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Su alcuni esempi di scultura e architettura antiche
Annalisa Avon
nel Parallèle (1650) di Roland Fréart de Chambray e Charles Errard
1. L’ordine persiano (Roland Fréart de
Chambray, Parallèle de l’architecture
antique avec la moderne, Paris 1650).
2. Dace Farnese (Napoli, Museo
archeologico nazionale, inventario n. 6116).
3. Attribuito a Nicolas Poussin, Un captif
(Prince barbare prisonnier) de l’Arc de
Constantin à Rome, disegno a inchiostro
bruno (Chantilly, Musée Condé, N.I. 252.
Fotografia Musée Condé).
Un nuovo genere di trattato
Nel 1650 fu pubblicato a Parigi Il Parallèle de
l’architecture antique avec la moderne di Roland
Fréart de Chambray1, breve trattato che segnò
nella letteratura artistica la nascita di un nuovo
genere – il “parallelo”, appunto – in precedenza
da altri autori soltanto annunciato2. Nelle pagine
del libro di Fréart fu in sostanza proposta l’analisi comparata degli ordini architettonici desunti
da esempi noti e meno noti dell’architettura antica, con quelli definiti dagli autori “moderni”,
nonché dei moderni tra loro. Per poter essere
applicato, il nuovo metodo richiese a Fréart de
Chambray e a Charles Errard, autore delle tavole, uno sforzo notevole, poiché gli ordini ripresi
da trattati e da rilievi di antichità dovettero essere
appositamente ridisegnati e, soprattutto, ricondotti a un modulo comune. Ciò avvenne, com’è
stato rilevato3 non senza che si commettessero
svariati arbitrii e libere interpretazioni, ma l’illusione creata da Errard e Fréart dovette funzionare alla perfezione: i lettori, posti di fronte a dise-
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affidando poi alla scelta di una misura comune la
possibilità di analizzare, nelle cose, la forma calcolabile dell’identità e della differenza6.
4. Sopra, il Captif di Chantilly attribuito
a Poussin (part.) posto a confronto con, sotto,
il prigione del Parallèle inciso da Errard.
5. L’ordine delle cariatidi (Roland Fréart
de Chambray, Parallèle de l’architecture
antique avec la moderne, Paris 1650,
p. 53).
gni ordinatissimi tratti da Palladio e Scamozzi,
Serlio e Vignola, Barbaro e Cataneo, Alberti e
Viola, Bullant e De l’Orme4, potevano cogliere
d’un colpo d’occhio affinità e differenze tra gli
autori prescelti, come tra antico e moderno, e
potevano inoltre giudicare da sé e condividere,
come si augurava Fréart, la sua ammirazione per
Palladio, “premier entre ceux de sa profession”5.
Sia l’evidenza fornita attraverso la prova del
confronto, sia l’utilizzo di un metodo analitico
preso a prestito da discipline quali la botanica e la
zoologia sembrano definire il carattere indiscutibilmente “scientifico” del Parallèle e giustificano
il modo originale in cui gli ordini vi furono trattati, quasi fossero reperti anatomici dell’architettura. Pochi anni prima della fondazione della
Académie des Sciences (1666) e della pubblicazione degli Edifices antiques de Rome (1682) di
Antoine Desgodetz, un certo spirito sistematico
trovava perciò già applicazione nella teoria dell’architettura. L’assonanza tra alcune delle Regulae ad directionem ingenii di Descartes e i propositi messi in atto da Fréart de Chambray e Charles
Errard è d’altronde piuttosto sorprendente:
“riguardo agli argomenti da trattare”, scriveva
per esempio Descartes, “si deve fare ricerca non
di ciò che gli altri ne abbiano opinato o di ciò che
noi stessi congetturiamo, bensì di ciò che da noi
si possa intuire con chiarezza ed evidenza […]”,
“Captifs” e “Caryatides”
Per le ragioni indicate e per le posizioni “puriste”
del suo autore, il Parallèle è stato giudicato “l’un
des premiers manifestes du classicisme français”7
ed è sempre ricordato ove si parla di quell’architettura francese che si vorrà fondata su principî
obiettivi e che avrà in Claude Perrault il rappresentante più significativo8. Dunque, il Parallèle di
Fréart, anche se debitore nel titolo a un testo antico quale le Vite parallele di Plutarco, sembra piuttosto preparare gli sviluppi successivi della cultura
architettonica francese e annunciare – sempre nel
titolo – i “paralleli” che saranno in voga qualche
anno dopo la sua pubblicazione, per esempio i
Parallèles des anciens et des modernes, di Charles Perrault9, voce autorevole nella famosa querelle.
Eppure, sin dalle prime pagine il trattato è
segnato da una struggente nostalgia, ed è subito
evidente come esso appartenga a un’epoca che, al
momento della sua pubblicazione, è già completamente trascorsa. Nel frontespizio, il ritratto del
surintendant des bâtiments di Louis XIII, François
Sublet de Noyers10 riconduce indietro nel tempo
e sottolinea l’intento di Fréart di dedicare le proprie fatiche, più che ai propri fratelli Jean e Paul,
cui pure si rivolge nell’introduzione, alla memoria di colui che non esita a indicare come “le vray
Autheur de ce livre”. Le prime frasi dell’epistre
introduttiva sono amare considerazioni sulla
caducità della gloria e sulla vanità della grandeur
della vita di corte e furono ispirate a Fréart proprio dalla vicenda umana di Sublet de Noyers,
caduto in disgrazia pochi mesi dopo la morte del
re e di Richelieu, e scomparso, ormai del tutto
dimenticato, nel 1645. Le osservazioni successive
della lettera dedicatoria divengono, di rincalzo, la
rievocazione puntuale delle imprese portate a termine dal sovrintendente nel campo delle arti e
dell’architettura e si riferiscono in modo particolare alle due missioni a Roma portate a termine
nel 1640 e nel 1642 dallo stesso Fréart de Chambray e da Paul Fréart de Chantelou, suo fratello,
per volere di de Noyers. I fatti sono piuttosto
noti, poiché la prima missione ebbe per esito il
ritorno a Parigi, nel 1640, di Nicolas Poussin;
entrambe, tuttavia, ebbero come scopo precipuo,
oltre allo “ouvrir le chemin de France à tous les
plus rares vertueux de l’Italie”, cosa che ai Fréart
riuscì solo in parte, quello di portare in patria calchi, copie e, se il costo lo permetteva, originali
“des plus excellents antiques, tant d’Architecture
que de Sculpture”11, al fine di arricchire le collezioni e le residenze reali
Nelle biografie di Roland Fréart de Chambray si dà per certo un suo viaggio a Roma, insieme al fratello Paul, già intorno al 1635, occasio-
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6. Thusnelda, part. (già collezione Medici,
ora nella Loggia dei Lanzi, Firenze;
da “Bollettino d’Arte”, 1975, 3-4).
7. Thusnelda (già collezione Medici,
ora nella Loggia dei Lanzi, Firenze;
da “Bollettino d’Arte”, 1975, 3-4).
8. François Perrier, Veturia, o Thusnelda
(Segmenta illustrium nobilium signorum
et statuarum quae Romae adhuc extant,
1638. Fotografia Bibliothèque Nationale,
Paris).
ne in cui vi fu probabilmente l’incontro con
Charles Errard, in Italia dal 1627 e “appliqué à
dessiner monuments, bas-reliefs et peintures
célèbres”12. Ma se per questo primo viaggio non
esistono prove certe, i due successivi viaggi in
Italia compiuti dai Fréart sono al contrario
molto ben documentati, dato il loro carattere
decisamente ufficiale13: lettere e resoconti, redatti in italiano e in francese, permettono non solo
di seguire Roland e Paul nei loro tentativi di
portare in Francia artisti del rango dell’Algardi e
di Pietro da Cortona, ma pure di immaginare i
due francesi, dotati a dire degli ospiti “di un’ottima intelligenza de pittura et architettura”, in
visita alle nobili famiglie romane, rapiti sì dalle
opere “moderne” di Annibale Carracci e di Pietro da Cortona, ma anche da altre “cose insigni”,
di altra data, capaci di appagare il loro gusto14.
Tra le prove che nel modo più vivido testimoniano di un interesse che si spinse ben oltre una
”ufficiale” curiosità, è di solito ricordato l’insieme dei disegni che porta il titolo Proportions que
j’ai mesurées avec le sieur Errard sur les originaux
qui sont à Rome l’an 1640, oggi conservati presso
la biblioteca dell’École nationale supérieure des
Beaux-Arts di Parigi15, cui forse può essere
aggiunta parte dei disegni di Charles Errard raccolti in due volumi, conservati presso la
Bibliothèque de l’Institut, sempre a Parigi16.
Eppure, anche tra le pagine del Parallèle sono
custodite le tracce di un lavoro di verifica, di
registrazione e di documentazione dell’antico
che si dovette svolgere dal vivo. In almeno un
caso, è lo stesso Fréart de Chambray a indicarlo:
per illustrare l’ordre persique (ill. 1), fu utilizzato
un prigione, “desseigné”, come dice il testo, “sur
un excellent original qu’on void à Rome dans le
palais de Farnese”17. Nel trattato, il Dace prigioniero, chiaramente identificabile con uno dei due
prigioni un tempo conservati appunto nella col-
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lezione di palazzo Farnese e ora presso il Museo
Archeologico Nazionale di Napoli18 (ill. 2),
sostiene una trabeazione dorica, coerentemente
con il carattere solido dell’ordine persiano
(aggiungiamo che anche l’iscrizione in greco che
completa l’illustrazione apparteneva con ogni
probabilità alla medesima collezione19, mentre il
secondo prigione, non identificabile con il suo
pendant romano, fu certo tratteggiato liberamente). Nella realtà, i due Prigioni Farnese stavano ai
lati dell’ingresso al salone del palazzo – “due
schiavi, uno per banda della porta”, dice l’inventario del 164420 –; la composizione di Errard e
Fréart è perciò da considerarsi, almeno in parte,
frutto di una libera interpretazione a partire
dalle parole di Vitruvio sul portico persiano.
Non era questa la prima volta che i “captifs à la
Persienne” comparivano in un trattato di architettura: ne avevano già registrato l’esistenza,
forse proprio a partire dagli originali romani, sia
Philandrier che le edizioni cinquecentesche di
Vitruvio dovute a Jean Martin e Daniele Barbaro21. Il prigione del Parallèle, tuttavia, poco ha in
comune con l’approssimazione di queste prime
rappresentazioni, e ciò fa credere che Charles
Errard non sia ricorso a fonti iconografiche già
esistenti22, ma abbia utilizzato disegni eseguiti
appositamente – e al vero, come suggerisce il
confronto con l’originale di Palazzo Farnese –
forse proprio nel 1640 o 1642, se non, più in
generale, negli anni del suo soggiorno in Italia. A
questo proposito, va ricordato che il Musée
Condé di Chantilly conserva un disegno (ill. 3),
attribuito con incertezza a Nicolas Poussin, catalogato come “Un captif-Prince barbare prisonnier-de l’Arc de Constantin à Rome”23: il disegno, posto a confronto con il captif del Parallèle
(ill. 4), rivela con questo una sorprendente affinità, tanto da farci sospettare che il disegno di
Chantilly sia anch’esso di mano di Errard. Che
un’opera attribuita a Poussin possa al contrario
essere riconosciuta come del suo amico Charles
Errard, non è un fatto né raro né insolito24; inoltre, a sostegno dell’ipotesi, va aggiunto che lo
stesso Fréart, nel Parallèle, ricorda e cita esplicitamente i prigioni dell’Arco di Costantino, in
quanto tra i pochi rimasti, a suo dire, “au mesme
lieu où ils furent mis en oeuvre”: non possiamo
forse immaginare Errard intento a documentarli, come aveva fatto per il Dace Farnese, e a “completarli”25, attribuendo loro – come è evidente
nel disegno di Chantilly – fattezze assai simili a
quelli del palazzo romano26?
Più difficile, o addirittura impossibile fu
individuare un modello da proporre nel trattato
per l’“ordre des Caryatides” (ill. 5), poiché,
come constatava Fréart, “il ne s’en rencontre
aucune vestige”27. Questa volta fu la collezione
Medici a venire in soccorso agli autori (Charles
Errard intorno al 1640 porrà villa Medici a sfon-
9. Roma, Villa Medici, frammento
di un rilievo con toro condotto al sacrificio,
marmo italico (da M. Cagiano De Azevedo,
Le antichità di Villa Medici, Roma 1951).
10. Il rilievo Medici, disegno (Windsor,
Royal Collection, RL 8573. The Royal
Collection 2001, Her Majesty Queen
Elizabeth II).
11. Il rilievo Medici, disegno (Windsor,
Royal Collection, RL 8482. The Royal
Collection 2001, Her Majesty Queen
Elizabeth II).
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12. “Sepulture tres-antique laquelle se void
aux environs de Terracine à costé du grand
chemin tirant vers Naples”, da un disegno
di Pirro Ligorio (Fréart de Chambray,
Parallèle…, cit., p. 33).
do del dipinto Rinaldo abbandona Armida, ma evidentemente anche i disegni del Parallèle hanno
carattere di “presagio”)28: come è evidente, la
cariatide del trattato fu infatti disegnata a immagine della Thusnelda (ill. 6, 7), altrimenti conosciuta come Germania, Medea o Vetturia, una
scultura antica proveniente dalla collezione
Della Valle e collocata allora in una nicchia del
loggiato di villa Medici, luogo in cui rimase fino
al suo trasferimento, nel 1789, nella loggia dei
Lanzi a Firenze, ove si trova tuttora. La scultura,
ai tempi del Parallèle già pubblicata da alcuni
autori29 e in seguito anche da François Perrier30
(ill. 8), in incisioni che però non ricordano in
nulla quella di Errard, non era certo tra le più
belle statue antiche di Roma. Per la sua insolita
postura, tuttavia, essa si prestò bene alla funzione cui doveva assolvere nella libera “composizione” del Parallèle che illustra l’ordine delle cariatidi. Di questa, inoltre, fa parte anche un altro
elemento antico della stessa collezione, riconoscibile pur se riprodotto solo parzialmente e con
qualche adattamento: si tratta del rilievo con
“scena di sacrificio”, vale a dire di uno dei rilievi
che ornano ancor oggi la facciata verso il giardino di Villa Medici (ill. 9), racchiuso da Errard in
una ricca cornice con trofei31 (ill. 5).
I documenti che attestano l’esecuzione di calchi, il loro trasferimento e la loro presenza a
Parigi dopo le missioni romane dei Fréart citano
a più riprese un “relief Médicis”, nel quale crediamo debba essere riconosciuto proprio il rilievo del Parallèle, come d’altronde è suggerito dalla
lista più dettagliata che il Bellori darà nel 167232.
L’interesse sollevato allora dal rilievo Medici in
artisti e studiosi dell’antico è testimoniato, oltre
che dall’incisione eseguita, nuovamente, da
François Perrier33 e da quella che poco più tardi
eseguirà l’allievo di Poussin, Pietro Santi Bartoli,
anche dalla presenza di ben due disegni che lo
rappresentano tra i fogli del Museo Cartaceo ora
nelle collezioni reali di Windsor34 (ill. 10, 11).
Il Museo Cartaceo, ovvero il progetto enciclopedico di catalogazione dell’antico elaborato
da Cassiano dal Pozzo, è troppo importante e
conosciuto perché qui si possa pretendere di
avanzare qualche osservazione35. Tuttavia, la presenza dei due disegni può forse contribuire a sollevare l’ipotesi della presenza di Errard tra quei
“giovani ben intendenti del disegno” che lavoravano alle dipendenze di Cassiano36, ipotesi alla
quale spingerebbe anche il disegno del Musée
Condé (ill. 3), la cui maniera è, sì, distante da
quella dei disegni preparatori attribuiti a Errard
con certezza37, ma assimilabile alla maniera
obiettiva di quel genere di disegni che Blunt ha
definito in riferimento a Poussin anthological
drawings, coerente con quella del Museo puteano. In ogni caso, i due disegni di Windsor obbligano a rivolgere l’attenzione verso l’amicizia tra
i Fréart e Cassiano dal Pozzo, l’“addetto culturale” di Antonio Barberini, nipote di Urbano VIII.
Che i francesi lo avessero incontrato nel loro
primo viaggio a Roma, lo rivela la corrispondenza38; che, in seguito, tra Dal Pozzo e Roland
Fréart de Chambray sia nata una cordiale amicizia, lo indica la preziosa copia manoscritta del
Trattato sulla pittura di Leonardo da Vinci che
Fréart ricevette proprio da Cassiano, per curarne
l’edizione francese del 165139. Ma è il Parallèle,
nuovamente, a fornire le prove di uno scambio
che dovette riguardare anche lo studio dell’antico e, in particolare, dell’architettura e della scultura antiche.
“Quei benedetti Ligorii…”
Nell’individuare i modelli per captifs e caryatides,
come si è visto, Fréart ed Errard si cimentarono
in un’impresa forse paragonabile a quella dei pittori che allora riprendevano dalla scultura antica
le posture e le icone – morali, o del pathos – da
citare nei propri dipinti. L’imitatio ricerca quindi
un fondamento filologico e, come vedremo, un’identica passione antiquaria è all’origine, nel
Parallèle, della scelta degli ordini antichi proposti
a modello per dorico, ionico e corinzio, da porre
a confronto con i “moderni”. Qui, però, anziché
fare ricorso a disegni dal vero, Fréart dice di
essersi servito di “un bon nombre de desseins du
très célèbre Pyrro Ligorio” e di aver dunque scelto alcuni esempi tra quelli “qu’il a recherchez &
observez en divers endroits de l’Italie avec une
diligence inestimable”40. Per l’ordine dorico, il
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13. Rilievo dalla colonna Traiana, part.
(da La colonna Traiana, a cura di
S. Settis, Torino 1988).
Parallèle può dunque proporre a modello due
esempi rari, vale a dire un “frammento” architettonico ritrovato presso Albano e un mausoleo nei
pressi di Terracina (ill. 12), entrambi accuratamente misurati dall’antiquario napoletano;
ugualmente, per il tempio della Fortuna Virile,
l’arco di Tito a Roma (ill. 14) e l’arco dei Leoni a
Verona, i cui profili ben disegnati erano già comparsi nei trattati di Serlio e Palladio quali modelli dello ionico e del composito, Fréart ed Errard
preferiscono gli originali di Ligorio, utilizzati
infine anche per il corinzio delle Terme di Diocleziano (ill. 15).
Ora, è noto che tra il 1640 e il 1642 la corte
di Francia nutrì un interesse speciale per i
manoscritti ligoriani di proprietà dei duchi di
Savoia, interesse che è stato interpretato come
parte del “più generale progetto politico che
tendeva a completare anche dal punto di vista
della magnificenza culturale la centralità della
Francia nello scenario europeo”41. Richelieu e
poi Mazarino furono entrambi coinvolti nella
vicenda, ma a questa non furono affatto estranei
gli interessi personali di Cassiano dal Pozzo,
come rivela la corrispondenza tra questi e
Nicolas Poussin appena giunto a Parigi, subito
impegnato a compiacere l’amico cercando di
rendere concreti alcuni suoi progetti, soprattutto editoriali42. “Si sono mandate le copie in Piemonte di quelle liste de’ libri di Pirro Ligorio”,
annotava il pittore in una sua lettera a Roma,
aggiungendo di lì a poco che i francesi avevano
preso la causa di Cassiano “in affetione” e che si
era scritto “a Madama di Savoia, per impetrar
da essa gli originali…”43. Né originali né copie,
così pare, giunsero mai in Francia; ma alcune
copie infine eseguite a Torino grazie ai ripetuti
interventi dei francesi raggiunsero Roma, per
arricchire la collezione di Cassiano44.
La concezione del Museo puteano, ovvero di
un ponderoso e completo archivio di immagini
del mondo antico, a disposizione di studiosi, artisti e letterati, doveva molto alla tradizione del
disegno documentario ed evidenti sono i debiti
contratti verso l’“enciclopedia” ligoriana, come
riconosceva lo stesso Cassiano, così descrivendo
la propria impresa: “questo museo, dirò, cartaceo,
è diviso in molti volumi, in cui intendo imitare il
lavoro di Pirro Ligorio, famoso antiquario, pittore, architetto…”45. L’interesse verso i fogli ligoriani fu tale, che non solo Cassiano pensò alla
pubblicazione dei “libri di antichità”, ma, come
hanno indicato alcune recenti ricerche, copie e
originali di Pirro Ligorio si trovano di frequente
tra i fogli del museo46. Le parole di Cassiano suggeriscono che essi furono utilizzati come modelli
per una registrazione dell’antico che imponesse al
disegno determinati requisiti e contribuirono
perciò al precisarsi delle caratteristiche dei fogli
del museo. Essi, tuttavia, costituirono anche una
fonte documentaria e fornirono di nuovi materiali l’archivio di illustrazioni e iscrizioni: con una
procedura che è stata definita “sorprendente”47,
essi furono copiati separando l’immagine dalle
iscrizioni, per essere assorbiti nel complicato
sistema classificatorio concepito da Dal Pozzo.
Fréart de Chambray offrendo ai propri lettori, nel Parallèle, una efficace descrizione dei disegni di Ligorio, li diceva anch’egli ricchi di annotazioni48; nel trattato, Errard non aveva però esitato nel rifare i disegni originali e nell’utilizzarli
per restituire immagini in prospettiva, come nel
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14. L’ordine composito dell’arco di Tito
a Roma, da un disegno di Pirro Ligorio
(Fréart de Chambray, Parallèle…,
cit., p. 103).
15. L’ordine corinzio delle Terme di
Diocleziano a Roma, da un disegno
di Pirro Ligorio (Fréart de Chambray,
Parallèle…, cit., p. 69).
caso della “Sepulture très-antique” dei dintorni
di Terracina49 (ill. 12) con una procedura che, ci
sembra, pare proprio presa a prestito dal museo
(in almeno un caso, inoltre, l’originale di Ligorio
fu “integrato”, con una citazione anch’essa antiquaria: la decorazione del fregio dell’arco di Tito
(ill. 14) riproduce infatti una scena di sacrificio
tratta dai rilievi della colonna Traiana (ill. 13),
monumento che sembra avesse per i francesi un
interesse speciale). Pur se è difficile dire in che
modo Fréart fosse entrato in possesso dei disegni
utilizzati per il suo libro50 (ma perché non immaginare Cassiano, che pure donò ai Fréart copia
del manoscritto vinciano, intento a elargire altri
doni, altrettanto preziosi?) è legittimo credere
che l’interesse per Ligorio sia stato sollecitato
proprio dall’incontro con Dal Pozzo e dalla
conoscenza del complesso progetto puteano.
Nel Parallèle, la presenza del riferimento
all’erudito antiquario, sempre giudicata inattesa
poiché la “stravaganza” e gli eccessi decorativi
di Ligorio non sono affatto in tono con il classicismo del trattato francese51, può dunque trovare una spiegazione nel valore riconosciuto ai
fogli ligoriani quali documenti e fonti per la
conoscenza del mondo antico e, nel caso specifico, dell’architettura antica, non diverso dall’analogo valore riconosciuto da Fréart de Chambray ai disegni delle vestigia antiche eseguiti da
Charles Errard a Roma.
Il Parallèle – che, ricordiamo, lo stesso Fréart
definisce “fragment de livre”, ammettendo di aver
eliminato da ciò che fu dato alle stampe “plusieurs
particularitez, qui estoient pour lors fort essentielles à mon dessein, mais qui seroient maintenant très inutiles et hors de saison” – potrebbe
dunque essere ciò che rimane del progetto di
costituire una sorta di museo cartaceo “alla francese”. E, si può aggiungere, il carattere scientifico
del trattato, pur radicandosi negli ambienti intellettuali francesi “dominati dalla presenza di un
Desargues e di Cartesio”, figure certo non estranee ai Fréart e a Sublet de Noyers52, deve forse
altrettanto, ai metodi di ricerca, di classificazione
e di comparazione impiegati da Cassiano, membro dell’Accademia dei Lincei dal 1622.
Nel volgere di pochi anni, la fine del regno di
Louis XIII e di Richelieu decreterà la brusca
interruzione dei propositi che avevano animato la
curiosità e le ricerche di de Noyers, di Fréart de
Chambray e di Charles Errard, membri a pieno
titolo di quell’ideale “repubblica” delle lettere e
delle arti che nei primi decenni del Seicento presiedette agli scambi culturali fra Italia e Francia.
La “fortuna” del Parallèle fu in seguito piuttosto
limitata e del breve trattato saranno apprezzati,
negli anni successivi e nell’ambito dell’Accademia, essenzialmente il suo spirito sistematico e la
sua clarté, ma non certo il fatto che esso testimoniasse, con immagini e riferimenti il cui significato e il cui valore furono subito perduti, quel vivo
interesse per le vestigia e per la cultura antiche
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L’articolo raccoglie una parte delle ricerche che ho avuto la possibilità di condurre nel 1999 grazie a una borsa di studio
ottenuta presso il Centre Canadien d’Architecture-CCA di Montreal, Canada:
colgo l’occasione per ringraziare Phyllis
Lambert, fondatrice del Centro, e lo staff
della biblioteca e dell’archivio, per il prezioso aiuto.
Il mio lavoro è dedicato a Luciano, per il
suo costante sostegno e per la pazienza
con cui ha seguito le mie ricerche.
1. Roland Fréart de Chambray, Parallèle
de l’architecture antique avec la moderne,
par Roland Fréart sr. De Chambray, Paris
1650. Roland Fréart de Chambray
(1606-1676) fu anche l’autore de L’Idée de
la perfection de la peinture, Le Mans 1662,
di una traduzione della prospettiva di
Euclide (1663), della versione francese
dei Quattro Libri di Palladio, pubblicata
nello stesso anno del Parallèle, e fu il
curatore, nel 1651, dell’edizione francese
del Trattato della pittura di Leonardo da
Vinci, illustrato da incisioni di Charles
Errard su disegni di Nicolas Poussin. La
sua attività di cultore delle arti e dell’antico si intersecò spesso con quella del fratello, Paul Fréart de Chantelou (16091694), noto per essere l’autore del Journal du voyage du cavalier Bernin en France,
mentre in secondo piano sta un terzo fratello, Jean. Sui Fréart, si veda H. Chardon, Amateurs d’art et collectioneurs manceaux. Les frères Fréart de Chantelou, Le
Mans s.d. [1867], e il più recente I. Pantin, Les Fréart de Chantelou. Une famille
d’amateurs au XVIIe siècle, Le Mans 1999,
che si avvale di qualche inedita notizia
tratta dagli archivi di Le Mans, città d’origine dei Fréart.
2. Il tema è stato affrontato da G.
Morolli, ne L’invenzione del Parallèle, in
L’architettura a Roma e in Italia (15801621), Atti del XXIII Congresso di Storia dell’architettura, Roma 1989, II, pp.
41-53, in cui l’autore indica che il primato dell’invenzione del nuovo genere
andrebbe al Cigoli e all’Aleotti, in due
trattati composti tra il 1600 e il 1630,
rimasti però manoscritti. M. Curti, ne
La ricerca di una “regola certa”, pp.
XXVIII-XLIX, in M. Curti, P. Zampa,
Introduzione alli cinque ordini dell’architettura. Trattato anonimo della fine del Seicento, Roma 1995, pur occupandosi di un
manoscritto anonimo derivato dal Parallèle di Fréart intorno al 1700, suggerisce
l’individuazione di alcuni precedenti
dell’analisi comparativa soprattutto in
Serlio e Palladio.
3. Cfr. F. Lemerle, Fréart de Chambray ou
les enjeux du Parallèle, in “XVIIe Siècle”,
196, luglio-settembre 1997, pp. 419-453,
saggio cui si rimanda per le attente considerazioni riservate agli ordini “moderni” presentati da Fréart.
4. Fréart presentò a coppie, nella sequenza indicata, gli ordini rappresentati nei
trattati degli autori citati. Su di una sola
pagina compaiono perciò, divisi a metà e
ricondotti a un’unica unità di misura, il
dorico di Palladio e Scamozzi, di Serlio e
Vignola, e via dicendo.
5. La citazione è tratta dall’introduzione
di Fréart de Chambray a Les quatres
Livres de l’architecture, traduit par Roland
Fréart de Chambray, Paris 1651. Del
volume è stata di recente pubblicata una
ristampa (1997) a cura di F. Lemerle.
6. René Descartes, Regola quattordicesima,
in Id., Regulae ad directionem ingenii, da
me utilizzate nella traduzione a cura di
G. Galli, Bari 1965, p. 73.
7. F. Fichet, La theorie architecturale a
l’Âge Classique, Bruxelles 1979, p. 102.
8. Cfr. W. Herrmann, La théorie de Claude Perrault, Bruxelles 1980, e A. Picon,
Claude Perrault, ou la curiosité d’un classique, Paris 1988.
9. Charles Perrault, Parallèles des anciens
et des modernes, Paris 1688-1697.
10. François Sublet, signore di Noyers e
barone di Dangu (1588-1645), già intendente alle finanze e segretario di Stato,
nel 1638 fu nominato, grazie alla
influente raccomandazione del cardinale
Richelieu, “surintendant et ordonnateur
général” di “bastiments, tapisseries et manifactures”, com’è attestato dalla Provision,
ora in Archives Nationales, Paris, Oä.
10. Fol° 47. Sull’attività da lui svolta nell’ambito dell’architettura civile e,
soprattutto, militare, mancano studi
recenti, ma si vedano il saggio di C.
Michaud, François Sublet de Noyers.
Surintendant des batiments de France, in
“Revue Historique”, CCXLI, aprilegiugno 1969, pp. 327-364, e O. Ranum,
Les créatures de Richelieu. Secrétaires d’Etat et surintendants des Finances, 16351642, Paris 1966. Va sottolineato che sia
Roland, che i suoi fratelli Paul e Jean,
avevano dei debiti di gratitudine verso
Sublet de Noyers: loro cugino, li aveva
chiamati a corte non appena avuta la
carica di sovrintendente.
11. Entrambe le citazioni sono tratte dall’Epistre, in Fréart de Chambray, Parallèle…, cit. [cfr. nota 1], pp. non numerate.
12. Guillet de Saint-Georges, Mémoire
letta all’Académie il 4 novembre 1690,
pubblicata in Mémoires inédits sur la vie et
les ouvrages des membres de l’Académie
Royale, t. I, Paris 1850, citato in J. Thuillier, Proposition pour Charles Errard, peintre, in “Revue de l’Art”, 40-41, 1978, pp.
151-172. La bibliografia su Charles
Errard, a dispetto dell’importanza che
questi ebbe nella Francia di Louis XIII e
di Louis XIV, come pittore, architetto, e
in qualità di direttore dell’Accademia di
Francia a Roma, è piuttosto scarna: la
testimonianza di Guillet de Saint-Georges sembra costituire a tutt’oggi la biografia più completa, anche a detta di J.
Thuillier, che all’artista ha dedicato il
lungo saggio citato in precedenza, cui si
sono aggiunti più di recente, i saggi di L.
Spezzaferro, La collezione “accademica” di
Charles Errard, in “Roma moderna e
contemporanea”, 1, 3, 1993, pp. 13-35, e
di M. De Micheli, I disegni di Poussin e le
incisioni di Errard per l’edizione leonardesca
del 1651, in “Critica d’arte”, 59, 7,
luglio-settembre 1996, pp. 63-71. La
pubblicazione degli atti del convegno su
Il Bello Ideale e le Accademie, svoltosi nel
giugno del 2000 a Villa Medici in Roma
e gli studi attivati per le celebrazioni dell’Accademia di Francia, previste per il
2003, arricchiranno sicuramente le
ricerche su Errard di notizie inedite e di
nuove valutazioni.
13. Della prima delle due missioni, ovvero quella che coinvolse Poussin, si trovano descrizioni circostanziate nelle recenti monografie di A. Mérot, Nicolas Poussin, Paris 1990 (trad. it. Milano 1990), e
di J. Thuillier, Nicolas Poussin, catalogo
della mostra, Paris 1994. Per entrambe,
si vedano anche E. Magne, Nicolas Poussin, premier peintre du Roi, Paris 1928, con
la trascrizione di molti documenti conservati alle Archives des Affaires
Etrangères di Parigi, e inoltre M. Laurain-Portemer, Mazarin militant de l’Art
baroque au temps de Richelieu (1634-1642),
Paris 1976, ed Ead., Etudes Mazarines,
Paris 1981, il cap. L’intervention dans la
mission de Chantelou; I. Pantin, Les Fréart
de Chantelou…, cit. [cfr. nota 1], in particolare i capp. La mission romaine de 1640
e L’automne de la surintendance. Sull’acquisto di antichità e sull’esecuzione di
calchi si veda soprattutto il saggio di A.
Le Pas de Secheval, Les missions romaines
de Paul Fréart de Chantelou en 1640 et
1642: à propos des moulages d’antiques commandés par Louis XIII, in “XVIIe siècle”,
172, luglio-settembre 1991, pp. 259-274.
14. Archives des Affaires Etrangères,
Rome, LXXII, f. 112, Lettera di Elpidio
Benedetti a Mazarino, Roma, 7 luglio
1640, citata in E. Magne, Nicolas Poussin…, cit. [cfr. nota 13], pp. 181-182.
15. La raccolta Fréart de ChambrayErrard è costituita da 39 disegni a sanguigna di alcune fra le più famose sculture antiche (il Nilo, il Tevere, il Laocoonte, il Meleagro, l’Apollo del Belvedere, l’Antinoo, la Venere Medici, i Dioscuri di Montecavallo, l’Ercole e il Satiro Farnese),
ingabbiate in una rete di misure che
dovevano permettere la corretta identificazione delle proporzioni. La raccolta
non è mai stata oggetto di uno studio
specifico, ma cenni al suo significato si
trovano in G. Kauffmann, La “Sainte
famille à l’escalier” et le problème des proportions dans l’œuvre de Poussin, in A.
Chastel (a cura di), Nicolas Poussin, atti
del convegno, Paris 1960, pp. 141-150,
ove l’autore attribuisce alla mano di
Nicolas Poussin alcuni dei disegni in
questione, e in E. Delapierre, La quête
d’un vêtement d’idées. La question des proportions du corps humain au XVIIe siècle, in
“Revue d’esthétique”, 31-32, 1997, pp.
211-217, numero dedicato a La naissance
de la theorie de l’art en France, 1640-1720.
Sembra che la raccolta fosse all’origine
destinata a essere incisa, cfr. il saggio di
E. Coquery, I pittori francesi a Roma nella
prima metà del ’600 e l’antico, in Intorno a
Poussin. Ideale classico e epopea barocca tra
Parigi e Roma, a cura di O. Bonfait e J.C. Boyer, catalogo della mostra a Villa
Medici, Roma 2000, pp. 41-53.
16. Recueil de desseins de statues et basreliefs
et autres ornemens de sculpture antiques…,
Mss. 1029 e 1030, Bibliothèque de l’Institut, Paris. Si tratta di due volumi che
raccolgono un centinaio di disegni di
grande formato, eseguiti a penna e
inchiostro bruno o bistro, già proprietà
di Mariette, acquistati dall’Institut de
France nel 1809. Tra i soggetti raffigurati, oltre a particolari di architetture
“moderne” quali palazzo Massimo e il
palazzo dei Conservatori, spiccano i
rilievi del basamento della colonna
Traiana e alcuni bassorilievi dell’arco di
Costantino, la cui presenza ha suggerito
l’attribuzione a Errard, poiché i due
monumenti romani furono oggetto della
campagna di calchi che ebbe luogo con le
due missioni a Roma e poiché alcune
incisioni della colonna Traiana dovute a
Errard saranno aggiunte all’edizione del
Parallèle del 1702.
17. Fréart de Chambray, Parallèle…, cit.
[cfr. nota 1], p. 54.
18. Prigioni Farnese, Museo Nazionale
Archeologico, Napoli, inv. n. 6116 e
6122. Per una bibliografia sui due prigioni, provenienti dalla collezione Colonna,
trasferiti a Napoli nel 1790, e per ragguagli sulla loro “fortuna”, si veda F.
Haskell, N. Penny, Taste and the Antique.
The Lure of Classical Sculpture 1500-1900,
London 1981 (trad. it. L’antico nella storia
del gusto. La seduzione della scultura classica
1500-1900, Torino 1984), pp. 436-439.
Sulla collezione Farnese di antichità e
per una bibliografia generale sulla collezione stessa, si veda École française de
Rome, Le Palais Farnese, Roma 1980-81,
3 voll., e inoltre Ph. Sénéchal, I marmi
antichi della collezione Farnese, in I Farnese. Arte e collezionismo, a cura di L. Fornari-Scianchi e N. Spinosa, Milano 1995,
pp. 123-131; per l’influsso esercitato
sugli artisti, si veda in particolare Id.,
Fortune de quelques antiques Farnèse auprès
des peintres à Rome au début du XVIIe siècle,
in Poussin et Rome, atti del convegno
all’Accademia di Francia (1994), Roma
1996, pp. 31-45. È forse superfluo
aggiungere che le illustrazioni di Charles
Errard (sia nel caso del prigione, che per
le altre sculture che si terranno in considerazione nel nostro testo), a causa del
procedimento tecnico dell’incisione,
sono sempre rappresentazioni speculari
degli originali.
19. Le iscrizioni greche erano abbondantemente rappresentate nella collezione
Farnese, e vi si contavano le più importanti tra quelle ritrovate a Roma, si veda
al proposito Scheid, Les inscriptions antiques, in École française de Rome, Le
Palais Farnese, cit. [cfr. nota 18], pp. 353359. Il testo a frammenti di quella riprodotta nel Parallèle non sembra permettere di risalire al suo significato.
20. L’inventaire du palais et des propriétés
Farnese à Rome, a cura di B. Jestaz, in Le
Palais Farnese, 3 voll., Roma 1994, p.
184, inv. n. 4480
21. Cfr. Gulielmus Philander, M. Vitruvii
Pollionis de Architectura Annotationes,
Roma 1544, p. 5; Architecture et art de
bien bastir de Marc Vitruve Pollion, traduction de Jean Martin, 1547, f. 3v; I dieci libri
dell’architettura di Vitruvio tradotti & commentati da Mons. Daniel Barbaro, Venezia
1567, p. 17.
22. A questo proposito, si confronti l’illustrazione del Parallèle anche con l’incisione del Rex Armeniae di palazzo Farnese in G.B. De Cavalleriis, Antiquae Statuae Urbis Romae, Roma 1587.
23. Musée Condé, Chantilly, AI 208, NI
252. La definizione “Figure de captif,
les mains liées, prises à l’arc de Constantin, à Rome” deriva – come mi
informa Nicole Garnier, conservatrice
del Museo, che qui ringrazio – dall’antica catalogazione del disegno, ma questo
118
13|2001 Annali di architettura
Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza
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non porta alcuna notazione. L’attribuzione a Poussin è stata data per certa da
K. Oberhuber, Poussin. The Early Years
in Rome: the origins of French classicism,
New York 1988 , p. 70, ma sia W. Friedlander, A. Blunt in The drawings of Nicolas Poussin: catalogue raisonné, Warburg
Institute, London 1939-74, p. 54, sia P.
Rosenberg, L.A. Prat, in Nicolas Poussin
1594-1665. Catalogue raisonné des dessins,
Milano 1994, 2, p. 842, respingono l’attribuzione, giudicando poco convincente la sua fattura. Lo stesso Pierre Rosenberg, da me contattato e che qui ringrazio sentitamente, ha voluto giudicare
“molto convincente” l’ipotesi di un’attribuzione a Errard del disegno di
Chantilly. Di diversa opinione è Emmanuel Coquery, anch’egli da me consultato e che ugualmente ringrazio. Coquery
nega l’evidenza della somiglianza tra il
disegno di Chantilly e la tavola del
Parallèle, soprattutto basandosi sulla
diversità tra la fattura del disegno in
questione e un gruppo di disegni che
egli ha riconosciuto come di Errard,
questi ultimi oggetto di un suo studio di
prossima pubblicazione.
24. Cfr. Thuillier, Proposition…, cit. [cfr.
nota 12].
25. Le otto colossali figure libere che
coronano le colonne furono decapitate da
Pierfrancesco de’ Medici nel 1530 e
rimasero acefale sino al 1732, quando
Pietro Bracci ne fece un restauro integrativo, cfr. F. Haskell, N. Penny, Taste and
the Antique…, cit. [cfr. nota 18], p. 438.
26. Va ricordato che Rosenberg, Prat in
Nicolas Poussin 1594-1665. Catalogue…,
cit. [cfr. nota 23], hanno suggerito che
“le même personnage” sia stato inciso da
Perrier nell’immagine n.16 dei Segmenta
nobilium signorum et statuarum quae
Romae adhuc extant, 1638. Il Dace di Perrier, tuttavia, è detto in Horti Medicei, ed
effettivamente due prigioni, ora non più
in situ facevano parte della collezione
Medici: l’analogia nella postura non ci
sembra sufficiente a ipotizzare che il
disegno di Chantilly possa avere qualche
relazione con Perrier.
27. Fréart de Chambray, Parallèle…, cit.
[cfr. nota 1], p. 52.
28. Il dipinto, commissionato a Errard da
François-Hannibal d’Estrées per la galleria dell’hôtel de la Ferté-Senneterre, è
stato esposto nel 2000 a Villa Medici,
Roma, nella mostra “Intorno a Poussin”,
a cura di O. Bonfait e J.-C. Olivier,
mostra di cui Intorno a Poussin. Ideale classico e epopea barocca tra Parigi e Roma, cit.
[cfr. nota 15], è il catalogo: la “citazione”
di Villa Medici è stata indicata come l’involontario presagio della direzione da
parte di Errard dell’Accademia di Francia a Roma e, soprattutto, del trasferimento di questa, un secolo e mezzo più
tardi, nel celebre edificio.
29. Si vedano per esempio G.B. De
Cavalleriis, Antiquae Statuae…, cit. [cfr.
nota 22], e J. Episcopius, Icones Signorum
Veterum, s.l. 1630.
30. Thusnelda fu incisa da Perrier nei suoi
Segmenta nobilium signorum…, cit. [cfr.
nota 26], citato, come “Veturia Martii
Coriolani Mater, in Horti Mediceis”, ma
il confronto tra le due immagini mostra
nuovamente come Errard riprodusse in
modo molto più accurato la scultura, e da
un altro punto di vista. Sulla scultura e
sul gruppo di cui essa faceva parte, di
epoca romana, si veda soprattutto G.
Capecchi, Le statue antiche della Loggia dei
Lanzi, in “Bollettino d’Arte”, 3-4, 1975,
pp. 169-170; R. Carpenter, Observations
on Familiar Statuary in Rome, Roma
1941. Una fotografia di Louis Nicolas
Cabat, direttore dell’Accademia di Francia dal 1879 al 1884, mostra che l’originale fu sostituito – forse immediatamente dopo il trasferimento a Firenze – da un
calco che ora non c’è più, o comunque
non è più nella loggia, cfr. Villa Medici, a
cura di A. Chastel, Roma 1989, I, cat.
197. Più in generale, sulla collezione
Medici si veda C. Gasparri, La collection
d’antiques du Cardinal Ferdinand, in Villa
Medici, cit., II, pp. 443-485.
31. È evidente che Errard, dopo aver
disegnato fedelmente il giovane con ascia
visto di spalle, ha sistemato il toro raffigurato nel rilievo in modo non del tutto
fedele all’originale. Sul rilievo, che, come
Thusnelda, proveniva dalla collezione
Della Valle, cfr. M. Cagiano De Azevedo,
Le antichità di Villa Medici, Roma 1951,
cat. 41, p. 55, “Frammento di un rilievo
con un toro condotto al sacrificio”, e
inoltre Gasparri, La collection d’antiques…, cit. [cfr. nota 30].
32. Nel Parallèle…, cit. [cfr. nota 1],
Fréart afferma che furono fatti eseguire
a Roma “soixante et dix bas-reliefs de la
colonne Trajane et beaucoup d’autres
histoires particulières”; ma Bellori sarà
più esplicito, citando tra i calchi “il
Sacrificio del toro nel giardino de’
Medici”, cfr. Id., Le Vite de’ Pittori, scultori e architetti moderni, Roma 1672, edizione a cura di E. Borea, Torino 1976,
pp. 443-444. Un contratto firmato dallo
scultore Henri Perlan il 10 ottobre
1642, ora in Archives Nationales, Minutier Central, XLII, 102, f. 453, sembra
inoltre rivelare che il rilievo, che crediamo compreso tra “trois autres Bas reliefs
formés sur ceulz qui sont a Medicis…”,
fu tra quelli fatti fondere in bronzo (le
misure indicate nel contratto per il rilievo Medici, “ayant de largeur cinq piedz
deux poulces & de hauteur trois piedz
neuf poulces”, dove un piede è pari a m
0,324, corrispondono all’incirca alle
misure reali, di m 1,55 per m 1,255). Per
una puntuale ricostruzione dell’envoi,
cfr. Le Pas de Sécheval, Les missions
romaines…, cit. [cfr. nota 13].
33. Icones et segmenta illustrium e marmore
tabularum quae Romae adhuc extant a
Francisco Perrier delineata, incisa et ad antiquam formam lapideis exemplaribus passim
collapsis restituta, 1645.
34. Royal Library, Windsor collections,
RL 8573 e RL 8482.
35. Non possiamo che rimandare qui agli
importanti studi condotti in questi ultimi
anni da Francesco Solinas, e dall’équipe di
studiosi che ha tra l’altro promosso la
pubblicazione del Museo Cartaceo. Ad
alcuni degli scritti di Solinas, che nel 2000
è stato anche il curatore di una mostra, a
palazzo Barberini in Roma, dedicata a
Cassiano collezionista, si fa puntuale riferimento nelle note successive.
36. La citazione è tratta da “Giovani ben
intendenti del disegno”: Poussin e il Museo
Cartaceo, in Poussin et Rome, atti del convegno a Villa Medici, Roma 1996, pp.
215-240. Cassiano sicuramente fece
ricorso, per il suo “museo di carta”, ad
almeno due artisti francesi, Nicolas
Poussin e Jean Lemaire; l’ipotesi di una
collaborazione di Errard, legato a
entrambi gli artisti citati, sembra legittima ed è implicitamente indicata da
Thuillier, Proposition…, cit. [cfr. nota
12], ove si parla di Errard come di un
“protetto” di Cassiano e si accenna ai
due dipinti, oggi perduti, che il pittore
francese avrebbe eseguito per la sua collezione; più di recente Coquery, I pittori
francesi a Roma…, cit. [cfr. nota 15], in
particolare la nota 29, ha tuttavia osservato che “la mano di quest’ultimo
(Errard, NdR) non sembra poter essere
identificata nei volumi di Windsor e del
British Museum”.
37. Sui pochissimi disegni attribuibili a
Errard, cfr. Thuillier, Proposition…, cit.
[cfr. nota 12], p. 167, nota 3.
38. L’appoggio di Dal Pozzo fu cercato
per convincere Poussin a lasciare Roma,
ma sarà de Noyers ad affermare che l’amicizia con il cavaliere, “qui est icy en
un’estime singulière et tient lieu du chef
des vertueux”, è un “tesoro” in sé, cfr.
lettera di Sublet de Noyers a Mess.s de
Chantelou, 13 agosto 1640, in Ch.
Jouanny, Correspondance de Nicolas Poussin, Archives de l’Art Français. Nouvelle
période, V, Paris 1911, pp. 33-34. I
Fréart avevano comunque già incontrato
Cassiano in occasione del viaggio legazionale del cardinale Barberini in Francia, nel 1625.
in the Paper Museum, in The Paper
Museum of Cassiano Dal Pozzo, Ivrea 1993.
45. Citato in A. Nicolò, F. Solinas, Cassiano dal Pozzo and Pietro Testa. New documents concerning the Museo cartaceo, in
Pietro Testa 1612-1650. Prints and
Drawings, a cura di E. Cropper, Philadelphia 1988.
46. Si rimanda agli scritti di Solinas e
Coquery citati in precedenza.
47. Solinas, Others sources of drawings…,
cit. [cfr. nota 44].
48. La descrizione di Fréart ci sembra
dimostri la sua familiarità con i disegni
dell’antiquario napoletano, cfr. le pp. 18,
32, 68, 99 di Fréart de Chambray, Parallèle…, cit. [cfr. nota 1].
49. Fréart de Chambray, Parallèle…, cit.
[cfr. nota 1], p. 33.
50. I disegni di Ligorio appartenuti a
Fréart De Chambray sono oggi perduti,
né tra i disegni attribuibili a Errard sembrano esservi materiali derivati dai fogli
ligoriani. Colgo qui l’occasione per ringraziare Federico Rausa, dell’Università
di Napoli, già autore del volume Pirro
Ligorio. Tombe e mausolei dei romani,
Roma 1997, e impegnato nella Edizione
nazionale delle Opere Ligoriane, per lo
scambio di idee avuto in proposito, e
specialmente a riguardo della “sepulture
très antique” presso Terracina, disegnata
d’après Ligorio, pubblicata nel Parallèle.
Il sepolcro mi sembrava potesse costituire un indizio per giungere a qualche conclusione, ma non vi è traccia di esso in
alcuno dei disegni a noi noti dell’antiquario napoletano.
39. Cfr. nota 1.
40. Fréart de Chambray, Parallèle…, cit.
[cfr. nota 1], p. 99.
41. A. Griseri, Quei “benedetti Ligorii”
alla corte di Cristina di Francia, ne Il Libro
dei disegni di Pirro Ligorio all’archivio di
Stato di Torino, a cura di C. Volpi, Torino
1994, p. 52.
51. Cfr. Lemerle, Fréart de Chambray…,
cit. [cfr. nota 3].
52. La citazione è tratta da Curti, La
ricerca di una “regola certa”, cit. [cfr. nota
2], p. XXXII. Fu per esempio grazie a
Sublet de Noyers che Girard Desargues,
inventore della geometria proiettiva,
poté sperimentare nel cantiere del Louvre il suo metodo per la coupe des pierres.
42. Grazie all’intervento di Poussin,
l’Imprimerie Royale diede per esempio
alle stampe l’Historia Augusta, di Angeloni (1641), e l’edizione francese del Trattato della pittura di Leonardo, già ricordata; raccolse inoltre i fondi per la pubblicazione delle Hespérides di padre Ferrari, cfr. N. Solinas, “Portare Roma a
Parigi”. Mecenati, artisti ed eruditi nella
migrazione culturale, in Documentary Culture: Florence and Rome from Grand-Duke
Ferdinand 1 to Pope Alexander 7, a cura di
E. Cropper, Bologna 1992, pp. 227-261.
43. Le citazioni sono tratte in successione dalla lettera di Poussin a Carlo Antonio dal Pozzo, 6 gennaio 1641, in
Jouanny, Correspondance de Nicolas Poussin…, cit. [cfr. nota 38], p. 42; lettera di
Poussin a Cassiano dal Pozzo, 31 maggio
1641, ibid., p. 66; lettera di Poussin a
Cassiano dal Pozzo, 21 novembre 1641,
ibid., p. 106.
44. Si vedano l’intervento di F. Solinas in
Cassiano dal Pozzo. Atti del seminario internazionale di studi, Roma 1989, alla nota
52, p. 109, e Id., Others sources of drawings
119
13|2001 Annali di architettura
Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza
www.cisapalladio.org
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