Diritto Penale - Reati contro l`Individuo

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Diritto Penale - Reati contro l`Individuo
Diritto Penale (parte speciale)
REATI CONTRO L’INDIVIDUO
REATI CONTRO LA PERSONA
REATI CONTRO LA VITA E L’INCOLUMITÀ PERSONALE
L’omicidio in generale
NOZIONE
GENERALE:
Per omicidio si intende l’uccisione di un uomo cagionata da un
altro uomo con dolo o colpa e senza il concorso di cause di giustificazione.
Oggetto giurdico: tutela della vita umana
Oggetto materiale: è un uomo diverso dall’agente (n.b. il sucidio nell’ordinamento
attuale non è punito nemmeno a titolo di tentativo).
Ai fini del diritto penale il soggetto è considerato uomo dal momento un cui si verifica
il distacco del feto dall’utero materno. È necessario che il soggetto passivo sia vivo, in
quanto l’azione che cade sul soggetto morto non configurerebbe reato per mancanza di
oggetto materiale (art. 49, 2° comma c.p.).
Le condizioni del corpo e della mente, la nazionalità e altre caratteristiche sono
irrilevanti aifini dell’esistenza del reato. Al più la posizione sociale può rilevare qualora
si tratti di omicidio del Sommo Pontefice, del Capo di Stato italiano o straniero che
origina reato autonomo. MONSTRA: si discute se il fatto che ricade sui mostri possa
configurare omicidio o meno, ossia se i mostra siano considerati uomini o meno. Ai fini
del diritto positivo la soppressione è punita a titolo di omicidio salvo la deformità sia
tale da non consentire la qualifica dell’essere come uomo.
Poiché la vita umana termina con l’evento morte ogni condotta idonea a configurare
omicidio rivolta verso un uomo vivo importerà responsabilità penale, ancorché il
soggetto passivo sia condannato a morte, ovvero sia malato terminale.
Elemento oggettivo: il fatto materiale si compone di tre elementi: condotta, evento e
nesso causale.
Condotta = l’omicidio è un reato a forma libera, ossia la legge non sanziona una
determinata condotta, potendo realizzare il risultato qualsiasi azione od omissione. Non
è nemmeno richiesto l’uso di particolari mezzi. L’omicidio potrà pertanto compiersi
mediante mezzi fisici o psichici, ovvero mediante mezzi indiretti (es.: chi aizza contro
un altro uomo un cane).
Evento = morte della persona su cui cade l’azione dell’agente. Per morte si intende
l’arresto delle funzioni del sistema nervoso centrale.
Nesso causale = al riguardo secondo la teoria della causalità umana la condotta
dell’uomo è causa dell’evento quando la prima è antecedente necessario del secondo e
non siano concorsi fatti eccezionali che abbiano avuto un’influenza decisiva sul
verificarsi dell’evento.
Momento consumativo: il reato si consuma con l’evento morte. È ipotizzabile sia il
tentativo incompiuto (l’azione non è compiuta), sia il tentativo compiuto (l’azione è
compiuta, ma l’evento non si verifica).
Elemento soggettivo: il codice punisce l’omicidio doloso comune, l’omicidio
preterintenzionale e l’omicidio colposo.
Art. 575 c.p.: Omicidio doloso comune
Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito...
Elemento soggettivo: consiste nella coscienza e volontà di cagionare la morte di un
uomo (dolo generale). in precedenza il codice poneva l’accento sul fine di uccidere,
ma tale locuzione fu in seguito soppressa in quanto si è ritenuto che l’animus occidenti
o necandi non è necessario. Al riguardo il dolo richiesto non è diretto o intenzionale
bastando anche solo il dolo indiretto o eventuale. In altre parole riccorre la figura
dell’omicidio anche quando il soggetto agente non abbia voluto l’evento, ma l’abbia
previsto e ne abbia accettato la possibilità del suo verificarsi.
Aggravanti speciali sono previste dagli articoli 576 e 577 ed importano l’abrogata
pena di morte, l’ergastolo o la reclusione da 24 a 30 anni. Le aggravanti in parola
possono distinguersi nel seguente modo:
I)
aggravanti concernenti l’elemento soggettivo:
a. l’aver commesso il fatto con premeditazione: premeditazione non
significa commettere il fatto con frigido pacatoque animo in quanto il
fatto è sempre commesso con una certa concitazione. Al fine della
premeditazione occorre:
lasso di tempo tra risoluzione criminosa e atturazione
accurata preparazione (macchinazione): tale requisito è stato
criticato in quanto si è sostenuto che basta l’elemento
cronologico per configurare premeditazione. A risposta si
osserva che nel lasso di tempo non è certo che la risoluzione
rimanga ferma. In oltre l’intervallo di tempo può dipendere da
cause esterne dalla volontà del reo.
Si osserva che l’aggravante è compatibile con l’attenuante generica di
aver agito su provocazione in quanto lo stato d’ira può permanere tra la
risoluzione e l’attuazione del delitto.
b. l’aver agito per motivi abietti o futili: al riguardo si osserva che
abietto = motivo che secondo l’id quod plerumque accidit
spinge ad azioni profondamente immorali e ignobili
II)
futile = motivo che genera una condotta sproporzionata
aggravanti concernenti le modalità o i mezzi dell’azione:
a. l’aver adoperato sevizie / l’aver agito con crudeltà verso le persone: al
riguardo si osserva che
sevizia = ogni mezzo non necessario a commettere il reato
crudeltà = assoluta mancanza di sentimenti umanitari
b. l’aver commesso il fatto col mezzo di sostanze venefiche, ovvero con
altro mezzo insidioso
III)
aggravanti concernenti la connessione con altri reati:
a. l’aver commesso il fatto per eseguire un altro reato
b. l’aver commesso il fatto per occultare un altro reato
c. l’aver commesso un fatto per conseguire / assicurare a sé o ad altri il
profitto / il prodotto / il prezzo / l’impunità di un altro reato
d. l’aver commesso il fatto nell’atto di commettere un delitto di violenza
sessuale
IV)
aggravanti concernenti la qualità del soggetto attivo:
a. omicidio commesso dal latitante per sottrarsi all’arresto, alla cattura o
alla carcerazione, ovvero per procurarsi i mezzi di sussistenza durante
la latitanza: al riguardo si osserva che
latitante
=
colui
che
si
è
sottratto
volontariamente
all’esecuzione di un ordinanze di custodia cautelare, arresti
domiciliari e odrine di carcerazione
b. omicidio commesso dall’associato per delinquere per sottrarsi
all’arresto, alla cattura o alla carcerazione: la qualità di associato deve
essere accertata con sentenza di condanna irrevocabile
V)
aggravanti concernenti i rapporti tra colpevole e l’offeso:
a. l’aver commesso il fatto contro l’ascendente o il discendente
(parricidio)
b. l’aver commesso il fatto contro il coniuge, il fratello / la sorella, il
padre / la madre adottivi, il figlio adottivo o contro un affine in linea
retta (quasi parricidio o parricidio improprio)
Art. 578 c.p.: Infanticidio in condizioni di abbandono materiale o morale
La madre che cagiona la morte del proprio neonato immediatamente dopo il parto, o del feto durante
il parto, quando il fatto è determinato da condizioni di abbandono materiale o morale connesse al parto, è
punita...
A coloro che concorrono nel fatto di cui al primo comma si applica... Tuttavia se essi hanno agito al
solo scopo di favorire la madre la pena può essere diminuita...
Non si applicano le aggravanti stabilite dall’articolo 61 del codice penale.
Soggetto attivo: trattasi di reato proprio in quanto l’unico soggetto è la madre. Sono
previste pene per coloro che abbiano concorso nel fatto (risponderanno di omicidio
doloso comune), ma la pena è mitigata per coloro che hanno agito al solo scopo di
favorire la madre.
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste nell’uccisione del feto durante il parto
(feticidio) ovvero nell’uccisione del neonato dopo il parto (infanticidio).
Feticidio = è tale quando è compiuto il processo fisiologico della gravidanza, in quanto
altrimenti si tratterebbe di aborto. Più precisamente il delitto si ha quando la morte è
cagionata nello stadio di transizione tra il distacco del feto dall’utero materno e il
momento in cui il prodotto del concepimento acquista vita autonoma. Il distacco del
feto si ha quando si verificano le doglie in caso di parto naturale, ovvero al momento
dell’operazione in caso di parto artificiale.
Infanticidio = è tale quando l’evento morte interessa il prodotto della gestazione che è
completamente uscito dal ventre materno. Prova della vita è l’avvenuta respirazione. La legge richiede che l’uccisione avvenga immediatamente dopo il parto, ossia che
avvenga durante il periodo di perturbamento psichico successivo al parto. Se l’uccisione
avviene dopo tale stadio l’agente risponderà di omicidio doloso comune.
PARTO  CONDIZIONI DI ABBANDONO MATERIALE O MORALE UCCISIONE DEL FETO O
DEL NEONATO
Si richiede che le condizioni di abbandono materiale o morale siano connesse al parto
e che tali condizioni abbiano portato la madre a determinarsi per l’uccisione del feto o
del neonato.
Momento consumativo: al riguardo vale mutati mutandis quanto detto sull’omicidio in
generale.
Elemento soggettivo: consiste nella coscienza e volontà di cagionare la morte del
neonato o del feto unitamente alla consapevolezza delle condizioni di abbandono
materiale o morale (dolo generico).
Nell’ipotesi in cui non ricorra dolo, ma colpa il fatto sarà punibile a titolo di omicidio
colposo non esistendo alcuna specifica ipotesi di reato.
-
non si applicano le aggravanti comuni, né quelle speciali
-
non si applica l’attenuante comune dei motivi di particolare valore morale e sociale
Art. 579 c.p.: Omicidio del consenziente
Chiunque cagiona la morte di un uomo, con il consenso di lui, è punito...
Non si applicano le aggravanti indicate nell’articolo 61.
Si applicano le disposizioni relative all’omicidio se il fatto è commesso:
1) contro una persona minore degli anni 18
2) contro una persona inferma di mente o che si trova in condizioni di deficienza psichica per
un’altra infermità o per l’abuso di sostanze alcoliche o stupefacenti
3) contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o
suggestione, ovvero carpito con l’inganno
Sebbene il codice consideri il bene della vita come indisponibile, non può sottacere
l’influenza che esercita sul colpevole il consenso della vittima.
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste nel cagionare la morte dell’uomo con il
consenso di lui.
Consenso della vittima = permesso che deve essere inequivoco. Può essere manifestato
mediante qualsiasi forma e pertanto può essere anche tacito (per facta concludentia). Il
consenso può essere sottoposto a condizione ed è revocabile. In caso non vengano
rispettate le condizioni il colpevole risponderà a titolo di omicidio doloso comune. Per
l’incontro il desiderio o l’indifferenza non sono idonee a configurare consenso della
vittima.
Momento consumativo: al riguardo vale quanto detto mutati mutandis sull’omicidio in
generale.
Elemento soggettivo: consiste nella coscienza e volontà di agire con il consenso della
vittima.
L’errore che cade sul ritenere esistente il consenso della vittima non esclude
l’applicazione dell’art. 579 c.p. in quanto in generale è prevista l’applicazione delle
cause di giustificazione quand’anche esse siano ritenute erroneamente esistenti
dall’agente.
-
non si applicano le aggravanti comuni
Art. 580 c.p.: Istigazione o aiuto al suicidio
Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in
qualsiasi modo l’esecuzione, è punito se il suicidio avviene... Se il suicidio non avviene, è punito [...]
sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima.
Le pene sono aumentate se la persona istigata o eccitata o aiutata si trova in una delle condizioni
indicate nei numeri 1 e 2 dell’articolo precedente. Nondimeno, se la persona suddetta è minore degli anni
14 o comunque priva della capacità di intendere o di volere si applicano le disposizioni relative
all’omicidio.
Il reato rappresenta un caso anomalo in quanto il compartecipe è punito, mentre così
non lo è il suicida
Presupposto: affinché il reato sia punibile occorre che si verifichino alternativamente
due condizioni:
-
che avvenga il suicidio
-
che dal tentativo di suicidio derivi una lesione grave o gravissima
Ove nessuna di queste si verifichi l’istigatore non sarà punibile.
Oltre a ciò si richiede che il soggetto istigato o aiutato:
-
non sia minore di 14 anni
-
non sia incapace di intendere o di volere
Ove ciò non risulti il colpevole risponderà di omicidio doloso comune.
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste nel:
- determinare altri al suicidio (partecipazione psichica)
- rafforzare l’autrui proposito al suicidio (partecipazione psichica)
- agevolare l’esecuzione del suicidio (partecipazione materiale)
In altri termini il soggetto partecipa al suicidio altrui. La partecipazione potrà
concretarsi tanto in un’azione quanto in un’omissione purché in questo caso sussista un
obbligo giuridico ad attivarsi.
Tra partecipazione e suicidio deve correre un nesso di causalità e pertanto quando il
fatto non abbia un’infulenza decisiva sul suicidio l’istigatore non potrà essere chiamato
a rispondere.
DOPPIO
SUICIDIO CON SOPRAVVIVENZA DI UNO DEI DUE:
al riguardo occorre
distinguere quando:
- chi sopravvive è stato autore della morte dell’altro omicidio del consenziente
- chi sopravvive ha determinato, rafforzato il proposito o agevolato il suicidio
dell’altro istigazione o aiuto al suicidio
- chi sopravvive è stato vittima dell’azione dell’altro suicida non costituisce
reato
Momento consumativo: il reato si consuma nel momento in cui si verifica il suicidio
ovvero si verifichi la lesione grave o gravissima.
Elemento soggettivo: consiste nella coscienza e volontà di determinare o rafforzare
l’altrui proposito al suicidio, ovvero nell’agevolare l’esecuzione del suicidio (dolo
generale). L’agente risponderà del delitto anche quando abbia previsto la possibilità del
suicidio e ne abbia accettato il rischio (dolo indiretto o eventuale).
Aggravanti speciali sono previte dallo stesso articolo quando il soggetto istigato,
eccitato o agevolato è:
1) è maggiore degli anni 14 ma minore degli anni 18
2) è infermo di mente o in condizioni di deficienza psichica per altra infermità o
per l’abuso di sostanze alcoliche o stupefacenti
Art. 584 c.p.: Omicidio preterintenzionale
Chiunque, con atti diretti a commettere uno dai delitti preveduti dagli articoli 581 e 582, cagiona la
morte di un uomo, è punito...
Il delitto preterintenzionale non è un tertium genus che sta tra il dolo e la colpa.
L’agente ha voluto l’azione e il suo risultato tipico. Il prodursi di un ulteriore evento
configura delitto aggravato dall’evento. In questo caso l’evento viene attribuito
all’agente a titolo di responsabilità oggettiva, ossia in quanto vi è un nesso di causalità
tra questo e la condotta dell’agente.
SENTENZA
DELLA
CORTE COSTITUZIONALE 23 – 03 – 1988: in tale sentenza la Corte ha
affermato il principio della responsabilità colpevole ossia che l’elemento psicologico (almeno la colpa)
deve essere sempre ricercato almeno negli elementi essenziali della fattispecie tipica. La giurisprudenza
ha in sostanza richiesto che l’evento sia raffigurato come sviluppo prevedibile dell’azione.
Si osserva però che si dovrebbe trattare di prevedibilità in astratto in quanto se l’evento (morte) era
prevedibile e l’agente ha proseguito la sua azione dimostrando l’accettazione del richio dell’avverarsi
dell’evento più grave egli risponderà a titolo di omicidio doloso comune in quanto l’elemento soggettivo
configura dolo indiretto o eventuale. Accettando la prevedibilità in astratto, si corre il rischio di cadere
nella colpa presunta, ossia nella inosservanza della legge che sanziona il reato base. L’evento – morte
sarà così cagionato dall’agente con colpa (presunta) in quanto se avesse osservato il precetto che vietava
di porre in essere atti diretti a percuotere o a ledere (regola di diligenza secondo una nozione allargata di
osservanza di leggi ex art. 43 c.p.) tale evento non si sarebbe verificato.
In definitiva continua a richiedersi solo l’esistenza del nesso di causalità. A seconda
della teoria causale che si accoglie la soluzione del problema sarà differente:
TEORIA
DELLA
CONDICIO
SINE
QUA
NON:
l’omicidio
sarà
preterintenzione tutte le volte in cui l’evento – morte non si sarebbe
verificato senza l’azione del colpevole (es.: la vittima portata in
ospedale per essere lievemente ferita decede qui a causa di una bomba)
TEORIA
DELLA CAUSALITÀ UMANA:
il nesso eziologico tra condotta
dell’agente ed evento – morte dovrà escludersi tutte le volte in cui questo
si sia verificato per il concorso di fattori eccezionali che abbiano avuto
un’influenza decisiva.
Presupposto: che siano posti in essere atti diretti a commettere i delitti di percosse
ovvero di lesioni personali. Non si richiede che tali reati si siano consumati, bastando il
tentativo.
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste nel commettere atti diretti a percuotere o
a ledere.
Momento consumativo: il reato si consuma con l’evento morte. In quanto la volontà
dell’agente non interessa tale evento il tentativo non può concepirsi.
Elemento soggettivo: consiste nella coscienza e volontà di compiere gli atti del reato –
base (percosse o lesioni personali).
Aggravanti speciali sono costituite da quelle previste per l’omicidio doloso comune,
ovvero dall’ipotesi in cui il fatto è commesso con armi o con sostanze corrosive.
Art. 589 c.p.: Omicidio colposo
Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito...
Basti qui notare che l’evento non può considerarsi condizione di punibilità del soggetto
agente. Ciò è rilevante ai fini del momento consumativo, in quanto accogliendo tale tesi
il reato sarebbe consumato nel momento in cui si contravviene alle regole di diligenza.
Art. 586 c.p.: Morte o lesioni come conseguenza di altro delitto
Quando da un fatto preveduto come delitto doloso deriva la morte o la lesione di una persona, si
applicano le disposizioni dell’articolo 83, ma le pene stabilite negli articoli 589 e 590 sono aumentate.
● Art. 83 c.p.: configura l’ipotesi denominata aberratio delicti ossia quando per errore
nei mezzi di esecuzione del reato o per altra causa si cagiona un’evento diverso da
quello voluto. In tali ipotesi il colpevole risponde del fatto a titolo di colpa quando
questo è previsto dalla legge come delitto colposto.
Quando oltre all’evento non voluto è cagionato l’evento voluto allora si applicheranno
le regole sul concorso dei reati.
Si tratta di capire se il colpevole del fatto risponda dell’ulteriore evento non voluto
(morte o lesione) per il semplice nesso eziologico e quindi a titolo di responsabilità
oggettiva, ovvero occorre l’accertamento della colpa in relazione all’evento non voluto.
La soluzione che appare preferibile in quanto costituisce applicazione del principio
generale in dubio pro reo è quella che ravvisa l’accertamento della colpa nell’evento
non voluto (morte o lesione).
Art. 582 c.p.: Lesione personale
Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella
mente, è punito...
Se la malattia ha durata non superiore ai 20 gg. e non concorre alcuna delle circostanze aggravanti
previste negli articoli 583 e 583, ad eccezione di quelle indicate nel numero 1 e nell’ultima parte
dell’articolo 577, il delitto è punibile a querela della persona offesa.
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste nel cagionare una lesione da cui deriva
una malattia.
DUE
EVENTI NATURALISTICI:
dall’analisi del delitto appare che due siano gli eventi
che si devono verificare per aversi tale reato:
condotta lesione malattia
UN
EVENTO NATURALISTICO:
ad una migliore analisi si osserva che per aversi
malattia non è necessaria una lesione intesa come il ricorso alla violenza fisica.
condotta malattia
Lesione = può essere determinata tanto con mezzi fisici quanto con mezzi psichici, può
concretarsi tanto in un’azione quanto in un’omissione. Da ciò la lesione non configura
evento naturalistico.
Malattia = è l’evento naturalistico del reato di durata compresa tra i 20 gg. e i 40 gg.
Con tale termine si vuole intendere il processo patologico, acuto o cronico, localizzato
o diffuso che determina un’apprezzabile menomazione funzionale dell’organismo. La
malattia non è uno stato, bensì un processo, ossia una successione di fenomeni da cui
potrà derivare la guarigione, una nuova condizione di vita o la morte. L’apprezzabile
menomazione funzionale può riguardare tanto l’organismo fisico (cd. malattia nel
corpo) quanto l’organismo psichico (cd. malattia nella mente).
Momento consumativo: il reato si consuma nel momento in cui si verifica la malattia.
È ipotizzabile il tentativo.
Al riguardo si nota che la malattia di durata inferiore ai 20 gg. comporta la
perseguibilità del delitto a querela di parte. Quid iuris riguardo al tentativo? Cassazione:
ha stabilito si deve considerare l’ipotesi del reato – base e pertanto essendo questo
perseguibile d’ufficio, anche il tentativo sarà tale. Critica: costituisce un’assurdo il fatto
che quando sia cagionata la malattia con durata inferiore ai 20 gg. il delitto sia
perseguibile mediante querela ed esso invece debba essere perseguito d’ufficio quando
rinaga allo stadio del tentativo, ossia quando non si sia nemmeno prodotto l’evento –
malattia.
Elemento soggettivo: consiste nella coscienza e volontà di cagionare in qualsiasi modo
una malattia (dolo generico eventuale o indiretto).
Ove ricorra il proposito di uccidere (cd. animus nefandi) il soggetto non risponderà di
tale delitto ma di tentativo di omicidio.
Aggravanti speciali sono quelle sancite dagli artt. 576 e 577 c.p. ossia:
I)
aggravanti relative all’elemento soggettivo:
a. l’aver commesso il fatto con premeditazione
b. l’aver commesso il fatto per motivi abietti o futili
II)
aggravanti relative alle modalità o ai mezzi dell’azione:
a. l’aver adoperato sevizie / l’aver agito con crudeltà verso le persone
b. l’aver commesso il fatto col mezzo di sostanze venefiche, ovvero con
altro mezzo insidioso
c. l’aver commesso il fatto con armi o sostanze corrosive
III)
aggravanti relative alla connessione di reati:
a. l’aver commesso il fatto per eseguire un altro reato
b. l’aver commesso il fatto per occultare un altro reato
c. l’aver commesso un fatto per conseguire / assicurare a sé o ad altri il
profitto / il prodotto / il prezzo / l’impunità di un altro reato
d. l’aver commesso il fatto nell’atto di commettere un delitto di violenza
sessuale
IV)
aggravanti relative alla qualità del soggetto attivo:
a. lesione commessa dal latitante per sottrarsi all’arresto, cattura o
carcerazione, ovvero per procurarsi i mezzi di sussistenza durante la
latitanza
b. lesione
commessa
dall’associato
per
delinquere
per
all’arresto, cattura o carcerazione
V)
aggravanti relative ai rapporti tra colpevole e vittima:
a. l’aver commesso il fatto contro l’ascendente o il discendente
sottrarsi
b. l’aver commesso il fatto contro il coniuge, il fratello / la sorella, il
padre adottivo / la madre adottiva, il figlio adottivo o contro un affine
in linea retta
Forma attenuata: è prevista quando la lesione personale importa una malattia di
durata inferiore ai 20 gg. senza che possa qualificarsi lesione grave o gravissima o
ricorrano le aggravanti previste dagli articoli 576 – 577 e 585 c.p. Il delitto è punibile su
querela di parte (cd. lesione lievissima).
Art. 583 c.p.: Lesione personale grave e gravissima
La lesione personale è grave [...]:
1) se dal fatto deriva una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa, ovvero una
malattia o un’incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai 40 gg.
2) se il fatto produce un indebolimento permanente di un senso o di un organo
La lesione personale è gravissima [...] se dal fatto deriva:
1) una malattia certamente o probabilmente insanabile
2) la perdita di un senso
3) la perdita di un arto o una mutilazione che renda l’arto inservibile, ovvero la perdita dell’uso di
un organo o della capacità di procreare ovvero una permamente e grave difficoltà della favella
4) la deformazione, ovvero lo sfregio permanente del viso
Il problema è determinare se si tratti di reati autonomi rispetto all’ipotesi di lesioni
personali ovvero costituiscano circostanze aggravanti.
LESIONI GRAVI E GRAVISSIME COME CIROCSTANZE AGGRAVANTI: in merito si osserva
che il codice reca come relativa rubrica circostanze aggravanti.
Tale intendimento comporterebbe che tali eventi vengono attribuiti al colpevole per il
solo fatto di verificarsi, ossia in virtù del nesso eziologico che li lega alla condotta del
colpevole, prescindendo da ogni indagine sull’elemento soggettivo e quindi a titolo di
responsabilità oggettiva.
L’intendimento di tali delitti come circostanze aggravanti condurebbe ad esiti assurdi. Ad esempio
risponderebbe per lesione grave chi sferrando un leggero pugno provochi alla vittima la caduta di uno o
due denti vacillanti; mentre risponderebbe per lesione gravissima chi con un urto provochi la lesione
permanente della lingua da cui permanente e grave difficoltà nella favella.
LESIONI
GRAVI O GRAVISSIME COME REATI AUTONOMI:
in merito si osserva che la
rubrica non costituisce vincolo interpretativo e nell’articolo ai due reati viene attribuito
un nomen iuris particolare che vale a renderli reati autonomi. Il codice infatti non usa
tale tecnica per reati circostanziati.
Nel delitto di lesione personale si considera l’evento malattia, mentre nei delitti di
lesioni gravi o gravissime vi sono eventi che possono prodursi senza il prodursi della
malattia. Tuttavia ciò può contestarsi sulla base della nozione di malattia che si voglia
accogliere. Se però si tiene in considerazione l’ipotesi che dal fatto derivi una malattia o
un’incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai 40
giorni, la presenza della o disgiuntiva fa intendere l’incapacità in parola è diversa dalla
malattia.
Il fatto che un elemento essenziale del delitto di lesione personale, ossia la malattia,
non sia ricompreso nel delitto di lesione grave o gravissima fa intendere che non siamo
di fronte ad ipotesi di delitto circostanziato. Infatti un delitto è circostanziato quando
possiede tutti gli elementi specializzanti del reato – base più altri elementi particolari.
ACCOGLIENDO
LA TESI PER CUI TALI DELITTI CONFIGURANO REATI AUTONOMI LE
CONSEGUENZE SARANNO LE SEGUENTI:
Momento consumativo: il reato si consuma nel momento in cui si verifica uno degli
eventi previsti in relazione ai due delitti dall’articolo in parola. Ove si ammettesse la tesi
che tali delitti siano reati circostanziati il momento consumativo coinciderà con il
verificarsi della malattia.
Il tentativo è ipotizzabile in relazione anche a tali reati. La difficoltà pratica consiste nel
distinguo tra tentativo di lesioni personali e tentativo di lesioni gravi o gravissime.
Dottrina e giurisprudenza sono concordi nel ritenere che ai fini del tentativo rilevi solo il
delitto di lesioni, ma ciò costituirebbe un ingiustificato trattamento benevolo.
Deve ritenersi che il giudice sarà chiamato a verificare nel caso concreto se si sono
compiuti atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere il delitto di lesioni
gravi o gravissime e nel caso dubbio si applicherà al tentativo la disciplina del delitto di
lesioni personali (in dubio pro reo).
Elemento soggettivo: consisterà nella coscienza e volontà a cagionare il relativo evento
(dolo generico indiretto o eventuale).
Il problema sorgerà nel cso in cui il soggetto cagionando in qualsiasi modo una
malattia (delitto di lesioni personali) abbia cagionato altresì un evento più grave non
voluto (cd. lesione preterintenzionale). In tale ipotesi si ricorrerà all’articolo 586 c.p.
che prevede l’applicazione dell’art. 83 (aberratio delicti) quando dal fatto previto come
delitto doloso derivi la lesione o la morte di una persona. Per tanto il reo risponderà di:
LESIONE PERSONALE DOLOSA + LESIONE GRAVE O GRAVISSIMA COLPOSA
Ci si è chiesti se la riforma dell’art. 59 che impone di valutare a carico dell’agente le
circostanze aggravanti da lui conosciute ovvero colpevolmente ignorate o ritenute
inesistenti per errore inescusabile abbia spostato i termini della questione.
Si osserva che le circostanze aggravanti in parola sono quelle antecedenti o
contemporanee alla condotta dell’agente, mentre quelle che l’articolo 583 sarebbero
successive (eventi).
Lesione grave: eventi
1. malattia che mette in pericolo la vita della persona
2. incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni
-
ordinarie occupazioni = consueta attività dell’uomo non vietata dalla
legge
3. indebolimento permanente di un senso o di un organo
-
senso = mezzo di connessione tra l’individuo e il mondo esteriore
-
organo = insieme di parti del corpo che attendono ad una determinata
funzione
Lesione gravissima: eventi
1. malattia certamente o probabilmente insanabile
2. perdita di un senso
3. perdita di un arto o la sua mutilazione
4. perdita di un organo
5. perdita della capacità di procreare:
-
capacità di procreare = la perdità comprende l’impotentia coeundi e
generandi e l’incapacità di parto
6. permanente e grave difficoltà nella favella:
-
permanente e grave difficoltà = situazione di notevole inferiorità rispetto agli
altri
7. deformazione o sfregio permanente del viso:
-
viso = comprende il volto e la parte del corpo visibile stando di fronte alla
persona
-
deformazione = è tale l’alterazione che genere ripugnanza e ribrezzo
-
sfregio = è tale l’alterazione notevole dell’armonia e della regolarità dei
lineamenti
Art. 590 c.p.: Lesioni personali colpose
Chiunque cagiona ad altri per colpa una lesione personale è punito...
Se la lesione è grave la pena è [...]; se è gravissima [...].
Se i fatti di cui al precedente capoverso sono commessi con violazione delle norme sulla disciplina
della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro...
Nel caso di lesioni a più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle
violazioni commesse...
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo i casi previsti nel primo e secondo
capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni
sul lavoro o relative all’igene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale.
Al rigurardo basta osservare che il delitto è punibile a querela di parte salvo si tratti di
lesioni gravi o gravissime derivanti dalla inosservanza di norme:
-
per la prevenzione degli infortuni sul lavoro
-
per l’igene del lavoro
ovvero quando si sia determinata una malattia professionale.
Art. 581 c.p.: Percosse
Chiunque perquote taluno, se dal fatto non deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito a
querela della persona offesa...
Tale disposizione non si applica quando la legge considera la violenza come elemento costitutivo o
come circostanza aggravante di un altro reato.
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste nel percuotere taluno.
Percuotere = urtare violentemente. La percossa generalmente produce una sensazione
dolorosa in chi la subisce, ma non è richiesto dalla norma il generarsi di tale sensazione.
Basta che il fatto sia idoneo a produrla anche se in concreto può mancare.
Tale delitto si differenzia delle lesioni personali in quanto non è richiesto l’evento della
malattia nel corpo o nella mente richiesto in queste. Si discute se l’ecchimosi (cd. lividi)
possano costituire percosse ovvero lesioni personali. È da ritenere che, salvo casi
particolarmente gravi, l’ecchimosi non sia tale da comportare una processo patologico
determinante un’apprezzabile menomazione funzionale dell’organismo.
Momento consumativo: il reato si consuma nel momento in cui si verifica la percossa.
Elemento soggettivo: consiste nella coscienza e volontà di percuotere, ossia di urtare
con violenza un uomo.
REATI CONTRO L’ONORE
Reati contro l’onore in generale
Oggetto giuridico: tutela dell’onore.
NOZIONE
DI
onore: è il valore sociale della persona e comprende le doti morali,
intellettuali, fisiche e altre qualità che concorrono a determinare il pregio dell’individuo
nell’ambiente in cui vive.
Onore soggettivo = sentimento del proprio valore sociale
onore strictu sensu = insieme delle qualità morali che insime al decoro compongono
l’onore latu sensu.
Onore oggettivo = reputazione, ossia la considerazione in cui è tenuto l’individuo dal
pubblico
Occorre porre in rilievo che l’onore sebbene costituisca un insieme di qualità ampio che
varia molto per i tempi, i luoghi e altre circostanze, è costituito da un minimum che non
può disconoscersi a nessun soggetto e deriva dal solo fatto di essere uomo
Delitti contro l’onore sono:
-
inguria = è l’offesa all’onore di una persona alla presenza di questa qui è
offeso prevalentemente l’onore come sentimento del proprio valore sociale
-
diffamazione = è l’offesa all’onore di una persona senza che questa sia
presente qui è offeso prevalentemente l’onore come reputazione
Il reato di diffamazione viene inteso come più grave rispetto all’inguria in quanto
l’offeso non è presente e quindi non ha la possibilità di difendersi.
Si parla di prevalente offesa di un riflesso dell’onore aggiungendo che sia nell’inguria
che nella diffamazione vengono offesi anche i riflessi rispettivamente oggettivi e
soggettivi dell’onore.
Soggetto passivo: il problema riguarda essenzialmente
1. incapaci di intendere o di volere: in merito sebbene si sostenga
l’incapacità per questi soggetti di percepire l’espressione come
offesa, appare contrario ad ogni logica e ad ogni etica non
considerarli al pari degli altri soggetti passivi
2. persone giuridiche: in merito si osserva che non vi sono ragioni per
escludere la possibilità di offesa di tali enti collettivi
3. defunti: essi non sono persone e quindi non possono essere soggetti
passivi. offesa alla memoria dei defunti al più costituisce offesa
per i viventi che potranno essere soggetti passivi (prossimi congiunti,
l’adottante e l’adottato iure proprio)
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste sia nell’inguria che nella diffamazione
nel recare offesa all’onore di una persona.
Offesa = è qualsiasi manifestazione di pensiero che abbia un significato offensivo:
obiettivo: un significato che possa ritenersi tale dalla generalità degl’individui e
pertanto la suscettibilità dell’offeso non è considerata
relativo: ossia il suo significato deve essere valutato in relazione ai tempi, luoghi
e circostanze (come la posizione sociale)
Si noti la verità non esclude di per sé l’offesa tutte le volte che cagioni un’umiliazione
non necessaria.
Momento consumativo: in quanto la condotta si concreta in una manifestazione di
pensiero, perché i reati contro l’onore si consumino occorre che l’offesa pervenga a
conoscenza di un'altra persona (cd. percezione).
Difficile è stabilire ai fini del momento consumativo se i reati in parola siano di pericolo
o di danno in quanto il bene non è materiale. È da rilevare che:
nell’inguria non si richede che il soggetto si sia sentito offeso
nella diffamazione non si richiede che l’offesa trovi credito tra i soggetti
Perseguibilità: sia per l’inguria che per la diffamazione la perseguibilità è a querela
della persona offesa.
MORTE
DELLA PERSONA OFFESA CHE NON HA PROPOSTO QUERELA:
in questo caso il
diritto di querela potrà essere esercitato iure successionis da un prossimo congiunto,
ovvero dall’adottante o dall’adottato.
Art. 594 c.p.: Ingiuria
Chiunque offenda l’onore o il decoro di una persona presente è punito...
Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o
con scritti o disegni, diretti alla persona offesa.
La pena è [...] se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato.
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste nell’offendere l’onore o il decoro di una
persona presente.
Onore = sentimento delle proprie qualità morali
Decoro = sentimento delle proprie qualità intellettuali, fisiche, ecc...
Presenza dell’offeso = è l’elemento specializzante della fattispecie che ne consente il
distinguo dalla diffamazione. Alla presenza di questi è equiparata la comunicazione
telegrafica o telefonica, ovvero con scritti o disegni a lui diretti.
L’ingiuria può essere manifestata tanto con parole (cd. ingiuria verbale) quanto con atti
materiali (cd. ingiuria reale).
La differenza tra ciò che è ingiuria da ciò che non lo è è assai sottile ed è lasciata al
prudente apprezzamento del giudice.
L’ingiuria può essere anche:
-
indiretta: quando l’offesa colpisce una persona diversa da quella a cui è
apparentemente indirizzata (es.: tuo padre non ti ha insegnato l’educazione!)
-
obliqua: quando l’offesa si concreta in negazioni o domande oltraggiose (es.:
io non sono certo un ladro! Lasciando intendere che l’altro lo sia. Sei stato a
rubare? Lasciando intendere la risposta)
-
simbolica: quando l’offesa si concreta in affermazioni apparentemente
innocenti ma allusive
Momento consumativo: in matricolare si veda quanto detto sui reati contro l’onore in
generale.
Il tentativo è astrattamente ipotizzabile,ma il fatto che esso sia in concreto perseguibile a
querela di parte, presuppone che l’offesa sia pervenuta alla conoscenza del soggetto.
Elemento soggettivo: consiste nella coscienza e volontà di offendere la persona (cd.
animus iniuriandi) unita alla consapevolezza della presenza dell’offeso. Trattasi di dolo
generico tanto diretto quanto indiretto. Non può accogliersi la tesi che prospetta il dolo
in re ipsa, in quanto esso è elemento essenziale per l’esistenza del delitto in parola.
FLORIAN: è necessaria l’antisocialità del movente dell’azione. Il dolo è escluso tutte le
volte in cui si verifichi un animus differente (narrandi, iocandi, corrigendi, ecc...) La
tesi non appare necessaria in quanto esistono già le cause di giustificazione che
risolvono il problema.
Aggravanti speciali sono previste nell’ultimo comma dell’articolo in questione. In
particolare il reato è aggravato quando l’offesa:
1) consiste nell’attribuzione di un fatto determinato: ciò non significa che devono
ricorre tutte le particolarità del fatto addebitato, bensì occorre che l’offesa sia
accompagnata da una nota che la faccia apparire vera, credibile
2) avviene in presenza di più persone: nel computo non rientrano l’offeso e
l’agente e gli eventuali compartecipi. Si richiede che le persone presenti abbiano
percezione dell’offesa. Ciò sarà escluso tutte le volte in cui per ragioni fisiche o
per altre cause l’offesa non sia percepibile.
Art. 595 c.p.: Diffamazione
Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con più persone, offende
l’altrui reputazione, è punito...
Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena....
Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in un
atto pubblico, la pena...
Se l’offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, ovvero ad una sua
rappresentanza o ad un’Auotrità costituita in collegio...
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste nell’offendere l’altrui reputazione
comunicando con più persone.
Tre sono i elementi:
1. assenza dell’offeso
2. offesa all’altrui reputazione
3. comunicazione con più persone (cd. divulgazione): in particolare si
osserva che le persone devono essere almeno 2, ma non è richiesto
che la comunicazione avvenga contemporaneamente a tutte
Momento consumativo: il reato si consuma nel momento in cui l’espressione offensiva
è percepita dalle persone. In caso la divulgazione non avvenga contemporaneamente nei
confronti di tutti il reato si consumerà con la comunicazione al secondo soggetto. Le
successive comunicazione rileveranno ai fini della gravità.
Il tentativo è astrattamente ipotizzabile.
Elemento soggettivo: consiste nella coscienza e volontà di offendere l’altrui
reputazione (cd. animus diffamandi) unitamente alla consapevolezza di comunicare con
più persone. Trattasi di dolo generico che può essere sia diretto che indiretto.
Aggravanti speciali ricorrono quando l’offesa:
1) consiste nell’attribuzione di un fatto determinato
2) è recata con mezzo della stampa, altro mezzo di pubblicità o in atto pubblico
3) è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, ovvero ad una sua
rappresentanza o ad un’Autorità costituita in collegio: nota che se l’offesa
avvenisse in presenza di questi corpi, rappresentanze o Autorità si tratterebbe di
oltraggio punito ai sensi dell’art. 342 c.p.
Cause di giustificazione comuni
Tra le cause di giustificazione più ricorrenti in tali delitti contro l’onore si rilevano:
A) ADEMPIMENTO DI UN DOVERE GIURIDICO: che si specifica
-
OBBLIGO DI DENUNCIA DEL PUBBLICO UFFICIALE
PUBBLICO SERVIZIO
/
/
ESERCENTI PROFESSIONI SANITARI
INCARICATO DI
/
CITTADINI
(solo
per delitti contro la personalità dello Stato puniti con l’ergastolo)
-
OBBLIGO DI PRESTARE TESTIMONIANZA, PERIZIA, CONSULENZA... NEI
PROCEDIMENTI PENALI O CIVILI
-
OBBLIGO DI MOTIVAZIONE
-
OBBLIGO DI SEGNALAZIONE DI IRREGOLARITÀ CONTABILI
B) ESERCIZIO DI UNA FACOLTÀ LEGITTIMA: che si specifica
-
FACOLTÀ DI BIASIMO DERIVANTE DA POTERE DISCIPLINARE:
limiti a tale
potere sono la necessità e la proporzionalità oltre i quali si concreta
abuso di potere disciplinare
-
FACOLTÀ DI CRITICA:
questa è prevista tanto nella critica politica in
quanto utile alla democrazia, quanto nella critica artistica e scientifica in
quanto utile al progesso. La satira è lecita in quando si mantenga nei
limiti del rispetto dei valori fondamentali della persona umana e della
correttezza
-
FACOLTÀ DI NARRARE AL PUBBLICO A MEZZO DELLA STAMPA I FATTI:
essa
comprende anche la cd. facoltà di cronaca. In particolar modo ai fatti
privati sebbene esse non possano essere oggetto di tale facoltà in
generale, si deve riconoscere che essi possono essere oggetto quando
siano oggetto di indagini dell’Autorità giudiziaria o siano di rilevante
interesse.
Cause speciali di non punibilità
► OFFESE
IN
SCRITTI
E
DISCORSI
PRONUNCIATI
DINNANZI
ALL’AUTORITÀ
GIUDIZIARIA O AMMINISTRATIVA
Non sono punibili le offese contenute negli scritti presentati o nei discorsi pronunciati dalle parti o
dai loro patrocinatori nei procedimenti davanti a un’Auotirtà giudiziaria o amministrativa , quando le
offese concernono l’oggetto della causa o del ricorso amministrativo.
Il giudice pronunciando nella causa può oltre ai provvedimenti disciplinari, ordinare la soppressione
o la cancellazione, in tutto o in parte, delle scritture offensive, e assegnare alla persona offesa una somma
a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale. Qualora si tratti di scritture per le quali la
soppressione o la cancellazione non possa eseguirsi, è fatta sulle medesime annotazione della sentenza.
La cd. libertas convicii riconosciuta alle parti o ai loro patrocinatori riguarda gli scritti e
i discorsi presentati o pronunciati dinnanzi all’Autorità giudiziaria o amministrativa.
Il limite è però dato dalla relazione che tali offese devono avere con la materia del
contendere.
Al giudice è concesso disporre:
-
provvedimenti disciplinari
-
la soppressione o la cancellazione se non è possibile si fa annotazione
nella sentenza
-
il risarcimento del danno non patrimoniale
► PROVOCAZIONE
Non è punibile chi ha commesso alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 594 e 595 nello stato d’ira
determinato da un fatto ingiusto altrui e subito dopo di esso.
Tale causa costituirebbe generalmente una circostanza attenuante generica, ma qui
opera come causa di giustificazione. Pertanto l’errore che cade su tale scriminante ne
consente comunque l’applicazione in base al principio contenuto nell’art. 59 c.p.
Subito dopo = si richiede che il fatto (ingiuria o diffamazione) avvenga subito dopo lo
stato d’ira. In particolare il termine non può intendersi in senso assoluto
(immediatamente), ma in senso relativo, ossia considerano le circosatanze concrete del
caso.
Fatto ingiusto = non è richiesto che tale fatto sia non iure e contra ius. L’ingiustizia
rileva sul piano morale.
► RITORSIONE
Nei casi preveduti dall’articolo 594 c.p., se le offese sono reciproche, il giudice può dichiarare non
punibili uno o entrambi gli offensori.
La disposizione [...] si applica anche all’offensore che non abbia proposto querela per le offese
ricevute.
Le offese devono essere in rapporto diretto, ossia in rapporto di reciprocità. In ogni caso
devono essere illegittime, sebbene non si richede la medesima qualità o gravità.
Quanto alla natura della scriminante in questione non può riconoscersi che si tratti di
compensazione, né di legittima difesa. Piuttosto essa è da ricondurre ad un caso
eccezionale di rinuncia alla potestà punitiva da parte dello Stato.
► PROVA LIBERATORIA O EXCEPTIO VERITATIS
Il colpevole dei delitti preveduti dai due articoli precedenti non è ammesso a provare, a sua discolpa,
la verità o la notorietà del fatto attribuito alla persona offesa.
Tuttavia, quando l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la persona offesa e
l’offensore possono d’accordo, prima che sia pronunciata sentenza irrevocabile, deferire ad un giurì
d’onore il giudizio sulla verità del fatto medesimo.
Quando l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la prova della verità della verità
del fatto medesimo è però sempre ammessa nel procedimento penale:
1) se la persona offesa è un pubblico ufficiale ed il fatto ad esso attribuito si riferisce all’esercizio
delle sue funzioni
2) se per il fatto attribuito alla persona offesa è tuttora aperto o si inizia un procedimento penale
3) se il querelante domanda formalmente che il giudizio si estenda ad accertare la verità o la falsità
del fatto ad esso attribuito
Se la verità del fatto è provata o se per esso la persona, a cui il fatto è attribuito, è per esso
condannata dopo l’attribuzione del fatto medesimo, l’autore dell’imputazione non è punibile, salvo che i
modi usati non rendano per se stessi applicabili le disposizioni dell’articolo 594, primo comma, ovvero
dell’articolo 595, primo comma.
In via generale la prova della verità di un fatto offensivo determinato non è prevista se
non tramite accordo tra offeso e offensore deferendo il giudizio ad un giurì d’onore che
non ha carattere giurisdizionale.
Quando si tratti di procedimento penale la prova della verità di un fatto offensivo
determinato è sempre prevista quando ricorrano tre ipotesi:
1. l’offesa è rivolta ad un pubblico ufficiale e il fatto attribuito riguarda l’esercizio
delle sue funzioni: al riguardo si osserva che anche i fatti di vita privata
possono essere ammessi alla prova quando riguardino una trasgressione dei
doveri ovvero siano tali da menomare in modo rilevante il prestigio dell’offeso
l’ipotesi può considerarsi una causa di giustificazione
2. il fatto attribuito è oggetto di procedimento penale pendente o da iniziare l’ipotesi può considerarsi una causa di giustificazione
3. il querelante concede la facoltà di prova. In tal caso la concessione deve essere
inquivocabile, incondizionata e irretrattabile. È formalmente posta mediante
domanda in qualsiasi stato e grado del giudizio l’ipotesi deve considerarsi
una remissione condizionata alla prova di verità
In questi casi quando è provata la verità, ovvero il querelante è condannato nel
procedimento penale (n. 2.) l’offensore non è punito. L’unico limite è che i modi usati
non siano di per sé stessi ingiuria o diffamazione.
Mentre i casi sub 1. e 2. configurano cause di giustificazione e quindi l’erronea
supposizione della verità sarà valutata a favore dell’offensore secondo il disposto
dell’art. 59 c.p., il caso sub 3. configura remissione condizionata e quindi l’erronea
supposizione della verità potrà essere solo tenuta in considerazione dal giudice ai fini
della pena.
REATI CONTRO L’INVIOLABILITÀ DEL DOMICILIO
Oggetto giuridico: tutela della pace, tranquillità e sicurezza dei luoghi di privata
dimora (cd. pace domestica). La tutela di ciò è riconosciuta dall’articolo 14 Cost. “il
domicilio è inviolabile...”.
Domicilio = non è da intendersi secondo il significato civilistico di luogo dove la
persona ha i propri affari ed interessi. Ai fini penali per domicilio si intende:
Abitazione = luogo adibito dalla persona ad uso domestico definitivo o
temporaneo. Ciò che deve risultare è lo ius excludendi, ossia la volontà di
escludere altri. L’uso deve essere attuale, sebbene non sia necessaria la
continuità dell’occupazione.
Luogo di privata dimora = luogo dove la persona si sofferma per svolgervi
attività relativa alla vita privata. Tale nozione risulta più ampia dell’abitazione.
Vi si più ricomprendervi anche lo stabilimento industriale, purché risulti sempre
lo ius excludendi.
Appartenenze = luoghi accessori rispetto all’abitazione e alla privata dimora.
Non è richiesto che con quest’ultimi corra un rapporto fisico di comunicazione,
basa che vi sia un rapporto di dipendenza.
Sistema informatico = computers o elaboratori.
Sistema telematico = mezzo per collegare gli elaboratori attraverso la rete telefonica. In
tal modo si crea una rete di terminali. La telematica si compone di un computer e più
terminali che comunicano tra loro tramite rete telefonica. La comunicazione avviene per
mezzo un linguaggio che traduce i segnali in partenza per farli viaggiare attraverso il
cavo telefonico. La commutazione avviene per il tramite di un apparecchio denominato
modem (modulatore – demodulatore).
REATI DI TALE CATEGORIA SONO:
-
VIOLAZIONE DI DOMICILIO COMUNE
VIOLAZIONE DI DOMICILIO COMMESSA DA UN PUBBLICO UFFICIALE
-
INTERFERENZE ILLECITE NELLA VITA PRIVATA
-
ACCESSO ABUSIVO AD UN SISTEMA INFORMATICO O TELEMATICO
-
DETENZIONE E DIFFUSIONE ABUSIVA DI CODICI DI ACCESSO A SISTEMI
INFORMATICI O TELEMATICI
-
DIFFUSIONE DI PROGRAMMI DIRETTI A DANNEGGIARE O INTERROMPERE UN
SISTEMA INFORMATICO
Art. 614 c.p.: Violazione di domicilio
Chiunque si introduce nell’abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle
appartenenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi si
introduce clandestinamente, o con inganno, è punito...
Alla stessa pena soggiace chi si trattiene nei detti luoghi contro l’espressa volontà di chi ha il diritto
di escluderlo, ovvero vi si trattiene clandestinamente o con l’inganno.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa.
La pena è [...] e si procede d’ufficio, se il fatto è commesso con violenza sulle cose o sulle persone,
ovvero se il colpevole è palesemente armato.
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste in due forme:
1. introduzione: introdursi nell’abitazione altrui, in un altro luogo di privata
dimora, o nelle appartenenze di essi contro la volontà espressa o tacita di chi ha
il diritto di escluderlo
a. introdursi clandestinamente nei predetti luoghi
b. introdursi con l’inganno nei predetti luoghi
Introdursi = fare ingresso
2. permanenza: trattenersi nell’abitazione altrui, in un altro luogo di privata
dimora, o nelle appartenenze di essi contro la volontà espressa di chi ha il diritto
di escluderlo
a. trattenersi clandestinamente nei predetti luoghi
b. trattenersi clandestinamente nei predetti luoghi
Trattenersi = sostare
Contro la volontà di chi ha il diritto di escluderlo = la condotta deve avvenire invito
domino. Nell’ipotesi sub 1. la volontà di escludere (cd. ius excludendi) può essere tanto
espressa, quanto tacita (per facta concludentia); mentre nell’ipotesi sub 2. la volontà di
escludere deve essere espressa.
dissenso presunto: è il caso di chi normalmente ammesso a frequentare un luogo di
privata dimora, vi si introduca per un fine immorale o criminoso. Secondo la relazione
ministeriale il dissenso presunto equivarrebbe a dissenso tacito. In verità è stato
osservato che il dissenso presunto è un dissenso implicito, ossia un dissenso che
ricorrerebbe in tutte le ipotesi in cui – avuto riguardo alle circostanze di fatto e al
comportamento e personalità del titolare dello ius excludendi – sarebbe assurdo un
consenso in vista del fine immorale o criminoso. Osservazione: distinguere il dissenso
presunto da quello tacito è tutt’altro che agevole. In quest’ultimo risulta una
manifestazione di volontà volta ad escludere l’introduzione di altri. Tutto ciò che si può
riconoscere è che la legge richiede sempre una manifestazione di volontà e non si può
ritenere sufficiente il dissenso presunto ai fini dell’esistenza del reato.
Clandestinamente = di nascosto
Con l’inganno = traendo in errore chi ha il diritto di escludere con la conseguenza che
se non fosse caduto in errore avrebbe manifestato la volontà contraria.
Titolare del diritto di esclusione = chi attualmente e legittimamente abita o dimora in
un certo luogo o chi lo rappresenta.
Momento consumativo: il reato si consuma nel momento in cui l’agente si introduce
(sub 1.), ovvero nel momento in cui l’agente si trattiene contro la volontà,
clandestinamente o con l’inganno. Il tentativo è ipotizzabile.
Elemento soggettivo: consiste nella coscienza e volontà di introdursi o trattenersi
nell’abitazione, nella privata dimora o nelle appartenenze di altri unitamente alla
consapevolezza che ciò avviene invito domino (dolo generico)
CONCORSO
DI REATI:
si ritiene che tale delitto possa concorrere con il delitto di furto
tutte le volte che l’ingresso o la permanenza non siano avvenuti allo scopo di furto, ma
esso sia sopravvenuto in seguito.
Aggravanti speciali sono previste dall’articolo in parole nelle ipotesi in cui il fatto
avvenga:
1) con violenza sulle cose o sulle persone
2) da agente palesemente armato
In questi casi il delitto è perseguibile d’ufficio.
Art. 615 c.p.: Violazione di domicilio commessa da un pubblico ufficiale
Il pubblico ufficiale, che, abusando dei poteri inerenti alle sue funzioni, s’introduce o si trattiene nei
luoghi indicati nell’articolo precendente, è punito...
Se l’abuso consiste nell’introdursi nei detti luoghi senza l’osservanza delle formalità prescritte dalla
legge la pena è...
Soggetto attivo: il reato può essere commesso solo da chi riveste la qualità di pubblico
ufficiale configurando così un reato proprio. Non vi è compreso invece l’incaricato di
un pubblico servizio.
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste nell’introdursi o nel trattenersi
nell’abitazione, in altri luoghi di privata dimora, ovvero nelle appartenenze di essi
mediante l’abuso dei poteri inerenti alle funzioni di pubblico ufficiale.
È richiesta una connessione tra l’abuso dei poteri inerenti alle funzioni di pubblico
ufficiale e l’introduzione o la permanenza. Non è necessario che ciò avvenga o meno
invito domino.
Momento consumativo: vale mutatis mutandis quanto detto per la violazione di
domicilio comune.
Elemento soggettivo: consiste nella coscienza e volontà di introdursi o trattenersi nei
luoghi predetti unitamente alla consapevolezza di abusare dei poteri (dolo generico).
Forma attenuata: è rappresentata dall’ipotesi in cui l’introduzione (e non la
permanenza) avvenga in violazione delle forme di legge.
In ogni caso il reato è sempre perseguibile d’ufficio in virtu della lesione dell’interesse
pubblico al regolare esercizio dei doveri funzionali.
Art. 615 – bis c.p.: Interferenze illecite nella vita privata
Chiunque mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o
immagini attinenti alla vita privata svolgentesi nei luoghi indicati nell’articolo 614, è punito...
Alla stessa pena soggiace, salvo il fatto non costituisca più grave reato, chi rivela o diffonde,
mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, le notizie o le immagini ottenute nei modi indicati
nella prima parte di questo articolo.
I delitti sono punibili a querela della persona offesa; tuttavia si procede d’ufficio e la pena è [...] se il
fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri
o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o servizio, o da chi esercita anche abusivamente la
professione di investigatore privato.
A differenza degli altri delitti, qui la tutela della privacy è contro le intromissione non
fisiche.
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste in due forme:
1. procurarsi indebitamente notizie o immagini di vita privata nell’abitazione,
privata dimora o appartenenze con mezzi di registrazione audio – visiva.
2. rivelare o diffondere con mezzi di informazione al pubblico le notizie o le
immagini di vita privata nell’abitazione, privata dimora o appartenenze ottenute
con mezzi di registrazione audio – visiva salvo che il fatto non costituisca più
grave reato: è l’ipotesidi diffamazione a mezzo della stampa.
Rilevare = portare a conoscenza un fatto ignoto
Diffondere = portare a conoscenza ad un numero indefinito di persone un fatto
noto a pochi
Notizie = dati di conoscenza
Immagini = riproduzioni della realtà
Affinché le notizie o le immagini siano rilevanti ai fini penali occorre che esse siano:
a. ottenute mediante mezzi di registrazione visiva o sonora
b. attinenti alla vita privata svolgentesi nei luoghi di abitazione, di privata dimora
o appartenenze di essi
c. ottenute indebitamente: circa tale requisito si è sostenuto che esso sarebbe
pleonastico in quanto non è indebito ciò che è assistito da cause di
giustificazione. Al riguardo si osserva che le cause di giustificazione sono
sempre applicabili anche se non espressamente richiamate. Deve concludersi che
è indebito il procacciamento di notizie o immagini che non è assistito da un
interesse uguale o superiore all’interesse alla privacy secondo il prudente
apprezzamento del giudice
Momento consumativo: il reato si consuma nel momento in cui le notizie o le
immagini sono procurate, ovvero sono rivelate o diffuse. Il tentativo è ipotizzabile.
È possibile il concorso delle due forme.
Elemento soggettivo: consiste nella coscienza e volontà di procacciarsi indebitamente
notizie e immagini di vita privata svolgentisi nei luoghi ex art. 614, ovvero nel rivelare
o diffondere mediante un mezzo di informazione al pubblico notizie e informazioni
unitamente alla consapevolezza che queste sono state ottenute indebitamente.
Inentrambi le ipotesi si tratta di dolo generico.
Aggravanti speciali sono costituite dall’ipotesi in cui il fatto è commesso:
1) da un pubblico ufficiale / incaricato di un pubblico servizio con abuso dei
poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio
2) da un investigatore privato anche abusivo
Art. 615 – ter c.p.: Accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico
Chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di
sicurezza, ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi hai il diritto di escluderlo, è
punito...
La pena è [...] :
1) se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio,
con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, o da chi
esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato o con abuso della qualità
di operatore del sistema
2) se il colpevole per commettere il fatto usa violenza sulle cose o alle persone, ovvero è
palesemente armato
3) se dal fatto deriva la distruzione, o il danneggiamento del sistema o l’interruzione, totale o
parziale, del suo funzionamento, ovvero la distruzione o il danneggiamento dei dati, delle
informazioni o dei programmi in esso contenuti.
Qualora i fatti di cui ai commi primo e secondo riguardino sistemi informatici o telematici di
interesse militare o relativi all’ordine pubblico o alla sicurezza pubblica o alla sanità o alla protezione
civile o comunque di interesse pubblico, la pena è...
Nel caso previsto del primo comma il delitto è punibile a querela della persona offesa; negli altri casi
si procede d’ufficio.
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste nell’interferire (introducendosi o
trattenendosi) in sistemi informatici o telematici chiusi, ossia il cui accesso sia
condizionato dall’inserimento di un codice, di una chiave o altro mezzo di protezione
che riveli lo ius excludendi.
Abusivamente = non può intendersi tale l’interferenza che non sia assistita da causa di
giustificazione in quanto esse operano anche quando non espressamente richiamate. È
abusivo ciò che non è assistito da un interesse uguale o superiore a quello tutelato dalla
norma secondo il prudente apprezzamento del giudice.
Momento consumativo: il reato si consuma nel momento in cui avviene l’introduzione
nel sistema; ovvero nel momento in cui il titolare dello ius excludendi manifesta la
relativa volontà.
Elemento soggettivo: consiste nella coscienza o volontà di interferire in un sistema
informatico o telematico sapendo che questo è protetto da misure di sicurezza (dolo
generico).
Aggrvanti speciali sono rappresentate dalle ipotesi in cui il fatto:
1) da un pubblico ufficiale / incaricato di un pubblico servizio con abuso dei
poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio
2) da un investigatore privato anche abusivo
3) da chi abusa della qualità di operatore del sistema
4) con violenza sulle cose o alle persone
5) dall’agente palesemente armato
6) con distruzione o danneggiamento del sistema / interruzione totale o parziale
del funzionamento / distruzione o danneggiamento di dati, informazioni o
programmi
7) su sistemi di interesse militare / di ordine pubblico / di sicurezza pubblica / di
sanità / di protezione civile e di interesse pubblico
Art. 615 – quater c.p.: Detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso
a sistemi informatici o telematici
Chiunque, al fine di procurare a sé o altri un profitto o di arrecare ad altri un danno, abusivamente si
procura, riproduce, diffonde, comunica o consegna codici, parole chiave o altri mezzi idonei all’accesso
da un sistema informatico o telematico, protetto da misure di sicurezza o comunque fornisce indicazioni o
istruzioni idonee al predetto scopo, è punito...
La pena è [...] se ricorre taluna delle circostanze di cui ai numeri 1 e 2 del quarto comma dell’articolo
617 – quater.
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste in due forme:
-
ingerirsi abusivamente per superare le misure di sicurezza
-
fornire indicazioni o istruzioni idonee ad aiutare l’ingerenza abusiva
Abusivamente = vale quanto detto mutatis mutandis nell’articolo precedente.
Momento consuamtivo: il reato si consuma al primo atto di ingerenza.
Elemento soggettivo: consiste nella coscienza e volontà della condotta unitamente al
fine specifico di trarre un profitto (anche non patrimoniale) per sé o per altri o al fine di
procurare un danno ad altri (dolo specifico).
Aggravanti speciali sono costituite dalle ipotesi in cui il fatto è commesso:
1) dal pubblico ufficiale / incaricato di un pubblico servizio con abuso dei poteri
o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio
2) da chi abusa della qualità di operatore del sistema
3) in danno di sistema dello Stato / ente pubblico / impresa esercente un pubblico
servizio o un servizio di pubblica necessità
REATI CONTRO L’INVIOLABILITÀ DEI SEGRETI
Oggetto giuridico: tutela di quelle notizie relative a determinati fatti o cose che devono
essere conosciuta solo da una persona o da una ristretta cerchia di persone.
Segreto = relazione che intercorre tra la conoscenza di cose o fatti e un determinato
soggetto.
Dal punto di vista passivo il soggetto non autorizzato ha l’obbligo di non procurarsi,
divulgare o utilizzare le notizie coperte da segreto.
Dal punto di vista attivo il soggetto ha il potere di escludere i terzi dalla conoscenza,
dalla divulgazione o dall’utilizzo delle notizie coperte da segreto.
Quando un fatto o un oggetto possono essere coperti da segreto?
Si è osservato da alcuni che una notizia è coperta da segreto quando vi sia una
manifestazione di volontà in tal senso, mentre altri sostengono che la segretezza
dipende da un carattere obiettivo.
Per potersi avere il segreto occorrono i seguenti requisiti:
POSIZIONE GIURIDICA:
un fatto o una cosa sono soggetti a segreto in quanto siano
oggetto di una posizione giuridica. In altri termini è possibile porre il segreto su un fatto
o una cosa in quanto il soggetto sia titolare di un potere o di un diritto che gli consenta
di porre la cosa o il fatto nella sua sfera di assoluta pertinenza. Il potere o il diritto che
consentono di porre il segreto sono nel codice:
-
potestà sovrana dello Stato: i fatti che sono estrinsecazione o le cose che
sono oggetto di tale potestà possono essere celati
-
diritto della personalità: i fatti che sono estrinsecazione del diritto della
personalità possono essere celati
-
diritto di proprietà: le cose che sono oggetto del diritto di proprietà
possono essere celati
RISERVATEZZA:
il fatto o la cosa non debbono essere notori, ossia non devono essere
conosciuti da un rilevante numero di persone oltre a quelle che possono legalmente
conoscerli.
INTERESSE MERITEVOLE DI TUTELA:
il fatto o la cosa devono essere di tal natura da
giustificare un interesse giuridicamente apprezzabile a che la loro conoscenza non
venga conseguita, divulgata o utilizzata senza il consenso del suo titolare. Ne consegue
che il segreto viene meno tutte le volte in cui si rilevi una rinuncia al segreto.
Segreto epistolare: il diritto di corrispondere liberamente con altri è preso in considerazione da diverse
norme che ne affermano l’inviolabilità (cd. segreto epistolare). Oggetto di tutela è tanto il contenuto della
corrispondenza quanto i rapporti stessi.
Per corrispondenza si intende ogni forma di comunicazione di pensieri, sentimenti, dati o notizie diversa
dalla conversazione in presenza. In particolare perché si posso parlare di corrispondenza occorre che essa
abbia carattere attuale e personale. L’attualità può perdersi per decorso del tempo, o per altre cause. Il
carattere personale esige che la manifestazione di pensiero sia indirizzata ad uno o più destinatari
determinati non rilevando invece il mittente che può anche rimanere anonimo.
La corrispondenza non è soggetta ad alcuna forma particolare e può avere qualsiasi contenuto.
Violazioni di corrispondenza e di sistemi informatici o telematici
commesse da persone estranee al servizio di poste, telegrafi e telefoni
Art. 616 c.p.: Violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza
Chiunque prende cognizione del contenuto di una corrispondenza chiusa, a lui non diretta, ovvero
sottrae o distrae, al fine di prenderne o di farne ad altri prendere cognizione, una corrispondenza chiusa o
aperta, a lui non diretta, ovvero, in tutto o in parte la distrugge o sopprime, è punito, se il fatto non è
preveduto come reato da altra disposizione di legge...
Se il colpevole, senza giusta causa, rivela, in tutto o in parte, il contenuto della corrispondenza, è
punito, se dal fatto deriva nocumento ed il fatto non costituisce un più grave reato...
Il delitto è punibile a querela della persona offesa.
Agli effetti delle disposizioni di questa sezione, per corrispondenza si intende quella epistolare,
telegrafica, telefonica, informatica o telematica, ovvero effettuata con ogni altra forma di comunicazione
a distanza.
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste in 4 ipotesi:
1. prendere cognizione del contenuto di una corrispondenza chiusa a se non diretta
2. sottrarre o distrarre una corrispondenza chiusa o aperta a se non diretta al fine di
prenderne o farne prendere ad altri cognizione
3. distruggere o sopprimere in tutto o in parte la corrispondenza
4. rivelare senza giusta causa il contenuto della corrispondenza con l’effetto di un
nocumento essa non è circostanza aggravante del reato, ma una figura
autonoma in quanto è un diverso modo di atteggiarsi della condotta.
Giusta causa = non è causa di giustificazione, bensì è da ritenersi che ricorra
giusta causa quando sussista un interesse uguale o superiore che meriti di
prevalere su quello alla segretezza secondo il prudente apprezzamento del
giudice.
Mentre le ipotesi sub 1.; 2. e 3. importano una tutela della corrispondenza di per sé (a
prescindere dal contenuto), l’ipotesi sub 4. è subordinata al fatto che dalla rivelazione
derivi un nocumento.
Prendere cognizione = avere conoscenza del contenuto senza che a ciò sia necessaria la
lettura. La semplice apertura non integra la condotta, ma può qualificare il fatto come
tentativo.
Sottrarre = privare della disponibilità della corrispondenza all’avente diritto.
Distrarre = deviare la corrispondenza da il normale corso ritardandone il recapito
all’avente diritto.
Distruggere = danneggiare in misura tale da non consentire alla corrispondenza di
raggiungere il suo fine.
Sopprimere = far sì che la corrispondenza non giunga mai a destinazione.
Art. 617 c.p.: Cognizione, interruzione o impedimento illeciti di
comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche
Chiunque, fraudolentemente, prende congnizione di una comunicazione o di una conversazione,
telefoniche o telegrafiche, tra altre persone o cmq a lui non dirette, ovvero le interrompe o le impedisce è
punito...
Salvo il fatto non costituisca più grave reato, la stessa pena si applica a chiunque rivela, mediante
qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, in tutto o in parte, il contenuto delle comunicazioni o delle
conversazioni indicate nella prima parte di questo articolo.
I delitti sono punibili a querela della persona offesa; tuttavia si procede d’ufficio e la pena è [...] se il
fatto è commesso in danno di un pubblico ufficiale o di un incaricato di un pubblico servizio
nell’esercizio o a causa delle sue funzioni o del servizio, ovvero da un pubblico ufficiale o da un
incaricato di un pubblico servizio con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o
al servizio, o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato.
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste in 3 ipotesi:
1. prendere fraudolentemente congizione di una comunicazione telegrafica o
conversazione telefonica a sé non dirette
2. interrompere o impedire le dette comunicazioni o conversazioni
3. rivelare, in tutto o in parte, il contenuto della comunicazioni telegrafiche o della
conversazioni telefoniche predette mediante mezzi di informazione al pubblico
Art. 617 – quater c.p.: Intercettazione, interruzione o impedimento illeciti
di comunicazioni informatiche o telematiche
Chiunque fraudolentemente intercetta comunicazioni relative ad un sistema informatico o telematico
o intercorrenti tra più sistemi, ovvero le impedisce o le interrompe, è punito...
Salvo il fatto non costituisce più grave reato, la stessa pena si applica a chiunque rivela, mediante
qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, in tutto o in parte il contenuto delle comunicazioni di cui al
primo comma.
I delitti di cui ai commi primo e secondo sono punibili a querela della persona offesa.
Tuttavia si procede d’ufficio e la pena è [...] se il fatto è commesso:
1) in danno di un sistema informatico o telematico utilizzato dallo Stato o da altro ente pubblico o
da impresa esercente servizi pubblici o di pubblica necessità
2) da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso dei poteri o con
violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, ovvero con abuso della qualità di
operatore del sistema
3) da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste in 4 ipotesi:
1. intercettare fraudolentemente comunicazioni relative ad un sistema informatico
o telematico
2. interrompere comunicazioni relative ad un sistema informatico o telematico
3. impedire comunicazioni relative ad un sistema informatico o telematico
4. rivelare, in tutto o in parte, il contenuto delle comunicazioni predette mediante
mezzi di informazione al pubblico
Fraudolentemente = è fraudolenta non già la condotta che si avvale di mezzi idonei a
trarre in inganno, ma la condotta che cagioni un danno ingiusto. L’avverbio riguarda
solo l’intercettazione e non anche l’impedimento o l’interruzione.
Momento consumativo: il reato si consuma a seconda delle varie ipotesi. Nel ipotesi
sub 1. il reato si consuma nel momento in cui avviene l’intercettazione delle
comunicazioni. Il plurale indeterminativo consente di stabilire che l’intercettazione di
più comunicazioni non dà luogo a pluralità di reati. L’impedimento o l’interruzione che
seguono all’intercettazione non danno luogo a concorso ma al più comporteranno un
aggravio della pena.
Il concorso può realizzarsi invece con l’ipotesi sub 4.
Il tentativo è ammissibile.
Art. 617 – ter c.p.: Falsificazione, alterazione o soppressione del contenuto
di comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche
Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, forma
falsamente, in tutto o in parte, il testo di una comunicazione o di una conversazione telegrafica o
telefonica, ovvero altera o sopprime in tutto o in parte il contenuto di una comunicazione o di una
conversazione telegrafica o telefonica vera, anche solo occasionalmente intercettata, è punito, qualora ne
faccia uso o lasci che altri ne faccia uso...
La pena è [...] se il fatto è commesso in danno di un pubblico ufficiale nell’esercizio o a causa delle
sue funzioni, ovvero da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso dei
poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio o da chi esercita anche abusivamente
la professione di investigatore privato.
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste in tre tipi di condotta:
-
falsificare: formare una testo non genuino
-
alterare: modificare il contenuto di un testo genuino
-
sopprimere: eliminare il testo genuino
Non rileva la volontà di intercettare la comunicazione che si altera o si sopprime.
Momento consumativo: il reato si consuma nel momento in cui il testo è utilizzato o è
lasciato che altri ne faccia uso. Il tentativo è ammissibile.
Elemento soggettivo: consiste nella coscienza e volontà di falsificare, alterare o
sopprimere la conversazione (cd. immutatio veri o veritatis) unitamente alla coscienza e
volontà di ledere o mettere in pericolo l’interesse tutelato dalla genuinità e veridicità
della comunicazione (cd. intentio nocendi o decipiendi). Oltre a ciò l’agente deve volere
l’uso o deve consapevolmente consentirlo ad altri. In ultimo l’agente deve proporsi il
fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio con l’altrui pregiudizio (dolo specifico).
Art. 617 – sexies c.p.: Falsificazione, alterazione o soppressione del contenuto di comunicazioni
informatiche o telematiche
Al riguardo vale con gli opportuni cambiamenti quanto detto all’articolo 617 – ter c.p.
Art. 618 c.p.: Rivelazione del contenuto di corrispondenza
Chiunque, fuori dei casi preveduti dall’articolo 616, essendo venuto abusivamente a cognizione del
contenuto di una corrispondenza a lui non diretta, che doveva rimanere segreta, senza giusta causa lo
rivela in tutto o in parte, è punito, se dal fatto deriva nocumento...
Il delitto è punibile a querela della persona offesa.
Il delitto in parola si differenzia dall’art. 616 c.p. in quanto riguarda quella
corrispondenza che doveva rimanere segreta. A tal fine il giudice dovrà accertare se:
-
sussista un interesse giuridicamente apprezzabile a che la conoscenza
non venga conseguita, divulgata o utilizzata
-
non sussista la rinuncia del segreto da parte del soggetto autorizzato a
porlo.
Nocumento = non è condizione di punibilità, ma elemento essenziale del reato su cui
deve cadere al pari di ogni altro elemento la coscienza o volontà del soggetto.
Violazioni di corrispondenza commesse da persone al servizio delle poste,
telegrafi e telefoni
In tali reati rileva anche l’interesse della PA. L’inviolabilità della corrispondenza può
essere derogata solo dall’intervento motivato dell’Autorità Giudiziaria.
Addetti ai servizi postali... = impiegati della PA e dell’Azienda postale, i concessionari,
i trasportatori e i rispettivi dipendenti.
Art. 619 c.p.: Violazione , sottrazione e soppressione di corrispondenza
commesse da persona addetta al servizio delle poste, dei telegrafi o dei
telefoni
L’addetto al servizio delle poste, dei telegrafi o dei telefoni, il quale, abusando di tale qualità,
commette alcuno dei fatti preveduti dalla prima parte dell’articolo 616, è punito...
Se il colpevole, senza giusta causa, rivela in tutto o in parte il contenuto della corrispondenza, è
punito qualora il fatto non costituisca un più grave reato...
Trattasi di reato proprio.
Elemento oggettivo: il fatto materiale è rappresentato dalle medesime ipotesi
dell’articolo 619 c.p., ossia:
1. prendere cognizione del contenuto di una corrispondenza chiusa a se non diretta
2. sottrarre o distrarre una corrispondenza chiusa o aperta a se non diretta al fine di
prenderne o farne prendere ad altri cognizione
3. distruggere o sopprimere in tutto o in parte la corrispondenza
con l’aggiunta:
4. rivalzione, senza giusta causa, del contenuto della corrispondenza quando il fatto
non costituisca più grave reato.
Violazioni concernenti altri segreti
Art. 621 c.p.: Rivelazione o utilizzazione del contenuto di documenti
segreti
Chiunque, essendo venuto abusivamente a cognizione del contenuto, che debba rimanere segreto, di
altrui atti o documenti, pubblici o privati, non costituenti corrispondenza, rivela, senza giusta causa,
ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, è punito, se dal fatto deriva nocumento...
Agli effetti della disposizione di cui al primo comma è considerato documento anche qualunque
supporto informatico contenente dati, informazioni o programmi.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa.
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste:
-
nel rivelare senza giusta causa il contenuto di una atto pubblico o privato
che deve rimanere segreto e di cui si sia venuto abusivamente a
cognizione
-
nell’impiegare a proprio o altrui profitto l’atto pubblico o privato che
deve rimanere segreto e di cui si sia venuti abusivamente a cognizione
Oggetto materiale: sono atti o documenti pubblici o privati. Quanto ai primi, il
riferimento è agli atti soggettivamente pubblici, ossia formati secondo le formalità
prescritte dalla legge da un notaio o pubblico ufficiale a ciò autorizzati a conferire
pubblica fede.
La segretezza del documento dovrà essere accertata dal giudice in base all’interesse e
all’assenza della rinuncia al segreto.
Nocumento = qualsiasi pregiudizio morale o materiale ed è indifferente il soggetto che
lo subisce.
Art. 622 c.p.: Rivelazione di segreto professionale
Chiunque, avendo notizia, per ragione del proprio stato o ufficio, o della propria professione o arte, di
un segreto, lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, è punito, se dal fatto
può derivare nocumento...
[...]
Il delitto è punibile a querela della persona offesa.
Presupposto: il soggetto deve trovarsi in una particolare situazione personale che può
essere ricompresa nel concetto di professione in senso lato. Lo stato o l’ufficio o la
professione o l’arte presuppongono un’attività continuata e caratteristica, esclusiva o
principale diretta a servizi personali o prestazioni reali a favore del richiedente. Non è
specificato che essa sia gratuita od onerosa, né a fine di lucro.
Il professionista falso o abusivo che riveli quanto sia venuto a conoscenza che doveva
mantenersi segreto non risponderà del delitto in parola, ma di abusivo esercizio di una
professione in concorso con altri reati.
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste nel:
-
rivelare senza giusta causa un segreto
-
impiegare a proprio o ad altrui profitto un segreto
REATI CONTRO IL PATRIMONIO
Oggetto giuridico: tutela del patrimonio inteso in senso giuridico e non economico.
Infatti se venisse inteso in questo senso non vi sarebbe violazione se in caso di furto
l’agente lasci sul posto un oggetto di valore uguale o superiore a quello rubato. L’offesa
risiede nella violazione dell’obbligo di non ingerenza nei rapporti patrimoniali.
NOZIONE DI Patrimonio:
NOZIONE ECONOMICA: il patrimonio è il complesso delle attività e passività che si
riferiscono ad una persona (cd. patrimonio lordo). In esso si distingue il cd.
patrimonio netto costituito dall’insieme delle cose e dei crediti al netto dei
debiti.
NOZIONE
PRIVATISTICA:
il patrimonio è il complesso dei rapporti giuridici,
economicamente valutabili, che si riferiscono ad una persona. Tali rapporti
giuridici devono riferisi a cose o ad altre entità aventi un valore economico,
ossia valutabili in termini pecuniari.
NOZIONE PENALISTICA: anzitutto si precisa che non fanno parte del patrimonio di
un soggetto le cose o le altre entità che, secondo il comune giudizio, sono
economicamente irrilevanti. Rientrano nel patrimonio:
i rapporti giuridici economicamente valutabili (rapporti con cose o valori
economici): i diritti reali, le obbligazioni, il possesso (anche quando è in
contrasto con il diritto es.: il possesso del ladro), le aspettative (situazioni che
importano la probabilità di un guadagno lecito e che sono tutelate
dall’ordinamento mediante il riconoscimento del diritto al risarcimento del
danno, ossia del lucro cessante). Non vi fa parte la capacità produttiva e la forza
lavoro. Non vi fanno parte le pretese non giuridiche e contrarie al diritto.
i rapporti giuridici non valutabili economicamente, ma aventi per oggetto
valori affettivi: sebbene vi siano cose che non abbiano un valore economico
rilevante, è possibile che queste abbiano un valore affettivo e pertanto sono
idonee dall’essere comprese nel concetto di patrimonio.
Si è sostenuto che il diritto penale non tutela il patrimonio come universitas iuris, ossia come universalità
di diritti in quanto l’attività del reo colpisce i singoli rapporti che lo compongono.
L’opinione è da ritenersi infondata in quanto sebbene non è contestato che vi siano numerosi reati che
offendono i singoli rapporti patrimoniali, vi sono altrettanti reati che non hanno per oggetto uno
specifico rapporto patrimoniale, ma sono suscettibili di offendere il patrimonio nella sua generalità,
salvo poi specificarsi nei singoli rapporti nel caso concreto.
NOZIONE DI Cosa: sono cose tutti gli oggetti corporali e le altre entità naturali
che hanno valore economico e sono suscettibili di appropriazione.
Vi rientrano anche le energie naturali in quanto sebbene non possano essere
classificate nelle res corporalis quae tangi possunt sono considerate beni mobili
dalla legge penale e civile (artt. 624 c.p. e 814 c.c.).
Non è cosa l’uomo ancorché abbia cessato di vivere e sia considerato cadavere.
Per esso la legge detta particolari disposizioni. Le parti del corpo che vengano
separate da questo sono considerate cose. Così anche gli animali.
Le cose si distinguono in mobili ed immobili. Sono cose immobili quelle che
sono unite al suolo in via naturale o artificiale ancorché a scopo transitorio. Sono
reputate cose immobili anche quelle che siano saldamente assicurate alla riva o
all’alveo in modo permanente ai fini della loro utilizzazione. Sono cose mobili
tutte le altre, comprese le energie naturali aventi valore economico. Sono
pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di
un’altra cosa. Ai fini penali occorre aggiungere che le cose immobili distaccate
dal complesso a cui accedevano vengono considerate beni mobili.
NOZIONE DI Altruità: anzitutto si osserva che non sono altrui:
-
le res nullius, ossia le cose che non sono di proprietà di nessuno
-
le res derelictae, ossia le cose che prima erano di proprietà di qualcuno e
successivamente sono state abbandonate configurando un atto di rinuncia
alla proprietà da parte del titolare
È altrui la cosa di proprietà di altri o la cosa su cui altri abbia il diritto di
godimento o di garanzia? Al riguardo si osserva che:
o sul piano letterale “altrui” è inteso comunemente come “di proprietà di
altri” ma l’argomento non convince in quanto il diritto penale è libero di
attribuire un significato diverso da quello comune e la cosa di proprietà di
altri su cui un altro soggetto abbia un diritto di godimento o di garanzia
rientra tanto nel patrimonio di uno quanto in quello dell’altro
o sul piano sistematico il codice all’art. 627 c.p. punisce in misura più lieve il
furto del comproprietario, del socio o del coerede e da qui non si vede
ragione per cui il proprietario, che sottrae la cosa su cui altri abbia un
diritto di godimento o di garanzia, debba essere punito per furto. A ciò si
aggiunga anche l’art. 334 c.p. che punisce in misura più lieve il proprietario
che sottrae una cosa sottoposta a sequestro
Da tutto ciò si desume che il proprietario non può essere soggetto attivo dei
reati che presuppongono l’altruità della cosa.
NOZIONE DI Danno: il danno è da considerarsi requisito implicito di tutti i delitti
contro il patrimonio, ancorché sia poi richiamato in via esplicita da alcuni di
essi. Affinché il fatto sia punibile occorre che il danno sia giuridicamente
rilevante e ciò è escluso tutte le volte in cui il danno è comunemente ritenuto
trascurabile.
Nei delitti contro il patrimonio deve trattarsi di danno patrimoniale. Al riguardo
occorre tenere presente la nozione di patrimonio ai fini penali. È danno
patrimoniale quello che importa una diminutio patrimonii, ossia un’alterazione
sfavorevole del rapporto tra gli elementi attivi e quelli passivi del patrimonio.
Più precisamente può tradursi in una diminuzione delle attività (cose e crediti) o
in un aumento delle passività (debiti). Deve tenersi presente che nel patrimonio
non rientrano solo le cose o i valori economicamente valutabili, ma anche le
cose che hanno valore affettivo:
DANNO PATRIMONIALE > DANNO ECONOMICO in quanto comprende
anche il DANNO MORALE che si sostanzia quando la diminuzione
interessa cose che hanno valore affettivo
La determinazione deve essere compiuta con criteri oggettivi, ossia secondo il
giudizio della generalità degli uomini tenute presenti le particolarità del caso.
NOZIONE
DI
Profitto: con esso si intende qualsiasi vantaggio o soddisfazione
che l’agente si procura o mira a procurarsi. Rileva anche quando il vantaggio o
la soddisfazione sono procurati per gli altri. Il fatto, poi, che il profitto sia
temporaneo non rileva.
Patrimonialità: non si richiede che esso abbia carattere patrimoniale (es.: è
punito per furto colui che ruba una rivoltella per uccidere o suicidarsi)
Diretta connessione: dubbi sorgono in merito alla sua diretta e immediata
connessione con la cosa sottratta (es.: colui che commette un reato per farsi
mantenere in carcere). Deve concludersi che il profitto ha carattere relativo
(es.: risponderà di furto colui che dopo aver ucciso asporta il portafoglio della
vittima per allontanare da sé i sospetti e far pensare ad una rapina).
Ingiustizia: a volte è richiesto che il profitto sia ingiusto. In merito occorre
distinguere tra:
o profitto patrimoniale: è ingiusto non solo il profitto che non derivi da alcuna
pretesa tutelabile in sede giurisdizionale in quanto vi sono pretese che
sebbene non siano azionabili ricevono comunque tutela dall’ordinamento. È
il caso delle obbligazioni naturali che escludono la facoltà di ripetere quanto
spontaneamente prestato. È ingiusto il profitto patrimoniale che non trova
tutela diretta o indiretta da parte dell’ordinamento giuridico. Vale notare
che il profitto che non sia ingiusto se vale ad escludere reati nei quali
l’ingiustizia è elemento essenziale può importare responsabilità per altri
reati come la violenza privata o l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni
o profitto non patrimoniale: è ingiusto il profitto che sia in contrasto con
l’ordinamento giuridico (es.: chi ruba una rivoltella per togliersi la vita).
NOZIONE DI Possesso: occorre partire dalla nozione civilistica di possesso:
● art. 1140 c.c.: Il possesso è il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività
corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale.
Si può possedere direttamento o per mezzo di altra persona, che ha la
detenzione della cosa.
● art. 1141 c.c.: Si presume possesso in colui che esercita il potere di fatto,
quando non si prova che ha cominciato a esercitarlo semplicemente come
detenzione.
[...]
● art. 1168
c.c.: Chi è stato violentemente o occultamente spogliato del
possesso può, entro un anno del sofferto spoglio, chiedere contro l’autore di
esso la reintegrazione del possesso medesimo.
L’azione è concessa altresì a chi ha la detenzione della cosa, tranne il caso che
l’abbia per ragioni di servizio o di ospitalità.
CORRENTE
PRIVATISTICA:
assume nel diritto penale la medesima nozione di
possesso che si assume nel diritto civile.
CORRENTE
AUTONOMISTA:
assume nel diritto penale un concetto di possesso
diverso da quello assunto nel diritto civile:
Il NUVOLONE sostiene che non è possibile costruire una nozione unitaria
di possesso valida per tutti i reati che lo contemplano, ma occorre
distinguere nozioni particolari in ragione di certi reati.
Al centro del fenomeno starebbe l’apparentia iuris, ossia in tanto un
rapporto materiale con una cosa è possesso in quanto sia accompagnato
dall’apparenza di diritto. Tale apparenza si determina da due ordini di
fattori:
fattori positivi: forma di pubblicità e situazioni che spettano a
chi è titolare di un diritto
fattori negativi: mancanza di violenza e clandestinità
Il possesso sarebbe così costruito attorno a tre elementi:
a. potere di fatto che si manifesta in un’attività corrispondente
all’esercizio di un diritto (elemento materiale)
b. apparentia iuris
c. animus rem sibi habendi (elemento spirituale)
CRITICA: la tesi dell’autore non convince in quanto è vaga la nozione
di apparentia iuris. Se con essa si intende:
1. attività corrispondente all’esercizio di un diritto si avrebbe
coincidenza con l’elemento materiale
2. generica corrispondenza al diritto si rimarrebbe nel vago
3. corrispondenza alla titolarità di un diritto soggettivo specifico
si aggiungerebbe qualcosa che la legge non dice
Oltre a ciò il fatto che il possesso non sussista se acquistato con
clandestinità o violenza non tiene conto che si può rubare anche al ladro!
Infine la frammentazione del concetto di possesso in relazione ai vari
reati non sarebbe in alcun modo giustificata.
TESI DELL’ANTOLISEI: occorre anzitutto rilevare che il possesso è composto da
due elementi:
I.
potere di fatto (signoria) sulla cosa che si manifesta in un’attività
corrispondente all’esercizio di un diritto reale (ELEMENTO MATERIALE)
II.
animus rem sibi habendi (ELEMENTO
SPIRITUALE)
ossia l’animo di
comportarsi come il titolare di un diritto reale
La mancanza del punto sub II. importa lo stato di detenzione, ovvero di possesso
indiretto o mediato in colui che non esercita il potere di fatto. La nozione di
possesso risulta così ristretta e ricorre detenzione tutte le volte in cui il potere di
fatto è esercitato nomine alieno. Il rapporto di fatto con la cosa sia nel possesso
che nella detenzione è il medesimo, e ciò che li distingue è solo l’elemento
spirituale. Sarebbero così detentori il locatario, il mandatario, il depositario...
(es.: risponderebbe di furto il gerente di un garage che si appropria di
un’automobile).
È chiaro che la conseguenza appare assurda e il concetto di possesso nel diritto
penale necessita di una modifica.
È possesso il potere di fatto (signoria) esercitato dalla persona sulla cosa in
modo autonomo, ossia quando si svolge fuori dalla diretta sorveglianza di una
persona che ha un potere giuridico maggiore. Per l’incontro è detenzione il
potere di fatto esercitato dalla persona sulla cosa nella sfera di vigilanza del
possessore.
Quanto all’elemento spirituale che deve sorreggere quello materiale si osserva
che non è l’animo di comportarsi come il titolare di un diritto reale, ma è
l’animus rem sibi habendi, ossia l’animo di tenere la cosa presso di sé (non
potrebbe considerarsi possessore chi abbia una cosa senza saperlo).
Data questa nozione di possesso continuano a trovare applicazione le regole
civilistiche:
-
no continuità del possesso: il possesso continua a permanere anche
quando il possessore non lo abbia temporaneamente
-
successione nel possesso: il possesso continua nell’erede senza che
questi debba necessariamente apprendere materialmente la cosa
-
genericità dell’animus: non è necessario che il possessore abbia
conoscenza di ogni singola cosa che rientra nella sua signoria.
Art. 624 c.p.: Furto
Chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto
per sé o per altri, è punito...
Agli effetti della legge penale si considera cosa mobile anche l’energia elettrica e ogni altra energia
che abbi un valore economico.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo ricorra una o più delle circostanze di cui algi
articoli 61, numero 7), e 625.
Oggetto giuridico: tutela del possesso delle cose mobili.
Si noti che il possesso trova tutela anche in ambito civile mediante le azioni di
reintegrazione e manutenzione. Tuttavia la tutela non appare sufficiente in quanto le
cose mobili sono per loro natura soggette a dispersione ed in oltre occorre tener conto
anche della regola possesso buona fede vale titolo.
Non può ritenersi – come è stato sostenuto – che tale norma tuteli la proprietà, in quanto
il proprietario non possessore può avere vantaggio a che il ladro sia il nuovo possessore.
Soggetto passivo: è il possessore della cosa mobile. A tale soggetto spetta il diritto di
querela ai fini della perseguibilità del furto.
Presupposto: l’impossessamento (contrectatio) non deve avvenire con violenza o
minaccia sulle persone, altrimenti si configurerà rapina.
Il soggetto agente non deve avere il possesso del bene (mancanza del possesso),
altrimenti si configura appropriazione indebita.
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste nel sottrarre impossessandosi della cosa
mobile altrui.
Cosa mobile altrui = qualsiasi oggetto corporale od altra entità naturale, ivi comprese le
energie che:
-
abbia un valore economico: ne deriva che non configura furto la
sottrazione di una cosa che secondo il giudizio della generalità degli
uomini ha valore economico trascurabile. Occorre precisare che sebbene
vi siano oggetti che abbiano valore pecuniario irrisorio, può darsi che
abbiano un valore affettivo. La loro sottrazione può configurare furto.
-
sia suscettibile di appropriazione: ne deriva che non configura furto ciò
che non può essere sottratto (es.: onde radiofoniche)
Cose mobili sono anche quelle che prima erano originariamente immobili e sono
divenute tali a seguito di un distacco.
L’altruità è intesa nel senso di proprietà altrui. Ne deriva che non può essere soggetto
attivo del furto il proprietario.
Sottrazione = privare altri del possesso (spossessamento). Alla base di ciò sta il
presupposto del dissenso del possessore. Il consenso di questi non costituisce causa di
giustificazione e se è successivo non esclude l’esistenza del reato.
A seconda della nozione di possesso che si accoglie si giunge a soluzioni differenti.
Adottando la nozione della
CORRENTE PRIVATISTICA
si arriva a punire di furto coloro
che sono detentori per il diritto civile (es.: il mandatario che intasca la somma ricevuta
per un acquisto). Adottando la nozione di possesso dell’ANTOLISEI si arriva a punire di
furto coloro che esercitano il potere di fatto sulla cosa sotto la sorveglianza del
possessore (es.: il facchino che ricevuto il bagaglio si dilegua tra la folla). La cosa
mobile può essere sottratta anche a chi ha la semplice detenzione, ma in tal caso il
soggetto passivo sarà il possessore mediato (es.: il ladro che ruba al facchino il quale è
semplice detentore).
Impossessamento = al riguardo diversi criteri sono stati nel tempo proposti per stabilire
quando esso ricorra:
-
mancipatio: ossia quando si pone la mano sulla cosa che si brama
-
amotio: ossia quando la cosa è spostata da luogo ove si trovava
-
ablatio: ossia quando la cosa è portata via da luogo dove si esercita la
custodia del possessore
-
teoria della illazione: ossia quando la cosa è portata nel luogo stabilito
dal ladro
Per la giurisprudenza impossessamento equivale a sottrazione. Tuttavia l’equivalenza
non è ragionevole in quanto nella legge i termini sono ben distinti. Impossessarsi
significa acquisire il possesso, ossia il potere di fatto sulla cosa che si esercita al di fuori
della sfera di vigilanza di chi ha un potere giuridico maggiore. Lo spossessamento o
sottrazione non bastano a qualificare il fatto come furto. Sul piano logico
impossessamento e sottrazione sono due azioni distinte, sebbene il primo consegua
spesso immediatamente la seconda. Può accadere che le due azioni si verifichino in
tempi differenti (es.: ladro che getta la refurtiva in una siepe con l’intento di
impossessarsene in tempi migliori).
Sono indifferenti i modi o i mezzi con cui si verifica l’impossessamento, purché esso
non avvenga con violenza o minaccia. La clandestinità non è necessaria, potendo il furto
avvenire anche sotto gli occhi del possessore.
Momento consumativo: il reato si consuma nel momento in cui avviene
l’impossessamento, ossia quando l’agente acquista il potere di fatto autonomo della
cosa. Il tentativo si configura quando si ha la sottrazione (amotio) della cosa senza
impossessamento (es.: non sarà furto, ma tentato furto il fatto dell’operaio che messosi
in tasca uno strumento della fabbrica venga fermato dal guardiano all’uscita).
Elemento soggettivo: consiste nella coscienza e volontà di impossessarsi della cosa
mobile altrui, sottraendola al detentore (dolo generico). Oltre a ciò si richede che il
soggetto agisca al fine di trarre profitto per sé o per altri (dolo specifico) e questo vale a
distinguere il reato di furto dal reato di danneggiamento (NB: non è possibile parlare di
danneggiamento tutte le volte in cui la distruzione della cosa è necessaria al suo
utilizzo).
INGIUSTIZIA DEL PROFITTO: non si richiede che il profitto avuto di mira dal ladro sia
ingiusto. Questa caratteristica non può dirsi implicita. Non richiamando l’ingiustizia il
legislatore ha voluto punire anche chi, titolare di una pretesa legittima, abbia voluto
soddisfarla prendendosi cose altrui. Se si ammettesse il contrario la tutela del possesso
sarebbe di molto diminuita in quanto tale condotta non sarebbe punibile a titolo di
esercizio arbitrario delle proprie ragioni mancando del requisito della violenza sulle
cose o violenza e minaccia alle persone.
Il dolo è escluso quando il soggetto creda per errore che la cosa sia sua o a che il
possessore avesse prestato il consenso. Non è escluso se l’errore cade sull’identità della
cosa o della persona (es.: il ladro voleva sottrarre una collana e invece sottrae un
bracciale, ovvero il ladro voleva rubare a Tizio e invece ruba a Caio).
Art. 624 – bis c.p.: Furto in abitazione e furto con strappo
Chiunque si impossessa della cosa mobile altrui sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto
per sé o per altri, mediante l’introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a
privata dimora o nelle pertinenze di essa, è punito...
Alla
stessa pena di cui al primo comma soggiace chi si impossessa della cosa mobile altrui,
sottraendola a chi la detiene al fine di trarne profitto per sé o per altri, strappandola di mano o di dosso
alla persona.
La pena è [...] se il reato è aggravato da una o più delle circostanze previste nel primo comma
dell’articolo 625, ovvero se ricorre una delle circostanze indicate all’articolo 61.
Elemento oggettivo: il fatto materiale è costituito dal medesimo che costituisce furto.
Circa la prima fattispecie occorre dire che:
furto in abitazione = furto + violazione di domicilio (reato complesso)
Circa la seconda fattispecie (cd. scippo) si richiede che la violenza deve essere diretta
sulla cosa e solo in via indiretta sulla persona altrimenti configurerebbe rapina.
Momento consumativo: vale mutati mutandis quanto detto sul furto
Elemento soggettivo: vale quanto detto mutati mutandis sul furto
Art. 625 c.p.: Circostanze aggravanti
1) SE IL
COLPEVOLE USA VIOLENZA SULLE COSE:è necessario che la violenza serva
per superare un ostacolo altrimenti non superabile (es.: non ricorre tale circostanza
quando è tagliato il fil di ferro che teneva chiusa una porta senza serratura). Non
ricorre l’aggravante in parola quando la forza sia usata per rendere mobile ciò che è
immobile.
2) SE IL COLPEVOLE SI VALE DI QUALSIASI MEZZO FRAUDOLENTO: l’ampia dizione
compende non solo l’uso di chiavi false, ma anche l’uso di chiavi vere di cui si sia
venuti in possesso illegittimamente. Vi rientra anche la scalata e ogni altro modo di
introduzione diverso dall’ordinario.
3) SE
IL COLPEVOLE PORTA INDOSSO ARMI O NACROTICI SENZA FARNE USO:
l’agente deve essere consapevole di avere le armi o i narcotici e questi devono essere
tali da consentire di commettere o facilitare il furto, ovvero da procurarsi l’impunità.
4) SE IL FATTO È COMMESSO CON DESTREZZA: è il cd. borseggio per cui è necessaria
che la destrezza operi sulla persona e non sull’oggetto. Di conseguenza non ricorre
l’aggravante nel caso del cd. taccheggio (es.: quando una persona entra in un negozio e
tenendo a bada il commerciante riesce a sottrarre clandestinamente gli oggetti che gli
capitano a portata di mano).
5) SE
IL FATTO È COMMESSO DA
3
O PIÙ PERSONE: non si richede che le persone
siano riunite rientrando anche i compartecipi morali. Nel computo vi rientrano anche le
persone non imputabili o non punibili.
6) SE
IL FATTO È COMMESSO DA PERSONA CHE SIA TRAVISATA: è tale chi aleri le
proprie sembianze in modo tale da indurre la vittima a credere che sia un’altra persona.
7) SE IL FATTO È COMMESSO DA PERSONA CHE SIMULI LA QUALITÀ DI PUBBLICO
UFFICIALE O DI INCARICATO DI UN PUBBLICO SERVIZIO: è anche quando il
soggetto attivo si arroghi abusivamente le qualità.
8) SE IL FATTO È COMMESSO SUL BAGAGLIO DEI VIAGGIATORI, IN OGNI SPECIE DI
VEICOLI, NELLE STAZIONI, NEGLI SCALI O BANCHINE, NEGLI ALBERGHI O IN
ALTRI POSTI OVE SI SOMMINISTRANO CIBI O BEVANDE: è viaggiatore colui che si
fa trasportare per terra, acqua o aria fuori dal comune di dimora. È bagaglio tutto ciò
che il soggetto porta con sé per necessità o utilità, escluse le cose che porta sulla sua
persona. Le ipotesi dei luoghi sono tassative cosicché il furto che avviene in luoghi
diversi non può essere aggravato.
9) SE
IL FATTO È COMMESSO SU COSE ESISTENTI IN UFFICI O STABILIMENTI
PUBBLICI: non è richiesto che lo stabilimento sia gestito dallo Stato o da altro ente
pubblico, è sufficiente la destinazione pubblica.
10) SE
IL FATTO È COMMESSO SU COSE SOTTOPOSTE A SEQUESTRO O
PIGNORAMENTO: non deveconfondersi con gli articoli 334, 3° comma e 388, 3°
comma, c.p.
11) SE
IL FATTO È COMMESSO SU COSE ESPOSTE PER NECESSITÀ, O PER
CONSUETUDINE O PER DESTINAZIONE ALLA PUBBLICA FEDE: sono cose esposte
per necessità alla pubblica fede ad esempio i prodotti agricoli lasciati ad essiccare sul
fondo; sono cose esposte per consuetudine alla pubblica fede ad esempio le macchine
parcheggiate anche se protette con mezzi meccanici; sono cose esposte per destinazione
alla fede pubblica ad esempio le reti da pesca.
12) SE
IL FATTO È COMMESSO SU COSE DESTINATE A PUBBLICO SERVIZIO O A
PUBBLICA UTILITÀ, DIFESA O REVERENZA: sono tali ad esempio i cavi elettrici, i
segnali stradali, le immagini sacre...
13) SE
IL FATTO È COMMESSO SU TRE O PIÙ CAPI DI BESTIAME RACCOLTI IN
GREGGE O MANDRIA, OVVERO SU ANIMALI BOVINI O EQUINI, ANCHE NON
RACCOLTI IN MANDRIA: il gregge indica il bestiame minuto, mentre la mandria indica
il bestiamen grosso. Quando trattasi di bovini o equini l’aggravante sussiste anche
quando la sottrazione riguardi solo un esemplare. Non è necessario che gli animali
siano custoditi o siano in recinti. Tale reato viene denominato abigeato.
Art. 626 c.p.: Furti punibili a querela dell’offeso
Si applica [...] e il delitto è punibile a querela della persona offesa:
1) se il colpevole ha agito al solo scopo di fare un uso momentaneo della cosa sottratta, e
questa, dopo l’uso momentaneo, è stata immediatamente restituita;
2) se il fatto è commesso su cose di tenue valore, per provvedere a un grave ed urgente
bisogno;
3) se il fatto consiste nello spigolare, rastrellare o rampollare nei fondi altrui, non ancora
spgliati interamente del raccolto.
Tali disposizioni non si applicano se concorre taluna delle circostanze indicate nei numeri 1, 2, 3 e 4
dell’articolo precedente.
L’articolo in esame contempla tre distinti reati che si accomunano allo schema del furto:
► FURTO D’USO:
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste nel compiere la condotta tipica del furto
ma allo scopo di usare momentaneamente la cosa per poi restituirla immediatamente.
Deve escludersi che ricorra tale delitto tutte le volte in cui l’uso della cosa comprende la
distruzione di essa o la alteri in modo da renderli inservibile. La restituzione del tolto
deve riguardare la medesima cosa sottratta con la conseguenza che il delitto avrà per
oggetto solo beni infungibili.
La restituzione deve essere completa (un relativo deterioramento importerà il
risarcimento del danno) e volontaria (anche se non spontanea), oltre che immediata.
Momentaneamente = non di lunga durata
Immeditatamente = senza ritardo.
Causa di forza maggiore / Caso fortuito: il verificarsi di una causa di forza
maggiore o di un caso fortuito che impedisca la restituzione non esclude la
responsabilità penale per il presente delitto, salvo accertare nell’agente la preesistenza
dell’intenzione a restituire la cosa.
Momento consumativo: il reato si consuma nel momento in cui avviene
l’impossessamento.
Circa il tentativo è errato ritenere che esso non sia possibile in quanto la restituzione si
pone in un momento successivo alla consumazione. Il tentativo verrebbe punito tenendo
presente il reato – base del furto con la conseguenza che verrebbe a comminarsi una
pena maggiore per furto (d’uso) tentato maggiore di quella per furto d’uso consumato.
Deve concludersi che in caso di tentativo di furto d’uso occorrerà indagare se era
nell’intenzione del reo restituire immediatamente la cosa sottratta dopo averla
momentaneamente usata.
Elemento soggettivo: consiste nella coscienza e volontà di tenere la condotta propria
del furto specificata dallo scopo di fare uso momentaneo della cosa e dall’intenzione a
restituirla immediatamente (dolo specifico).
► FURTO LIEVE PER BISOGNO:
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste nella condotta tipica del furto su una
cosa mobile di tenue valore per provvedere ad un bisogno grave ed urgente.
La cosa sottratta può soddisfare il bisogno sia in via diretta che indieretta.
Bisogno = Il bisogno può riferirsi tanto all’agente quanto a soggetti diversi in quanto
non è specificato nella norma. Può essere un bisogno patrimoniale o morale (es.:
l’individuo che ruba del denaro per accorrere dalla madre malata). Il bisogno deve
essere grave, ossia che se non è soddisfatto può derivarne un danno o un pericolo alle
persone o alle cose, e urgente, ossia che la soddisfazione non può differirsi senza un
notevole pregiudizio. In altri termini si tratta di un bisogno essenziale.
STATO DI NECESSITÀ E FURTO LIEVE PER BISOGNO: la differenza tra la causa di giustificazione e la
previsione del bisogno grave ed urgente sta nel fatto che la prima riguarda una minaccia oggettiva di
danno grave alla persona, mentrela minaccia che deriva dalla mancata soddisfazione del bisogno può
riguardare anche cose ed essere puramente morale.
Momento consumativo: vale quanto detto in generale per il furto.
Elemento soggettivo: consiste nella coscienza e volontà di compiete la condotta tipica
del furto unitamente alla consapevolezza che si tratta di cose di tenue valore e con la
finalità di soddisfare un grave ed urgente bisogno (dolo specifico).
L’errore che cade sulla qualità del bisogno (si ritene grave ed urgente un bisogno che
non lo è), o sulla qualità della cosa (si ritiene di tenue valore una cosa che non lo è)
esclude il dolo e di conseguenza la punibilità per furto comune.
► SPIGOLAMENTO ABUSIVO:
basta rilevare che il fatto costituisce reato fin tanto che non è terminato il raccolto, infatti dopo questo le
cose abbandonate sul fondo vengono considerate res derelictae.
Art. 627 c.p.: Sottrazione di cose comuni
Il comproprietario, socio o coerede che, per procurare a sé o ad altri un profitto, si impossessa della
cosa comune, sottraendola a chi la detiene, è punito, a querela della persona offesa...
Non è punibile chi commette il fatto su cose fungibili, se il valore di esse non eccede la quota a lui
spettante.
Soggetto attivo: sono il comproprietario, il socio o il coerede configurando così un
reato proprio.
Presupposto: il reo non ha la detenzione della cosa comune. Ove egli abbia la
detenzione della cose e se ne appropri si concreterà appropriazione indebita.
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste nell’impossessamento della cosa
comune sottraendola a chi la detiene.
Cosa mobile comune = è tale la cosa la cui proprietà spetta a più soggetti. L’estensione
del diritto di ciascuno viene denominato quota.
Società di persone e di capitali: si è sostenuto che il delitto sia ipotizzabile solo nelle
società di persone in quanto il socio non ha la disponibilità delle cose sociali. Il
PEDRAZZI ha osservato che il nuovo codice civile ha rafforzato l’autonomia
patrimoniale delle società di persone e per tanto il riferimento al socio come soggetto
partecipante nella società di persone deve ritenersi non vincolante per l’interprete.
Il fatto che avviene su cose infungibili anche per un valore inferiore alla quota
dell’agente rimane punibile.
Momento consumativo: al riguardo vale mutati mutandis quanto detto sul furto
Elemento soggettivo: consiste nella coscienza e volontà della condotta tipica del furto
unitamente alla consapevolezza che si tratta di cose comuni.
Art. 646 c.p.: Appropriazione indebita
Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria il denaro o la cosa mobile
altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso, è punito, a querela della persona offesa...
Se il fatto è commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario la pena è aumentata.
Si procede d’ufficio, se ricorre la circostanza indicata nel capoverso precedente o taluna delle
circostanze indicate nel numero 11 dell’articolo 61.
Oggetto giuridico: sebbene si sia sostenuto che l’articolo tuteli la fiducia da cui origina
il possesso e da cui consegue l’obbligo di fare della cosa un uso determinato e di
restituirla, si osserva che il possesso dell’agente non necessariamente origina da una
scelta (determinata da fiducia nell’agente), ma può originare da altre cause (vd. 2°
comma, ovvero art. 647 c.p.).
Ciò che viene tutelato è il diritto di proprietà in quanto l’agente abusa del proprio
potere di fatto sulla cosa comportandosi come se fosse il proprietario (uti dominus).
Soggetto passivo: è il titolare del diritto di proprietà sulla cosa a cui spetta il diritto di
querela, salvoi casi di perseguibilità d’ufficio.
Presupposto: l’agente deve avere il possesso della cosa di cui si appropria. Ciò vale a
distinguere tale delitto dal delitto di furto. Il soggetto attivo ha il possesso, ma non la
proprietà (possesso disgiunto dalla proprietà). Il fatto che sia menzionato il denaro
come oggetto di appropriazione indebita impone che qui non vale il principio per il
quale la proprietà delle cose fungibili si acquista nel momento della consegna, salvo non
siano specificamente individuate. Sono negozi che trasferiscono il possesso, ma non la
proprietà l’usufrutto, il mandato, il comodato, la locazione, il pegno...
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste nell’appropriarsi del denaro o di cosa
mobile di cui si abbia il possesso.
Oggetto materiale: è rappresentato da qualsiasi cosa mobile o dal denaro altrui. Si
osserva che questo rientra nella categoria di cosa mobile, tuttavia la precisazione è
importante in quanto l’appropriazione indebita può sostanziarsi anche nell’uso illecito
della cosa (ossia contario al titolo).
Non concreta delitto l’appropriazione di cose di valore irrilevante secondo il giudizio
della generalità degli uomini. L’unica deroga è rappresentata dall’ipotesi di cose che,
sebbene di valore pecuniario irrilevante, abbiano un valore affettivo.
Sono considerate mobili anche le cose che in origine erano immobili in quanto aderenti
ad un bene immobile.
L’altruità va intesa nel senso di proprietà di altri. Con riferimento al denaro, questo si
considera altrui (non valendo il principio delle cose fungibili) quando è affidato per un
uso determinato nell’interesse dell’affidante.
Possesso = quando il soggetto esercita sulla cosa un potere di fatto al di fuori della sfera
di sorveglianza di chi ha un potere giuridico maggiore (cd. disponibilità autonoma). Ove
questa disponibilità la si eserciti sotto la vigilanza del possessore si risponderà di furto.
POSSESSO SPRANGATO:
è tale quando l’oggetto sia consegnato in un involucro
chiuso. La dottrina ravvisa in questo caso un’appropriazione indebita (oggetto:
il contenente) in concorso con furto (oggetto: il contenuto). La soluzione non
convince in quanto il proprietario affida alla disponibilità autonoma dell’agente
non solo il contenente, ma anche il contenuto sebbene chiuso e pertanto ricorrerà
l’ipotesi di appropriazione indebita sulla quale inciderà l’apprezzamento
discrezionale del giudice ai fini della pena da comminare.
Appropriazione = non significa divenire proprietario della cosa. La proprietà è una
situazione giuridica che non può derivare da un atto illecito. Il termine deve intendersi
nel senso di comportarsi come se si fosse il proprietario, assumere arbitrariamente i
poteri del proprietario. Lo stato psicologico dell’agente deve manifestarsi in una
condotta che risulti incompatibile con i diritti del proprietario.
USO ILLECITO DELLA COSA:
si discute se l’uso non conforme al titolo possa
concretare un’ipotesi di appropriazione indebita.
Al riguardo si è sostenuto con argomento ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit
che non essendo previsto al pari del furto d’uso un’ipotesi analoga per
l’appropriazione indebita, l’uso illecito della cosa di cui si abbia a qualsiasi titolo
possesso non è punibile e potrà originare solo responsabilità civile nell’agente.
La tesi non convince in quanto anche l’uso illegittimo può importare una
diminuzione patrimoniale rilevante e deve ritenersi che l’agente risponderà di
appropriazione indebita tutte le volte che abbia determinato un logorio nella cosa
che ne abbia diminuito in modo rilevante il valore.
PEGNO DI COSA ALTRUI: risponderà del delitto in parola l’agente che abbia dato in
pegno la cosa di cui aveva il possesso quando nel caso concreto risulti assente la
volontà o la possibilità di riscattare il pegno. In tal caso questo equivale ad
alienazione.
APPROPRIAZIONE D’IDEA: rispondere del delitto in parola l’agente che abbia ricevuto un
modello in possesso e approfittando di tale situazione brevetti l’invenzione.
APPROPRIAZIONE INDEBITA DA PARTE DI OPERATORI BANCARI: in precedenza ad essi
spettava la qualifica di incaricati di pubblico servizio e si riteneva che rispondessero di
peculato per distrazione, perduta tale qualifica la giurisprudenza è spesso ricorsa ad
un concetto lato di distrazione come specie del genus appropriazione.
Momento consumativo: il reato si consuma non già nel momento in cui l’agente
consegua il profitto e nemmeno con il mutamento dell’animus (possesso uti dominus). Il
reato si consuma con l’appropriazione ossia con una condotta incompatibile con i diritti
del proprietario.
Il tentativo è da ritenersi ammissibile non ostante sia ritenuto che il reato sia
unisussistente (unico actu preficitur).
Elemento soggettivo: consiste nelle conscienza e volontà di tenere una condotta
incompatibile con i diritti del proprietario (dolo generico). In caso di beni fungibili
(come il denaro) deve mancare la volontà alla restituzione unita al serio convincimento
di poterla effettuare subito. Oltre a ciò occorre il fine di procurare a sé o ad altri un
profitto ingiusto (dolo specifico).
INGIUSTIZIA
DEL PROFITTO:
si richiede che il profitto sia ingiusto, ossia quando la
pretesa non sia tutelata in via diretta o indiretta dall’ordinamento giuridico (es.: non
risponderà di appropriazione indebita chi trattenga presso di sé una somma di denaro
corrispondente all’ammontare di un credito scaduto).
Aggravante speciale è prevista dal 2° comma nell’ipotesi in cui il fatto sia
commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario. Il deposito è necessario
quando sia imposto per necessità al proprietario.
È prevista l’aggravante generica rappresentata dall’articolo 61, n. 11. La pena sarà
aumentata quando il fatto sia commesso con abuso:
-
di autorità
-
di relazioni domestiche
-
d’ufficio
-
di prestazione d’opera
-
di coabitazione
-
di ospitalità
Art. 647 c.p.: Appropriazione di cose smarrite, del tesoro o di cose avute
per errore o caso fortuito
È punito a querela della persona offesa [...]:
1) chiunque, avendo trovato denaro o cose da altri smarrite, se li appropria, senza osservare le
prescrizioni della legge civile sull’acquisizione della proprietà di cose trovate
2) chiunque, avendo trovato un tesoro se appropria, in tutto o in parte, la quota dovuta al
proprietario del fondo
3) chiunque si appropria cose, delle quali sia venuto in possesso per errore altrui o per caso
fortuito.
Nei casi preveduti dai numeri 1 e 3 se il colpevole conosceva il proprietario della cosa che si è
appropriata, la pena è [...]
L’articolo in esame contempla tre distinti reati che si accomunano allo schema
dell’appropriazione indebita.
► APPROPRIAZIONE INDEBITA DI COSE SMARRITE:
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste nell’appropriarsi di una cosa mobile
smarrita senza osservare le prescrizioni sull’acquisto della proprietà di cose smarrite.
Oltre all’impossessamento (azione positiva) occorre anche l’inosservanza delle
prescrizioni di legge (chi trova una cosa smarrita altrui è tenuto a restituirla al
proprietario e se non lo conosce al sindaco del luogo dove è stata ritrovata).
Cosa smarrita = è tale quando sussistono due requisiti:
-
requisito oggettivo: la cosa è uscita dalla sfera di sorveglianza del possessore
-
requisito soggettivo: il possessore non è in grado di ricostituire il potere sulla
cosa
Non va confusa con la cosa dimenticata in quanto il possessore è sempre in grado di
ricostituire il potere di fatto.
Momento consumativo: vale quanto detto mutati mutandis sull’appropriazione
indebita.
Elemento soggettivo: consiste nella coscienza e volontà di tenere la condotta descritta.
L’ignoranza delle prescrizioni della legge civile esclude il dolo e quindi il delitto.
Aggravante speciale è rappresentata dall’ipotesi in cui l’agente conosceva il
proprietario delle cosa smarrita.
► APPROPRIAZIONE DI COSE RICEVUTE PER ERRORE O PER CASO FORTUITO:
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste nell’appropriarsi di cose delle quali
abbia ottenuto il possesso per errore altrui o per caso fortuito.
Errore altrui = deve cadere sulla persona o sulla cosa. Se esso riguardi altri elementi
non si avrà tale delitto (es.: Tizio vende a Caio una cosa ad un prezzo di molto inferiore
al valore reale in quanto per errore crede che essa valga di meno). È necessario che
l’errore non sia indotto dall’agente altrimenti ricorrerà il delitto di truffa.
Caso fortuito = è ogni energia produttiva di un evento giuridicamente rilevante estranea
alla volontà dell’individuo.
È necessario che sussista un nesso di causalità tra l’errore o il caso fortuito e l’acquisto
del possesso.
Momento consumativo: vale quanto detto mutatis mutandis sull’appropriazione
indebita.
Elemento soggettivo: consiste nella coscienza e volontà di tenere una condotta che
concreti appropriazione unita alla consapevolezza dell’errore altrui o del caso fortuito.
Aggravante speciale è rappresentata dall’ipotesi in cui l’agente conosceva il
proprietario delle cosa smarrita.
Art. 640 c.p.: Truffa
Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto
con altrui danno, è punito...
La pena è [...]:
1) se il fatto è commesso a danno dello Stato o di altro ente pubblico, o col pretesto di far
esonerare taluno dal servizio militare;
2) se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo
immaginario o l’erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell’Autorità.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze previste
dal capoverso percedente o un’altra circostanza aggravante.
L’aspetto più rilevante di tale reato è l’inganno attraverso cui la vittima viene indotta a
compiere un atto, positivo o negativo, di disposizione patrimoniale con profitto
dell’agente o di altri.
DIFFERENZA DELLA TRUFFA DA:
● FURTO e APPROPRIAZIONE INDEBITA: la differenza qui risiede nel fatto che in questi due reati rileva il
dissenso della vittima, mentre nella truffa l’agente riesce – con l’inganno – ad ottenere il consenso.
● ESTORISIONE: la differenza qui risiede nel fatto che in questa il consenso della vittima è ottenuto
mediante violenza o minaccia, ossia mediante una coazione fisicha o psichica, mentre nella truffa il
consenso è ottenuto inducendo in errore la vittima.
Oggetto giuridico: tutela del patrimonio e della libera formazione della volontà.
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste in tre elementi:
-
Artifizi o raggiri: in precedenza si distingueva tra frode civile, che consisteva in
qualsiasi mezzo che ingannasse la vittima (anche la semplice menzogna) e frode
penale, che consisteva in un’attività asseverativa della menzogna (mise en
scène). Tale distinzione si giustificava per la necessità di speditezza dei traffici
giuridici e per il fatto che non si può punire in via penale chi, oltre a usare
menzogne non compie un quid pluris per trarre in inganno qualcuno. Se questi
crede alle menzogne, imputet sibi (lo Stato non può farsi paladino di ogni
imbecille). La distinzione con il tempo ha perduto la sua ragione sostenendosi
che anche le persone di limitata intelligenza devono ricevere tutela dalla legge.
Si è passati così dalla dicitura “artifici e raggiri idonei ad ingannare o
sorprendere l’altrui buona fede” a quella più ampia di “artifizi o raggiri”
escludendo il riferimento alla buona fede, ossia escludendo la parametrazione
dell’idoneità dell’inganno all’uomo medio (l’inganno doveva essere idoneo di
indurre in errore l’uomo medio). Si è giunti così a sostenere che concreta truffa
anche la semplice menzogna, ovviamente tendo conto di tutte le circostanza del
caso (ambiente, rapporti tra soggetti...).
Artifizio = camuffamento della realtà consistente nella simulazione di ciò
che non esiste, ovvero nella dissimulazione di ciò che esiste. Tramite
questi l’agente opera sulla realtà esterna.
Raggiro = menzogna corredata di ragionamenti tali da farla sembrare
verità. Tramita questi l’agente opera sulla psiche dell’ingannato.
-
Errore: è la falsa rappresentazione della realtà che il soggetto ingannato si fa.
Occorre che in concreto il mezzo usato abbia cagionato l’inganno.
Sfruttamento dell’errore altrui: quando l’agente approfitti dell’errore altrui
senza averlo cagionato non ricorre il reato di truffa. Ciò costituisce un’evidente
lacuna.
-
Atto di disposizione patrimoniale: rappresenta un requisito tacito in quanto non
è menzionato nella norma, ma deve ritenersi ricompreso. Questo elemento vale a
distinguere la truffa
dal furto e dall’appropriazione indebita in quanto
l’ingannato è causa del danno. Oggetto dell’atto di disposizione può essere
qualsiasi cosa rientri nel patrimonio (beni mobili, immobili, prestazioni
d’opera...). L’atto può concretarsi tanto in un facere che in un non facere.
-
Danno e ingiusto profitto: trattasi di danno patrimoniale (deminutio patrimonii)
e può riguardare anche cose che pur non avendo valore pecuniario abbiano
valore di affezione o sentimentale. Al di là di ciò il danno verrà sempre
quantificato sulla base di criteri oggettivi (giudizio della generalità degli uomini)
considerate tutte le circostanze del caso concreto. Problema quando all’ingannato è
dato un corrispettivo per la sua prestazione: è il caso del venditore che vende al contadino un
attrezzo agricolo che non può essere utilizzato in quella zona. Occorre dunque accertare sempre
il velore della controprestazione per colui che la riceve.
Si richiede in oltre che il profitto sia ingiusto e quindi che non riceva alcuna
tutela, diretta o indiretta, dall’ordinamento giuridico, o si ponga in contrasto con
esso (es.: non ricorrerà truffa quando l’agente con artifici o raggiri induca
taluno a farsi dare una somma che corrisponde ad un credito di gioco).
Taluno = il soggetto ingannato deve essere determinato non potendo parlarsi di truffa in
incertam personam (vd. aggiotaggio). L’ingannato può essere persona diversa dal
soggetto che subisce il danno purché si trovi nella situazione giuridica tale da poter
compiere atti di disposizione patrimoniale, ove ciò non sia così l’ingannato
rappresenterà uno strumento dell’ingannatore (autore mediato) che risponderà non di
truffa, ma di furto o appropriazione indebita.
TRUFFA PROCESSUALE: deve ammettersi che ricorre il reato di truffa anche quando ingannato sia
il giudice che ha il potere di emettere un provvedimento a contenuto patrimoniale sfavorevole
alla parte e favorevole all’agente.
DIFFERENZA TRA GLI ART. 640 E 374 C.P.: l’articolo 374 punisce per frode processuale chi, nel
corso di un procedimento civile, amministrativo o penale, al fine di trarre in inganno il giudice
in un atto di ispezione o di esperiemento giudiziale, ovvero il perito nell’esecuzione di una
perizia, immuti artificiosamente lo stato dei luoghi, delle cose o delle persone. L’ipotesi si
differenzia dalla truffa in quanto riguarda casi specifici e perché non colpisce frodi dirette ad
ottenere un provvedimento giurisdizionale a contenuto patrimoniale.
Momento consumativo: il reato si consuma nel momento in cui è realizzato il profitto
ingiusto con altrui danno. Una parte della dottrina sostiene che non è necessario che
il profitto si realizzi e per tanto il profitto si identificherebbe con un quid che sia un
miglioramento patrimoniale (possesso della cosa, assunzione dell’obbligazione, firma di
una cambiale...). Il tentativo è ipotizzabile purché gli atti siano idonei e diretti in modo
non equivoco a commettere la truffa.
Elemento soggettivo: consiste nella coscienza e volontà di compiere artifici o raggiri,
ingannando la vittima e così indurla a compiere un atto di disposizione patrimoniale
realizzando il profitto ingiusto (dolo generico):
AZIONE INGANNO DISPOSIZIONE PATRIMONIALE PROFITTO INGIUSTO
Esiste un ampio margine per l’errore di fatto.
Il dolo deve essere antecedente o concomitante, ma non successivo (es.: A vende a B
un’immobile e riceve in seguito da C una migliore offerta. Sapendo che B non ha
ancora trascritto vende l’immobile a C che trascriverà prima di B acquistando la
proprietà. In questo caso non ricorrerà truffa).
TRUFFA IN ATTI ILLECITI: il problema consiste nel determinare se ricorra truffa quando
l’ingannato si proponeva un fine illecito (negotium turpe).
Non è truffa: in quanto se lo Stato punisse l’ingannatore ammetterebbe implicitamente che
questi era tenuto ad eseguire una prestazione contraria al diritto.
È truffa: in quanto lo Stato non intende tutelare il soggetto ingannato che si proponeva il
negozio illecito, ma punisce in generale il fine di chi si propone – attraverso la truffa- di
pregiudicare il patrimonio altrui. È chiaro che perché sussista il reato occorre un danno e così
non è nel caso di negoziazioni sul mercato nero in quanto il contratto essendo nullo non produce
alcun effetto giuridico.
Aggravanti speciali sono rappresentate dalle ipotesi in cui il fatto sia commesso:
1) a danno dello Stato o di altro ente pubblico
2) con il pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare: non occorre che
l’esonero sia procurato. Ciò è argomento valido per l’ammissibilità della truffa
in atti illeciti
3) ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario:
difficoltà possono sorgere per distinguere l’ipotesi dalla estorsione. In
particolare ricorrerà tale ipotesi quando il verificarsi del male prospettato non
dipenda dalla volontà dell’agente
4) ingenerando
l’errone
convincimento
di
dover
eseguire
un
ordine
dell’Autorità: è il caso di chi fingendosi un pubblico ufficiale perquisendo un
negozio si fa consegnare della merce col pretesto di darla all’Autorità.
Art.640 – ter c.p.: Frode informatica
Chiunque, alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico o
intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un
sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui
danno...
La pena è [...] se ricorre una delle circostanze previste dal numero 1 del secondo comma dell’articolo
640, ovvero se il fatto è commesso con abuso della qualità di operatore del sistema.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze di cui al
secondo comma o un’altra circostanza aggravante.
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste in due tipi di condotta:
1. alterare il funzionamento di un sistema informatico o telematico
2. intervenire illegittimamente con qualsiasi modalità su dati, informazioni o
programmi
Momento consumativo: il reato si consuma nel momento in cui si realizza il profitto. È
ammesso il tentativo.
Elemento soggettivo: consiste nella coscienza e volontà di alterare il funzionamento o
di intervenire illegittimamente e di procurare a sé o ad altri un ingiusto vantaggio con
altrui pregiudizio.
Aggravanti speciali sono rappresentate dalle ipotesi in cui il fatto è commesso:
1) a danno dello Stato o di altro ente pubblico
2) con abuso della qualità di operatore del sistema
Art. 641 c.p.: Insolvenza fraudolenta
Chiunque dissimulando il proprio stato di insolvenza contrae un’obbligazione con il proposito di non
adempierla, è punito, a querela della persona offesa, qualora l’obbligazione non sia adempiuta...
L’adempimento dell’obbligazione avvenuto prima della condanna estingue il reato.
Oggetto giuridico: tutela della buona fede contrattuale.
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste nel contrarre un’obbligazione
dissimulando il proprio stato di insolvenza.
Contrarre un’obbligazione = occorre che l’obbligazione nasca da contratto, sia
volontaria. Deve consistere in un dare, essere lecita e produttiva di effetti giuridicim
ancorché annullabile (non nulla).
Dissimulare = è meno grave della truffa che impone un’attività ulteriore (es.: ricorre il
delitto di insolvenza fraudolenta quando il soggetto entra in un ristorante e mangia
senza poi pagare; ricorre truffa se mostrasse banconote che si rivelino poi false). La
dissimulazione può consistere in un comportamento commissivo (menzogna) o
omissivo (reticenza) che non rientri nel concetto di artifizi o raggiri.
Insolvenza = incapacità di pagamento che deve sussistere al momento del pagamento.
L’insolvenza sopravvenuta, ancorché procurata intenzionalmente, esclude il delitto in
parola.
L’obbligazione non sia adempiuta = è da ritenersi, per quanto sia un comportamento
illecito e non un fatto estrinseco al reato, una condizione obiettiva di punibilità.
Momento consumativo: il reato si consuma nel momento in cui l’obbligazione non è
adempiuta. Il tentativo non è ammissibile, in quanto fino all’inadempimento non può
sussistere reato e dopo di esso sarà consumato.
Elemento soggettivo: consiste nella coscienza e volontà di contrarre un’obbligazione e
di dissimulare il proprio stato di insolvenza unitamente al proposito di non adempiere
fin dall’inizio (dolo generico).
Causa speciale di estinzione della punibilità è rappresentata dall’ipotesi in cui
l’agente adempia prima della condanna (irrevocabile). In tal caso il reato è estinto.
Art. 642 c.p.: Frodi nelle assicurazioni contro infortuni
Chiunque, al fine di conseguire per sé o per altri l’indennizzo di una assicurazione o comunque un
vantaggio derivante da un contratto di assicurazione, distrugge, disperde, deteriora o occulta cose di sua
proprietà [...] è punito...
Alla stessa pena soggiace chi al fine di predetto cagiona a sé stesso una lesione personale o aggrava
le conseguenze della lesione personale prodotta da un infortunio [...] Se il colpevole consegue l’intento la
pena è aumentata. Si procede a querela di parte.
Presupposto: che vi sia un valido contratto di assicurazione.
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste in due ipotesi delittuose affini:
1. fraudolenta distruzione di cosa propria: consistente nel distruggere,
disperdere, deteriorare o occultare una cosa di proprietà dell’agente
2. fraudolenta mutilazione della propria persona: consistente nel
cagionare o aggravare le conseguenze di una lesione personale da
infortunio si richiede che la lesione sia effettiva e sia stata dovuta per
una causa compresa nell’oggetto del contratto di assicurazione, ove non
sia così l’agente risponderà di truffa tentata o consumata.
Momento consumativo: il reato si consuma nel momento in cui l’agente compie una
delle suddette condotte, senza che sia necessario che egli consegua l’indennizzo o altro
vantaggio. Sebbene sia un reato a consumazione anticipata il tentativo è ipotizzabile.
Elemento soggettivo: consiste nella coscienza e volontà di distruggere, disperdere,
deteriorare od occultare una cosa di sua proprietà, ovvero di cagionare o aggravare le
conseguenze di una lesione personale (dolo generico) unitamente al fine di conseguire
l’indennizzo o altro vantaggio (dolo specifico)
Aggravante speciale è rappresentata dall’ipotesi in cui l’agente consegua
l’indennizzo o altro vantaggio.
Art. 643 c.p.: Circonvenzione di persone incapaci
Chiunque, per procurare a sé o ad altri un profitto, abusando dei bisogni, delle passioni o
dell’inesperienza di una persona minore, ovvero abusando dello stato di infermità o di deficienza psichica
di una persona anche se non interdetta o inabilitata, la induce a compiere un atto, che importi qualsiasi
effetto giuridico per lei o per altri dannoso, è punito....
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste nell’indurre un soggetto minore o chi
trovasi in stato d’infermità o di deficienza psichica (non importa se non interdetto o
inabilitato) a compiere un atto giuridico.
Minore = chi è di età inferiore ai 18 anni.
Infermità e deficienza psichica = qualsiasi forma di minorazione della sfera intellettiva
o volitiva.
Abusare = approfittare delle condizioni in cui il soggetto versa:
-
bisogni, passioni o inesperienza minore
-
stato d’infermità o deficienza psichica persona
L’approfittamento non è condizionato dai mezzi usati, basta che in concreto inducano la
vittima a compiere l’atto. È tuttavia necessario che l’agente abusi delle condizioni,
altrimenti ricorrerà il delitto di truffa se userà artifizi o raggiri.
L’uso della violenza o della minaccia su tali persone muta il titolo del reato in
estorsione.
Atto che importi un qualsiasi effetto giuridico dannoso = è irrilevante che l’atto sia
annullabile per incapacità del soggetto. L’atto nullo esclude però la sussistenza del reato
in quanto quod nullum est nullum producit effectum.
Momento consumativo: il reato si consuma nel momento in cui l’atto produttivo di
effetti giuridici è compiuto. Non è necessario che il danno si verifichi. Il tentativo è
ammissibile.
Elemento soggettivo: consiste nella coscienza e volontà di indurre il soggetto specifico
a compiere un atto giuridico per sé o altri dannoso abusando delle condizioni in cui
versa (dolo generico). Oltre a ciò ricorre il fine di procurare per sé o per altri un profitto
(dolo specifico).
Art. 644 c.p.: Usura
Chiunque, fuori dei casi previsti dall’articolo 643, si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per
sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione in denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi
usurari, è punito...
Alla stessa pena soggiace chi, fuori dal caso di concorso nel delitto previsto dal primo comma,
procura a taluno una somma di denaro od altra utilità facendo dare o promettere, a sé o ad altri, per la
mediazione, un compenso usurario.
La legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari. Sono altresì usurari gli
interessi, e gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso
medio praticato per operazioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di
denaro o di altra utilità, ovvero all’opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in
condizioni di difficoltà economica o finanziaria.
Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni
a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse collegate alla erogazione del credito.
Le pene per i fatti di cui al primo e secondo comma sono aumentate da un terzo alla metà:
1) se il colpevole ha agito nell’esercizio di una attività professionale, bancaria o di
intermediazione finanziaria mobiliare;
2) se il colpevole ha richiesto in garanzia partecipazioni o quote societarie o aziendali o
proprietà immobiliari;
3) se il reato è commesso in danno di chi si trova in stato di bisogno;
4) se il reato è commesso in danno di chi svole attività imprenditoriale, professionale o
artigianale;
5) se il reato è commesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo alla misura di
prevenzione della sorveglianza speciale durante il periodo previsto di applicazione e fino a 3
anni dal momento in cui è cessate l’esecuzione.
[...]
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste nel prestare denaro o altra utilità a fronte
di una dazione o di una promessa di interessi o altri vantaggi usurari.
Il fenomeno dell’usura tra origine da un negozio e piùprecisamente da un contratto che
la legge non definisce. Deve trattarsi indubbiamente di contratti sinallagmatici (mutuo
feneratizio, vendita a rate, leasing...).
I motivi che hanno spinto il sovvenuto a chiedere la sovvenzione non rilevano per
l’esistenza o meno del reato potendo questi essere stato spinto a chiedere denaro o altra
utilità per una causa moralmente riprovevole (debiti di gioco, prodigalità...).
Denaro o altra utilità = comprende anche utilità non patrimoniali (es.: prestazioni
sessuali). L’usura viene ad assumete un contenuto più ampio (cd. usura reale, ossia
l’usura che si attua con operazioni che assicurano vantaggi sproporzionati come
corrispettivo alla prestazione dell’agente).
Interessi o altri vantaggi usurari = è la legge a stabilire il limite oltre il quale gli
interessi sono sempre usurari (presunzione iuris et de iure). Tale limite corrisponde al
tasso effettivo (comprendente le commissioni, spese e remunerazioni ed esclusi gli oneri
fiscali) medio (stabilito sulla base dei tassi praticati su operazioni omogenee)
aumentato del 50 %. L’usurarietà degli interessi va rilevata non nel momento della loro
percezione, ma nel momento della loro pattuizione.
Il reato non è comunque escluso quando il tasso si colloca sotto il limite legale del TEM
e più precisamente quando gli interessi risultino comunque sproporzionati rispetto a:
-
somma erogata
-
modalità dell’erogazione
-
difficoltà economiche o finanziarie del sovvenuto
In questo caso per valutare la sproporzione occorre considerare operazioni similari e di
quanto gli interessi o gli altri vantaggi corrisposti o promessi si discostino dal tasso
medio di quella categoria di operazioni. Quando lo scostamento sia notevole si potrà
parlare di interessi o vantaggi usurari ancorché non superanti il TEM.
Altri vantaggi = beni mobili, immobili, prestazione di servizi...
Momento consumativo: il reato si consuma nel momento in cui gli interessi o gli altri
vantaggi usurari sono dati o promessi. Il tentativo è ammissibile.
Elemento soggettivo: consiste nella coscienza e volontà di farsi dare o promettere
interessi o vantaggi che superano il limite legale (TEM), ovvero che non lo superano,
ma con la consapevolezza che sono sproporzionati rispetto alla propria prestazione e che
il sovvenuto versa in condizioni di difficoltà economica o finanziaria.
Aggravanti speciali sono rappresentate dalle ipotesi del 5° comma e precisamente
quando:
A. in relazione alla condotta o alla qualità dell’agente il delitto è commesso:
1) da chi esercita professionalmente un’attività bancaria o di intermediazione
finanziaria
2) da chi ha richiesto in garanzia partecipazioni sociali o proprietà immobiliari
3) da chi è sottoposto a sorveglianza speciale disposta con provvedimento
definitivo o lo era fino a 3 anni prima
B. in relazione al soggetto passivo il delitto è commesso:
1) contro chi versa in stato di bisogno
2) contro l’imprenditore, il professionista o l’artigiano
MEDIAZIONE USURARIA: vd. 2° comma art. 644 c.p.
La norma mira a colpire le illecite intromissioni nel circuito del credito.
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste nel farsi dare o promettere un compenso usurario per la
mediazione prestata nel procurare a taluno una somma di denaro o altra utilità.
Basta osservare che la sovvenzione prestata non deve essere necessariamente usuraria. Ciò che deve
rivestire tale caratteristica è il compenso richiesto per la mediazione.
Art. 628 c.p.: Rapina
Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o
minaccia s’impossessa della cosa mobile altrui sottraendola a chi la detiene è punito...
Alla stessa pena soggiace chi adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione, per
assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare a sé o ad altri l’impunità.
La pena è [...]
1) se la violenza o minaccia è commessa con armi, o da persona travisata, o da più persone
riunite;
2) se la violenza consiste nel porre taluno in stato di incapacità di volere o di agire;
3) se la violenza o minaccia è posta in essere da persona che fa parte dell’associazione di cui
all’articolo 416 – bis.
► Art. 628, 1° comma: RAPINA PROPRIA
È reato composto da FURTO + VIOLENZA PRIVATA
Oggetto giuridico: tutela del possesso e della libertà personale.
Presupposto: come nel furto l’agente non deve avere il possesso della cosa mobile
(mancanza di possesso). Per la nozione di possesso vale mutatis mutandis quanto detto
in generale sui delitti contro il patrimonio.
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste nell’impossessarsi della cosa mobile
altrui sottraendola a chi la detiene usando violenza o minaccia sulla persona.
Cosa mobile altrui = oggetto materiale della condotta del reo. Circa la nozione vale
mutatis mutandis quanto detto in generale sui delitti contro il patrimonio.
Impossessarsi = l’agente deve togliere con le sue stesse mani l’oggetto all’aggredito.
DISTINZIONE TRA RAPINA ED ESTORSIONE: in entrambe è presente la violenza o la minaccia sulla persona,
ma nella prima vi è diretta apprensione (sottrazione) della cosa da parte del soggetto attivo, mentre nella
seconda è il soggetto passivo a consegnare la cosa.
Quid nel caso in cui l’agente per accelerare la consegna mette mano sulla cosa?
Consegnare presuppone una certa autonomia in capo alla vittima, una possibilità di scelta, ancorché
limitata. Quando invece la consegna avviene sotto la diretta sorveglianza dell’agente non si può parlare
di vera consegna, ma di sottrazione.
La distinzione tra i due reati consiste nela distinzione tra coazione assoluta (coatcus non agit, sed agitur:
è mero strumento dell’agente) presente nella rapina e coazione relativa (coactus voluit, sed voluit: la
libera autodeterminazione non è annullata, bensì limitata) presente nell’estorsione.
Violenza o minaccia = devono essere in rapporto di mezzo a scopo, ossia devono essere
idonee a determinare la sottrazione (spossessamento) ponendo la vittima in stato di
coazione assoluta.
VIOLENZA = impiego dell’energia fisica per vincere un ostacolo reale o supposto.
VIOLENZA PERSONALE = quando l’energia fisica è impiegata sulle persone
VIOLENZA REALE = quando l’energia fisica è impiegata sulle cose danneggiandole,
trasformandole o mutandone la destinazione.
VIOLENZA PROPRIA = quando l’energia fisica è adoperata direttamente sul paziente annullandone
o limitandone la capacità di autodeterminazione.
VIOLENZA IMPROPRIA = quando l’energia fisica è esercitata con mezzi che non incidono
direttamente sul paziente (uso di narcotici o stupefacenti, omissioni come il far mancare il
sostentamento a chi non è in grado di procurarselo, azioni su cose come il danneggiamento ad
opera del proprietario dell’immobile per costringere l’inquilino a sloggiare).
MINACCIA = prospettazione di un male futuro il cui avverarsi dipende dalla volontà dell’agente.
AVVERTIMENTO = prospettazione di un male futuro il cui avverarsi è indipendente dalla volontà
di chi lo prospetta.
Sebbene si sostiene che solo la violenza importerebbe un male attuale, mentre la minaccia importerebbe
solo un male futuro, in realtà si osserva che anche quest’ultima comporta un turbamento psichico che
costituirebbe un male attuale.
Alla persona = indica che la violenza o la minaccia possono avere per oggetto materiale
persona diversa dal detentore anche non presente sul luogo di consumazione del delitto
purché tra questi e il terzo vi sia un vincolo di affetto o di solidarietà.
Momento consumativo: il reato si consuma nel momento e nel luogo in cui avviene
l’impossessamento. Al riguardo vd. mutati mutandisquanto detto sul furto.
Elemento soggettivo: consiste nella coscienza e volontà di impossessarsi della cosa
mobile altrui sottraendola al detentore unitamente alla coscienza e volontà di agire con
violenza o minaccia alla persona (dolo generico). Il fine di procurare a sé o ad altri un
ingiusto profitto concreta dolo specifico.
INGIUSTIZIA DEL PROFITTO: si richiede che il profitto sia ingiusto e per tanto quando la
pretesa sia in modo diretto o indiretto tutelata dall’ordinamento non ricorrerà rapina,
bensì esercizio arbitrario delle proprie ragioni e quando la pretesa non sia tutelabile
dinnanzi all’autorità giudiziaria ricorrerà violenza privata.
Aggravanti speciali sono rappresentate dall’ipotesi in cui il delitto è commesso:
1) con armi: è sufficiente che l’arma sia palesata.
2) da persona travisata: è tale la persona che sia mascherata in modo tale da
renderne difficile il riconoscimento.
3) da più persone riunite: basta che le persone siano due.
4) con violenza in modo tale da porre taluno in sato di incapacità di volere o di
agire: incide sulla libertà di volere chi usa narcotici o stupefacenti, incide sulla
libertà di agire chi imbavaglia, lega...
5) da persona appartenente ad associazioni di tipo mafioso
6) impossessandosi di armi, munizioni o esplosivi
CONCORSO CON LESIONI PERSONALI GRAVI E GRAVISSIME E CON OMICIDIO, MA NON CON
PERCOSSE (vd.
art. 581, 2° comma).
SE CON LA MEDESIMA AZIONE SONO RAPINATE PIÙ PERSONE SI HANNO PIÙ RAPINE, SALVO NON
SI RINVANGA DELITTO CONTINUATO (MEDESIMO DISEGNO CRIMINOSO).
SE CON LA MEDESIMA AZIONE SONO SOTTRATTE PIÙ COSE SI HA UN’UNICA RAPINA.
► Art. 628, 2° comma: RAPINA IMPROPRIA
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste nel usare violenza o minaccia per
assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta o per procurare a sé o ad altri
l’impunità immediatamente dopo la sottrazione.
Quando la violenza o minaccia è commessa contro un pubblico ufficiale / incaricato di
un pubblico servizio il delitto in esame concorrerà con il delitto di resistenza a pubblico
ufficiale.
Immediatezza = la sottrazione (prima) e la violenza o minaccia (poi) devono susseguirsi
con una soluzione di continuità tale da non superare i termini della flagranza (quando
l’agente è colto nell’atto di commettere il reato, ovvero è subito dopo inseguito, ovvero
è sorpreso con cose o tracce da cui appare essere l’autore: es.: il ladro che dopo un
lungo inseguimento dimostri violenza nei confronti delle persone che lo inseguono).
Momento consumativo: il reato si consuma nel momento in cui si verifica la violenza
o la minaccia. Il tentativo appare ammissibile tutte le volte in cui l’agente dopo aver
sottratto la cosa mobile altrui tenti di mantenere il possesso usando senza successo
violenza o minaccia. In ogni caso è necessario che vi sia stato impossessamento
anteriore alla violenza o alla minaccia, ove manche questo si avrà concorso di tentativo
di furto con violenza privata (es.: il ladro che dopo essere stato scoperto, non si sia
impossessato della cosa e abbia cercato la fuga usando violenza).
Elemento soggettivo: consiste nella coscienza e volontà di impossessarsi della cosa
mobile altrui usando immediatamente dopo violenza o minaccia (dolo generico)
unitamente al fine di assicurare a sé o ad altri il possesso, ovvero di procurare a sé o ad
altri l’impunità (dolo specifico).
Aggravanti speciali sono rappresentate dalle stesse ipotesi di cui sopra.
Art. 629 c.p.: Estorsione
Chiunque mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cose,
procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito...
La pena è [...] se concorre taluna delle circostanze indicate nell’ultimo capoverso dell’articolo
precedente.
Oggetto giuridico: tutela del patrimonio e della libertà della persona
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste nel costringimento del soggetto passivo
a fare o ad omettere qualcosa usando violenza o minaccia.
Violenza o minaccia = per ila nozione vale mutatis mutandis quanto detto sopra. La
violenza può sostanziarsi tanto contro le persone (soggetto passivo o un terzo a questi
legato da vincolo di affetto o solidarietà, cd. violenza personale), quanto contro le cose
(cd. violenza reale).
Costringere = implica che il soggetto passivo sia limitato nella sua capacità di
autodeterminazione. Trattasi di coazione relativa.
Fare o omettere qualche cosa = compiere un atto di disposizione patrimoniale che può
avere contenuto positivo o negativo. Oggetto di tale atto può essere qualsiasi elemento
del patrimonio: beni mobili, immobili, diritti di ogni specie (questo elemento oltre alla
coazione relativa vale a distinguere il fatto dalla rapina che può rivolgersi solo su beni
mobili). In ogni caso per l’esistenza del reato è necessario un atto di disposizione
patrimoniale valido. In particolare se l’atto è nullo, non potrà aversi estorsione, mentre
anche se l’atto è annullabile, in quanto produttivo di effetti (precari), si potrà avere
estorsione.
Momento consumativo: il reato si consuma nel momento in cui si verifica l’ingiusto
profitto per sé o per altri con l’altrui danno. In particolare si ritiene che profitto si abbia
non già con l’effettiva realizzazione delle mire dell’agente, ma con un miglioramento
della situazione patrimoniale (firma della cambiale, possesso di un documento...). Il
tentativo è ammissibile.
Elemento soggettivo: consiste nella coscienza e volontà di costringere taluno a fare o
ad omettere qualche cose e nella coscienza e volontà di procurare a sé o ad altri un
ingiusto profitto con altrui danno (dolo generico).
INGIUSTIZA DEL PROFITTO: si richiede che il profitto sia ingiusto ossia quando derivi
da una pretesa che non può in alcun modo trovare tutela nell’ordinamento giuridico.
-
Nell’ipotesi che l’agente ricorra alla violenza o alla minaccia alla persona per il
soddisfacimento di una pretesa tutelabile dinnanzi all’Autorità giudiziaria si avrà
esercizio arbitrario delle proprie ragioni
-
Nell’ipotesi che l’agente ricorra alla violenza o alla minaccia alla persona per il
soddisfacimento di un’obbligazione naturale si avrà violenza privata
Quando il profitto non derivi da una pretesa fondata sul diritto sarà ingiusto se
conseguito con:
1. mezzi di per sé antigiuridici (si perquote un soggetto per costringerlo a fare od
omettere qualche cosa)
2. mezzi giuridici usati per uno scopo diverso da quello per il quale sono attribuiti
(abuso di mezzi giuridici) (si minaccia di ricorrere al giudce per un debito non
adempiuto per ottenere favori della moglie del debitore)
3. mezzi il cui uso è contrario ai buoni costumi (il ladro che offre la refurtiva alla
vittima dietro compenso)
Aggravanti speciali sono costituite dalle ipotesi previste per la rapina, ossia quando
il fatto è commesso:
1) con armi
2) da persona travisata
3) da più persone riunite
4) con violenza in modo da porre taluno in stato di incapacità di volere o di agire
5) da persona appartenente ad associazioni di tipo mafioso
DIFFERENZA TRA ESTORSIONE E:
● RAPINA: mentre in questa la coazione ottenuta con la violenza o la minaccia è assoluta, nel senso di
annullare l’autodeterminazione del paziente, nell’estorsione la coazione è relativa. Oltre a ciò la prima è
rivolta verso cose mobili altrui, mentre l’estorsione può riguardare anche beni immobili o diritti.
● TRUFFA: mentre in questa la volontà della vittima è viziata da errore (inganno), nell’estorsione la
volontà della vittima è viziata da violenza. Quando la truffa sia aggravata dall’aver indotto la vittima nel
timore di un pericolo immaginario, la differenza con l’estorsione sarà nel fatto che il male futuro
prospettato non dipende dalla volontà dell’agente.
● VIOLENZA PRIVATA: mentra in questa non è richiesto alcun conseguimento di un ingiusto profitto con
altrui danno, nell’estorsione tale elemento è essenziale. In oltre nella violenza privata si tratta si
costrizione a fare, omettere o tollerare (pati). Quest’ultimo caso non è previsto nel delitto in esame e
l’unione con il conseguimento di un profitto con altrui danno integra il delitto di rapina.
● ESERCIZIO ARBITRARIO DELLE PROPRIE RAGIONI: mentre in questo il fine è quello di esercitare un proprio
diritto tutelabile dinnanzi all’Autorità giudiziaria, nell’estorsione l’agente mira a procurarsi per sé o per
altri un profitto ingiusto con altrui danno.
● CONCUSSIONE: in questo è il pubblico ufficiale che commette il fatto con abuso della sua qualità o delle
sue funzioni.
Art. 630 c.p.: Sequestro di persona a scopo di estorsione
Chiunque sequestrata una persona allo scopo di conseguire, per sé o per altri, un ingiusto profitto
come prezzo della liberazione, è punito...
Se dal sequestro deriva comunque la morte, quale conseguenza non voluta dal reo, della persona
sequestrata, il colpevole è punito...
Al concorrente che, dissociandosi dagli altri, si adopera in modo che il soggetto passivo riacquisti la
libertà, senza che tale risultato sia la conseguenza del prezzo della liberazione, si applicano le pene... Se
tuttavia il soggetto passivo muore, in conseguenza del sequestro, dopo la liberazione, la pena è...
Nei confronti del concorrente che, dissociandosi dagli altri si adopera, al di fuori del caso previsto dal
comma precedente, per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori ovvero aiuta
concretamente l’Autorità di polizia o l’Autorità giudiziaria nella raccolta delle prove decisive per
l’individuazione o la cattura dei concorrenti, la pena è...
Il reato costituisce una forma speciale di sequestro di persona e se ne distingue per
l’elemento soggettivo (dolo specifico).
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste nel sequestrare una persona per
conseguire un ingiusto profitto che sarebbe il prezzo della liberazione.
Momento consumativo: il reato si consuma con il sequestro della vittima, senza che sia
necessario il conseguimento del profitto.
Elemento soggettivo: consiste nella coscienza e volontà di sequestrare una persona
(dolo generico) al fine di ottenere un profitto ingiusto come prezzo della sua liberazione
(dolo specifico).
Aggravante speciale è rappresentata dall’ipotesi in cui dal sequestro derivi la morte
del soggetto. In particolare nel 2° comma la morte è imputata a titolo di responsabilità
oggettiva, mentre le 3° comma è imputata a titolo di omicidio doloso.
Art. 635 c.p.: Danneggiamento comune
Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili
altrui, è punito, a querela della persona offesa...
La pena è [...] e si procede d’ufficio se il fatto è commesso:
1) con violenza alla persona o con minaccia
2) su edifici pubblici o destinati a uso pubblico o all’esercizio di un culto, o su cose di interesse
storico o artistico ovunque siano ubicate o su immobili compresi nel perimetro dei centri
storici, o su altre delle cose indicate nel numero 7 dell’articolo 625
3) sopra opere destinate all’irrigazione
4) sopra piante di viti, di alberi o arbusti fruttiferi o su boschi, selve o foreste, ovvero su vivai
forestali destinati al rimboschimento.
Il reato non importa un trasferimento di un valore patrimoniale dal soggetto passivo a
quello attivo, ma solo una deminutio patrimonii del soggetto passivo. Esso ha carattere
generico e la norma non troverà applicazione in tutte le ipotesi in cui il danneggiamento
è elemento costitutivo di altro reato.
Soggetto passivo: il proprietario o la persona che abbia in godimento la cosa.
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste nel distruggere, disperdere, deteriorare o
rendere totalmente o parzialmente inservibile una cosa mobile o immobile altrui.
Distruggere = annientare nella sua essenza specifica la cosa.
Disperdere = far uscire la cosa dalla disponibilità dell’avente diritto in guisa che sia
impossibile o notevolmente difficile il recupero.
Deteriorare = modificare in modo da ridurre in modo apprezzabile il valore o l’utilità
della cosa.
Rendere inservibile = rendere inidonea la cosa allo scopo a cui era destinata.
Oggetto materiale: è la cosa altrui, mobile o immobile. Altrui è inteso nel senso di
proprietà di un soggetto diverso dall’agente. Non concreta reato di danneggiamento il
fatto commesso dal proprietario sulla cosa propria goduta da altri, ma solo
responsabilità civile.
Momento consuamativo: il reato si consuma nel momento in cui è commesso la
distruzione, la dispersione, il deterioramento o la cosa è resa inservibile. Il tentativo è
ammesso.
Elemento soggettivo: consiste nella coscienza e volontà di tenere una delle condotte
previste (distruzione, dispersione...) unitamente alla consapevolezza dell’altruità della
cosa (dolo generico).
Il fine di lucro è idoneo di per sé a trasformare detta figura in reato quando
l’impossessamento e l’utilizzo della cosa ne importi necessariamente la distruzione.
Aggravanti speciali sono rappresentate dalle ipotesi in cui il fatto è commesso:
1) con violenza alle persone o con minaccia
2) su edifici pubblici / destinati ad uso pubblico / destinati all’esercizio di un
culto
3) opere destinate all’irrigazione
4) su piante di vite, alberi...
5) su cose esistenti in uffici pubblici / stabilimenti pubblici
6) su cose sottoposte a sequestro o pignoramento
7) su cose esposte alla pubblica fede per necessità / destinazione / consuetudine
8) su cose destinate al pubblico servizio / pubblica utilità / difesa / reverenza
Art. 635 – bis c.p.: Danneggiamento di sistemi informatici
Chiunque distrugge, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili sistemi informatici o telematici,
ovvero programmi, informazioni o dati altrui, è punito, salvo che il fatto non costituisca più grave reato...
Se ricorre una o più delle circostanze di cui al secondo comma dell’articolo 635, ovvero se il fatto è
commesso con abuso della qualità di operatore del sistema, la pena è...
Art. 648 c.p.: Ricettazione
Fuori dei casi di concorso nel reato, chi, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista o
riceve od occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto, o comunque si intromette nel farli
acquistare, ricevere od occultare, è punito...
La pena è [...] se il fatto è di particolare tenuità.
Le disposizioni di questo articolo si applicano anche quando l’autore del delitto da cui il denaro o le
cose provengono non è imputabile o non è punibile, ovvero quando manchi una condizione di
procedibilità riferita a tale delitto.
Oggetto giuridico: il reato mira ad evitare la dispersione di cose di provenienza illecita
evitando che si consolidi il pregiudizio per la vittima. Oltre a questo deve rilevarsi una
necessità di tutela dell’interesse dell’Amministrazione della Giustizia.
DIFFERENZA TRA RICETTAZIONE E FAVOREGGIAMENTO REALE: in questo reato l’agente non opera al fine di
procurare a sé o ad altri un profitto.
Presupposto: la ricettazione presuppone che sia stato commesso un delitto (colposo o
doloso) senza che sia necessario che si tratti di delitto contro il patrimonio. È necessario
che il delitto sia necessariamente avvenuto, ma non è necessario che sia stato accertato
con sentenza passata in giudicato.
In caso non si sia ancora iniziato il processo in merito al delitto presupposto, il giudice
trasmetterà gli atti al PM affinché eserciti l’azione penale. Ove non sia possibile od
opportuna la riunione dei procedimenti, il procedimento relativo alla ricettazione sarà
rinviato fino alla definizione del delitto presupposto. La condanna per ricettazione non
potrà aver luogo se prima non si sia accertata l’esistenza del delitto a monte, ancorché
non sia individuato l’autore.
Il fatto che si tratti di delitto perseguibile a querela di parte e questa non sia presentata,
non rileva ai fini dell’esistenza della ricettazione. Così come non rileva che l’autore del
delitto presupposto non sia punibile o imputabile. In oltre, in virtù dell’articolo 170 c.p.
l’estinzione del delitto presupposto non influenza l’esistenza della ricettazione.
Il ricettatore non deve aver concorso nella commissione del delitto presupposto. La sua
attività è post crimen patratum. Così non sarà tutte le volte in cui il soggetto abbia
promesso il suo aiuto prima o durante l’esecuzione del delitto in modo che abbia così
suscitato o rafforzato il proposito criminoso.
Soggetto attivo: può essere chiunque ad esclusione dell’autore del delitto presupposto
e del compartecipe. Non può essere altresì il soggetto passivo del delitto presupposto, in
quanto l’acquistare o il ricevere la cosa è connaturato all’ambito del proprio diritto.
Elemento oggettivo: il fatto materiale è costituito:
-
dall’acquistare, ricevere od occultare denaro o cose di provenienza criminosa
-
dall’intromissione nell’acquisto, ricezione od occultamento di denaro o cose di
provenienza criminosa
Denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto = non sono solo le cose che sono il
corpo del reato (cose sulle quali o mediante le quali è stato commesso il fatto, ovvero
che ne costituiscono il prezzo, il prodotto o il profitto) ma tutto ciò che è ricollegato al
delitto presupposto.
Collegamento diretto o indiretto: si discute se il collegamento delle cose al delitto
presupposto debba essere diretto o meno (es.: il ricavato della vendita di cose rubate).
NUVOLONE: ritiene che ammettendo anche le cose che si ricollegano al reato indirettamente si
giungerebbe ad un regressum ad infinitum (es.: acquisto una macchina che è stata a sua volta
acquistata con denaro che risultava il ricavato di gioielli rubati).
ANTOLISEI: ritiene che l’ammissione di cose che si ricollegano al reato in via indiretta è logica e
il regresso all’infinito è escluso da due rilievi: uno di ordine civilistico che fa capo alla regola
“possesso buona fede vale titolo” e l’altro di ordine penalitico che impone che l’agente sia
consapevole della provenienza illecita delle cose.
Acquistare = comperare
Ricevere = entrare in possesso a un titolo diverso della compravendita
Occultare = nascondere
Momento consumativo: il reato si consuma quando il denaro o la cosa di illecita
provenienza sono acquistati, ricevuti od occultati, ovvero si realizza l’intromissione
nell’acquisto, ricezione od occultamento. Non rileva il conseguimento o meno del
profitto. Il tentativo è ammissibile.
Elemento soggettivo: consiste nella coscienza e volontà di acquistare, ricevere od
occultare, ovvero nell’intromettersi unitamente alla consapevolezza che si tratta di cose
di provenienza delittuosa (dolo generico). In particolare di consapevolezza di parla
anche nell’eventualità che l’agente abbia avuto il sospetto che si trattasse di cose di
provenienza delittuosa, ma abbia agito accettando il rischio della pena (dolo eventuale o
indiretto).
Oltre a quanto detto, occorre il fine di procurare a sé o ad altri (persone diverse
dall’autore del delitto presupposto e compartecipi, nonché il soggetto passivo del delitto
presupposto). un profitto concretando così dolo specifico.
SE LA RICETTAZIONE HA PER OGGETTO PIÙ COSE PROVENIENTI ANCHE DA PIÙ DELITTI ESSA RIMANE UNICA SE
VENGONO ACQUISTATE TUTTE CONTESTUALEMENTE. IN CASO CONTRARIO SI AVRÀ CONCORSO DI REATI DI
RICETTAZIONE, SALVA L’IPOTESI DI REATO CONTINUATO.
SE IL RICETTATORE TRASMETTE LE COSE AD ALTRA PERSONE CHE LE ACQUISTA PER IL PROPRIO O ALTRUI
PROFITTO SI AVRÀ RICETTAZIONE A CATENA E SI TRATTERÀ DI REATI AUTONOMI.
Art. 648 – bis c.p.: Riciclaggio
Fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità
provenienti da delitto, non colposo, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da
ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa, è punito...
La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell’esercizio di un’attività professionale.
La pena è diminuita se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita
la pena della reclusione inferiore nel massimo a 5 anni.
Si applica l’ultimo comma dell’articolo 648.
Il reato si pone come aiuto agli autori di delitti non colposi e per tanto importa non solo
un pregiudizio ulteriore al patrimonio della vittima del delitto, ma anche un pregiudizio
delgi interessi dell’Amministazione della Giustizia.
Inizialmente si cercò di colpire le utilità provenienti da specifici delitti (estorsione
aggravata, rapina aggravata...).
Successivamente si è ampliata la sfera di efficacia della norma facendo riferimento a
delitti non colposi.
Soggetto attivo: chiunque ad esclusione dell’autore e del compartecipe del reato
precedente.
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste nel:
-
sostituire / trasferire denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto doloso
-
compiere altre operazioni in relazione al denaro, beni o altre utilità di
provenienza delittuosa, in modo da ostacolare l’identificazione di tale
provenienza
Denaro, beni o altre utilità = costituiscono l’oggetto materiale che è estremamente
ampio.
Momento consumativo: inizialmente il reato si consumava con il compimento di fatti o
atti idonei alla sostituzione diretti in modo non equivoco. Il momento consumativo era
così anticipato distinguendo il riciclaggio dalla ricettazione. L’intento era quello di
andare oltre l’acquisto, la ricezione, l’occultamento e l’intromissione.
Successivamente la modifica fu nel senso di ritenere sufficiente la norma sul delitto
tentato (art. 56 c.p.) per ricomprendere condotte che non fossero proprie della
ricettazione specificando la rilevanza di comportamenti volti ad ostacolare
l’identificazione della provenienza delittuosa.
Dall’attuale lettera della legge deve ritenersi che il momento consumativo rimane
comunque anticipato. Infatti il compimento di operazioni inerenti al denaro, ai beni o ad
altre utilità deve avvenire in modo da ostacolare, ossia in maniera da rendere in concreto
più difficile la scoperta della provenienza illecita.
Il tentativo è ammissibile.
Elemento soggettivo: consiste nella coscienza e volontà di sostituire o trasferire o di
ostacolare l’accertamento della provenienza di denaro, beni o altre utilità unitamente
alla consapevolezza che si tratta provenienza da un delitto doloso.
Aggravante speciale è rappresentata dall’ipotesi in cui il fatto è commesso da chi
esercita un’attività professionale.
Forma attenutata: se il delitto dal quale provengono gli oggetti riciclati è punito con
la pena della reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni.
Art. 648 – ter c.p.: Impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita
Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli articoli 648 e 648 – bis,
impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, è punito...
La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell’esercizio di un’attività professionale.
La pena è diminuita nell’ipotesi di cui al secondo comma dell’articolo 648.
Si applica l’ultimo comma dell’articolo 648.
L’articolo in esame tiene conto di una duplice prospettiva: in prima battuta occorre
impedire che il “denaro sporco” venga “lavato”; in seconda battuta è necessario che
questo non trovi impiego legittimo.
Appare tuttavia arduo tracciare il confine tra la figura del riciclaggio e quella del delitto
in parola. Caduto il riferimento nel riciclaggio a denaro, beni o altre utilità provenienti
da specifici delitti, la sfera di applicazione del delitti di impiego è stata assorbita
dall’art. 648 – bis.
Presupposto: che sia stato commesso un delitto (colposo o doloso) anche da chi non è
punibile o imputabile e anche qualora manche una condizione di procedibilità (cd.
delitto – presupposto).
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste in una condotta che non sostanziandosi
in quella prevista per la ricettazione o per il riciclaggio si specifica nell’impiego di
denaro, beni o altre utilità di provenienza delittuosa in attività economiche o finanziarie.
Impiegare = non comprendere il solo investire, ma l’utilizzare comunque.
Attività economiche o finanziare = sono escluse le attività professionali (salvo non
presentino struttura d’impresa) e le attività occasionali o sporadiche.
Momento consumativo: il reato si consuma nel momento in cui avviene l’impiego. Il
tentativo è ipotizzabile.
Elemento soggettivo: consiste nella coscienza e volontà di impiegare denaro, beni o
altre utilità in attività economiche o finanziarie unitamente alla consapevolezza che si
tratta di oggetti di provenienza delittuosa.
Aggravante speciale è rappresentata dell’ipotesi in cui il fatto è commesso da chi
esercita un’attività professionale.
Forma attenuata: si ha quando il fatto è di particolare tenuità.
Art. 712 c.p.: Acquisto di cose di sospetta provenienza
Chiunque, senza averne prima accertata la legittima provenienza, acquista o riceve a qualsiasi titolo
cose, che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l’entità del prezzo, si abbia motivo di
sospettare che provengono da reato, è punito...
Alla stessa pena soggiace chi si adopera per fare acquistare o ricevere a qualsiasi titolo alcuna delle
cose suindicate, senza averne prima accertata la legittima provenienza.
Il reato è anche denominato incauto acquisto.
Elemento oggettivo: il fatto materiale consiste in due specie di condotte:
-
l’acquistare o ricevere a qualsiasi titolo cose di provenienza sospetta senza
averne previamente accertata la legittimità
-
l’adoperarsi per far acquistare o ricevere a qualsiasi titolo cose di sospetta
provenienza senza averne accertata la legittimità (mediazione)
Entrambe le ipotesi presuppongono una condotta complessa costituita da un’azione
(l’acquistare o ricevere, ovvero l’intromissione) e da un’omissione (il non accertare la
legittima provenienza delle cose).
Oggetto materiale: sono le cose che si sospettano essere di provenienza criminosa. Non
è necessario che provengano da delitto, basta anche la provenienza da contravvenzione.
Il sospetto è requisito oggettivo e pertanto si avrà quando la situazione sia tale da far
presumere, secondo l’id quod plerumque accidit, la provenienza illecita. In particolare il
sospetto deve nascere da:
-
qualità della cosa
-
condizioni di chi offre la cosa
-
l’entità del prezzo
In ogni caso la provenienza deve essere effettiva ancorché non accertata con sentenza
passata in giudicato.
Elemento soggettivo: consiste nella coscienza e volontà di acquistare o ricevere le cose
e nell’inadempimento dell’obbligo di accertamente della legittimità della provenienza
(cd. ricettazione colposa).
Ove l’agente abbia avuto soggettivamente il sospetto che si potesse trattare di cose di
provenienza criminosa e tuttavia abbia accettato il richio acquistandole o ricevendole
ricorrerà la figura della ricettazione. Ovviamente deve trattarsi di cose provenienti da
delitto, se si tratta di cose provenienti da contravvenzione il fatto sarà punibile a titolo di
incauto acquisto.
DISPOSIZIONI COMUNI AI DELITTI PATRIMONIALI
Art. 649 c.p.: Non punibilità e querela della persona offesa per fatti
commessi a danno di congiunti
Non è punibile chi ha commesso alcuno dei fatti preveduti da questo titolo in danno:
1) del coniuge non legalmente separato
2) di un ascendente o discendente o di un affine in linea retta, ovvero dell’adottante o
dell’adottato
3) di un fratello o di una sorella che con lui convivano
I fatti preveduti da questo titolo sono punibili a querela della persona offesa se commessi a danno del
coniuge legamente separato, ovvero del fratello o della sorella che non convivano con l’autore del fatto,
ovvero dello zio o nipote o dell’affine in secondo grado con lui conviventi.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano ai delitti preveduti dagli articoli 628, 629, e 630 ed
ogni altro delitto contro il patrimonio che sia commesso con violenza alle persone.
I CASI DI NON PUNIBILITÀ DEL 1° COMMA IMPORTANO L’INESISTENZA DEL REATO O L’ESCLUSIONE DELLA
PENA?
Ove si ammettesse che il fatto commesso contro uno dei soggetti del 1° comma non configuri reato, allora
ciò si estenderebbe anche ai compartecipi.
Ove si ammettesse che il fatto commesso contro uno dei soggetti del 1° comma configuri reato essendo la
qualità del soggetto passivo una causa di esclusione della pena, ciò non si estenderebbe ai compartecipi.
In danno = il reato deve produrre un danno nel patrimonio delle persone elencate
dall’articolo. Nel caso incida sul patrimonio anche di altri soggetti la punibilità non è
esclusa.
Convivenza = non è coabitazione, importa un rapporto di comunanza stabile di vita
domestica.
Rapporto di parentela = rileva al momento della commissione del fatto e non del
giudizio. Occorre aggiungere oltra i rapporti predetti anche quello di affiliazione in
quanto ricorre l’eadem ratio del rapporto tra adottante e adottato. L’analogia in favore
del reo non è vietata. In oltre l’isituto dell’affiliazione è stato introdotto in momento
successivo all’entrata in vigore dell’attuale codice penale.
Violenza alle persone = deve trattarsi di violenza effettiva e può essere tanto fisica
quanto morale.