il pellegrino del 1300
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il pellegrino del 1300
TANGRAM Viaggi nella storia dell’Alto Adige Agenzia certificata ISO 9001 IL PELLEGRINO DEL 1.300 3 maggio 2011 Relatore: prof. Turrini Fortunato Cercare di calarsi nella mentalità dei pellegrini medievali non è semplice perché, vivendo nel XXI secolo, l’attuale visione della vita così come i valori che la caratterizzano sono completamente cambiati. I viaggi che portavano un tempo decine di migliaia di persone ad affrontare viaggi incredibili, oggi ci sembrano impossibili. Partendo dalle nostre zone ci vogliono pressappoco 2.300 chilometri per raggiungere a piedi Santiago di Compostela, se vi si aggiunge anche il ritorno, i chilometri diventano quasi 5.000. Erano motivazioni profonde a spingere i pellegrini a intraprendere tali viaggi per raggiungere il Santuario di Santiago, situato all’estremo confine della Spagna nord-occidentale. Il motivo principale consisteva in un voto, ma anche in penitenza di un peccato che poteva essere espiato attraverso il cammino - visto come ascesi, come purificazione e liberazione dal fardello; - oppure la motivazione poteva essere di ringraziamento per uno scampato pericolo o perché San Giacomo aveva esaudito una preghiera. Durante il suo viaggio, il pellegrino del 1.300 vive molte avventure ma anche disavventure, corre il rischio di essere depredato, impiccato, di ammalarsi a causa della vita promiscua, corre il pericolo di non resistere alle tentazioni della carne e così di non poter proseguire il viaggio visto che il voto di castità non è stato mantenuto; c’è il pericolo infine che non faccia più ritorno a casa. Per spiegare al meglio alcune situazioni nelle quali si imbattevano i pellegrini durante il loro viaggio verso San Giacomo di Compostela, è utile partire da una leggenda che illustra il cosiddetto miracolo jacopeo. Racconta Papa Callisto (Codex Callixtinus, L. V) che nell’anno 1050 circa, un pellegrino tedesco messosi in cammino con il figlio per andare a visitare il sepolcro di Jacopo, si fermò nella città di Tolosa. L’ospite che lo aveva accolto, lo ubriacò e gli nascose un vaso d’argento nella sacca da viaggio che aveva con sé. Quando, la mattina seguente il padre fece per mettersi nuovamente in cammino con il figlio, l’ospite li accusò di avergli rubato il vaso d’argento e aggiunse che li avrebbe fatti punire se il furto fosse stato accertato. Il vaso fu effettivamente trovato nella sacca dei pellegrini che subito furono portati dinanzi al giudice. Il giudice ordinò loro di consegnare tutti i loro averi nelle mani dell’ospite e che uno dei due fosse impiccato. Fu il figlio ad avere la peggio e ad essere impiccato. Il padre in lacrime proseguì il pellegrinaggio. Durante il viaggio di ritorno - erano passati 36 giorni - il padre tornò a piangere sul corpo del figlio ancora pendente dalla forca, ma questi cominciò a consolarlo dicendo: “Padre dolcissimo, non piangere, io mi sento bene perché per tutto questo tempo sono stato sostentato da Sant’Jacopo con celeste dolcezza”. Il padre corse subito in città, la folla staccò il figlio dalla forca e al suo posto fu impiccato l’oste. Così racconta anche Jacopo da Varagine nella sua Legenda Aurea (nella seconda metà del XIII secolo). Questa leggenda, le sue numerose varianti e l’immagine di San Giacomo, sono state rappresentate più volte nelle chiese dell’Italia Settentrionale e nella nostra zona si trovano degli esempi a Termeno e Grissiano, quest’ultimo uno dei santuari più antichi della Regione Trentino-Sudtirolo dedicati a San Giacomo e ad esso consacrato dal vescovo di Trento Altemanno il 12 maggio 1142. Il modo ideale per visitare una città è quello di avere con sé una guida tascabile, pronta a suggerire i punti più interessanti da osservare e alcuni dettagli poco conosciuti. Nella pratica confezione sono incluse mappe, ricostruzioni grafiche, stupende fotografie e tante informazioni utili per conoscere il vero volto di Merano. Un racconto storico in grado di coinvolgere emotivamente il lettore nella drammatica esperienza di un uomo vissuto oltre 5.000 anni fa. Stupende immagini, filmati, ricostruzioni animate e schede didattiche accompagnano la parte narrativo e rendono il Cd-Rom un’importante fonte di consultazione per la scuola e l’intera famiglia. ISBN: 978-88-902852-1-9 In vendita a € 10 presso Tangram, via Portici 204 – 39012 Merano © Tangram 2011 Tel. 0473-210430 www.tangram.it Nel paese di Fondo l’immagine di San Giacomo con ai piedi un pellegrino inginocchiato, è affrescata, ad esempio, su alcune case in segno di ringraziamento. Nel 1482, infatti, in Trentino avvenne una grande pestilenza. Si racconta che alcuni capifamiglia fecero voto a San Giacomo che se fossero rimaste vive le loro famiglie sarebbero andati in pellegrinaggio a Santiago. Al termine della pestilenza le famiglie erano sopravvissute e i sette capifamiglia partirono per Santiago. Pellegrino, termine che si riferisce solo a colui che andava a Compostela, significa straniero e deriva dal termine latino peragrare, ovvero andare per campi proprio perché nel cammino i pellegrini attraversavano campi, boschi e campagne. Colui che arrivava in Terra Santa, una delle mète più ambite di pellegrinaggio, prendeva il nome di palmiere perché, tornando dal Santo Sepolcro di Gerusalemme, portava con sé come simbolo del suo viaggio la palma. Oltre a Santiago di Compostela e a Gerusalemme, un altro luogo di altissima attrattiva e di grandi pellegrinaggi era ed è tuttora Roma, che ospita le tombe dei principi degli Apostoli, Pietro e Paolo, anche se fino al 1940 non si era certi della sepoltura il loco di Pietro. Fu un’archeologa a scoprire nei sotterranei della basilica un muro sul quale c’era scritto “Qui c’è Pietro”. Lo stesso dicasi per San Paolo che, solo grazie a delle sonde che lo scorso anno hanno raggiunto la tomba originaria sotto l’altare maggiore, hanno trovato un’urna con la scritta in caratteri capitali latini “Paulus”, e all’interno del sepolcreto delle ossa. Mentre oggi la reliquia è una parte vera del corpo di un santo, nel medioevo era considerata reliquia qualsiasi cosa che avesse toccato il corpo del santo. È il caso delle reliquie di San Giacomo che il vescovo di Compostela aveva fatto nascondere prima dell’arrivo dei francesi (1808-1809) i quali avevano in seguito depredato ogni oggetto prezioso. Le reliquie del Santo furono ritrovate verso il 1860 e Papa Leone XIII le riconobbe come autentiche nel 1884. Il pellegrinaggio non è un fatto solamente cristiano, né solo dell’epoca medievale; anche gli antichi greci e romani facevano i loro pellegrinaggi: basti pensare ai viaggi per consultare l’oracolo di Delfi o di Apollo a Dodoma; o ai pellegrinaggi degli ebrei (i regalim a Pasqua, a Pentecoste e ai Tabernacoli verso Gerusalemme) o alla consuetudine dei musulmani, obbligati al viaggio sacro verso la Mecca una volta almeno durante la vita. L’Islam ha un mese proprio per i pellegrinaggi, chiamato Dhul Hijja. Mentre il pellegrinaggio a Gerusalemme è antichissimo - si andava al Santo Sepolcro vuoto per sciogliere un voto - quello a Santiago si è divulgato molto più tardi, a cominciare dall’Ottocento. Santiago è il nome di un Santo Apostolo, San Giacomo. I Vangeli ne parlano, affermando che è uno dei prediletti di Gesù Cristo con suo fratello Giovanni e Pietro. Racconta la leggenda che quando gli Apostoli si divisero perché Cristo aveva detto loro di andare in tutto il mondo a predicare, Giacomo prese la via della Spagna. Lì predicò il Verbo ma fece pochissimi discepoli, solo 18. Nel tornare indietro si fermò a Saragozza dove gli apparve la Madonna del Pilar che lo incoraggiò. Tornato attraverso il Mediterraneo in Terra Santa, venne ucciso da Erode per fare un favore ai giudei verso il 43. Il corpo di Giacomo, racconta la leggenda, venne messo su una barca senza remi, senza timone e senza vela e affidato alle acque del Mediterraneo insieme con due discepoli. La barca, oltrepassato lo Stretto di Gibilterra, risalì lungo la Penisola iberica. Il vescovo di Iria Flavia, che era il vescovo cristiano del luogo, riconobbe le reliquie dell’Apostolo e le fece seppellire. Per molto tempo del sepolcro di Giacomo si persero le tracce. Tra gli anni 820-830 un eremita ebbe una visione, vide delle stelle su un campo e udì una voce che gli diceva: “Lì è sepolto il corpo di Giacomo”. Tale luogo è proprio Compostela dove, scavando, venne effettivamente rinvenuto un sarcofago sopra il quale fu subito costruita una cappella votiva. Verso il 990 gli arabi distrussero il tutto ma, per fortuna, il sarcofago rimase intatto sotto le rovine della cappella. Intorno all’anno 1.000 sul posto si ricominciò a costruire una chiesa romanica. Nel 1.130 un grande vescovo di Santiago, Diego Gelmirez, decise di costruire una grande cattedrale che in circa 30 anni raggiunse il suo massimo splendore; venne abbellita nella sua entrata dal cosiddetto “Portico de la Gloria” dove Mastro Matteo scolpì circa 200 statue che a tutt’oggi costituiscono il maggior museo dell’arte romanica, dove sono rappresentati tutti i personaggi dell’Antico Testamento, del Nuovo Testamento e dell’Apocalisse. Sulla colonna centrale del portico si erge la figura di San Giacomo in abito classico; in seguito sarà vestito da pellegrino, col sanrocchino, il tradizionale vestito marrone dei pellegrini, col cappello a tese larghe – il petaso - e la conchiglia di Galizia. La conchiglia è collegata alla leggenda del trasporto del Santo da Padron a Santiago; essa diventa il simbolo dei pellegrini quando un nobile cavaliere s’immerse © Tangram 2011 nell’acqua della ria durante la traslazione del corpo di Giacomo e risalì completamente coperto di conchiglie. Oltre la leggenda, in realtà la conchiglia serviva anche per bere dai torrenti. Il pellegrinaggio alla Cattedrale di Santiago era molto faticoso e complicato. Molte erano le difficoltà incontrate; intemperie, percorsi impervi, ma anche guerre e pericoli di ogni genere che funestavano il cammino dei pellegrini. Si andava a Santiago lungo le strade che provenivano dall’Europa dell’Est, dalla Lituania, dalla Grecia, dalla Bulgaria ma anche dalla Svezia, Danimarca, Olanda, Germania, Gran Bretagna, Belgio, Francia, Italia: tutti confluivano, chi da Nord, chi da Est, chi da Sud verso gli itinerari francesi, di cui quattro partivano da altrettante chiese dedicate a Santi, o le toccavano (S. Martino, S. Maria Maddalena, S. Saturnino, S. Fede, S. Leonardo, S. Ilario). Questi grandi itinerari chiamati “cammini francesi” passavano i Pirenei e dopo circa 650-700 chilometri raggiungevano Santiago. Esistevano anche altri percorsi, che attraversavano tutta la Spagna da Est a Ovest, da Sud a Nord; e altri in Portogallo e lungo l’Atlantico. Il cammino iniziava con una solenne investitura. Il pellegrino, dopo aver fatto testamento di fronte al notaio - perché non sapeva se avrebbe fatto ritorno - e a volte dopo aver ipotecato i propri beni per affrontare le spese del viaggio, partiva dalla chiesa del suo paese dopo la Messa; il parroco recitava una preghiera, benediva il bastone e la bisaccia. Il pellegrino indossava un abito di panno grezzo con cordone (sul tipo dei Francescani per legarlo alla vita) che arrivava fino ai piedi (dal XV secolo per i soli uomini fino al ginocchio) e sopra portava una mantellina impermeabile – o sanrocchino o pellegrina. Aveva in dotazione un grosso bastone, chiamato bordone, alto circa 2 metri con una punta di ferro che serviva per difendersi dai lupi, dai cani ma anche dai briganti. Sull’estremità superiore v’erano una o due tacche, alle quali si poteva appendere una zucca svuotata che serviva per riserva di acqua. Con questo abbigliamento, il pellegrino si distingueva da tutti gli altri ed entrava a far parte di un ordine, di una categoria speciale protetta dalla legge. Due erano però le grandi preoccupazioni: la prima era quella di trovare un alloggio, la seconda di incappare nei briganti. La notte, infatti, il pellegrino cercava ospitalità nelle osterie dove, però, il pericolo più grande era rappresentato proprio dall’oste che, se si accorgeva che il pellegrino aveva con sé soldi, gli tagliava la gola. Per poter comunicare con la gente dei luoghi dove transitava, era prassi che il pellegrino portasse appresso un prontuario con le domande e risposte più utilizzate nella lingua del luogo. Difficile era anche trovare dove lavare i vestiti che erano infestati dai parassiti, così come trovare da mangiare. È infatti solo dopo l’anno 1.100 che si stabiliscono delle piccole osterie lungo il percorso. Uno dei maggiori pericoli era rappresentato dal rischio di imbattersi nei coquillards una banda armata di circa 500 affiliati che prendeva di mira i pellegrini depredandoli o uccidendoli. Per soccorrere i pellegrini sorsero ben presto delle istituzioni religiose che si dedicavano alla protezione e all’aiuto dei viandanti: i primi furono i Benedettini e gli Agostiniani (monastero di Roncisvalle); poi gli Ordini medievali dei Cavalieri di S. Giovanni, dei Templari, dei Teutonici, dei Trinitari. Nel XII secolo si affermò l’Ordine di S. Giacomo, che aveva sul proprio vessillo la figura di S. Giacomo Matamoros (a ricordo delle imprese contro gli Arabi in Spagna), e sul retro della bandiera – benedetta la prima volta nel 1175 dal Papa Alessandro III la spada rossa a forma di croce, divenuta uno dei simboli della devozione jacopea. Se si era impossibilitati ad andare di persona in pellegrinaggio, vigeva la pratica del pagare qualcun altro che andasse al proprio posto. Un caso locale è dato dall’arciduca Sigismondo d’Austria (che fece costruire nel 1480 il Castello Principesco di Merano) e dalla moglie Eleonora di Scozia che nel 1466 inviarono a Santiago un reliquiario in argento attraverso un amico. Molti furono anche i nobili sudtirolesi che fecero voto in altrettante chiese visto che il vescovo di Bressanone, Niccolò di Cusa, nel 1453 aveva consigliato ai preti, nel suo sinodo di non incoraggiare nessun altro pellegrinaggio se non quelli alla chiesa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo a Roma, alla chiesa di Bressanone, a Santiago di Compostela o al massimo alla chiesa di Aquisgrana dove c’era il sepolcro di Carlo Magno o alla chiesa di Aquileia. Quest’ordine veniva talmente preso alla lettera che se non si andava in pellegrinaggio era obbligatorio mandare qualcun altro (si trattava della consuetudine medievale del pellegrinaggio vicario). Quando il pellegrino arrivava a Santiago, partecipava a numerose cerimonie, tra cui quella in cui si faceva roteare all’intero della cattedrale un grande incensiere d’argento (il botafumeiro) che spargeva profumo d’incenso per tenere lontano l’odore della folla accalcata. © Tangram 2011 Accanto a questo ancor oggi sono numerosi i riti che si compiono quando si arriva in cattedrale: dopo aver fatto apporre l’ultimo timbro sulla Compostela o Credencial, il documento che attesta il cammino effettuato, si sale dietro l’altare dove è situata la statua di San Giacomo, la si abbraccia pronunciando le seguenti parole “Amico mio raccomandami a Dio” che fa pendant con l’altra frase che si pronuncia all’inizio del pellegrinaggio “Ultreja, suseja, Deus adjuva nos“, cioè: Avanti, su andiamo, Dio aiutaci”. Un altro rito consiste nell’inserire le cinque dita della mano in altrettanti buchi presenti nella colonna sotto la statua di San Giacomo nel porticato della Gloria, pronunciando la frase “Guarda Giacomo io ho compiuto il mio dovere adesso aiutami”. Dietro questa colonna vi è la testa di Mastro Matteo sulla quale si batte tre volte con la propria testa, per dirgli, forse, “Dammi la tua testa Mastro Matteo” o forse per farsi perdonare i peccati di superbia. L’ultimo rito consiste nel baciare i piedi alla statua di Re David in segno di ringraziamento ai piedi che hanno portato li pellegrino sino alla cattedrale. Merita ricordare le parole, che l’attuale arcivescovo di Santiago ha scritto in una lettera pastorale, a 800 anni dalla consacrazione della cattedrale di S. Giacomo: parlando del pellegrinaggio jacopeo afferma “Questo è forse uno degli itinerari più attraenti e affascinanti, per sentire l’amore di Dio e per amare Dio”. Egli aggiunge, a proposito della grande chiesa romanica: “Possiamo considerare la nostra cattedrale come una maestra, quando ci spiega la fede attraverso il “Portico de la Gloria”, come un’ospite, quando accoglie il pellegrino stanco per le fatiche e le prove della vita, come la guardiana che veglia sulla tomba di San Giacomo Apostolo” (aprile 2011). © Tangram 2011