- SinistraXMilano

Transcript

- SinistraXMilano
RIGENERAZIONE URBANA, RIGENERAZIONE UMANA:
COME FARE SVILUPPO NELLE PERIFERIE DELLA NOSTRA CITTÁ




Partiamo da esempi concreti, da progetti realizzati e non, da pezzi di storia fatti.
Parliamo di contenitori e di contenuti.
Identifichiamo gli ostacoli, i benefici, le ricadute sociali.
Verifichiamo gli strumenti esistenti e le metodologie presenti e future.
Partecipano:
 Thomas Emmenegger - presidente Olinda e psichiatra
 Mirko Mazzali - delegato del Comune alle periferie
 Gabriele Rabaiotti - assessore ai lavori pubblici e alla casa del Comune di Milano
Il titolo (e lo spunto) di questo momento di approfondimento è nato da un racconto di Thomas
Emmenegger, Presidente di Olinda e psichiatra, su un progetto teatrale (e di vita) fatto con
adolescenti che provengono da diversi quartieri (periferici e centrali) della nostra città e non solo,
ragazzi italiani, stranieri, italiani con famiglie straniere, che parlano linguaggi differenti in base alle
loro origini differenti, che immaginano il proprio futuro lontano e grandioso oppure che non lo
immaginano per nulla. Il progetto ha dato poi vita ad un spettacolo documentato in “Eresia della
felicità - Le cinque giornate di Milano” - regia di A.Penta (https://youtu.be/nUzTJSJVyBE).
Thomas Emmenegger ha introdotto i lavori raccontando di questa esperienza, quale punto di
partenza concreto e tangibile che ci ha permesso via via di toccare i vari argomenti della nostra
ideale mappa mentale su rigenerazione urbana/umana. Ci ha raccontato dei differenti approcci di
vita tra i giovani del ‘centro’ e quelli della ‘periferia. I primi sono già orientati a progetti futuri,
hanno la capacità di aspirare a qualcosa. I secondi hanno invece una totale mancanza di visione e di
futuro, non hanno nessuno che li stimoli, non hanno la capacità di sognare. In questo senso le
periferie possono definirsi non solo luoghi di povertà materiali ma anche luoghi di povertà culturale
e di mancanza di prospettive. Qui diventa quindi difficile istillare la voglia di riscatto sociale e di
ricerca personale.
“Abbiamo praticato il riuso di spazi abbandonati combinando la loro dimensione fisica e la loro
dimensione sociale a cui corrisponde un approccio fertile per l’interdisciplinarietà”.
Anche per questo è importante guardare con occhio attento a quello che un luogo come l’ex Paolo
Pini rappresenta. Per anni ospedale psichiatrico (fino al 1999), relegato ai limiti della città, tra
Affori e Comasina, oggi importante risorsa territoriale, ambientale e progettuale che si estende su
una superficie di quasi 300.000 mq.
Il carattere multisettoriale che i progetti di riconversione del Paolo Pini hanno maturato in questi
anni ha portato a risultati tangibili di inclusione sociale e di sviluppo locale. In particolare la
combinazione di progetti culturali, partecipativi, riabilitativi e aggregativi (libero orto, atelier di
pittura, laboratori di teatro, attività sportive, spettacoli per bambini) con progetti di impresa sociale
orientati all’implementazione di esercizi pubblici (bar, ristorante, catering, ostello, teatro, festival)
ha creato interessanti elementi di rigenerazione urbana.
Un coordinamento progettuale forte, l’articolazione di competenze, il raccordo tra dimensione
locale e dimensione centrale (quindi tra quartiere e città) una volontà politica e amministrativa
importanti, politiche di rigenerazione urbana e di trasformazione dell’area territoriale (hardware)
unite a politiche di comunità (software) hanno permesso che tutto questo si realizzasse.
Questo hanno osservato nei loro interventi, ricollegandosi al racconto di Thomas E., Gabriele
Rabaiotti, assessore ai lavori pubblici e alla casa del Comune di Milano e Mirko Mazzali, delegato
del Comune alle periferie; e hanno aggiunto che ci sono aree urbane - non necessariamente sempre
collocate ai margini della città da un punto di vista geografico - che soffrono più di altre, in cui
bisogna agire certamente sull’hardware (i “contenitori”, come ad esempio le abitazioni o le
infrastrutture in genere) ma anche sul software (i “contenuti”, come ad esempio le politiche di
comunità). E’ più importante l’investimento sul patrimonio immobiliare o su chi abita gli immobili?
Sarebbe importante promuovere in contemporanea interventi infrastrutturali e interventi di coesione
sociale.
Come è possibile far ridiventare vicine le periferie rispetto al centro? Marsiglia, Parigi, Calais, sono
solo tre esempi tra i tanti dove in alcune periferie sono state trasferite delle attività che aiutano gli
spostamenti dal centro e trasformano il territorio.
Sarebbe quindi necessario partire dall’individuazione dei territori locali più fragili, dalle realtà più
frammentate, per sviluppare dei progetti politici e degli interventi nel breve periodo con lo scopo di
arrivare ad elaborare una visione di lungo periodo. Ma per fare questo ci vogliono la voglia,
l’intenzione e il coraggio di essere selettivi. Il ruolo della politica dovrebbe essere quello di iniziare
a lavorare individuando alcune aree su cui concentrare le attività in modo multidisciplinare,
articolando le competenze di tutti gli assessorati.
Numerosi gli interventi, diversi i comuni denominatori, molte le domande e le sollecitazioni che
elenchiamo qui di seguito in ordine sparso.
E’necessario partire dalle risorse esistenti, dalle numerose presenze territoriali milanesi, dai tanti
progetti nei quartieri perché le comunità sono portatrici di opportunità. Ma la messa a sistema e la
gestione delle reti va gestita dalle istituzioni per progettare interventi e politiche mirati, per
conciliare risorse economiche e risorse umane, per mettere in atto una regia che vada oltre i singoli
quartieri
Come far dialogare le comunità territoriali con l’amministrazione? Come superare il marcato
scollamento con le istituzioni, le lentezze della macchina comunale?
Quali possono essere gli strumenti nuovi che forniscano risposte più veloci alle richieste tecnicocompetenti locali per costruire specificità nuove sul territorio? Come valorizzare questo
protagonismo locale? Nuovi soggetti = nuovi strumenti.
Si potrebbe pensare di progettare i bandi, attualmente in uso, in modo mirato in base ai percorsi
differenti dei/nei Municipi? Questi strumenti andrebbero inoltre rivisitati per privilegiare soggetti
locali che conoscono il territorio in cui operano (esempio fatto: Bando vinto a Gratosoglio da una
società di Torino).
L’investimento spesso e volentieri non accende la ‘miccia’. La risposta pubblica, se e quando
funziona, tende a generare un soddisfacimento momentaneo e individuale, ma lì si chiude la partita.
Bisogna capire invece come ‘catturare’ consenso completo, trasversale nello spazio e stabile nel
tempo.
Lo sviluppo territoriale deve essere legato a risorse sociali e culturali per costruire una prospettiva
urbana complessiva. Quindi la parola d’ordine potrebbe essere ‘Sviluppo di appartenenza a
progetti per sviluppo di appartenenza ai luoghi”.
Però, attenzione! Non servono le stesse cose da tutte le parti. La visione deve essere comune,
cittadina e metropolitana, ma poi bisogna lavorare in modo da individuare le specificità territoriali
in una sinergia continua tra centro e periferia, tra Comune e Municipi.
Parliamo di coinvolgere attivamente le reti locali, ma siamo sicuri che sarebbero all’altezza? O non
bisognerebbe attivare un percorso formativo/abilitante? E chi potrebbe farsi carico di questo
compito? Purtroppo dobbiamo essere consapevoli che non tutte le realtà territoriali sono sufficienti
e in grado di produrre il cambiamento.
Molti continuano ad essere gli spazi pubblici – anche piccoli - vuoti (di gestione di MM). Come fare
a metterli a disposizione e a riempirli?
La conoscenza del territorio di ogni Municipio, la raccolta di osservazioni, il riconoscimento delle
problematiche sono elementi fondamentali per poter poi attivare delle proposte concrete. Le
camminate di quartiere organizzate in zona 3 ne sono un esempio. Non ultimo sono un esempio
virtuoso di partecipazione della cittadinanza.
Affrontiamo contestualmente il discorso della sicurezza dei quartieri: anche questa è rigenerazione
urbana. I quartieri dalle notti lunghe, i quartieri dell’isolamento, i quartieri della rinuncia, i quartieri
del vuoto e della noia.
Illuminiamo i quartieri non solo con più luci (che danno subito una percezione di sicurezza
diversa), ma anche con risposte ai bisogni e alle richieste dei cittadini.
Sviluppiamo appartenenza ai progetti partendo dall’appartenenza ai luoghi, dall’orgoglio del
sentirsi cittadini dei quartieri. E per fare questo è necessario mettere al centro i luoghi dove il
quartiere vive.
La cultura deve abitare sempre di più quelle parti di territorio a rischio di emarginazione e
separazione per tessere una rete di comunità urbana continua, solidale, partecipe.
Cosa ci aspettiamo da SxMi?
SxMi deve essere presente sul territorio, deve recuperare il dialogo e l’ascolto con i cittadini, deve
solidificare il campo della propria azione, allargando i propri ambiti di conoscenza e di possibilità di
intervento. Non possiamo andare avanti con laboratori all’infinito. La proposta progettuale, il
disegno del cambiamento, la sua rappresentazione devono diventare il punto di svolta. Che
cosa siamo e quale vogliamo sia il nostro compito? Quale l’amministrazione con cui vogliamo
lavorare e con quali altri partiti?
SxMi deve vigilare sulle politiche in atto e puntare con fermezza e gentilezza su alcuni temi cruciali
per la città, deve individuare delle priorità e su quelle lavorare, avviare gruppi di progettazione,
attivare la partecipazione soprattutto in alcuni quartieri. Bisogna scegliere progetti potenzialmente
carichi di opportunità che possano generare risultati concreti e evidenti a tutti i cittadini.
SxMi deve iniziare ad essere operativa e deve darsi dei compiti. Il lancio dell’operazione può essere
dell’Amministrazione, mentre il metodo del coinvolgimento attivo va discusso con le realtà locali e
con la cittadinanza interessata a livello municipale. L’attuazione dei progetti potrebbe avvenire
secondo schemi di azione di forte partenariato pubblico-privato / locale-globale?
L’incontro è stato denso di sollecitazioni, racconti, proposte. La partecipazione numerosa. E questo
rappresenta solo l’inizio di un lungo lavoro.
Lunedì 12 dicembre verrà presentato il Piano Periferie del Comune di Milano. Sarà importante
capire le priorità dell’Amministrazione, i grandi e piccoli investimenti. Come dice Mirko Mazzali
“è solo il calcio d’inizio”.
La sera, sempre del 12, nel Municipio 6 si svolgerà l’incontro – organizzato da SxMi - dal titolo
“Più sicuri insieme. Legami di comunità e coesione sociale”.
Anche questo è un modo per proseguire il lavoro iniziato alla due giorni di Olinda, non più solo tra
di ‘noi’ ma in mezzo ai cittadini.
Perché solo una visione politica forte e concreta può essere in grado di sollecitare
l’amministrazione ad agire in modo forte e concreto.
Elena Mantelli