Danni dei cervidi in foresta

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Danni dei cervidi in foresta
fauna e selvicoltura
Danni dei cervidi
in foresta
Accordo tra cacciatori e selvicoltori per prevenirli
di Pascal Ancel
Jacques Gery
Si riporta l’esperienza di un’area forestale nel Donon (Francia) iniziata nel
2011 relativa agli interventi di gestione per limitare i danni dei cervidi sui
popolamenti forestali. Si descrivono alcune tecniche selvicolturali mirate
ed anche le attività di collaborazione tra portatori d’interesse che hanno
permesso l’istituzione di un fondo privato finanziato da proprietari e cacciatori
per gli interventi di gestione forestale.
Il Centro Regionale della Proprietà Forestale (CRPF)
dell’Alsazia-Lorena e la Federazione Regionale dei
Cacciatori, alla fine del 2011, hanno deciso di condurre
uno studio di fattibilità per l’applicazione di tecniche selvicolturali finalizzate a favorire l’equilibrio fauna-foresta.
A tal fine è stato definito un programma di 10 anni di
cui è stato informato ciascun proprietario. è stato poi
creato un “fondo di sostegno”, denominato CERA3F,
alimentato attraverso l’esclusiva sottoscrizione da parte
di soggetti privati: proprietari e cacciatori. Il testo che
segue fornisce elementi per comprendere qual è l’obiettivo a cui si punta, come si è arrivati a tale scelta e
come funziona il fondo CERA3F che finanzia una parte
dei lavori forestali connessi con la gestione della fauna.
1.900 ha di foresta (26% del totale) sui 7.200 ha complessivi considerati ai fini di questa iniziativa. Si trattava
principalmente di fustaie di abete bianco invecchiate e di
qualche fustaia di picea un po’ più giovane. Le abetine
meno dense, in fase di rinnovazione o diradate di recente, presentavano nello strato inferiore nuclei di picea, di
altezza fino a 10 m, generalmente privi di abete bianco.
Foresta “rinnovata” dopo
la tempesta del 1999
Il contesto territoriale di riferimento è quello del massiccio del Donon (dipartimento Meuthe-et-Moselle(1)). In
questa zona la tempesta Lothar del 1999 (e la successiva pullulazione di scolitidi) ha completamente distrutto
(1) In cui è compreso anche il Donon precedentemente citato e
coincide con l’area di competenza della FDC 54 (Federazione dei
Cacciatori n.54).
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Tutti i giovani popolamenti al di sotto di 18 m di altezza,
cioè il 35% della superficie totale, sono stati oggetto di
sopralluogo (Grafico 1). Da questa attività è risultato che
il 59% di tali popolamenti è di origine artificiale, il 27%
di origine naturale e il 14% misto naturale-artificiale. La
picea rappresenta il 62% della superficie, di cui il 59%
di origine artificiale. La douglasia occupa il 30% della
superficie esaminata e nel 98% dei casi è di origine
artificiale, talvolta mista a rinnovazione naturale di picea.
L’abete bianco, specie di riferimento del Donon, non
rappresenta che il 3% della superficie esaminata e nel
70% dei casi è stato introdotto artificialmente.
Assistiamo quindi ad una vera “inversione” della composizione specifica forestale, con un forte aumento
della presenza della picea, specie particolarmente soggetta alla scortecciatura ad opera dei cervidi, in sostituzione dell’abete bianco.
L’analisi delle classi di altezza è particolarmente interessante ed ha rivelato che a seguito della tempesta il 45%
dei giovani popolamenti ha oggi un’altezza compresa
tra 4 e 6 m. è stato rilevato anche il grado di copertura.
Il risultato è stato che nel 23% della superficie c’è una
copertura inferiore al 50%; nel 46% della superficie la
copertura è compresa tra il 70 e il 100%, mentre nel
31% della superficie la copertura risulta colma. L’analisi
della situazione fa pensare che la disponibilità alimentare
per i cervidi, a causa della crescente copertura delle
chiome, si ridurrà progressivamente.
C’è inoltre da segnalare che il 23% delle superfici con
picea di altezza compresa tra 9 e 18 m ha più del 20%
dei fusti scortecciato da cervidi. La disponibilità alimentare per i cervidi è ancora soddisfacente, ma la copertura delle chiome si sta completando e ciò comporterà
un crescente rischio di scortecciatura dei fusti di picea.
Attualmente è quasi impossibile far affermare la rinnovazione naturale di abete bianco senza protezione.
Quali obiettivi porsi in questa situazione?
Per quanto riguarda la popolazione animale il piano
faunistico-venatorio locale ha previsto, nel 2010, un
incremento del prelievo pari al 35%, confermato poi
anche nel 2011 e nel 2012. Si opera quindi in un quadro
di riduzione del carico delle popolazioni di cervidi.
Per quanto riguarda la vegetazione invece il CRPF e la
federazione dei cacciatori della Lorena nel 2004 hanno
testato alcune tecniche selvicolturali a basso costo,
finalizzate ad accrescere le risorse alimentari in periodi
di scarsità, cioè tra la fine dell’inverno e l’inizio della
primavera.
Nel Donon si è cercato di mettere a disposizione degli
animali i rovi, nelle migliori stazioni che sono ormai rare
(essenzialmente bassi versanti), e i mirtilli in altre zone.
Lo scopo è stato quello di evitare lo scortecciamento
della picea, così come la brucatura dei germogli dell’abete bianco, tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera. Ciò è possibile dal momento che sia la corteccia di
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Altro
5%
Abete bianco
3%
Abete rosso
62%
Douglasia
30%
Grafico 1 - Ripartizione dei popolamenti con altezze minori di
18 m in funzione della specie.
picea che i germogli di abete bianco sono meno appetiti
dai cervidi rispetto a rovi e mirtilli.
Le tecniche descritte di seguito sono state messe a
punto e sperimentate, in un contesto simile a quello in
esame, dall’ONCFS(2), nella riserva de “La Petite Pierre”,
in Alsazia. Tali tecniche sono preventive e possono
consentire di limitare i danni solo in un contesto
in cui la densità della fauna ungulata è comunque
gestita. Le nuove disponibilità alimentari semilegnose dovranno idealmente essere diffuse e ben
distribuite nel terreno, in modo da evitare concentrazioni di animali in determinate aree.
Diradamento “fauna selvatica”
Si tratta di effettuare un diradamento precoce di forte
intensità sotto forma di pascoli arborati(3) di 0,3-0,5 ha
in giovani popolamenti di altezza compresa tra gli 8 e i
12 m; poco sensibili ai crolli e agli schianti, ma sensibili
alla scortecciatura da parte di alcuni cervidi (Foto 1 e
Figura 1). La densità del popolamento dopo l’intervento
varierà, in funzione dell’altezza raggiunta, tra le 250 e le
400 piante/ha.
Corridoi “fauna selvatica”
Quando le piante hanno raggiunto altezze comprese
tra 8 e 12 m si possono aprire corridoi larghi tra i 4 e i
6 m. Per accrescere l’illuminazione al suolo, in tali corridoi può essere utile anche potare la parte bassa della
chioma delle piante poste nelle file di margine (Figura 2).
Nelle piantagioni artificiali tale risultato si può ottenere
facilmente eliminando una fila di piante che costituirà la
futura pista d’esbosco. L’eliminazione di una fila accresce la visibilità in vista dell’attività venatoria che potrà
così essere esercitata con tiri efficaci e in condizioni
ottimali di sicurezza. Ciò è molto utile al fine della realizzazione di un buon piano faunistico-venatorio, soprattutto nelle zone poco accessibili in cui sarebbe altrimenti
difficile effettuare il prelievo previsto.
(2) Office National de la Chasse et de la Faune Sauvage.
(3) Si è tradotto come “pascolo arborato”, espressione più vicina
in italiano a quella che sarebbe la traduzione letterale di “prè-bois”,
cioè “prato-bosco”.
Come a quando intervenire?
A livello selvicolturale sarebbe bene intervenire prima
che il soprassuolo venisse reso instabile dal vento o
dalla neve pesante. Lo sviluppo del mercato della biomassa legnosa a fini energetici fa nascere qualche speranza (di poter fare interventi non troppo onerosi n.d.t.)
che, a causa dei bassi prezzi di mercato, è tuttavia vana
per le zone montane. Dal punto di vista tecnico la strategia ottimale, nel contesto del Donon, è la seguente:
• Nelle aree in cui gli interventi selvicolturali sono
meccanizzabili l’ideale è intervenire quando le
piante hanno circa 12 m di altezza. Ciò permette di
realizzare interventi in “parità finanziaria” in termini di
abbattimento ed esbosco del materiale, lasciando le
ramaglie sul posto. Questo primo diradamento, precoce ma di intensità classica, sarà completato successivamente con l’apertura di pascoli arborati che
allungheranno il periodo di attrattività alimentare. In
questo caso il solo costo aggiuntivo da considerare
è lo stoccaggio delle ramaglie lungo i corridoi “fauna
selvatica” e nelle radure pascolabili. Tale operazione
può essere in parte effettuata con un processore a
condizione di prevedere l’operazione in fase d’impostazione del lavoro e di integrare l’eventuale sovraccosto. La potatura di eventuali alberi d’avvenire
collocati all’interno dei pascoli arborati va considerata
nell’ambito delle operazioni selvicolturali ordinarie.
Non è così, invece, per l’installazione di protezioni per
le piante in caso di elevato rischio di scortecciamento
e lo stoccaggio delle ramaglie.
• Nelle aree in cui l’utilizzazione non è completamente meccanizzabile, è più difficile effettuare
diradamenti in cui si pareggino i costi con i ricavi. In
questi casi, dal punto di vista finanziario, è necessario attendere che gli alberi raggiungano almeno
i 16-18 m di altezza. Un intervento del genere è
tuttavia da considerare tardivo, dal momento che
espone il popolamento per troppo tempo al rischio di
scortecciatura e all’instabilità nei confronti del vento.
è quindi necessario intervenire più presto possibile,
cioè quando le piante hanno altezze comprese tra
i 6 e gli 8 m, in modo da ridurre al minimo i costi
d’intervento e di stoccaggio degli alberi, che non
verranno esboscati ma lasciati sul posto. A tali altezze
si manifestano già i fenomeni di differenziazione che
possono essere utili in vista dell’individuazione di soggetti d’avvenire da riservare in occasione della realizzazione dei pascoli arborati. Per ottenere corridoi
“fauna selvatica” a costo zero sarà sufficiente, in fase
di rimboschimento, non piantare una fila ogni 5 o 6.
Che intensità dovranno avere gli interventi?
Generalmente si cercherà di ottenere aree aperte per
una proporzione pari a circa il 20% della superficie. Tale
soglia può essere considerata significativa in termini
d’impatto. Per i pascoli arborati il limite è 0,5 ha ciascu-
no e sarà necessario predisporne uno ogni 2,5-3 ha.
Per i “corridoi fauna selvatica” (successivamente piste
di esbosco n.d.t.) posti sulle pendici e con abbandono
delle ramaglie sul posto, si propone di aprire una fascia
di 5-6 m ogni 30 m. Ciò porta ad un’apertura complessiva compresa tra il 14 e il 17%. Tale scelta lascia tuttavia
la possibilità di aprire, in occasione del primo diradamento, delle piste d’esbosco intermedie poste a 12-13
m l’una dall’altra. Tale distanza, nel caso di piantagioni in
file poste a 3 m di distanza, corrisponde all’eliminazione
di una fila ogni cinque.
Infine, nel caso di aree meccanizzabili in cui si interviene quando le piante hanno raggiunto i 12 m di altezza
dominante, si apriranno corridoi “fauna selvatica” larghi
5-6 m ogni 15 m. In questo modo le aree aperte arriva-
D
A
C
B
Foto 1 - Pascolo arborato o diradamento “fauna selvatica”.
A-Gli alberi rilasciati vengono sottoposti ad una potatura dal basso.
B-La vegetazione si insedia nuovamente grazie alla maggior quantità di luce al suolo.
C-Gli alberi tagliati vengono stoccati sul posto.
D-La luce penetra tra le chiome e arriva al suolo.
B - Valore
alimentare del
pascolo arborato
A - Valore rifugio
della perticaia
Figura 1 - Il valore rifugio e alimentare di un popolamento contenente un pascolo arborato.
B - Le quinte
al margine dei
corridoi “fauna
selvatica” servono
a conservare il
valore di rifugio
dell’area.
A - L’apporto di luce in un corridoio “fauna selvatica”
sufficientemente largo permette lo sviluppo di
vegetazione spontanea che costituisce alimento per
i cervidi.
Figura 2 - Principio dei corridoi “fauna selvatica”.
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no a rappresentare circa il 25-30% della superficie del
bosco. Dal momento che questi interventi sono tardivi e
che con piante di 12 m di altezza i corridoi di 5-6 m si
richiudono piuttosto rapidamente, si suggerisce di aprire, in aggiunta, anche delle aree a pascolo arborato in
modo da conservare più a lungo l’attrattività alimentare
per i cervidi.
Come incentivare i decisori a fare
questo tipo di interventi?
Si è verificato che la chiusura della copertura nelle foreste
colpite dall’uragano Lothar (1999) è inevitabile nel 27%
dell’area del Donon. Si tratta di una superficie importante
e lo studio CRPF/Federazione Regionale dei Cacciatori
dimostra che, in tali aree, è probabile si verifichi la scortecciatura da parte dei cervidi. Cacciatori e selvicoltori
hanno valutato che la riduzione della popolazione di
cervidi in queste aree povere di risorse alimentari non è
sufficiente ad evitare danni da scortecciatura. Da questa
valutazione è scaturita la necessità di agire rapidamente attraverso gli interventi selvicolturali precedentemente descritti.
La prima difficoltà incontrata è stata quella di far parlare
forestali (selvicoltori e proprietari n.d.t.) e cacciatori. I
forestali chiedevano ai cacciatori di ridurre la popolazione
di cervidi impegnandosi poi a gestire successivamente
l’ambiente. I cacciatori a loro volta si dichiaravano disponibili ad intervenire sulla consistenza della popolazione
di cervidi, ma a patto che i forestali adottassero misure
selvicolturali adatte alla conservazione dei grandi cervidi.
Per favorire il dialogo tra queste due categorie di portatori
d’interesse è stato organizzato un incontro sul terreno
tra cacciatori e forestali in cui si sono mostrati sia l’impatto dei cervidi sul bosco, sia le soluzioni silvo-venatorie
possibili.
Il dibattito è stato molto animato, ma ricco di indicazioni
per entrambe le parti. La proposta di un incentivo finanziario da parte della Federazione dei Cacciatori (FDC 54)(4)
ha permesso di uscire, con una soluzione concreta, da
una situazione senza apparente via d’uscita.
Gli studi ONCFS, CRPF e ONF(5) propongono dei metodi
di intervento. Tuttavia, se questi venissero applicati senza
concertazione tra le parti, favorirebbero la concentrazione di cervidi (in determinate aree n.d.t.). Ciò ha spinto la
FDC 54 ad impegnarsi economicamente, nella maniera
più semplice possibile, con il fine di agire sui 10.000 ha
del comprensorio dell’area della Meurthe-et-Moselle (per
circa metà costituiti da foreste comunali). Nulla è stato
imposto. L’adesione all’iniziativa è del tutto volontaria.
L’unica condizione è che il cacciatore sia iscritto alla
FDC 54. La proposta della FDC 54 è bidirezionale e punta
a coinvolgere sia i proprietari che i cacciatori che esercitano la loro attività nella loro foresta (n.d.t.). Il cacciatore
(4) Federation des Chasseurs 54.
(5) Office National des Forets (Ufficio Nazionale delle Foreste).
(6) Dipartimento francese della regione della Lorena.
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contribuisce con 1€ per ogni ettaro di foresta in cui esercita la sua attività, il proprietario, a sua volta, fa altrettanto conferendo la stessa cifra. La FDC 54, accettando
l’accordo volontario proprietario-cacciatore aggiunge a
sua volta 2€/ha. A queste condizioni il proprietario ha il
vantaggio di investire 1€ e di poter realizzare interventi di
miglioramento per limitare i rischi di scortecciamento per
4 €. La cifra di 4€/ha è lontana dall’essere sufficiente, ma
è tuttavia significativa. Infatti, nell’ipotesi più favorevole,
in cui si riesca a coinvolgere tutti i proprietari della zona
per i 10 anni successivi all’avvio dell’iniziativa, versando
1€/ha/anno, le somme raccolte (4€/ha/anno) permetterebbero di finanziare il 50% degli interventi necessari
nel periodo. Questa strategia di “conciliazione” permette
ai proprietari di boschi di sensibilizzare i cacciatori sui
danni dei cervidi e ai cacciatori di spiegare ai proprietari
che applicare alla lettera il piano faunistico-venatorio non
è sempre facile. L’iniziativa è stata un successo. Al 31
Dicembre 2012 sono state sottoscritte 8 convenzioni
relative ad una superficie complessiva di 4.519 ha su
5.454 ha di foresta privata disponibile, cioè l’80% delle
superfici boschive e il 70% del territorio nel suo complesso. Delle 3 aree che ancora non hanno sottoscritto
convenzioni, 2 prevedono di sottoscrivere un accordo nel
corso del 2013. Nel frattempo sono stati già completati i
primi interventi selvicolturali.
Grazie a tale risultato la Federazione dei Cacciatori sta
studiando la possibilità di estendere questa tipologia di
partenariato proprietario/cacciatore a tutte le aree forestali dell’area della Meurthe-et-Moselle(6).
i nf o . a r t i c o l o
Autori: Pascal Ancel, Ingegnere Forestale del CRPF Lorraine-Alsace.
Jacques Gery, Presidente del Gruppo di interesse venatorio di Bousson
Chatillon.
Parole chiave:
Fauna e selvicoltura, danno da scortecciamento,
attività venatoria, cervide, fondo privato, Francia.
Abstract: Damage from cervids in forest. Agreement between hunters and foresters to prevent them. This article reports an experience
started in 2011 and related to management actions to limit the damage
from cervids on forest stocks in Donon (France). The authors, as well as
describing some silvicultural techniques targeted, show the activities of
collaboration between stakeholders who have formed a private monetary
fund dedicated to forest management operations.
Keywords: Wildlife, silviculture, damage caused by debarking, hunting
activities, cervid, private monetary fund, France.
Articolo originale:
Création d’un fonds privé pour la prévention des dégâts
de cervidés en forêt - Forêt-entreprise n° 210 Maggio
2013. Selezionato dalla redazione di Sherwood tra gli articoli proposti in EUFORMAG (European network of Forestry
Magazines) www.euformag.eu
Traduzione di Paolo Mori.