Organizzazione a rete - sanità 2.0

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Organizzazione a rete - sanità 2.0
Organizzazione a rete: Sanità 2.0 Organizzazione a rete L'organizzazione a rete è caratterizzata dal superamento dell’organizzazione gerarchica-­‐funzionale e si differenzia dalle organizzazioni a matrice. E’ applicabili a imprese di diverse dimensioni e non necessariamente grandi. Condividiamo con il Modello 4C di Butera che è centrata su quattro dimensioni dell'agire organizzativo: cooperazione, conoscenza, comunicazione, comunità. In particolare è caratterizzata da: Ø
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una cooperazione intrinseca, per cui le persone lavorano insieme con obiettivi comuni e condivisi, con comunità di pratiche, con regole sviluppate in parte dai membri stessi dell'organizzazione; una comunicazione estesa, basata su varie forme di comunicazione supportate da adeguati media e che si estende oltre i confini dell'organizzazione; una conoscenza condivisa, ossia la condivisione, promozione e governo fra tutti i membri del processo (sia interno che esterno alla organizzazione) di una grande varietà e formati di conoscenza; una comunità performante orientata all'innovazione, ossia una organizzazione razionale e naturale fatta di organizzazioni socialmente capaci, team autoregolati, comunità che apprendono, corporazioni cosmopolite, ecc. L’affermarsi dell’organizzazione a rete fa leva sulla necessità delle aziende, a fronte della crescente complessità del mercato, di affrontare quella che sarà la sfida decisiva dei prossimi anni: la cooperazione per il recupero e la valorizzazione della professionalità dei propri dipendenti e collaboratori. L’organizzazione a rete ha quindi forti tratti sociali, in quanto appunto consente alle persone di lavorare collettivamente – valorizzando le singole riserve di competenza, talento, creatività ed energia. Si tratta di una trasformazione organizzativa a livello strategico, che richiede l’evoluzione dell’area HR per gestire e sviluppare il lavoro collaborativo, costruendo nuovi comportamenti, nuove competenze, nuovi stili di leadership. E’ una sfida culturale, organizzativa, strategica prima che tecnologica, che coinvolge CEO, direttori HR e ICT manager e via via tutti coloro che, con livelli di responsabilità diversi, si muovono dentro e fuori le organizzazioni. Web 2.0 L’organizzazione a rete trova nell’innovazione un importante fattore di sviluppo e diffusione. Ci riferiamo alla web 2.0: un arcipelago di strumenti, di comportamenti e di tecnologie che sono accomunate da una filosofia di fondo, basata sulla partecipazione di tutti al sapere e sull’abbattimento della distinzione tra produttori e fruitori della conoscenza. Le parole chiave del web 2.0 sono quindi: collaborazione, partecipazione, innovazione, apertura dei contenuti e la loro libera fruizione, infine gratuità e quindi introduzione della cosiddetta economia del dono. Nella prima fase del web la distinzione tra il proprietario del sito che produce i contenuti e li mette a disposizione del pubblico in forma gratuita o a pagamento e i navigatori che li leggono è indiscussa, nel web 2.0 ogni elemento del sapere che viene messo on line può essere oggetto invece di aggiunte, commenti, giudizi, rimandi, contestualizzazioni da parte del pubblico, L’organizzazione a rete ha trovato nelle linee di sviluppo del web significativi punti di incontro e di valorizzazione reciproca, tanto che si può dire che l’organizzazione a rete sia voluta dal web 2.0. Vediamo alcuni paradigmi e vocaboli comuni. Parole nuove, spesso straniere, descrivono i nuovi valori, i nuovi concetti e i nuovi paradigmi del web 2.0. •
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Intelligenza collettiva. E’ che il contributo di più persone che collaborano in una rete sociale genera, attraverso la loro interazione, una maggiore conoscenza rispetto alla somma delle conoscenze individuali. The long tail (la coda lunga). L’espressione coda lunga si usa per descrivere alcuni modelli economici e commerciali o per definire distribuzioni in cui una popolazione ad alta frequenza (o ampiezza) è seguita da una popolazione a bassa frequenza (o ampiezza), che diminuisce gradatamente (tail off). In molti casi, gli eventi poco frequenti o di bassa ampiezza – la coda lunga – possono cumulativamente superare in numero o in importanza la porzione iniziale della curva, di modo che presi tutti insieme rappresentano la maggioranza. Sinapsi Pag. 1 di 11 Così prodotti a bassa richiesta o con ridotti volumi di vendita possono collettivamente occupare una quota di mercato equivalente o superiore a quella dei pochi bestseller, se il punto vendita o il canale di distribuzione sono abbastanza grandi. Questa è una condizione ovviamente vera per il web e si può estendere dai prodotti commerciali a qualsiasi prodotto della conoscenza umana. Il web 2.0 permette quindi di aggregare anche nicchie di persone o di mercati altrimenti potenzialmente isolati (es. persone con patologie rare o cultori di una particolare e non diffusa disciplina). •
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Rating. È banalmente la possibilità che ha ciascun utente di siti web 2.0 di votare i contenuti del web. Il risultato è meno scontato di quanto sembrerebbe e il giudizio collettivo ha decretato spesso successi nuovi ed inaspettati. Tra tutti gli esempi quello più interessante è il sistema di valutazione collettiva delle foto messo in piedi da quella enorme community di fotografi che è Flickr5. Social tagging. È un sistema di classificazione dei contenuti gestito in collaborazione dagli autori del contributo, sia esso un libro, un articolo, una foto, e dagli utenti. Entrambi hanno la possibilità di attribuirgli una o più parole chiave (tag), permettendo così percorsi di ricerca e di approfondimento personali e inediti. Community e social network. Sono l’aspetto forse più conosciuto del web 2.0, avvalendosi della enorme potenzialità dello strumento di aggregare soggetti in configurazioni sempre mutevoli, attorno a interessi più disparati. Si creano quindi attorno ad un blog6, ad un forum7 di discussione, ad un sito dei gruppi più o meno stabili di persone interessate, che interagiscono con diversi strumenti (newletter8, messaggi, twitter etc.). Nuovi strumenti di circolazione della conoscenza (feed RSS – formato per la trasmissione dei contenuti web, podacast – sistema per lo scarico automatico di documenti, file, wiki -­‐ sito web che permette ai propri utenti di aggiungere, modificare o cancellare contenuti attraverso un browser web). Sono basati tutti, anche nelle loro differenze, da un uso eminentemente attivo sia degli strumenti, sia del sapere messo a disposizione. Nascono così mezzi di diffusione che ci propongono direttamente i contenuti di nostro interesse a casa nostra (feed RSS), con una periodicità concordata, o strumenti che scaricano contenuti multimediali direttamente sui nostri lettorimusicali (MP3) o video (MP4), o infine vere e proprie enciclopedie (la più famosa è wikipedia) dove ogni voce è frutto di un’azione collaborativa dei lettori. Organizzazioni di professionisti L’impatto dell’organizzazioni a rete e del web ha caratteristiche specifiche nelle organizzazioni nelle quali prevalgono le professioni, tanto da potersi configurare un’organizzazione a rete di professionisti, è il caso delle aziende di servizi alla persona ed in particolare di servizi socio-­‐sanitari. Le professioni a loro volta sono caratterizzate secondo Tousijn da quattro punti: 1. individuazione e rivendicazione di un corpus di conoscenze (rappresenta la base cognitiva sulla quale si sviluppa la professione); 2. nascita sviluppo di scuole professionali preferibilmente interne all’Università (attraverso esse le professioni saranno capaci di produrre e trasmettere la propria base cognitiva); 3. nascita e sviluppo di associazioni professionali; 4. riconoscimento e protezione da parte dello Stato. Due elementi, più di altri, caratterizzano fortemente il significato di professione: • il consolidamento di certi contenuti di lavoro, che induce di conseguenza alla esplicitazione di atti e compiti obbligatori; • l’autonomia nell’adattare la propria azione negli specifici contesti. Nelle aziende di servizi e in particolare quelli rivolti alle persone, quali i servizi socio sanitari, la professionalità rappresenta un fattore particolarmente critico, in quanto l’efficacia della risposta è largamente affidata alla capacità di interpretazione e decodifica da parte del professionista del “bisogno di salute” della singola persona. La professionalità si estrinseca pertanto non solo nella corretta esecuzione tecnica di una determinata metodica o di un protocollo di intervento, ma nella scelta del percorso diagnostico terapeutico più adatto al trattamento del singolo caso. In altri termini la professionalità viene ad essere identificata anche come l’insieme delle conoscenze, delle competenze e degli atteggiamenti del singolo operatore. Sinapsi Pag. 2 di 11 In ambito sanitario il singolo professionista eroga prestazioni non più da solo ma con il concorso di altre risorse organizzate: personale (medico, infermiere, tecnico, amministrativo, ecc..), tecnologie (biomediche, informatiche, ecc..). Inoltre nel sistema sanitario, anche ai livelli più bassi della struttura gerarchica, il personale è composto da professionisti (burocrazie professionali). Non essendo standardizzabili in toto i percorsi diagnostici-­‐
terapeutici, i contenuti e i processi operativi proprio per la natura intrinseca, specifica e fortemente personalizzata della “domanda di salute”, si tende in sanità a standardizzare le competenze e accrescere le capacità dei professionisti attraverso momenti di tirocinio, formazione, aggiornamento, ecc. La standardizzazione delle competenze è assicurata da appositi percorsi formativi (studi universitari, scuole di specializzazione) e dalla certificazione (esami di stato, abilitazione…) alla fine di quegli stessi percorsi e dovrebbe essere garantita (almeno formalmente) dagli Ordini professionali. La standardizzazione delle competenze rappresenta per le aziende sanitarie sia un vantaggio per l’integrazione e il coordinamento fra le diverse figure professionali sia una maggiore sostituibilità e mobilità dei professionisti all’interno della struttura organizzativa, aumentando le condizioni di flessibilità ed efficienza del sistema. La standardizzazione delle conoscenze non elimina tuttavia l’autonomia professionale, cioè la discrezionalità a cui ciascun professionista fa ricorso nell’applicazione delle conoscenze stesse. Il Ministero della Salute definisce professioni sanitarie “quelle che lo Stato riconosce e che, in forza di un titolo abilitante, svolgono attività di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione”. Nel corso degli ultimi anni diverse occupazioni sanitarie hanno proceduto nel processo di istituzionalizzazione del rispettivo profilo professionale, riuscendo ad ottenere riconoscimento e tutela pubblica (anche se in molti casi il processo non ha ancora portato all’istituzione degli albi). L’istituzionalizzazione di queste nuove figure professionali è conseguenza del: •
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progresso della scienza bio-­‐medica, innovazione e complessità delle tecnologie diagnostiche e terapeutiche, riorganizzazione sanitaria, crescita e differenziazione della domanda di salute, diversificazione degli interventi volti al mantenimento e alla promozione della salute, consolidamento di conoscenze e competenze detenute esclusivamente da un determinato gruppo professionale. Una logica professionale fortemente radicata, pur fra alcuni indubbi vantaggi, rischia di influenzare in modo significativo il quadro organizzativo e la stessa gestione del personale. Per esempio, probabili fonti di conflitto possono scaturire dalla difficoltà e dai ritardi con cui il sistema delle professioni si adegua ai mutamenti nelle condizioni di contesto del sistema sanitario. In un sistema complesso come quello sanitario, oggi, la ricerca di condizioni per una migliore efficacia e efficienza dei servizi determina una continua evoluzione degli assetti organizzativi, rinnovate modalità lavorative, nuove competenze e maggiore integrazione multidisciplinare, ma le professioni codificate si adeguano con minore celerità a tali cambiamenti e anzi con la loro regolamentazione degli spazi di responsabilità e delle attività di competenza, possono costituire un ostacolo importante per gli stessi processi di rinnovamento. Inoltre, nel corso dei processi di cambiamento tecnologico o degli assetti organizzativi, la presenza delle professioni può essere causa di conflitto e di negoziazione per rimodulare i confini interni (potere) del sistema delle professioni. All’interno delle aziende la presenza di gruppi organizzati che si riconoscono per un’appartenenza professionale esterna all’azienda, può comportare la difficoltà di coordinamento, di definizione delle responsabilità e di dialogo tra persone che pur lavorando all’interno di una stessa unità organizzativa, fanno però parte di professioni diverse. Sinapsi Pag. 3 di 11 Il medico Il ruolo e l’evoluzione delle professioni sanitarie sono strettamente legati alle caratteristiche del sistema sanitario, che determina in larga misura anche i rapporti fra i diversi profili professionali che vi operano. Accanto al medico oggi gli operatori della sanità sono, in gran numero, professionisti. Infatti di recente il riconoscimento di professione sanitaria si è esteso a più di venti attività, fino a ieri considerate ausiliarie di quella medica. Riguardo al profilo professionale del medico, riprendendo il giuramento d’Ippocrate, reintrodotto dall’Ordine dei Medici nel 1998, in cui il medico promette di agire secondo scienza e coscienza seguendo quindi i bisogni dei pazienti che si fa domanda sanitaria e la scienza medica, è evidente che esso si riferiva a una professione svolta in prima persona dal medico, senza l’aiuto sistematico o comunque determinante di una organizzazione. Il rapporto era di tipo uno-­‐a-­‐uno tra medico e paziente. La professione medica si caratterizza per una competenza esclusiva, garantita dal possesso di un diploma o da una laurea e dal superamento di un esame di abilitazione professionale, per l’autonomia e indipendenza delle decisioni, per la libertà di organizzare la propria attività, e per ricevere un onorario, a fronte di una prestazione, piuttosto che un salario. In questi anni lo Stato è intervenuto progressivamente nelle varie fasi del processo di professionalizzazione dei medici: dalla formazione universitaria ai meccanismi di accesso alla professione, dalle modalità di organizzazione del lavoro alla delimitazione per legge delle competenze. La progressiva occupazione dei medici nelle strutture pubbliche e private hanno modificato profondamente le caratteristiche tradizionali di una professione liberistica e individualista. Nel nostro Paese il prevalere della professione medica ha caratterizzato, almeno per un lasso di tempo significativo, i rapporti con le altre professioni sanitarie. Tale superiorità può essere stata di tipo: • funzionale, in quanto fondata sull’attribuzione al medico in via esclusiva delle due funzioni principali (diagnosi e terapia), mentre alle altre professioni erano riconosciute funzioni derivanti dalla divisione orizzontale del lavoro; • gerarchica, per le caratteristiche organizzative delle strutture sanitarie, in particolare ospedaliere, – scientifica, perché riguarda il potere dei medici di definire gli ambiti e le competenze della medicina stessa in quanto scienza. Il medico solitario è obsoleto? Nell’ambito delle professioni mediche, lo studio medico classico, in cui il titolare esercita da solo la sua professione, è tuttora l’archetipo dell’attività professionale indipendente nel campo sanitario. Presenta indubbi vantaggi, quali l’indipendenza, l a responsabilità circoscritta alle proprie prescrizioni, la più semplice gestione dei costi, del personale, dei pazienti. D’altro canto presenta vari punti critici, come l’accresciuta pressione sul reddito professionale, l’inasprimento delle regolamentazioni, l’accentuata criticità dei pazienti nei confronti delle cure ricevute, l’accresciuta difficoltà nel reperimento di personale di studio ben qualificato e motivato ecc. Cosa significa questo: forse che lo studio singolo ha finito di essere un modello praticabile, da relegare al passato? Sicuramente no, esso continuerà a sussistere, soprattutto presso le generazioni di medici meno giovani, ma non solo. Tuttavia questa tipologia richiederà maggior impegno, rigore, fermezza, efficienza, in quanto le sfide all’orizzonte si fanno più severe. Una prima risposta, quale alternativa allo studio singolo, è la condivisione dell’infrastruttura con altri medici. È un modello praticato già da tempo da parte di parecchi professionisti, che si propone sempre più frequentemente nel panorama nazionale. Due o più professionisti si associano, organizzano in comune lo studio (i locali, le attrezzature, il personale), mantenendo la propria indipendenza nei confronti dei pazienti, della fatturazione delle prestazioni erogate e stabilendo regole adeguate per la ripartizione dei costi comuni. Un'altra forma di organizzazione che si va diffondendo sono i Centri consistenti in aggregazioni di medici con statuto di salariati o di liberi professionisti. Un centro medico presenta alcuni vantaggi che in prospettiva lo rendono più competitivo rispetto all’offerta sanitaria ambulatoriale convenzionale. Un punto di forza è la Sinapsi Pag. 4 di 11 ricettività nei confronti delle esigenze dei pazienti. La struttura può infatti equipaggiarsi con un’ampia gamma di apparecchiature che coprono le varie discipline contemplate dal centro. Le competenze cliniche sono avvalorate dalla presenza dei vari specialisti, per cui l’offerta ai pazienti è di tipo multidisciplinare. Il centro può anche offrire più flessibilità negli orari di apertura ed andare incontro in maggior misura alle esigenze dei pazienti. Tutto questo, realizzando un rapporto costi/prestazioni più favorevole rispetto allo studio singolo. Il team work Di fatto le modalità di lavoro che si addicono alle professioni sanitarie è il Modello del lavoro in èquipe: un sistema di erogazione dell’assistenza infermieristica ad un gruppo di pazienti da parte di un team composto in genere da medici, infermieri e personale collaborante sotto la direzione e supervisione di un infermiere responsabile durante uno specifico turno, con: distribuzione delle responsabilità in funzione delle competenze l’interazione tra operatori collegata alla pianificazione del lavoro, alla trasmissione in tempo reale delle informazioni, alla verifica dei risultati informazioni scritte individuali e documentate su cartelle infermieristiche o integrate informazioni orali frequenti incontri nel piccolo gruppo scambi diretti tra operatori diversi senza mediazione del coordinatore responsabilità medica o dell’infermiera team leader assume una responsabilità diretta dell’assistenza e dell’équipe che coordina controllo fondato sulla documentazione scritta che ogni membro dell’équipe è tenuto ad aggiornare I vantaggi del Modello del lavoro in èquipe: •
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maggiori soddisfazioni per pazienti e staff migliore qualità assistenziale e del lavoro riconoscimento, valorizzazione e responsabilizzazione dei professionisti maggior comunicazione, collaborazione e integrazione nell'équipe continuità nelle cure e conoscenza più approfondita delle persone assistite condivisione degli obiettivi e delle decisioni Gli svantaggi: •
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Tendenza alla riproduzione in piccolo del modello funzionale necessità di risorse materiali maggiori necessità di un elevato livello di collaborazione e comunicazione tra operatori necessità di individuare il team leader con riconosciute abilità professionali e di leadership. Il case management Altro modello organizzativo dei servizi sanitari che si sta diffondendo è il Modello gestione del caso (case management): sistema in cui un professionista (case manager) assume il ruolo di gestore del singolo caso diventando la figura di riferimento per il paziente, i famigliari e altri operatori sanitari con la funzione di spiegare il percorso, garantirne e coordinarne l’applicazione, aiutare a superare i punti critici. Tale modello prevede: la responsabilizzazione professionale rispetto alla globalità del percorso assistenziale assistenza diretta concepita come governo di un percorso complesso e multi professionale interazione tra operatori secondo la logica del team di lavoro e della progettazione assistenziale informazioni scritte individuali e documentate su cartelle del paziente informazioni orali attraverso scambi continui e confronti diretti l’infermiere “case manager” che assume la responsabilità diretta del governo del percorso assistenziale del paziente Ø il controllo fondato sulla documentazione scritta e sulla supervisione del “case manager” Ø
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Sinapsi Pag. 5 di 11 Vantaggi •
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Maggiori soddisfazioni per pazienti e staff migliore qualità assistenziale continuità nelle cure e conoscenza più approfondita delle persone Svantaggi •
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Richiede un maggior numero di infermieri richiede indipendenza e responsabilità richiede un’organizzazione complessiva per percorsi Le reti integrate dei servizi Ø il termine "rete" indica interconnessione fra équipe multiprofessionali, in cui la gestione delle relazioni, anziché la centralizzazione della produzione, è l’elemento programmatorio più rilevante; Ø il termine "integrate" sottolinea l’enfasi sulle esigenze di governo, contro i rischi di diluizione e di dispersione delle attività. Ø il termine "servizio" sottolinea l’enfasi sul prodotto offerto, rappresentato dalla erogazione di un servizio integrato non dalla produzione di prestazioni Le reti cliniche integrate (reti integrate di servizi) consistono nell’organizzazione dei servizi presenti in un ASO/ASL… che, attraverso l’integrazione con i servizi distrettuali e di sanità pubblica, assicura ai cittadini il livello primario dell’assistenza in un determinato territorio, di norma provinciale (autosufficienza territoriale). La logica dell’autosufficienza prevede che, all’interno della rete dei servizi, siano garantite a tutti i cittadini, in condizioni di equità, le prestazioni necessarie ai loro bisogni assistenziali, e che le modalità secondo le quali queste funzioni sono garantite tengano conto del fatto che, quando è possibile, siano gli operatori sanitari ad andare verso il cittadino e non viceversa. Un tipo significativo di rete è quello Hub&Spoke: Ø HUB (centri di eccellenza): ove si prevede la concentrazione della produzione della assistenza di maggiore complessità Ø SPOKE: centri periferici funzionalmente sotto-­‐ordinati cui compete principalmente la selezione e l’invio dei pazienti al centro di riferimento. Le reti cliniche integrate possono garantire: •
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la congestione minima possibile la minima rivalità del servizio la massima efficienza tecnica e allocativa la minore ridondanza nei servizi la massima concentrazione possibile della casistica di pertinenza la tempestività di invio dai punti di riferimento periferici. Il Net Working E’ un processo finalizzato tendente a legare fra loro tre o più persone/servizi tramite connessioni di significative relazioni interpersonali. (Maguire, 1990). E’ l’insieme di contatti interpersonali (community care) per effetto del quale l’individuo mantiene la propria identità, riceve sostegno, aiuti, servizi, informazioni. (Walcher, 1977). I punti di forza della costruzioni di reti e del lavoro in rete sono: 1)
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Le Reti sono più stabili dei singoli servizi I professionisti non hanno tutte le risposte Sinapsi Pag. 6 di 11 3)
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Le reti sono più efficaci se si coordinano con gli interventi dei professionisti Il supporto sociale delle reti informali agisce come “ammortizzatore” nelle situazioni stressanti Rappresentano una forma di ripristino del proprio controllo sulla propria vita, Il risultato del lavoro della rete è molto maggiore della somma delle sue parti distinte, perché si assiste ad un alleggerimento delle debolezze reciproche. I rapporti di rete sono tali che alcuni legami sono piu' forti di altri. Potremmo definire genericamente "forti" quelli che uniscono familiari, amici intimi o colleghi che passano molto tempo insieme, e "deboli" quelli di generica conoscenza. Il paradosso sta nel fatto che, sebbene i legami sociali forti sembrino quelli indispensabili a tenere insieme la rete, per quanto riguarda i gradi di separazione non lo sono; anzi, non sono affatto importanti. Come dimostrò Granovetter, i legami cruciali sono quelli deboli, soprattutto quelli che lui definì "ponti" sociali. Granovetter raggiunse una conclusione sorprendente: i legami deboli sono spesso più importanti di quelli forti, perché svolgono la funzione di tenere insieme la rete sociale. Sono le "scorciatoie" che, se eliminati, farebbero disintegrare la rete. Questi legami sono non solo ponti verso un'altra persona, ma anche verso mondi sociali lontani che ci sarebbero, altrimenti, del tutto estranei. I legami forti invece non hanno invece questo effetto "dirompente": ci connettono con persone con le quali saremmo connessi comunque (Mark Buchanan, Nexus,2003). Più generalmente osserviamo che negli ultimi 15 anni, contestualmente allo sviluppo di Internet e alla possibilità di diffusione delle informazioni e dei saperi molto più rapida, il mondo della sanità è stato attraversato da un movimento culturale che, trovando nella rete informatica una strada estremamente efficiente per la sua diffusione, ha cambiato, anche dal punto di vista organizzativo, l’approccio alla gestione della salute pubblica. L’idea di superare la frammentazione assistenziale e l’autoreferenzialità a favore della continuità delle cure e della condivisione dei saperi basati su prove di efficacia ha aperto il campo in diversi paesi europei a nuove architetture organizzative concepite secondo logiche a rete. Per l’Italia, paradigma in campo sanitario della rappresentazione nosologica delle cronicità e della conseguente necessità di approccio integrato al bisogno di salute della popolazione, questa pressione, per tanto tempo rimasta sopita, sta emergendo in modo significativo. L’idea di impostare il sistema secondo le logiche delle reti integrate dei servizi sanitari non si deve quindi solamente intendere quale strumento organizzativo e gestionale del cosiddetto governo clinico, ma come strumento di governance integrata per armonizzare i diversi aspetti (clinici, gestionali, finanziari, della comunicazione, della ricerca e della formazione) che concorrono alla qualità del Servizio Sanitario Nazionale. L’impostazione di un sistema di interazioni cooperanti fra Aziende trova nelle logiche di rete integrata dei servizi il naturale strumento operativo. È bene ricordare come non si tratti di una mera filosofia organizzativa, ma di una volontà precisa di impostazione di relazioni fra aziende, soggetti erogatori di prestazioni, assicuratori, territorio ed ospedale, medici di medicina generale. Nei Servizi Sanitari Regionali si stanno diffondendo architetture di sistema come un insieme di reti integrate di servizi costituite secondo due direttrici diverse che rappresentano gli assi di integrazione necessari. La direttrice, “verticale”, rappresenta la dimensione all'interno della quale si sviluppano le quatto aree tematiche che costituiscono lo sfondo del Sistema sanitario Pubblico: prevenzione; acuzie; emergenza urgenza; fragilità/cronicità; riabilitazione. La direttrice, “orizzontale”, sulla quale si sviluppano reti cliniche o reti di condizioni che, dando origine e custodendo percorsi diagnostici e terapeutici orizzontali che attraversano le 4 aree verticali sopra citate, rappresentano le connessioni fisiche fra le quattro reti verticali appena descritte. Le reti orizzontali sono fonte della produzione di linee guida e di indirizzi posti a fondamento del governo clinico del Servizio Sanitario Regionale e individuano le criticità del sistema. Sinapsi Pag. 7 di 11 Nasce Medicine 2.0 La disamina di cui sopra sulle professioni, la professione medica e le forme di organizzazione praticate in ambito sanitario ci fa pensare che il connubio tra web e medicina aveva tutti i presupposti per riuscire bene. Concetti come collaborazione, interazione, condivisione sono facilmente applicabili nell’area della salute e trovano il loro fondamento in molti dei presupposti deontologici delle professioni e delle organizzazioni sanitarie. Sono nati così nuovi nomi come Medicine 2.0 o Health 2.0 per indicare l’applicazione delle nuove tecnologie nell’ambito medico. Tra le principali applicazioni possiamo brevemente citare quelle seguenti. Gli strumenti specializzati per la diffusione delle conoscenze in ambito sanitario. Tra questi hanno trovato particolare importanza le wiki mediche, in cui vengono costruite voci informative con l’ausilio di soggetti diversi e volontari. Interessanti sono anche le applicazioni RSS in ambito medico messe in atto da riviste specializzate. I blog dei sanitari e per i sanitari. Si tratta per la maggior parte di blog di medici per i medici (meno frequenti i blog delle altre professioni sanitarie), di medici per i pazienti, di pazienti per i pazienti. In tutti i casi esiste il vantaggio di una diffusione immediata delle conoscenze e della casistica, ma non possiamo sottovalutare alcuni gravi rischi: la non sicurezza delle fonti ad esempio, il rischio della violazione della privacy dei pazienti, o anche la scarsa protezione contro i conflitti di interesse o gli interessi commerciali non esplicitati. I social networking e le comunità di pratica tra professionisti della sanità. Le comunità di pratica e di apprendimento sono gruppi sociali che hanno come obiettivo finale il generare conoscenza organizzata e di qualità cui ogni individuo può avere libero accesso. In queste comunità gli individui mirano a un apprendimento continuo e hanno consapevolezza delle proprie conoscenze. Non esistono differenze di tipo gerarchico: tutti hanno uguale importanza perché il lavoro di ciascuno è di beneficio all’intera comunità. La finalità è il miglioramento collettivo. Chi entra in questo tipo di organizzazione mira a un modello di condivisione; non esistono spazi privati o individuali, in quanto tutti condividono tutto. Le comunità di pratica tendono all’eccellenza, a prendere ciò che di meglio produce ognuno dei collaboratori. Questo metodo costruttivista punta ad una conoscenza che si costruisce insieme e rappresenta un modo di vivere, lavorare e studiare. Fra i più importanti teorici delle comunità di pratica c’è Marshall McLuhan. Ne Gli strumenti del comunicare egli afferma che nel regime della tecnologia elettrica il compito dell’uomo diventa quello di imparare e di sapere; tutte le forme di ricchezza derivano dallo spostamento d’informazione. Numerose comunità di pratica sono nate attorno a molte professioni sanitarie, soprattutto in ambito medico, sfruttando le potenzialità del web 2.0. Una forma particolare di comunità di pratica sono le cosiddette online health communities, che prevalentemente servono a condividere esperienze e conoscenze tra pazienti e che comprendono spesso giudizi e impressioni sulle strutture sanitarie. Qualcosa di simile a quel che succede per i consigli in tema di viaggi o alberghi. Verso una Sanità 2.0 Proponiamo quindi la nascita di una sanità 2.0, basata su due aspetti fondamentali: Ø
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l’assunto che una sanità che vuole fiducia non può prescindere da un approccio collaborativo basato sulla fiducia. quando gli utenti di informatica della prima generazione aspettavano la versione 2.0 di un software, dopo infinite e in genere deludenti versioni 1.xx, non si aspettavano qualche piccolo miglioramento, ma una rivisitazione dalle fondamenta che, facendo tesoro dell’esperienza degli utenti, proponesse qualcosa di radicalmente nuovo e ben orientato. Una sanità 2.0 (e in generale una PA 2.0) vuol dire applicare all’azione pubblica alcuni paradigmi di base del web 2.0 e provare a vedere se l’esercizio funziona, aiutandoci di conseguenza a recuperare quella fiducia che è l’ingrediente base di qualsiasi ricetta per uscire dalla crisi. Sinapsi Pag. 8 di 11 I principi di una Sanità 2.0 Il potere di valutare è dato all’utente: è questo forse il più evidente tra i principi del web 2.0 ed è il primo che cerchiamo di applicare alla sanità che vorremmo. Come il nuovo web costruisce le sue gerarchie e la reputazione delle sue informazioni e dei suoi attori sul giudizio informato degli utenti (ad esempio con il social rating, ossia l’attribuzione di importanza/rilevanza/valore ad un’informazione da parte di chi la legge), così la sanità 2.0 deve permettere ai cittadini di esprimere facilmente e intuitivamente il loro giudizio sui servizi pubblici che utilizzano. La proposta di Brunetta dell’uso degli emoticons ne è una traduzione semplice e immediata, che meriterebbe forse una maggiore attenzione. Ma dare al cittadino il potere di valutare vuol dire anche fornirgli le informazioni in modo chiaro e confrontabile, così che ciascuno possa scegliere. Di qui la trasparenza della P.A. Un’altra importante conseguenza che deriva da una PA che dia spazio alla valutazione dei cittadini è il riconoscimento del merito. Il mancato riconoscimento del merito e la non promozione dei talenti sono peccati originali della società italiana ingessata e fondata sulla cooptazione: aprire la porta alla libera valutazione dei cittadini vuol dire fare entrare aria nuova. Sfruttare l’intelligenza collettiva e rompere la barriera tra chi sa e dà informazioni (soggetto attivo) e chi non sa e impara o si informa (destinatario passivo dell’informazione). La caratteristica maggiormente segnalata nel web 2.0 è appunto quella di basarsi sui contenuti creati dagli utenti e di mettere in piedi un continuo accrescimento della conoscenza tramite un lavoro collaborativo. La famosa e ipercitata wikipedia è un fenomeno di questo genere e di straordinario successo, cui lavorano centinaia di migliaia di volontari che accettano regole comuni. Cosa può insegnare l’uso dell’intelligenza collettiva alla PA? Prima di tutto che nessuno conosce il proprio territorio meglio di chi ci vive, nessuno conosce le caratteristiche necessarie per i servizi pubblici meglio di chi li usa, nessuno conosce i processi amministrativi meglio di chi nella PA lavora con competenza. Dare spazio e fiducia a questi saperi, anche interni, ci schiude una miniera inesauribile. Come afferma Taijchi Ohno (Toyota) “le risorse umane sono qualcosa al di sopra di ogni misurazione. Le capacità di queste risorse possono estendersi illimitatamente quando ogni persona comincia a pensare”. Una PA 2.0 è quindi un’amministrazione che ascolta, un’amministrazione che si fida. I dati come tessere di puzzle sempre nuovi: è la caratteristica che i tecnici chiamano remixability, che permette in ambiente web 2.0 di prendere pezzi di informazioni e ricomporli per costruire nuovi documenti in forma anche automatica. Ad esempio pensiamo alle informazioni RSS o ai feed che ci mettono a disposizione un agente che ci tiene informati, nei campi di nostro interesse, di tutto quel che succede in rete. La sanità 2.0 può assumere da questa funzione il paradigma dei dati che girano intorno all’utente. Dopo anni che ne parliamo questo obiettivo non è stato ancora raggiunto, ma è a portata di mano: è già possibile pensare ad un cruscotto in cui ciascun cittadino abbia sotto controllo tutti i dati che le amministrazioni centrali e locali possiedono su di lui, dalle multe al suo fascicolo sanitario. Caratteristica essenziale perché la remixability funzioni è che i dati siano pubblici o almeno regolati secondo i diritti Creative Commons14 un punto chiave quindi della PA 2.0 è quello di mantenere accessibili, quindi a disposizione di tutti, i dati pubblici, ovviamente nel rispetto della privacy e della sicurezza. Nel campo specifico della sanità pubblica il fascicolo elettronico del paziente, ossia la documentazione del suo percorso di cura e assistenza, presuppone, perché sia in effetti remixable, una stretta integrazione tra le professioni sanitarie e una standardizzazione tra le professioni, le strutture, le amministrazioni. La nascita del prosumer15: figura mista tra consumer e producer rispecchia la nuova interattività del web 2.0. Il termine prosumer sta assumendo molti e conflittuali significati: nel mondo degli affari si tende a vedere il prosumer (professional–consumer) come un segmento di mercato, mentre gli economisti intendono la figura del prosumer (producer–consumer) fortemente indipendente dall’economia mainstream. In generale pone in rilievo come l’utente, dal classico ruolo passivo, assuma oggi un ruolo decisamente più attivo nel processo di consumo, di produzione, di creazione, ecc Nel nuovo contesto i mercati sono conversazioni: con la rivoluzione digitale si assiste infatti nella new economy all’evoluzione da consumatori passivi a prosumer attivi. Per esempio, Amazon.com si è affermata come azienda leader nell’e-­‐commerce, in parte grazie alla sua abilità di costruire relazioni con i clienti basate sul dialogo piuttosto che sulla vendita del singolo prodotto. Amazon supporta lo scambio di informazioni fra i clienti; offre spazio per contribuire al suo sito nella forma di recensioni di tipo librario. La sanità 2.0, sulla stessa lunghezza d’onda, promuove l’abbattimento della barriera tra chi fornisce servizi e chi ne fruisce, configurandosi come Sinapsi Pag. 9 di 11 un’amministrazione condivisa, che facendosi forte del dettato costituzionale scardina il “paradigma bipolare” che vuole da una parte l’amministrazione come unica fonte sia di potere che di prestazioni e dall’altra i cittadini amministrati (clienti, assistiti, pazienti etc.), comunque soggetti passivi dell’intervento pubblico. Sanità 2.0 è formazione continua, e circolarità della conoscenza La necessità del lifelong learning, ossia di un apprendimento che dura tutta la vita, caratteristica tutt’altro che esclusiva del web 2.0, ma di tutta la nostra società liquida che rivoluziona conoscenze e paradigmi con una velocità impensabile sino a qualche decina di anni fa. Una PA 2.0 non può quindi che essere un’organizzazione basata sulla formazione continua, sulla circolarità della conoscenza, sulla sperimentazione. Nello specifico della sanità tale necessità di formazione continua ha avuto, come è ben noto, una consacrazione legislativa con lo strumento dell’ECM. I corsi di educazione continua a volte non sono però facilmente permeabili alle necessità di una nuova sanità che si basa sull’integrazione di professioni diverse, che devono mettere al centro non la singola specificità professionale (di cura, di assistenza ecc.) ma il paziente, il cittadino cliente. È questa la rivoluzione copernicana: la centralità del cliente. Questa ultima caratteristica (ma non certo ultima per importanza) attiene alla capacità di integrare professionalità diverse attorno al centro del sistema che è dato dal cittadino utente. Come nel web 2.0 professionalità e competenze molto diverse (web designer, esperti di ergonomia cognitiva, copywriter, informatici, giuristi etc.) convivono mettendo al centro la relazione con il cliente che interagisce con e nel sito web, così nella sanità 2.0 professionalità diverse devono costantemente integrarsi mettendo al centro non la diagnosi, non l’assistenza, non la terapia, ma la persona del paziente e la sua rete di relazioni. Moltissime altre sarebbero le caratteristiche da esaminare e proporre, ma l’esercizio è già chiaro. Un’ultima cosa però è importante: nel web 2.0 il mercato ha premiato con grandi fortune delle grandi idee (pensiamo ai due ragazzi di Google): anche qui qualcosa da imparare c’è. Certo è difficile immaginare un innovatore della PA che diventa ricco con un’idea, ma forse premiarlo almeno con un miglioramento nella carriera e nello stipendio che riconosca il merito sarebbe fondamentale per non farlo sentire, in fondo in fondo, un po’ stupido. Sanità 2.0 per la condivisione di documentazione e di attività legate a progetti collaborativi Col crescere delle complessità progettuali, crescono le risorse impiegate nelle ricerche documentali, con documenti di progetto spesso distribuiti tra server o pc di varie persone o organizzazioni differenti. Tale aspetto risulta particolarmente critico in ambito sanitario o di ricerca clinica, dove i processi di divulgazione, raccolta e scambio di documenti e informazioni sensibili tra vari utenti sono spesso particolarmente critici ed articolati. Sanità 2.0 è di supporto ad enti di ricerca, ospedali o organizzazioni complesse che abbiano necessità di strumenti collaborativi web based, per: controllare alla sorgente il flusso di informazioni non strutturate in una piattaforma centralizzata che obblighi gli utenti a inserire le informazioni in maniera controllata e organizzata Ø accelerare il set-­‐up dei progetti, connettendo per esempio i partecipanti di uno studio clinico in un ambiente di lavoro sicuro e controllato, intuitivo e di semplice utilizzo, con abbattimento dei costi di training e garanzia di transizione semplificata rispetto ad altre metodologie classiche. Ø facilitare la comunicazione e la collaborazione tra i diversi gruppi di lavoro o progetto e permette di avere semplici elementi di monitoraggio delle attività. la condivisione delle informazioni (document sharing e document authoring), il workflow di approvazione documentale, la gestione di mailing-­‐list, forum, message box, raccolta questionari, proposte di finanziamenti e dati di reporting. Ø
Il web collaborativo è stato utilizzato dal Consiglio Superiore di Sanità (CSS), dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e nella gestione di progetti europei come supporto al network delle attività di comunicazione, condivisione documentale e di monitoraggio delle attività di progetto con la creazione online di aree documentali, calendari, forum, raccolta di strumenti di finanziamenti per i vari gruppi di lavoro e altri strumenti per gruppi di lavoro distribuiti, per raccogliere e ordinare i documenti relativi alle richieste di parere pervenute dal Ministero della Salute e per convocare le riunioni per consultare e scambiarsi il materiale direttamente online, per svolgere attività di analisi sui tempi e sui lavori svolti da ogni singola Sezione e dall'intero Consiglio. Sinapsi Pag. 10 di 11 Sanità 2.0 contribuisce al superamento delle barriere al coinvolgimento nella ricerca dei community clinicians. Per incoraggiare la partecipazione alla ricerca e reclutare nuovi soggetti interessati occorre una infrastruttura che assista i clinici delle cure primarie a identificare e scegliere tra le opportunità per la ricerca e a relazionarsi con le commissioni per la ricerca e, dall’altra, l’istituzione di una rete stabile di clinici delle cure primarie che faciliti il reclutamento di professionisti in più studi su diverse discipline e tipologie di condizioni cliniche. Questa rete permetterebbe di acquisire e incrementare esperienza nel tempo e facilitare la realizzazione di studi su diverse popolazioni di pazienti e con diversi disegni di studio. Per migliorare l’efficienza e la qualità del training, occorre mettere a disposizione risorse permanenti web-­‐based, per la formazione sulla ricerca e sulle competenze necessarie, lasciando ai principal investigator il compito di completare il training per gli aspetti specifici inerenti lo studio. La capacità di predire le responsabilità e l’impegno richiesti permetterebbe di meglio stimare e valutare la propria idoneità ad una partecipazione a lungo termine. Per stabilizzare la ricerca vengono suggerite vere e proprie ‘Research Support Organizations (RSOs) ’ che agiscano localmente per reclutare professionisti ad una partecipazione stabile e li assistano nel processo di registrazione, facendo corrispondere interessi e quesiti clinici agli studi più appropriati. Le RSOs dovranno lavorare con i clinici per una riorganizzazione del loro lavoro che faciliti la coniugazione tra ricerca e pratica, per la selezione e formazione dello staff da coinvolgere nella ricerca, per il reclutamento dei pazienti. Inoltre avranno la responsabilità di far sì che la partecipazione alla ricerca diventi un’attività permanente. I punti di forza di queste strategie sono in primo luogo la costituzione di una rete di professionisti delle cure primarie che si rendano disponibili ad una attività continuativa di ricerca. In secondo luogo, un’articolata infrastruttura di supporto all’intera impresa che contribuisca a trovare e segnalare le corrispondenze tra interessi e finalità, a fornire una formazione di base alla ricerca fruibile dalle diverse discipline e a offrire supporto operativo per coniugare con successo ricerca e clinica. Sinapsi Pag. 11 di 11