Gramillano Andrea - Gruppo Servizio Ambiente

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Gramillano Andrea - Gruppo Servizio Ambiente
XXX CONFERENZA ITALIANA DI SCIENZE REGIONALI
I DISEQUILIBRI SOCIALI DELLO SVILUPPO URBANO IN AMERICA LATINA
Andrea GRAMILLANO1,
1
Università Politecnica delle Marche, Dipartimento di Economia, Piazza Martelli 8, 60126,
Ancona
SOMMARIO
Il presente lavoro presenta i principali disequilibri sociali dello sviluppo urbano in America
Latina. Seguendo il paradigma della Città Armoniosa coniato dalle Nazioni unite nel 2008,
prima si analizza la struttura spaziale e poi le disparità e i disequilibri socio-economici. La
struttura urbana dell’America Latina si caratterizza per la primazialità di alcuni centri, città e
megalopoli. Dal punto di vista dell’armonia sociale si affrontano le tematiche relative alla
distribuzione del reddito nelle aree urbane e rurali e a condizioni più generali di vita. Per le
enormi disparità in termini di distribuzione del reddito, per l’elevata concentrazione della
popolazione negli slums, per il fatto che la vera speranza di occupazione futura per giovani e
donna in grande parte è rappresentata dal settore informale, è ancora oggi difficile poter
affermare che le città dell’America Latina abbiano intrapreso un percorso di sviluppo
armonioso.
1
ITRODUZIOE
La Geografia globale degli insediamenti umani è profondamente mutata negli ultimi
cinquanta anni. Negli Anni Cinquanta del Novecento, le metropoli con una popolazione oltre i
10 milioni erano soltanto Tokyo e New York, mentre agli inizi del 2000 erano circa venti.
Nelle città vivono tre miliardi di persone, il 50% della popolazione mondiale, quando negli
Anni Cinquanta la popolazione urbana raggiungeva un miliardo e rappresentava circa il 30%
del totale. Le previsioni indicano che nel 2015 la quota di popolazione urbana sarà il 53% del
totale. Nel 2030, se il trend proseguirà, 5 miliardi di persone su un totale di 8 miliardi, circa
due terzi della popolazione mondiale, vivranno nelle aree urbane.
Nei Paesi in Via di Sviluppo, responsabili per circa il 95% dell’attuale crescita urbana
globale, il processo di urbanizzazione ha comportato il manifestarsi di nuove e profonde
disparità sociali ed economiche. La regione del mondo - che in questo paper si prenderà in
considerazione - è l’America Latina. Per America Latina si intende – coerentemente con le
indicazioni delle Nazioni Unite - il Centro America, l’America Caraibica e il Sud America1.
L’America Latina ha una popolazione di circa 840 milioni di persone (2005), per il 78%
urbana, 22% rurale, con un tasso di crescita della popolazione urbana nel periodo 2000-2005
dell'1,9%, la crescita annuale rurale è negativa ed era già prossima allo zero da circa 20 - 25
anni. Dal punto di vista statistico descrittivo si utilizzerà la definizione di area urbana
riconosciuta dalle Nazioni Unite.
Il primo paragrafo analizzerà la struttura urbana dell’America Latina, osservando
l’evoluzione dal 1950 e la primazialità dello sviluppo. Il secondo paragrafo partendo dalle
differenziazioni dello sviluppo urbano prima evidenziate, sottolineerà le disuguaglianze
presenti nella regione: relative alla distribuzione del reddito, all’accesso all’educazione
primaria, le disparità di genere o generazionali per l’occupazione, la presenza degli slums. Si
concluderà infine con una valutazione preliminare sulla corrispondenza del modello urbano
latino americano – con le sue notevoli sfaccettature - con il paradigma internazionalmente
individuato dell’Harmonious city.
PARAGRAFO 1 AMERICA LATIA – REGIOE URBAA
L’America Latina è regione a prevalenza urbana, con al proprio interno una situazione molto
composita. In Centro America vivono poco meno di 43 milioni di persone (2005), circa il
70% della popolazione vive nelle aree urbane, con una crescita demografica rurale destinata a
divenire negativa, ma per ora molto bassa. La crescita demografica urbana si mantiene invece
1
Il Centro America è composto da Belize, Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Honduras, Messico, Nicaragua,
Panama; l’America Caraibica da: Caraibi, Anguilla, Antigua e Barbuda, Aruba, Bahamas, Barbados, Isole
Vergini British, Cayman, Cuba, Dominica, Repubblica Dominicana, Guadalupa, Haiti, Jamaica, Martinica,
Monteserrat,Antille Olandesi, Porto Rico, Saint Kitts and Nevis,Santa Lucia, Saint Vincent and the Grenadines,
Trinidad Tobago, Isole Vergini statunitensi, Turks and Caicos; il Sud America da: Argentina, Bolivia, Brasile,
Cile, Colombia, Ecuador, Falkland, Guyana Francese, Guyana, Perù, Suriname, Paraguay, Venezuela, Uruguay.
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positiva. In America Caraibica - 125 milioni di persone (2005) per il 78% urbane – sono
previsti invece il calo della crescita rurale e il rallentamento della crescita urbana nei prossimi
anni, nel 2005. Il Sud America ospita oltre 370 milioni di persone (2005), ha il tasso di
urbanizzazione maggiore, l’82%, una decrescita demografica rurale e una crescita in
rallentamento urbana.
1.1 La primazialità a livello della regione
La Regione Urbana dell’America Latina è caratterizzata da un’elevata concentrazione
demografica attorno ad alcune città, poli di riferimento. Questo fenomeno detto primazialità2
– che era stato in parte riequilibrato negli Anni Settanta e Ottanta – torna ad essere molto
evidente negli anni Novanta. Si analizzerà solo la primazialità “demografica”, ovvero la
prevalenza e la rilevanza soltanto legate alla presenza di abitanti in una data città
relativamente al paese di appartenenza. L’indagine sulla distribuzione della popolazione è
interessante ai fini del nostro studio perché ci permette di individuare la concenrtazione che
poi può essere legata a fenomeni di emarginazione di sottosviluppo, oppure alla formazione
degli slums.
Nel complesso dell’America Latina, si trovano 8 agglomerati urbani con almeno dieci milioni
di abitanti - circa 11% della popolazione totale, il 14% di quella urbana - e 8 fra i 5 e 10
milioni di abitanti, circa il 10 e l'8 % rispettivamente della popolazione urbana e di quella
totale. Tutti sono cresciute fino al 2000 e non dovrebbero più crescere nel prossimo
ventennio, a livello numerico, ma perdendo in senso relativo lentamente parte della loro quota
sulla popolazione urbana e nazionale.
In forte crescita sono le città da 500000 a 1 milione di abitanti e soprattutto quelle fra 1 a 5
milioni di abitanti. 84 sono gli agglomerati (contro 13 del 1950) fra 1 e 5 milioni, che
raggruppano il 20% della popolazione urbana e il 15 % della totale. Le prime si attestano
intorno al 10% della popolazione urbana, ma ne è stimato un calo futuro. Le seconde invece
raccolgono il 20% della popolazione urbana e il 16% della popolazione totale e sono date in
crescita fino al 2025 nel peso relativo della concentrazione della popolazione.
Le città con almeno 1 milione di abitanti rappresentano, dunque, il 45% della popolazione
urbana e il 35% della popolazione totale, quando nel 1950 superavano appena rispettivamente
il 20% e il 10%. Le previsioni per i prossimi anni ci indicano un rallentamento della crescita
demografica urbana e un decremento demografico delle zone rurali. Le megalopoli con
almeno 5 milioni di abitanti sono destinate a rimanere 8 fino al 2025. Nessun paese vede
crescere la popolazione rurale, rimangono però alcuni paesi che ancora prevalentemente non
urbani. La crescita demografica urbana è prevalentemente determinata dalla migrazione da
una città all’altra, piuttosto che dalle zone rurali, poiché l’America Latina presenta già un alto
livello di urbanizzazione
3
La maggior parte della popolazione vive ancora nei centri con meno di 500000 abitanti, ma
senza superare il 50% della popolazione urbana, quando invece la percentuale sulla
popolazione totale è in crescita e si attesta al 37,6%.
1.2 La primazialità a livello di paese
L’analisi di primazialità (vedi tabella 5), è stata condotta su un campione più ristretto
dell’intero set di paesi dell’America Latina: Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Colombia,
Cuba, Repubblica Domenicana, Ecuador, Messico, Paraguay, Perù, Porto Rico, Uruguay,
Venezuela. Tutti paesi che hanno almeno una città con 750000 abitanti.
La crescita demografica della città capitale è in ognuno dei paesi considerati nel
sottocampione presente, ma con percentuali calanti nel tempo. Soltanto Montevideo è in calo,
Avana è allo zero e prevista in calo.
In sintesi si possono evincere tre importanti fatti:
• 4 Paesi, ovvero Cile, Argentina, Porto Rico e Uruguay hanno almeno il 30% o
addirittura più del 50% della popolazione che risiede nella capitale. Questi sono tutti
paesi prevalentemente urbani, dove il peso della città capitale e delle aree urbane , a
parte in Uruguay dove probabilmente risulta decisivo il lento calo demografico di
Montevideo, è in forte crescita rispetto al 1950, in termini relativi. In termini assoluti
•
invece la popolazione aumenta ovunque anche nei paesi dove cala in termini relativi;
5 Paesi, ovvero Cuba, Repubblica Dominicana,Messico, Paraguay e Perù la
popolazione risiede per circa 1/5 , ovvero circa il 20% e meno del 30% all’interno
della capitale. Questo risulta essere, anche se inferiore, un buon livello di primazialità;
•
Negli altri casi: Bolivia, Colombia, Brasile(sia che si tratti di Brasilia sia che di Rio de
Janeiro), Ecuador, Venezuela la quota di popolazione che vive nella capitale non
raggiunge il 20%. Questo può essere dovuto a molte ragioni, fra cui l’ampiezza del
paese, fattori geografici, il policentrismo del sistema urbano, come sicuramente accade
nel caso brasiliano, dove si è verificato anche il succedersi di una capitale storica Rio
de Janeiro a una amministrativa dal 1960, costruita ex novo, Brasilia. Un dato comune
è che ovunque le città con circa 750000 abitanti nel 2007 rappresentano assieme
almeno il 30% della popolazione. Dai risultati risulta che in Argentina e in Venezuela
dove le città avevano una grande influenza sul tessuto urbano superando il 50% della
popolazione urbana e rispettivamente il 38% e il 25% della nazionale nel 2005, oggi
vedono un aumento delle aree urbanizzate di medie e piccole dimensioni, che
diventano maggioritarie e determinanti per lo sviluppo del paese. Questo dato può
essere interpretato con un'importante differenza. Nel caso dell'Argentina è cresciuto il
peso della capitale che ha visto crescere la sua primazialità, mentre è calato quello di
Caracas in Venezuela. Brasile, Cile,Ecuador rimangono sostanzialmente su posizioni
invariate quanto a quota di popolazione urbana nelle città, aumentando comunque
4
molto quella delle città sulla quota nazionale. In Bolivia, Colombia, Messico, Perù il
sistema urbano si è decisamente spostato sulle città,che incidono più di prima. La
popolazione si concentra dunque nei poli con almeno 750000 abitanti. Nel caso della
Colombia e del Messico questo è dovuto prevalentamente al ruolo delel capitali, nel
caso boliviano alla crescita di altre importanti polarità
PARAGRAFO
2
DALL’URBAIZZAZIOE
AI
DISEQUILIBRI
SOCIO-
ECOOMICI
I disequilibri sociali dello sviluppo in America Latina si possono ricercare a livello regionale,
infraregionale ed urbano, in quanto i trend nazionali non sempre spiegano in maniera
completa l’andamento della disuguaglianze nel distribuzione del reddito, in quanto i fattori
locali sono determinanti e rilevanti. Disuguaglianza e povertà non sono la stessa cosa. La
crescita economica può fare migliorare la condizione dei poveri ma incrementare di molto le
disuguaglianze è ormai dato noto dei paesi in transizioni e dei paesi emergenti, soprattutto
caso per tutti la Cina. Le disuguaglianze possono diventare fonte di lotte e di dissidi e di
scontri e Le disuguaglianze non sono legate solo al potere di acquisto, al consumo e al
reddito. La disuguaglianza può essere osservata sotto diverse angolature, quella strettamente
economica legata alla distribuzione del reddito, l’accesso all’educazione primaria, il mercato
del lavoro fra settore informale e disoccupazione, la condizione di vita negli slums3.
2.1 La distribuzione del Reddito in alcune aree urbane dell’America Latina
Le disuguaglianze di reddito, nei paesi in via di sviluppo, più profonde sono reperibili in
Brasile, dove il 10% della popolazione detiene il 45% della ricchezza nazionale nel 2005, il
10% più povero solo lo 0,9. L’America Latina è l’unica regione fra quelle con paesi in via di
sviluppo in cui le disuguaglianze fra le aree rurali e urbane all’interno dei singoli paesi sono
simili. In quattro paesi le disuguaglianze sono più alte a livello rurale – Bolivia, Honduras,
Guatemala, and Nicaragua. Questi ultimi tre sono paesi a popolazione prevalentemente rurale
bassi livelli di sviluppo industriale, con una buona quota ancora agricola. A livello urbano le
città più diseguali sono in Brasile : Goiania, Brasilia, Belo Horizonte, Fortaleza e San Paulo e
in Colmbia, la capitale Bogota. In linea generale, le aree urbane risultano essere meno
diseguali, mediamente, anche se di poco rispetto alla media nazionale e ancor più rispetto alle
aree rurali, che tuttavia hanno dei coefficienti di Gini molto alti. Nell'analisi del Coefficiente
3
Non vanno dimenticate, qui omesse per semplificazione dell’analisi, gli effetti di policy sulla distribuzione
della ricchezza e sulla disuguaglianza. In proposito A study conducted by the Economic Commission for Latin
America and the Caribbean (ECLAC)
5
di Gini, si sono considerate Bolivia, Brasile, Cile, Colombia, Costa Rica, Ecuador, El
Salvador, Guatemala, Honduras, Messico, Nicaragua, Panama, Paraguay, Perù, Repubblica
Dominicana. Si esclude fra i grandi paesi dell’America Latina, l’Argentina perché non ha dati
nel periodo considerato per le aree rurali. Il Brasile è a livelli di guardia molto preoccupanti
altrove lo stesso non va molto meglio. Tutti gli altri stanno fra il 0,4 e il 0,6.
Brasile, Colombia e Repubblica Domenicana si confermano nel periodo i Paesi dove l’indice
di Gini (utilizzato per misurare la distribuzione del reddito) è più alto nelle aree urbane
piuttosto che in quelle rurali. Il Cile invece vive una situazione altalenante, quando Paraguay
e Bolivia sono i Paesi dove si riscontra maggiore disuguaglianza nella distribuzione del
reddito nelle aree rurali. In Brasile si verificano anni di crescita demografica delle città e
soprattutto delle aree urbane, non tanto delle città maggiori (definite con almeno di 750000
abitanti nel 2007). Il tasso di crescita demografico totale si esprime con un aumento
demografico di livello maggiore nelle aree urbane e negativo in quelle rurali, ad indicare il
verificarsi di una migrazione interna dalle seconde alle prime. Se si analizza il Coefficiente di
Gini, in effetti cresce fra il 1998 e il 2002 e poi scende fino al 2006, quando nel 2005 abbiamo
oltre che in percentuale anche in valore assoluto un minore numero rispetto al 1990 di slum
dwellers dopo l'incremento dei primi anni 2000. Contemporaneamente, analizzando il reddito
procapite, a parte una fase di stallo attorno al 2000 (che corrisponde con l’aumento in valore
assoluto degli abitanti negli slums e la crescita del Coefficiente di Gini), il suo tasso di
crescita è attorno al 1,1% senz’altro non elevato. Benché la crescita non sia mediamente
sostenuta nel quindicennio, si individua un calo della disuguaglianza.
In Colombia l’indice di Gini è stabile a livello urbano, molto elevato, in leggero calo a livello
rurale, leggero aumento a livello nazionale, slum population in valore assoluto a livello
urbano cresce fino al 2001 e poi va sotto la quota del 1990 nel 2005, in termini assoluti. La
crescita demografica negli ambiti rurali è vicina e positiva allo zero. La crescita nelle aree
urbane è sopra il 2% con una prevalenza crescente delle città con oltre 750000 abitanti. La
quota della popolazione urbana arriva al 74%, si verifica una progressiva e maggiore
concentrazione demografica nelle città con più popolazione. In Bolivia, tanto per cominciare
c'è il picco degli slums nel 2000 cosa però abbastanza diffuso, quanto invece è più rilevante
l'incremento in valore assoluto della popolazione negli slums nelle aree urbane, malgrado un
notevole miglioramento su alcune questioni nonostante cioè l'aumento del 14% per l'accesso
alle strutture sanitarie migliorate, del 15% all'abitazione stabile e del 5,2% ad un ambiente di
vita sufficiente dal 1998 al 2004. La popolazione diventa prevelantemente urbana , circa 1/3
vive nelle comunità rurali, la crescita demografica è in gran parte urbana e soprattutto delle
città con più di 750000 abitanti, da qui si evince l'esplosione degli slums. Santa Cruz e La Paz
racchiudono circa il 50% della popolazione urbana(in linea con Colombia e Brasile per le città
con più di 750000 abitanti), 1/3 di quella nazionale. La crescita del Pil Procapite è intorno al
1,3%. La crescita economica dunque si distribuisce prevalentemente nelle aree urbane e si
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impoveriscono (non solo per l'emigrazione ma anche per questioni di reddito) gli abitanti
rurali. In questo modo, si spiega la migrazione verso le aree urbane e il contemporaneo,
graduale - malgrado i livelli di guardia attuali - abbassamento dell'indice di Gini nelle aree
rurali Le aree urbane considerate per il calcolo dell'indice di Gini nel conteggio sono: le due
città Santa Cruz e La Paz e Cochabamba, El Alto,Oruro, Potosí, Sucre, Tarija and Trinidad
La crescita è prevalentemente nelle aree urbane non città, ovvero fuori dalla capitale
Asuncion. La popolazione urbana per metà è concentrata nella capitale, per poco meno di 1/3
la popolazione totale è concentrata ad Asuncion. La crescita del Pil procapite è negativa (poco
al di sotto dello zero), la presenza negli slums è in calo. Il calcolo degli slums è stato
effettuato solo sulla base dell'accesso a fonti d'acqua e a strutture sanitarie migliorate.
2.2 Disuguaglianza nell’accesso all’educazione primaria
La proporzione di bambini iscritti all’educazione primaria in America Latina nelle città e nelle
aree rurali vede come ci si attendeva le prime prevalere sulle seconde. In Colombia nel
periodo 1990-2003 la località di Neiva in particolare per quanto riguarda la popolazione
femminile giovane ma anche per quella maschile registra un maggiore accesso all’istruzione
primaria sia del grande centro Medellin sia della capita Bogotà. L’esempio ci indica il
problema della qualità della vita e delle disparità presenti nelle grandi città e nel tessuto
urbano di questa area del mondo. Situazione simile si riscontra in Colombia, e in Repubblica
Domenicana ad un livello però inferiore e più mitigato. In Cile, confrontando la capitale
Santiago e la località Chillian, avviene invece l’opposto comunque con “discriminazione
contraria” all’accesso all’educazione,per una maggiore affluenza delle femmine che dei
maschi alla scuola primaria. In Venezuela Caracas si qualifica in posizione migliore delle due
altri importanti città, probabilmente poiché la sua crescita demografica risulta essere molto
contenuta od addirittura prossima allo zero nel periodo considerato. I maschi anche se di poco
sono prevalentemente favoriti nell’accesso alla scuola primaria. Nel 2005 Valencia raggiunge
e supera i livelli di Caracas.
2.3 L’economia informale in America Latina
L'economia informale è caratterizzata da unità economiche di modeste dimensioni, di
proprietà di singoli individui che le amministrano direttamente4. Le unità produttive, con
tecnologie prevalentemente labour intensive producono beni e/o servizi con l'obbiettivo di
generare reddito e occupazione. I rapporti di lavoro si basano sulle interrelazioni personali.
4
Il concetto di settore informale è stato formalizzato e definito nel 1993, dopo i primi tentativi degli anni
Sessanta e Settanta Il settore informale è di difficile osservazione e studio ed è riconducibile ad ogni scambio di
beni e servizi con valore economico che esce dalla regolarità, rientrando in un caso di evasione, non osservanza
normativa contrattuale ecc.
7
L’economia criminale si distingue da quella informale poiché i beni e servizi prodotti sono
svolti da un operatore non autorizzato in violazione alla legislazione penale. I motivi di
interesse del settore informale in questo lavoro sono principalmente tre. In primo luogo
l’emergere di un settore informale dell’economia non sembra un fatto temporaneo passeggero,
bensì un elemento strutturale e non marginale, in particolare nelle aree urbane. Per questo
motivo possiamo parlare di economia informale piuttosto che soltanto di settore. Il paradigma
dell’industrializzazione e dell’urbanizzazione si associava per definizione all’occupazione
“pesante”, industriale, oggi il processo di rilevante urbanizzazione dei paesi in via di sviluppo
si sta accompagnando invece al lavoro e dunque ad un’economia informale.
Inoltre, in secondo luogo, non va dimenticato che il settore informale rappresenta la principale
fonte di occupazione (83% dei nuovi lavori creati in Latin America nel 2000-2001), dunque è
la realistica prospettiva di molti degli abitanti dei paesi in via di sviluppo. Infine in terzo
luogo perché rappresenta un elemento di discriminazione ulteriore interessando
particolarmente le donne, in tutti i paesi del mondo, ma in particolare in quelli meno avanzati
e le giovani generazioni.
In realtà l’assenza di un’equa distribuzione e in alcuni casi l’eccessiva regolazione del
mercato del lavoro hanno reso difficile l’assorbimento degli immigrati e di lavoratori poco
specializzati, determinando l’esplosione del settore informale.
Nei Paesi Low-income il 17% dell’occupazione totale viene dall’economia formale, il 58%
nei middle-income, 84% negli high-income. (Source: World Development Report 1995.
Washington, D.C.: World Bank). Ai fini del nostro lavoro è ancora più interessante osservare
che, laddove ci sono stime del Pil, l’economia informale raggiunge fra il 45% e il 60%, in
particolare, in America Latina circa il 40% dell’occupazione urbana è di economia informale,
mentre il 57% nell’occupazione non agricola, dunque manifattura e servizi. Il dato più
rilevante è però – come si anticipava – la capacità di creazione di futuri posti dell’economia
informale.( Fonte: Charmes, Jacques. 2000. ;Informal Sector, Poverty, and Gender: A Review
of Empirical Evidence. Paper commissioned for World Development Report 2000/2001.
Washington, D.C.: World Bank. )
L’economia informale, essendo al di fuori nella normativa corrente sul diritto del lavoro, è
oltremodo portatrice di disuguaglianze. Da un piccolo campione di paesi dell’America Latina,
emerge che non è sempre vero che le donne sono a prevalere fra i lavoratori nel settore
informale, è tuttavia invece sempre verificato, tranne un caso di parità far quelli considerati
(Venezuela), che le donne che lavorano sono in quota maggiore rispetto agli uomini impiegate
nel settore informale.
Le città latino-americane, in particolare le colombiane e le brasiliane, registrano livelli molto
elevati di disuguaglianza, in termini economici, sociali ed ambientali.
8
2.4 La disuguaglianza negli slums: la questione del possesso della terra o della casa
L’analisi della disuguaglianza nelle città può essere condotta non solo dal punto di vista del
reddito, e delle variabili monetarie. Anche le condizioni di vivibilità della casa e
dell’abitazione rilevano ai fini della disuguaglianza nelle società dei paesi in via di sviluppo.
Discorso analogo anche per i paesi dell’America Latina. L’analisi della “qualità
dell’abitazione” può essere condotta tenendo conto dei diritti di proprietà e di occupazione. In
molte delle città considerate nel prospetto, la proprietà formale rappresenta la modalità
prevalente. Solo in Trinidad Tobago, nella capitale Port of Spain, il 26,7% ricorre alla
proprietà formale. Nel caso di Quito, in Ecuador si ha una condizione di parità fra la tenancy e
la formal ownership.
I due casi più rilevanti sono però Tacna in Peru e Guayaquil in Ecuador.
Nel caso di Tacna la popolazione si ripartisce (o quasi) in parti uguali fra la proprietà formale
la tenancy e l’occupazione (squatters). Nel caso della città ecuadoregna Guayaquil circa il
50% della popolazione si insedia sul territorio in qualità di squatters. Il dato di Bridgetown
sugli squatter va comunque ponderato dal fatto che l’82% degli evicted nel periodo 19931998 era fra gli squatters, lo stesso vale per Guayaquil (il 28% degli squatters), il 98% di
Iquitos in Peru.
Tenure Types
CITY
Country
Formal
Tenancy Squatters Other
Ownership
Buenos
Aires
Argentina 69,6%
22,5%
5,7%
2,2%
Cordoba
Argentina 57,0%
28,0%
0,0%
15,0%
Bridgetown
Barbados 86,3%
13,4%
0,0%
0,3%
Bolivia
59,7%
27,3%
0,0%
13,0%
Sao Paulo
Brazil
65,0%
15,3%
11,9%
7,8%
Valparaiso
Chile
55,9%
36,0%
1,7%
6,5%
Vina del mar Chile
66,1%
26,6%
3,9%
3,4%
Marinilla
Colombia 55,0%
39,5%
0,0%
5,5%
Baracoa
Cuba
93,0%
3,2%
0,0%
3,8%
Camaguey
Cuba
84,0%
0,7%
10,3%
5,0%
Cienfuegos
Cuba
87,0%
9,3%
3,3%
0,4%
Del Cuba
95,0%
1,4%
0,0%
3,6%
Santa
Cruz
de la Sierra
Santo Andre/
Pinar
9
Rio
Cuenca
Ecuador
64,2%
26,8%
0,0%
9,0%
Guayaquil
Ecuador
28,4%
17,4%
49,0%
5,2%
Quito
Ecuador
47,4%
46,4%
0,0%
6,2%
Tena
Ecuador
90,6%
9,4%
0,0%
0,0%
67,6%
22,9%
9,5%
0,0%
El
San Salvador Salvador
Leon
Nicaragua 93,4%
5,4%
1,2%
0,0%
Asuncion
Paraguay 62,5%
27,7%
0,0%
9,8%
Cajamarca
Peru
68,0%
22,0%
8,5%
1,5%
Iquitos
Peru
74,8%
22,5%
1,7%
1,0%
Lima
Peru
57,2%
23,4%
18,8%
0,6%
Tacna
Peru
25,0%
30,0%
30,0%
15,0%
Tumbes
Peru
70,0%
17,0%
5,0%
8,0%
Port of Spain Tobago
26,7%
51,9%
10,9%
10,5%
Montevideo
66,2%
21,8%
1,3%
10,7%
Trinidad
and
Uruguay
2.5 I Casi di alcune città, - Gli slums nelle varie parti dell’America Latina
Bogotà Colombia
Gli slum possono essere:
• quartieri periferici o marginali frutto di urbanizzazione non pianificata ed informale;
• alloggi o aree frutto di occupazione che però hanno avuto storicamente una rilevanza;
• quartieri interni della città dove si è verificato il progressivo abbandono o degrado di aree
industriali, militari. La loro caratteristica fisica è di essere palazzi in condizioni di abbandono
Benché non ci sia diretta identificazione fra poveri e abitanti degli slums, l’aumento di
abitanti sotto la linea della povertà dal 19,4 % del 1994 al 23% del 2000, preoccupano le
aspettative di crescita della popolazione residente negli slums.
Avana, Cuba
La concentrazione forzata di contadini attorno alle principali città cubane nel 1896 è
probabilmente uno dei fattori determinanti della comparsa di abitazioni frutto di occupazione.
Dal 1960 al 1961 grande parte di queste abitazioni fu rimpiazzata con autocostruzione o
cohousing. I rimanenti chiamati barrios de indigentes (quartieri degli indigenti) furono
rinominati quartieri insalubri, a significare l’elemento della povertà dell’abitare non
strettamente economica. La costruzione , a seguito dell’eliminazione di altre case in pessima
10
condizione, della cinta verde di Avana non fermarono l’esplosione di slums (tugurios), che si
distinguono le seguenti tipologie:
1 Tenements: abitazioni in centro con una sola stanza e condivisione dei servizi essenziali;
2 Bohíos: abitazioni tipicamente rurali con il tetto di paglia;
3 Improvised housing: costruite con materiale di ferraglia
Non vanno inoltre dimenticati gli alberghi abbandonati in seguito all’avvento del regime, che
sono divenute abitazioni permanenti. La politica abitativa del regime ridusse notevolmente gli
affitti30-50%, combattendo la speculazione fondiaria. LA riforma legislativa stabilì che la
politica abitativa eera un servizio pubblico e si basava su un intervento diretto e indiretto dello
Stato. Molti occupanti diventarano proprietari, molti abitanti degli slums rimasera tali senza
però più pagare l’affitto, il Governo investì per la costruzione di nuove abitazioni. A Cuba,
vista la scarsa qualità delle abitazioni e il loro basso costo, l’accesso universale ai servizi
pubblici, la povertà è dunque diffusa, non ghettizzata.
Città del Messico, Messico
Gli Alti tassi di immigrazione e di nascita, la politica del suolo stile laissez-fair hanno portato
la popolazione a crescere fino a 18 milioni, di cui 60% sono considerati poveri o
moderatamente poveri, il costruito dai 23 km quadrati del 1900 ai 154710 kmq del 2000,
inglobando aree circostanti, collinari, lacustre, abitati. Si distinguono varie tipologie di slums
1 Colonias populares: abitazioni con le condizioni più critiche o addirittura abitazioni
irregolari (circa il 50% del totale delle abitazioni con circa il 60% della popolazione ivi
residente) con assenza di servizi urbani.
2 vecindades, case abbandonate del centro (10% delle abitazioni totali)
3 Ciudades perdidas: ristretti spazi della città e non quantitativamente rilevanti;
4 Cuartos de azotea: abitazioni sui tetti di appartamenti o anche edifici pubblici recenti (0,4%
delle unità abitative totali)
5 Deteriorated public housing projects: case popolari finanziate in condizioni di vivibilità non
buone e di deterioramento avanzato.
Negli slums solo il 7% è affittuario contro il 17.3% della metropoli. Fatta eccezione per il
piano di ricostruzione post-terremoto del 1985 tutti gli interventi di ripopolamento del centro
sono stati fallimentari o non completamente efficaci.
.
Quito, Ecuador
Fra il 1950 e il 2001 Quito è cresciuta da 200000 abitanti a 1,4 milioni, inglobando diversi
centri minori e periferici. Gli slums localmente sono chimati barrios illegales (ovvero senza
una licenza di urbanizzazione). Solo 25% degli abitanti degli slums hanno proprietà sicura
dell’abitato:
11
Si individuano tre tipologie di slums:
1 Barrios periféricos, popolari e periferici;
2 Conventillos che riguardano tenute centrali ormai abbandonate
3 Rural neighbourhoods: case per famiglie a basso reddito che lavorano in città 82% degli
abitatni degli slums sono in condizione di povertà secondo le indicazioni fornite.
Rio de Janeiro Brasile
Gli slums di Rio sono di origine industriale e legati ad elevati e persistenti tassi di fertilità, la
popolazione andò ad occupare le poche aree e impervie rimaste libere. Nonostante negli anni
Novanta la politica abitativa cercasse di rispondere alle nuove esigenze gli slums
aumentarono. Gli aglomerado subnormal ancora avanti la segregazione socio-spaziale dei
poveri di Rio. Questi blocchi residenziali con più di 50 abitanti, erano case di materiale
precario, senza permessi legali, senza servizi igienici né infrastrutture di base
Sono identificabili quattro tipi di slums: le favelas, aree residenziali con abitazioni autocostruite senza servizi e ad invadere terreni pubblici e privati, i Loteamentons, sono costruite
contro le regole della gestione del suolo, sono prevalentemente collocate nell’est di Rio, si
possono considerare irregolari se si guardano le autorità della pianificazione e altrimenti
clandestine; Invasoes: sono collocate sulle rive del fiume sulle colline o in spazi pubblici
residui (viadotti); Cortiços, sono case con destinazione sociale, formate da uno o più edifici le
stanze sono affittate o subaffittate, poco accoglienti, molto affollate, con l’assenza dei servizi
fondamentali. Il Programma per urbanizzare le favelas promuover salute ed educazione è
focalizzato sull’inclusione sociale.
12
COCLUSIOE - VERSO LA CITTÀ ARMOIOSA?
Il presente lavoro ha presenta i principali disequilibri sociali dello sviluppo urbano in America
Latina.
Molto complessa è la rete di cause e concause che stanno promuovendo il massiccio
fenomeno di inurbamento globale in atto. Questo processo sta modificando radicalmente il
paesaggio globale portando ad evidenza nuvoe contraddizioni. In un contesto globale sempre
più legato al destino delle città, sempre più urbano, è importante interrogarsi sulla governance
dello sviluppo, per contrastare le disuguaglianze e promuovere uno sviluppo sostenibile.
A questo scopo l’Un Habitat ha recentemente introdotto un paradigma di riferimento quello
delal città armoniosa, che rappresenta un riferimento analitico rilevante di questo lavoro.
Secondo tale paradigma teorico la città armoniosa si sviluppa - dal punto di vista sociale,
ambientale, economico e spaziale - con equità e sostenibilità, promuovendo le pari
opportunità, la buona governance e l’inclusione sociale. La città armoniosa è caratterizzata da
tre sfaccettature: l’armonia spaziale e geografica, l’armonia sociale, l’armonia ambientale.
In questo lavoro abbiamo toccato tematiche di tipo spaziale, si è visto il tema della
primazialità che conferma la centralità crescente ed accresciuta delle città. Strettamente legato
ad esso si è affrontato in modo approfondito il tema dell’armonia sociale. Armonia sociale
che è profondamente in discussione per le profonde disuguaglianze presenti, tanto che
l’America Latina è considerata la terra della disuguaglianza. Gli Indici di Gini sono molto
elevati, alcuni paesi – Haiti – ha una popolazione urbano intorno all’80% che vive negli
slums. Dopo il picco dell’anno 2000-2001 molti paesi sembrano avere intrapreso la discesa
della popolazione vivente negli slums. Tuttavia profonde rimangono le inquietudini e i dubbi
sull’armonia sociale dell’America Latina. In parte sono riconducibili alle forti disparità
generazionali e di genere, visibili più nell’accesso al lavoro e nell’economia informale, che
nell’educazione primaria che sembra un obiettivo raggiungibile per una larga parte dei paesi
nei prossimi anni. La crescita – seppure fluttuante e non sempre costante – non è servita ad
alleviare alcune distanze e disparità, ma anzi ha mantenuto inalterata una struttura sociale
fortemente diseguale nella distribuzione del reddito. Politiche adeguate sono dunque
necessarie per favorire dal lato urbanistico una maggiore armonia spaziale e dal lato
economico sociale l’armonia sociale, comunque per ora non molto prossime.
13
ABSTRACT
This paper shows main social disequilibria of urban development in Latin America.
According to the paradigm of Armonious City, introduced by Un Habitat in 2008, the paper
studies, first, the spatial structure and then the disparities and socio-economic disequilibria.
The urban structure of Latin America is characterized by the primatiality of some cities and
megalopoles. From the point of view of social armony , income distribution issues in rural
and urban areas are discussed with a look at general living conditions. Because of enormous
disparities, in terms of income distribution, high concentration of population in slums and for
the fact that the most of new jobs come from informal economy, it is not yet possible to state
that Latin American cities are on the route of armonious development.
14
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