposti, con posture e gesti sincro e in seguito difformi, scrivendo nei loro corpi vestiti di nero brevi spot del vivere quotidiano. Quello che genera affin ità, desideri, conflitti. “In girum imus n o c t e e t c o n s u m i m u r i g n i ” ( A n d i a m o i n g i r o l a n o t t e e s i a m o c o n s u m a t i d a l f u o c o ) ”, r i p o r t a i l c o r e o g r a f o l u c c h e s e Ro b e r t o C a s t e l l o d e l l a c o m p a g n i a A l d e s , a d u n a d a n z a cinetica tesissima, rigorosa, cinematografica, con sprazzi grottesch i. Mentre una voce ripete e avvisa che la f ine è vicina, – “the end is near ” – gli interpreti (Giselda Ran ieri, Va l e n t i n a S e c h i , I l e n i a Ro m a n o , S t e f a n o Q u e s t o r i o ) s i d i s t r i b u i s c o n o f r o n t a l i , l a t e r a l i , d i spalle, in un continuo vagare notturno che li sorprenderà smembrandoli. D a u n ' u m a n i t à c o l l e t t i va s i p a s s a a l l ' i n d i v i d u o ; e i n t a n t o s i i n t r e c c i a n o , s i o s t a c o l a n o , s i s g a m b e t t a n o , s i t o r t u r a n o , s i t ra s c i n a n o , s i b l o c c a n o . L a r e i t e r a z i o n e , t r a s p a s m i e f l u i d i t à , t r o va c a m b i d i g e s t i c o n o n d e g g i a m e n t i d e l b u s t o , d i s a r t i c o l a z i o n e d e i m u s c o l i , mani sugli occhi, braccia penzoloni, rotolamenti a terra, mentre la spossatezza si impadronisce dei corpi, ma senza cedimenti. Castello, ispirandosi all'omonimo film di Guy Debord del 1978 – in cui il regista usa immagini statiche per far progredire il discorso sui meccanismi della società dello spettacolo e del consumismo - trasfigura quel senso di perdita, l'inesorabile passare del tempo, l'alienazione e l'oppressione dell'individuo nella società moderna, con una coreografia costruita come un meraviglioso dispos itivo scen ico, dentro il quale ci cattura. http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2015-11-19/anime-perse-trance-notturnaroberto-castello-155453.shtml?uuid=ACcNPWdB KLP teatro ( 2 7 o t t o b r e 2 0 1 5 ) Roberto Castello: desideri girare a vuoto sul consumo dei nostri d i S A LV ATO R E I N S A N A La fine è vicina. Ma siamo ancora all'inizio. “In girum imus nocte (et consumimur igni)”: andiamo in giro la notte e siamo consumati dal fuoco. Andiamo in giro la notte e finiamo s e m p r e i n g a b b i a , p a r t e c i p i d i u n a n u o va c l a s s e m o r t a . Ro b e r t o C a s t e l l o r i m a n e m o l t o c o e r e n t e a l l a r a d i c a l i t à d i G u y D e b o r d , s c r i t t o r e , r e g i s t a e filosofo francese la cui vita/opera è fortemente dialettica, in bianco e nero, dalle posizioni salde. Ha ben chiari i suoi nemici, ha ben forte la sua posizione. Così come lo s p e t t a c o l o i n q u e s t i o n e , c h e s i g i o va , m a g n e t i c o e o s t i n a t o , d e l l a d i c o t o m i a b a s i l a r e d i luce e ombra per costruire un notturno che non lascia scampo all'intrattenimento. La scena è una scatola nera rischiarata solo dal videoproiettore, con superfici segnate da angoli retti, e un bianco sporco, in cui si intravede un lento cadere di quella che potrebbe essere pioggia nera. Sei corpi vestit i con tuniche nere fat icano a prendere il via, poi in iziano all'un isono quella che diventerà progress ivamente una partitura dannata e rigorosa, essenziale e vio lenta. Quella di corpi asservit i ad un disegno superiore, ancora una volta eterodiretti e in marcia. Non comunicanti. Ingabbiati e sincopati, in preda alle pulsioni da emeriti b i p o l a r i , c l a u d i c a n t i , g r a v i e g r a va t i d a p e s i i n v i s i b i l i m a c a p a c i d i s o m a t i z z a r s i i n u n o stato di degenza in scena. L' u n i c o u o m o d e l g r u p p o ( M a r i a n o N i e d d u ) è s e m p r e c h i n o s u s e s t e s s o , g o b b o , i n p r e d a a l g h i g n o n o s f e r a t e s c o d e l c o r p o c r i m i n a l e . G r a va t i d a l t e m p o c h e s c a n d i s c e incessantemente l'azione, ad ogni buio le pedine cambiano posto, alternano stati di felicità apparente a momenti di totale abnegazione alla psico-fisica macchina coreutica imposta. Come nuovi lemming, operosi e ciechi. Inchiodati a terra, in una condizione di febbrile angoscia all'interno della quale gli sprazzi di euforia sono di disperata messa in scena, falsa, grottesca, della gioia esteriormente rappresentata. C i s i d a n n a a v u o t o , s i g i r a a v u o t o c o m e m a c c h i n e c e l i b i . Tr a i s t a n t a n e e e f o l g o r a z i o n i vis ive, senza poter staccare i piedi dal suolo, ci si consuma, ci si brucia per inerzia, per e m p a t i a v e r s o i l d i s p e n d i o i m p r o d u t t i v o , s e n z a c o n s e r va z i o n i , s e n z a c e d i m e n t i a l virtuosismo, rigorosamente lontani dai codici più riconoscibili della (danza di) moda. E o g n i t a n t o l a v o c e f u o r i c a m p o c i r i c o r d a c h e “ t h e e n d i s n e a r ”. La fine è vicina, e siamo quasi alla conclusione, forti di una fredda monocromia e di un martellamento sonoro che non cede, ma anzi porta verso una trance che trasforma i performer in esseri spossessati, in lotta per farsi luce, mai docili, mai coscienti, contro le avvers ità intangibili de lla scena (della vita), servili al ritmo che li muove, n e l l ' e s t i n g u e r s i va n o d i e n t u s i a s m i r a p p r e s e n t a t i , d i i n g a n n e v o l i r i s a t e n e r v o s e , d i concitate vibrazioni di membra cadenzate. Se per il situazionista francese il celebre palindromo latino che dà il titolo all'opera era l ' i n c i p i t d i u n ( n o n ) f i l m c h e f a c e va u n a r i c o g n i z i o n e a m a r a e f i e r a d e l l a p r o p r i a v i t a p a s s a t a , l o s p e t t a c o l o ( d a v e d e r e ! ) d i Ro b e r t o C a s t e l l o è u n c a t a r t i c o e s o r c i s m o c o n t r o l a f u r i a c i n e s t e t i c a m e t r o p o l i t a n a , c o n t r o l a f a m i l i a r i t à c a n a g l i a , i l t r a f f i c o a va r o d i quiete, l'odio che, nostro malgrado, sotterraneo ma affiorante, ci accomuna egoisticamente l'un l'altro. durata: 1h applausi del pubblico: 3' 4 stelle e 1/2 su 5 http://www.klpteatro.it/roberto-castello-girare-a-vuoto-sul-consumo-dei-nostri-desideri INTERNAZIONALE ( 2 5 o t t o b r e 2 0 1 5 ) O PIN IO N I Di cosa ha bisogno il teatro italiano di CHRISTIAN RAIMO […] Preparazione e volontà politica Accanto alle mancanze della scuola va messa certo la responsabilità della crit ica, dei teatri pubblici, dell’editoria: perché è rarissimo seguire uno spettacolo con il testo sotto m a n o ? Pe r c h é s p e s s i s s i m o i f o g l i e t t i d ’ i n t r o d u z i o n e s o n o i n c o m p r e n s i b i l i ? Pe r c h é è q u a s i la regola che le recensioni sui grandi giornali siano comprensibili solo dagli addetti ai l a v o r i , e a l l e v o l t e n e m m e n o d a q u e l l i ? Pe r c h é q u a s i i n n e s s u n c a s o s i a c c o m p a g n a l o s p e t t a c o l o c o n u n i n c o n t r o d i i n t r o d u z i o n e ? Pe r c h é l ’ e d i t o r i a t e a t r a l e n o n r i c e v e f o n d i pubblici per poter sopravvivere? E questo lungo discorso, questa perorazione, fatta essenzialmente per il teatro di prosa, potremmo estenderla ad altre forme di spettacolo. Se devo concludere con due esempi per il tutto li prenderei dalla danza. Uno è quello di Roberto Castello : la sua compagnia è una de lle eccellenze de lla danza europea. Il suo spettacolo – premio Ubu – del 1985, Il cortile prodotto con Sosta Pa l m i z i , è c o n s i d e r a t o g i u s t a m e n t e s e m i n a l e p e r l a s t o r i a d e l l a c o r e o g r a f i a i t a l i a n a d e g l i ultimi trent’anni, e il suo ultimo spettacolo, In girum imus nocte (et consumimur igni) non è di minore bellezza. Eppure a parte due giorni nella rassegna romana di Short theatre e una decina di date s p a r s e p e r l ’ I t a l i a s a r à c o m p l i c a t i s s i m o v e d e r l o . Pe r c h é ? Pe r c h é i n q u e s t i t r e n t ’ a n n i c h e ci separano dal Cortile si è fatto pochissimo per educare il pubblico, si è pensato che bastasse promuovere gli eventi, e ora ci si rende conto che gli spettatori consapevoli mancano. È a n d a t a d i v e r s a m e n t e , d i c e va m o , i n B e l g i o . A R o m a e u r o p a f e s t i va l q u e s t ’ a n n o A n n e Te r e s a D e Ke e r s m a e k e r h a p r e s e n t a t o u n m e r a v i g l i o s o c o f a n e t t o d i u n l i b r o e q u a t t r o dvd realizzato con Bojana Cvejić dedicato alla presentazione del suo lavoro: The coreographer’s score. Nei quattro dvd non c’è solo la celebrazione di una star della coreografia mondiale, ma un’ampia documentazione della sua didattica. Una via che la s t e s s a D e Ke e r s m a e k e r c i o f f r e p e r e n t r a r e n e l s u o l a b o r a t o r i o a r t i s t i c o ; e f a r l o è q u a s i altrettanto grat ificante che vedere i suoi splendidi spettaco li. Investire nella formazione del pubblico non è così complicato, e restituisce risultat i e v i d e n t i a n c h e d a u n p u n t o d i v i s t a e c o n o m i c o . L’ u n i c a c o n d i z i o n e , c e r t o , è c h e c i s i a n o la preparazione e la vo lontà polit ica per farlo. http://www.internazionale.it/opinione/christian-raimo/2015/10/25/teatro-italiano-crisi-fortezza-vuota CHE TEATRO FA ( 1 9 o t t o b r e 2 0 1 5 ) ro ma. blo gau tor e .r e pubb lica. it - Ro do lfo di Giam mar co nuovi critici / in girum imus nocte et consumimur igni... di GIULIA SANZONE L i q u i d i e p r o f o n d i b e a t b a t t o n o c o m e p i o g g i a , t ra a n c e s t r a l i p e r c u s s i o n i a f r i c a n e e g o c c e c o l a n t i r i f l e s s e s u l l o s f o n d o p e r l a t o d i u n a s c e n a b u i a , s c h i a va d i b l o c c h i d i l u c e d i a f a n a , che generano e distruggono una settantina di straordinari quadri danzanti: flash intermittenti, tormentati e asservit i a una voce meccanica, che impera beckett iana e d o m i n a a l c o m a n d o “ d a r k / l i g h t ”. in girum 1Scalzi, stretti in tuniche funeree, i sei automi protagonisti di una matrix i n q u i e t a n t e s i a l l i n e a n o i n ra p i d i e d i s c o r d a n t i f r a m e a l t e r n a t i d a u n e f f e t t o s i m i l e a l l o stop-motion, errando, epilettici e virtuosi, negli spasmodici tic di moderni proletari, o innocenti bambini, per un’ora eccezionale di teatro danza, al confine sublime e ib rido t r a l a v i d e o a r t e e l ’ a va n g u a r d i a e l e t t r o n i c a . Sembrano creature inumane allo stadio microbico, o elementi primordiali, chimici e c e l l u l a r i , i d a n z a t o r i c o r e o g r a f a t i d a Ro b e r t o C a s t e l l o , a s s e m b l a t i e s p a r p a g l i a t i d a impulsi elettrici, da connessioni sinaptiche che inducono i corpi a convulsioni, attrazioni e opposizion i di forze magnetiche in preda a sostanze psicotrope, a vo lte estaticoman iacali, altre vo lte depresse e anestetizzate. L a r e t i n a d e l l o s p e t t a t o r e s i f o n d e t r a l e r i t m a t e va r i a z i o n i o t t i c h e , d e t t a t e d a i f a s c i d i luce che incasellano l’estasi autistica dei personaggi, entrando anch’essa in una sorta di trance dove la percezione viene alterata, scandita dalla travolgente cerimonia atavica e cannibale. La crudeltà spaventosa scandaglia terminazioni nervose ed emozion i de l branco plagiato, vio lento e vio lentato, a sua vo lta, da un potere spietato come nelle sadiche giornate della Salò pasoliniana, e si alterna all’ironia mostruosa di un ridicolo grottesco, all’incubo bulimico di un piacere bramato fino ad una morte indifferente, invocata, b r u c i a t a a l f u o c o d e l f a t a l e e r e i t e r a t o d e l i r i o : “ t h e e n d i s n e a r ”. Sulla scia di un continuo reset, i quadri/prigione dell’olocausto in atto si consumano in fretta e le sue torce danzanti si spengono come folli falene, sacrificandosi, suicide di luce. L’ i n e v i t a b i l e d e f l a g r a z i o n e è c e l e b r a t a n e l l a p e r f o r m a n c e g i à d a l t i t o l o , d i d e b o r d i a n a memoria, con la palindroma formula latina che ripercorre al contrario i caratteri, r i m a n e n d o p r o d i g i o s a m e n t e i n va r i a t a : I n g i r u m i m u s n o c t e e t c o n s u m i m u r i g n i ( “A n d i a m o i n g i r o d i n o t t e e c i c o n s u m i a m o a l f u o c o ” ) . Te a t r o Va s c e l l o , Ro m a 17 ottobre 2015 http://cheteatrochefa-roma.blogautore.repubblica.it/2015/10/19/nuovi-critici-in-girumimus-nocte-et-consumimur-igni-g-s/ L'ALTRO QUOTIDIANO.IT ( 1 8 o t t o b r e 2 0 1 5 ) DAN Z A Dal video saggio di Debord l’originale spettacolo di Roberto Castello d i F E D E R I C O B E TTA U n ’ u n i c a b a s e r i t m i c a c h e s i r i p e t e o s s e s s i va m e n t e p e r t u t t o l o s p e t t a c o l o . U n a v o c e o f f che decide con due semplici parole, light e dark, quando la scena è illuminata o buia. Un unico spazio segmentato da colonne e aree oscure, possibilità di movimento sempre incatenato tra confini rigidi. Questo è il quadro che accoglie i sei ballerini sotto la guida di Roberto Castello nel suo ultimo lavoro In girum imus nocte et consum imur ingn i (Andiamo in giro la notte e siamo consumat i dal fuoco) in scena al teatro vascello di Ro m a f i n o a d o m e n i c a 1 8 o t t o b r e . Lo spunto del lavoro è il video saggio di Guy Debord del 1978 dallo stesso titolo: un montaggio di riprese originali, scene da film, foto e voce de llo stesso Debord che apre nuove strade filmiche per res istere alla condizione umana intrisa di spettaco lo. Il lavoro di Caste llo è, come dice l’autore, di pura danza, ma privo di quals iasi riferimento al balletto. In questa sperimentalità, che anche in teatro è indagine esistenziale sulla condizione de ll’umanità, si ravvedono i riferiment i al suo illustre predecessore. I sei ballerin i, esseri umani sfranti dalla fat ica del quotidiano, incastrati in mosse ripetit ive o disarticolat i in un’ebbrezza senza sfogo, sfidano la resistenza fis ica per sopravvive re a u n a c o n d i z i o n e s e n z a u s c i t a . C o m e d i c e va D e b o r d n e l s u o f i l m : “ N i e n t e t r a d u c e va q u e s t o presente senza via d’uscita e senza riposo come l’antica frase che ritorna integralmente su se stessa, essendo costruita lettera per lettera come un labirinto da cui non si può u s c i r e ”. L o s p e t t a c o l o s i c h i u d e n e l s i l e n z i o e , a n c h e s e s e m b r a p r i va r e l o s p e t t a t o r e d i o g n i speranza, lo rilancia nella sua vita dopo aver attraversato un’esperienza comune. http://www.altroquotidiano.it/dal-video-saggio-di-debord-loriginale-spettacolo-diroberto-castello/ LA CITTA' METROPOLITANA ( 1 7 o t t o b r e 2 0 1 5 ) Al Teatro Vascello la coreografia di Roberto Castello di POEMA SERIS LEO Uno sguardo alla realtà contemporanea della danza italiana. Sei ballerini ritmati nel tempo, in giro la notte e consumati dal fuoco. Ro m a , 1 7 o t t o b r e 2 0 1 5 – U n f i n e s e t t i m a n a a l l ’ i n s e g n a d e l l a d a n z a q u e l l o p r o p o s t o d a l Te a t r o Va s c e l l o d i M o n t e v e r d e a R o m a c h e d a v e n e r d ì 1 6 o t t o b r e a d o m e n i c a 1 8 o t t o b r e 2015 (pomeridiana delle h. 18), presenta al pubblico romano In girum imus nocte (et consumimur igni), (Andiamo in giro la notte e siamo consumati dal fuoco), per la coreograf ia di Roberto Castello. Se i personaggi, braviss imi ba ller ini che scand iscono la s c e n a a l r i t m o d i u n a m u s i c a m a r t e l l a n t e , s e m p r e u g u a l e , i n t e r va l l a t a d a u n a v o c e f u o r i s c e n a c h e g e s t i s c e s c e n e e s e q u e n z e s u l l e p a r o l e d i “ D a r k … L i g h t ”. B u i o e c a m b i a m e n t o . Dalla metafora dell’alienazione, del delirio, sei corpi in perenne movimento che interpretano silenti nell’ombra la visione di un’umanità orwelliana e sempre più lontana dal senso di so lidarietà. Cos ì come rive la la scena de lla lotte comune e dell’improvvis a solitudine in cui viene lasciata la loro compagna nel grido del… cambiamento. L’ a r r i v i s m o , l a c o r s a v e r s o l a c o m p e t i z i o n e , a f f a n n a t a e m e r a v i g l i o s a m e n t e i n t e r p r e t a t a . Ottima la scelta di una luce cinematografica per creare que lla prospett iva scen ica, fondamentale nel comprendere cosa succede tra un istante e l’altro. N e l “ D a r k … L i g h t ”, i l b u i o d i s e i f i g u r e n e r e c h e s i d i v e r t o n o f o r z a t e e , a l l o s t e s s o tempo, spontaneamente si annullano. Gli amanti del cinema d’autore avranno riconosciuto nel titolo In girum imus nocte (et consumimur igni) il richiamo al palindromo enigmatico, capolavoro de l 1978 de l regista francese Guy Debord, che d e f i n i va “ l o s p e t t a c o l o n o n c o m e u n i n s i e m e d i i m m a g i n i , m a c o m e u n r a p p o r t o s o c i a l e t r a l e p e r s o n e , m e d i a t o d a l l e i m m a g i n i ”. N e l l a s u a d i f f i c o l t à , l o s p e t t a c o l o è a n c h e c o m i c o e b e n c o n g e g n a t o p e r u n ’ o r a d i r a p p r e s e n t a z i o n e . “A n d i a m o i n g i r o l a n o t t e e s i a m o c o n s u m a t i d a l f u o c o “ , l a m e s s a i n s c e n a va c o s ì o l t r e l a s u a p o s s i b i l e interpretazione di metafora del vivere. Con il sostegno di MIBACT/Direzione Generale S p e t t a c o l o d a l v i v o , R e g i o n e To s c a n a / S i s t e m a Re g i o n a l e d e l l o S p e t t a c o l o , I n g i r u m i m u s nocte (et consumimur igni) è uno spettacolo da vedere, moderno in cui grazie alla b r a v u r a d i E l i s a C a p e c c h i , A l i c e G i u l i a n i , M a r i a n o N i e d d u , G i s e l d a R a n i e r i , I l e n i a Ro m a n o e d I r e n e R u s s o l i l l o , p e r q u a l c h e i s t a n t e s i h a c o m e l ’ i l l u s i o n e d i n o n t r o va r s i s e d u t i i n Italia, ma tra gli spalt i di un qualche teatro sperimentale new yorkese. http://www.cittametropolitana.info/2015/10/17/danza-il-teatro-vascello-con-la-nuovacoreografia-di-roberto-castello LO SGUARDO DI ARLECCHINO.IT (1 3 o tto b r e ' 1 5 ) Andiamo in giro di notte (e siamo bruciati dalla fatica) di ANDREA BALESTRI C’è tanta fatica: si sente nella testa, per il pressare di un ininterrotto loop di un’ora, e si sente nelle spalle, a star seduti sulle panche di legno dell’appena intitolata sala Arnaldo Cestaro (la sede porcarese di Spam! è uno spazio sempre interessante e a c c o g l i e n t e , m a p o c o e r g o n o m i c o ) . U n a f a t i c a c h e t r o va c o r r i s p o n d e n z a c o n q u e l l a i n s c e n a : q u a t t r o f i g u r e v e s t i t e d i n e r o c h e a va n z a n o e s i m u o v o n o i n u n a v i s i o n e d e l l a vita desolante e a tratti ironica. Sono sfiancati già all’inizio, da fermi, e lo sono ancor più quando, come per obbedire svogliatamente a una forza superiore, qualcosa si muove (per citare il titolo della stagione autunnale aperta dallo spettacolo). È questo il nucleo di In girum imus nocte (et consumimur igni), ultima creazione di Ro b e r t o C a s t e l l o c h e h a a p p e n a d e b u t t a t o a Ro m a , r i s c u o t e n d o u n s u c c e s s o inaspettatamente unanime. La gestazione è durata almeno due anni, dalla prima presentazione come studio di 20 minut i, a una prima vers ione di un’ora andata in scena al fest ival Ring nell’estate 2014, fino a questa, della stessa durata, ma più densa e strutturata. Il titolo, il cui significato vuol dire poco o nulla – Andiamo in giro di notte ( e s i a m o c o n s u m a t i d a l f u o c o ) – t r o va i l s e n s o n e l s u o s i g n i f i c a n t e : i l c e l e b r e palindromo sembra accordarsi con la ricorsività che nello spettacolo è così sensibile. I n g i r u m i m u s n o c t e , R . C a s t e l l o ( p h . Pa o l o Po r t o ) L i g h t . D a r k . U n a v o c e g r a c c h i a n t e d a annunc io aeroportuale scandisce il succeders i di 67 quadri (li ha contati Rodolfo Di Giammarco: complimenti). Si accende il proiettore che illumina la scena e le quattro figure sono pronte e vive, ferme o in movimento. Una teoria di azion i quotidiane, più o meno riconoscibili, si succede con ritmo ora disteso, ora serrato, ma sempre ritmato dalla cadenza robot ica e infernale sparata a gran volume. Lo spazio è definito dai mute voli riquadri della luce scura dell’immagine scorrevole del proiettore: i pixel sono e v i d e n t i , q u a s i a r a p p r e s e n t a r e u n a v i t a d a Ta m a g o t c h i i n b a s s a d e f i n i z i o n e . A l i e n a t i : questo termine è stato app licato più volte ag li esser i raffigurati da Gise lda Ran ieri, Irene Russo lillo, Ilen ia Romano e Mar iano Nieddu. Non a caso: immersi come sono in u n a r o u t i n e d a Te m p i m o d e r n i d i C h a p l i n , n o n s o n o p r e s e n t i a s é s t e s s i n e m m e n o p e r sistemarsi i vest iti cadenti. I tentativi di riallacciare l’abito che è aperto sulla sch iena sono deboli e poco convinti, come se l’altra azione condotta senza capirne il senso fosse comunque più importante di darsi una dignità ormai smarrita da tempo. In girum imus nocte, R. Castello (ph. Alessandro Colazzo) 3“The end is near“, annuncia la voce robot ica, non senza iron ia, fin dai primi minut i: la fine mia o dello spettaco lo? In realtà il lavoro, pur sfiancante, è ottimamente calibrato su un sapiente equ ilibrio tra i momenti servi di quel ritmo in 4/4 e quelli in cu i il corpo è più libero di muoversi, benché sempre con disperata afflizione. Sorge il dubbio, però, sulla legittimità di proporre per due anni uno spettacolo – e di farne pagare un biglietto – ancora non compiuto, secondo que ll’abitudine delle prove aperte, vizio ormai endemico di certo #teatrocontemporaneo (#sìtistocitando # c h i m e n t i s m e t t i l a ) . I n q u e s t o c a s o i l d u b b i o va p o c o l o n t a n o e s i r i s o l v e s u b i t o . L a sincer ità e l’um iltà con cui Roberto Castello presenta i suoi work in progress fanno parte di un più ampio ed encomiabile progetto: costruire un rapporto stabile e bidirezionale con il suo pubblico, che speriamo sia sempre più numeroso. http://www.losguardodiarlecchino.it/andiamo-in-giro-di-notte-e-siamo-bruciati-dallafatica ARTNOISE.it ( 2 9 s e t t e m b r e 2 0 1 5 ) DAN Z A Roberto Castello, “In girum imus nocte…” d i M A R TA O L I V I E R I All’interno del fest ival Short Theatre, che quest ’anno apre la stagione settembrina di t e a t r o , d a n z a e m u s i c a a Ro m a , a b b i a m o a v u t o l a p o s s i b i l i t à d i a s s i s t e r e a l l a p r i m a a s s o l u t a d e l l a n u o va p r o d u z i o n e d i Ro b e r t o C a s t e l l o : I n g i r u m i m u s n o c t e ( e t c o s u m i m u r igni) [Andiamo in giro la notte (e siamo consumati dal fuoco)]. S i e n t r a a l l a Pe l a n d a e s i a t t e n d e f i n c h é u n s u o n o b a t t e l o s p a z i o e s f o n d a i c o n f i n i d e l controllo razionale. Una scena nera ospita corpi alienati con l’aiuto di luci semplici e geometriche che, ass ieme ai danzatori e ad una voce che scandisce meccanicamente il bu io e la luce, disegnano ritmicamente la scena. Improvvisamente un tuffo. Un territorio inconscio sembra accogliere lo spettatore che subito si affida al linguaggio scelto e inizia a dialogare con lo spettacolo. Corpi in movimento senza tregua narrano la comunità nelle sue espressioni più va r i e g a t e , evidenziando dall’inizio alla fine uno stato di malessere, narrato impeccabilmente dai danzatori attraverso un prec iso, e paradossalmente rass icurante, parossistico tremolio rimbalzante che li accompagna per tutta la durata dello spettacolo. I corpi sono insieme ma soli, poi soli, ma insieme. Proprio come nelle strade delle nostre città. La struttura dello spettacolo di Castello è salda, culla lo spettatore che ne segue il cammino. Proprio per questo possiamo convogliare tutte le nostre energie in una esperienza densa, sia di senso che di corpo. I corpi si inseguono senza tregua, stanchi, deformati nei vo lti, deturpati forse dalla stanchezza di cercarsi. Ne viene fuori una spossatezza profonda che, ahimè, credo risieda pacata anche in quelle sedie di platea. Lo spettacolo ha quas i un carattere ossessivo e liberatorio; con coraggio affronta questo schema che tutti noi tendiamo a nascondere nel quotidiano. Qui non ci si può esimere dal viverlo. Una volta terminato, si è certi di aver vissuto e condiviso qualche cosa di prezioso con il resto del pubblico, con chi lo ha scritto e con chi lo ha danzato. Le v i b r a z i o n i r e s t a n o i n c i r c o l o . L’ e s p e r i e n z a n e l e d e l p r e s e n t e è l a p i ù b e l l a s e n s a z i o n e che ci auguriamo di vive re. N e a b b i a m o a n c o r a l ’ o c c a s i o n e d a l 1 6 a l 1 8 o t t o b r e 2 0 1 5 a l t e a t r o Va s c e l l o d i Ro m a . http://www.artnoise.it/roberto-castello-girum-imus-nocte/ Scenecontemporanee.it Short Theatre Khoukhou 2015 | Aldes (26 settembre 2015) Roberto Castello, Youness d i R E N ATA S AV O Dal passato alla nostalgia di futuro, ma passando per il presente. A Short Theatre ha debuttato In girum imus nocte (et consum imur ign i), coreograf ia d i Roberto Caste llo, fondatore nel 1993 della compagnia toscana ALDES, e in generale tra i più illustri rappresentati della danza contemporanea in Italia. Una prima assoluta il suo In girum imus nocte (et consumimur igni), titolo palindromo che riprende un verso tradizionalmente attribuito al poeta Virgilio dal significato enigmatico quanto la sua assegnazione di paternità, a sua volta riutilizzato dal regista e filosofo Guy Debord (autore del famoso saggio La società dello spettacolo) per un film (nel 1978) che r i f l e t t e va s u l r a p p o r t o t r a l i b e r t à e s p e t t a c o l o , t r a p r o d u z i o n e e c o n s u m o , v i s t i e n t r a m b i c o m e m o m e n t i d i u n c i c l o s p i e t a t o , l a b i r i n t o s e n z a v i a d ’ u s c i t a . L’ i n q u i e t u d i n e l a b i r i n t i c a de l verso latino viene trasferita nello spettacolo di Roberto Castello sul piano del movimento di gruppo nello spazio e nel tempo. Lo spazio vuoto è reso fioca luce dalle proiezioni video sullo sfondo e movimento dalle anime nere che lo abitano. I corpi dei danzatori rappresentano l'ossimoro di luci oscure che appaiono e scompaiono all’ordine di accendersi e di spegnersi proveniente da una voce acusmatica. Il loop musicale dal r i t m o s i n c o p a t o e d a l l e s o n o r i t à va g a m e n t e e t n i c h e d i v e n t a i l t e r r e n o s u c u i s t e n d e r e una danza ispirata a tecniche e stili diversi: tra modu li coreografici che ne assecondano l’andatura ritmica e la libertà di una danza che invece sembra sorda ai richiami de lla musica, emerge nel complesso, in quel gioco illusionistico di spostamenti repentini nel buio e nell'assoluta padronanza del senso spaziale che ricorda Quad (1981) di Samuel Beckett, l’immagine di una sorta di videogioco in fernale, un’allucinazione che lascia libero lo spettatore di ricamare un suo personale intreccio attorno alle brevi azioni mimet iche innescate da intenz ioni narrative. Questo nuovo lavoro di Roberto Caste llo è un'opera metafisica, enigmatica come un dipinto dechirichiano, non a caso costruita sulla dialettica tenebre/luce e sul paradosso tra spazio bidimensionale e tridimensionale, dominato da corpi dalle mostruose abilità. Corpi che non conoscono attrito, gravità né resistenza. Una sublime visione. Uno spettacolo eccezionale. http://www.scenecontemporanee.it/arti-performative/short-theatre-10-mk-e-inkroberto-castello-in-girum-imus-nocte-et-consumimur-igni-1829 La REPUBBLICA ( 2 0 s e t t e m b r e 2 0 1 5 ) DAN Z A IL CAOS DELLA VITA SCANDITO DALL'UDU di RODOLFO DI GIAMMARCO Un secondo e mezzo di suono ottenuto dall'udu, percussione africana, scandisce in modo seriale, per un'ora, i 67 quadri (intercalati da bui) di un capo lavoro de lla danza che studia con dinamiche toccanti il corpo umano in preda a isteria, ipnosi, sopruso. S'intitola In girum imus nocte (et consumimur igni) , palindromo latino usato da Guy D e b o r d i n u n f i l m d e l 1 9 7 8 , q u e s t a g e n i a l e m a c c h i n a d i Ro b e r t o C a s t e l l o c h e c o l l e z i o n a posture di quattro performer continuamente sorpresi in gimnopedie, pose, e figure al l i m i t e , s e m p r e i n s p a z i d i l u c e va r i a b i l i . In abiti neri, affetti da spasmi o tranche, bersagli di fu lminee istruzion i beckett iane, riprodotte a scatti come in sequenze alla Muybridge, subordinati come in un Salò di Pa s o l i n i , a d a r c o r p o s t r e p i t o s a m e n t e a l c a o s d e l l a v i t a s o n o E l i s a C a p e c c h i , M a r i a n o Nieddu, Giselda Ranieri e Irene Russolillo. http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2015/09/20/il-caos-dellavita-scandito-dalludu56.html?ref=search NUCLEO art-zine ( 9 s e t t e m b r e 2 0 1 5 ) Short Theatre Khoukhou 2015 | Aldes Roberto Castello, Youness d i VA L E R I A L O P R I E N O All’interno dell’ interessantissima programmaz ione di Short Theatre, Roberto Castello d e b u t t a i n p r i m a a s s o l u t a c o n l a s u a n u o va p r o d u z i o n e i l c u i t i t o l o I n g i r u m i m u s n o c t e et consumimur igni è attribuito ad un palindromo latino dalle origini incerte che tradotto letteralmente sarebbe: Andiamo in giro la notte e siamo consumati dal fuoco. Il coreografo inserisce i suoi quattro performer all’interno di un rettangolo dalle pareti rosse e li bagna di una proiezione costante di neve cadente. Lo spazio è ulteriormente diviso e creato dalle luc i che, annunciate da una voce fuori campo, alternano “light ” luce e “dark” bu io. I suoi interpreti si muovono in questo spazio mute vole costruito attraverso coni d’ombra, tenebre e fasc i di luce: un’architettura inglobante, dai contorni netti, che solo attraverso il loro movimento sembra voluminosa, tridimensionale. La costante e martellante musica elettronica che accompagna le quattro figure in scena è un elemento assolutamente essenziale e materico. I danzatori, nelle loro posture ricurve e ingobbite, dallo sguardo basso, si muovono goffi e incatt iviti. Moderni zombie di una civiltà in disfacimento, alternano quadri estremamente pittorici, plastici ed espression ist i, a gag divertenti e azioni da film muto. C’è un po’ de l capo lavoro di Maguy Marin May B, come nei costumi un certo richiamo a Martha Graham. E’ l’ immagine di un’umanità degradata costruita cinematograficamente, in modo estremamente accurato e interpretato magnificamente. Di tutt’altra fattura e concezione è l o s p e t t a c o l o d i d a n z a d e l c o r e o g r a f o m a r o c c h i n o Yo u n e s s Khoukhou. Becoming è la prima creazione di questo giovane danzatore. Lo spazio scenico è s p o g l i o , i t r e i n t e r p r e t i s o n o v e s t i t i c o n a b i t i c o m u n i e s c a r p e , n o n c ’ è m u s i c a . L’ i n d a g i n e d e l lavor o è essenzialmente sul moviment o. La drammaturgia del pezzo si basa sull’analisi delle traiettorie, delle dinamiche, sull’imprevisto e gli scontri. Lo spazio viene costruito attraverso il movimento e il ritmo. Le regole interne stabilite dai tre fanno sì che essi riescano a coordinarsi in ogni istante. Lo schema geometrico e ripetitivo si sfalda piano piano con l’aument o dell’andatura provocando scontri ed errori imprevedibili per q u e s t o g e n u i n i e i n t e r e s s a n t i . L’ i m p r e v e d i b i l i t à d e l p e r c o r s o d i v e n t a a p o c o a p o c o v o l o n t a r i e t à trasformando il gioco iniziale in una sfida. Il contatto è carico di tensioni e di immagini estreme. Un lavor o in crescendo e pieno di piace voli momenti intellettualmente stimolanti. http://nucleoartzine.com/short-theatre2015-aldes-roberto-castello-youness-khoukhou/ Teatro e critica (7 settembre 2015) Debutta in prima assoluta a Short Theatre 10 il nuovo lavoro di Roberto Castello per Aldes di GAIA CLOTIL DE CHERNETICH Light. Sul palcoscenico nudo si registra l’assenza di quinte, corpi, oggetti. Gli unici segni di vita sono una proiezione di gocce che scendono a scatti sul fondale e un ritmo elettronico in quattro quarti, a scandire un tempo circolare. Dark. La sottrazione della visione operata dal buio porta l’attenzione a concentrarsi sul ritmo, ambasciatore di un seguito imprevedibile che s’innesta ne ll’oscurità come un oggetto concreto colto da moto perpetuo. Light. Una formazione si stacca dal fondo della scena ritagliando, immobile, la sagoma di quattro corpi a capo chino, elegantemente vest iti con abiti neri d’ispirazione vittoriana. In In girum imus nocte (et consumimor igni) – titolo palindromo dell’ultima creazione de lla fuc ina lucchese ALDES condotta da Roberto Castello – il pr imo accenno al movimento è un sussulto cinestetico che agisce alla base de lla nuca, un annu ire lieve che marca il tempo in crescendo, nascendo sottile per diventare feroce, affilato e s e l va t i c o . I danzatori – Mar iano Nieddu, Gise lda Ran ieri, Irene Russolillo e Ilenia Romano/Elis a Capecchi – sono posseduti e s’impossessano del ritmo che costruisce i loro corpi portandoli verso quello “stato di danza” che già la danzatrice italo -americana Simone Fo r t i a v e va i n i z i a t o a e s p l o r a r e , c o m p l i c e l ’ L S D , i n t o r n o a g l i a n n i ‘ 7 0 : u n a t r a n c e p e r c e t t i va c h e d e f o r m a i t r a t t i e i n v a d e i l c o r p o , u n ’ a l t e r a z i o n e c h e e s a l t a l ’ i n d i v i d u a l i t à disponendola ad aprirsi all’altro con le dovute conseguenze di conflitti e affinità. L’ a l t e r n a n z a i r r e g o l a r e d i l u c e e b u i o è c h i a m a t a d a u n a v o c e c h e , i m p a r t e n d o i c o m a n d i light e dark, conduce il gioco della visione. Come elemento drammaturgico, la luce è q u e l l a d i a f a n a d i u n p r o i e t t o r e p r o g r a m m a t o p e r a t t i va r e e d i s a t t i va r e p o r z i o n i d i s c e n a secondo un princ ipio geometrico vo lto a segnare improvvise latitudini e longitudini (corridoi, sezion i e forme poste in posizioni e ad altezze diverse). Nella prima metà, la reiterazione esasperata del dondolio della testa si combina con il ritmico fruscio dei piedi dei danzatori colti da un fuoco crescente e capace di t r a s f o r m a r e s e m p r e d i p i ù l e l o r o t e n s i o n i i n t e r i o r i i n m o v i m e n t i : d a i n - t e n s i o n a e xtension in un rapporto di reciproca interdipendenza. Quando giunge a regime, la struttura dello spettacolo scioglie nei corpi un’umanità individuale, iniziano quindi a intrecciarsi relazioni inedite che non sembrano vo lte a intrattenere il pubblico con il prodigio dionisiaco della trance dance, ma a tenere testa, forse, a ciò che il setting autoritariamente impone. Si generano quindi momenti di contatto dove il peso del corpo, in senso sia fisico che metafisico, è oggetto ora d’accettazione ora di resistenza. La liberazione del movimento, che esplode in forme liquide, è la via di fuga da un accumulo di tic e di spasmi musco lari che entrano in loop. Se la verticalità che caratterizza vis ivamente la prima parte contrassegna le quattro individualità come partecipant i dello stesso trip, è nel momento in cui i danzatori raggiungono la dimensione orizzontale, al co ntatto co l suo lo, che emerge ch iaramen te l’u man it à sin go lare di ciascun o di lo ro. Spuntando dal nero solenne dei costumi, la carne è lo spazio del vulnus, la ferita, segno della potenziale vulnerabilità che rilancia continuamente, nello spettacolo, ogni possibile solid if icazione di senso. Così Giselda Ranieri ci offre con toccante intens ità la visione della pelle della sua schiena mentre asseconda la forza del suo corpo che fluisce nei muscoli disarticolando spazi e tempi. Nonostante la voce fuori campo annunci ripetutamente l’avvento de lla fine – the end is near – il ritmo non smette di possedere i corpi dischiudendo infine in loro la possibilità d i u n ’ i r o n i a d a i t o n i l e g g e r i c h e va g a m e n t e i n i z i a a s c o m p o r r e , n e l l a s e c o n d a p a r t e , l a d i m e n s i o n e s e r i a d e l l a s c e n a . È c o s ì c h e l a t ra n c e a p r e l e p o r t e a l l a p o s s i b i l i t à d i u n a danza grottesca, coraggiosa evoluzione all’interno di un dispositivo scen ico austero che invita lo spettatore a lasciars i andare, dall’in izio alla fine, attraversando i propri stati d’animo sui quali le continue “seizure” della luce e dei movimenti agiscono come una sequenza di neurologici black out e aure premonitrici. Con questa prima assoluta, Ro b e r t o C a s t e l l o a c c o m p a g n a d a n z a t o r i e s p e t t a t o r i v e r s o u n o s t a t o d i r e c i p r o c a empatia, quel fuoco comune che il titolo della creazione richiama: un fuoco che, n o n o s t a n t e l ’ o p e r a z i o n e c h i r u r g i c a c h e l a d a n z a ra p p r e s e n t a p e r i c o r p i , n o n c o n s u m a l a visione, ma la accende. http://www.teatroecritica.net/tag/short-theatre-10/ [PAPER STREET] (5 settembre 2015) Nostalgia di Futuro, o la riconquista del presente di GIULIO SONNO “L a n os t alg ia è fru tt o d i un ' in c on s ape vo le s po n t an e it à: vi ve re , rim an e re ne l q u i e o ra, [… ]” “La precarietà coreografo nei confronti del presente Roberto Castello t r o va (co-fondatore di altresì forma S o s t a Pa l m i z i nell'ultimo e creatore lavo ro del del gruppo ALDES). In girum imus nocte (et consumimur igni) è un'ipnosi alienante. Siamo nella grande scatola di o s s e s s i va m e n t e un tra i tempo senza continui e f f e t t i va i n t e r va l l i di evoluzione: luce e buio. un Lo ritmo tribale spazio una si ripete proiezione segmentata di asfalto su l rosso pallido delle paret i. Non c'è sangue, non c'è meta, non c'è passato né futuro. Con movimenti lenti e scattosi, vediamo aggirarsi quattro individu i né vivi né mort i (Capecchi, Nieddu, Ranier i, Russolillo ): si trascinano nel vuoto de lle loro esistenze come se non potessero fare altro che "sopravvivers i addosso". I m p o s s i b i l e d i r e s e i l b u i o c h e s e p a r a i d i v e r s i f r a m m e n t i s e g n i u n a d u r a t a e f f e t t i va . I l p r i m o p e n s i e r o a l l o r a va a l l a m o v i d a d e l l e g r a n d i c i t t à , a i c l u b n o t t u r n i , a i r a v e p a r t y, al pub c ra w l , generazioni: ma qui Castello c'è ci mostra l'ologramma molto impietoso di della più che nostra uno spaccato vitalità delle nuove contemporanea. Ci r i s c o p r i a m o g a t t i n e l l a s c a t o l a d i S c h r ö d i n g e r, n e s s u n o s a d i r e s e s i a m o a n c o r a v i v i perché nessuno ha il coraggio di alzare il proprio coperchio, meglio atrofizzarsi nel margine del dubbio. Siamo, dunque, in una crisi e ciò non sfugge ad Arcuri, che con Short Theatre si c o n f e r m a u n o d e g l i o s s e r va t o r i p i ù s e n s i b i l i e l u c i d i d e l p a n o r a m a t e a t r a l e i t a l i a n o , mostrando tacitamente alla Capitale come la crisi non sia banalmente un disagio ma u n ' o p p o r t u n i t à d i t r a n s i z i o n e . L a " n o s t a l g i a d i f u t u r o " p o t r e b b e e s s e r e l a m o r t e d i d io , l'emancipazione dal lassismo della provvidenza, sana e responsabile laicità. Questo tempo depurato di speranza, insomma, non è necessariamente un male – anzi – perché c i p o r t a a v i v e r e n e l p r e s e n t e : c i s p i n g e a l l ' a z i o n e .” http://www.paperstreet.it/cs/leggi/nostalgia-di-futuro-o-la-riconquista-del-presente.html DOPPIOZERO ( 1 0 s e t t e m b r e 2 0 1 5 ) Short Theatre: riti di sacrificio Roberto Castello: la macchina di tortura del desiderio d i ATT I L I O S C A R P E L L I N I [ … ] Q u a n t o a “ n o s t a l g i a d i f u t u r o ”, p e r u s a r e i l c l a i m c h e q u e l l ’ i n f a t i c a b i l e i n v e n t o r e d i m o t s d ’ o r d r e c h e è Fa b r i z i o A r c u r i h a c o n i a t o p e r q u e s t a d e c i m a e d i z i o n e d i S h o r t Theatre, il palindromo coreograf ico di Roberto Castello riesce a espr imerne più de lle a t t e s e e o s a n n a t e S h e S h e Po p . A n z i è l u i c h e c o n I n g i r u m i m u s n o c t i s e t c o n s u m i m u r igni (t ito lo finalmente e arcaicamente lat ino, oltre che ispirato all’omonimo film di Debord) finisce per reinterpetare l’assurdo sacrificio dell’Eletta: se non proprio “fino a l l a m o r t e ”, i s u o i q u a t t r o d a n z a t o r i i m p r i g i o n a t i i n u n a c e l l u l a m u s i c a l e o s s e s s i v a m e n t e r e i t e r a t a d a n z a n o f i n o a l l o s f i n i m e n t o e a l l a t ra n c e , c e l e b r a n d o u n e s e m p l a r e q u a n t o angosciante matrimonio tra l’estasi e il panico. Storia di demoni e di farfalle notturne c h e s v o l a z z a n o a t t o r n o a l l a s t e s s a l a m p a d a c h e l e i n c e n e r i r à – s e n e t r o va f o r s e u n a tracc ia nelle spettrali ve lature di gocce che proiettate sulle pareti sono la sua sola s c e n o g r a f i a – q u e s t a t o t e n t a n z c o n l u g u b r i a c c e n t i d a c a r n e va l e n o r d i c o , e l e g a n t i a b i t i neri e corpi stilizzati, è nondimeno uno straordinario meccanismo alienante, una sapiente macchina della legge (cioè della tortura) tardomoderna, con l’unica differenza, derisoria, che a farla funzionare non è la legge, bensì il desiderio. La sua sola musica è una frase ritimica estratta da non si sa quale barbarica performance techno, la sua unica scena è uno spazio nudo di riferimenti che non siano il giorno e la notte che si susseguono in un secco alternarsi di bianchi e di neri, il suo interruttore è una voce femmin ile che all’in izio è carica di un glamour sintetico e quas i suadente ma che, tempo dieci minuti, nel suo demiurgico e ripetuto prescrivere la luce (light) e la tenebra (dark), suona più odiosa di una frusta egizia o di qualunque voce mai udita dei Grandi Fratelli del passato. In mezzo, tra luce e tenebra, un drappello di dannati batte il tempo sul posto, facendo oscillare il corpo e ciondolando le braccia, s p o s t a n d o s i c o l f a v o r e d e l b u i o n e l l ’ i l l u s i o n e d i a va n z a r e – i n a va n t i , a d e s t r a , a sinistra, rasente il muro, al centro – in un altro punto de llo spazio dove la luce (che è quella di una trasparenza equalizzante e poliziesca) puntualmente li riscoprirà. È u n a s o f f e r e n z a d i va r i a z i o n i , d a p p r i m a m i n i m e , p o i s e m p r e p i ù a c c e n t u a t e , e p r o p r i o per questo sempre più ve lle itarie e aleatorie, che non riescono a liberars i de l rigorismo elementare ma ossessivo del tema, ovunque portino il proprio desiderio di emancipazione e di singolarità e soprattutto nelle direzioni canoniche della danza contemporanea: in verticale e in orizzontale – in quel grado zero della postura che è la t e r r a – n e l l a f i g u r a z i o n e o n e l l ’ i n f o r m e . L’ o n d a r i t m i c a t o r n a o g n i v o l t a a s o m m e r g e r l i nello schema che in un’apparenza di ordine nasconde l’irrisoluzione del perpetuum m o b i l e , d e l c i r c o l o v i z i o s o , d e l l a c a t t i va i n f i n i t à d e l p a l i n d r o m o c h e n o n i n i z i a e n o n f i n i s c e , va i n g i r o , a p p u n t o , c o n s u m a n d o i l f u o c o d e l l e l a n t e r n e d e l l a n o t t e . È l ’ i r r e s o l u z i o n e d i u n m o n d o t o t a l m e n t e r e a l i z z a t o ( c h e t a n t o d i s p e r a va J e a n B a u d r i l l a r d n e i s u o i u l t i m i a n n i d i v i t a ) c h e Ro b e r t o C a s t e l l o v u o l e s m a s c h e r a r e c o n u n o sguardo alla Matrix, mostrandone la nuda vita sotto le spoglie dello spettacolo permanente. La danza è il suo strumento, la sua possibilità di incarnazione critica, e insieme la sua metafora. Non si può non essere presi dalla tetanica ronde di In girum imus nocte…, non si può non seguirla, se non battendo e fuggendo (cercando di fuggire) allo stesso passo de lle infat icabili (e ammirevo li) anime perse che animano la sua trance, ansimando sotto i colpi dei tamburi lontani troppo vicini, simpatizzando col t o p o va l z e r r i m a s t o i m p i g l i a t o n e l l a s u a r u o t a e s p e r a n d o c h e q u a l c o s a , i l d e u s e x machina di un provvidenziale colpo di rivoltella – una rivoltella surrealista, una vecch ia rivoltella rivo luzionaria… – spacci una volta e per tutte que lla voce maledetta che, se non bastasse il danno, la frusta che detta il tempo, ci aggiunge la beffa di annunciare di t a n t o i n t a n t o , m e n d a c e m e n t e , c h e t h e e n d i s n e a r. E i n v e c e , a n c h e q u a n d o l a coreografia sembra pross ima a una liberazione de l movimento in un disordine narrativo, prefigurando gesti orgiastici o conflitti che ridestano i corpi dal loro torpore, non fa che assolutizzare il meccanismo, usare l’illusione per stringere le maglie del palindromo. Il mondo raffigurato da Castello viene dopo l’azione, i corpi che in esso si agitano sono invischiati in un behaviorismo gestuale senza uscita, in un certo senso è pura, brutale necessità che ha inglobato la trasgressione in se stessa. “La saggezza non arriverà m a i …” d i c e va G u y D e b o r d s u g g e l l a n d o o r g o g l i o s a m e n t e i l s u o f i l m ( e l a s u a v i t a ) c o n d e i punt ini di sospensione. Qu i non è la saggezza, ma la liberazione stessa che non arrive rà mai. Altro che sballo: viviamo semplicemente in un’altra società disciplinare. Strozzato d a u n e t e r n o p r e s e n t e c i r c o l a r e , i l f u t u r o n o n è p i ù q u e l l o d i u n a v o l t a . Re s t i t u i t i a l silenzio senza una ragione, se non quella che gli spettacoli finiscono, Mariano Nieddu, G i s e l d a R a n i e r i , I l e n i a Ro m a n o e I r e n e R u s s o l i l l o a va n z a n o s u l p r o s c e n i o , s t a n c h i e radiosi. Un applauso saluta la loro salvezza prima ancora della loro bravura. (Anche Nijinski, frastornato, applaude.) http://www.doppiozero.com/materiali/scene/short-theatre-riti-di-sacrificio gli STATI GENERALI ( 2 0 s e t t e m b r e 2 0 1 5 ) suo ni e visio ni Short Theatre 2: polemiche e spettacoli di ANDREA PORCHEDDU U n m i o p o s t d i q u a l c h e g i o r n o f a , r e l a t i v o a l l a “ c o m u n i o n e ” t u t t a i n t e r n a a l F e s t i va l S h o r t T h e a t r e d i Ro m a , h a s u s c i t a t o q u a l c h e r i s p o s t a i n d i s p e t t i t a e q u a l c h e p r e s a d i p o s i z i o n e . A l c u n e b e l l e , a p p a s s i o n a t e , a r t i c o l a t e : e s e n z a d u b b i o va l e l a p e n a c o n t i n u a r e a porre domande, se si hanno tante e tali risposte. […] Allora intanto, per recuperare un po’ di tempo perduto in queste chiacch iere, vorre i tornare su due spettacoli visti proprio a Short Theatre, che mi hanno sorpreso e affascinato. […] > Altro lavoro avvincente è In girum imus nocte et consumimur ingni (Andiamo in g i r o l a n o t t e e s i a m o c o n s u m a t i d a l f u o c o ) , n u o va c o r e o g r a f i a d i R o b e r t o C a s t e l l o e d e l s u o g r u p p o A l d e s . L’ a f f a s c i n a n t e e m i s t e r i o s o p a l i n d r o m o l a t i n o è l o s p u n t o p e r u n affresco umano degno di Bosch o di Bruege l, puro medioevo contemporaneo: un’uman ità sfranta, affranta, spersa che continua a marciare inesorabilmente sul posto, ad avanzare stando ferma, a sbatters i e combattersi per una gara senza arrivo. I cinque formidabili i n t e r p r e t i n e r o v e s t i t i ( E l i s a C a p e c c h i , M a r i a n o N i e d d u , G i s e l d a R a n i e r i , I l e n i a Ro m a n o , Irene Russo lillo) sono an ime in pena, sono pellegrin i sfin iti, sono migranti d’ogg i. Camminano ass illat i da una musica che è loop elettronico ossessivo, in un alternars i di bu io e luce scandito da una diafana voce beckett iana che tutto spinge all’assurdo. Ma è la condizione umana, quella che racconta Castello non senza ironia: ed è la realtà di una l o t t a q u o t i d i a n a , s e m p l i c e m e n t e p e r a r r i va r e u l t i m i . L’ i n c i p i t i n s i s t i t o d e l l o s p e t t a c o l o è folgorante: quella postura dei corpi, quel camminare a vuoto, quegli sguardi appesantiti sono l’emblema tragico dell’eterno ritorno del presente. Non ci sono vie di fuga, in questa scatola chiusa che è il mondo: un bianco e nero tracciato di frammenti (proiettati) come pioggia o graffi, tagli di luce obliqui e claustrofobici, dettagli parziali che soffocano quanto la vis ione generale. Il lavoro cede un po’ in alcun i quadri e c c e s s i va m e n t e n a r r a t i v i e m i m e t i c i , l a d d o v e l ’ i m p e t o c o m e s e m p r e c a u s t i c o d i Ro b e r t o Castello si lascia andare a una empatica visione di questa umanità sbandata: quando v u o l e s a l va r / c i , i l c o r e o g r a f o t o s c a n o p e c c a d i g e n e r o s i t à . A n z i c h é t e n e r e v i v o q u e l “fuoco” che brucia lento e inesorabile le nostre vite, rosolandole calde come in apertura spettacolo, Castello ha preferito un po’ di leggerezza. Chissà, altrimenti, vien da pensare, l’es ito ci avrebbe davvero stordito, confuso e commosso davvero troppo. http://www.glistatigenerali.com/teatro/short-theatre-2-polemiche-e-spettacoli/ RE CENSIONI ph ILARIA SCARPA TRATTATO DI ECONOMIA COREOCABARET CONFUSIONALE SULLA CONDIZIONE ECONOMICA DELL'ESISTENZA w w w. a l d e s w e b . o r g / i t / t r a t t a t o d i ROBERTO CASTEL LO e ANDREA COSENTINO Gli stati generali (19 novembre 2016) suo ni e visio ni Brancaccino e Carrozzerie Not: spazi di creatività a Roma di ANDREA PORCHEDDU [...] le proposte più originali e divertenti di questo in izio stagione: la lezione-spettacolo c h e M a s s i m i l i a n o C i v i c a f a s u l t e a t r o d i E d u a r d o D e F i l i p p o , d a l t i t o l o Pa r o l e i m b r u g l i a t e , e i l Tr a t t a t o d i e c o n o m i a d i C a s t e l l o / C o s e n t i n o . [ . . . ] i l Tr a t t a t o d i e c o n o m i a v e d e l a c r e a z i o n e d i u n a c o p p i a c o m i c a s e n z a p r e c e d e n t i : i l coreografo e danzatore Ro b e r t o Castello si intreccia con la surreale cifra c r e a t i va d e l l ’ a u t o r e - a t t o r e A n d r e a C o s e n t i n o . L’ e s i t o d e l l ’ i n c o n t r o è u n a i n a t t e s a d e f l a g r a z i o n e dei meccanismi scen ici cui dà compimento teorico, in un finale davvero ironicamente situazionista, divertente e l’apparizione divertita video recensione del critico Attilio entusiastica Scarpellini, ancorché che preventiva. “firma” Il Tr a t t a t o una di economia è una feroce requisitoria contro i meccanismi del Capitale, è un affronto alle leggi del mercato, è una parodistica conferenza sul rigore delle macro e micro dinamiche economiche, un attacco al cuore dei feticci del consumismo. Pa r t e n d o d a l l ’ a n a l i s i c o m p a r a t a d i d u e o g g e t t i d i p l a s t i c a d e l l o s t e s s o p e s o , s t e s s a fattura, ma dal prezzo diversiss imo – un pene e una paperella – Cosentino e Caste llo si arrampicano su teorie e ipotesi, su dimostrazioni e digressioni di paradossale ma i n c o n t r o v e r t i b i l e l o g i c i t à . S e m m a i , i l Tr a t t a t o s i p i e g a u n p o ’ s u s e s t e s s o q u a n d o l a crit ica si fa troppo autoreferenziale, ossia tutta rivo lta ai meccanismi de l teatro stesso, parlando a un pubblico scelto: ma lo studio de i “dest inatari” – ovvero dei consumatori e delle fasce di mercato – è esilarante. Come pure funziona benissimo la parodia, per stili e modalità, delle creazioni dei “grandi maestri della danza” che Castello mette alla berlina. Dietro l’apparente e goliardica intemperanza dei due, allora, c’è la sapienza tagliente di chi sopporta sulla propria pelle l’impossibilità di una vita culturale (e t e a t r a l e ) n o r m a l e . “ D i c u l t u r a n o n s i m a n g i a ”, d i c o n o i s o l o n i d e l n u o v o c o n s o c i a t i v i s m o massone, pronti a tutto pur di tagliare l’investimento pubblico nello spettacolo dal vivo e nell’arte. Cosentino e Castello dimostrano, drammaticamente, quanto la fosca profezia sostenuta da tanta parte politica sia vicina a realizzarsi." http://www.glistatigenerali.com/teatro/brancaccino-e-carrozzerie-not-spazi-dicreativita-a-roma/ Saltinaria.it (12 ottobre 2016) Trattato di economia – Carrozzerie n.o.t. (Roma) d i P I E T R O D ATTO L A Castello ha lanciato l'idea, immediatamente accolta dal futuro partner di scena. I n u n ' i n t e r v i s t a , i l c o r e o g r a f o d i c h i a r a c h e i l p u n t o d i p a r t e n z a è s t a t o l ' o s s e r va z i o n e d i come il denaro venga "distrattamente ritenuto un elemento oggettivo, come se fosse un elemento di natura". Il denaro è invece uno strumento artificiale e non intrinsecamente necessario, nato per facilitare gli scambi. In breve, però, da mezzo si è trasformato in fine, spingendo la stragrande maggioranza degli uomini a fare anche cose molto strane pur di accumularlo. La sua natura di semplice mezzo è palese anche - e forse, soprattutto - agli studiosi di economia. Nel suo cuore, l'economia non tratta del denaro, m a d e l l e s c e l t e c h e f a c c i a m o e d e l ra p p o r t o c o n g l i a l t r i i n d i v i d u i e c o n l e c o s e c h e u t i l i z z i a m o i n b a s e a u n s i s t e m a d i va l o r i d a t o ( s o l i t a m e n t e , q u e l l o d e l m a s s i m o profitto). Se ciò è vero, c'è economia in ogni aspetto della vita, a prescindere dal denaro. C'è un'economia degli affetti, per esempio, come c'è un'economia del successo: se anche i soldi non interessano, perseguendo la massimizzazione degli affetti o del successo si metteranno in moto dinamiche molto simili a quelle comunemente ricondotte all'ambito economico. Si tratta di un sistema, probabilmente in qualche modo connaturato all'essere umano o forse anche alla vita stessa: il nostro essere, per impostazione predefinita, tende alla massimizzazione di qualcosa, producendo intorno a sé tutta una serie di distorsioni che solitamente finiscono per rendere la vita meno "umana". Questo sistema può essere piegato solo compiendo uno sforzo consape vole in un'altra direzione, solo mutando consape volmente i propri desideri. A questo serve l'arte che, pur immersa da capo a piedi in questo stesso sistema (come non manca di far brillantemente notare lo spettacolo), è tuttavia una delle att ività umane in cui vengono elaborat i nuovi pensieri. Ma come parlare di tutto ciò senza ergersi in un inefficace sermone o scadere nel cabaret? È quello che si chiede Castello stesso nel corso dello spettacolo, senza peraltro d a r e u n a r i s p o s t a . I n s i e m e a C o s e n t i n o c i p r o va a e v i t a r e q u e s t a t r a p p o l a , s u s c i t a n d o u n sorriso (quando non proprio una risata) e una meraviglia costanti grazie alla caleidoscopicità dei linguaggi usati (dialogo, monologo, danza, immagine scenica, proiezione, performance), al ritmo serrato e a scene che, nel dire una cosa, alludono (o q u a n t o m e n o e vo c a n o ) a l t r o . C o s ì , m e n t r e i d u e m e t t o n o i n q u a t t r o e q u a t t r ' o t t o p i e d i i n un gioco metateatrale, quello che dovrebbe essere lo spettacolo ideale (quello appetibile a ogni segmento di pubblico), da una parte ci si avvede che sarebbe una schifezza insostenibile, dall'altra, a volers i lasc iare suggest ionare da tutti quegli oggett i che, trascinati dal nastro trasportatore, si accumulano in una piramide di spazzatura, può ven ire in mente una più fine cons iderazione sulla sostanziale inutilità della gran parte dei beni che inseguiamo e che "scorrono" nella nostra vita, solo per finire in qualche (inquinante) discarica. U n i c o f i l r o u g e d i q u e s t a s e r i e e t e r o g e n e a d i s c e n e : l a p e r va s i v i t à d e l l ' e c o n o m i a ( n e l senso sopra inteso) nella vita e - quindi - anche nel teatro, nello spettacolo. Così, se ci si ferma un attimo oltre l'incontenibile risata scatenata dalla parodistica e s e m p l i f i c a z i o n e d i c o m e Fa b r e , R o n c o n i e B a u s c h a v r e b b e r o p o t u t o t r a t t a r e i l t e m a economico, si può anche giungere alla conclusione che degli stili tanto identificabili corrispondono, in fondo, a dei brand, dei marchi di fabbrica riconoscibili, affermatisi nel tempo e qu indi ripropost i dall'artista (anche) per sfruttarne la vendibilità: anche lo s p e t t a c o l o è u n p r o d o t t o c h e va r e a l i z z a t o , p o s i z i o n a t o e v e n d u t o s e c o n d o l e l o g i c h e d e l s i s t e m a . A t t i g u a a l p r o d o t t o c ' è l a s u a c r i t i c a . C o n u n c o l p o d i g e n i o , “ Tr a t t a t o d i economia” può probabilmente fregiarsi di essere l'unico spettacolo a contenere in sé la propria recens ione, peraltro dichiaratamente prezzolata e vergata senza aver visto un minuto dello spettacolo. La critica stessa si fa spettacolo, monetizzando. Il cerchio è c h i u s o . A l l o s p e t t a t o r e , s e v u o l e s f o r z a r s i , i l c o m p i t o d i t r o va r e d e n t r o d i s é l o s t i m o l o per uscirne. http://www.saltinaria.it/recensioni/spettacoli-teatrali/trattato-di-economia-castellocosentino-carrozzerie-not-roma-recensione-spettacolo.html teatro.persinsala.it (24 luglio 2016) r ivist a di te atr o Trattato di economia | festAmbiente Monte Barro di FRANCESCO CHIARO La scelta da parte degli organizzatori della terza edizione di festAmbiente Monte Barro d i p u n t a r e s u l t e a t r o d i q u a l i t à s i r i v e l a v i n c e n t e , p o r t a n d o d a va n t i a u n p u b b l i c o estremamente variegato e soddisfatto l’opera dissacrante e spietata d i Roberto Caste llo e Andrea Cosentino. Solitamente, ci si inerpica su un eremo incastonato tra i monti perché si ama la natura. A Monte Barro, però, il passo ascensionale viene mosso perché si fa parte di un «ceto medio colto e responsabile» che vuole assistere a uno spettacolo teatrale dai temi s c o t t a n t i . N o n o s t a n t e l e b u o n e i n t e n z i o n i d i u n ’ o r g a n i z z a z i o n e g i o va n e e d i b e l l i s s i m e s p e r a n z e , i l m e t e o d e t t a l e g g e e i l Tr a t t a t o d i e c o n o m i a , g i à i n v e r s i o n e u n p l u g g e d , s i r e s t r i n g e a n c o r a d i p i ù , r a g g r u m a n d o s i s u l p i c c o l o p a l c o d e l l ’A u d i t o r i u m e d e f l a g r a n d o i n modo piuttosto contenuto. I n M o r i m o n d o ( e d . Fe l t r i n e l l i ) , Pa o l o R u m i z n a r r a d e l l e s u e a v v e n t u r e l u n g o i g r a n d i s e r p e n t i f l u v i a l i i t a l i a n i . S e d e n d o s i s u u n a c a n o a n e l g r e m b o m a t e r n o d e l Po , l o s c r i t t o r e p e r c e p i s c e s u b i t o u n c a m b i o d i p r o s p e t t i v a t o t a l e e s i r i t r o va a « g o d e r s i d a l l ’ a c q u a l ’ i n a u d i t o n a u f r a g i o d e l l a t e r r a f e r m a » . I n u n c e r t o s e n s o , i l Tr a t t a t o d i e c o n o m i a d i Castello-Cosentino ha molte cose in comune con questo viaggio dal distacco epicureo rovesciato. Immergendosi nell’inafferrabile liqu ido della scienza che vuole «liberare l’umanità dalla sch iavitù del bisogno», infatti, il duo si vede costretto a muoversi in orizzonti nuovi, più ampi e quanto mai centrifughi. Come in un mulinello d’acqua dolce, l’attore e il danzatore nuotano a tutta forza per divincolarsi nel marasma di concetti astratti di difficile declinazione artistica e, sebbene mostrino entrambi una padronanza invidiabile de l proprio mezzo (dolce favellare, flu ido danzare ed esilarante duettare), alla fine della lotta sembrano costretti ad alzare b a n d i e r a b i a n c a d a va n t i a u n a f i e r a t e n t a c o l a r e f i n t r o p p o o s t i c a e r i o t t o s a . L a q u e s t i o n e , q u i n d i , va p r e s a d a u n a l t r o p u n t o d i v i s t a , q u e l l o d i a l e t t i c o . I n s c e n a n d o u n canto sillabico mirato a decostruire la parola fino ai suoi componenti più elementari, l ’ a s s e To r i n o - C h i e t i r i v e l a q u e l l ’ a r b i t r a r i e t à l i n g u i s t i c a c h e s o t t o s t à a n c h e a l m o n d o economico e fornisce una serie di possibili approcci dialogici al tema, giocando proprio sul mezzo stesso. Tr a f e g a t i d i b a l e n a f a b r i a n i , p i o g g e m e t a l l i c h e à l a P i n a e s a s s i « i d e a l i p e r i d e n t i t à sbarazzine e proteiformi», allora, l’economia diventa un pretesto per una critica tout court alla produzione (nell’accezione marxiana del termine) come processo di r e i t e r a z i o n e d i v u o t i d a r i e m p i r e a f r o n t e d i u n h o r r o r va c u i e s i s t e n z i a l e . C o n s a p e v o l i , però, di essere parte de llo stesso, sce llerato meccanismo produttivo, Cosent ino-Caste llo fanno il passo successivo e tagliano le gambe – come già prima di loro fece Wilde con la s u a f a m o s a p r e f a z i o n e a l l ’ u n i c o r o m a n z o c h e p u b b l i c ò – a t u t t i i p o t e n z i a l i “ m a ”, “ p e r ò ”, “ a d i r l a t u t t a ”. L’ i n c u r s i o n e v i r t u a l e e d « e n c o m i a s t i c a » d i u n A t t i l i o S c a r p e l l i n i a s s o l d a t o p e r l ’ o c c a s i o n e , i n f a t t i , è l a r i p r o va d e l l ’ i m p o s s i b i l i t à d i c r i t i c a r e u n s i s t e m a d a l l ’ i n t e r n o , r i p o r t a n d o d i f a t t o g l i a r t i s t i a n a u f r a g a r e i n b a l i a d i q u e l l e f o r z e o n d i va g h e e f i n o a p r o va c o n t r a r i a i n v i n c i b i l i c h e , f o r s e , n o n r i u s c i r e m o m a i a d o m a r e , m a d i c u i sicuramente possiamo ridere e, così dicono, «riprenderne possesso». http://teatro.persinsala.it/trattato-di-economia-festambiente-monte-barro/32641 MEGLIO MENO ( 1 6 g i u g n o 2 0 1 6 ) Un tragicomico Trattato di economia di LUIGI SCARDIGLI P I S TO I A . I r i s c h i e r a n o m o l t e p l i c i e t e n t a c o l a r i : d a l l o s c a d e r e a l c a b a r e t t e l e v i s i v o s t i l e Striscia la notizia a quello ancor più diffic ile da bypassare attraverso un sermone, scontato e inverosimile, sulla falsa importanza del denaro e sulla sua reale t o s s i c o d i p e n d e n z a . I n v e c e , Ro b e r t o C a s t e l l o e A n d r e a C o s e n t i n o , a l c e n t r o c u l t u r a l e i l Funaro di Pistoia, sono riusciti nell’impresa, titanica, di mettere su un coreocabaret confusionale sulla dimens ione economica de ll’esistenza portando in scena un vero e p r o p r i o Tr a t t a t o d i e c o n o m i a , c h e h a b e n p o c o d a i n v i d i a r e a l l e i n d i s c u t i b i l i t e o r i e d i S m i t h e M a l t h u s , p a s s a n d o d a Ke y n e s e R i c a r d o , f i n o a d a r r i va r e a M a r x . M a c o n l a tragicomicità e la leggerezza che contraddistinguono il teatro, che fanno teatro. Anche Stefano Bollani, il giocoliere del pianoforte, tra gli spettatori, ha gradito la simpatica irriverenza, così come gli Omini, orfani, per la prima vo lta, di Francesca Sarteanes i e l’attentissimo interprete Massimo Grigò. I dettagli non sono poveri come la teoria che sponsorizzano: la scenografia, seppur minimalista, occupa virtualmente ogni angolo della scena, anche perché occorre conciliare le anime eterogenee dei p r o t a g o n i s t i : Ro b e r t o C a s t e l l o , c o r e o g r a f o , b a l l e r i n o , d o c e n t e d i a r t i p e r f o r m a t i v e torinese, fondatore di Aldes, che ha prodotto lo spettaco lo, muove la danza anche e soprattutto come la sua mentore ispiratrice, Pina Bausch; Andrea Cosentino, teatino, sette ann i meno vecchio, viene da lla scuo la di Dar io Fo e co n le lezio n i imparate perfettamente di grammelot, supera ogni barriera linguistica. Insieme però cosa p o s s o n o f a r e ? Tu t t o ! I n p a r t i c o l a r e u n o s p e t t a c o l o , a f f r o n t a n d o , t r a l ’ a l t r o , u n o d e i t e m i più spinosi, l’economia e le sue false impellenze, argomento con il quale in molti hanno p r o va t o a f a r e i c o n t i ; p a r e c c h i , c o n r i s u l t a t i d e l u d e n t i . D i e t r o u n a c a t t e d r a matrimoniale, sopra la quale scorre un tapis rulant dove viaggiano e cadono, i n e s o r a b i l m e n t e , t u t t i g l i o g g e t t i s o p r a d e p o s i t a t i , l e d u e a n i m e p r o va n o a d a f f r o n t a r e l’argomento con una spigliatezza e una semplicità geniali, che prende spunto da due oggetti di plastica, di pari ingombro, dello stesso peso, ma con costi al dettaglio diversi: una papere lla suonante usata da milioni di genitori per distrarre i propri marmocchi durante l’annosa operazione del bagnetto (2,5 €, reperibile ovunque, dai supermercat i ai negozi di giocatto li fino alle edico le) e un cazzo finto (10 €, si trova solo nei pornoshop), anch’esso suonante, quasi sempre relegato e regalato in quelle malinconiche e tragiche ricorrenze, come gli addii ai celibati, ad esempio. Il primo viene utilizzato per centinaia e centinaia di vo lte durante lo svezzamento de l piccolo e può anche essere riutilizzato con i fratelli più picco li; il secondo scatena una commovente risata, al mass imo due, per poi ven ir riposto in un angolo della casa dove tutti si augurano che nessuno decida di ficcanasare. Da lì, fino alla fine, tra i fumi inquinanti che generano una nebbia fittissima, come si conviene nei giorni più anonimi del Nord e s t , l a l e z i o n e d i e c o n o m i a – c h e i m p r e z i o s i s c e l a r a s s e g n a d e l l ’A t p Te a t r i d i C o n f i n e usa e si compiace di esempi esilaranti, surreali, profondamente illogici come lo è, nella sua natura più intrinseca, la materia affrontata. Con scene sormontabili, incomprensibili sovrapposizioni, balletti che evocano masturbazion i e passi di danza de lla più recente interpretazione, sorrette, mai a fatica, da accuse furiose nei confronti di un sistema che si compiace della sua inestricabile conformazione, utile, da sempre e per sempre, a dare a l d e n a r o u n a p o t e n z a d e va s t a n t e , q u e l l a c h e t i e n e s o t t o i l g i o g o m i l i o n i e m i l i o n i d i persone chirurgicamente e inevitabilmente sottoposte ai capricci, inutili ma p u n t u a l m e n t e s o d d i s f a t t i , d i p o c h i s s i m i . L’ u l t i m a p a r o l a - c h e è l a p r e m e s s a m a a n c h e l a spiegazione dello spettacolo - ad Attilio Scarpellini, giornalista anomalo, irriverente, cos ì poco inc line alla diplomazia, non particolarmente gradito all’Ordine, che si rivolge a g l i s t u d e n t i - s p e t t a t o r i g r a z i e a d u n v i d e o p r o i e t t a t o s u l l a f a c c i a d e l l a c a t t e d r a . Pe r i crit ici che si sono spellati le mani in sala, stavolta, il compito per recensire è già fatto: basta copiare. http://megliomeno.com/index.php/item/244-un-tragicomico-trattato-di-economia Lo sguardo di arlecchino.it (15 gennaio 2016) Economia e teatro: contaminazione e contagio di MARIA FELICIANO L a s c e n a s i a p r e s u u n a s c a r n a s c r i va n i a d i t a v o l e g r e z z e i n l e g n o : s u d i e s s a , d u e microfoni, per un ambiente da pseudo studio televis ivo che crea aspettative di ascolto. D o p o i l b u i o i n s a l a a r r i v a n o l o r o , Ro b e r t o C a s t e l l o e A n d r e a C o s e n t i n o : p r e n d o n o p o s t o e a t t a c c a n o c o n r i t m o i n c a l z a n t e . L’ a r g o m e n t o f a s o r r i d e r e : u n a d i s s e r t a z i o n e s u l l ’ i n t r i n s e c o va l o r e d e l l e c o s e e d e l l e p e r s o n e . Tr a t t a t o d i e c o n o m i a , i l t i t o l o : u n a carrellata di considerazioni sull’accettazione implicita di un sistema economico che si ripercuote inevitabilmente sul vissuto quotidiano di tutti noi, come una sorta di traduzione estemporanea di un linguaggio tecnico che assume, finalmente, caratteri di comprensibilità. Fin qui tutto chiaro, più o meno: la sfida è, però, non cadere nel facile, nel “cabaret” di bassa lega. Solo le due personalità poliedriche e complementari degli autori riescono nell’impresa, rendendo la performance uno spunto di riflessione sull’atto teatrale stesso. Che cos’è il teatro se non un prodotto commerciabile a sua vo lta? Esso si maschera in v a r i m o d i e , f o r t e m e n t e e l a b o r a t o , p u ò g i u n g e r e a u n ’ e c c e s s i va i p e r f e t a z i o n e intellettuale, tanto da non essere più decodificabile . Deve piacere e, per questo, i suoi contenut i vengono modellat i paradossalmente dagli stess i fruitori. Deve essere eccentrico e sorprendere a tutti i costi purché la platea trabocchi. Un parallelo che non sfugge al pubblico: il teatro può essere gioco astratto e subdolo proprio come le regole dell’economia, può (e forse de ve) essere gioco di forme. Un gioco che permea tutta l’esistenza umana. Tr a t t a t o d i E c o n o m i a ( p h - i l a r i a s c a r p a ) S u p e r b o , i n q u e s t o c a s o , l ’ u s o d e l l ’ e s p e r i e n z a vocale, coreut ica e attoriale dei due che, mantenendo il filo conduttore legato al tema, riescono a corroborare una persistente dimensione metateatrale con un susseguirsi di c i t a z i o n i , t r o v a t e , s k e t c h . C o s e n t i n o r i l a n c i a d a l l a s u a p o s i z i o n e ( a l l a s c r i va n i a ) f r a m m e n t i d i c o n v i n c e n t i a d v e r t i s e m e n t s p e r i n s u l s e “ p i e t r e ”, m e n t r e i l s u o c o m p l i c e , Castello, traduce le parole in un vortice di azioni scen iche alle sue spalle. Interessante anche l’accenno all’inconsistente divismo contemporaneo con lo spettatore agganciato al flusso di parole evidenziate dalla luce puntata su un leggio alla destra del proscenio, da cui gli attori recitano. Quasi una lezione di filosofia, con l’uso di molteplici e simultanei canali comunicativi, mentre l’illuminazione crea un effetto reale e surreale a seconda dell’esigenza. Nel finale, sul lato opposto, un nastro in movimento trascina oggetti da un punto a l l ’ a l t r o d e l p a l c o s c e n i c o ; f r a m m e n t i d i u n a r e a l t à va r i e g a t a c h e p o p o l a l a v i t a c o m e i l t e a t r o . I l r i s u l t a t o è s o r p r e n d e n t e d i f r o n t e a u n a Ve n e r e d e g l i s t r a c c i i n v e r s i o n e s c e n i c a . S e m b r a d i t r o va r s i d i n a n z i a u n a p e r f o r m a n c e d ’ a v a n g u a r d i a , p o p o l a t a d i f a n t a s m i e l i n g u a g g i i n c o m p r e n s i b i l i m e n t r e , a l c o n t r a r i o , i l m e s s a g g i o a r r i va f o r t e e chiaro. La conclusione si sublima in una proiezione sulla parte anteriore della cattedra: una videorecensione che esalta, a priori ovvero senza averlo visto, lo spettacolo medesimo, palesando con sgomento il circolo vizioso teatro-critica. Il sorriso non smette mai di affiorare ma, proprio come in certo teatro, è solo una parte dell’effetto vo luto. A esso si sovrappone un senso di amarezza, che scaturisce dalla veridic ità delle affermazioni e dalla profonda riflessione su lle regole (pur sempre) economiche cui siamo soggetti. Ironia e autoironia sono le chiavi di questo trattato, agile mosaico di due personalità con un’unica essenza: la contaminazione dei generi. http://www.losguardodiarlecchino.it/economia-e-teatro-contaminazione-e-contagio/ Lo sguardo di arlecchino.it ( 1 3 g e n n a i o 2 0 1 6 ) Il teatro, tra retorica e denaro di SARA CASINI Chi scrive è al momento imbarazzat issimo, perché lo spettacolo di cui dovrebbe tentare di parlare ha reso pressoché inutile qualsiasi ulteriore considerazione, e sia chiaro: questo non è un mero elogio, semplicemente la recensione è già scritta, ma su questo punto torneremo. I l Te a t r o N i e r i d i Po n t e a M o r i a n o è g r e m i t o , p r o n t o a d a s s i s t e r e a Tr a t t a t o d i e c o n o m i a , d i ( e c o n ) Ro b e r t o C a s t e l l o e A n d r e a C o s e n t i n o . La riflessione nasce dal confronto di due oggetti, un fallo di gomma e una paperella da bagno: stesso materiale, stessi cost i di produzione, prezzo l’uno quattro volte maggiore dell’altro. I due artisti, in camicia e giacca, cercano di capire e spiegare la curiosa discrepanza basandosi sulle leggi dell’economia, parlando come un unico essere dall’implacabile logorrea. L’ i m p r o n t a è c e r t a m e n t e m o r a l i s t a , d i q u e l m o r a l i s m o c h e d i t a n t o i n t a n t o n a s c e i n ciascuno di noi, e che ci sentiamo di condividere, considerando nel suo complesso i controsensi di un sistema capitalistico. L’ a s p e t t o i n t e r e s s a n t e è , t u t t a v i a , l a p i e n a c o n s a p e v o l e z z a d e l l ’ a p p a r t e n e n z a a q u e l sistema: anche uno spettacolo è un prodotto che deve essere venduto, e pertanto l ’ e v e n t u a l e c r i t i c a c h e e s s o m u o v e a l s i s t e m a e c o n o m i c o n o n p u ò c h e e s s e r e p r i va d i senso. La bellezza, se così vogliamo dire, di quest ’opera risiede più nella forma che non nel (dichiaratamente insensato/dissestato) contenuto: monologo, dialogo, danza, pura a z i o n e s c e n i c a , va r i l i n g u a g g i t e a t r a l i s i f o n d o n o p e r a n n u l l a r s i r e c i p r o c a m e n t e , g r a z i e a un’ironia assolutamente disincantata. Meta-teatro perché consapevo le di sé e dis interessato a mascherarsi: i due interpreti si presentano con i propri nomi e cognomi anagrafici (“Cosentino con le pallette in testa che dice cose”), prendendo in giro sé stessi e il pubblico in continui scarti di registro che regalano allo spettacolo un ritmo serrato ma mai confusionario. Il teatro si rivolge a sé stesso dich iarando il suo, forse, più intrinseco problema: come p a r l a r e d i q u a l c o s a s e n z a f a r l o e s p l i c i t a m e n t e , t r o va n d o p a r o l e c h e l o m a s c h e r i n o eppure focalizzino l’attenzione dello spettatore sul tema centrale? La domanda viene lanciata e abbandonata come irrisolta: nello spettacolo, semplicemente, la retorica è s v e l a t a e i l ra g i o n a m e n t o s i m o s t r a c o m e p a r a d o s s o i n s o l u b i l e . La “critica” (s i tratta piuttosto di bonaria iron ia) de ll’economia e del teatro trova una p r o p r i a s i n t e s i n e l m o m e n t o i n c u i C o s e n t i n o , s e d u t o a l l a s c r i va n i a , e s p r e s s i o n e ammiccante da venditore esperto, tesse le lodi di una pietra, e Castello, danzando nello spazio circostante, liberatosi man mano dell’elegante abbigliamento, ci mostra d i d a s c a l i c o i l m o d o i n c u i a l t r i g r a n d i a r t i s t i ( J a n Fa b r e , L u c a R o n c o n i , P i n a B a u s c h … ) avrebbero potuto interpretare il tema centrale dello spettacolo: quando lo stile si fonde e confonde nel marchio, nel brand. Il f inale è certamente sp iazzante: Attilio Scarpellini, crit ico “m ilitante” e certo voce autorevo le almeno per coloro (ormai poch i) che s’interessino a qualche titolo di analisi sceniche, appare in forma di luce proiettata, e compie, dichiarando l’esatta cifra ricevuta come compenso, la video-recensione dello spettacolo (da lui non visto): r e c e n s i o n e d e f i n i t i va c h e r e n d e p r i v o d i s i g n i f i c a t o l o s p e t t a c o l o e a s s o l u t a m e n t e p r i v e d i va l o r e l e p r e s e n t i p a r o l e . http://www.losguardodiarlecchino.it/il-teatro-tra-retorica-e-denaro/ Rumor(s)cena ( 1 5 d i c e m b r e 2 0 1 5 ) Te atr or e ce nsio ne Un Trattato di economia che non fa sconti a nessuno di RENZIA D'INCA' PONTE A MORIANO (Lucca). Analisi ludica ad alto tasso di complessità situazionista e quindi in apparente leggerezza, che in realtà delinea una feroce capacità autocritica dei d u e c o - a u t o r i , l a c o p p i a Ro b e r t o C a s t e l l o c o r e o g r a f o e d a n z a t o r e i n t e r n a z i o n a l e , c o n A n d r e a C o s e n t i n o , u n o f r a i ( p o c h i ) a t t o r i - a u t o r i t e a t r a l i s a t i r i c i d i ra n g o i t a l i a n i . I l l a v o r o n a s c e p a r e c c h i m e s i o r s o n o a l l ’ i n t e r n o d e l l a s t a g i o n e S PA M i d e a t a e d i r e t t a d a l l o s t e s s o Ro b e r t o C a s t e l l o . I s e g n i d i q u e s t o Tr a t t a t o d i e c o n o m i a s o n o m u l t i s e m a n t i c i e a l l a f i n e s i c a p i s c e c h e , s p e t t a t o r i i n t u t t o e s a u r i t o o q u a s i n e l Te a t r o d i q u e s t a p i c c o l a r e a l t à p r o v i n c i a l e a Po n t e a M o r i a n o o r g a n i c a a l l o s p a z i o S PA M d i Po r c a r i , s i r i d e p e r n o n piangere. O forse si piange per non ridere. La spietatezza dei temi si evince fin dalle primissime battute dove con la scusa ed il linguaggio da conferenza a carattere e c o n o m i c o , i d u e r e l a t o r i s e r i o s i m a s o l o d i f a c c i a t a i n g i a c c a e c r a va t t a , e s p o n g o n o e x cathedra due oggetti da sex shop. Ma dove sta il business? È di denaro che si parla o forse di sesso? O di come questo e quello comunque di fatto reggano, da sempre, il Pianeta e l’intera umanità ? I l d o v e s i va a p a r a r e p u r p a r t e n d o n e a l l a l a r g a , s i f a s t r a d a b e n p r e s t o p e r c h é l’indagine dei due autori è finto economica sui temi dei grandi sistemi del pensiero unico lobbistico-finanziario e non tratta né di soldi né di sesso ma di cultura e di quella della soc ietà dello spettacolo in ispecie. Con spietatezza raffinata mixando divers i generi, dalla pantomima al talk show al cabaret, utilizzando le due diverse competenze in affabulazione e siparietti sincronici affiatati per ritmi e scrittura drammaturgica, Castello|Cosentino disegnano una partitura in cui ciò che viene messo alla berlina è proprio il mondo della società teatrale, quel microcosmo spesso schizoide rispetto alla cos iddetta società civile in un gioco perverso di realtà che si autorispecch iano perché nella macch ina dei sold i c’è anche, eccome, la macchina-spettaco lo. Anche in quello per q u a l c u n o “ f r i c c h e t t o n e ” p e r a l t r i “ d i r i c e r c a ”. N e s s u n o è r i s p a r m i a t o n e l c o p i o n e d i Tr a t t a t o : n o n i l p u b b l i c o - c h e d i c e n o i s i a m o d i sin istra, impegnati nel sociale, ambientalisti che teniamo al fis ico ma vestit i in formalinon i generi televisione, teatro e danza- né i mostri sacri e non il giornalismo, quello della critica (con una video-partecipazione in falsa absentia di Attilio Scarpellini). Ma nemmeno si risparmia la coppia autorale e artistica etero-definitasi dentro cartelli con scritture concettuali-pure etichette, anch’esse di mercato. Niente e nessuno viene risparmiato in un crescendo parossistico nel tritacarne della gioiosa macchina da guerra dissacrante e iconoclasta del duo surreale e machiave llico. Se gli oggetti sono status symbol e l’accapararsene significa far parte del clan dei ricchi potenti e superfighi (scarpe e sex toys scorrono nel finale su un tapis roulant mentre Cosentino con a n t e n n i n e d i s c o a n n i 8 0 t e l e v i s i va m e n t e , s p r o l o q u i a ) , c o s ì n e l m o n d o d e l l o s p e t t a c o l o alcune icone vengono tirate in ballo come oggetti-feticcio reificati. Ve n g o n o r a p p r e s e n t a t e i n s c e n a f r a l ’ i r o n i c o e i l p a r o d i s t i c o d a C a s t e l l o : s i va d a J a n Fa b r e a P i n a B a u s c h f i n o a Ro n c o n i , c o s ì c o m e c e r t i m e t o d i d i c e r t e s c u o l e d i t e a t r o ( i l riferimento è al santone Osho e i suoi seguaci new age) mentre parte uno spezzato di Te l e m o m ò , un must di Cosentino televenditore, stavolta della famosa pietra (filosofale?). I n s o m m a , s e a n c h e l o s p e t t a c o l o è u n p r o d o t t o d i t a r g e t , c o m e p o t e r r i c o n n e t t e r e l ’A r t e e l ’ o g g e t t o ? L’ a r t e e l a s u a r e m u n e r a z i o n e “ o g g e t t i va ” s u l m e r c a t o d e l l ’ a r t e ? E q u i s i sfiora, elegantemente, una riflessione autocritica di meta-teatro ma solo per sinapsi, p e r a l l u s i o n i s o t t i l i . Pe r c h é , a l l o r a , p e r c o n t a m i n a z i o n e l o g i c a i n a m b i t o d ’ a r t e p l a s t i c a contemporanea: chi decide le quotazioni di Damien Hirst?. E si potrebbe citare, sempre per contaminazioni logiche, il teatro del baratto- se i tempi non fossero decisamente altri- come i sistemi economici totalmente mutati dagli anni Settanta ed in barba al b u o n C a r l e t t o M a r x . E q u i s t a i l c o n c e p t d i Tr a t t a t o d i e c o n o m i a . A l l o r a , c h i s i a m o , c h i e r a va m o e d o v e a n d i a m o , n o i c h e o f a c c i a m o o o s s e r v i a m o , n o i c h e d a d e n t r o o d a f u o r i per lavoro o per divertimento bypass iamo nel nostro teatrino privato esistenziale il Te a t r o d i r i c e r c a ? E c h i s s à d o v e s i d i r i g e r a n n o a l l o r a , n e l l a p r o s s i m a s t a g i o n e , n o s t r a e l o r o , q u e l l e m u c c h e p e z z a t e r u m i n a n t i i n t r a n s u m a n z a d e b o r d i a n a v e r s o i l Pa s s o d e l Brennero di Qualcosa si muove , immortalate in fotografia che certo e non a caso è s t a t a s c e l t a c o m e m a n i f e s t o d e l l a s t a g i o n e a u t u n n a l e 2 0 1 5 d i S PA M 1 http://www.rumorscena.com/15/12/2015/un-trattato-di-economia-che-non-fa-sconti-anessuno Artalks.net (13 dicembre 2015) Non ci resta che piangere Al Nieri di Ponte a Moriano va in scena un esilarante Trattato di Economia, firmato da Roberto Castello e Andrea Cosentino di LUCIANO UGGE' Ieri sera abbiamo assistito a uno spettacolo che, come si suol dire, mette i piedi nel piatto. Tr a t t a n d o dei sistemi di produzione industriale e dei relativi costi; della commercializzazione de i prodotti con i divers i sistemi distribut ivi; della creazione dei bisogni indotti; e delle presunte regole matematiche che renderebbero l’economia una s c i e n z a e s a t t a ( s a l v o p o i i l f a t t o c h e a o g n i e r r o r e d i va l u t a z i o n e s i a n o s e m p r e g l i s t e s s i a pagarne lo scotto). N e l l a p r i m a p a r t e , u n e s i l a r a n t e d i a l o g o g i o c a t o s u l l a Te d C o n f e r e n c e m o s t r a c o m e u n a disamina accurata dei costi di produzione e dei benefici dell’utilizzo non porti a un p r e z z o e q u o d e l p r o d o t t o . Pe r c h é q u e l l o c h e c o n t a v e r a m e n t e è c r e a r e l a n e c e s s i t à d e l possesso dello status symbol e il bisogno di partecipare alla corsa al consumo per sentirs i parte di questa soc ietà votata all’usa e getta, all’avere piuttosto che all’essere. E a d i r i g e r e i l t u t t o q u e l l ’ e s i g u o n u m e r o d i p e r s o n e c h e c o n t i n u a n o a d i va r i c a r e l a forbice tra ricchi e poveri, che hanno esponenzialmente aumentato il prezzo dell’inutilit à grazie a un valore aggiunto determinato dall’immagine e dalle campagne pubblic itarie, a n z i c h é d a l l a r i c e r c a e d a l l ’ i n n o va z i o n e . In scena, Castello e Cosentino non risparmiano nessuno. Utilizzando i diversi mezzi teatrali, dalla danza alla parodia, dal cabaret alla pantomima, mettono alla berlina le onn ipresent i conduttrici tv in versione imbon itore da fiera paesana, che prestano la loro immagine per propugnare verità adatte a tutte le stagioni; su su, fino a quegli intellettuali elitari, quei maître à penser dell’arte e del teatro, che torturano gli animali p e r d e n u n c i a r e l o s q u a l l o r e u m a n o ( l e g g i J a n Fa b r e ) , o c h e s i c r o g i o l a n o i n s c e n o g r a f i e barocche pagate con i soldi dei contribuenti per denunciare le storture del sistema b a n c a r i o e c a p i t a l i s t i c o ( l e g g i L u c a Ro n c o n i ) . Dura la riflessione sullo stato del teatro in Italia e sul mondo che lo circonda, ossia que llo della crit ica che, privata di mezzi e di ungh ie, impallidisce di fronte alla libertà di giudizio e si prostituisce spesso per qualche mica alla tavo la dei potenti. Si ride, e molto, ma i pensieri seri accompagnano lo spettatore a lungo, anche fuori dal teatro. www./non-ci-resta-che-piangere/#more-7369 IL MANIFESTO ( 1 2 d i c e m b r e 2 0 1 5 ) VI SIO N I Tra sex toys e finanza creativa A teatro. Va in scena il progetto dell'attore Andrea Cosentino e del danz atore e coreografo Roberto Castello di GABRIELE RIZZA C ’ è s e m p r e u n b u o n m o t i v o p e r f a r e u n a p u n t a t a a B u t i , r e m o t o s p i c c h i o d i To s c a n a c h e fece innamorare persino un «orso» come Jean-Marie Straub. Prelibatezze gastronomiche e ra f f i n a t e z z e t e a t r a l i . I m b a n d i t e , q u e s t e , s u l p a l c o a l l ’ i t a l i a n a d e l F r a n c e s c o d i B a r t o l o , d a D a r i o M a r c o n c i n i . A d a t t r a r c i o r a , u n p o d e r o s o t i t o l o , Tr a t t a t o d i e c o n o m i a , m i t i g a t o da un «coreocabaret confusionale sulla dimensione economica dell’esistenza», capricciosa chiosa da Serata Satie. Artefici del progetto, battezzato con successo al Va s c e l l o di narratore, Roma per creatore di il fest ival storie Te a t r i dai di confini Ve t r o , sono metafisici, e Andrea Ro b e r t o Cosentino, Castello, attore, danzatore, coreografo, an ima di Aldes, pure lu i estroverso «intrattenitore» di dinamiche scomposte. Seduti al tavolo, conferenzieri azzimati, Andrea e Ro b e r t o iniziano, con freddo determinismo da esperti in materia, a spiegarci, mettendo a confronto una paperella e un fallo di gomma — stesso peso, stessa quantità di materia, stesso ludico intratten imento ma prezzo ben diverso — come vanno le cose in fatto di economia g l o b a l e , f i n a n z a i m p e r a n t e , b a n c h e l a d r o n e e s o p r a v v i v e n z a c r e a t i va . M a n o n s i t r a t t a tanto di informarci o educarci (al peggio) quanto di stuzzicare l’idea che se un’altra struttura economica non è realmente possibile, possibile è l’idea che di essa dobbiamo avere: una bo lla destinata a scoppiare prima o poi, a ingh iottire il futuro e a navigare trascinata dalle correnti come «l’isola dei rifiuti di plastica», alla deriva negli oceani e g a l l e g g i a n t e n e l l a n o s t r a q u o t i d i a n a d i s p e r a z i o n e . D o v e va n n o i f i n i r e i n o s t r i s o l d i ? Nello spreco più inutile e nell’accumulo più scellerato. Cerimonieri e imbonitori, affabulatori e animatori, Castello e Cosentino creano un esilarante cabaret futurista, giocano di rimessa, l’uno spalla dell’altro, e sfoderano l’arte del paradosso, solo a n t i d o t o a l l ’ i l l o g i c i t à d e l l e c o s e . I l r i s u l t a t o è u n a b i z z a r r a o p e r e t t a m o r a l e , n a r r a t i va e p e r f o r m a t i va , c h e s i i n t e r r o g a s u l d e n a r o , l a s u a i n va d e n t e o n n i p r e s e n z a e l a s u a sostanziale mancanza di rapporto con la realtà, e che alla fine, consapevo le dei propri limiti, e prendendosi gioco di se stessa, si fa recensire in video da Attilio Scarpellini che, rispettando l’assurdità dell’impianto, lo spettacolo non l’ha visto. Se le leggi del mercato sono fasulle anche il teatro in qualche modo intelligenza. Come in questo caso. http://ilmanifesto.info/tra-sex-toys-e-finanza-creativa/ si deve adeguare. Ma con teatro.persinsala.it (12 dicembre 2015) r ivist a di te atr o TRATTATO DI ECONOMIA Society, you’re a crazy breed Un cortocircuito di ironia surreale quello innescato da Roberto Castello e Andrea Cosentino con il loro Trattato di Economia. In scena, al Teatro Nieri di Ponte a Moriano di SIMONA FRIGERIO Qual è la differenza di valore intrinseco che separa una papera di plastica – prezzo 2 euro e mezzo – da un pene di plastica da 10 euro? Da questa domanda che, nella sua assurdità, potrebbe sembrare pretestuosa, si srotola uno spettaco lo che diverte, fa pensare e affascina per la travolgente misce la di mezzi teatrali usati con giusto equilibrio. Roberto Castello e Andrea Cosentino, partendo da un giudiz io di merito su due prodott i all’apparenza identici (se non per forma e utilizzo), allargano il discorso alle regole che governano l’economia consumistica nella quale stiamo affogando. Fino a riflettere m e t a t e a t r a l m e n t e s u l va l o r e i n t r i n s e c o d e l f a r e t e a t r o ; s u i m e z z i p e r r e n d e r e i l p r o d o t t o teatrale appetibile a più palati; sugli argomenti che il teatro dovrebbe trattare se non vuole scadere nel pedagogico o, peggio, nell’autoreferenziale; concludendo la dissertazione demenzial-intellettuale con un’autocritica, insieme feroce e sarcastica, sia a noi critici che a una certa critica compiaciuta e compiacente. Quest’ultima messa alla berlina, cilieg ina sulla torta, da un Attilio Scarpellin i in videopresenza, che ricorda come chi voglia esprimersi liberamente e, soprattutto, dedicars i al teatro di ricerca non possa p r e t e n d e r e a n c h e u n s t i p e n d i o ( r e a l t à t ra g i c o m i c a c h e a c c o m u n a t e a t r a n t i e c r i t i c i ) . La dissertazione, però, non è né in stile conferenza né, tanto meno, televis ivo. Caste llo e Cosentino usano il teatro-danza, la pantomima, l’affabulazione, il monologo e il dialogo, il paradosso e pers ino l’allegoria per creare un cortoc ircuito emotivo, prima ancora che intellettuale, che metta lo spettatore di fronte allo sfacelo che stiamo vivendo. A livello metateatrale, si segnalano i momenti parodici dedicati al politicamente s c o r r e t t o t a r g a t o J a n Fa b r e e a l l ’ o p u l e n z a s c e n o g r a f i c a d i R o n c o n i . M e n t r e i l f i n a l e ( c o n Castello che dispone su un tapis roulant tutti quegli oggetti inutili che dovrebbero costituire la nostra fonte di felicità e che, al contrario, riempiono le discariche a cielo a p e r t o d i p r o d u t t o r i / c o n s u m a t o r i m a , s o p r a t t u t t o , d e i Pa e s i d e l c o s i d d e t t o Te r z o M o n d o ) h a i l s a p o r e d e l l ’ e x e m p l u m , g r a z i e a l s u o va l o r e d i d a t t i c o – c h e n e l s e m p l i c e g e s t o t r o v a una straordinaria forza poetica. C o m e c a n t a E d d i e Ve d d e r i n S o c i e t y : “ I t h i n k I n e e d t o f i n d a b i g g e r p l a c e / ’ c a u s e w h e n y o u h a v e m o r e t h a n y o u t h i n k / Yo u n e e d m o r e s p a c e ”. ( “ Pe n s o d i a v e r b i s o g n o d i t r o va r e u n p o s t o p i ù g r a n d e / Pe r c h é q u a n d o h a i p i ù d i q u a n t o p e n s i / H a i b i s o g n o d i m a g g i o r e s p a z i o ”, n . d . g . ) . M a l e r i s o r s e n a t u r a l i n o n s o n o i n f i n i t e , n é i c o n f i n i t e r r e s t r i . Q u a n d o capiremo che oltre le Co lonne d’Ercole non spira l’avventura della scoperta ma l’abisso dell’autodistruzione? http://teatro.persinsala.it/trattato-di-economia/22519 LA GAZZETTA DI LUCCA (12 dicembre 2015) C ult ura e spe tt aco lo Te la do io l’economia! Il paradossale, marchingegno di Castello e Cosentino ma presente, d i I G O R VA Z Z A Z Fa u n c e r t o e f f e t t o v e d e r e i l Te a t r o N i e r i d i Po n t e a M o r i a n o g r e m i t o , q u a s i t i r a t o a lucido (stiamo sempre parlando di uno spazio la cui ristrutturazione dev’essere stata eseguita da nemici della scena, se si considera la scomodità del palco troppo alto e altre q u i s q u i l i e ) i n o c c a s i o n e d i Tr a t t a t o d i e c o n o m i a , s p e t t a c o l o d i R o b e r t o C a s t e l l o e A n d r e a C o s e n t i n o , a l l ’ i n t e r n o d e l c a r t e l l o n e a u t u n n a l e d i S PA M ! R e t e p e r l e a r t i c o n t e m p o r a n e e . Fa e f f e t t o p e r c h é s i t r a t t a d i t e a t r o v e r o , va l e a d i r e v i v e n t e , c h e s i c o l l o c a a p i e n o titolo nel presente, intessendo con questo, lo vedremo, una fitta serie di re lazion i. Si parla di economia, materia ostica ancorché diffusa, permeante le nostre vite, la nostra socialità, le nostre abitudini, dall’alimentazione al modo di presentarci. Seduti a un tavo lo, i due artisti partono dal confronto tra una paperella e un pene, entrambi finti, entrambi di plastica: stesso peso, stesso materiale, stessa area di produzione. 2,50 € la prima, 10 € l’altro: perché? Misteri, è il caso di dirlo, dell’economia, dei bizant inismi del mercato, nell’innesco di un dispos itivo spettacolare che spazia dal comico puro alla parodia, dalla performance al quasi comizio. Strana coppia, Cosentino, attore, e Castello, danzatore-coreografo: stralunato, spiazzante e spiazzato l’uno, loico e dottorale l’altro, eppure giocano di rimando, imbeccandosi a vicenda, mescidando ruoli, registri e parole. Dopo la prima parte che sembra una paradossale conferenza, si passa a sequenze più movimentate, nella costante (auto)coscienza d’un lavoro ben arch itettato, ai limit i dell’iperfetazione r i f l e s s i va : p e r p a u r a d i r i s u l t a r r e t o r i c i , i d u e s i p o n g o n o e d e s p o n g o n o i l p r o b l e m a d e l l a retorica, a un tempo dribblando, ma pure sottolineando il rischio stesso che stanno nel mentre correndo. Mirabili sono i sintagmi in cui Castello, costume cangiante sino al d é s h a b i l l é , p a r o d i z z a à l a J a n Fa b r e , L u c a R o n c o n i , P i n a B a u s c h , t u t t i i d e a l m e n t e a l l e prese con il problema dell’economia da svolgere in chiave spettaco lare. Ed è ottimo il c o n t r i b u t o d i C o s e n t i n o c h e , c o n m a s c h e r a m e n t i d i va r i o t i p o , f a a t t r i t o g r a z i e a u n a partitura verbale de l tutto in contrasto con quanto agito dal collega. Lo spettacolo ha un ottimo ritmo, specie nella prima metà, grazie alla verve comica della coppia, benché, col passare dei minuti, si noti una certa dilatazione. Si chiude, p e r ò , a l l a g r a n d e , c o n u n v i d e o d i A t t i l o S c a r p e l l i n i , c r i t i c o t e a t r a l e “ m i l i t a n t e ”, c h e , senza aver visto l’allestimento, ne dec lama un entusiast ico panegirico, ovviamente a pagamento. Epilogo amaro, nonostante le risate (copiose) della platea, nonostante la felicità di una messinscena che mette il dito nella piaga, ma, al contempo, non può certo offrire soluzioni (né dovrebbe farlo) ai problemi che pone. Gli applausi sono generali e, francamente, meritatissimi, per uno spettacolo, lo ripetiamo, al presente. Concetto che, francamente, deve sfuggire del tutto dalle parti del Giglio: giovedì scorso, i n f a t t i , s i è c e l e b r a t o l ’ i n c o n t r o t ra i l n o s t r o s p a z i o c i t t a d i n o e i l Te a t r o E r a d i Po n t e d e r a , a s s u r t o a l r a n g o d i Te a t r o N a z i o n a l e i n a s s o c i a z i o n e c o n L a Pe r g o l a d i F i r e n z e ; p e r l ’ o c c a s i o n e , l a s t u d i o s a C a r l a Po l l a s t r e l l i h a t e n u t o u n a c o n f e r e n z a s u J e r z y Grotowski, regista e teorico del teatro di caratura mondiale e dal 1986 al 1999 operante a Po n t e d e r a , e d u e s p e t t a c o l i p r o d o t t i d a l l ’ i m p o r t a n t e p o l o d e l l a p r o v i n c i a p i s a n a ( L a p r o s s i m a s t a g i o n e , d i e c o n M i c h e l e S a n t e r a m o , e 2 x 2 = 5 . L’ u o m o d a l s o t t o s u o l o , d a D o s t o e v s k i j , c o n C a c à C a r va l h o , r e g i a d i R o b e r t o B a c c i ) . Tu t t o m o l t o g i u s t o , d a u n c e r t o punto di vista, ma anche no, se, come ci hanno confermato, nei tredici anni di permanenza pontederese del maestro polacco (dal 1986 sino alla morte, occorsa nel 1999), mai vi era stato un invito da parte di Lucca; come a dire: gli art ist i li vogliamo, ma solo morti. Se questa è la convinzione, ci teniamo Castello e Cosentino. http://www.lagazzettadilucca.it/cultura-e-spettacolo/2015/12/te-la-do-io-l-economia-ilparadossale-ma-presente-marchingegno-di-castello-e-cosentino/ La GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO (16 novembre'15) AL ROSSINI IL «TRATTATO» A «CORE-CABARET» GIOIA DEL COLLE, DIVERTISSMENT DI Se l’economia diventa lezione «d a teatro» con Cosentino e Castello d i L I V I O C O S TA R E L L A Se c’è un esempio di teatro contemporaneo la cui straordinaria incisività del testo è i n v e r s a m e n t e p r o p o r z i o n a l e a l l a c r e a t i v i t à d e l t i t o l o , Tr a t t a t o d i e c o n o m i a d i A n d r e a Cosent ino e Roberto Castello è un piccolo gioie llo capace di far r if lettere anche chi di economia non ne vuole sentir parlare. G ià, perché lo spettaco lo che ha inaugurato il cartellone di prosa de l teatro Rossin i di Gioia del Colle, in una speciale anteprima di stagione, è un «divertissment» coreografico (o di «corecabaret», come lo chiamano gli autori) «sulla scienza che vuole liberare l’umanità dalla schiavitù del bisogno». L’ e c o n o m i a , a p p u n t o . R i l e t t a e « s p i e g a t a » d a u n a t t o r e e a u t o r e c o m i c o c o m e C o s e n t i n o , insieme al coreografo e danzatore Castello. Il risultato è dirompente ed esilarante, a partire dalle prime battute in cui si discerne lo s c i b i l e e c o n o m i c o e d e t i c o t ra u n a p a p e r e l l a e u n f a l l o d i g o m m a , d u e o g g e t t i i d e n t i c i i n quanto a materiali usati, ma dal costo decisamente differente. Il nostro vivere quotidiano è indagato in una lente d’ingrandimento paradossale, in cui il Dio denaro è solo la punta di un iceberg che si scioglie a poco a poco, tra una battuta e una performance, sino alla catarsi finale. Cosentino e Castello avvinghiano l’attenzione del pubblico con un ritmo serrato, ma al tempo stesso dolce, fino ai meritati applausi finali e all’ultima risata. Che non li seppellirà: anzi, saranno loro stessi, quasi, ad essere sommersi dal cumulo di rifiut i che pian piano si ammonticchiano al lato de lla scrivania posta in scena. Senza d i m e n t i c a r e i l v i d e o f i n a l e p r o i e t t a t o d a va n t i a l p u b b l i c o , i n c u i i l c r i t i c o t e a t r a l e A t t i l i o Scarpe llin i recensisce con estrema verbos ità lo spettacolo, senza in realtà averlo visto. È u n a m a g i a t e a t r a l e c h e a l Ro s s i n i h a a c c o m p a g n a t o a n c h e l a g o d i b i l i s s i m a p e r f o r m a n c e a n d a t a i n s c e n a p o c o p r i m a d e l l o s p e t t a c o l o ( a c u r a d i Ro b e r t o C a s t e l l o ) s u l p i a z z a l e a n t i s t a n t e a l t e a t r o : i n S c e n e d a u n m a t r i m o n i o ( c o n A l e s s a n d r a M o r e t t i , Fa b i o Pa g a n o e To m m a s o S e r r a t o r e ) u n a s t r a l u n a t a f e s t a d i n o z z e h a r i d e f i n i t o g l i s p a z i p e r s o n a l i e pubblici, urbani e teatrali. Quanto a l prossimo appuntamento che apr irà uffic ialmente la stagione del Rossin i, sarà giovedì 26 novembre, alle 21 (infotel 080.3484453): Erri De Luca, tra racconti, poesie e c a n z o n i , c o n d u r r à i l p u b b l i c o n e « L a m u s i c a p r o va t a » , c o n l a v o c e d i N i c k y N i c o l a i e i l sax di Stefano Di Batt ista, accompagnati da Roberto Pistolesi (batter ia), Andrea Rea (pianoforte) e Daniele Sorrentino (basso). TEATRO e CRITICA ( 1 2 n o v e m b r e 2 0 1 5 ) suo ni e visio ni Andrea Cosentino e Roberto Castello. L’arteconomia di SIMONE NEBBIA Andrea Cosentino e Roberto Castello con Tr a t t a t o di economia a Te a t r i di Ve t r o . Recens ione in taccuino critico C ’ è u n a f r a s e c h e m i s o n o d e t t o s u b i t o d o p o a v e r v i s t o i l Tr a t t a t o d i e c o n o m i a d i R o b e r t o Castello e Andrea Cosentino, è una frase che non hanno detto loro ma che mi pare abbia attraversato l’intera messa in scena, salutata da un grande trasporto di pubblico per Te a t r i d i Ve t r o 9 i n p r i m a n a z i o n a l e a l Te a t r o Va s c e l l o . H o p e n s a t o c h e i l t e a t r o h a c o m e int imo fine il senso, là dove lo spettaco lo si accontenta di avere come obiett ivo primario il consenso, che gli somiglia. Ma non è. Il tono e l’ambientazione sono inizialmente quelli di una conferenza in cui verrà non solo analizzato accresciuta dal ma trasposto potere in visuale, forma il tema scenica, della quindi teoria con una economica, dote di applicata fruibilità in forma p r a t i c a . A t t r a v e r s o g i o c h i l i n g u i s t i c i e c o r e u t i c i q u e s t o c h e v i e n e d e f i n i t o “ c o r e o c a b a r e t ”, in cui si ride e molto con estrema intelligenza, riesce nel difficile compito di tenere insieme una tematica ostica come appunto l’economia, che ha esteso il proprio dominio a ogni ambito delle attività umane, con l’elettrizzazione della scena promessa e mantenuta dall’abilità del comico, grazie alla quale l’opera prende forma su fondamenta solide, geometriche, ma si sviluppa attraverso l’estremizzazione degli elementi di cu i sono composte, secondo stile e poet ica. Insomma, per farla breve, anche una casa di Gaudí ha le fondamenta di una casa cantoniera. Lungo quest ’opera che parafrasando Brecht potrebbe defin irsi “l’economia spiegata ai p o v e r i ”, ironizzando sui termini della finanza di cui sono pieni tutti gli organi di informazione e che arrivano a noi come una piena di fiume contro cui non sappiamo quale argine porre, Castello e Cosentino evidenziano i paradossi della nostra società che poggia su caratteristiche non più certe, ripetute fino al punto di farsi vuote, mentre i piani de i govern i nazionali mostrano sempre meno sens ibilità. Ma non è tutto, perché di artisti parliamo, e tra i migliori del teatro contemporaneo. E per questo si parla di f o r m a , d i p r o f e s s i o n e d ’ a r t i s t a , d e l v a l o r e d e l d e n a r o n e l l ’ a r t e . Pe r c h é p a r l a n d o d ’ a l t r o , l ’ a r t e , p a r l a d i s é . E n o n p o s s i a m o n o n a s c o l t a r e . Pe r c h é p a r l a n d o d ’ a l t r i , l ’ a r t e , p a r l a d i noi. v i s t o a l Te a t r o Va s c e l l o , Ro m a – N o v e m b r e 2 0 1 5 http://www.teatroecritica.net/2015/11/andrea-cosentino-e-roberto-castellolarteconomia NUCLEO art-zine ( 1 0 n o v e m b r e 2 0 1 5 ) Speciale Tdv 9 | Castello & Cosentino, Trattato d’economia di VALERIA LOPRIENO Sommiamo la prorompente ironia e sagacia di uno degli attori comici più influenti del panorama teatrale italiano e l’irriverenza e l’originalità di uno dei coreografi più apprezzati della danza contemporanea, il risultato non potrà che essere sorprendente. Se a questa già nutrita somma aggiungiamo un argomento che, nonostante sembri poco “ a r t i s t i c o ”, riesce a smascherare proprio le dinamiche più recondite dell’arte e si riferisce a chiunque senza possibilità di esclusione, allora si può senz’altro parlare di un piccolo capolavoro. I due istrioni, voci rec itanti e danzanti nonché ment i creatrici dello spettaco lo, sono Andrea Cosentino e Roberto Castello, la mater ia su cui la loro analisi si è soffermata è l ’ e c o n o m i a . I l l o r o i n c o n t r o , ra c c o n t a t o d a l l e p a r o l e n e l l ’ i n t e r v i s t a r i l a s c i a t a c i p r i m a d e l d e b u t t o a s s o l u t o s u l p a l c o d e l t e a t r o Va s c e l l o , è s t a t o d a s t i m o l o p e r i n d a g a r e o g n u n o i l campo dell’altro lungimiranza di e avviare Roberta un processo Nicolai creativo direttrice del originale Fest ival e Te a t r i peculiare. Grazie di si Ve t r o , è alla avuta l ’ o p p o r t u n i t à d i v e d e r l i i n p r i m a a s s o l u t a a Ro m a l o s c o r s o 7 N o v e m b r e . Lo spettacolo prende avvio dalla forma più classica della conferenza, dell’esegesi di una materia così studiata come quella dell’economia, dibattendo su ciò che rende divers i due a r t i c o l i i n g o m m a c h e r i s u l t a n o a l l ’ a n a l i s i t e c n i c a e s s e n z i a l m e n t e u g u a l i . Tu t t a q u e s t a prima parte introduce il concetto che ciò che cambia le scelte degli esseri umani in a m b i t o e c o n o m i c o e q u i n d i i l va l o r e d i q u a l c o s a , n o n s o n o t a n t o l e caratteristiche tecniche di un oggetto, quanto la collocazione sul mercato di questo medesimo rispetto ad un altro e cioè l’offerta. Questo concetto apparentemente borioso e inadatto ad un palcoscenico teatrale, in realtà viene, appunto, offerto e spiegato in modo tutt’altro che piatto e noioso. Le battute di comparazione tra una paperella e un fallo di gomma si susseguono con una forza disarmante, un fiume in piena di ironia e comicità condito da nozioni serissime, che a ripensarle all’uscita de l teatro sono le basi del nostro vivere quotidiano. La grandezza dello spettacolo risulterà poi essere l’accostamento di questo principio economico al mondo dell’arte, nello specifico proprio al campo del teatro, in un continuo gioco di scoperchiamento delle dinamiche teatrali, una presa in giro teatrale del teatro, un meta d e r i va n t e teatro dall’ironia sconforto d e va s t a n t e . possono a r r i va r e La dopo presa aver di coscienza smesso di dello ridere, spettatore dopo molte e il ore dall’uscita dal teatro, ma proprio per questo sono anche più profondi. Nel mentre si è a v v o l t i d a u n a m i r i a d e d i c i t a z i o n i c o l t e ( J a n Fa b r e , W i l l i a m F o r s y t h e e P i n a B a u s c h ) e meno colte (Antonella Clerici), balletti plastici e divertenti, spot pubblicitari, d i va g a z i o n i , o g g e t t i e a r t i f i c i s c e n i c i c h e c u l m i n a n o c o n u n ’ a l t r a t r o v a t a g e n i a l e : è proiettato sulla scr ivania che tronegg ia in mezzo a lla scena il video d i Attilio Scarpellin i, che ne l suo stile verboso e metaforico fa una critica articolata de llo spettacolo senza averlo, in realtà, mai visto. Un lavoro perfetto nelle tempistiche, nella sceneggiatura e nelle dinamiche spaziali e muscolari, assolutamente da vedere e rivedere. http://nucleoartzine.com/speciale-tdv-9-castello-cosentino-trattato-deconomia/ RECENSIONI ph ALDES ALFA appunti sulla questione maschile h t t p : / / w w w. a l d e s w e b . o r g / i t / a l f a d i ROBERTO CASTEL LO in collaborazione con A L E S S A N D R A M O R E TT I , M A R I A N O N I E D D U , I L E N I A R O M A N O e F R A N C E S C A Z A C C A R I A LO SGUARDO DI ARLECCHINO ( 2 0 d icem b r e 2 0 1 6 ) Roba da maschi (forse) di IGOR VAZZAZ Un panorama suburbano domina la scena: la sgrammaticatura graffittara macchia arredi in simil cemento disseminati qua e là. Un uomo-marionetta in giallo (Mariano Nieddu) d e c l a m a m e c c a n i c o l a p r e s e n t a z i o n e d i A L FA . A p p u n t i s u l l a q u e s t i o n e m a s c h i l e , t i t o l o t r a i più attesi della rassegna Assemblaggi Provvisori. Gesti aguzzi, mani a paletta, sguardo robotico. Scandisce, con fissità metronomica, riflessioni paradossali, condivisibili: "Guardandosi intorno viene spontaneo pensare che essere un ultra cinquantenne maschio eterosessuale bianco europeo, di re ligione cristiana, ragionevolmente sano, sportivo, istruito, con pro le sana e adulta, profess ionalmente piuttosto realizzato e s e n z a e c c e s s i v i p r o b l e m i e c o n o m i c i , n o n s i a e s a t t a m e n t e u n a c o n d i z i o n e s va n t a g g i a t a , soprattutto se si considera la quantità di rotture di coglioni, discriminazion i, vessazion i e violenze che rischiano, e spesso subiscono, ad opera della mia categoria sociale tutti quelli che non corrispondono anche solo ad uno dei requisiti di cui sopra". I gesti vengono doppiati da que lli d'una danzatrice (Alessandra Moretti), eco visuale per una p a r t i t u r a d i c o m i c o a u t o m a t i s m o , q u a s i r i m a n d o a l Pe t e r S e l l e r s s u l f i n a l e d i I l d o t t o r Stranamore. Risate. È solo il preludio per una serie di azioni tra il dissennato e l'improbabile: tre sensuali coriste (svetta, pure vocalmente, Ilenia Ro m a n o ) c i c a l e g g i a n o d i e t r o i m i c r o f o n i , a c c o m p a g n a n d o u n c o m p a s s a t i s s i m o Ro b e r t o C a s t e l l o v e r s i o n e r o c k s t a r, o c c h i a l i s c u r i e c o p r i c a p o va r i o p i n t o , c h e a r r i n g a l a f o l l a . S i s l i t t a sull'improvvisazione vocale, e un'estenuante sequenza di gestualità inconsulte strappando nuove risa al pubblico ormai complice del peculiare gioco performat ivo. Affiorano elementi consolidati del repertorio castelliano: l'inumanità forzata di In girum, l ' i r r e s i s t i b i l e c o r e o - c a b a r e t d e l Tr a t t a t o d i e c o n o m i a ( l e g g e t e q u a ) , p u r e s c a m p o l i d i titoli lontani (l'acuminatissimo Carne trita o l'apocalittico Nel disastro), parodie da action movie di arti marziali. Non sono autocitazioni, ma riutilizzo efficace di colori s p e r i m e n t a t i s u a l t r e t a v o l o z z e , t ra d u z i o n e c o n c r e t a d i q u a n t o p a r t o r i t o i n u n a m a i banale riflessione su uomo e società. Qui si misurano parimenti audacia e limiti delle o p e r e d i C a s t e l l o : l a c a p a r b i a u r g e n z a d i m i s u r a r s i c o l r e a l e s e n z a i n c a p p a r, c o l r i s c h i o anche qui in agguato, nella pastoia d'un messaggio palesato in eccesso. Che resta, per fortuna, legato al gioco delle forme, facendosi discorso scenico senza permanere quale dichiarazione d'intenti. Ne lla disinvoltura d'un linguaggio stratificato e opulento ai limiti d e l c a r n e va l e s c o , A L FA è u n d i s c o r s o , a t ra t t i p u r e s o v r a c c a r i c o , s u l d e s i d e r i o , l ' i d e n t i t à e il potere, più che sulla questione maschile in sé, ammessa e non concessa la stagna separazione di simili concett i. Così, Francesca Zaccaria assume toni e bionde fattezze da va m p p e r r i m a r c a r e , n o n c e l a n d o l a c e r t i d i n u d i t à , c o m e i l r e g i s t a l e a b b i a " i m p o s t o " u n ruolo sulla base d'una gerarchizzazione di genere: finzione e realtà si sovrappongono e mescolano al punto da elidersi/eludersi reciprocamente. Non sarà l'unico cortocircuito, s e s i c o n s i d e r a c o m e l e " c r e a t u r e " p r o d u t t i v e d i C a s t e l l o , S PA M ! e A L D E S , s i a n o d i f a t t i realtà ad altissima densità muliebre, pur con una carismatica leadership di genere opposto. Nel frattanto, uno spaesato, laterale Nieddu s'ostina nell'intermittente/interminabile elenco numerato delle qualità "richieste" a un uomo da parte d'una società che Castello sembra suggerire fotta i maschi non meno (semmai in altro modo) delle vessat iss ime femmine. Ed è, questa, una delle sequenze-refrain tra le meglio assestate, nell'insinuare quanto disagio possa addensarsi anche nella condizione virile, in quel dover essere, limacc ioso e sfibrante, che spinge, chi più chi meno, nei trist i e spesso involontariamente ridicolosi dintorni d'una forzata mascolin ità. Applausi convinti, anche da noi maschi omega. Alfa appunti sulla questione maschile, Castello (2016) http://www.losguardodiarlecchino.it/roba-da-maschi-forse/ KRAPP'S LAST POST (1 2 d icem br e 2 0 1 6 ) ALFA di ALDES: sul desiderio del potere (o sul potere del desiderio) di SIMONA CAPPELLINI L a c o m p a g n i a A l d e s , d i r e t t a d a Ro b e r t o C a s t e l l o , d e b u t t a a l l o E s p o s i t i v o d e l l o S c o m p i g l i o c o n u n n u o v o s p e t t a c o l o : “A l f a – m a s c h i l e ”. I l c o n t e s t o è l a ra s s e g n a s u l l ’ i d e n t i t à d i g e n e r e performer Cecilia Bertoni, nata in seguito al bando indetto dallo S p a z i o Pe r f o r m a t i v o e d Appunti sulla questione diretta dalla regista e Scompiglio nel 2015. Sempre sull’onda dello sperimenta lismo Roberto Caste llo approda – dopo la danza, il teatro, la video-arte, il cabaret e perfino la tv – alla live mus ic. A l l ’ e n t r a t a i n s a l a l o s p e t t a t o r e s i t r o va d i f r o n t e a d u n a s c e n o g r a f i a c h e g i à l a s c i a i n t u i r e l ’ a t m o s f e r a g r o t t e s c a c h e p r e va r r à d u r a n t e t u t t a l a p e r f o r m a n c e : p e z z i d i m u r i ricoperti di graffiti e scritte che, messe assieme, formano una carrellata dei cliché va n d a l i c i , f a n t a s i o s a m e n t e a r r i c c h i t i d a u n ’ i m p r o n t a u m o r i s t i c a . Già dalle prime battute di Mariano Nieddu, che recita il mono logo introduttivo con voce impostata e sopra le righe, intuiamo i tranelli che gravitano attorno al cosiddetto maschio Alfa, mentre una impeccabile Alessandra Moretti, nascosta dietro di lui, dà vita ad una mimica che in qualche modo fa da sottotitolo gestuale di stampo ironico, un po’ come un linguaggio dei segni di taglio sarcastico. I l l e s s i c o d a v e r b a l e d i v e n t a m u s i c a l e c o n l ’ e n t r a t a d i Ro b e r t o C a s t e l l o , u n a i m p r o b a b i l e pop star al tramonto che potrebbe essere uscito da un film di Jim Jarmush, impegnato in un live show con tre coriste (oltre alla Moretti, Francesca Zaccaria e Ilenia Romano) a cui si accoda Mariano Nieddu. Ne consegue una vera e propria partitura in cui cori polifonici fanno da sfondo al fraseggio di un assolo (quello di Castello) fatto di gorgheggi e vocalizzi che viaggiano da una tonalità all’altra, passando dal rhythm and blues alla liric a, con veri e propri solfeggi vocali dai ruoli ben cadenzati. Il tutto condito da una composizione di movimenti ed espressioni in disordine ed apparentemente casuali. Pa r o l a , d a n z a e m u s i c a l i v e va n n o q u i n d i a f o r m a r e u n a n u o va f o r m u l a d r a m m a t u r g i c a , ancora indefinibile, ma proprio per questo perfettamente teatrale. Appena accennato è qu i il fermo immagine, caposaldo di molt i lavori di Caste llo, mentre acqu ista ancora più forza il ritmo, già elemento portante della performance precedente “In girum imus nocte ( e t c o n s u m i m u r i g n i ) ”. “A l f a ” s i s n o d a d a u n a s c e n a a l l ’ a l t r a i n u n c o n t i n u o c r e s c e n d o e d i m i n u e n d o , i n c u i l ’ u n i c o s o n o r o è e s e g u i t o l i v e d a i p e r f o r m e r, f a t t a e c c e z i o n e p e r l ’ u s o d i u n t a m b u r o (per mano dello stesso Castello) che a seconda della scena incalzerà il ritmo o renderà l’atmosfera quasi sciamanica. Ma chi è Alfa? Come anticipato dal programma di sala, Alfa è una specie di saggio in forma di spettacolo in cui si esamina l’evo luzione dell’ident ità maschile e il suo ruo lo di p o t e r e , c h e l o h a t ra s f o r m a t o i n g e n e r e d o m i n a n t e . I l m a s c h i o a l f a è i l s e d u t t o r e d i successo, colui che detiene il potere sulla donna, anche a costo di usare la forza. Ma è proprio così, oppure è solo il riflesso di ciò che si è costruito nel tempo, un’altra delle tante etichette sociali in cui riconoscersi? Di contraccolpo si mette dunque in evidenza il ruolo femminile, fondamentale in questo processo, quale oggetto del desiderio e, proprio per questo, detentore di un potere. “Che cos’è in fondo Alfa se non l ’ i s t i n t o a c o m p e t e r e p e r i l p o t e r e ? ”. Come una enc iclopedia che raccoglie gli innumerevoli stereotipi che definiscono il g e n e r e m a s c h i l e , i n “A l f a ” s i m i m a n o i t e r m i n i a c u i s i a s s o c i a i l m a s c h i o d i s u c c e s s o , mostrandone il potere sulla donna (incluso quello del regista sulla danzatrice), parodiando il superuomo di Mussolini o deridendo frasi di ammirazione di una donna nei riguardi del proprio uomo. Come sempre, il punto di forza degli spettacoli di Castello è l’unicità della loro estetica. Ognuno con una propria personalità, una propria poetica, e sempre secondo un paradosso che mostra il passo successivo per farci vedere l’andamento de l momento attuale. Stilisticamente, più che per contenuti, le performance di Castello trasudano un disfacimento intrinseco alla natura umana, quasi ancestrale, ma che allo stesso tempo ne rappresentano anche il lato carismatico. Non hanno speranza, né possibilità di riscatto, e tuttavia – sicuramente grazie anche a una buona dose di ironia e ad una eccellente interpretazione – i personaggi hanno un loro fascino che fa sì che lo spettatore entri in empatia con loro, anziché respingerli. Nonostante l’eterogene ità dei lavori, si evidenziano comunque un’ident ità e una c o n t i n u i t à s e m p r e r i c o n o s c i b i l i , c h e t r o va n o i l l o r o s e n s o n e l c o n t i n u o i n t e r r o g a r s i s u l l a forma di linguaggio teatrale, fino a diven ire il nodo centrale di ogn i performance, al punto da risultare scomodi o lasciare lo spettatore perplesso, come sotto l’effetto di un qualche sovraddosaggio stordente, da metabolizzare in qualche lasso indefinito di tempo. “A l f a ” è p r o b a b i l m e n t e u n o d i q u e s t i , e a n c o r a u n a v o l t a è s i c u r a m e n t e l ’ e s t e t i c a l ’ a s s e c e n t r a l e s u c u i v e r t e l ’ i n t e r a p e r f o r m a n c e . Fa r c i t a d i t r o va t e p a r a d o s s a l i e r i f e r i m e n t i surreali quali “Simon del deserto” di Buñuel, conduce il pubblico in altri mondi, che da un lato ci scompigliano, mentre dall’altro ci fanno sorridere perché perfettamente riconoscibili. Ancora una volta Roberto Castello rad iografa una soc ietà che sembra procedere in caduta libera e senza rete di sicurezza verso il proprio auto-disfac imento, dando rilie vo al senso del ridico lo che irrompe nelle nostre vite in modo cruento, al grottesco privato e pubblico, al risibile e al tragicomico con cui conviviamo pacificamente, lasciandoci s e m p r e i n a t t e s a d i u n a s vo l t a r e p e n t i n a p e r l a s c e n a s u c c e s s i va , c h e m a i s i p r o s p e t t a come quella finale. D e l r e s t o , c o m e s o s t e n e va J o h n C a g e , “ u n ’ a z i o n e è s p e r i m e n t a l e q u a n d o i l r i s u l t a t o n o n è p r e v e d i b i l e ”, e i n q u e s t o s i c u r a m e n t e R o b e r t o C a s t e l l o s i è s e m p r e d i s t i n t o . http://www.klpteatro.it/alfa-roberto-castello-aldes-recensione RUMOR(S)CENA (9 d icem br e 2 0 1 6 ) ALFA: quando il maschio non ritrova più la sua identità di RENZIA D'INCA' VORNO (Lucca) – Uno spettacolo spiazzante dentro una cornice tradizionale affidata a parola musica canto e danza, una performance complessa che affronta e si interroga su u n t e m a s p i n o s o e q u a n t o m a i a t t u a l e : i l G e n d e r. E l o f a d a u n p u n t o d i v i s t a m a s c h i l e , quello del cosiddetto maschio Alfa, il dominante, il capobranco secondo la definizione dei primatologi riferito alle scimmie ma che per traslazione è usato anche per nominare u n a c a t e g o r i a d e l m a s c h i o d e l g e n e r e u m a n o . A L FA è u n a p r o d u z i o n e d i A l d e s , l a C o m p a g n i a d i r e t t a d a Ro b e r t o C a s t e l l o c h e h a s e d e p r e s s o l o s p a z i o S PA M , v i c i n o a L u c c a c o n i l s o s t e g n o d e l l ’A s s o c i a z i o n e d e l l o S c o m p i g l i o , d i r e t t a d a l l a p e r f o r m e r C e c i l i a Bertoni che sempre nel Comune di Capannori, dispone di uno straordinario complesso sede di installazioni concerti laboratori mostre e residenze. In questi mesi ospita Assemblaggi provvisori, una programmazione tutta dedicata appunto alla questione di genere. Districars i in una materia densa, doverla trasformare in forme riconoscibili e compiute in una forma artistica, richiede un bilancino di precisione. La questione del G e n d e r a p p a s s i o n a e d i v i d e f i n d a g l i a n n i N o va n t a s u l p i a n o d i s t u d i s o c i o l o g i c i , m a tuttora infiamma i sostenitori dell’una e dell’altra fazione: da un lato coloro che sostengono essere l’identità femminile e quella maschile prodotto della Natura, con tutte le implicazion i soc iali e cu lturali che ne conseguono e la Chiesa che vede nella Te o r i a i l d e m o n i o c h e d i s t r u g g e l e b a s i d e l l a S a c r a Fa m i g l i a ; d a l l ’ a l t r a i s o s t e n i t o r i d e l l a differenza di genere che nasce sul terreno della Cultura e dei condizionamenti sociali, e n t r o i q u a l i c r e s c i a m o e c i f o r m i a m o p e r e n t r a r e n e l m o n d o a d u l t o . Ro b e r t o C a s t e l l o non prende posizione, si defila anche dalle diatribe attualissime sul tema legate al mondo gay e lgtb: pensiamo al fenomeno delle Sentinelle in piedi, mentre si ritaglia un f o c u s a l t r e t t a n t o i n c a n d e s c e n t e , q u e l l o d e l m a s c h i o A L FA a p p u n t o , e l o f a i n s i e m e a l s u o alter ego in scena Mariano Nieddu e alle coriste attrici performer rumoriste Alessandra M o r e t t i , I l e n i a Ro m a n o e F r a n c e s c a Z a c c a r i a . La scena è costellata da monoliti su cui sono tracciati graffiti da periferie urbane o porte interne di toilette di terz’ordine con riferimenti sessuali espliciti, un demi monde che in parte contestualizza e contiene ciò che andremo a vedere. Le azion i scen iche si susseguono a mosaico come siparietti: nello spazio in contemporanea i cinque performer si avvalgono di microfoni e fanno ampio uso di oggett i sonori che accompagnano i monologhi e i gramelot affidati a Castello, al suo alter ego maschio Alfa che di sé fa narrazione, e alle tre ragazze che in vest i di groupier attric i amanti mogli vestali, fanno da controcanto alla affabulazione del capobranco. Ma non c’è solo parola o suono in questa intricata elaborazione performativa: ci sono i corpi e le voci de lle donne e del doppio-Alfa che scandiscono con danze tribali e suoni gutturali, privi di contenuti ma ricchi di vibrazioni semant iche che giocano su molteplici piani lingu ist ici. Fra verbale e n o n v e r b a l e i n A L FA a s s i s t i a m o a u n b u o n c o n t e m p e r a m e n t o d e i c o d i c i , o p e r a z i o n e m o l t o ardimentosa ancora suscettibile di lima. La parte più propriamente verbale è affidata a considerazion i fra il biografismo del m a s c h i o A L FA - l ’ e d u c a z i o n e r i c e v u t a d a l l e m a d r i z i e s o r e l l e e i l s u o p s e u d o d e l i r i o d i Po t e r e s u l l e f e m m i n e . I n q u a n t o a l l e f e m m i n e a n c h ’ e s s e r i p r o d u c o n o i c l i c h è d e l femminile più trito: oggetto sessuale in funzione testosteronica del desiderio che si a u t o a l i m e n t a n e g l i o c c h i d e l l ’A l t r o , i l t u t t o a s u a v o l t a i n f u n z i o n e d i r i p r o d u z i o n e e t r a s m i s s i o n e d e i g e n i ( N a t u r a ) . Tu t t a v i a q u e s t o m a s c h i o A L FA i n v e r s i o n e Ro b e r t o Castello trasmette anche un forte segnale di smarrimento e frustrazione come se indossasse la maschera del falso sé, insomma è un maschio in crisi di identità, che simula, che veste i panni di una identità fitt izia costruita su paradigmi imposti che non risuonano, maschio vincente sì ma sofferente, imprigionato dai dettami socio culturali de lla società occ identale che lo vogliono produttivo e riprodutt ivo (Cu ltura?). La corda della maschera del personaggio viene tirata fino a trasformarlo in figura grottesca, caricaturale tanto che Castello resta in bilico come sospeso sul filo di lana di questo doppio messaggio: ci faccio o ci sono? non dando risposte, sospendendo il giudizio tuttavia lasciando la netta sensazione che a questo scimmione antropizzato Dominus gli sia un po’ scappata di mano il contro llo della situazione scivolando nel paradosso, nella parodia di se stesso e nel ridicolo. E’ questa l’autoironia sottile spiazzante a segnare la cifra stilistica che percorre l’apparente rapsodica non linearietà d i A L FA . http://www.losguardodiarlecchino.it/roba-da-maschi-forse/ PERSINSALA (6 d icem br e 2 0 1 6 ) ALFA. Solo singolare maschile? di LUCIANO UGGE' A l l a Te n u t a d e l l o S c o m p i g l i o s o l d o u t p e r i l d e b u t t o n a z i o n a l e d i A l f a a p p u n t i s u l l a questione maschile, di e con Roberto Caste llo. In un paesaggio suburbano degno dei peggiori sottopassi ferroviari o dei piloni delle s o p r a e l e va t e d i p e r i f e r i a , o v e c a m p e g g i a n o s c r i t t e c h e v a n n o d a d i o c ’ è a s l o g a n s u l l a supremazia razziale o proposte d’incontri erotici, irrompono i due performer che enunciano il manifesto diktat di un’esistenza di sopraffazione secondo le regole del maschio bianco, benestante, eterosessuale e di religione cattolica. L’ i n s o f f e r e n z a l a t e n t e , p e r ò , p i a n o p i a n o r i e m e r g e i n q u a n t o l a s e t e d i p o t e r e n o n s i p l a c a m a i o , c o m u n q u e , n o n è m a i a b b a s t a n z a s o d d i s f a t t a ( c o m e c a n t a E d d i e Ve d d e r : “ I t ’s a m y s t e r y t o m e / We h a v e a g r e e d w i t h w h i c h w e h a v e a g r e e d / A n d y o u t h i n k y o u have to want more than you need / Until you have it all, you won’ t be free”) e, sotto sotto, il rischio di non essere una sce lta personale e vo luta, ma l’es ito di un comportamento indotto, continua a tormentare. In un mondo maschile dove contano di più le donne che si riescono ad avere rispetto a l l e i d e e , A L FA a p p u n t i s u l l a q u e s t i o n e m a s c h i l e m e t t e – p u r t r o p p o s o l o a t e a t r o – a l l a berlina una serie di luogh i comuni, riappac ificandoci con quei sentiment i che vorremmo alla base di un’es istenza ricca di valori condivisi e di crescita anche interiore. La serie di quadri parte dalla pantomima di una figura femminile, in secondo piano ( c o m e d e v e s t a r e u n a b r a va m o g l i e ) , c h e a c c o m p a g n a l ’ e s p o s i z i o n e / m o n o l o g o d e l maschio, sottolineandone con sincronicità perfetta l’assurdità e condendo con sberleffi i r r i v e r e n t i l ’ i m p e g n a t i v o a u t o e l o g i o . L’ i r r o m p e r e s u l p a l c o d i u n g r u p p o v o c a l e , a c a va l l o t r a i Pe r s u a s i o n s e i g o s p e l p i ù r a f f i n a t i , c o n u n r a p p e r s c a t e n a t o , s c o n v o l g e l a s c e n a e la linearità drammatica che lo spettacolo sembrava perseguire. Ne l frattempo, il decalogo di aggett ivi per descrivere il succitato maschio si allunga in una selva sconfinata di comportamenti codificati, richiesti, imposti dalla posizione sociale conquistata, ma che non lascia scampo all’immaginazione. Canoni violentemente suggeriti, per ossimoro, che coinvo lgono comportament i, modi di presentarsi, vest iario e q u a n t ’ a l t r o s e r va a f a r p a r t e d i u n m o n d o d i v i n c e n t i o m o l o g a t i e o m o l o g a n t i . Non manca neppure la rubrica sui generis dedicata ai suggerimenti femminili, utili per essere desiderate, in quanto la parte “debole” può essere solo scelta e mai scegliere, ricoprendo il ruolo di compagna del – e mai del protagonista. E per essere desiderate ed esercitare così una parvenza di potere, si finisce per diventare macchiette ins ignificant i – sempre sull’orlo di una crisi di nervi. Figure televis ive o da rotocalchi, maschi Alfa di gruppi rock o di pubblic ità del dopobarba si materializzano sul palco in un intrigo di stereotipi, suggestioni, danze i p n o t i c h e d i g r o u p i e , i l t u t t o a c c o m p a g n a t o d a l l a v o c e d e l l e p e r f o r m e r e d i Ro b e r t o Castello con mus iche esegu ite dal vivo e create con poch i mezzi ma molto efficaci, o col semplice canto a cappella. Uno spettacolo che corre, si distende, si concede de lle pause, evolve in forme e modi divers i per indagare un comportamento co llettivo che, sempre più spesso, mostra le c o r d e e l a p r o p r i a d e m e n z i a l e va c u i t à . Musica, danza e recitazione si alternano efficacemente creando momenti di pathos ma suscitando anche un moto di rifiuto rispetto a ciò che ci viene buttato in faccia, in uno scenario tanto trash quanto ironicamente realistico. Alla fine dello spettacolo, di corsa a casa per sapere se avremo ancora una Costituzione. http://teatro.persinsala.it/alfa-appunti-sulla-questione-maschile/34689 RECENSITO ( 6 d i c e m b r e 2 0 1 6 ) Castello indaga su chi ha paura del maschio alfa? d i TO M M A S O C H I M E N T I LUCCA – “Sei solo nato nel momento storico peggiore per essere un maschio bianco, eterosessuale e cr ist ia no” ( C hu ck Pala hniu k, “Re d S ult an' s Big Boy” in “Roma nce ”) In bilico tra l'inno e la ridicolizzazione, come è nelle corde sarcastiche e pungenti di Roberto C a s t e l l o , v e l e g g i a q u e s t o m a s c h i o “A l f a ” d a p i ù p a r t i , n e g l i u l t i m i d e c e n n i , d e m o n i z z a t o , i r r i s o , vilipeso come uno straccio ve cchio, come un corpo appartenente a una antica mentalità, a una condizione e concezione vintage dell'evoluzione. Eppure il maschio alfa è la prosecuzione della specie, è il dominante capobranco testosteronico che regge il peso di una comunità. E, sia in natura che nella società civile, è un efficace ed essenziale momento di consolidamento e raccordo di speranze e intuiti, di sintesi di un pensiero, di una semplice linearità salvifica. Un'altalena di aspettative e ricor si, un'oscillazione tra la protezione , ver so l'esterno, e la pericolosità, interna tra le quattro mura, rendono il maschio alfa potenziale danno e presenza energetica e salda in una elettricità, in un elastico a doppio filo che eccita e impaurisce, che esalta e incute rispetto, che attrae e allontana, che difende, preserva e ripara ma che non è addomesticabile. “Superuomini si na sce, grandi uomini si di venta” (Roberto Gervaso).alfa1 “A l f a ” s i i n s e r i s c e p e r f e t t a m e n t e , e a p i e n o t i t o l o , a l l ' i n t e r n o d e l l a s t a g i o n e d e d i c a t a a l “ G e n e r e ” d e l l a Te n u t a D e l l o S c o m p i g l i o , a p o c h i p a s s i d a L u c c a ( u n a r i f l e s s i o n e s u l l ' a r e a t e a t r a l e t i r r e n i c a s u l v e r s a n t e c o n t e m p o r a n e o a n d r e b b e f a t t a : o l t r e a S p a m a P o r c a r i , i l G r a t t a c i e l o e i l Te a t r o d e l l e C o m m e d ie a L i v o r n o , i l Sa n t 'A n d r e a e i S a c c h i d i S ab b i a a P i s a p o c o a l t r o s i m u o ve s u l l i t o ra l e ) , i n un contesto bucolico di vigne e fienili ma allo stesso tempo funzionale, attento ai passaggi, ai cambiamenti, che annusa l'aria di quel che sarà. Castello, qui regista e non coreografo, crea un ensemble di momenti, un mosaico di scatti nei quali emergono ad intermittenze luminose, quasi flash back nella memoria ancestrale, impressi nella nostra corteccia cerebrale, lampanti visioni su questo uomo chiamato ad assumersi responsabilità e a caricarsi sulle spalle il futuro e il domani del suo clan e della sua specie, in conflitto con un mondo circostante che lo vuole b(l)andire, boldrinianamente, dal ventaglio delle possibilità, eliminare dall'album di famiglia, estromettere perché ritenuto portatore di valori negativi, bollato come primordiale, non evoluto, pericoloso. “Il superuomo è il senso della terra” (Friedrich Nietsche). Come ogni uomo alfa che si rispetti, questo nostro (Mariano Nieddu ha forza interpretativa impattante e quella catarsi che gli permette di calarsi totalmente, sempre convincente senza strafare mai: sicurezza e certezza), immerso in quest'aia colorata e solida di blocchi di cemento da periferia urbana, è attorniato dal suo harem, dalle sue groupie (Alessandra Moretti, Ilenia Roman o, Fran cesca Za ccaria ai micr ofoni c ome c oro da con certo) di compagne e amanti o dal ginece o familiare che vede in lui un punto di riferimento. Scudi di asfalto verticale, come posati a barriera, a difendere privilegi acquisiti ma anche argini valoriali dietro i quali nascondersi e ripararsi di fronte all'ondata di perbenismo manicheo che avanza, quasi una Stonehenge moderna, un ab it ac ol o- r icet t ac olo d e lle pe gg ior i an sie de lla pan cia d el Pae se , a cce r chi at i d a le tt e r e grondanti odio e razzismo, sesso e fascismo. In questo brodo primordiale, fatto anche di distruzione e prevaricazione, l'uomo alfa sperimenta e assorbe grazie alfa2anche al maschilismo delle donne che gli gravitano attorno e addosso che lo spingono a indossare i panni, a tratti consunti e già ampiamente sfruttati, dell'uomo forte, dell'uomo solo al comando, della punta dell'iceberg, del cavaliere senza macchia, del capitano coraggioso e temerario. Il maschio alfa diviene quindi anche condizione non scelta ma assegnata, non volontà ma c o s t r i z i o n e p e r “ s o p r a v v i v e r e e m o l t i p l i c a r s i ”, “ i n c o m p e t i z i o n e p e r l ' i m m o r t a l i t à ”, “ f r e c c i a c h e p u n t a a l l ' i n f i n i t o ”, “ m e m o r i a i m p e r i t u r a ”. È l a N a t u r a n o n l a s o c i e t à p u l i t a e a s e t t i c a c h e v o g l i o n o costruire azzerando le differenze, appiattendo, a colpi di leggi ed emendamenti, milioni di anni di trasformazione, crescita, progresso, sviluppo, perfezionament o. In fondo siamo, anche, animali. Lo vogliono silenziare, mettere in un angolo, non dargli più voce in capitolo, mettere a tacere, alla porta, emarginarlo, metterlo alla catena come Melamp o. Si stanno impegnando per mettere al bando e alla berlina peli e muscoli, per costruire, a tavolino, come in un laboratorio, un mondo senza linfa, senza nerbo, senza spina dorsale, senza ossatura né colonna vertebrale, impaurito e molle che frana al primo colpo di vento, che cede al primo colpo di Stato, acconsentendo passivo e p r o n o . “ L' u o m o è u n c a v o t e s o t r a l a b e s t i a e i l s u p e r u o m o , u n c a v o a l d i s o p r a d i u n a b i s s o ” (Friedrich Nietsche). Se da una parte viene anche esaltata la sfera decisionale, dall'altra, come contraltare, l'alfa è tratteggiato e disegnato, meglio fotografato (come nella locandina della piece) e raffigurato come Ke n, l' et e r no rag a z z o imp o st a t o di B a rb ie , b e lloc cio m a f int o, d i p la st ica . D op o t a nt o te a t r o omosessuale, con istanze (anche giuste) omosessuali e questioni omosessuali, problemi della comunità omosessuale e nudi e strusciamenti e ammiccamenti omosessuali, gay e lgbt (e qui potremmo fare un cospicuo e corposo elenco di esempi che dal palcoscenico scivolano spesso nel comizio), ecco un teatro eterosessuale. Che piaccia o meno il maschio alfa è necessario, imprescindibile. Chi ha paura del maschio alfa? http://www.recensito.net/teatro/castello-indaga-su-chi-ha-paura-del-maschio%E2%80%9Calfa%E2%80%9D.html ARTALKS (5 dicembre 2016) ALFA. Quello che non ho di SIMONA FRIGERIO A l l a Te n u t a d e l l o S c o m p i g l i o p r o s e g u e A s s e m b l a g g i P r o v v i s o r i . U n ’ a v v e n t u r a n e i g e n e r i , non solamente a livello ideologico e filosofico, ma anche artistico. E, questa vo lta, è Ro b e r t o C a s t e l l o a d a c c e n d e r e i r i f l e t t o r i s u l l a q u e s t i o n e d e l m a s c h i l e . “Quello che non ho una camicia bianca / quello che non ho un segreto in banca / quello c h e n o n h o s o n o l e t u e p i s t o l e / p e r c o n q u i s t a r m i i l c i e l o p e r g u a d a g n a r m i i l s o l e ”. C o s ì c a n t a va Fa b r i z i o D e A n d r é . U n t e s t o c h e c o n t e s t a va l ’ i d e a d e l m a s c h i l e s i n g o l a r e , b i a n c o (di etnia e di colletto), occidentale, liberista, capitalista, guerrafondaio, avido e v i n c e n t e . U n m o d o d i e s s e r e c h e h a t r o va t o i n f i n i t e d e c l i n a z i o n i , d a l WA S P a s t e l l e e strisce (Wh ite Anglo-Saxon Protestant, bianco di origine anglosassone e di religione protestante) al buon padre di famiglia all’italiana, che proteggendo soffoca e opprimendo guida. Uno standard, come indica Castello, un modello al quale conformarsi o dal quale rifuggire; nel primo caso, annientando una personalità e ambizioni forse diverse; nel secondo, pagando con l’emarginazione il proprio bisogno di alterità. E le donne? In questo mondo di maschi Alfa, cosa resta alle donne? Il ruolo subalterno di angelo del focolare; quello di “dietro ogni grande uomo c’è una grande donna” (ben esemplificato nella godibilissima pantomima iniziale con arguto monologo interpretato da Mariano Nieddu); di femmina perfetta nel reggiseno a balconcino (o a veranda?) che si sente sempre sicura perché usa l’assorbente giusto, desiderabile non perché desiderante ma in quanto oggetto di desider io (una Francesca Zaccaria dec isamente in parte); o di maschio mancato che, quando arriva al potere, non solo lo eserc ita con la stessa veemenza di un maschio arrogante (dalla Thatcher alla Merke l) ma pers ino con un pizzico di odio verso no i donne che cont inuiamo a batterci per la differenza di genere, perché un altro mondo sia ancora possibile. Pe r r a c c o n t a r e q u e s t o u n i v e r s o , C a s t e l l o e i l s u o g r u p p o d i a t t o r i , d a n z a t o r i , r u m o r i s t i , c a n t a n t i e m i m i , t r a va l i c a n o o g n i g e n e r e i n s e r e n d o u n a s c e l t a s t i l i s t i c a f o r t e e , a v o l t e , spiazzante per lo stesso spettatore, all’interno di un discorso poetico sui labili confini di genere, in senso di appartenen za e dist an za. Fo rma e sost an za si spo sano perfettamente, giustificandosi persino nelle dissonanze. Cast eccellente, nel quale Alessandra Moretti, nel ruolo della compagna che avrebbe qualcosa da dire ma, ovviamente, alle spalle del demiurgo può solo ribollire fra sé, offre un’immagine cult di tutto quello che le donne non dicono: “e non andiamo via / ma nascondiamo del do lore / che scivola, lo sentiremo poi, / abbiamo troppa fantasia, e se diciamo una bugia / è una mancata verità che prima o poi succederà” (Enrico Ruggeri e Luigi Schiavone – cantata da Fiorella Mannoia). http://www.artalks.net/alfa-quello-che-non-ho/ MEGLIO MENO (4 dicembre 2016) Lo strapotere maschile di LUIGI SCARDIGLI VORNO (LU). Il prodotto, se cambiassimo l’ordine dei fattori, probabilmente cambierebbe. Il paradosso ha ragion d’essere a teatro, non certo con i numeri, ma anche nel mondo dell’arte, il condizionale, è d’obbligo, perché certezze, ahinoi, non ne abbiamo, nemmeno scambiando i genitali, nemmeno poggiando la donna sul piedistallo e l ’ u o m o , p i ù i n b a s s o , a r i v e r i r l a . A L FA – a p p u n t i s u l l a q u e s t i o n e m a s c h i l e - i n s c e n a , i n p r i m a , i e r i s e r a a l l a Te n u t a d e l l o S c o m p i g l i o ( s i r e p l i c a s t a s e r a , d o m e n i c a 4 d i c e m b r e , alle 19,30) - questa condizione, al momento solo virtuale, ha deciso di non c o n t e m p l a r l a , s e n o n va g a m e n t e , e s e n o n n e l l ’ u n i c o m o m e n t o , a p i c a l e , n e l q u a l e l a d o n n a è s ì , e l e va t a , m a p e r e s s e r e c o m p r a t a , u s a t a , u t i l e s o l o p e r l a c i r c o s c r i t t a s o d d i s f a z i o n e , p r i m a r i a e a n i m a l e , d e g l i i s t a n t i m a s c h i l i , c h e va n n o a p p a g a t i , a qualunque costo. L’ i d e a è d i Ro b e r t o C a s t e l l o , i n f a t i c a b i l e c r e a t o r e d i e l e m e n t i p o l i t i c o - s c e n i c i , s o s t e n u t o , in questa ricerca equidistante dal classico e dal trash, in un limbo difficilmente catalogab ile, rivendicabile, dunque commerciab ile, da Alessandra Moretti, Ilenia Romano e Francesca Zaccar ia e coadiuvato, nella semp lificaz ione e incarnazione maschile , da Mariano Nieddu, un cinquantenne eterosessuale, bianco, europeo, sano, di religione c a t t o l i c a , c o n c o n t r a t t o a t e m p o i n d e t e r m i n a t o , va g a m e n t e b e n e s t a n t e , p a d r e d i d u e figli sani, belli e che giocano discretamente a calcio. Il palco è una zona limitrofa di un giardinetto pubblico de lla periferia romana dove sui murett i nati per esigenze di falsa a r c h i t e t t u r a , h a n n o i n v e c e t r o va t o s p a z i o e a c c o g l i e n z a s o l o s c r i t t e va n d a l i c h e , v u o t e , senza destinatari e con mittent i anon imi e fra i quali trova spazio un fouton, dove non si eseguono massaggi tantrici, ma esercizi di arti marziali. I piani di lettura sono molteplici, isolabili, circoscrivibili e ognuno carico di una propria storia, autonoma, individuale, art ist ica: c’è una vis ione sarcast ica e parossistica, divertente; ne segue e la precede una violenta, estrema, a volte un po’ troppo spinta, ma senza essere cruenta, dunque poco credibile; lungo l’intera rappresentazione lo sforzo ginnico, fisico ed e r o t i c o p r e n d e s i s t e m a t i c a m e n t e i l s o p r a v v e n t o , m a n e s s u n o , t ra i l p u b b l i c o , r i e s c e a e c c i t a r s i : s u c c e d e s e m p r e c o s ì , q u a n d o s i è o s s e r va t i , v i s t i , s c o p e r t i , d e n u n c i a b i l i , nemmeno se una delle protagon iste si sveste completamente e si trucca il viso vestita solo da una sottile vestaglia dalla quale trape lano turgidi capezzoli poggiati su seni appena disegnat i e una fica curata nei dettagli pelvici. Anche la componente vocale, a cappella, stratosiana, ha la sua fortissima percentuale d’impatto scenico, come quella petroliniana delle confessioni pasoliniane, con un tributo ai Pink Floyd e a una miriade di altri elementi che sfuggono, probabilmente, allo stesso autore, figuriamoci allo spettatore, attento a coordinare lo sguardo e l’attenzione su entrambi i lati del palcoscen ico, dove l’uomo snocc iola progress ivamente e numericamente le virtù maschili, prodigandos i in un goffo e commovente linguaggio corporeo e le donne, va l l e t t e , c o r i s t e , s p o g l i a r e l l i s t e , g a l l i n e l l e , o c h e t t e , c o r p i s e m o v e n t i e s e d u c e n t i n e va n i f i c a n o l a s u c c e s s i o n e a r i t m e t i c a . I l m a s c h i o - A L FA è l a v o c e n a r r a n t e , i l c r e a t o r e , i l bandleader di questo gruppo rock, con affinità punk, che sussurra in russo e in v o c a l e s e , c h e c e l e n t a n e g g i a i n d i s p a r t e e c h e g o d e o s s e r va n d o i l p r o p r i o c i r c o d a n n a r s i l ’ a n i m a p e r a r r i va r e f i n o a l l a f i n e . Re g g e r e b b e i n u n t e a t r o c l a s s i c o ? R i u s c i r e b b e a giungere fino alla fine, in una casa de l popolo, senza ven ir subissato da spernacchi o senza dover ricorrere alle dissolvenze delle forze de ll’ordine ch iamate per placare le i r r u e n z e d i s p e t t a t o r i i n f o i a t i ? N e l l a Te n u t a d e l l o S c o m p i g l i o s ì e n o n s o l o p e r c h é e r a va m o p r e s e n t i a n c h e n o i : i n q u e l l ’ a n g o l o ( i n ) n a t u r a l e , d i s t a n t e d i e c i m i n u t i d a l casello autostradale Lucca est, ma anni/luce dal traffico che lo percorre quotidianamente, Cecilia Bertoni, la direttrice artistica, ha creato un cosmo equidistante, ma abbastanza per non essere identificabile, dalla terra e dal cielo, dove si possono ideare progetti e realizzarli senza pagare lo scotto, né i diritti d’autore, di alcuna rivendicazione. http://megliomeno.com/index.php/item/343-lo-strapotere-maschile