L`attività del Tribunale - Tribunale Ecclesiastico Regionale Triveneto

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L`attività del Tribunale - Tribunale Ecclesiastico Regionale Triveneto
RELAZIONE DEL VICARIO GIUDIZIALE
Mons. Adolfo Zambon(*)
Rivolgo il mio cordiale saluto a S.E. mons. Dino De Antoni,
arcivescovo emerito di Gorizia, che ha voluto condividere con
noi l’inaugurazione dell’anno giudiziario, evento che lo ha visto presente molte volte sia come vescovo che come operatore
e collaboratore del Tribunale.
Anticipo il mio saluto a S.E. mons. Francesco Moraglia, patriarca di Venezia e moderatore del Tribunale, che sarà con
noi per il momento ufficiale di inaugurazione dell’anno di attività del Tribunale.
Un cordiale saluto a tutti voi, che avete accolto l’invito a questo appuntamento annuale: vicari giudiziali aggiunti, giudici,
difensori del vincolo, patroni stabili, avvocati, uditori, cultori
di diritto canonico.
Un cordiale saluto rivolgo agli Ecc.mi Arcivescovi e Vescovi
della Regione Ecclesiastica, che, pur non potendo presenziare,
hanno ringraziato dell’invito o si sono resi presenti tramite
loro delegati.
Porto, infine, i saluti di mons. Stefano Ottani, Vicario giudiziale del Tribunale ecclesiastico regionale flaminio, e di mons.
Paolo Bianchi, Vicario giudiziale del Tribunale ecclesiastico
regionale lombardo, impossibilitati a presenziare a causa di
impegni dei rispettivi Tribunali.
La vita del Tribunale
L’anno appena trascorso è stato caratterizzato dal rinnovo
delle nomine dell’organico del Tribunale. Come abbiamo già
(*)
Vicario Giudiziale del TER Triveneto
1
anticipato nel corso della precedente inaugurazione dell’anno
giudiziario, il 1° marzo 2013, hanno terminato il loro ufficio di
giudice, avendo raggiunto il limite di età previsto dal Regolamento del Tribunale ecclesiastico regionale triveneto, il Vicario giudiziale aggiunto mons. Valerio Valentini, della diocesi
di Adria-Rovigo, e i giudici mons. Mario Morellato, della diocesi di Padova, mons. Attilio Giacobbi, della diocesi di BellunoFeltre, mons. Pietro Sambo, della diocesi di Gorizia, p. Silvio
Tomasi, della diocesi di Verona, e il dr. Piero Luigi Frattin,
della diocesi di Treviso. Mons. Giampietro Mazzoni, della diocesi di Verona, ha terminato il suo servizio come Vicario giudiziale aggiunto, pur continuando a prestare la sua disponibilità come giudice. Lo ringraziamo, così come mons. Valerio Valentini e mons. Mario Morellato, che continuano a collaborare
con il Tribunale come Uditori. Rivolgiamo le nostre congratulazioni a mons. Giovanni Ceoletta, della diocesi di Verona, nominato Vicario giudiziale aggiunto.
Riprende, inoltre, l’incarico di Giudice Mons. Mario Ronzini,
del Patriarcato di Venezia, avendo terminato l’incarico di delegato ad omnia. Sta raggiungendo il limite di età previsto dal
Regolamento mons. Giuseppe Trentin, della Diocesi di Padova, che porterà a termine le cause a lui assegnate. A tutti
un grazie particolare e significativo per la disponibilità e il
servizio svolto.
Facciamo le condoglianze a don Ugo Samaritani per la perdita
del papà Giovanni, che lo aiutava come notaio nelle istruttorie; e all’avv. Barbara Vidotti per la perdita della mamma. Ricordiamo nella preghiera, inoltre, il sig. Lorenzo Mason, mancato nella scorsa estate, che ha svolto il servizio di notaio
presso la sede di Verona dagli anni ‘80 fino al 2005.
Congratulazioni alla dr.ssa Carlotta Malerba per la nascita a
giugno della terzogenita Costanza.
Congratulazioni anche agli avvocati Gloria Bizzotto (PD) e
Gianpietro Contarin (VI) ammessi tra gli avvocati di prima
esperienza.
2
L’attività del Tribunale
I dati relativi all’attività del Tribunale ecclesiastico regionale
triveneto sono in allegato alla presente relazione. Richiamo
solo alcuni dei dati presenti.
In primo luogo, nel corso del 2013 sono stati introdotti 178 libelli, registrando un calo significativo rispetto agli anni precedenti, come si può vedere nel grafico sottostante.
libelli presentati
260
240
220
239
224
212
202
200
192
180
178
160
2008
2009
2010
2011
2012
2013
Quali i motivi di questa diminuzione, che sembra essere più
accentuata rispetto a una fisiologica fluttuazione nella presentazione del libello e nel tempo – talora lungo – che intercorre tra un colloquio con un esperto (sacerdote, patrono stabile, avvocato), la decisione di introdurre una causa di nullità
e la sua effettiva presentazione? Ne possiamo indicare due.
In primo luogo, la diminuzione del numero dei libelli introdotti
dipende dalla diminuzione del numero dei matrimoni celebrati. Inoltre, non va dimenticata la diminuita percezione
dell’importanza del legame coniugale nella coscienza ecclesiale e sociale. In altre parole, ci si sposa di meno e si chiede
in misura minore la nullità del matrimonio perché si ritiene
non essenziale il fatto di sposarsi. Ritengo significativo che per
molte persone che introducono una causa di nullità matrimoniale presso il Tribunale sia importante soprattutto accostarsi
nuovamente ai sacramenti della penitenza e dell’eucaristia,
3
prima ancora che poter celebrare il matrimonio. In questo
quadro generale, il nostro servizio ecclesiale, svolto in diverse
modalità e contesti, può e dovrebbe essere utile per aiutare a
comprendere il valore del matrimonio e della famiglia, condividendo le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli
uomini1.
Tornando ai dati dell’attività del Tribunale, a fronte delle 178
cause introdotte, ne sono state terminate 161, di cui 151 con
sentenza, cinque per rinuncia, quattro per perenzione e una
per morte di uno dei coniugi. La diminuzione del numero di
cause terminate rispetto agli anni precedenti, purtroppo,
come visualizzato nel grafico sottostante, conferma un trend
negativo che dura oramai da parecchi anni.
Cause terminate
300
280
289
260
240
239
220
212
200
208
203
180
161
160
140
2008
2009
2010
2011
2012
2013
La conseguenza di questi due dati (libelli presentati e cause
terminate) è duplice:
a) l’aumento delle cause pendenti, ossia che sono ancora in
attesa di una sentenza di primo grado, che hanno superato nel 2013 il doppio delle cause concluse;
1
Cfr. CONCILIO VATICANO II, Costituzione pastorale Gaudium et spes, n. 1.
4
b) la diminuzione percentuale delle cause terminate entro
due anni2. Anche in questo caso, la forma grafica permette di evidenziare l’andamento delle cause pendenti
nel corso degli anni.
Cause pendenti
350
344
343
342
340
333
330
327
320
317
310
300
2008
2009
2010
2011
2012
2013
I dati percentuali delle cause terminate entro due anni sono
invece i seguenti:
Cause concluse entro due anni (percentuale)
80
70
69,8
70,4
66,2
60
55,7
55,1
50
44,3
40
2008
2009
2010
2011
2
2012
2013
Questo avviene sebbene il can. 1453 prescriva che «giudici e tribunali provvedano, salva la
giustizia, affinché tutte le cause si concludano al più presto, di modo che non si protraggano più
di un anno nel tribunale di prima istanza, e non più di sei mesi nel tribunale di seconda istanza».
5
Mi permetto di far presenti due possibili motivi di tale evoluzione dell’attività del Tribunale. Anzitutto, è presente una
maggiore conflittualità tra i coniugi coinvolti nel procedimento.
Questo può portare, nel corso della fase istruttoria, a una presentazione unilaterale di alcune vicende, oppure a incrementare ulteriormente dissapori o divergenze presenti (o derivanti)
dal procedimento civile per la separazione e la cessazione degli
effetti civili del matrimonio. Talora le parti (attore e convenuto)
si contrappongono per motivi estranei alla logica ecclesiale e
alla stessa causa. Altre volte la parte convenuta non partecipa
al processo, rendendo difficile la causa oppure dilatando i
tempi del procedimento. Questo atteggiamento spesso dipende
dalla mancata percezione della specificità del procedimento canonico, il cui scopo non è attribuire la colpa o la responsabilità
del naufragio della vita coniugale, oppure dare ragione all’uno
contro l’altro, quanto piuttosto cercare insieme la verità. Molta
energia e tempo viene occupato per cercare di far capire questa
logica ecclesiale e dichiarativa (della nullità o meno del vincolo
matrimoniale) alle parti, talora anche ai testi. Penso che tutti
sperimentiamo questa situazione e le fatiche conseguenti.
In secondo luogo, influisce la progressiva diminuzione dei sacerdoti che si dedicano all’ufficio di giudice presso il nostro Tribunale regionale. Un minor numero di giudici (di cui uno soltanto laico) comporta necessariamente un tempo maggiore per
istruire la causa, giungere alla decisione e, infine, stendere la
sentenza. Di per sé, l’organico del Tribunale permetterebbe
una celere risposta alle persone che chiedono la nullità del loro
matrimonio. A fronte di questo, tuttavia, bisogna considerare
come quasi tutti i giudici ricoprono altri incarichi e uffici che
comportano un consistente impegno di studio e di lavoro (per
esempio: docente, cancelliere, vicario giudiziale diocesano, parroco, ecc.). La consistenza dell’organico del Tribunale deve
quindi tener conto dell’effettiva disponibilità di tempo (spesso
ridotto) per l’esercizio del ministero presso il Tribunale. Inoltre, la collocazione nel territorio delle sedi istruttorie, al fine di
facilitare la partecipazione delle persone al procedimento, comporta il vantaggio che molti giudici possono svolgere questo
6
loro ufficio senza venir meno agli altri uffici o incarichi loro assegnati. Di converso, tuttavia, la mancata uniformità di presenza dei giudici nelle diverse diocesi, comporta una certa disomogeneità nel carico di lavoro e, quindi, anche nel tempo necessario per lo svolgimento di una istruttoria e per la stesura
di una sentenza. È opportuno anche ricordare come non tutti i
giudici svolgono istruttorie (suppliscono in questo gli uditori,
specie in alcune sedi), o stendono le sentenze, altro aspetto –
prezioso e nascosto – dell’attività del giudice.
In questa situazione, ciascuno di noi, a fronte della situazione
concreta in cui si trova, è chiamato a svolgere diligentemente
il proprio compito, sapendo che «dietro ogni pratica, ogni posizione, ogni causa, ci sono persone che attendono giustizia»3. In
questo modo, si continua e si approfondisce un positivo stile di
collaborazione e di confronto tra le diverse figure che operano
all’interno del Tribunale. Questo stile sa unire al rispetto della
normativa e delle formalità richieste nel procedimento canonico la capacità di confronto e di effettiva e utile collaborazione.
Esemplificando, possiamo riferirci ad alcuni aspetti: un incontro con le persone che aiuti a comprendere la specificità del procedimento canonico e l’insegnamento della Chiesa sul matrimonio; la capacità di chiedere e ascoltare (nei colloqui preliminari
e nell’istruttoria), facendo emergere quanto effettivamente
serve; la modalità di presentazione del libello, confacente a
quanto richiesto dalla normativa (cfr. can. 1504 e DC 116), oltre
che dal Regolamento e da quanto utile a partire dalla singola
causa concreta; l’intuizione nel presentare quegli elementi di
prova che, oltre che essere leciti, siano anche utili nella causa
concreta (cfr. can. 1527 § 1); la stesura di osservazioni – dopo la
conclusione in causa – che evidenzino gli aspetti favorevoli o
contrari alla domanda presentata; la stesura di una sentenza
che sappia essere comprensibile nel suo ragionamento anche
alle parti interessate, quasi mai esperte in materia.
3
FRANCESCO, Allocuzione agli uditori della Rota romana, 24 gennaio 2014.
7
Sembra opportuno porre in questa sede due ulteriori specificazioni, che spero aiutino a rendere ancora più intellegibili i dati
presentati nelle tabelle. La prima riguarda i criteri con cui vengono indicate le diocesi delle cause introdotte in primo grado
(cfr. tabelle nn. 17-22). Queste sono individuate facendo riferimento ai criteri di cui al can. 16734, ossia il luogo di celebrazione del matrimonio, oppure di domicilio o quasi domicilio
della parte convenuta o della parte attrice oppure, infine, della
prevalenza delle prove. Non esiste, quindi, coincidenza automatica tra sede istruttoria e diocesi indicata per la causa introdotta, pur se c’è un alto grado di coincidenza.
La seconda precisazione riguarda i capi di nullità introdotti
(cfr. tabella n. 6). Si nota la prevalenza dei capi di incapacità di
cui al can. 1095, nn. 2 e 3 e di esclusione dell’indissolubilità del
vincolo e della prole. Tutti gli altri capi introdotti, sommati tra
loro, non arrivano al 9% del totale. I sette capi di nullità indicati tra gli “altri capi” riguardano l’esclusione del bonum coniugum (in quattro casi) e, in una ricorrenza per ogni capo, l’esclusione della sacramentalità, l’impotenza, il difetto di forma.
Questo conferma una tendenza presente già da tempo nel Tribunale. Dal 1990 al 2013, infatti, solo tre capi di nullità superano la “soglia” del 5% rispetto ai capi presentati: l’incapacità
(22,56%), l’esclusione della prole (29,51%), e l’esclusione dell’indissolubilità (29,84% del totale)5.
4
«Sulle cause di nullità del matrimonio, che non siano riservate alla Sede Apostolica, è competente: 1° il tribunale del luogo in cui il matrimonio fu celebrato; 2° il tribunale del luogo in
cui la parte convenuta ha il domicilio o il quasi-domicilio; 3° il tribunale del luogo in cui la
parte attrice ha il domicilio, purché entrambe le parti risiedano nel territorio della stessa Conferenza Episcopale e il Vicario giudiziale del domicilio della parte convenuta, udita la medesima, sia d’accordo; 4° il tribunale del luogo in cui di fatto si debba raccogliere la maggior parte
delle prove, purché si aggiunga il consenso del Vicario giudiziale del domicilio della parte convenuta, il quale prima la interroghi, se mai abbia qualcosa da eccepire».
5
Analizzando i dati dall’inizio dell’attività del TERT (nel 1940) al 31 dicembre 2013, risulta
come siano solo cinque i capi di nullità che superano la soglia percentuale del 5%. Si tratta della
simulazione totale (7,02%), del timore (7,70%), dell’incapacità (20,27%), dell’esclusione
dell’indissolubilità (25,14%), dell’esclusione della prole (26,44%).
8
Il contesto ecclesiale
L’attuale contesto ecclesiale è caratterizzato da un senso di
attesa e di riflessione, visto anche l’ormai prossima III Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi, avente per tema “Le
sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”. Il Documento preparatorio presenta anche uno specifico riferimento all’operato dei Tribunali6.
È evidente la «crisi culturale profonda» che attraversa la famiglia, crisi comune a «tutte le comunità e i legami sociali». Si
deve considerare che
«Nel caso della famiglia, la fragilità dei legami diventa
particolarmente grave perché si tratta della cellula fondamentale della società, del luogo dove si impara a convivere nella differenza e ad appartenere ad altri e dove i
genitori trasmettono la fede ai figli. Il matrimonio tende
a essere visto come una mera forma di gratificazione affettiva che può costituirsi in qualsiasi modo e modificarsi
secondo la sensibilità di ognuno. Ma il contributo indispensabile del matrimonio alla società supera il livello
dell’emotività e delle necessità contingenti della coppia.
Come insegnano i vescovi francesi, non nasce “dal sentimento amoroso, effimero per definizione, ma dalla profondità dell’impegno assunto dagli sposi che accettano di
entrare in una comunione di vita totale”» 7.
Viviamo infatti in «una crisi antropologica», in cui «l’individualismo e il consumismo mettono in discussione la cultura
tradizionale della famiglia; le condizioni economiche e lavorative rendono spesso difficile la convivenza e la coesione in seno
alla famiglia»8. In questo contesto,
6
«Lo snellimento della prassi canonica in ordine al riconoscimento della dichiarazione di nullità
del vincolo matrimoniale potrebbe offrire un reale contributo positivo alla soluzione delle problematiche delle persone coinvolte? Se sì, in quali forme?» (punto 4, lettera f).
7
FRANCESCO, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, n. 66.
8
W. KASPER, Il vangelo della famiglia, Brescia 2014, p. 7. Il testo riprende la relazione tenuta
dal Cardinale, su invito di papa Francesco, davanti al Concistoro straordinario dei cardinali (20
e 21 febbraio 2014). Tale testo «doveva fornire una base teologica per il successivo dibattito
9
«il numero di coloro che hanno paura di fondare una famiglia o che falliscono nella realizzazione del loro progetto di vita è aumentato in modo drammatico, come anche quello dei bambini che non hanno la fortuna di crescere in una famiglia ordinata»9.
In tale profonda crisi, «tanti ritengono che nella loro situazione non sia vivibile»10 il vangelo del matrimonio e della famiglia. Questo comporta che
«quando parliamo della famiglia e della bellezza della famiglia, non possiamo partire da un’irrealistica immagine
romantica. Dobbiamo vedere anche le dure realtà e partecipare alla tristezza, alle preoccupazioni e alle lacrime di
molte famiglie. […] Non dobbiamo cedere alla tentazione
di idealizzare il passato e poi, come va di moda in alcuni
ambienti, vedere il presente come mera storia di decadenza. Il rimpianto dei bei vecchi tempi e le lamentele
sulle giovani generazioni esistono da quando esiste una
generazione più vecchia. Non è solo la Chiesa ad essere –
come ha detto Papa Francesco – un ospedale da campo,
ma anche la famiglia è un ospedale da campo, con molte
ferite da fasciare e tante lacrime da asciugare, e dove bisogna continuare a creare riconciliazione e pace»11.
Questa situazione ci spinge a fare nostro lo stile di pastore al
quale tutti siamo chiamati:
«Chi accompagna sa riconoscere che la situazione di ogni
soggetto davanti a Dio e alla sua vita di grazia è un mistero che nessuno può conoscere pienamente dall’esterno.
Il Vangelo ci propone di correggere e aiutare a crescere
una persona a partire dal riconoscimento della malvagità
fra i cardinali e introdurre così una discussione pastorale, teologicamente motivata, nel prossimo processo sinodale al Sinodo straordinario dei vescovi, nell’autunno 2014, e al Sinodo ordinario dei vescovi, nel 2015. Con il consenso del papa si dovevano affrontare in questa relazione anche questioni discusse talora in modo controverso nella Chiesa» (l. cit., p. 5).
9
L. cit., pp. 7-8.
10
L. cit., p. 33.
11
L. cit., p. 24.
10
oggettiva delle sue azioni (cfr. Mt 18,15), ma senza emettere giudizi sulla sua responsabilità e colpevolezza (cfr.
Mt 7,1; Lc 6,37)»12.
Come operatori del Tribunale ci troviamo inseriti in tale contesto, che chiede la nostra attenzione e il nostro discernimento. In tale cornice è utile accennare ad alcuni atteggiamenti, ripresi da due recenti interventi di papa Francesco alla
Curia romana (21 dicembre 2013) e agli uditori della Rota romana (24 gennaio 2014)13:
– Maturità umana, ossia capacità di entrare in profondità
nella situazione delle parti in causa, studiando a fondo
gli atti e tutti gli elementi utili per il giudizio;
– Professionalità, ossia conoscenza della disciplina, capacità di studio e di aggiornamento, comprensione della
specificità del processo matrimoniale, capacità di coniugare rispetto della normativa e tatto pastorale;
– Spirito di servizio, a imitazione del Buon Pastore, che si
prende cura della pecorella smarrita, che sa mettersi a
servizio delle persone e che per primo tende alla santità
di vita.
Mi auguro che queste riflessioni, seppure solo abbozzate, possano essere utili nella nostra collaborazione al Tribunale regionale e nello svolgimento dei nostri compiti, e ci introducano
nella relazione che viene proposta quest’anno, affidata a don
Cristiano Arduini, della diocesi di Padova, che desidera porsi
nel crinale tra teologia e diritto, tra riflessione sul matrimonio
e prassi giudiziaria. I suoi studi e il suo ministero ci saranno
certamente di aiuto14. Lo ringraziamo vivamente del suo intervento e ci disponiamo ad ascoltarlo.
12
FRANCESCO, Esortazione apostolica Evangelii gaudium, n. 172.
13
Il testo dell’allocuzione agli uditori della Rota romana è posto in appendice al presente testo.
14
Don Cristiano Arduini ha conseguito il dottorato in Teologia Morale presso l’Istituto Giovanni Paolo II della Pontificia Università Lateranense in Roma. È docente di Bioetica morale
11
sessuale e familiare nell’Istituto superiore di scienze religiose di Padova. Dal 2009 ricopre l’incarico di Delegato vescovile dell'Ufficio per la famiglia.
12