POLIMERI

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POLIMERI
POLIMERI
Un polimero è una macromolecola costituita da un numero elevato di piccole unità strutturali
chiamate monomeri. Non sempre l’unità ripetitiva della catena polimerica corrisponde al
monomero dal quale si sintetizza il polimero.
Condizione fondamentale per essere un monomero è che la molecola abbia la possibilità di poter
fare due o più legami (es. idrossiacidi, ε-caprolattame, derivati vinilici, ecc.). Monomeri
bifunzionali daranno origine a polimeri lineari, monomeri con più funzioni formeranno polimeri
ramificati o reticolati.
Quando la macromolecola è costituita da una sola unità ripetitiva si parla di omopolimeri, mentre
se sono presenti due unità ripetitive si parla di copolimeri (terpolimeri se tre).
I copolimeri a loro volta si possono suddividere in statistici, alternati, a blocchi e “graffati”.
Data la notevole diversità delle strutture e delle applicazioni i composti polimerici possono essere
classificati in modi diversi.
NATURALI
PROTEINE
POLISACCARIDI
POLIMERI
ELASTOMERI
SINTETICI
TERMOPLASTICI
TERMOINDURENTI
Un’utile classificazione dei polimeri è quella che si basa sul diagramma carico/allungamento. Un
polimero che arriva al carico di rottura senza deformazioni si dice reticolato; uno che presenta una
moderata deformazione e carichi di rottura anche elevati è una fibra; uno che presenta elevate
deformazioni anche per piccoli carichi è un elastomero; un polimero che ha un comportamento
intermedio tra una fibre e un elastomero è un polimero plastico.
I polimeri comunemente impiegati per materiali reticolati si possono riunire in quattro famiglie:
resine fenoliche (fenolo-formaldeide); resine amminiche (urea-formaldeide); resine poliestere e
resine epossidiche (glicoli e dialogenoderivati)
Polimeri comunemente impiegati come fibre:
(
NH(CH2)5CO
Nylon-6
)
(
(
NH
NHCO
)
NH(CH2)10CO
Nylon-10
CO
(
)
(
Nomex
(
CH2CHCN
)
Poliacrilonitrile (PAN)
( CH2CCl2 )
Polivinilidencloruro
NH(CH2)6NHCO(CH2)4CO
Nylon-6,6
OC
)
COO(CH2)2O
)
Polietilentereftalato (PET)
(
CH2CH2 )
(
Polietilene (PE)
( CF2CF2 )
Teflon (PTFE)
CH2CHCl )
Polivinilcloruro (PVC)
(
CH2CHOH )
Polivinilalcol
(
CH2 CH
)
CH3
Polipropilene (PP)
isotattico
Polimeri comunemente impiegati come plastiche:
(
CH2CH2 )
(
CH2CHCl )
HDPE, LDPE
CF2CF2 )
PVC
CH3
(
(
CH2 C
PTFE
(
)
(
Polistirene (PS)
)
CH2 CH
(
CH3
(PP)
COOCH3
CH2CH(C6H5) )
O
R COO
)
Policarbonati
Polimetilmetacrilato (PMME)
Polimeri comunemente impiegati come elastomeri:
(
CH2 C
CH CH2 )
(
CH3
Poliisoprene cis (gomma naturale)
CH2 CH CH CH2 ) (
(CH2 CH2)m (CH2 CH)p )
CH3
(EPR)
Polibutadiene
CH3
(
CH2 C
(
)
CH2 C
R
O
Si )
R
Silicone
)
CH2 CH CH CH2 CH2 CH(C6H5)
Cl
Policloroprene (Neoprene)
CH3
Gomma butile
(
(
CH CH2 )
(SBR)
C6H5
(
CH2 CH CH2 CH
CN
)
(
( CH CH CH CH2 )
(ABS)
R1 NHCOOR2OOCHN
)
Poliuretani
Uno degli aspetti che maggiormente distingue una macromolecola sintetica da una semplice
molecola organica è l’impossibilità di assegnare un peso molecolare esatto al polimero. Questo
dipende dal fatto che durante la reazione di polimerizzazione si sono formate catene polimeriche di
diversa lunghezza (cioè con un numero variabile di monomeri). Quello che si ottiene da una
polimerizzazione è quindi una distribuzione di un certo numero di macromolecole con differenti
pesi molecolari.
Si possono quindi definire diversi pesi molecolari medi in base a come si viene calcolata la media. I
più comuni sono:
<M>n = Σ NiMi / Σ Ni
e
<M>w = Σ wiMi / Σ wi
Si può dimostrare che il rapporto <M>w / <M>n indica il grado di dispersione del polimero (il
rapporto vale 1 per una distribuzione monomodale e diventa via via maggiore di 1 quanto più larga
è la curva di distribuzione).
Il grado medio di polimerizzazione è dato dal rapporto tra <M>n e il peso dell’unità ripetitiva.
Alle basse temperature un polimero è sempre allo stato solido, aumentando la temperatura si
rompono le forze attrattive tra le macromolecole e il sistema, se non si degrada, diventa un liquido
più o meno viscoso.
Ci sono due modi nei quali un polimero compie la transizione dallo stato solido a quello liquido e
dipende da come sono organizzate le molecole allo stato solido.
Se il solido è costituito da un polimero amorfo (vale dire, le catene sono disposte a “random coli”)
non si osserva un passaggio di stato netto, ma un graduale rammollimento del materiale in modo
analogo a quanto accade ai vetri inorganici. Durante il riscaldamento del solido, si può tuttavia
individuare una temperatura alla quale si registra una variazione della crescita del volume specifico
(transizione di secondo ordine). A questa temperatura, detta temperatura di transizione vetrosa
(Tg), il polimero è passato dallo stato vetro a quello di gomma.
Se il solido polimero è completamente cristallino (vale a dire, le catene presentano un certo tipo di
ordine e si può individuare una cella ripetitiva) all’aumentare della temperatura si osserva un netto
aumento, praticamente isotermo, del volume specifico (transizione di primo ordine) e il polimero
fonde, seguendo un processo del tutto analogo a quello osservato nei cristalli inorganici. La
temperatura alla quale avviene la transizione di fase è detta temperatura di fusione (Tm). Si deve
tuttavia rilevare che la temperatura di fusione di una molecola organica è strettamente connessa al
suo peso molecolare, quindi per un polimero monodisperso si ha effettivamente una Tm precisa,
mentre si osserva un intervallo di temperature di fusione tanto più grande quanto maggiormente è
disperso il polimero. In questo caso Tm è la temperatura alla quale fonde l’ultima parte di polimero,
vale a dire la frazione di macromolecole con il più alto peso molecolare.
Spesso un materiale polimerico è semicristallino, quindi, per riscaldamento, dallo stato vetroso
rigido, prima di liquefare a Tm, passa attraverso uno stato viscoelastico a Tg.
Un’altra temperatura significativa di un polimero è la temperatura di depolimerizzazione (Tc).
Se consideriamo l’equazione ∆G = ∆H - T∆H per una reazione di polimerizzazione si osserva che
dal punto di vista entropico è sfavorita (il polimero è più ordinato dei monomeri), mentre dal punto
di vista entalpico è favorita (sono reazioni di somma o con formazione di molecole stabili).
La reazione è quindi termodinamicamente possibile per valori di temperatura inferiori a ∆H / ∆S.
Occorre tuttavia rilevare che per molti monomeri la Tc è superiore alla temperatura di
degradazione.
MONOSACCARIDI
I monosaccaridi sono i monomeri che costituiscono i carboidrati più complessi.
Hanno formula generale CnH2nOn dove n varia tra 3 e 8. Si possono considerare dei composti
poliidrossicarbonilici.
I monosaccaridi che hanno il gruppo aldeidico si chiamano aldosi; quelli col gruppo chetonico si
chiamano chetosi.
CHO
CH2OH
H C OH
C O
CH2OH
CH2OH
(R)-Gliceraldeide
Diidrossiacetone
La gliceraldeide contiene un carbonio asimmetrico, esistono quindi i due enantiomeri R ed S. L’(R)Gliceraldeide corrisponde alla forma levogira D.
La D-Gliceraldeide serve come riferimento per l’assegnazione della configurazione relativa di tutti
gli aldosi e chetosi, infatti un D-monosaccaride è quello che ha la stessa configurazione del
penultimo carbonio della D-Gliceraldeide.
CHO
CHO
H C OH
H C
H C OH
H C OH
H C OH
H C OH
CH2OH
CH2OH
D-Ribosio
CHO
H C OH
HO C
H
H C OH
H
2-Desossi-D-Ribosio
CHO
H C OH
HO C
H
HO C
H
CH2OH
C O
HO C
H
H C OH
H C OH
H C OH
H C OH
CH2OH
CH2OH
CH2OH
D-Glucosio
D-Galattosio
D-Fruttosio
Aldeidi e chetoni possono reagire fra loro e formare degli emiacetali. La reazione è favorita quando
i due groppi funzionali sono nella stessa molecola e quando si formano anelli di 5 o 6 atomi.
CHO
H C OH
HO C
H
H C OH
H C OH
CH2OH
CH2OH
OH
OH
O
OH
OH
CH2OH
OH
OH
OH O
C
H
CH2OH
O OH
OH
OH
OH
OH
La chiusura dell’anello provoca la formazione di un nuovo centro chirale, detto carbonio
anomerico.
Gli anelli a 6 atomi vengono chiamati –piran-, quelli a 5 atomi –furan-.
I modi più comuni di rappresentazione delle strutture sono o con le formule di Haworth o nella
conformazione a sedia.
O
O
O
C
H
I due anomeri sono designati α quando l’-OH del C anomerico è sotto il piano dell’emiacetale
ciclico, e β quando è sopra.
CH2OH
OH
OH
O
OH
OH
α-D-Glucopiranosio
(α-D-Glucosio)
HO CH2 O
OH
OH
CH2OH
OH
β-D-Fruttofuranosio
(β-D-Fruttosio)
I monosaccaridi presentano le reazioni tipiche degli alcoli e dei composti carbonilici.
Particolarmente importanti: la mutarotazione (inversione della forma α e β del carbonio
anomerico), la formazione di glicosidi (formazione dell’acetale), la riduzione ad alditoli e
l’ossidazione ad acidi aldonici.
DISACCARIDI
I carboidrati sono presenti in natura, per la maggior parte, sotto forma di più unità di monosaccaridi
legate tra di loro da legami di tipo glicosidico tra il carbonio anomerico di una unità e un –OH
dell’altra.
Si parla quindi di disaccaridi quando sono legati tra di loro due monosaccaridi o più in generale di
oligosaccaridi quando il numero di unità è compreso tra 4 e 10.
Per reazione di idrolisi si formano i corrispondenti monosaccaridi.
CH2OH
OH
O
HO CH2 O
OH
O
OH
OH
CH2OH
OH
Saccarosio (legame glicosidico tra il C1 del glucosio e il C2 del fruttosio)
α-D-glucopiranosil-β-Dfruttofuranoside, o β-D-fruttofuranosil-α-D-glucopiranoside
CH2OH
OH
CH2OH
O OH
OH
O
OH
O
OH
OH
Maltosio (legame α-glicosidico tra C1 e C4 di due unità di glucosio)
CH2OH
O OH
OH
CH2OH
OH
O
O
OH
OH
OH
Cellobiosio (legame β-glicosidico tra C1 e C4 di due unità di glucosio)
CH2OH
OH O
OH
O
CH2OH
O OH
OH
OH
OH
Lattosio (legame β-glicosidico tra C1 del galattosio e il C4 del glucosio)
POLISACCARIDI
I polisaccaridi sono costituiti da un numero elevato di unità di monosaccaridi legati da legame
glicosidico.
Particolarmente importanti sono i polisaccaridi del glucosio.
L’amido è la riserva di energia delle piante ed è costituito da due polisaccaridi principali: per il 2025% da amilosio e per il 75-80% da amilopectina. In entrambi il legame è α-1,4 glicosidico.
Il glicogeno è la riserva di carboidrati degli animali. Presenta una struttura simile all’amilopectina,
ma più ramificata, con più bassi pesi molecolari e anche con legami α-1,6 glicosidici.
CH2OH
OH
CH2OH
O
OH
CH2OH
O
OH
O
CH2OH
OH
OH
O
O
OH
OH
O
O
CH2OH
O
CH2OH
O
OH
OH
O
OH
OH
O
O
OH
CH2OH
O
CH2OH
OH
OH
CH2
O
OH
O
O
O
OH
CH2OH
OH
O
O
OH
O
OH
OH
La cellulosa è la parte strutturale dei vegetali. Si tratta di un polimero lineare di peso molecolare
medio 400000. Il legame è β-1,4 glicosidico. Le fibre di cellulosa sono costituite da diverse catene
polimeriche legate tra loro da legami a ponte di H. Il cotone è cellulosa quasi pura. Dalla cellulosa
si possono far derivare diversi esteri di interesse commerciale (xantato, acetato, nitrato)
CH2OH
CH2OH
OH
O
OH
O
OH
O
OH
O
O
O
O
OH
OH
OH
OH
CH2OH
CH2OH
O
GRASSI ED OLI
I grassi animali e gli oli vegetali, come altri lipidi, sono composti organici naturali caratterizzati da
insolubilità in acqua e solubilità in solventi apolari.
Queste sostanze, dette anche trigliceridi, sono esteri della glicerina e di acidi carbossilici a lunga
catena.
Quasi tutti gli acidi sono a catena lineare e con un numero pari di atomi di carbonio compreso tra 12
e 20. Negli acidi grassi insaturi naturali di solito prevale l’isomero cis. Gli acidi grassi più comuni
più comuni sono gli acidi palmitico, stearico e oleico (insaturo).
Gli acidi grassi insaturi hanno punti di fusione inferiori rispetto ai corrispondenti acidi saturi e sono
percentualmente più presenti nei grassi vegetali (oli) che in quelli animali.
Altri acidi presenti nei grassi, oltre a quelli già visti nel capitolo della nomenclatura sono:
CH3(CH2)6COOH
CH3(CH2)8COOH
CH3(CH2)10COOH
CH3(CH2)12COOH
CH3(CH2)18COOH
CH3(CH2)5CH=CH(CH2)7COOH
caprilico
caprico
laurico
miristico
arachidico
palmitoleico
(p.f. 16°C)
(p.f. 32°C)
(p.f. 44°C)
(p.f. 58°C)
(p.f. 77°C)
(p.f. 32°C)
Composizione percentuale media dei principali acidi grassi in alcuni grassi animali e vegetali
Acido
Butirrico
Capronico
Caprilico
Caprico
Decenoico
Laurico
Dodecenoico
Miristico
Miristoleico
Palmitico
Palmitoleico
Stearico
Oleico
Linoleico
Linolenico
Arachico
pf(°C) burro
2.6
1.6
1.5
2.2
0.4
44
2.5
0.2
54
8.1
2.6
63
25.3
32
4.5
70
9.1
4
32.8
-5
5.0
-11
1.7
77
-
strutto
0.1
0.1
1.5
tr.
25.0
2.6
15.2
46.0
8,8
0.5
-
sego
0.1
0.1
0.1
3.7
1.3
27.3
3.7
24.0
32.0
2.5
2.0
-
oliva
tr.
0.1
13
1.9
1.5
73.0
10.0
0.5
-
soia
tr.
11.5
0.3
4.2
23.0
54.0
8.0
0.1
lino
tr.
65.
0.2
4.8
22.0
14.4
52.0
-
cocco
0.5
7.0
5.7
48.5
18.0
8.8
2.8
7.0
1.7
-
arachide
tr.
tr.
11.0
0.2
4.3
53.0
30.0
tr.
1.5
Quando un acido grasso superiore si trova esterificato con alcoli monossidrilici a lunga catena non
si parla più di grassi, ma di cere.
DETERGENTI, SAPONI ED ALTRI DERIVATI DEI GRASSI
I saponi sono dei sali degli acidi grassi e si possono ottenere per reazione con soda caustica
(reazione di saponificazione, vedi reazioni degli esteri)
Il sapone è in grado di rimuovere lo sporco di origine grassa grazie alle sue proprietà emulsionanti.
Una molecola di sapone si può vedere come una lunga catena idrocarburica insolubile in acqua che
termina con una testa polare solubile in acqua. Le parti insolubili di diverse molecole di sapone, se
poste in acqua, tendono a raggrupparsi in modo da diminuire le interazioni col solvente polare,
formando un aggregato che presenta al suo esterno i gruppi carbossilato. Questo aggregato, solubile
in acqua, è detto micella.
Quando una micella viene posta in contatto con dello sporco grasso, le parti interne lipofile della
micella tendono a inglobare lo sporco non polare, formando una nuova micella più grande
contenente al suo interno lo sporco non idrosolubile.
I detergenti sintetici funzionano come i saponi, essendo costituiti da lunghe catene alchiliche non
polari con gruppi polari (i più diffusi sono i gruppi solfonato e solfato) legati ad una estremità.
Attualmente i più importanti appartengono alla categoria dei sodio alchilbenzensolfonati lineari
(LAS). La linearità della catena è importante dal punto di vista della biodegradabilità del composto,
in quanto le catene ramificate non vengono più degradate una volta immesse negli scarichi.
Questi detergenti sintetici cationici presentano alcuni vantaggi rispetto ai saponi. Sono infatti
efficienti anche in acque “dure” (ricche cioè di ioni Ca2+ e Mg2+) perché i solfonati di questi metalli,
diversamente dai carbossilati, sono solubili in acqua. Inoltre, essendo sali di acido forte e base forte,
diversamente dai saponi, non fanno idrolisi alcalina.
Dagli acidi grassi ottenuti dai grassi si possono, attraverso una reazione di riduzione; ottenere i
corrispondenti alcoli che possono anch’essi essere utilizzati come detergenti (oltre a essere
impiegati nella sintesi di esteri altobollenti e usati come plastificanti).
Questi stessi alcoli, trattati con eccesso di ossido di etilene, formano dei polietossilati, impiegati
come detergenti non ionici.
La composizione di un detersivo commerciale comprende, oltre ad una miscela di detergenti
cationici, anionici (sali di tetralchilammonio) e non ionici, tutta una serie di addittivi quali:
sbiancanti ottici, ossidanti, agenti chelanti, enzimi, ecc. .
Per idrogenazione di un grasso insaturo si ottiene un grasso saturo più duro di quello di partenza.
Questo processo è sfruttato in industria alimentare nella produzione delle margarine, che, essendo
meno insature, sono più resistenti degli oli al processo di irrancidimento (formazione di acidi o
aldeidi a basso peso molecolare volatili e di cattivo odore dovuta all’attacco dell’ossigeno
atmosferico in posizione allilica).
Altro impiego degli acidi grassi insaturi è come oli siccativi nel campo delle pitture e vernici.
L’acido insaturo, in presenza dell’ossigeno atmosferico, polimerizza formando una sottile pellicola
(reazione radicalica simile a quella dello zolfo nella vulcanizzazione del lattice di gomma).
AMMINOACIDI E PROTEINE (O POLIPEPTIDI)
Le proteine sono delle poliammidi naturali le cui unità monomeriche , che si ottengono per idrolisi,
sono costituite da 22 amminoacidi che, eccetto la glicina che non ha C chirali, sono tutti αamminoacidi e quasi tutti possiedono la configurazione L.
Le proteine presentano una notevole versatilità di funzioni. Gli enzimi costituiscono la classe più
specializzata e hanno la funzione di catalizzare e regolare le reazioni cellulari. A una seconda classe
appartengono le proteine strutturali (es. collagene). Altre proteine fungono da trasportatori (es.
emoglobina) e così via.
L’esatta sequenza dei diversi α-amminoacidi costituenti la catena è chiamata struttura primaria
della proteina. Il legame –CO-NH- che unisce le diverse unità monomeriche è detto legame
peptidico; da cui il nome alternativo dato alle proteine.
Formule, nomi e simboli convenzionali degli L-amminoacidi che entrano come costituenti nelle
proteine; Con l’asterisco sono indicati gli 8 essenziali:
CO2H
H
H
CO2H
H
NH2
Glicina (Gly)
CO2H
CH3
H
NH2
CH(CH3)2
H
CH2CH(CH3)2
NH2
Alanina (Ala)
NH2
Valina (Val)*
CO2H
H
CO2H
Leucina (Leu)*
CO2H
CHCH2CH3
NH2 CH3
H
CO2H
CH2
H
CH2CONH2
NH2
Isoleucina (Ile)*
NH2
Fenilalanina (Phe)*
Aspargina (Asn)
CO2H
H
CO2H
H
CH2
O
NH2
CH2CH2CONH2
NH2
HOC
N
H
CH
CH2
N
CH2
CH2
H
Glutammina (Gln)
Triptofano (Trp)*
CO2H
H
CH2OH
NH2
Serina (Ser)
Prolina (Pro)
CO2H
H
CHOH
NH2 CH3
Treonina (Thr)*
CO2H
H
CH2
NH2
Tirosina (Tyr)
OH
CO2H
CO2H
CH
HOC
CH2
H
N
CH
H CH2 OH
Idrossiprolina (Hyp)
CH2CH2SCH3
Cisteina (Cys)
NH2
Metionina (Met)*
CH2CH2CH2CH2NH2
NH2
Lisina (Lys)*
Cistina (Cys-Cys)
CO2H
CH2CH2CH2NH C NH2
NH2
H
CH2CH2CO2H
NH2
Arginina (Arg)
CO2H
H
H
CO 2H
NH
CO2H
H
CH2
S
NH2
NH2
CO2H
H
CH2 S
H
CH2SH
NH2
Acido glutammico (Glu)
CO2H
H
CH2
NH2
Istidina (His)
CO2H
N
N
H
H
CH2CO2H
NH2
Acido aspartico (Asp)
Il ripiegamento della catena polimerica genera livelli di maggiore complessità.
La struttura secandaria di una proteina è definita come la conformazione locale dell’ossatura
polipeptidica, specificata in 2 strutture distinte: foglietto β -ripiegato e α-elica. Queste strutture si
spiegano in base al fatto che il legame carbonio-azoto del legame peptidico possiede un
apprezzabile carattere di doppio legame (giustificato in termini di risonanza) e quindi la libera
rotazione intorno a questo legame è impedita. L’ossigeno del carbonile e l’idrogeno del –NHassumono quindi una geometria tipo trans costringendo i gruppi R a disporsi alternativamente a
entrambi i lati della catena. Immaginando di accostare diverse catene di questo tipo si vede
immediatamente che la strutura piana che si forma presenterebbe dei forti ingombri sterici dovuti
alla vicinanza dei gruppi R. Creano quindi delle piccole rotazioni intorno ai legami in modo da
convertire la struttura piana nel cosiddetto foglietto β-ripiegato.
La struttura ad α-elica è un’elica destrorsa con 3.6 amminoacidi per ogni giro. Ciascun H di gruppo
ammidico della catena forma legami a H con un O di un altro gruppo ammidico sotto- o sovrastante
che è localizzato ad una distanza pari a tre amminoacidi. I gruppi R sono tutti orientati verso
l’esterno; la distanza ripetitiva dell’α-elica è 1.5 A.
La struttura terziaria di una proteina riguarda la sua forma tridimensionale quale deriva da
ulteriori ripiegamenti delle catene che si sovrappongono alle spirali delle α-eliche. Queste pieghe
non sono ovviamente casuali e determinano le funzioni specifiche delle proteine, tanto che la loro
localizzazione è specifica di ogni proteina.
La stabilizzazione della struttura terziaria è dovuta a legami di van der Waals, legami a H,
interazioni ioniche e ponti disolfuro. Come conseguenza del ripiegamento delle catene si ha la
presenz del maggior numero di gruppi idrofili verso l’esterno e di idrofobi verso le sacche interne.
Le proteine globulari tendono ad essere maggiormente avvolte di quelle fibrose.
Alcune proteine contengono nella loro struttura gruppi non proteici. Quando le catene peptidiche si
coordinano intorno a questi gruppi (vedi l’emoglobina) si può parlare di struttura quaternaria
delle proteine.