Consulenza alla persona e counseling

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Consulenza alla persona e counseling
Temi&Strumenti
Studi e Ricerche
ISBN 88­543­0298­8
L’Isfol, Istituto per lo sviluppo della formazione professionale
dei lavoratori, è un Ente pubblico di ricerca scientifica istituito
con D.P.R. n. 478 del 30 giugno 1973. L’Istituto opera in base
al nuovo Statuto approvato con D.P.C.M. del 19 marzo 2003 ed
al nuovo assetto organizzativo approvato con delibera del Con­
siglio di Amministrazione n. 12 del 6.10.2004.
Svolge attività di studio, ricerca, sperimentazione, documenta­
zione, informazione e valutazione nel campo della formazione,
delle politiche sociali e del lavoro, al fine di contribuire alla cre­
scita dell’occupazione, al miglioramento delle risorse umane,
all’inclusione sociale ed allo sviluppo locale. Fornisce consulen­
za tecnico­scientifica al Ministero del lavoro e delle politiche
sociali e ad altri Ministeri, alle Regioni, Province autonome e
agli Enti locali, alle Istituzioni nazionali pubbliche e private.
Svolge incarichi che gli vengono attribuiti dal Parlamento e fa
parte del Sistema statistico nazionale.
Svolge anche il ruolo di struttura di assistenza tecnica per le
azioni di sistema del Fondo sociale europeo, è Agenzia Naziona­
le per il programma comunitario Leonardo da Vinci, Centro
Nazionale Europass, Struttura nazionale di supporto all’ini­
ziativa comunitaria Equal.
Presidente
Sergio Trevisanato
Direttore generale
Antonio Capone
La collana Temi&Strumenti ­ articolata in Studi e Ricerche, Percorsi,
Politiche comunitarie ­ presenta i risultati delle attività di ricerca del­
l’Isfol sui temi di competenza istituzionale, al fine di diffondere le cono­
scenze, sviluppare il dibattito, contribuire all’innovazione e la qualifi­
cazione dei sistemi di riferimento.
La collana Temi&Strumenti è curata da Isabella Pitoni, responsabile
URP­Centro di Documentazione Specializzato Isfol.
2006 ­ ISFOL
Via G.B. Morgagni, 33
00161 Roma
Tel. 06445901
http://www.isfol.it
ISFOL
CONSULENZA
ALLA PERSONA
e COUNSELING
AMBITI DI INTERVENTO, APPROCCI,
RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR
ISFOL Editore
Il volume presenta i risultati di un lavoro di ricerca dell’Area “Sistemi e
Metodologie per l’Apprendimento” dell’ISFOL. L’attività si colloca all’in­
terno di una tematica nuova dell’Area, avviata nel corso del 2004, finaliz­
zata ad approfondire le tematiche dell’apprendimento degli adulti e delle
metodologie ed approcci oggi riconosciuti come fondamentali nei processi
formativi e di crescita personale e professionale.
Il volume è a cura di Gabriella Di Francesco.
Sono autori del testo:
Gabriella Di Francesco (introduzione; appendice 3)
Carla Ruffini (cap. 1)
Carla Ruffini e Vincenzo Sarchielli (cap. 2; appendici 1 e 2)
Gabriella Di Francesco, Carla Ruffini (cap. 3 e cap. 4).
Si ringrazia l’ASPIC (Associazione per lo Sviluppo Psicologico dell’Indi­
viduo e della Comunità) per il contributo informativo e la messa a dispo­
sizione di documenti internazionali sul tema.
Coordinamento editoriale della collana Temi&Strumenti:
Piero Buccione e Aurelia Tirelli.
Collaborazione di Paola Piras.
INDICE
INDICE
Introduzione
1. Consulenza alla persona e counseling: stato dell’arte
e prospettiva storica
1.1 Definizioni e concezioni di consulenza e counseling
1.2 Assunti espliciti e impliciti della consulenza e del counseling
in una prospettiva storica
7
13
13
21
2. Ambiti, approcci e metodi del counseling
2.1 Ambiti di intervento, contesti e tipologia di azioni del counseling
2.2 Approcci consulenziali
2.3 Metodi del counseling
29
29
45
62
3. Ruolo e competenze del counselor
3.1 Ruolo e funzione del counselor
3.2 Competenze “core” e competenze professionali specifiche
del counselor
67
67
4. Formazione del counselor
4.1 Il counseling nei paesi anglosassoni
4.2 Formazione del counselor: stato dell’arte delle scuole e dei corsi
di formazione nel nostro paese
89
89
72
91
Appendici
1. Glossario
2. The Professional Counselor (traduzione manuale americano)
3. La dimensione europea delle competenze e delle professioni
119
127
135
Bibliografia
145
5
INTRODUZIONE
INTRODUZIONE
I
l volume affronta un’analisi dei modelli e degli ambiti applicativi del
Counseling nel nostro paese e fornisce una prima riflessione relativa al
ruolo ed alle competenze della figura professionale del Counselor.
Il lavoro si situa nell’ambito delle ricerche dell’ISFOL relative al tema
delle competenze e dell’apprendimento formale, non formale e informa­
le, in stretto collegamento con i processi europei di comparazione e rico­
noscimento dei titoli e delle certificazioni.
Il primo e secondo capitolo entrano nel merito della storia e dei principali
approcci relativi al Counseling per fornire un quadro di riferimento rispet­
to alla sua evoluzione in Italia. La nascita del Counseling avviene, infatti,
negli Stati Uniti intorno alla metà degli anni Cinquanta, mentre in Europa
si sviluppa nel decennio successivo soprattutto in Gran Bretagna, nell’am­
bito dei servizi socio sanitari. La figura del Counselor in Italia risulta attual­
mente presente tra le nuove professioni previste dal Consiglio nazionale del­
l’economia e del lavoro (CNEL) rientrando in quel processo di riforma delle
professioni e di riconoscimento dei titoli avviato a livello europeo.
Nel terzo capitolo viene sviluppata una prima analisi delle competenze
professionali, “core e specifiche”, della figura del Counselor, nella pro­
7
INTRODUZIONE
Introduzione
spettiva di meglio identificare funzioni e competenze ritenute necessarie
per operare con professionalità nei diversi ambiti.
In Europa l’EAC (European Association for Counseling) rappresenta un
punto di riferimento per la definizione degli standard nel settore; in Ita­
lia questi sono considerati elementi di base per la professione del Coun­
selor sia dalla SICO (Società italiana di counseling) sia dal CNCP (Coor­
dinamento nazionale counselor professionisti), organismi che svolgono
un’azione di coordinamento e promozione di questa professione; l’ASPIC
(Associazione per lo Sviluppo Psicologico dell’Individuo e della Comu­
nità) rappresenta la prima scuola italiana di formazione di counselor pro­
fessionisti nei diversi settori applicativi ed ai vari livelli secondo gli stan­
dard definiti dall’EAC; progressivamente diverse scuole fanno oggi rife­
rimento all’EAC (cfr. paragrafo sulle scuole).
La definizione di parametri comuni (standard) è oggi sollecitata dagli
orientamenti e dalle direttive comunitarie che recentemente hanno forni­
to un nuovo quadro integrato di riferimento, portando a sintesi le nume­
rose normative riguardanti i diversi settori professionali. L’Unione Euro­
pea, con la direttiva 32/2005 e la proposta di realizzazione di un fra­
mework europeo in tema di qualificazione, ha posto infatti nuove sfide ai
paesi membri, richiamando l’esigenza di facilitare la leggibilità e la tra­
sparenza delle professioni (regolamentate e non) e dei relativi percorsi
formativi, e di rendere concretamente attuabile la mobilità dei cittadini
per studiare e lavorare in un altro paese. Una delle condizioni facilitanti
il riconoscimento e la comparabilità delle professioni e delle relative com­
petenze nei diversi campi professionali viene individuata nella promozio­
ne e definizione di piattaforme comuni di confronto sugli standard delle
diverse figure professionali, da realizzarsi attraverso accordi tra i paesi
europei1 ed attraverso il coinvolgimento degli attori interessati; istituzio­
ni, parti sociali, associazioni, ecc.
Sarà certamente questo un tema di forte attenzione del dibattito nei pros­
simi mesi che andrà ad accompagnare un processo più ampio di costru­
zione di un quadro nazionale sulle professioni e sulle competenze.
In Italia il processo di definizione degli standard nel sistema di istruzione
e formazione è ormai avviato su un piano costruttivo, coinvolgendo tutti
gli attori socio­istituzionali di livello nazionale e regionale. I percorsi di
Istruzione e Formazione Tecnica Integrata Superiore (IFTS)2 rappresen­
1 Direttiva
2
32/2005 ­ Consiglio europeo del 7 settembre 2005.
Sistema degli Standard minimi dell’IFTS adottati con l’Accordo Stato Regioni del 19
novembre 2002, nel contesto della messa a regime della filiera previsto sia dalla legge isti­
tutiva (144/99) sia dal Regolamento attuativo (436/2000).
8
INTRODUZIONE
tano uno dei primi esempi di definizione di standard nazionali di figura e
di competenza, elaborati tra il 2000 ed il 2002. Negli ultimi anni è impor­
tate richiamare il forte dinamismo del livello regionale; molte sono le
azioni di coordinamento e confronto in materia di standard professiona­
li e di certificazione delle competenze promosse dalle Regioni3.
Parallelamente a livello comunitario, gli obiettivi economici e sociali della
“società della conoscenza”4, definiti dal Consiglio europeo di Lisbona del
marzo 2000 e richiamati dal processo di cooperazione avviato nel 2002
(Bruges­Copenhagen)5, vanno disegnando un nuovo scenario che muove
intorno alla proposta di una meta­struttura delle qualifiche e delle certi­
ficazioni, nota come European Qualification Framework (EQF)6.
L’attuazione di questi obiettivi ambiziosi implica profondi processi di
riforma dei sistemi educativi e formativi da riorientare verso politiche di
lifelong learning, con una forte attenzione alle persone e ai processi indi­
viduali, organizzativi e sociali di apprendimento e di sviluppo culturale e
professionale.
La Risoluzione del Consiglio del 27 giugno 2002 ha ulteriormente raffor­
zato l’obiettivo di promuovere e coordinare, in stretta collaborazione con
rilevanti Organizzazioni Internazionali, quali il Consiglio d’Europa,
l’OECD e l’UNESCO, le azioni risultanti dalla Comunicazione della Com­
missione “Making a European area of lifelong learning a reality”. Il life­
long learning deve infatti configurarsi non tanto come un aspetto, bensì
come principio guida dei sistemi educativi e formativi europei, attraver­
so la creazione di un continuum di opportunità e di contesti di apprendi­
mento diversi per gli individui lungo tutto l’arco della vita. Allo stesso
modo, l’aggiornamento delle competenze degli educatori e dei formatori,
l’affermarsi di nuove figure e competenze professionali in grado di
accompagnare i processi di apprendimento “formali”, “non formali” e
“informali” risultano prerogative imprescindibili ai fini dello sviluppo dei
sistemi formativi in termini di qualità, equità e trasparenza.
3 Progetto
“Interregionale delle competenze” a cui aderisce la maggior parte delle Regio­
ni per definire modelli di riferimento in materia di standard professionali e di certifica­
zione comuni.
4 Consiglio
Europeo di Lisbona del 23 e 24 marzo 2000. Conclusioni della Presidenza.
5
Processo di Bruges­Copenhagen del 2002; Maastricht Communiqué on the future prio­
rities on enhanced european cooperation in vocational education and training, del 14
dicembre 2004.
6
Proposta relativa all’European Qualification Framework (2005). Draft della Commis­
sione relativo al sistema dei crediti ECVT (2006), Direttiva n.32/2005 relativa al mutuo
riconoscimento dei titoli.
9
Introduzione
INTRODUZIONE
Introduzione
Questo significa mettere al centro del sistema educativo formativo la
libertà di scelta, da parte degli individui, dei propri percorsi di istruzio­
ne e formazione, riconoscendo l’importanza dei servizi di supporto,
orientamento, consulenza, ricostruzione e valorizzazione dell’esperienza
e delle competenze, per motivare e facilitare l’accesso alle nuove oppor­
tunità formative e di lavoro. La valorizzazione delle competenze delle
persone, la predisposizione di modalità differenziate di accesso alla for­
mazione, la certificazione delle competenze ed un sistema di crediti for­
mativi diventano, oggi, fattori di garanzia del modello sociale europeo
perché la transizione verso la società conoscitiva assicuri una adeguata
inclusione e partecipazione sociale.
Le funzioni che in questo ambito svolge il Counseling sono molteplici, col­
legate da una parte al necessario cambiamento dei processi formativi (ad
es. l’adozione del principio del riconoscimento e della valorizzazione del­
l’apprendimento non formale ed informale), dall’altra focalizzate sulle
esigenze individuali di personalizzazione dei percorsi, di apprendimento
e di lavoro, di orientamento e supporto allo sviluppo della persona, e cen­
trate sul rispetto della persona e dei propri bisogni.
Non è un caso quindi che il Counseling, per la specificità delle funzioni
che può svolgere e per i metodi e gli approcci che utilizza, si sia afferma­
to negli ultimi anni in Italia nei diversi campi: la consulenza alla persona,
l’orientamento, la formazione, l’inserimento o il reinserimento lavorati­
vo, l’accompagnamento ai processi di sviluppo e di carriera, la cura della
persona, ecc.
• Il counseling e la consulenza individuale, nei diversi approcci e orien­
tamenti, rappresentano oggi una pratica d’intervento che risponde a
nuove esigenze sociali e individuali connesse al disagio esistenziale,
alla necessità di ricostruzione di situazioni problematiche, all’obietti­
vo di disporre di strategie operative nuove rispetto alla propria bio­
grafia ed esperienza individuale.
• Nell’ambito della ricerca psicosociale l’utilizzo di metodi ricostruttivi
delle “storie di vita” delle persone con la finalità di supportare lo svi­
luppo di apprendimento ed aumentare la consapevolezza da parte del­
l’individuo delle proprie risorse personali e professionali, il Counseling
costituisce una metodologia “qualitativa” di analisi ed intervento alla
base di molti studi accademici, scientifici, degli “addetti ai lavori”.
• Nella formazione, ed in particolare nell’educazione degli adulti, l’uti­
lizzo a fini didattici delle biografie personali in una logica “auto­rifles­
siva” e ricostruttiva, il Counseling consente di motivare/rimotivare le
persone e di avviare processi di autoconsapevolezza sugli obiettivi e le
finalità personali e di apprendimento.
10
INTRODUZIONE
• Nella consulenza organizzativa e nel Counseling professionale, la rico­
struzione della “storia” di una determinata organizzazione e/o di
“eventi” particolarmente significativi del suo percorso evolutivo o le
forme di supporto alla analisi ‘riflessiva’ da parte dei diversi attori
organizzativi (sui propri comportamenti, relazioni, risultati), o anco­
ra l’utilizzo della ricostruzione dell’esperienza lavorativa individuale
e della gestione del proprio ruolo lavorativo, il riconoscimento di cre­
diti, l’analisi dei fabbisogni formativi individuali, ecc., si stanno
diffondendo in modo consistente.
• Nell’orientamento e nei servizi per l’impiego, nella consulenza orien­
tativa e bilancio di competenze, nelle funzioni di orientamento, i meto­
di e la pratica del Counseling divengono sempre più diffusi tanto da
divenire attività essenziali per il raggiungimento degli obiettivi dei ser­
vizi stessi.
Per questi motivi il volume analizza i contesti e gli ambiti in cui si svilup­
pa e applica il Counseling ed in cui tale funzione si esplica per il tramite
di una relazione tra individui e operatori­esperti (professionalmente
diversi e ‘specifici’ a seconda dei contesti e delle finalità), che in genere
supportano e ‘strutturano’ prevalentemente lo stesso tipo di modalità
relazionale (relazione diadica; colloquio ‘faccia­a­faccia’, non direttività,
azioni supportive e di empowerment delle persone, anche se possono dar
luogo ad ‘esiti’ diversi: relazione di aiuto, interventi di counseling su
eventi/situazioni critiche, progetto personale, biografia individuale, per­
corsi formativi, ecc.).
L’ambito della consulenza/counseling professionale appare dunque oggi
chiaramente delineato e “specifico”, distinto sia dalla psicoterapia sia da
altri interventi che possiamo definire di “counseling aspecifico” e che
riguardano essenzialmente gli esiti non ricercati e non perseguiti intenzio­
nalmente di azioni ed interventi che, per la loro natura o per l’atteggia­
mento di chi li realizza, pongono in essere una relazione d’aiuto nei con­
fronti di uno o più soggetti.
A partire da queste considerazioni, gli ambiti per i quali è stato effettua­
to un approfondimento sono stati in particolare quello scolastico e forma­
tivo; lavorativo e organizzativo; socio sanitario; sociale e di comunità.
11
Introduzione
CAPITOLO I ­ CONSULENZA ALLA PERSONA E COUNSELING
CONSULENZA
ALLA PERSONA E
COUNSELING:
STATO DELL’ARTE
E PROSPETTIVA
STORICA
1.1 DEFINIZIONI
E CONCEZIONI DI CONSULENZA E COUNSELING
S
e si prescinde dalla consulenza di tipo individuale (o alla persona) in
ambito organizzativo, non sono molti i contributi della letteratura che
fanno riferimento alla voce consulenza e consulenza individuale, molto
più frequenti sono i contributi che si riferiscono al counseling (o counsel­
ling) nelle sue diverse accezioni e declinazioni.
Nel tentativo di dare una definizione “iniziale” e provvisoria di consulen­
za, distinguendola artatamente dal counseling, ci siamo avvalsi di alcune
osservazioni formulate a proposito della consulenza alla persona in ambi­
to organizzativo, per poi volgere la nostra attenzione alla letteratura sul
counseling e tentare una esplorazione panoramica del “campo”.
In realtà ci sembra di poter sostenere che sono numerose e importanti le
aree di sovrapposizione tra consulenza alla persona e counseling, prima
tra tutte la natura di relazione di aiuto attribuita ad entrambe nella let­
teratura e nelle pratiche, e che alcuni elementi di differenziazione riscon­
trabili debbano essere ascritti alla diversità degli approcci che caratteriz­
zano gli interventi consulenziali piuttosto che alla presenza di due catego­
13
1.1
Definizioni
e concezioni
di
consulenza
e counseling
CAPITOLO I ­ CONSULENZA ALLA PERSONA E COUNSELING
1.1
Definizioni
e concezioni
di
consulenza
e counseling
rie differenti, la consulenza alla persona e il counseling, “trattate” nella
teoria e nella pratica come oggetti diversi se pur prossimali e strettamen­
te correlati.
L’etimologia di consulenza ci fa risalire al verbo latino consulo, di cui ci
sembra importante cogliere nel Dizionario Latino­Italiano del Calonghi,
oltre ai più conosciuti significati di consultarsi, riflettere, domandare un
consiglio a qualcuno, il valore di aver cura, darsi pensiero, venire in
aiuto a qualcuno.
Dopo il doveroso riferimento etimologico, potremmo prendere l’avvio
dalla definizione di Consulenza (ingl. Counseling, ted. Beratung, fr. Con­
sultation) che fornisce Umberto Galimberti nel Dizionario di Psicologia
UTET. Il Counseling viene così definito: «Forma di rapporto interperso­
nale in cui un individuo che ha un problema, ma non possiede le cono­
scenze e le capacità per risolverlo, si rivolge ad un altro individuo, il con­
sulente, che, grazie alla propria esperienza e preparazione, è in grado di
aiutarlo a trovare una soluzione».
Parlando della consulenza centrata sul cliente nell’ambito delle strutture
consultoriali diffuse sul territorio, Galimberti sostiene che «questo inter­
vento si distingue dalla psicoterapia sia perché si rivolge a persone consi­
derate “normali”, sia perché non si fa carico del problema, ma offre sem­
plicemente un consiglio su come affrontarlo, lasciando al soggetto la piena
responsabilità delle sue azioni successive». Le altre tipologie di consulen­
za prese in esame sono la consulenza centrata sul collega, rivolta al per­
sonale sanitario, assistenziale o educativo che lavora con pazienti o con
persone in difficoltà, e la consulenza centrata sull’organizzazione.
Guardando ai contributi più significativi sviluppati sulla consulenza alla
persona in ambito organizzativo, è importante citare il contributo di
Schein (1989, 1992, 2001), secondo cui la funzione di consulenza si
sostanzia nel cercare di migliorare determinate situazioni aziendali per
mezzo di un processo che, in senso lato, può essere definito “aiutare
a…” e si fonda sulla consapevolezza da parte del consulente che svolge­
re il proprio ruolo significa essenzialmente svolgere un “intervento coa­
diuvante”.
Schein lega strettamente la sua concezione di consulenza ai costrutti di
processo e di relazione di aiuto, mettendo a punto e sistematizzando, in
particolare, un modello di consulenza denominata “consulenza di proces­
so” (vera e propria «filosofia dell’attività d’aiuto a persone, gruppi, orga­
nizzazioni e comunità»), distinta da altri modelli definiti “modello del­
l’acquisizione di informazioni o competenze (expertise)” e “modello
medico­paziente” (più coerenti, questi ultimi, con concezioni della consu­
lenza che si ispirano ad approcci meccanicisti o comportamentisti).
14
CAPITOLO I ­ CONSULENZA ALLA PERSONA E COUNSELING
Naturalmente nella realtà questi modelli non si danno come modelli puri,
ma spesso si presentano contaminati e talvolta, anzi, questa contaminazio­
ne è indispensabile per determinare una maggiore sintonia dell’intervento
consulenziale nella sua interezza rispetto all’ambiente in cui si opera e,
dunque, benefica per le sorti stesse della consulenza di processo.
In sintesi, la consulenza di processo è presentata come «un insieme di
attività, fornite dal consulente, che hanno lo scopo di aiutare il cliente a
percepire, capire e agire sugli eventi che si verificano nel suo ambiente»
ed è «il processo di consulenza stesso, quindi, ad aiutare il cliente a defi­
nire gli interventi diagnostici che consentiranno di impostare la corretta
sequenza di passi risolutivi». Si tratta di una consulenza “generativa”, la
cui premessa fondamentale è rappresentata dal fatto che il cliente “pos­
siede”, dall’inizio e durante tutto il processo di consulenza, la responsa­
bilità della osservazione e della “formulazione” attiva dei rimedi e che il
consulente svolge il ruolo fondamentale di sostegno al cliente nell’affina­
mento delle sue capacità di identificazione e risoluzione dei problemi
posti in consulenza senza mai “appropriarsene”, ma anzi incoraggiando­
lo ad assumersi la responsabilità finale della decisione operativa e delle
azioni da intraprendere.
La funzione di consulenza consiste, secondo Cassani (1987), nella
«instaurazione, gestione, risoluzione di un rapporto tra due entità che
decidono di interagire per analizzare e superare uno stato di disagio/biso­
gno dichiarato».
Perché un rapporto di consulenza possa instaurarsi, occorre che l’entità
che avanza la richiesta percepisca una situazione di difficoltà e senta
anche il desiderio di uscirne; tale entità deve inoltre provare “un senti­
mento di fiducia” tale da permettere di consegnare lo stato di disagio,
anche se non ben definito, alla seconda entità (il consulente). Una terza
condizione preliminare citata da Cassani ci ricorda infine la necessità che
da parte del consulente vi sia «un sentimento di possesso di capacità tec­
niche, operative e emotive per aiutare il cliente, o meglio per aiutare il
cliente ad aiutarsi».
Analizzando la funzione di consulenza nel lavoro socioeducativo, Rego­
liosi (2002) riprende la distinzione già formulata da Jaques nel 1947 tra
un “modello tecnocratico” (esemplificato dal tradizionale rapporto medi­
co­paziente, ovvero dalla relazione tra un cliente e un tecnico specialista
chiamato a svolgere una perizia), in cui le funzioni di diagnosi e di pre­
scrizione sono nettamente separate dall’azione, e un “modello collabora­
tivo”, caratterizzato da una stretta collaborazione tra cliente e consulen­
te, sia nella fase di osservazione, sia nella mobilitazione delle risorse e
nella implementazione delle soluzioni.
15
1.1
Definizioni
e concezioni
di
consulenza
e counseling
CAPITOLO I ­ CONSULENZA ALLA PERSONA E COUNSELING
1.1
Definizioni
e concezioni
di
consulenza
e counseling
Il consulente si propone dunque come facilitator (nell’accezione rogersia­
na), o meglio come io ausiliario, che accompagna il cliente nella rilettura
della situazione di malessere della propria realtà, individuando le risor­
se e le capacità di cui può disporre.
Pur affermando la preminenza del ruolo di facilitatore di processi, Rego­
liosi non esclude a priori che, all’interno di un percorso di consulenza,
possano esservi fasi o momenti che richiedono specifici contributi cono­
scitivi: in tali circostanze il consulente si troverà ad assumere anche la
funzione di “esperto”, per dotare i clienti di alcuni strumenti necessari
per affrontare in modo più consapevole il problema.
Il counseling (è in questa forma che è stato inizialmente proposto dai suoi
primi sostenitori e, in certo qual modo, fondatori, ma è ugualmente cor­
retta la forma counselling, usata soprattutto in Gran Bretagna), diffuso­
si inizialmente nella realtà angloamericana con l’apporto determinante di
Rogers e dei suoi allievi/epigoni (Carckhuff, ecc.), si è affermato in tempi
più recenti nel contesto europeo, attingendo copiosamente, se pur con
alcuni tratti distintivi, alla tradizione rogersiana.
Galimberti, nel già citato Dizionario di psicologia, dopo aver definito il
counseling «un’azione di sostegno terapeutico nella decisione, allo scopo
di creare le condizioni per un’autonomia decisionale», la cui finalità è
essenzialmente quella di «consentire all’individuo una visione realistica
di sé e dell’ambiente sociale in cui si trova ad operare, in modo da poter
meglio affrontare le scelte relative alla professione, al matrimonio, alla
gestione dei rapporti interpersonali con la riduzione al minimo della con­
flittualità dovuta a fattori soggettivi», cita Rogers a proposito della messa
a punto di una tecnica di counseling di gruppo.
La letteratura è unanime nell’attribuire a Rogers, nell’ambito della psi­
cologia umanistica, una paternità indiscussa per quanto riguarda le pra­
tiche di counseling, mutuando e valorizzando significativamente soprat­
tutto la parte più tecnica del suo contributo. Rogers stesso non si defini­
sce un teorico; i suoi enunciati sono soprattutto il risultato di una lunga
pratica e di un’intensa attività di sperimentazione, che tuttavia ha segna­
to in modo decisivo l’ambito di intervento del counseling:
• lo spostamento del baricentro della relazione sul cliente­persona e sui
suoi bisogni, a partire dall’ipotesi che l’individuo abbia in sé ampie
possibilità di comprendere se stesso, di modificare il proprio concetto
di sé e i propri atteggiamenti e di acquisire un comportamento autodi­
retto;
• l’attenzione alla comunicazione verbale e non verbale;
• il colloquio come strumento privilegiato; le predisposizioni che rendo­
no il counselor capace di entrare in sintonia con il suo cliente.
16
CAPITOLO I ­ CONSULENZA ALLA PERSONA E COUNSELING
La grande intuizione di Rogers, che qualcuno definisce una rivoluzione
copernicana nell’ambito della disciplina in questione, ha avuto così
importanti conseguenze soprattutto sul piano delle pratiche operative.
Folgheraiter riprende questa impostazione nell’introduzione all’edizione
italiana del libro di Mucchielli “Apprendere il counseling”: «Se una per­
sona si trova in difficoltà, il modo migliore di venirle in aiuto non è quel­
lo di dirle cosa fare…….quanto piuttosto quello di aiutarla a comprende­
re la sua situazione e a gestire il problema prendendo da sola e pienamen­
te la responsabilità delle scelte eventuali».
Guichard e Huteau (2001), distinguendo tra Career theories e Guidance
theories nell’ambito del counseling di orientamento, collocano l’impor­
tante contributo di Rogers in particolare nel secondo ambito, quello cioè
della ricerca di modalità di intervento consulenziale efficaci e dello svi­
luppo coerente di metodologie e tecniche appropriate.
Burnett (1977) definisce il counseling un processo di interazione tra due
persone, counselor e cliente, il cui scopo è quello di «abilitare il cliente a
prendere una decisione riguardo a scelte di carattere personale (ad esem­
pio come scegliere un lavoro o un corso di studi) o a problemi o difficoltà
speciali che lo riguardano direttamente»: si tratta in sostanza per il coun­
selor di attivare un insieme di abilità, atteggiamenti e tecniche per “aiu­
tare la persona ad aiutarsi”.
Nel 1985 l’Associazione Britannica di Counseling afferma che «si realizza
un intervento di counseling quando una persona, che riveste regolarmen­
te o temporaneamente il ruolo di counselor, offre o concorda esplicitamen­
te di offrire tempo, attenzione e rispetto ad un’altra persona, o persone,
temporaneamente nel ruolo di cliente. Compito del counseling è di dare al
cliente un’opportunità di esplorare, scoprire e chiarire dei modi di vivere
più fruttuosi e miranti ad un più elevato stato di benessere».
L’Associazione Europea di Counseling (EAC), a cui si ispira e fa capo
anche la SICo, la Società Italiana di Counseling e il CNPC, Coordina­
mento Nazionale dei Counselor Professionisti, ha adottato nel 1995
questa definizione: «Il counseling è un processo di apprendimento inte­
rattivo che si stabilisce tra uno (più) counselor e uno o più clienti, siano
essi individui, famiglie, gruppi o istituzioni, che affronta con metodo
olistico problematiche sociali, culturali, economiche e/o emotive. Può
occuparsi di come affrontare e risolvere problemi specifici, favorire i
processi decisionali, aiutare a superare le crisi, migliorare le relazioni,
agevolare lo sviluppo, accrescere la conoscenza e consapevolezza di sé e
permettere di elaborare sentimenti, pensieri e conflitti interni ed ester­
ni. L’obiettivo principale è quello di offrire ai clienti l’opportunità di
procedere, con modalità autonome, verso una vita più soddisfacente e
17
1.1
Definizioni
e concezioni
di
consulenza
e counseling
CAPITOLO I ­ CONSULENZA ALLA PERSONA E COUNSELING
1.1
Definizioni
e concezioni
di
consulenza
e counseling
piena di risorse, sia come individui che come membri di una società più
ampia».
L’Aspic (Associazione per lo Sviluppo Psicologico dell’Individuo e della
Comunità), una delle prime scuole di Counseling in Italia, ha individua­
to aspetti specifici del counseling nell’ambito dei processi atti a promuo­
vere ed operare sulla salute più che sulla patologia.
L’arte relazionale del counseling si fonda sull’abilità di offrire una forte
presenza attiva – «esserci consapevolmente», per entrare in contatto con
la sofferenza psichica ed il disagio emotivo ed esistenziale dell’altro, crea­
re una cornice sicura ed accogliente entro la quale il soggetto possa espri­
mersi e sentirsi accolto e contenuto, ed infine attivare le sue risorse intel­
lettuali ed emotive, insieme alla capacità di cambiamento e di adattamen­
to creativo (Giusti, Iannazzo, 1998).
Feltham e Dryden (1993) definiscono il counseling «una relazione fonda­
ta su principi e caratterizzata dall’applicazione di una o più teorie psico­
logiche e di un insieme riconosciuto di abilità comunicative», sostenendo
con decisione che l’ethos dominante della relazione di counseling è rap­
presentato dal sostenere e agevolare piuttosto che dal fornire consigli.
Allo stesso modo, riprendendo l’etimologia latina già ricordata in apertu­
ra e osservando come tale termine tenda potenzialmente ad assumere una
molteplicità di significati, Di Fabio (1999), al fine di risolvere l’equivoco
semantico a cui possono essere indotti i non addetti ai lavori, sostiene che
«counseling non significa dare consigli, consigliare», bensì, come suggeri­
sce la più illuminata letteratura di settore, offrire alla persona che frui­
sce dell’intervento «l’opportunità di esplorare, scoprire e render chiari
gli schemi di pensiero e di azione, per vivere più congruentemente, vale a
dire aumentando il proprio livello di consapevolezza, facendo un uso
migliore delle proprie risorse rispetto ai propri bisogni e desideri e per­
venendo a un grado maggiore di benessere».
Introducendo la presentazione delle pratiche di bilancio di competenze,
uno tra i più noti dispositivi utilizzati nel career counseling, Ruffini e
Sarchielli (2001) affermano che «in una relazione di counseling si pone in
essere un processo di conoscenza e di apprendimento, attraverso il quale
risulta possibile per la persona riorganizzare, rimuovere o modificare gli
ostacoli cognitivi, emotivi e affettivi che limitano un percorso autonomo
di progettazione e di affrontamento di un problema sia esso personale o
professionale».
Nel filone del counseling realizzato in ambito aziendale e organizzativo in
generale, Reddy (1987) definisce il counseling come «un insieme di tecni­
che, abilità e atteggiamenti per aiutare le persone a gestire i loro proble­
mi utilizzando le loro risorse personali» e Borgogni e Petitta (2003),
18
CAPITOLO I ­ CONSULENZA ALLA PERSONA E COUNSELING
distinguendo gli ambiti e le modalità di intervento del counseling e del
coaching, parlano del counseling come di un’opportunità vincolata ad
una richiesta e sostengono che è «a partire dalla domanda, dalle aspetta­
tive e dalla relazione che si istituisce per promuovere la presa di coscien­
za delle proprie abituali modalità di comportamento, di pensiero e di
relazione nel contesto organizzativo» che si creano i presupposti per
poter realizzare un intervento di counseling. Secondo le autrici il contri­
buto di Rogers è stato particolarmente significativo dal punto di vista
della sensibilizzazione alla relazione interpersonale ma limitato su altri
versanti (ad esempio il rapporto tra soggetto e contesto, le emozioni che
caratterizzano la relazione tra sé e l’altro). Su questi aspetti rinviano al
modello dell’analisi della domanda messo a punto da Carli (1993) e alla
teoria clinica della RET (Rational Emotional Therapy, Ellis 1962 e 1993)
nell’ambito della prospettiva cognitivista, al fine di individuare approcci
teorici e modalità di intervento in grado di far fronte a specifici problemi
che possono essere oggetto di una richiesta di counseling.
Dopo aver cercato di definire la consulenza e il counseling e aver riscon­
trato una sostanziale identità delle pratiche definite nell’uno o nell’altro
modo, vorremmo individuare gli elementi di differenziazione rispetto a
pratiche contigue o che si realizzano negli stessi ambiti, ma che riteniamo
avere una natura sostanzialmente diversa.
La consulenza alla persona/counseling si distingue dalla consulenza di
contenuto (consulenza organizzativa, ecc.) perché, anche quando si attua
su problematiche specifiche (problematiche di scelta, di decisione, ecc.),
considera la relazione e il processo fattori essenziali nella determinazione
del suo statuto teorico e del suo agire operativo.
La consulenza alla persona/counseling si differenzia dalla psicoterapia
perché interviene in quelle situazioni che non richiedono una ristruttura­
zione profonda della personalità, ma che consentono di attivare nella
persona che ne fa richiesta tutte le risorse per trovare la soluzione a pro­
blematiche di diversa natura che la persona intende affrontare.
Anche la distinzione originaria di Rogers, ripresa da Mucchielli, tra psi­
coterapia, case work e counseling rende visibili, pur nella sua semplicità,
le differenze tra diversi tipi di interventi di aiuto. In tale distinzione sono
considerati la natura e i tipi di problemi da risolvere e la gamma di risor­
se personali o psicosociali utilizzate nel processo di produzione di una
“risposta” di aiuto. La psicoterapia riguarderebbe problemi inerenti il
disagio psichico e utilizzerebbe le risorse personali o psicosociali come
fattori essenziali del processo di risoluzione; il case work riguarderebbe
problemi inerenti aspetti concreti della vita sociale e utilizzerebbe risor­
se concrete utilizzabili o attivabili nel contesto reale; il counseling riguar­
19
1.1
Definizioni
e concezioni
di
consulenza
e counseling
CAPITOLO I ­ CONSULENZA ALLA PERSONA E COUNSELING
1.1
Definizioni
e concezioni
di
consulenza
e counseling
derebbe problemi inerenti aspetti concreti della vita sociale, ma utilizze­
rebbe le risorse personali o psicosociali dell’individuo nel processo di
produzione di una risposta utile e soddisfacente per sé. Il counseling in
questa prospettiva diviene il processo attraverso il quale l’individuo è
aiutato a ridefinire i problemi, individuare gli obiettivi, delineare i per­
corsi di risoluzione, prendere le decisioni, sviluppando autonomia e
capacità di gestione del proprio processo di sviluppo e di apprendimento.
Potremmo rappresentare in questo modo la collocazione (il posiziona­
mento) della consulenza alla persona/counseling rispetto ad altre azioni
di aiuto, che per un verso o per l’altro possono essere assimilate alle pra­
tiche consulenziali di cui ci occupiamo.
Relazione
PSICOTERAPIA
COUNSELING
Area specifica
del counseling
20
CONSULENZA
DI CONTENUTO/
EXPERTISE
Contenuti
Informazioni
Metodi
CAPITOLO I ­ CONSULENZA ALLA PERSONA E COUNSELING
1.2 ASSUNTI
ESPLICITI E IMPLICITI DELLA CONSULENZA E DEL COUNSELING
IN UNA PROSPETTIVA STORICA
Ma quali sono le teorie che ispirano le pratiche di consulenza e counse­
ling attualmente più diffuse (e in qualche caso emergenti) e dunque gli
assunti concettuali (più o meno impliciti, più o meno esplicitati) che sot­
tendono tali pratiche?
Il punto di avvio (anche in questo caso non unico) che scegliamo per svi­
luppare la nostra riflessione sono i concetti sistemici introdotti da Bate­
son (1950­1960), la cui applicazione incrina gli approcci alla terapia e alla
consulenza ispirati ai modelli meccanicistici “causa­effetto” di derivazio­
ne newtoniana e cartesiana, che, procedendo attraverso scansioni anali­
tiche degli oggetti in esame, li frammentano nelle componenti costitutive
osservate isolatamente e ricercano poi tra queste rapporti di causalità
lineare. Si tratta, in estrema sintesi, degli approcci di tipo deterministi­
co, ispirati al comportamentismo più rigido e/o fondati essenzialmente su
logiche di eterodirettività.
Faremo riferimento in seguito ai mutamenti intervenuti sia nelle pratiche
terapeutiche che in quelle consulenziali, considerando lo stretto intreccio
spesso creatosi tra le due tipologie di intervento, le influenze reciproche
e naturalmente la non sempre agevole delimitazione degli ambiti di inter­
vento.
Possiamo individuare almeno tre assunti fondamentali alla base del para­
digma sistemico.
• L’individuo viene considerato come un sistema aperto capace di auto­
regolazione, in interscambio continuo con l’ambiente: l’unità di studio
(“l’unità di sopravvivenza” di Bateson) non è più l’individuo isolato,
ma l’individuo più l’ambiente/contesto.
• L’interscambio che avviene tra l’individuo e il suo contesto non è uno
scambio di energia, ma di informazione, il che implica la norma di
“retro­azione” e quindi di circolarità: lo studio dei comportamenti
umani viene assimilato a quello della comunicazione (comportamenti
comunicativi adeguati e coerenti con le particolari modalità interatti­
ve del contesto).
• Riguardo la concezione dei processi mentali, la mente, a differenza di
quanto sostenuto dalla dicotomia cartesiana, non è separabile dal soma,
ma si identifica con la stessa dinamica dell’auto­organizzazione sistemi­
ca, assumendo anzi il carattere di metafunzione che, a livelli di comples­
sità superiori, acquista la tipica qualità non spaziale e non temporale che
noi attribuiamo alla mente tradizionalmente intesa. Inoltre la mente non
è interamente identificabile con l’individuo, ma investe anche vie e mes­
21
1.2 Assunti
espliciti e
impliciti
della
consulenza
e del
counseling
in una
prospettiva
storica
CAPITOLO I ­ CONSULENZA ALLA PERSONA E COUNSELING
1.2 Assunti
espliciti e
impliciti
della
consulenza
e del
counseling
in una
prospettiva
storica
saggi che connettono individuo e ambiente, non separabili. In questa
visione sistemica, che diventa realmente ecologica, l’individuo non si
adatta a un ambiente dato ma co­evolve insieme ad esso e l’attenzione
posta ai processi mentali è riferita in modo precipuo al concetto di infor­
mazione piuttosto che di energia, come è invece nella psicanalisi.
Ma le prime applicazioni del modello sistemico alla terapia e alla consu­
lenza non hanno ancora la capacità di trarre dall’originale ispirazione
batesoniana le più feconde conseguenze in termini di approcci operativi e
pratiche d’intervento.
Si tratta sostanzialmente di applicazioni di modelli ispirati alla ciberneti­
ca “prima maniera”, fortemente centrati su concetti di auto­correzione e
di omeostasi piuttosto che di potenzialità evolutive, sulla pragmatica delle
interazioni osservabili piuttosto che sulla semantica delle comunicazioni
e quindi sul complesso dei significati e di ciò che di più propriamente
mentale esiste negli individui e nei sistemi umani, sulla possibilità che il
consulente dia del sistema trattato una descrizione “oggettiva” piuttosto
che sulla inevitabilità di una interazione co­partecipativa tra il consulen­
te e il sistema stesso (Watzlawick, Beavin, Jackson, 1971). L’epistemolo­
gia sistemica di riferimento è dunque riduttiva e ancora influenzata dal
modello meccanicistico.
Negli ultimi decenni, in particolare nel decennio di fine secolo, tale epi­
stemologia è stata sottoposta ad importanti revisioni grazie a ricerche
effettuate in campi estranei alle scienze del comportamento, alle scienze
cognitive e alla psicologia in una prospettiva di integrazione tra vari
campi del sapere, che hanno portato al riconoscimento di realtà comples­
se e alla messa a punto di una sorta di “scienza della complessità” inter­
disciplinare (trasversale).
Accenniamo brevemente agli aspetti essenziali di questa revisione meto­
dologica.
1. Il riconoscimento e la valorizzazione nei sistemi non solo di tendenze
al mantenimento dell’equilibrio, ma anche di potenzialità evolutive
verso direzioni spesso del tutto imprevedibili (passaggio da un model­
lo omeostatico a un modello evolutivo).
Nella descrizione dei sistemi umani come circuiti di retroazione nega­
tiva, ripetitivi e immutabili, descrizione che contrasta con la stessa
visione di von Bertalanffy dell’uomo come “sistema attivo di persona­
lità”, si perde infatti l’aspetto fondamentale costituito dalla dimensio­
ne diacronica del tempo: il sistema è sempre uguale a se stesso e dun­
que è un sistema senza storia.
22
CAPITOLO I ­ CONSULENZA ALLA PERSONA E COUNSELING
Le ricerche e gli studi sui sistemi non statici, ma permanentemente
dinamici, esposti a oscillazioni o “fluttuazioni” (“sistemi lontani dal­
l’equilibrio”, Prigogine, 1980 e 1988) danno un contributo decisivo
alla revisione di tale approccio.
In particolare, il concetto di fase critica, definita “biforcazione”, oltre
la quale può avviarsi un cambiamento di stato verso direzioni ed esiti
che non sono prevedibili a priori, consente di evidenziare tendenze
evolutive sostenute da continue interazioni circolari di feed back nega­
tivi e positivi che garantiscono l’evolutività del sistema. Il concetto di
“feedback evolutivo” sta a significare che il sistema non è mai uguale
a se stesso.
Questa concezione reintroduce nel sistema la dimensione tempo: la
“freccia del tempo” di Prigogine indica la direzione evolutiva del siste­
ma e determina la sua irreversibilità. Riacquista rilievo una storia del
sistema che, tra ridondanze e differenze tra loro interrelate ma mai
identiche a se stesse, segna il suo sviluppo nella prospettiva del tempo.
In questo “rinnovamento” epistemologico possiamo cogliere almeno
due implicazioni relative al processo di consulenza.
• Il problema o tema affrontato in consulenza non è più considerato
come elemento che tende a rinforzare l’omeostasi patologica del
sistema, bensì come momento di estrema instabilità del sistema
stesso, punto di “biforcazione”, oltre il quale diverse direzioni sono
possibili e quindi anche l’evoluzione verso più maturi livelli di svi­
luppo.
• Viene reintrodotta nel sistema la dimensione diacronica del tempo,
che non solo restituisce al sistema l’appartenenza a una storia,
ristoricizzando il problema stesso, ma recupera il valore del passa­
to non già come “causa” del presente secondo una piatta prospetti­
va causalistica, ma come il passato che “è” nel presente e continua
a vivere nel presente, ad esempio attraverso le rappresentazioni di
sé e le rappresentazioni sociali. Ciò consente di recuperare anche
la prospettiva della multidimensionalità dei processi mentali.
2. L’impossibilità di mantenere una distinzione rigida, quando si affron­
ta il problema delle relazione consulenziale, tra osservatore e osserva­
to, tra consulente e sistema da trattare: dal momento in cui interagi­
scono, osservatore e osservato non possono che essere reciprocamente
“osservanti” e quindi costituire, nel loro insieme, un sistema “auto­
osservante”: passaggio da un modello dei sistemi “osservati” a un
modello dei sistemi “osservanti” o “auto­osservanti”.
Dopo il contributo di Bateson agli inizi degli anni 50, è importante richia­
mare la cibernetica “di secondo ordine” (von Foerster, 1974) e gli studi
23
1.2 Assunti
espliciti e
impliciti
della
consulenza
e del
counseling
in una
prospettiva
storica
CAPITOLO I ­ CONSULENZA ALLA PERSONA E COUNSELING
1.2 Assunti
espliciti e
impliciti
della
consulenza
e del
counseling
in una
prospettiva
storica
biologici, con implicazioni inerenti le scienze cognitive e la filosofia, di
Maturana e Varela (1985) sulla auto­referenzialità dei sistemi, le rifles­
sioni di Bocchi, Ceruti, ecc. (1985) sulla “scienza della complessità”.
Si esplicita in modo diretto la “circolarità costruttiva” tra osservatore
e sistema osservato e ne discende, per quel che riguarda la consulen­
za, che il “sistema consulenza”, essendo il consulente inevitabilmente
partecipe della propria osservazione, è a tutti gli effetti un sistema
auto­osservante e auto­referenziale. Paradossalmente, solo facendone
parte il consulente può conoscere il sistema che osserva e, anzi, con­
tribuisce egli stesso a “costruire” la realtà descritta dando luogo a un
tipo di osservazione che non si può in alcun caso definire oggettiva.
Il passaggio da un’epistemologia della rappresentazione a un’episte­
mologia della costruzione, da un’epistemologia dei sistemi osservati a
un’epistemologia dei sistemi auto­osservanti comporta alcune impor­
tanti conseguenze che riguardano da vicino le problematiche di cui ci
occupiamo.
• Per quanto riguarda il processo di conoscenza, il consulente,
abbandonato il mito della neutralità e della separatezza, ancora
presenti nei modelli riferiti alla prima cibernetica, abbandona
anche la pretesa di una conoscenza oggettiva della “realtà”, ogget­
to di consulenza, intesa come “verità assoluta”.
• Per quanto attiene poi il processo di consulenza, il consulente, per­
dendo la sua posizione di distanza e di “estraneità”, deve anche
rinunciare alla pretesa di controllare il processo e di prevederne gli
esiti. La sua funzione diventa soprattutto quella di introdurre nel
sistema elementi di maggiore complessità, di accrescere le possibi­
lità di scelta rispetto alla visione univoca e stereotipata che il “siste­
ma soggetto” ha della propria realtà, in modo che possa riconside­
rarla e rimettere in moto il processo evolutivo. Ma sarà lo stesso
sistema a “creare” le forme e le direzioni, del tutto imprevedibili,
del proprio cambiamento, diventandone a tutti gli effetti l’artefice.
Le influenze essenziali esercitate dai “movimenti” di pensiero descritti sul
rinnovamento delle pratiche si possono sintetizzare nel modo seguente.
• La reintegrazione nel sistema della dimensione della temporalità intro­
duce nella consulenza una più complessa articolazione di livelli, tra
loro circolarmente correlati. Al livello sincronico dei comportamenti
agiti nel qui e ora si collega il livello diacronico della storia e dei suoi
significati; alla fenomenologia delle interazioni attuali si associa l’e­
splorazione dell’immagine o della “rappresentazione simbolica” che il
sistema ha di se stesso.
24
CAPITOLO I ­ CONSULENZA ALLA PERSONA E COUNSELING
• L’integrazione dell’osservatore nel proprio campo d’osservazione solle­
cita a sostituire atteggiamenti e tecniche di tipo “istruttivo” o prescritti­
vo con altre di tipo “dialogico”, che propongono piuttosto ridefinizioni
della situazione, cioè visioni alternative della realtà rispetto a quelle ste­
reotipiche veicolate dal soggetto, riattivandone le autonome potenzialità
creative. Questa concezione auto­referenziale, che riconosce capacità
creative e autonomia al sistema, spoglia dunque il processo di consulen­
za di ogni possibile finalità di manipolazione e di controllo, ma allo stes­
so tempo, considerando il consulente come co­costruttore della realtà
consulenziale, gli affida nuove responsabilità e una funzione per così
dire “etica” che contempla responsabilità sia sul piano del riconosci­
mento dei temi proposti dalla relazione con il soggetto sia su quello del­
l’evoluzione e dell’individuazione di strategie di soluzione.
L’epistemologia della “complessità” porta naturalmente nuova linfa alla
visione sistemica delle problematiche della consulenza, contribuendo con
solide argomentazioni al superamento delle strettoie dei diversi riduzio­
nismi, attraverso il riconoscimento di una molteplicità complessa di livel­
li del reale che, nella loro autonomia, si propongono però come comple­
mentari e circolarmente correlati (Morin, 1983).
Il passaggio dal concetto di un universum indipendente a quello di multi­
versa interdipendenti nel loro co­evolvere, in cui ogni realtà (versum) è
valida in ugual misura e irriducibile allo stesso tempo, prefigura una plu­
ralità di possibili mondi e realtà personali, la cui esistenza dipende dalle
distinzioni effettuate da un osservatore. La realtà viene dunque concepi­
ta, piuttosto che come entità univoca e oggettivamente data, come una
fitta trama di processi multidirezionali che, pur essendo strettamente
interconnessi, si articolano simultaneamente lungo livelli di interazione
multipli e irriducibili l’uno all’altro (Maturana e Varela, 1987).
In virtù della correlazione ricorsiva dei molteplici livelli in gioco, ai clas­
sici rapporti di opposizione dicotomica di derivazione cartesiana, si sosti­
tuiscono rapporti di complementarità e a una logica disgiuntiva del tipo
o/o (intrapsichico o relazionale; mondo interno o mondo esterno; indivi­
duale o sociale, ecc.) si sostituisce una logica di articolazioni dialettiche
del tipo e/e.
L’osservatore, a sua volta, non più esterno all’oggetto che osserva, intro­
duce in questo fluire di processi multidirezionali e interconnessi un ordi­
ne autoreferenziale che non riflette le qualità intrinseche dell’oggetto per­
cepito, ma si fonda su un ordine percettivo che nasce dal continuo inte­
ragire dell’osservatore con se stesso e con il mondo (relatività storica dei
processi di conoscenza e loro natura interattiva e costruttiva).
25
1.2 Assunti
espliciti e
impliciti
della
consulenza
e del
counseling
in una
prospettiva
storica
CAPITOLO I ­ CONSULENZA ALLA PERSONA E COUNSELING
1.2 Assunti
espliciti e
impliciti
della
consulenza
e del
counseling
in una
prospettiva
storica
La conoscenza, come risultato di una interpretazione, si origina da un
processo continuo di regolazione tra l’esperire e lo spiegare, grazie al
quale il fluire dei pattern di esperienza immediata diventa passibile di
distinzioni e riferimenti, dando luogo a un riordinamento in grado di tra­
sformare l’esperienza stessa di quei pattern (Guidano, 1992).
Una epistemologia della complessità implica dunque il riconoscimento di
una pluralità di modelli di interpretazione del reale, nella consapevolez­
za che nessuno di essi può proporsi come modello “onnicomprensivo”,
capace di contenere e giustificare la complessità del reale.
Naturalmente la caduta del mito del modello non risparmia neppure il
modello sistemico, che, come del resto dimostra l’evoluzione delle sue for­
mulazioni, non può certamente proporsi come punto di riferimento esau­
stivo, ma soltanto fornire una trama metodologica nella quale possano
essere utilmente e circolarmente correlati elementi e livelli diversi di
realtà, ognuno dei quali può presentare specificazioni proprie e richiede­
re specifici strumenti di interpretazione e di intervento. Nella prospetti­
va della complessità, il riconoscimento della molteplicità e dell’autonomia
dei livelli sistemici comporta, infatti, la possibilità di una molteplicità di
punti di vista, nel senso di “differenti posizioni di osservazione”.
L’opzione epistemologica del costruttivismo, soprattutto il cosiddetto
costruttivismo radicale, sostituisce al criterio della verità (epistemologia
positivista) quello della “percorribilità” o “viabilità” delle costruzioni
individuali, ritenute percorribili quando non sono ostacolate da vincoli
del mondo ontologico, ovvero quando conducono a un esito positivo l’a­
zione del soggetto. L’obiettivo del consulente diventa quello di compren­
dere insieme al soggetto la logica complessiva propria e peculiare di quel­
la persona che ha richiesto il suo intervento, stimolando in particolare
un’interrogazione su cosa le renda difficile conquistare in modo autono­
mo un proprio equilibrio sistemico e raggiungere i propri obiettivi di vita.
Si tratta di stimolare l’incremento delle capacità autoriflessive e metaco­
gnitive del soggetto sui propri processi sistemici per ricostruire le invali­
dazioni cui va incontro, utilizzandole per complessificare i propri proces­
si di conoscenza semantici, procedurali e affettivi.
Il processo circolare che porta il soggetto a costruire nuove spiegazioni e
soprattutto nuove comprensioni di sé dovrebbe avere come esito una più
piena accettazione delle proprie caratteristiche modificate e non modifi­
cate del sé e una rilettura della propria storia, nella consapevolezza che
ciò che conta non è la capacità di costruire rappresentazioni vere della
“realtà” affrontata in consulenza, quanto piuttosto il fatto che queste
rappresentazioni costituiscano dei modelli percorribili di questa stessa
realtà.
26
CAPITOLO I ­ CONSULENZA ALLA PERSONA E COUNSELING
Ma nelle pratiche di consulenza non può esserci soltanto lo “sguardo”
concettuale ed è necessario integrare al punto di vista epistemologico i
punti di vista narrativo­metaforico e fenomenologico. La narrazione
implica il valore etico e l’etica, intesa come realtà esistenziale, si offre
come modalità di conoscenza co­soggettiva che si impone con le sue evi­
denze esperienziali e non può essere “costretta” in rigidi confini concet­
tuali. Il valore etico può rappresentare un criterio di grande validità ope­
razionale nell’essere nel mondo: la conoscenza e la valutazione storica
dell’esperienza sono congrue all’essere nel tempo, cioè a quella dimensio­
ne di passato­presente­futuro che permette di analizzare, volere, proget­
tare, realizzare e valutare la propria “opera”, scrivendo la propria sto­
ria (meglio, le proprie storie) con una prosa consapevole e attiva (Heideg­
ger, 1976).
Ed è allo stesso modo vitale arricchire lo sguardo epistemologico (valore
concettuale) e quello narrativo (valore metaforico ed etico) con la visione
fenomenologica, le sue specificità e i suoi “valori”. Conoscere fenomeno­
logicamente significa stare dentro l’esperienza (la radura nel bosco di
Heidegger) senza costringerla nel gioco delle concettualizzazioni e dei
rimandi infiniti, del reperimento minuto e analitico dei significati, alla
ricerca di un senso immanente e intrinseco agli eventi, alle persone, alle
“cose”.
Nelle pratiche di consulenza il punto di vista fenomenologico ci preserva
da un utilizzo improprio della conoscenza concettuale, che degradi gli
essenti, cioè le persone, a meri enti, richiamandoci alla necessità di un
forte ancoraggio dei concetti all’esperienza dei soggetti.
In un processo di consulenza che si sostanzi in atti e parole privi di preoc­
cupazione per il loro valore esperienziale/esistenziale e per il loro “senso”
etico, è in agguato il rischio di tradire gli assunti dell’etica del dialogo che
sta alla base di ogni intervento professionale di aiuto, dando vita ai rappor­
ti truffaldini denunciati da Wittgenstein nelle sue Lezioni e conversazioni.
27
1.2 Assunti
espliciti e
impliciti
della
consulenza
e del
counseling
in una
prospettiva
storica
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
AMBITI, APPROCCI
E METODI
DEL COUNSELING
2.1 AMBITI DI INTERVENTO, CONTESTI E TIPOLOGIA DI AZIONI DEL COUNSELING
I
l campo che denominiamo consulenza alla persona/counseling e che,
pur tra complesse difficoltà concettuali e terminologiche, stiamo tentan­
do di “mappare”, ci sollecita ad un tentativo di distinzione tra aree diver­
samente caratterizzate, che può rivelarsi preziosa nell’esplorazione e
nella rappresentazione che stiamo cercando di dare dell’oggetto in que­
stione. Riteniamo che possa avere una ragion d’essere la distinzione che
proponiamo tra le seguenti aree:
1. attività intenzionali, focalizzate e finalizzate, che costituiscono l’area
specifica e riconosciuta del counseling;
2. attività in tutto o in parte assimilabili al counseling, ma che non ven­
gono denominate e riconosciute come tali;
3. effetti indiretti di altre azioni che non sono counseling (funzione aspe­
cifica di counseling).
Sono numerose le situazioni in cui, in assenza di un intervento intenzio­
nale, si mette in atto in modo spontaneo una relazione di aiuto, perché
29
2.1 Ambiti
di
intervento,
contesti e
tipologia di
azioni del
counseling
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
2.1 Ambiti
di
intervento,
contesti e
tipologia di
azioni del
counseling
insita nell’assetto disposizionale di chi la agisce e/o perché potenzialmen­
te presente nella situazione in cui ci si trova ad operare, determinando un
“effetto counseling”.
Ma l’ambito della consulenza/counseling professionale appare nettamente
distinto da quest’area che possiamo definire di “counseling aspecifico” e
che riguarda essenzialmente gli esiti non ricercati e non perseguiti intenzio­
nalmente di azioni ed interventi che, per la loro natura o per l’atteggiamen­
to di chi li realizza (attori e fruitori) o per entrambe le cose insieme, pon­
gono in essere una relazione d’aiuto nei confronti di uno o più soggetti.
Nella tabella che segue tale distinzione di aree è stata tradotta in una dif­
ferente collocazione attribuita a figure che esercitano una funzione speci­
fica di counseling, svolgendo un’azione intenzionale e connotata in tal
senso, e ad altre che invece mettono in atto una relazione d’aiuto, eserci­
tando una funzione aspecifica di counseling.
Questa distinzione fa riferimento ad ambiti e contesti diversi ed è in relazio­
ne, da un lato, ai tipi di azioni di consulenza realizzate e, dall’altro, ai
temi/fuochi che di tali azioni costituiscono gli oggetti di interesse prevalente.
Sono stati presi in considerazione quattro ambiti:
• scolastico e formativo
• lavorativo e organizzativo
• socio sanitario
• sociale e di comunità.
30
Lavorativo
e organizzativo
Scolastico
e formativo
AMBITI
• Orientamento
• Counseling
• Transizione al lavoro
orientamento
• Tirocini
• Counseling
psicologico
• Socializzazione
organizzativa
• Sviluppo
competenze/
Formazione
• Carriera
Università
Aziende pubbliche
e private
•
•
•
•
Manager
Coach
Formatore
Professional
• Docente
• Tutor
segue
• Formatore
• Tutor
• Psicologo
• Psicologo
• Orientatore
• Insegnante
• Tutor
• Mediatore
interculturale
• Assistente sociale
FUNZIONE
DI COUNSELING
ASPECIFICA
• Psicopedagogista
• Psicologo scolastico
• Orientatore
FUNZIONE
DI COUNSELING
SPECIFICA
• Career counseling
• Psicologo del lavoro
• Counseling psicologico • Career counselor
• Bilancio
e Consulente
di competenze
di bilancio
Apprendimento
• Counseling
Competenze
di orientamento
Orientamento
• Counseling
Transizione al lavoro
psicopedagogico
Strategie formative
Disagio
•
•
•
•
•
•
Formazione
professionale
TIPI DI AZIONI
• Apprendimento
• Counseling
• Insegnamento
psicopedagogico
• Relazione: insegnanti • Counseling
allievi, insegnanti
di orientamento
genitori, insegnanti
• Counseling sociale
altri
pedagogico
• Orientamento
• Integrazione
• Disagio
TEMI/FUOCHI
PREVALENTI
Scuola
CONTESTI
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
31
2.1 Ambiti
di
intervento,
contesti e
tipologia di
azioni del
counseling
32
Ambito
socio­sanitario
Lavorativo
e organizzativo
• Transizione
al/ nel lavoro
• Carriera
Orientamento
• Transizione
al/ nel lavoro
• Carriera
Orientamento
• Disagio
• Malattia
• Effetti esperienze
traumatiche
• Lutto
• Prevenzione
• Mediazione familiare
• Mediazione
interculturale
Centri per l’impiego
Ospedali e servizi socio
sanitari (es. consultori,
distretti sociosanitari,
servizi socio sanitari
territoriali)
• Sviluppo
e apprendimento
organizzativo
• Conflitto
TEMI/FUOCHI
PREVALENTI
Società di consulenza
CONTESTI
• Orientatore
• Psicologo del lavoro
• Professional
• Psicologo del lavoro
• Career counselor
• Professional
FUNZIONE
DI COUNSELING
SPECIFICA
• Counseling psicologico • Psicologo clinico
• Counseling medico
e infermieristico
• Counseling per
le relazioni di coppia
e per la famiglia
• Art counseling
• Career
counseling
• Bilancio
di competenze
• Career counseling
• Counseling
psicologico
• Bilancio
di competenze
• Outplacement
• Career planning
• Outplacement
• Coaching
TIPI DI AZIONI
•
•
•
•
•
segue
Medico
Infermiere
Educatore
Assistente sociale
Mediatore culturale
FUNZIONE
DI COUNSELING
ASPECIFICA
2.1 Ambiti
di
intervento,
contesti e
tipologia di
azioni del
counseling
AMBITI
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
Ambito sociale
e di comunità
AMBITI
Servizi sociali
e Strutture private
CONTESTI
Inserimento sociale
Integrazione
Mediazione sociale
Mediazione familiare
Mediazione
interculturale
• Malattia
• Effetti esperienze
traumatiche
• Lutto
• Famiglia
• Scuola
• Lavoro
• “Svantaggio”
• Disagio
• Prevenzione
•
•
•
•
•
TEMI/FUOCHI
PREVALENTI
• Counseling
psicologico
• Counseling
per le relazioni
di coppia
e per la famiglia
• Art counseling
• Case management
TIPI DI AZIONI
• Psicologo clinico
• Counselor
di sostegno
• Counselor familiare
FUNZIONE
DI COUNSELING
SPECIFICA
• Educatore
• Operatore socio
assistenziale
• Mediatore culturale?
FUNZIONE
DI COUNSELING
ASPECIFICA
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
2.1 Ambiti
di
intervento,
contesti e
tipologia di
azioni del
counseling
33
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
2.1 Ambiti
di
intervento,
contesti e
tipologia di
azioni del
counseling
È sembrato utile, nella tabella presentata sopra, proporre questa artico­
lazione e differenziazione come meta criterio orientante la modalità di
analisi delle attività di aiuto presenti nei diversi contesti d’azione.
Nello schema è implicita l’idea di counseling come forma specifica di
aiuto che si distingue da altre forme di aiuto quali la psicoterapia e il case
work e, inoltre, l’idea che la specificità dell’azione di counseling sia da
ricercare nel rapporto tra i tipi di bisogni/problemi e i contesti in cui tali
problemi e bisogni si manifestano.
Per ognuno dei quattro ambiti si sono identificati i contesti nei quali sono
presenti attività riconducibili all’area del counseling e si è scelto nella
maggior parte dei casi di indicare il professionista che prioritariamente
esercita la funzione specifica, in quanto al momento attuale, nei contesti
individuati, non sembra essere diffusamente presente e socialmente rico­
nosciuta una “figura” definibile come counselor7.
Nell’area dell’orientamento e del career counseling, così come nell’ambi­
to sociale e di comunità, pur confermandosi la focalizzazione sul profes­
sionista che esercita in via prioritaria la funzione, sono tuttavia presenti
operatori che sembrano essere socialmente riconosciuti come counselor.
Lo schema propone inoltre una sintesi dei contenuti e dei fuochi che sono
riscontrabili in modo prevalente nei singoli contesti e delineano il campo
e i tipi di problemi affrontati o affrontabili nel counseling.
In ambito scolastico e formativo la funzione specifica di counseling sem­
bra essere prioritariamente esercitata dal pedagogista, dallo psicologo
scolastico e dall’orientatore. In particolare il counseling psicopedagogico
è finalizzato al miglioramento delle relazioni insegnanti allievi, insegnan­
ti genitori oppure delle relazioni tra gli stessi insegnanti. Nelle attività di
orientamento il counseling si esplica in particolare in attività individuali
di accompagnamento alla scelta o di sostegno alla definizione di un pro­
getto formativo e in interventi individuali finalizzati a contrastare even­
tuali problemi inerenti l’esperienza scolastica e formativa e/o a prevenire
l’insuccesso (modifica del percorso scolastico e formativo, sviluppo di
modalità adeguate di gestione dell’esperienza formativa, ecc.).
7
Secondo alcuni autori il counseling, inteso come processo di aiuto nel qui ed ora della
relazione, è patrimonio di differenti figure professionali quali il medico, l’infermiere, l’e­
ducatore, l’assistente sociale, il dirigente, ecc. Nella nostra analisi si è cercato di distin­
guere tra counseling specifico e aspecifico, riconoscendo, da un lato, la funzione di coun­
seling implicita in specifiche professioni di aiuto e cercando, dall’altro, di individuare nei
contesti analizzati attività intenzionalmente poste in essere, con una propria struttura,
metodologia e strumenti e con obiettivi di aiuto peculiari e specifici. Tale distinzione ha
tuttavia riproposto il tema di chi esercita concretamente la funzione (cfr. il par. scuole di
counseling).
34
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
In ambito lavorativo e organizzativo la funzione specifica è, di norma,
affidata allo psicologo del lavoro e in casi specifici, ad esempio nel caso di
azioni di cambiamento e sviluppo di carriera lavorativa e organizzativa,
al consulente di bilancio di competenze o al career counselor. Sembra
inoltre utile evidenziare che forme particolari di counseling sono propo­
ste come leve di sviluppo di specifiche competenze gestionali. In questo
caso il counseling rappresenta una modalità individuale di sostegno, di
sviluppo e di auto miglioramento delle competenze necessarie alla produ­
zione di comportamenti efficaci, efficienti e soddisfacenti per l’individuo
e per l’organizzazione e la funzione di counseling è esercitata da una plu­
ralità di professionalità tendenzialmente esperte in processi di apprendi­
mento. Nell’ambito dei servizi per l’impiego il counseling tratta temi e
problemi inerenti le transizioni al lavoro e nel lavoro ed è, di norma, eser­
citato dall’orientatore o dal counselor esperto in processi orientativi e di
sostegno all’inserimento lavorativo.
In ambito socio sanitario la funzione di counseling specifica, che rispon­
de a una particolare categoria di clienti e ai problemi per i quali il servi­
zio è attivo, può essere esercitata in maniera diffusa nel servizio dedica­
to in particolare dalle professionalità previste dalle normative di riferi­
mento. Ad esempio, in un consultorio la funzione può essere esercitata
dall’assistente sanitario, dallo psicologo, dall’assistente sociale, dal gine­
cologo, ecc. In generale, nei diversi settori la funzione di counseling è
attribuita prioritariamente allo psicologo clinico.
Analisi delle principali azioni di counseling realizzate in differenti
ambiti e contesti
In altre parti del volume sono state identificate le caratteristiche peculia­
ri degli interventi di consulenza individuale o di counseling. Sono stati
inoltre esplorati i principali approcci che orientano gli interventi concre­
ti e sono stati introdotti alcuni criteri generali attraverso i quali distin­
guere, nell’ampio panorama degli interventi di aiuto alla persona, quelle
attività definibili come counseling.
L’eterogeneità delle situazioni e delle modalità di gestione del processo di
counseling comporta anche una eterogeneità di approcci o orientamenti,
sia diversi modi di intendere e di porre in essere l’azione di caring da
parte dei diversi operatori coinvolti8.
8 È importante sottolineare che il counseling agito in situazioni reali sembra rappresenta­
re sempre l’esito di un processo di rielaborazione soggettiva da parte dell’operatore. Tale
processo di rielaborazione soggettiva non avviene evidentemente in un vuoto situaziona­
le ma è correlato ai processi di riconoscimento e legittimazione sociale della professione.
35
2.1 Ambiti
di
intervento,
contesti e
tipologia di
azioni del
counseling
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
2.1 Ambiti
di
intervento,
contesti e
tipologia di
azioni del
counseling
L’ampia e diversificata gamma degli interventi ha quindi reso necessario
l’identificazione e l’introduzione di alcuni macrocriteri attraverso i quali
poter operare una distinzione e una scelta delle attività che caratterizza­
no il counseling che abbiamo definito specifico.
Il counseling specifico è stato progressivamente rappresentato come un
percorso di consulenza e sostegno, posto in essere intenzionalmente,
attraverso il quale l’individuo è aiutato ad affrontare e risolvere i proble­
mi che un particolare contesto o una particolare situazione o condizione
gli pone. L’intenzionalità, la focalizzazione e la finalizzazione dell’inter­
vento su problemi/bisogni “concreti”, la strutturazione dell’intervento e
un sostanziale orientamento all’azione sono stati i macrocriteri di lettura
di questa complessa realtà.
In generale i diversi orientamenti condividono l’idea che si tratta di un
intervento specifico finalizzato a favorire lo sviluppo di una capacità di
gestione efficace dei propri spazi di azione e, contestualmente, di un
luogo di riflessione ed elaborazione di cui può disporre un soggetto per
affrontare, sostenere e risolvere i problemi che i diversi contesti possono
generare nel processo di socializzazione primaria e secondaria. Di norma
il counseling si articola in fasi o tappe che si caratterizzano per la presen­
za di specifiche attività il cui svolgimento rende possibile la realizzazione
del processo di aiuto. I contenuti trattati e oggetto di confronto e le atti­
vità specifiche di ogni fase sono correlati all’ambito di intervento e ai tipi
di problemi che in tale ambito possono presentarsi, alle caratteristiche
del cliente e al tipo di approccio utilizzato dal consulente. Le attività pre­
senti in ogni fase possono essere considerate elementi “attivatori” di un
processo di trasformazione e/o di apprendimento di nuove o rinnovate
modalità di integrazione con uno specifico contesto d’azione e di gestione
consapevole dei processi psicosociali in esso presenti9.
Al momento attuale, ciò che abbiamo definito counseling specifico può
tuttavia assumere forme differenziate in funzione dell’enfasi e dell’im­
portanza attribuita a specifiche fasi del processo.
Nel contesto italiano, tale professione si sta affermando solo di recente anche se non esi­
ste una tradizione consolidata su questa modalità di aiuto. Spesso la funzione è esercita­
ta da altre professioni e rappresenta una parte integrante e determinante della loro azio­
ne professionale.
9 Le competenze del consulente saranno trattate in altre parti del volume. Tuttavia è utile
ricordare che il consulente professionista esprime una elevata competenza in riferimento
al contesto e ai problemi che esso può generare. Le azioni di counseling specifico presup­
pongono la presenza di un consulente con una elevata padronanza della situazione ogget­
to di confronto.
36
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
Un percorso tipo può essere rappresentato nel modo che segue (pur
essendo consapevoli della semplificazione che la rappresentazione sinte­
tica produce, riteniamo tuttavia utile proporre uno schema di riferimen­
to che rende possibile, come affermato in precedenza, una necessaria
focalizzazione del campo di indagine).
Le attività presenti in un intervento di counseling10 possono essere
ricondotte a quattro fasi:
Accoglimento
Fa riferimento alle attività inerenti il coinvolgimento dell’individuo, la
realizzazione di uno “spazio di sicurezza e di accettazione”, la stipula
di un patto di consulenza e l’avvio di un percorso consulenziale.
Analisi del problema
Fa riferimento alle attività connesse alla descrizione e all’analisi del
problema portato in consulenza dalla persona. Può connotarsi come
attività di analisi della domanda e come occasione di ricostruzione dei
significati attribuiti dal soggetto alla situazione problematica proposta
nel percorso di consulenza.
Ampliamento e ristrutturazione
Fa riferimento alle attività inerenti l’elaborazione di modalità alterna­
tive di interpretare e affrontare la situazione problematica. Il consu­
lente introduce nuove chiavi di lettura della situazione problematica,
favorendo la costruzione di un nuovo modo di rappresentarla. In que­
sta fase possono essere introdotte nuove informazioni ritenute dal con­
sulente utili a catalizzare il processo di apprendimento.
Azione
Fa riferimento alle attività inerenti la definizione di un programma
concreto di azione. In questa fase si elaborano e si mettono in atto
azioni concrete di avvio del processo di risoluzione del problema.
10 Le fasi proposte non sono automaticamente sovrapponibili con le fasi individuate da
Carkhuff: Esse testimoniano lo sforzo di rintracciare nella diverse applicazioni concrete
una struttura tipica caratterizzante l’azione di counseling.
37
2.1 Ambiti
di
intervento,
contesti e
tipologia di
azioni del
counseling
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
2.1 Ambiti
di
intervento,
contesti e
tipologia di
azioni del
counseling
Un’altro importante percorso di Counseling è quello studiato da Perls
(1969) e dai suoi collaboratori (Goodman, Zinker e i Poster) che indivi­
dua le fasi del percorso o ciclo del contatto gestaltico. Ne sono state date
diverse definizioni: ciclo di autoregolazione, ciclo esperienziale o più glo­
balmente ciclo della Gestalt (Giusti, La Rosa, 2002).
La maggior parte fa riferimento al modello suddiviso in quattro fasi:
Ciclo della Gestalt
1° fase: Pre­Contatto
È in questa fase che si percepiscono i bisogni e si cominciano ad arti­
colare i desideri.
2° fase: Contatto
In questa fase il soggetto mette e a fuoco e simbolizza con maggiore
chiarezza il proprio bisogno e si prepara ad affrontare l’ambiente in
seguito ad una decisione responsabile.
3° fase: Contatto pieno
In questa fase l’azione del soggetto è unificata nel Qui ed Ora; esiste
coesione tra percezione, emozione e movimento.
4° fase: Post­contatto
È la fase di assimilazione che promuove la crescita. L’individuo inte­
gra l’esperienza in tutto il pregresso bagaglio della persona.
Tenendo in considerazione questi aspetti che ci sembrano caratterizzare
ogni intervento di counseling specifico, si ritiene importante proporre la
descrizione di alcune tra le azioni di counseling presenti nei diversi ambi­
ti e contesti, che ci sono sembrate rappresentative delle pratiche di coun­
seling identificabili e riconoscibili nel panorama italiano.
La descrizione sintetica esplicita: ­ i destinatari ­ i problemi/esigenze
oggetto di intervento specifico ­ le attività svolte ­ gli strumenti utilizzati.
38
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
Ambito scolastico/formativo
Counseling “psicopedagogico”
Si tratta di un intervento individuale di tipo preventivo rivolto agli stu­
denti della scuola superiore che manifestano difficoltà scolastiche o pro­
blemi connessi alla crescita o all’integrazione scolastica. Di norma tali
interventi sono offerti all’interno del più ampio piano delle attività for­
mative presenti nell’istituto scolastico e gestite anche in accordo con le
istituzioni socio sanitarie e/o formative presenti sul territorio, sulla base
di progetti concordati (i punti di ascolto, i centri di informazione e con­
sulenza, seppur non ancora ampiamente diffusi, rappresentano i luoghi
concreti in cui si attivano di solito questi interventi). Si caratterizza pre­
valentemente come attività di ascolto attivo degli allievi.
Destinatari
Bisogni/problemi
Studenti della scuola
Difficoltà di studio
superiore in situazione e profitto
di difficoltà
insoddisfacente
Isolamento, difficoltà
nell’instaurare
relazioni amicali,
difficoltà espressive
Comportamenti
oppositivi, disimpegno
Attività
Ascolto, definizione
e analisi del problema
presentato
Strumenti
Colloquio
non direttivo
Costruzione
di modalità
di risposta ai problemi
Ideazione di strategie
per l’azione
Conflitti
con le famiglie
Assenza di interessi
e obiettivi
39
2.1 Ambiti
di
intervento,
contesti e
tipologia di
azioni del
counseling
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
Counseling di orientamento
Si tratta di un intervento individuale rivolto agli studenti impegnati in
percorsi scolastici e formativi, finalizzato all’analisi e alla risoluzione dei
problemi orientativi connessi alla scelta e alla presa di decisone. Fornisce
un sostegno al soggetto nell’identificazione del quadro di risorse presenti
e attivabili in relazione alle problematiche poste dal processo decisiona­
le. Si focalizza in particolare sulla comprensione, revisione e riorganizza­
zioni delle singole variabili che rappresentano un ostacolo al processo di
sviluppo o di identificazione di un percorso o di un progetto formativo.
Destinatari
Studenti
che presentano
difficoltà decisionali
Bisogni/problemi
Attività
Indecisione in
relazione alla scelta
di un ambito scolastico
e formativo
Analisi del problema
orientativo,
identificazione
delle risorse
informative disponibili
Incertezza rispetto alle e di quelle
proprie capacità e alle da sviluppare
proprie conoscenze
Ricostruzione,
Incertezza rispetto
valorizzazione
ai propri interessi
e analisi
scolastici e formativi
delle conoscenze,
degli interessi
Timore di sbagliare
e delle aspettative nei
e insicurezza diffusa
confronti della scuola,
in relazione
della formazione
al processo di scelta
e del lavoro
Analisi delle
caratteristiche
peculiari di differenti
ambiti scolastici
e formativi e
valutazione delle
implicazioni a livello
cognitivo, emotivo
e comportamentale
Ricerca e produzione
di un quadro
soddisfacente
di riferimento.
Definizione di un
progetto scolastico
e/o formativo
40
Strumenti
Colloquio
Materiali facilitanti
la ricostruzione
dell’esperienza
scolastica e formativa
Questionari
semistrutturati
Schede metodologiche
Schede per la
definizione del
progetto
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
Ambito lavorativo e organizzativo
Counseling di carriera
Si tratta di un intervento prevalentemente individuale finalizzato a risol­
vere problemi connessi ad un’inadeguata interazione soggetto lavoro, a
sviluppare migliori capacità decisionali o a risolvere problemi che riguar­
dano lo sviluppo della propria carriera lavorativa o organizzativa. Si
focalizza in particolare sulle competenze e risorse disponibili alla perso­
na e sulla definizione di strategie concrete di risoluzione dei problemi
affrontati.
Destinatari
Lavoratori adulti
in situazione di
transizione al lavoro
e nel lavoro
Bisogni/problemi
Difficoltà nella presa
di decisione in merito
alla sviluppo di
carriera lavorativa
e organizzativa
Difficoltà nella
realizzazione di
specifici percorsi di
sviluppo professionale
Difficoltà inerenti le
relazioni all’interno
dell’organizzazione
Rappresentazioni e
vissuti di difficoltà
nella integrazione
organizzativa
Difficoltà inerenti la
gestione efficace e
soddisfacente del
ruolo svolto
Attività
Strumenti
Analisi della domanda, Colloquio
analisi dei significati
attribuiti al problema Strumenti per
organizzare
Ricostruzione
le informazioni
dell’esperienza e
analisi delle
competenze, risorse
disponibili e
maturate
nell’esperienza
Ricostruzione e
ampliamento delle
informazione connesse
al contesto
organizzativo e analisi
delle implicazioni
o dei rapporti con il
problema portato in
consulenza
Identificazione di una
gamma di strategie
con cui affrontare il
problema e
valutazione
dell’impatto di tali
strategie nello
specifico contesto di
riferimento
Definizione di un
piano di azione
giudicato pertinente
e soddisfacente
41
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
Bilancio di competenze
Si tratta di una forma specifica di counseling di carriera. Consiste in un
percorso di consulenza prevalentemente individuale, finalizzato a defini­
re un progetto di sviluppo formativo e professionale. Si focalizza in par­
ticolare sulla ricostruzione delle competenze e risorse maturate dalla per­
sona attraverso l’esperienza formativa, lavorativa e sociale e valorizzabi­
li nel progetto professionale, sull’individuazione di ipotesi di cambiamen­
to e sviluppo, sulla definizione di strategie concrete di azione.
Destinatari
Lavoratori adulti
in situazione di
transizione al lavoro
e nel lavoro
Bisogni/problemi
Esigenze connesse
al cambiamento
lavorativo
Esigenze connesse allo
sviluppo professionale
o allo sviluppo di
specifiche competenze
Attività
Analisi della domanda
Colloquio
Analisi della storia
socio professionale
Strumenti per
organizzare
le informazioni
Ricostruzione
dell’esperienza e
analisi delle
competenze e risorse
della persona
maturate
nell’esperienza
Ricostruzione e
ampliamento delle
informazione inerenti
le opportunità di
sviluppo professionale
o formativo
Identificazione di
obiettivi concreti,
valutazione delle
opportunità e delle
competenze che
devono essere
sviluppate per
ottenere il risultato
desiderato
Definizione delle
azioni che è necessario
mettere in atto e
definizione di un
piano di azione
giudicato pertinente e
soddisfacente
42
Strumenti
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
Ambito socio­sanitario
Counseling per le problematiche socio­sanitarie
In ambito socio sanitario il counseling tende a caratterizzarsi come sup­
porto al processo di elaborazione di una risposta adattiva ad un proble­
ma di disagio psicofisico, di malattia, di esperienze traumatiche quali il
lutto, la separazione, le tensioni familiari o di coppia. Focalizza in molti
casi l’intervento sullo sviluppo di una consapevolezza della situazione e
di comportamenti adeguati e accettanti la situazione
In questo ambito, come precedentemente indicato, le funzioni di counse­
ling specifico e aspecifico tendono ad assumere contorni sfuocati. Il per­
sonale sanitario (cfr. scuole di counseling) ha l’opportunità di essere for­
mato alla relazione di aiuto e può promuovere, quando necessario, speci­
fici interventi di aiuto. In questo ambito la struttura tipo descritta prece­
dentemente è agita enfatizzando prioritariamente l’analisi dei vissuti,
l’ampliamento e la ristrutturazione delle informazione e dei modi di rap­
presentare la situazione.
Destinatari
Individui in
condizione di disagio
Bisogni/problemi
Comprendere e
accettare la situazione
Incrementare le
informazioni sul
proprio stato ed
elaborare modalità di
rappresentare la
situazione
problematica
Essere rassicurato/a
sulle proprie emozioni
Integrare il problema
con la propria storia
personale
Definire
comportamenti e
azioni adeguate alla
situazione
Attività
Ascolto dei vissuti,
mostrando
accettazione
dell’individuo
Strumenti
Colloquio
Materiali informativi
Produzione di
informazioni
integrative rispetto
al quadro prodotto
dalla persona
Sostegno e stimolo alla
verbalizzazione del
problema
Costruzione di
paradigmi di lettura
alternativi
Identificazione della
gamma dei
comportamenti
pertinenti alla
situazione
43
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
Ambito sociale e di comunità
Counseling per le relazioni di coppia e la famiglia
Si tratta di un intervento inerente le difficoltà decisionali di diversa natu­
ra, le difficoltà di rapporto, i conflitti, la comprensione e l’accettazione
dell’evoluzione dei ruoli o del contesto familiare. Si può connotare diver­
samente in funzione del problema specifico e contingente che è fonte di
disagio e di difficoltà.
Di norma è posto in essere con tutte le persone che compongono il nucleo
familiare. Può essere tuttavia avviato per un solo membro adulto (questa
forma di counseling non si rivolge solitamente ad adolescenti o giovani
che segnalano difficoltà e disagi familiari). In questo caso sono priorita­
riamente oggetto di confronto e di elaborazione le modalità di leggere e
dare significato al problema in rapporto agli altri membri della famiglia.
Il counseling per le relazioni di coppia e familiari può essere inoltre con­
siderato propedeutico o preventivo rispetto ad altre forme di aiuto alla
persona, quali ad esempio i diversi tipi di mediazione o terapia familiare.
Destinatari
Membri della coppia o
del nucleo familiare
considerati
singolarmente o come
entità collettiva
Bisogni/problemi
Attività
Difficoltà connesse con Ascolto, confronto e
Colloquio
la cura o l’educazione valorizzazione delle
dei figli
diverse
rappresentazioni
Difficoltà inerenti
del problema
l’accettazione e il
cambiamento dei ruoli Produzione di una
familiari
rappresentazione del
problema
Difficoltà decisionali
soddisfacente per
di uno o più membri
l’individuo, la coppia
(formazione, lavoro,
e il gruppo
malattia, ecc.)
inerenti aspetti che
Ricerca e negoziazione
coinvolgono
di criteri di lettura
direttamente la
della situazione
famiglia o il partner
Identificazione di
Problemi di
modalità alternative di
isolamento o di
lettura della situazione
integrazione sociale
Identificazione di una
mappa di strategie e
modalità di risoluzione
del problema
Scelta e piano d’azione
44
Strumenti
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
2.2 APPROCCI
2.2
Approcci
consulenziali
CONSULENZIALI
Ci sembra di poter individuare, dall’analisi della letteratura e della docu­
mentazione specifica nonché dalla conoscenza e ricostruzione di alcune
tra le pratiche consulenziali più note e diffuse, i principali approcci fon­
damentali a cui ricondurre i modelli teorici e le metodologie in uso e
all’interno dei quali collocare le pratiche di consulenza alla
persona/counseling proposte. Altri orientamenti e prospettive, che rite­
niamo comunque importanti nella determinazione del quadro di riferi­
mento attuale delle specifiche pratiche, ci appaiono in qualche modo
ricomprese, almeno per gli aspetti che più direttamente si riferiscono alla
“materia” di cui ci occupiamo nell’ambito di questo lavoro, all’interno di
questi approcci. Se guardiamo ad esempio all’orientamento sistemico­
relazionale, il cui campo di applicazione principale è la terapia o la con­
sulenza alla famiglia, possiamo ravvisare in esso elementi riconducibili di
volta in volta all’approccio costruttivista (l’idea e la teoria sistemica) o
all’approccio umanistico esistenziale (la centralità della relazione nel set­
ting consulenziale).
Una precisazione va fatta a proposito dell’approccio psicodinamico.
Anche se gli orientamenti psicoanalitici in senso stretto sono collocabili in
un’area di intervento “altra” rispetto al nostro ambito di esplorazione,
ovvero, in particolare, l’area delle pratiche terapeutiche a forte connota­
zione psicologica, abbiamo incluso volutamente tale approccio, che si
ispira in modo più o meno diretto ai paradigmi teorici e alle tecniche della
psicoanalisi, poiché la sua presenza è diffusamente riscontrabile in nume­
rose pratiche di consulenza alla persona in uso nei paesi in cui il counse­
ling è una realtà ormai da tempo consolidata ed è rilevabile in misura
significativamente ampia anche nelle pratiche consulenziali, nelle scuole
di pensiero e nelle proposte formative specifiche attive nel nostro paese.
L’approccio comportamentale e cognitivo­comportamentale
Si definisce sulla base di ricerche sperimentali nell’ambito delle teorie
dell’apprendimento e di ricerche condotte in ambito clinico: dal modello
del condizionamento classico di Pavlov che ha ispirato gran parte delle
teorie comportamentiste di Watson, a quello del condizionamento ope­
rante di Skinner, dal comportamentismo sociale paradigmatico di Staats,
all’apprendimento sociale di Bandura, che, con l’attenzione posta ai pro­
cessi cognitivi quale elemento determinante dei comportamenti e la visio­
ne sistemica adottata nell’analisi di tali processi, può essere considerata
un importante momento di passaggio dal comportamentismo “ortodosso”
al cognitivo­comportamentismo.
45
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
2.2
Approcci
consulenziali
In realtà l’approccio comportamentista si presenta come un universo
complesso e articolato, al cui interno è possibile ravvisare diverse linee
evolutive e differenti sviluppi e articolazioni e che assume di volta in volta
orientamenti epistemologici diversi, tra i quali crediamo occorra ricorda­
re il neopositivismo logico e il realismo di Watson, Eysenck, ecc., il prag­
matismo e l’evoluzionismo di Skinner, l’epistemologia ermeneutica e/o
costruttivista del filone cognitivo­comportamentale.
In generale gli assunti che contraddistinguono l’approccio cognitivo­com­
portamentale, nella sua estensione ed accezione più ampia, si possono
così riassumere:
• la persona elabora una rappresentazione mentale della realtà, che
• determina le sue reazioni;
• le differenti dimensioni, cognitiva, emotiva, comportamentale si
• influenzano reciprocamente e ogni dimensione­sistema può essere
• modificata dalle altre due o determinare cambiamenti in esse;
• l’apprendimento si verifica sempre e comunque attraverso una
• dimensione di tipo cognitivo;
• si può modificare il comportamento delle persone agendo sugli
• eventi cognitivi (pensieri disfunzionali), i processi cognitivi
• (meccanismi di pensiero) e le strutture cognitive (assunzioni e creden­
ze profonde);
• deve essere posta particolare attenzione all’attualità, ovvero alla
• possibilità che nella consulenza si realizzi un cambiamento qui ed
• ora della persona, considerando meno significativo l’intervento
• sulla dimensione del passato.
Questi assunti determinano naturalmente alcune conseguenze impor­
tanti sulla concezione delle pratiche di consulenza che si possono ricon­
durre in modo più o meno esplicito e diretto all’approccio comporta­
mentale. In particolare questo riguarda sia il profilo delle finalità e
della funzione che tali pratiche assumono, che il tipo di relazione di
consulenza che in esse viene attivata, sia, infine, il ruolo assunto dal
consulente/counselor. Sembra, tuttavia, non esistere oggi alcun filone di
pratiche consulenziali che si ispiri tout court all’orientamento compor­
tamentista “radicale”, che appaiono oggi punto di riferimento fonda­
mentale di alcuni “modelli” e approcci metodologici sottostanti a diffe­
renti forme di counseling.
Si individuano in particolare alcuni elementi caratterizzanti.
• La natura essenzialmente pedagogica e direttiva della consulenza, nel­
l’ambito della quale il counselor assume il ruolo di “insegnante” o con­
sigliere esperto, anche se in alcuni orientamenti metodologici si
46
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
ammette la possibilità che vengano esercitati gradi differenti di diret­
tività e non si esclude a priori un rapporto più collaborativo con il sog­
getto. Il processo di influenza sociale che il consulente attiva e presi­
dia si basa su alcuni presupposti essenziali: la situazione del soggetto
che riconosce la sua incapacità di risolvere il problema o i problemi
oggetto di consulenza; la situazione del consulente che si propone come
colui che possiede una expertise riconosciuta nella soluzione dei pro­
blemi posti dal soggetto; lo stabilirsi della relazione di consulenza, che
presuppone che il soggetto si rivolga al consulente poiché non ha tro­
vato autonomamente risposte soddisfacenti ai suoi problemi; il verifi­
carsi di cambiamenti, in virtù di una forte tensione al risultato e di
una esplicita (ed esplicitata) aspettativa di efficacia che costituisce ele­
mento strutturale della consulenza.
• L’osservazione della situazione del cliente intesa come analisi descrit­
tiva, che rileva le caratteristiche comportamentali su cui è opportuno
intervenire per determinare cambiamenti e le colloca in un sistema di
classificazione predefinito.
• L’enfasi posta sulle tecniche, che aumentano e/o riducono la probabi­
lità di emissione di un comportamento, tecniche complesse, ecc, a sca­
pito della relazione di consulenza, anche se dal primo comportamenti­
smo agli sviluppi attuali si è andato progressivamente riequilibrando
il rapporto tra le due modalità.
Se guardiamo all’aspetto evolutivo delle concezioni sottostanti alle pra­
tiche e delle caratteristiche che assume la relazione consulenziale nel­
l’ambito dell’approccio comportamentale e cognitivo­comportamenta­
le, si può cogliere un passaggio importante tra gli anni Sessanta e Set­
tanta: da un modello ispirato agli orientamenti teorici e metodologici
del “condizionamento operante”, che considera il counselor essenzial­
mente come una fonte di stimoli discriminativi e di rinforzi, necessari
per realizzare il programma di cambiamento (modeling) del cliente, a
uno (con riferimento alle teorie dell’“apprendimento sociale”) che vede
il counselor, pur sempre nella prospettiva degli stimoli e dei rinforzi al
processo di cambiamento, come un esempio positivo da cui il cliente
apprende, a uno, infine, che, abbandonati gli schematismi e la limita­
tezza che in un senso o nell’altro caratterizzavano i modelli preceden­
ti, arriva a considerare la relazione di counseling come una pluralità e
un intreccio complesso di “variabili di relazione” (aspettative, fattori
di personalità sia del consulente che del cliente) e come una interazio­
ne in grado di indurre ad apprendere modalità relazionali non disfun­
zionali.
47
2.2
Approcci
consulenziali
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
2.2
Approcci
consulenziali
L’approccio costruttivista/costruzionista
Un altro approccio che possiamo collocare accanto a quello comporta­
mentale e cognitivo­ comportamentale per la diffusione e la significatività
dei modelli e delle metodologie che ad esso si ispirano, per l’ampiezza dei
contributi teorici e per l’influenza profonda che ha esercitato sulle prati­
che di consulenza/counseling è l’approccio costruttivista/costruzionista.
Anche in questo caso ci troviamo a fare i conti con una galassia composi­
ta, in cui è però possibile cogliere alcune tendenze ed orientamenti di
fondo.
Già il filone degli studi cognitivisti nell’ambito dell’approccio comporta­
mentale, nel cui alveo si originano le prime teorie costruttiviste, pone la
questione dell’impossibilità di conoscere il mondo ontologico per come
esso è realmente, pur non rinunciando completamente a postulare l’esi­
stenza di una verità “oggettiva”, e sviluppa inoltre una concezione del­
l’uomo come attivo costruttore di conoscenza e generatore di significati
personali, in questo segnando una svolta sostanziale rispetto agli orienta­
menti dei comportamentisti.
In particolare, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, A. Ellis, con la cosid­
detta “terapia razionale emotiva” (RET) e A. Beck, che per primo parla
di orientamento cognitivo­razionalista, danno un contributo importante
ai mutamenti intervenuti nella prospettiva comportamentale in chiave
cognitivista, ma rimangono ancorati all’idea che la realtà esterna sia
comunque “approssimabile” (realismo critico) e che gli “errori logici”
processuali o i contenuti “irrazionali” proposti dal cliente debbano esse­
re corretti o sostituiti dalle visioni più razionali proposte dal consulente,
affidando alla consulenza un carattere essenzialmente pedagogico e al
consulente un ruolo fondamentalmente direttivo, al fine di indurre nel
soggetto una presa di distanza dal proprio pensiero “disadattivo” e la
ricerca di modalità più simmetriche, e quindi più corrette, di rappresen­
tarsi la realtà.
La prospettiva costruttivista nella consulenza/counseling, che raccoglie
inizialmente alcuni stimoli elaborati da G. Kelly nel 1955 (in particolare
la teoria dei costrutti personali), comincia ad avere uno sviluppo struttu­
rato e articolato nei primi anni Ottanta, attingendo alle suggestioni pro­
poste da Mahoney e al contributo determinante di Bateson e avvalendo­
si, in ambito italiano, delle importanti riflessioni di Guidano e Liotti sul­
l’adozione di tale prospettiva nella terapia psicologica.
I presupposti e gli assunti di fondo di questo macro approccio (esistono
altri corollari e riferimenti teorici importanti, che però consideriamo
inscindibilmente connessi e fortemente intrecciati agli assunti descritti
sotto) sono sostanzialmente i seguenti.
48
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
• L’abbandono di qualsiasi prospettiva empirista e la scelta di un deci­
so orientamento costruttivista (von Glasersfeld, 1984), in relazione
all’impossibilità di stabilire l’oggettività e la fondatezza in senso asso­
luto delle costruzioni individuali.
La prospettiva razionalista, pur condividendo l’assunto che le rappre­
sentazioni soggettive della realtà corrispondano a processi costruttivi
individuali e peculiari, postula però al tempo stesso, in base alla logi­
ca della razionalità, l’esistenza di modalità più o meno corrette di
costruire le proprie esperienze e la possibilità di una funzione consu­
lenziale che si esplica proprio a partire dall’individuazione delle
modalità considerate più corrette. In tal modo propone una figura di
consulente quale detentore di un qualche tipo di “verità”.
L’orientamento costruttivista, invece, sostituisce al concetto di simme­
tria tra costruzioni soggettive e mondo ontologico l’idea di viabilità o
percorribilità, per cui la valutazione di adeguatezza delle costruzioni
individuali non si attua attraverso un confronto con la realtà ontolo­
gica, bensì utilizzando il criterio del successo o insuccesso delle azioni
e dei comportamenti agiti nel raggiungere le finalità perseguite.
• L’adozione della visione sistemica e della complessità dei sistemi cono­
scenti, secondo la prospettiva dell’autopoiesi e della complessità auto­
referenziale e autorganizzata di Maturana e Varela. Perseguendo un
aumento della complessità del sistema e una progressiva integrazione
dei diversi sottosistemi costituenti il sistema cognitivo del soggetto
(conoscenze procedurali, dichiarative, episodiche e affettivo­immagi­
native), il soggetto è in grado di raggiungere nuovi equilibri dinamici,
frutto di una visione più consapevole dei propri scopi personali e delle
priorità da assegnare agli obiettivi conseguibili, di prefigurazioni che
tengano conto sia delle esigenze affettive che delle convinzioni seman­
tiche che delle propensioni comportamentali, dell’adozione, infine, di
strategie cognitive, emotive e comportamentali efficaci ai fini del con­
seguimento degli obiettivi definiti.
L’aumento della complessità del sistema diviene obiettivo raggiungibi­
le attraverso l’incremento della sua articolazione, differenziazione e
organizzazione, così come l’integrazione dei differenti sottosistemi
costituenti il sistema conoscitivo può essere perseguita attraverso la
ricerca di una progressiva coerenza interna.
Anche in questo caso cercheremo di definire a grandi linee le principali
conseguenze che tali assunti hanno sulle pratiche di consulenza (finalità,
funzione, tipo di relazione, ruolo del consulente) che si richiamano in
modo più o meno diretto a questa prospettiva.
49
2.2
Approcci
consulenziali
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
2.2
Approcci
consulenziali
• L’assunzione del paradigma della persona come sistema conoscente
autopoietico enfatizza nella consulenza la dimensione della soggetti­
vità e conferisce ad essa un carattere non pedagogico e non diretti­
vo, bensì essenzialmente ricorsivo e costruttivo (il soggetto, con il
supporto del consulente, ricostruisce, decostruisce, costruisce il suo
approccio alla consulenza e alle problematiche “portate” in consu­
lenza, attribuendo nuovi significati alle situazioni e alle dimensioni
esplorate: la funzione della consulenza non è dunque quella di per­
seguire l’oggettività e non è ritenuto possibile in alcun caso, nel set­
ting consulenziale, stabilire oggettivamente (da una prospettiva
esterna al sistema­cliente) quali comportamenti siano più corretti ed
adeguati, quali costruzioni corrispondano maggiormente alla realtà
esterna, quanto piuttosto quella di ricercare la coerenza interna di
tali costruzioni ai fini del conseguimento degli obiettivi che il sogget­
to si dà.
• Il processo di osservazione persegue finalità esplicative e non descrit­
tive, l’obiettivo di tale processo è la costruzione congiunta di una “teo­
ria del sistema soggetto” che, nella relazione consulenziale, si inscrive
in una “teoria del sistema soggetto – consulente” e che si definisce per
ipotesi attraverso la ricostruzione delle tappe e degli eventi/passaggi
critici del suo sviluppo. Il metodo e lo strumento principale che si uti­
lizza a tal fine è la ricostruzione della storia di vita, la cui rilevanza
non è rappresentata tanto dalla “verità oggettiva” degli eventi narra­
ti, quanto dalla modalità con cui il soggetto li ha costruiti e ricostruiti
nella sua memoria e se li rappresenta nel qui ed ora della relazione di
consulenza e dal senso che ad essi attribuisce nel presente­futuro del
processo di cambiamento in atto o progettato.
• Il primato della costruzione “bilaterale” di una relazione collaborati­
va e co­costruente tra soggetto e consulente sull’utilizzo di tecniche
“manipolative” finalizzate ad indurre cambiamenti, dell’alleanza di
lavoro con finalità conoscitive e trasformative che si stabilisce tra i due
soggetti in gioco (nel rispetto dei rispettivi ruoli pur in presenza di
obiettivi comuni da perseguire) sui processi di influenzamento attivati
al fine di “condizionare” in senso positivo il soggetto. In questo fra­
mework il ruolo del consulente non è tanto quello di proporre specifi­
che alternative o soluzioni o strade da intraprendere, quanto piutto­
sto quello di accompagnare il soggetto nel proprio percorso di rico­
struzione affinché possa identificare autonomamente ipotesi dotate di
senso per se stesso e provviste di coerenza “interna”, ovvero coerenti
con il proprio complesso sistema di scopi, obiettivi, valori, bisogni,
desideri ed emozioni.
50
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
L’approccio umanistico esistenziale
Quando si parla di approccio umanistico esistenziale, non si può non con­
siderare determinante il contributo di Carl Rogers, che viene anzi consi­
derato come l’iniziatore e il principale animatore di quella grande cor­
rente di pensiero che così profondamente ha influenzato le pratiche di
consulenza/counseling. La prospettiva rogersiana diviene assolutamente
innovativa e in controtendenza rispetto agli orientamenti prevalenti all’e­
poca nell’ambito della psicologia e della psicoterapia. Questa prospettiva
che conferisce al cliente­persona (client­centered therapy e person­cente­
red therapy si definirono alternativamente i paradigmi metodologici defi­
niti da Rogers per la relazione d’aiuto agita in diversi contesti professio­
nali) dignità e responsabilità pari a quella del terapeuta o del counselor
all’interno del setting prescelto, si è prestata nel tempo a svariate collo­
cazioni e classificazioni. Le teorie elaborate da Rogers sono state definite
teorie del Sé, per la preminenza e centralità di questo costrutto nella
struttura psichica dell’individuo e sono state collocate tra le teorie psico­
logiche di tipo umanistico, perché, contrapponendosi a concezioni carat­
terizzate da assunti meccanicistici e riduzionistici, considerano l’indivi­
duo un soggetto, vale a dire un agente di scelta libero e responsabile; l’ap­
proccio metodologico della client­centered therapy, che fa leva sulla pos­
sibilità che ha a disposizione il soggetto di “attualizzare” le proprie poten­
zialità in un processo di maturazione verso la “condizione” di persona
caratterizzata dalla complessità e connotata in senso esistenziale, è stato
messo in relazione con le correnti di pensiero olistico­dinamiche, intro­
dotte in ambito psicologico dalla teoria della Gestalt, e la preminenza che
in tale approccio assume la componente relazionale è considerata larga­
mente debitrice delle posizioni di Maslow e della sua nota teoria dei biso­
gni, ma soprattutto inscindibilmente intrecciata ad una prospettiva feno­
menico­esistenziale.
Quest’ultima sembra aver esercitato, in effetti, un’influenza decisiva su
Rogers, che ha tratto importanti stimoli teorici dagli orientamenti feno­
menologici sviluppati da Snygg e Combs negli anni Trenta e Quaranta nel­
l’ambito della psicologia americana, in opposizione al comportamentismo
allora dominante. L’assunto, caratterizzante la posizione fenomenologica
e così innovativo per quell’epoca e in quel contesto, è che la realtà come
noi la intendiamo non coincide con l’evento, di per sé inattingibile, bensì
con la percezione che ne abbiamo e che è tale percezione all’origine del
comportamento. È inoltre la ripresa dell’idea, di derivazione antropolo­
gica, religiosa e filosofica, ma non ancora distintamente presente in psi­
cologia, che la personalità di un individuo si sviluppa intorno a un Sé;
esito, questo, peraltro inatteso e certamente singolare per un approccio
51
2.2
Approcci
consulenziali
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
2.2
Approcci
consulenziali
fenomenologico, della focalizzazione sui processi percettivi in termini di
emersione degli elementi cognitivi (“concetti di sé”, “valori”) che stanno
alla base di tali processi, quasi un’anticipazione della prospettiva cogni­
tivista.
In seguito Rogers si distacca, se pur parzialmente, dalle posizioni di
Snygg e Combs nell’elaborazione del suo modello di personalità bifocale,
che distingue nel costrutto di personalità due macro strutture, il “campo
esperienziale” e il “concetto di sé”, rappresentati da due cerchi secanti
diversamente compenetrati in funzione del tipo di interazione che si sta­
bilisce tra esse e, nel corso degli anni, il suo approccio si arricchisce di
contenuti e venature esistenziali: sono note le suggestioni provenienti dal
pensiero di Kierkegaard accolte con entusiasmo da Rogers.
Il quadro concettuale delineato sopra fa emergere gli assunti fondamen­
tali alla base dell’approccio umanistico esistenziale.
• Il principio olistico. Rogers ne attribuisce la formulazione in primo
luogo a P. Lecky, che sostiene l’unità psicofisica e la coerenza della
personalità dell’uomo. Secondo questo principio, per mantenere la
quale i dati esperienziali, prima di arrivare alla percezione, vengono
attentamente vagliati e, considerando la personalità come un sistema
di “valori” coerenti tra loro, il cui nucleo è costituito dalla valutazio­
ne che l’individuo dà di se stesso e che non può assimilare valori che
risultino incoerenti con tale valutazione, afferma che il comportamen­
to rappresenta la tensione a salvaguardare l’integrità e l’unità di que­
sta complessa organizzazione.
• Il principio dinamico. Rifacendosi tra gli altri al contributo di K.
Goldstein, Rogers sostiene che la vita degli individui non consiste nella
mera sopravvivenza, ma in un continuo processo verso la differenzia­
zione, l’autonomia e lo sviluppo delle potenzialità insite nella persona.
Si può parlare di un sistema motivazionale complesso che costituisce
una sorta di teleologia oggettiva in grado di orientare lo sviluppo del­
l’organismo e, nell’individuo, è il fondamento di una teleologia sogget­
tiva che orienta il comportamento. Tale principio, e la tendenza attua­
lizzante che lo struttura, dà forma anche al rapporto con l’ambiente
ed ai bisogni che nell’interazione con esso si manifestano, in termini
soprattutto di relazioni interpersonali facilitanti.
Le conseguenze di tali assunti in termini di orientamenti che informano le
pratiche e di scelte metodologiche che in esse vengono effettuate, si pos­
sono sintetizzare nel modo seguente.
• La natura essenzialmente non direttiva e intrinsecamente relazionale
della consulenza e il valore di incontro tra pari che ad essa viene attri­
52
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
buito. La parità tra i due sottoscriventi il patto di consulenza diviene
elemento essenziale e componente costitutiva della costruzione del set­
ting e la relazione d’aiuto che si instaura, pur partendo dal presuppo­
sto che esiste un soggetto che ha bisogno di un supporto per sviluppa­
re appieno le sue potenzialità e incrementare le sue risorse, assume il
rispetto della persona e la partecipazione empatica alla sua vicenda
umana quale condizione imprescindibile della correttezza e dell’effi­
cacia dell’azione di counseling.
• La profonda avversione per le pratiche e gli strumenti diagnostici. La
consulenza centrata sul cliente non presuppone e non richiede alcun
intervento di tipo diagnostico preliminare o iniziale: in essa il counse­
lor segue, senza schemi precostituiti, il filo del discorso del cliente,
cercando di costruire e conservare quel clima relazionale “facilitante”
che, nelle sue varie accezioni di empatia, accettazione e congruenza,
rappresenta l’essenza e il punto di forza della relazione di counseling.
Ciò non significa che, nelle fasi iniziali della consulenza alla persona,
i “rimandi empatici” non debbano essere finalizzati anche a raccoglie­
re informazioni e ad analizzare la domanda, per arrivare a una cor­
retta definizione del patto consulenziale.
L’approccio psicodinamico
Il counseling ad orientamento psicodinamico si basa essenzialmente sulle
teorie e pratiche cosiddette “dinamiche”, che fanno riferimento in modo
più o meno esplicito e diretto alle categorie “analitiche” delle pulsioni e
dei conflitti interiori e si collegano alla tradizione psicoanalitica. L’asset­
to teorico può derivare in modo esclusivo ora da Freud ora da Klein ora
da Jung, o dimostrare il proprio eclettismo agganciandosi a tutte e tre le
scuole, come pure ai neo­freudiani, post­freudiani e altri. L’utilizzo dei
concetti di inconscio, difese e meccanismi di difesa, resistenza, transfert
e contro­transfert, libere associazioni e interpretazioni fanno sì che i
counselor psicodinamici siano particolarmente attenti a comprendere e
analizzare le componenti emozionali/simboliche della domanda portata
dal cliente, concependo il setting come luogo di riproduzione delle moda­
lità simboliche di vivere i contesti e le relazioni affettivamente rilevanti
per il soggetto, e si focalizzino inoltre sui riferimenti fatti dai clienti a
figure significative del passato (e del presente) e ai modi in cui tali figure
possono essere collegate con la relazione soggetto/counselor.
La maggior parte dei counselor psicodinamici riconoscono una sostanzia­
le differenza tra il loro lavoro e la psicanalisi e tendono ad operare in
maniera più attiva e supportiva e a valorizzare la relazione con il cliente
in funzione di aiuto e sostegno sia alla chiarificazione e comprensione
53
2.2
Approcci
consulenziali
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
2.2
Approcci
consulenziali
delle problematiche affrontate, sia all’individuazione di modalità di riso­
luzione coerenti con le risorse a disposizione del soggetto. Sebbene questo
tipo di counseling, come altre forme di aiuto alla persona, miri tenden­
zialmente alla risoluzione delle difficoltà personali del cliente, esso tende
tuttavia ad attribuire particolare importanza allo sviluppo dell’insight e
alla progressiva capacità del soggetto di riflettere sulle proprie dinamiche
e problematiche.
Alcuni critici, assimilando il counseling psicodinamico alla psicoanalisi,
sostengono che questa pratica tende a sottrarre importanza alla dimen­
sione del conscio e del Qui e Ora, si basa su teorie non verificabili, scon­
ta la permanenza di elementi di determinismo causale derivati dalle ori­
ginarie teorie freudiane.
Gli assunti e i riferimenti teorici fondamentali dell’approccio psicodina­
mico, sottesi, anche se con diverse accentuazione e sfumature, alla mag­
gior parte delle applicazioni che a tale approccio si ispirano sono in sin­
tesi i seguenti.
• Il concetto di inconscio, inteso prevalentemente come insieme di pro­
cessi, facoltà e contenuti mentali non presenti nel campo attuale della
coscienza. Le teorie psicoanalitiche presuppongono infatti che le moti­
vazioni dei comportamenti non possano essere conosciute dal soggetto
perché non immediatamente presenti alla sua coscienza e che questi
abbia interesse, da un punto di vista per così dire psicoeconomico, a
mantenerle non conosciute, tanto da offrire resistenza al loro ricono­
scimento. L’effetto consulenziale pare quindi essere diretta conseguen­
za dell’accrescimento dell’integrazione che si ottiene attraverso l’ac­
quisizione di forme di consapevolezza (insight), ma, poiché tali conte­
nuti mentali vengono attivamente mantenuti al di fuori della coscien­
za, questa consapevolezza non può essere raggiunta attraverso l’ana­
lisi diretta, bensì aggirata attraverso specifiche modalità di rielabora­
zione interpretativa.
• Il diretto collegamento tra mondo interno dell’individuo e ciò che egli
esprime nella relazione con gli altri e la correlazione tra rapporti
interpersonali attuali e passati. Il collegamento tra mondo interno e
relazioni attuali si fonda sulla naturale tendenza a rivolgere sulle per­
sone che ci circondano gli impulsi e le fantasie del nostro passato
infantile e anche le difese e le resistenze che abbiamo messo in atto per
arginarli e trasformarli (transfert). Anche se il transfert è un fenome­
no quotidianamente e universalmente riscontrabile, può essere rico­
nosciuto ed elaborato soltanto mediante la tecnica “dinamica”, e cioè
attraverso un uso corretto del setting consulenziale e della funzione
interpretativa del counselor. Il percorso di counseling diventa così
54
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
una sorta di laboratorio dove viene favorita e amplificata l’espressio­
ne dei fenomeni di transfert in modo da rendere possibile la loro ela­
borazione.
• L’oggetto della ricerca che sostanzia il counseling ad orientamento psi­
codinamico, che si indirizza al riconoscimento dei processi psichici
inconsci, è appunto l’esplorazione di questi collegamenti, il cui esito è
l’attribuzione di un significato che va al di là del senso che appare evi­
dente in ogni momento. Questa ricerca di senso, che si traduce nell’ac­
quisizione di una maggiore consapevolezza da parte del soggetto e,
quindi, in una possibilità di maggiore integrazione delle varie compo­
nenti della personalità, può prodursi soltanto attraverso e all’interno
di una specifica relazione con il counselor. Relazione particolare in
quanto “tutelata” da specifici accorgimenti relativi al setting, consen­
te la riattualizzazione delle problematiche presenti nel soggetto, utiliz­
zando proprio la comprensione “esperienziale” di tali problematiche
come inizio del percorso di ricerca di senso.
Dai presupposti teorici e dagli assunti concettuali delineati discendono
naturalmente importanti conseguenze sul piano dei criteri metodologici
posti a fondamento delle pratiche di consulenza e delle scelte tecnico­ope­
rative in esse effettuate.
• Nelle pratiche di counseling psicodinamico la natura che potremmo
definire “esperienziale” della consulenza è determinata dagli obiettivi
perseguiti e dalle modalità scelte per perseguirli. Se l’obiettivo princi­
pale dell’intervento di counseling è quello di sviluppare nel soggetto la
capacità di padroneggiare le problematiche proposte nel setting con­
sulenziale, facendogli “sperimentare” in una situazione favorevole e
positiva i sentimenti maturati nei confronti di tali problematiche attra­
verso un riconoscimento non solo cognitivo ma anche emozionale, la
modalità utilizzata per conseguire questo obiettivo è in primo luogo
quella di favorire nella persona la comprensione di sé attraverso le
interpretazioni proposte dal counselor, che permettono si superare le
resistenze inconsce, e il prodursi di esperienze di comprensione illumi­
nanti chiamate insight. A tal proposito, un particolare assetto menta­
le del counselor, caratterizzato da un fluttuare della mente tra stati
diversi (vivere emozioni e osservarle, ascoltare l’altro e se stesso, acco­
gliere i significati palesi e quelli latenti, ecc.), è volutamente assunto e
costantemente mantenuto mediante uno sforzo intenzionale al fine di
offrire al soggetto non solo ascolto e accoglimento, ma anche uno spa­
zio intermedio potenziale tra sé e il soggetto fruibile per esperire nuove
possibilità relazionali. Questo setting mentale (o setting interno) è
55
2.2
Approcci
consulenziali
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
2.2
Approcci
consulenziali
strettamente interconnesso con le cosiddette regole del setting (sede,
orario, posizione del soggetto, frequenza e durata dei colloqui, ecc.),
che, diversamente da quanto avviene per il setting mentale, possono
variare nei diversi modelli operativi.
• Il criterio dell’identificazione dei problemi da affrontare nel percorso
di consulenza, non è nosografico, basato cioè sull’analisi delle proble­
matiche sintomatiche, ma essenzialmente relazionale: diventa perciò
estremamente importante analizzare le modalità con le quali il sogget­
to entra in contatto con il counselor, che si adopera per favorire una
comprensione il più possibile approfondita del funzionamento delle
modalità di comunicazione della persona, con il preciso intento di
valutarne la capacità e la modalità di entrare in relazione nello speci­
fico dell’incontro consulenziale e di stabilire un’alleanza di lavoro
proficua. Vengono dunque considerati con attenzione aspetti quali la
storia del soggetto e l’esito dei suoi precedenti rapporti interpersona­
li, la motivazione alla conoscenza di sé, l’incontro con il counselor. In
questa ottica entrano naturalmente in gioco anche le problematiche
relative al controtransfert e il counselor deve essere in grado di rico­
noscere e controllare le proprie reazioni di fronte alle comunicazioni
del soggetto.
• Non sono previsti suggerimenti tecnici specifici, perché il significato e
le funzioni di un intervento tecnico sono determinati dal contesto del­
l’azione consulenziale e ciò che avviene nella relazione non ha signifi­
cato di per sé, ma assume quello che gli viene conferito. La presenza
di un modello di riferimento, che non è in ogni caso univoco e agisce in
sinergia con la rete dei significati che il counselor ha interiorizzato in
relazione all’organizzazione e allo sviluppo del processo di aiuto attra­
verso la sua personale formazione e pratica professionale, è da inten­
dersi come un riferimento conoscitivo e orientativo di un percorso
ricerca, utile per formulare ipotesi da verificare e per istituire un
qualche ordine nella massa di informazioni fornite dal soggetto.
In generale gli interventi “tecnici” che il counselor attua per sviluppa­
re il processo di consulenza sono di tre tipi: interventi volti a istituire
e mantenere l’alleanza terapeutica (ascolto empatico, rassicurazione
“indiretta”, gestione dell’ansia, ecc.); interventi finalizzati all’inter­
pretazione e all’elaborazione dei significati simbolici presenti nel
materiale offerto dal soggetto, che sottendono la sua modalità di met­
tersi in relazione; interventi di sostegno, espressioni di appoggio e di
incoraggiamento, manifestazioni di fiducia, ecc..
Gli interventi del primo e terzo tipo sono naturalmente quelli più agiti
nell’ambito del counseling psicodinamico, diversamente da quanto
56
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
avviene nelle psicoterapie psicoanalitiche che, come è già stato sottoli­
neato, attribuiscono una funzione preponderante all’intervento inter­
pretativo del terapeuta.
Del resto, per quanto riguarda la funzione del counselor e della rela­
zione consulenziale nel processo di consulenza, il counseling ad orien­
tamento psicodinamico, in virtù della sua diversa finalizzazione e col­
locazione nell’ambito delle pratiche di aiuto alla persona ma anche
delle significative evoluzioni nel tempo delle stesse teorie psicoanaliti­
che, sposta decisamente l’accento, rispetto alle terapie psicoanaliti­
che, dal ruolo del terapeuta­interprete, che per svolgere la sua funzio­
ne deve saper resistere al transfert del cliente mantenendosi obiettivo
e neutrale, a quello del counselor­partecipe che sostiene il soggetto
nella ristrutturazione del suo mondo relazionale attraverso la parteci­
pazione a nuove forme di interazione e l’incoraggiamento a tentare
nuove modalità relazionali. Anche se continua ad essere importante la
dimensione del passato, la relazione nel qui e ora tra counselor e sog­
getto, più che replica e veicolo di relazioni passate, viene considerata
nel suo significato e nella sua valenza attuale.
L’approccio integrato
Negli ultimi due decenni si sono registrati cambiamenti significativi nel­
l’universo del counseling, intrecciati e talvolta derivati da analoghi cam­
biamenti verificatisi nell’area delle psicoterapie e più in generale nel con­
testo della riflessione epistemologica promossa dalle discipline psicosocia­
li, nella direzione del dialogo e del riavvicinamento fra le varie scuole e
indirizzi esistenti, rispetto al clima dominante in passato (Arkowitz,
1992; Bergin & Garfield, 1994; Norcross & Goldfried, 1992; Stricker &
Gold, 1993) e si è dato vita ad approcci di tipo ‘integrato’ o ‘eclettico’.
Gli approcci integrati, originatisi dalla convinzione che nessuno degli
approcci esistenti può considerarsi esaustivo e completo, sostengono l’op­
portunità di utilizzare tecniche provenienti da diverse teorie, combinan­
dole in maniera nuova e originale.
La costellazione degli approcci integrati (o eclettici) ha in realtà moltepli­
ci volti e presenta una geografia articolata e complessa. Sono stati creati,
per esempio, approcci integrati fra gli orientamenti psicodinamici, com­
portamentali, sistemico­familiari (Watchel & Mc Kinney, 1992) e fra
quelli esperienziali, cognitivi e interpersonali (Safran & Segal, 1990); gli
aspetti comuni a diversi tipi di approcci consulenziali sono stati unificati
in un singolo tipo di counseling (e.g., Garfield, 1992; Prochaska, 1995) e
tecniche provenienti da molteplici approcci sono state integrate in modo
eclettico in risposta ai differenti bisogni dei clienti (Beutler & Hodgson,
57
2.2
Approcci
consulenziali
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
2.2
Approcci
consulenziali
1993; Lazarus, 1992). Giusti e Iannazzo (1998) sostengono che l’obiettivo
è quello di un’integrazione tra gli interventi “classici” con quelli prove­
nienti da altri orientamenti, a seconda della domanda e delle esigenze del­
l’utenza. Il Counseling integrato professionale è scienza e e professione
ricca di sviluppi verso una sintesi dei fondamenti concettuali e delle meto­
dologie strategiche e tattiche più innovative del settore (Giusti, Montana­
ri, Iannazzo, 2000).
Anche il dibattito sui presupposti teorici e metodologici che sono alla base
di tali approcci è naturalmente più complesso di quanto possa apparire
in prima istanza, poiché all’espressione ‘approccio integrato’ sono stati
attribuiti nel tempo significati e valenze molto diverse.
Si possono tuttavia riconoscere alcuni orientamenti e presupposti concet­
tuali comuni tra i differenti approcci che si richiamano alle macrocatego­
rie dell’integrazione e dell’eclettismo e tra questi richiamiamo i due che
ci sembrano più significativi dal punto di vista delle ricadute sulle prati­
che di counseling riconducibili a tale ambito.
• La visione della persona e della sua esperienza che sta alla base di que­
sti approcci si può sintetizzare nel modo seguente: il processo espe­
rienziale si connota soprattutto per la tensione tra i desideri e le pro­
pensioni al cambiamento, da una parte, e i desideri e le propensioni a
preservare, dall’altra, vecchie e consolidate modalità di comporta­
mento, interazioni interpersonali, modi di percepire il sé e gli altri e di
trovare e decodificare significati ed affetti.
• Gli approcci integrati si caratterizzano per l’utilizzo di più strategie in
virtù della loro struttura teorica inclusiva, per cui il problema di un
cliente può essere collocato e compreso all’interno di differenti
aree/dimensioni (affettiva, cognitiva e/o comportamentale, insieme
alle difficoltà personali e/o sociali)
Vanno inoltre ricordati alcuni temi ricorrenti nella riflessione e del dibat­
tito attuale sull’integrazione degli approcci nelle pratiche di counseling
che testimoniano lo sforzo (e allo stesso tempo la difficoltà) di arrivare a
dei punti d’approdo condivisi tra gli stessi fautori del dialogo e della
“comunicazione” tra indirizzi e orientamenti diversi, intradisciplinari e
anche interdisciplinari.
Nella letteratura sull’integrazione degli approcci nelle pratiche di coun­
seling si tende a distinguere tra eclettismo tecnico e integrazionismo teo­
rico. Il primo si riferisce all’utilizzazione sistematica di un insieme di tec­
niche provenienti da orientamenti diversi senza la definizione di metamo­
delli. Il secondo si propone di superare il relativismo proprio dell’ecletti­
smo attraverso lo sforzo di costruire una teoria della consulenza di ordi­
58
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
ne superiore (Norcross, Golfried, 1992; Prochaska, Norcross, 1994, in
Giusti, 1997) in grado di rendere conto dell’unitarietà e della complessità
dell’uomo. Le categorie più comunemente usate per descrivere i differen­
ti modelli integrati o eclettici sono in estrema sintesi quelle dell’eclettismo
tecnico, dei fattori comuni di cambiamento e dell’integrazione teoretica,
ma esistono anche altre prospettive non inserite in questa catalogazione
(J.R. Gold, 2000).
L’eclettismo tecnico sostiene che l’integrazione teoretica comporta l’assi­
milazione di teorie che sono inconciliabili e che le tecniche dovrebbero
essere combinate pragmaticamente sulla base della loro efficacia clinica
presunta o osservata (Lazarus, 1996; Lazarus, Beutler & Norcross,
1992). La terapia multimodale di Lazarus è un esempio significativo di
questo approccio.
Un’altra forma di integrazione consiste nell’individuazione e nel ricono­
scimento dei fattori comuni di cambiamento riscontrabili nelle differenti
applicazioni e pratiche di counseling (Frank & Frank, 1991; Goldfried,
1980; Weinberger, 1995). Può essere utile a questo proposito proporre un
esempio. Un fattore comune a molte pratiche di counseling consiste nel­
l’aiutare i clienti a divenire consapevoli del loro atteggiamento di autocri­
tica eccessiva e ad affrontarlo. Uno sguardo più attento al modo in cui ciò
si realizza nelle diverse pratiche mostra importanti differenze. Nello spi­
rito ‘riflessivo’ del counseling ad orientamento cognitivista i clienti sono
aiutati ad affrontare l’autocritica, sia considerando i loro pensieri nega­
tivi come ipotesi da verificare con i dati dell’evidenza, sia individuando
prospettive alternative. Nel counseling ispirato alle teorie della ‘Gestalt’,
per contrasto, l’autocritica è affrontata suscitando “un’esperienza emo­
tiva” attraverso esercizi tra cui il più noto è quello conosciuto come “eser­
cizio della sedia vuota”. In questo tipo di intervento il cliente esprime la
sua autocritica confrontando, attraverso l’esperienza diretta, le sue rea­
zioni emotive (stando seduto prima su una sedia e successivamente sul­
l’altra). Nel complesso la Gestalt si rivolge al processo di consapevolezza
dell’esperienza vissuta nel qui ed ora dall’individuo, attento alle proprie
emozioni, così come al proprio corpo (Giusti, Riza Scienze, 1989).
Nella cosiddetta integrazione teoretica vengono combinate differenti teo­
rie nel tentativo di produrre una formulazione concettuale di livello supe­
riore e sovraordinato. L’integrazione di Wachtel (1997) delle teorie psi­
coanalitiche e comportamentali all’interno di una cornice psicodinamica
interpersonale, come pure l’integrazione di Safran e Segal (1990) di
approcci cognitivi, esperienziali e interpersonali in una singola teoria
della terapia e della consulenza, sono validi esempi di questo genere di
integrazione. Si ritiene che tali teorie integrate e “sovraordinate” condu­
59
2.2
Approcci
consulenziali
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
2.2
Approcci
consulenziali
cano a nuove forme di esercizio della terapia e del counseling, che si gio­
vano dei punti di forza di ciascuno degli elementi costitutivi.
L’integrazione di varie teorie in una struttura sovraordinata può portare
secondo i fautori alcuni significativi vantaggi, anche se il patrimonio di
conoscenza ed esperienza applicativa accumulato “sul campo” nel corso
del tempo, all’interno dei ambiti e sistemi di intervento, rischia di essere
disperso nel processo integrativo. Così come gli interventi consulenziali
non possono essere compresi al di fuori del loro contesto teorico, allo stes­
so modo una teoria del counseling non può essere pienamente compresa
senza fare riferimento ai dettagli della sua applicazione pratica. Come
suggerisce Geertz (1983), per poter realmente comprendere una cultura
ci deve essere “una continua dialettica tra l’esplorazione del più piccolo
dettaglio e l’attenzione alla cornice generale in modo da ricondurre l’os­
servazione a una visione simultanea”. In modo analogo, una corretta
comprensione di un approccio consulenziale richiede un costante dialet­
tica tra la comprensione della componente teorica e la sua applicazione
pratica.
La complessa e raffinata articolazione dei riferimenti teorici e degli
assunti concettuali che caratterizzano i differenti modelli ricordati sopra
ha avuto in effetti importanti (anche se non sempre riconoscibili e docu­
mentabili) ricadute sul piano delle applicazioni concrete e quindi delle
impostazioni metodologiche e tecnico­operative poste a fondamento delle
pratiche di consulenza che a tali modelli si ispirano. In particolare si tro­
vano elementi e indicazioni significative al riguardo in alcuni dei modelli
richiamati, che si rifanno sostanzialmente agli assunti e alle suggestioni
dell’eclettismo tecnico e dell’integrazione basata sul riconoscimento dei
fattori comuni.
• Nei modelli appartenenti alla prima categoria, quella definita ecletti­
smo tecnico (che si basano sulle indicazioni fornite dalla terapia mul­
timodale di Lazarus e dalle teorie della selezione sistematica del trat­
tamento di Beutler e Clarkin, per fare solo qualche esempio), si sostie­
ne la tesi che nelle azioni di counseling è opportuno selezionare le tec­
niche di intervento sulla base delle ricerche effettuate, ovvero sulla
base degli esiti di tali ricerche in termini di testing effettuati, che testi­
moniano la validità o meno delle differenti tecniche utilizzate. Tecni­
che derivate dalla Gestalt, dal cognitivismo, dal comportamentismo,
dalla psicodinamica e dalla terapia familiare sistemica possono essere
tutte utilizzate all’interno di un intervento di counseling individuale.
• In un tipo di eclettismo tecnico appartenente alla prima categoria, ma
di diversa ispirazione tecnico­metodologica, i differenti tipi di metodi
60
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
e tecniche, invece che essere combinati nel singolo intervento, vengo­
no di volta in volta consigliati quali metodi e tecniche più appropriati
in relazione a differenti tipi di problematiche consulenziali. Questo
tipo di eclettismo è conosciuto come accoppiamento prescrittivo (Beu­
tler & Clarkin, 1990; Beutler & Harwood, 1995), diagnostica differen­
ziale (Frances, Clarkin & Perry, 1984) o come eclettismo selettivo
(Messer, 1992). Interrogandosi su quale sia il tipo di intervento più
adatto per ogni cliente, l’eclettismo selettivo attribuisce grande rilievo
alla contestualizzazione del processo consulenziale.
61
2.2
Approcci
consulenziali
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
2.3 Metodi
del
counseling
2.3 METODI
DEL COUNSELING
Come si è sinteticamente illustrato nei paragrafi precedenti, ogni inter­
vento di counseling persegue una finalità generale di sviluppo nell’indivi­
duo delle capacità di autoregolazione del proprio rapporto con i differen­
ti contesti di azione. I diversi interventi di consulenza individuale o di
counseling potrebbero essere definiti come forme differenziate di soste­
gno e di accompagnamento al processo di apprendimento e di sviluppo
delle competenze presente in tutto l’arco di vita. In specifico, come si è
più volte affermato in altre parti del volume, il counseling riguarda lo svi­
luppo delle competenze e delle risorse di diverso tipo ritenute necessarie
per affrontare e risolvere gli eventuali problemi concreti che l’individuo
può incontrare nel proprio processo di crescita.
Nei diversi approcci presentati l’azione di sostegno e di accompagnamen­
to può essere realizzata con modalità differenziate. Ogni approccio foca­
lizza l’attenzione ed enfatizza quelle “dimensioni” e quei “fattori” che
caratterizzano e specificano il modo di concepire e di intendere sia il pro­
cesso di aiuto, sia il processo attraverso il quale l’individuo può acquisi­
re le competenze, sviluppare le risorse, assumere comportamenti utili per
agire con efficacia e soddisfazione nei propri contesti d’azione.
Le metodologie utilizzate nei diversi interventi di consulenza possono evi­
dentemente essere intese come le traduzioni applicative delle concezioni e
degli approcci utilizzati. Ad esempio, la prospettiva comportamentista o
cognitivo comportamentale focalizza prioritariamente la propria atten­
zione sulla modifica dei comportamenti posti in essere dall’individuo (o
delle idee) considerati non adeguati o pertinenti ed interviene con un iti­
nerario tipo che può essere sinteticamente descritto in tre fasi: individua­
zione del comportamento non adeguato, prescrizione di comportamenti
adeguati, rinforzo degli sforzi prodotti dall’individuo nell’esibire il com­
portamento richiesto.
L’approccio costruttivista­costruzionista, in generale, focalizza l’atten­
zione sui processi di costruzione e di ricerca di nuove modalità di gestio­
ne dei propri spazi di vita coerente con l’insieme di conoscenze e risorse
maturate nell’esperienza. In questa prospettiva non si tratta di definire
un comportamento o un sistema di idee arbitrariamente giudicato errato
e intervenire su esso, quanto di favorire nell’individuo un nuovo modo di
dare significato a sé e ai propri contesti d’azione rielaborando con il con­
sulente gli aspetti che caratterizzano la propria storia socio professiona­
le. L’itinerario di aiuto, in questo caso, si caratterizza come un luogo di
confronto e di ricerca di nuovi modi di affrontare la realtà. L’identifica­
zione di una nuova modalità di risposta ad un problema reale è implicita
62
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
nel momento stesso in cui consulente e individuo cercano di dare signifi­
cato alla propria storia e alla situazione.
L’approccio umanistico­esistenziale si focalizza prioritariamente sul
coinvolgimento affettivo ed enfatizza il ruolo che il sé – la tendenza alla
“realizzazione del vero sé ­ come principio o elemento centrale di ogni
pratica di aiuto.
In questo approccio si ritiene che i problemi e le criticità incontrate dal­
l’individuo nel suo contesto sociale devono essere affrontate come occa­
sione di sviluppo di una maggior conoscenza e consapevolezza di sé e
come espressione e realizzazione delle proprie potenzialità. In questa
prospettiva nell’itinerario di aiuto il consulente stimola l’individuo ad
esprimersi e a esporre i propri problemi liberamente. Il processo di aiuto
si realizza attraverso tre fasi tipo: l’auto esplorazione, la comprensione e
l’azione. L’auto esplorazione riguarda lo sforzo che l’individuo attua nel
definire il problema o la situazione in rapporto a ciò che desidera ottene­
re. È la fase in cui il consulente contribuisce testimoniando con la sua
esperienza, con l’ascolto e la partecipazione emotiva. La comprensione è
l’esito della fase precedente ed implica l’individuazione da parte dell’in­
dividuo di qualche tipo di azione che è considerata utile per affrontare la
situazione. L’azione è la traduzione concreta di quanto ipotizzato prece­
dentemente. Il processo di aiuto in questa prospettiva è da considerare
circolare e ricorsivo. Gli effetti dell’azione infatti possono essere riporta­
ti all’auto esplorazione ovvero alla fase nella quale l’individuo specifica
sempre con maggior precisione la situazione problematica e ciò che può
essere realizzato. Il consulente evidentemente in questa prospettiva è un
facilitatore del processo che è realizzato autonomamente dall’individuo.
Ci sembra a questo punto utile rammentare alcuni aspetti che accomuna­
no i diversi approcci e le conseguenti traduzioni applicative. Le diverse
connotazioni della consulenza/counseling specifico pur focalizzando ed
enfatizzando aspetti diversi sembrano condividere che il percorso di
aiuto:
• riguarda scopi eminentemente pratici e concreti. L’intervento riguar­
da il sostegno dell’individuo in specifici momenti del suo sviluppo per­
sonale e sociale che sono percepiti come problematici e difficili da
risolvere
• presuppone e attualizza l’idea che gli individui possono apprendere,
cambiare e affrontare i problemi e le criticità connesse allo sviluppo
“lavorando” su se stesse
• concorre a modificare qualitativamente e quantitativamente la cono­
scenza di sé e delle proprie strategie d’azione e a sviluppare una mag­
gior padronanza dei propri contesti di azione. Lo sviluppo di una mag­
63
2.3 Metodi
del
counseling
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
2.3 Metodi
del
counseling
gior conoscenza e di espressione di sè e di comprensione del contesto di
azione, seppure considerato nei diversi approcci con gradi di rilevanza
diversa, rappresenta l’elemento fondamentale per affrontare i proble­
mi connessi allo sviluppo e alla gestione dei propri spazi di azione.
In generale i diversi metodi disponibili nella consulenza individuale e nel
counseling che abbiamo definito specifico possono essere considerati la
filiazione, l’ampliamento e la rielaborazione delle metodologie sorte nel­
l’ambito delle strategie e degli interventi di sostegno e di cura. In partico­
lare l’ingresso della prospettiva umanistica in molti campi di ricerca e di
intervento ha contribuito a sviluppare una ampia gamma di metodi di
intervento che hanno influenzato le concrete azioni di aiuto.
La prospettiva umanistica, come è noto, non è un corpo definito e coeren­
te di conoscenze, ma soprattutto una modalità di avvicinarsi e trattare i
problemi umani. Lo scopo prioritario di questa prospettiva non è tanto
quella di formulare leggi generali, di predire o controllare il comporta­
mento, quanto quello di favorire una crescita consapevole, “libera” da
condizionamenti ambientali ed orientata allo sviluppo del proprio poten­
ziale. Tale prospettiva presuppone il coinvolgimento affettivo, la parteci­
pazione e la co­costruzione come elementi essenziali per la produzione di
interventi efficaci. Inoltre considera soprattutto l’individuo reale il prin­
cipale artefice del processo di sviluppo di quelle conoscenze e di quelle
abilità che possono essere applicate immediatamente alla situazione o al
problema. Confluiscono in questa prospettiva diverse correnti di pensie­
ro. In particolare:
• La teoria del counseling centrato sulla persona (Rogers); la teoria
della Gestalt di Perls. I metodi elaborati, già richiamati in altra parte
del volume, sono centrati prevalentemente sull’individuo, sulla sua
capacità di autodeterminarsi e sulla sua esperienza come unica fonte
di dati disponibile da cui attingere.
• La dinamica di gruppo ed in particolare i gruppi di training (T grou­
ps) e i gruppi esperienziali di formazione promossi da K. Lewin negli
anni ’40. I metodi elaborati in questa corrente di pensiero presumono
che le persone possono apprendere meglio attraverso un’analisi delle
loro esperienze psicologiche immediate. Gli aspetti rilevanti di ogni
processo di apprendimento sono riconducibili all’esperienza emotiva
che si sviluppa nell’interazione con altre persone. Il processo di
apprendimento è regolato dalla qualità e autenticità dell’interazione
ed è connesso alla capacità di osservare, comprendere e reagire alle
altre persone. Infine il processo di apprendimento è connesso al supe­
ramento nella relazione delle resistenze al cambiamento.
64
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
• La dottrina dell’autorealizzazione di Maslow che si è occupato del rap­
porto tra bisogni, motivazione, comportamento e ha elaborato il con­
cetto di realizzazione di sé.
• Le teorie di Reich e l’importanza che esse danno al corpo. I metodi ela­
borati in questa corrente di pensiero perseguono l’obiettivo di produrre
modificazioni nell’immagine di sé tramite esercizi condotti esclusivamen­
te o come componete principale, sul corpo. Gli esercizi proposti pur
variando da metodo a metodo consistono principalmente movimenti lenti
e precisi orientati a sviluppare una consapevolezza della posizione del
corso (Metodo Feldenkrais, tecnica di Alexander Tai Chi), movimenti
espressivi e posture sotto sforzo per generare contenuti emotivi (bioener­
getica danzaterapia), manipolazioni del corpo, movimenti e contatti con
il terapista finalizzati alla comprensione ed elaborazione di contenuti
emotivi (bioenergetica, terapie psicomotorie, integrazione posturale).
• L’esistenzialismo di Sartre e in specifico l’interpretazione analitica
elaborata da R.D. Laing. È una corrente che pur interessandosi in
particolare di problemi psichiatrici ha avuto una forte influenza anche
in ambito non specialistico. È una corrente che integra le prospettive
maturate all’interno della scuola di Palo Alto (D.Jackson e G. Bate­
son) e le prospettiva della fenomenologia europea (E.Minkowski.
L.Binswanger). La sua prospettiva di intervento si fonda sulla nega­
zione del significato del termine “malattia mentale” e delinea una psi­
copatologia dell’intersoggettività attenta all’aspetto relazionale ed
esperienziale e alle distorsioni dell’esperienza comunicativa in rap­
porto al disagio psichiatrico. In questa corrente si definiscono i prin­
cipi dell’antipsichiatria e si promuovono le prime comunità terapeuti­
che autogestite. Si presenta come una corrente rilevante per gli effetti
indiretti che ha prodotto (anche a livello politico e istituzionale) sia
come modalità di intendere la malattia o il disagio e sia come contribu­
to che ha offerto nelle realizzazione di esperienze concrete di autoge­
stione dei problemi psichiatrici.
• Le dottrine e le filosofie orientali. In particolare il Buddismo Zen, il
Taoismo e il Tantra.
La figura successiva sintetizza le principali correnti di pensiero che con­
fluiscono nella prospettiva umanistica.
I metodi elaborati nell’ambito della psicologia umanistica possono essere
riclassificati in quattro macro aree. Di alcuni si è accennato nelle pagine
precedenti; gli altri si ritiene opportuno, in questa sede, indicarli ma non
analizzarli nello specifico, in quanto non sembrano al momento attuale
direttamente spendibili nelle pratiche di counseling sin qui delineate.
65
2.3 Metodi
del
counseling
CAPITOLO 2 ­ AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING
2.3 Metodi
del
counseling
METODI CHE FAVORISCONO LA CRESCITA DELLA PERSONA E LO SVILUPPO DEL POTENZIALE UMANO
Metodi che
favoriscono
la crescita
della persona
e lo sviluppo
del potenziale
umano
CORPOREI
BIOENERGETICA, INTEGRAZIONE POSTURALE,
METODO DI FELDENKRAIS, BIODANZA, ECC.
AFFETTIVI
PSICODRAMMA, CONSAPEVOLEZZA DELLA GESTALT,
CONSULENZA ROGERSIANA, CO-CONSULENZA, ECC.
INTELLETTUALI
SPIRITUALI
66
ANALISI TRANSAZIONALE, TEORIA DEI COSTRUTTI PERSONALI,
TERAPIA FAMILIARE, PNL, TERAPIA EMOTIVO-RAZIONALE, ECC.
CONSULENZA TRANSPERSONALE, PSICOSINTESI,
MEDITAZIONE DINAMICA, ECC.
CAPITOLO 3 ­ RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR
RUOLO E
COMPETENZE
DEL COUNSELOR
3.1 RUOLO
3.1 Ruolo e
funzione del
counselor
E FUNZIONE DEL COUNSELOR
È
importante richiamare come viene definito il ruolo del consulente
alla persona/counselor nella letteratura e nella riflessione corrente sulle
pratiche più diffuse. Ci avvaliamo di alcune tra le definizioni più larga­
mente utilizzate.
Il counselor è concepito come un agevolatore di processi relazionali e
riflessivi, che svolge principalmente le seguenti funzioni:
• mette in atto intenzionalmente una relazione d’aiuto nei confronti di
un soggetto che ne fa richiesta;
• promuove l’attivazione e lo sviluppo delle risorse del cliente (cogniti­
vo­riflessive, emotive, relazionali, strategiche, decisionali….);
• supporta la persona in un percorso/processo di sviluppo personale
(ascolto, condivisione, ricerca congiunta, sostegno metodologico….).
La funzione del counselor non consiste quindi nel proporre soluzioni, ma,
al contrario, nel facilitare nel soggetto la presa di decisione responsabile
attraverso interventi di comprensione­facilitazione, favorendo in tal
67
CAPITOLO 3 ­ RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR
3.1 Ruolo e
funzione del
counselor
modo lo sviluppo della sua autonomia, la crescita e maturazione persona­
le, il raggiungimento di un modo di agire più adeguato ed integrato.
Il counselor, come facilitatore e catalizzatore di processi decisionali e di
chiarificazione di problematiche esistenziali e professionali di varia natu­
ra, fa leva sulle personali risorse del soggetto, che devono solo essere sti­
molate e sollecitate attraverso il dialogo, lo sviluppo della riflessività e
metodologie di lavoro appropriate.
Nella letteratura, nella documentazione e nelle esperienze esaminate, il
counselor ha dunque un suo ruolo ben definito, che non deve essere con­
fuso con quello di un consulente esperto in processi comunicativi, né in
problem solving aziendale, né in altre problematiche di tipo tecnico o
metodologico.
Operando per differenze, si può definire:
• il consulente “di contenuto” o “di metodo” come il professionista che,
ricorrendo alle proprie conoscenze di merito e di metodo specifiche,
esprime un parere di competenza su un quesito di ordine tecnico o
metodologico;
• il consulente della persona o counselor, invece, come il professionista
che attraverso le proprie conoscenze e competenze è in grado di favo­
rire la soluzione di un quesito che crea disagio esistenziale e/o relazio­
nale a un individuo o a un gruppo di individui.
La definizione trasmessa al CNEL dalla S.I.Co. guarda al counselor come
ad una figura professionale da formare attraverso un corso di studi spe­
cifico, che può metterlo in grado di esercitare la funzione di counseling in
diversi contesti pubblici e privati.
«Il counselor è la figura professionale che, avendo seguito un corso di
studi almeno triennale, ed in possesso pertanto di un diploma rilasciato
da specifiche scuole di formazione di differenti orientamenti teorici, è in
grado di favorire la soluzione di disagi esistenziali di origine psichica che
non comportino tuttavia una ristrutturazione profonda della personalità.
L’intervento di counseling può essere definito come la possibilità di offri­
re un orientamento o un sostegno a singoli individui o a gruppi, favoren­
do lo sviluppo e l’utilizzazione delle potenzialità del cliente.
All’interno di Comunità, ospedali, scuole, università, aziende, comunità
religiose, l’intervento di Counseling è mirato da un lato nel singolo indi­
viduo nell’affrontare il conflitto esistenziale o il disagio emotivo che ne
compromettono una espressione piena e creativa, dall’altro può inserirsi
come elemento facilitante il dialogo tra la struttura e il dipendente.»
La EAC (European Association for Counselling) fornisce una definizio­
ne del counselor che istituisce una relazione con altri termini riferiti a
68
CAPITOLO 3 ­ RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR
soggetti, azioni e processi implicati nell’esercizio dell’attività di counse­
ling.
Il counselor è «una persona che offre un servizio di counseling a dei clien­
ti, in linea con la definizione di counseling della EAC, che ha livelli di
competenze e di training specifici stabiliti dalla EAC»;
• il Cliente è «una persona, una coppia, una famiglia, un gruppo o
un’organizzazione che cerca aiuto direttamente o indirettamente
attraverso una relazione di counseling»;
• la relazione di counseling si configura come «un accordo esplicito e
una relazione professionale formalmente contratta tra un counselor
ed un cliente»;
• l’incarico diretto si ha quando «la relazione di counseling è richiesta
dal cliente»;
• l’incarico indiretto si ha invece quando «la relazione di counseling con
il cliente è richiesta da un’altra persona, ad esempio un datore di lavo­
ro per conto di un dipendente, il tribunale durante un processo. In
ogni caso il cliente deve essere consenziente»;
• la cosiddetta terza persona è «una persona non coinvolta in un incari­
co diretto o indiretto. Una terza persona potrebbe essere un membro
della famiglia, un amico, un collega, il datore di lavoro o altri profes­
sionisti o il tribunale».
Nello svolgere la sua funzione, il counselor si ispira ad alcuni assunti filo­
sofici e riferimenti etico­valoriali che consistono principalmente:
• nel rispetto della persona, ovvero nell’accettazione della persona come
individuo, con la consapevolezza delle differenze personali e culturali
esistenti;
• nell’integrità della persona, ovvero nell’impegno a rispettare il diritto
dei clienti a mantenere i loro “confini” fisici ed emotivi e a non “sfrut­
tarli” in alcun modo;
• nell’autorità della persona, vale a dire nel riconoscere il diritto del
cliente di autodeterminarsi e di stabilire i propri obiettivi al fine di
raggiungere o migliorare il proprio benessere personale;
• nell’autonomia della persona, ovvero nel riconoscere la libertà del
cliente di esprimere se stesso, i suoi bisogni e le sue credenze, di pren­
dere decisioni e assumerne la responsabilità, di dirigere la propria
vita, pur subendo l’influenza delle variabili ambientali o delle predi­
sposizioni biologiche e della personalità.
In virtù di questi assunti il counselor riconosce e sostiene i bisogni, più o
meno manifesti, che le persone hanno di:
69
3.1 Ruolo e
funzione del
counselor
CAPITOLO 3 ­ RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR
3.1 Ruolo e
funzione del
counselor
• sentirsi bene con se stessi ed avere conferme positive del proprio valo­
re da parte di persone significative;
• essere congruenti e ridurre le dissonanze tra realtà esterna ed interna,
tra l’esperienza attuale e la sua rappresentazione;
• apprendere alternative emotive, cognitive e di comportamento;
• effettuare scelte e cambiamenti sia all’interno che all’esterno del siste­
ma esistenziale e di riferimento.
La EAC, prendendo in considerazione ciò che può essere ragionevolmen­
te previsto nella pratica della professione del counselor. ha definito pun­
tualmente il framework etico per i membri dell’EAC attraverso una
Carta per la Pratica Etica del counseling, basata su una serie di principi
filosofici ed etici a cui tutti i membri dell’Associazione sono tenuti a
uniformarsi.
Princìpi filosofici della Carta dell’EAC:
• i valori fondamentali di un counselor si basano sul rispetto dei diritti
umani universali e delle differenze individuali e culturali.
• i valori rafforzano un set di atteggiamenti e di competenze che hanno uno
speciale riguardo per l’integrità, l’autorità e l’autonomia del cliente.
• IL RISPETTO è l’accettazione incondizionata dei clienti ma non
necessariamente l’accettazione di tutti i loro comportamenti. I counse­
lor hanno la responsabilità di essere coscienti delle differenze indivi­
duali e culturali.
• L’INTEGRITÀ onora il diritto del cliente di mantenere i propri limiti
fisici ed emotivi e il diritto di non essere in nessun modo sfruttato.
• L’AUTORITÀ riconosce che la responsabilità di iniziare un rapporto
di counseling è interesse del cliente sia che il counseling derivi da una
richiesta diretta che indiretta.
• L’AUTONOMIA attribuisce la libertà del cliente di esprimere se stes­
so, i propri bisogni e le proprie credenze nei limiti del rispetto condi­
viso verso i diritti umani e le differenze individuali e culturali.
• LA PRIVACY protegge la relazione di counseling da un’osservazione
non autorizzata o inappropriata, da interferenze o intrusioni esterne.
• LA CONFIDENZIALITÀ rispetta le informazioni personali svelate in
una relazione di sincerità e protegge questa informazione da inappro­
priate rivelazioni ad altri.
• LA RESPONSABILITÀ richiede al counselor di assicurare seriamen­
te l’osservanza dei principi filosofici chiave, sottolineati precedente­
mente, nel servizio fornito attraverso la relazione di counseling.
• LA COMPETENZA è il requisito del counselor che assicura e mantie­
ne alti gli standard della pratica nel proprio lavoro. I counselor
70
CAPITOLO 3 ­ RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR
dovrebbero fornire solo quei servizi e usare solo quelle tecniche per le
quali essi posseggono una qualifica ottenuta attraverso un percorso
formativo, training ed esperienza.
Le dimensioni attraverso le quali i professionisti mettono in pratica i
principi indicati nella Carta per la Pratica Etica sono anche raffigurate
nello schema grafico che riproduciamo sotto (dove la terza dimensione
rappresenta come le prime due sono “applicate”).
VALORI
FONDAMENTALI RISPETTO PER
I DIRITTI UMANI
E LE DIFFERENZE
APPROCCI
(atteggiamenti)
RISPETTO
INTEGRITÀ
AUTORITÀ
RESPONSABILITÀ
AUTONOMIA
CONFIDENZIALITÀ
COMPETENZA
PRATICA (trasferimento
di abilità)
REGOLATA DA
UN CONTRATTO
CON LIMITI
ETICI
ESPLICITA
APERTA
MONITORATA
GARANTITA
DALLA PRIVACY
71
3.1 Ruolo e
funzione del
counselor
CAPITOLO 3 ­ RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR
3.2
Competenze
“core” e
competenze
professionali
specifiche
del
counselor
3.2 COMPETENZE “CORE”
E COMPETENZE PROFESSIONALI SPECIFICHE DEL
COUNSELOR
Per quanto riguarda le problematiche legate alle competenze del consulen­
te/counselor, su cui non esistono in letteratura riflessioni e contributi strut­
turati, sono senz’altro utili le indicazioni di Feltham e Dryden (1993) ripre­
se dalla Di Fabio (1999) e le osservazioni svolte da Regoliosi nel suo contri­
buto specifico relativo al consulente del lavoro socio­educativo (2002).
Feltham e Dryden (1993) individuano e descrivono le abilità di counseling
distinguendole in condizioni di base, abilità di base e microabilità.
Le condizioni di base consistono principalmente in disposizioni di base,
atteggiamenti e abilità considerate necessarie per mettere in atto interventi
di counseling efficaci: si tratta in sostanza di disponibilità e capacità di atti­
vare atteggiamenti di congruenza, empatia, accettazione positiva e incondi­
zionata dell’interlocutore e di trasferire e comunicare tutto ciò al cliente.
Se nel dibattito attuale sulle pratiche di consulenza e counseling tutti con­
cordano sul fatto che queste siano condizioni necessarie per impostare
una relazione d’aiuto proficua, non c’è invece concordanza di vedute
(vd. soprattutto gli orientamenti a carattere più direttivo) rispetto al con­
siderarle anche condizioni sufficienti, in assenza di altre skills più tecni­
co­operative e specifiche (Di Fabio, 1999).
Le abilità di base, considerate essenziali soprattutto ai fini di assicurare
una corretta ed efficace pratica operativa, consistono essenzialmente
nella capacità di:
• formulare messaggi e risposte in modo empatico;
• praticare l’ascolto attivo anche attraverso l’utilizzo di specifiche tec­
niche;
• utilizzare le strategie e le tecniche di riformulazione per riflettere le
emozioni dell’interlocutore e facilitare la progressiva chiarificazione
dei contenuti della consulenza;
• cogliere i significati insiti nel linguaggio corporeo e nella prossemica,
al fine di valutare le preferenze in tema di spazio interpersonale sia in
relazione a sé che all’altro;
• automonitorarsi in situazione;
• monitorare l’evoluzione della relazione nel qui ed ora del setting agito,
in base alle leggi e alle tecniche che regolano la dinamica del colloquio
• condurre il colloquio prestando attenzione alle fasi di svolgimento e
alle attenzioni richieste in ognuna di queste fasi;
• impostare e gestire in modo corretto la relazione evitando i rischi con­
nessi (induzione delle risposte, spontaneismo, atteggiamenti e risposte
ostacolanti il dialogo).
72
CAPITOLO 3 ­ RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR
Le microabilità sono rappresentate sostanzialmente da quell’insieme di
abilità comunicativo­relazionali indispensabili per la costruzione di una
autentica e proficua relazione d’aiuto (prestare attenzione, mantenere il
contatto visivo, usare un tono di voce appropriato, ecc.), che si acquisi­
scono attraverso quello che viene definito un “microtraining”.
Abilità del
counselor
secondo
Feltham e
Dryden
ABILITÀ DEL COUNSELOR SECONDO FELTHAM E DRYDEN
CONDIZIONI DI BASE
ABILITÀ DI BASE
ASCOLTO ATTIVO
• Empatia
• Autenticità
• Accettazione positiva
incondizionata
• Loro comunicazione
efficace alla persona
•
•
•
•
Tecnica della riformulazione
Osservazione
Autosservazione
Attenzione alle emozioni
MICROABILITÀ
•
•
•
•
•
3.2
Competenze
“core” e
competenze
professionali
specifiche
del
counselor
Contatto visivo
Tono della voce
Gestualità
Postura
Abbigliamento
73
CAPITOLO 3 ­ RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR
3.2
Competenze
“core” e
competenze
professionali
specifiche
del
counselor
Si può osservare in generale che, se alcune delle abilità descritte sopra
coincidono con le competenze comunicative relative alla gestione efficace
delle relazioni interpersonali, molte di esse appartengono nondimeno a
un contesto professionale e a un’area di competenze strutturati e specifi­
ci, quali sono in realtà il contesto della relazione d’aiuto e l’area di com­
petenze ad esso collegata nei setting propri della consulenza e del counse­
ling.
Vi è poi un aspetto di competenza legato all’acquisizione e all’apprendi­
mento delle abilità descritte sopra, il cui rilievo è messo in evidenza
soprattutto in un’ottica e in una prospettiva sperimentale (Di Fabio,
1999): «la metaconoscenza di tali abilità è in grado di determinarne un
rafforzamento ed un uso efficace» e può produrre consapevolezza rispet­
to ad un loro utilizzo individuale, «permettendo a ciascun operatore di
riconoscere le sue abilità­àncora e di cimentarsi nell’esplorazione, nel­
l’approfondimento e nella sperimentazione delle abilità solitamente meno
utilizzate».
Del contributo di Regoliosi relativo alle competenze del consulente socio­
educativo, ci preme cogliere alcune osservazioni che ci sembrano partico­
larmente stimolanti in questa sede.
Oltre al riferimento all’assolvimento dei compiti di rispecchiamento, con­
nessione, mediazione e promozione che sono propri della funzione di con­
sulenza e all’individuazione degli “attributi” essenziali a tal fine (rag­
gruppati in tre categorie: doti personali, quali empatia, capacità di atten­
dere, di ascoltare, di sostenere ansia e angoscia; abilità nell’identificare e
risolvere i problemi e conoscenza delle tecniche per facilitare tale proces­
so; competenza nella relazione con i clienti, ovvero conoscenza delle dina­
miche individuali e di gruppo e, per i consulenti che agiscono in ambito
organizzativo, capacità di analisi di una struttura organizzativa, delle sue
procedure, della sua leadership, ecc.), vengono identificati almeno due
“atteggiamenti” o disposizioni essenziali al fine di interpretare in modo
appropriato il ruolo professionale.
Uno viene definito come «atteggiamento critico e autocritico, che consen­
te al consulente di agire nella complessità, riconoscendo l’ambivalenza
insita in ogni relazione sociale, e accogliendo la possibilità che i diversi
attori sociali agiscano anche con obiettivi parzialmente contraddittori o
comunque irriducibili ad un unico disegno».
L’altro, con riferimento a Bion (1972), è identificato nelle cosiddette
capacità negative, ovvero in «quelle qualità che consentono al consulente
di fronteggiare le situazioni di crisi sapendo sostare nell’incertezza e nel
vuoto, senza cadere nella tentazione di ricercare soluzioni affrettate e di
comodo».
74
CAPITOLO 3 ­ RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR
Tenendo conto, oltre che delle indicazioni provenienti dalla letteratura,
anche del contributo di elaborazione delle principali associazioni di coun­
seling (in primo luogo EAC e S.I.Co), della testimonianza di counselor,
della esperienza di pratiche di counseling e della documentazione “gri­
gia” sulle più significative esperienze realizzate nel nostro paese, abbia­
mo cercato di individuare e definire le core competencies del counselor,
che dovrebbero rappresentare il “corredo” base comune a tutti coloro
che esercitano la funzione di counseling nei diversi ambiti e contesti d’a­
zione e con le differenti tipologie di clienti di riferimento. Altre competen­
ze, soprattutto conoscenze e abilità tecnico­metodologiche, inerenti le
problematiche specifiche e settoriali che caratterizzano la pluralità degli
ambiti/contesti/clienti delle azioni di counseling, sono da considerarsi
strettamente correlate alle aree di intervento in cui i counselor svolgono
la propria attività.
75
3.2
Competenze
“core” e
competenze
professionali
specifiche
del
counselor
CAPITOLO 3 ­ RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR
Competenze “core” del conselor
Abilità di osservazione e problem solving
• Riconoscere e comprendere le differenze culturali del soggetto abban­
donando ogni atteggiamento valutativo e giudicante
• identificare e definire le questioni poste dal soggetto in modo tale da
contribuire ad una loro “presa in carico” attraverso il processo di
counseling
• Comprendere ed elaborare le intuizioni e le interpretazioni personali
del soggetto, rivedendo il processo di counseling nei termini delle espe­
rienze da questi proposte
• Fissare, mantenere e rivedere i limiti strutturali e relazionali appro­
priati alle diverse fasi del processo di counseling
• Definire, mantenere e monitorare un contratto trasparente di consu­
lenza
• Adeguare e precisare consensualmente con la persona gli obiettivi del
counseling man mano che si procede nel percorso
• Sviluppare consapevolezza del contesto nel quale il soggetto e il coun­
selor operano affinché si creino le migliori condizioni possibili per la
relazione di consulenza
• Sviluppare consapevolezza delle modalità di influenzamento del con­
testo attraverso l’azione di counseling
• Sviluppare comprensione del significato del percorso di counseling in
modo tale che sia il soggetto che il counselor riconoscano l’esperienza
come importante
• Facilitare il passaggio delle acquisizioni maturate durante la relazione
di counseling all’esperienza quotidiana del soggetto
• Riconoscere i limiti e i confini sia professionali che personali
• Riconoscere le problematiche del soggetto che richiedono l’intervento
di un altro professionista e reindirizzarlo in modo appropriato
• Essere costantemente consapevole delle questioni etiche, degli approc­
ci appropriati e dei dilemmi etici
• Valutare il processo di counseling in termini di auto­apprendimento
• Riconoscere il bisogno di una supervisione e di un aggiornamento per­
manente
76
• Autenticità
La consapevolezza di sé nel gestire il ruolo consente al counselor di spe­
rimentare una condizione di autenticità, di essere cioè liberamente e
profondamente se stesso nella relazione. In questo senso si può parlare
di comunicazione aperta: non si tratta solo di essere un attento ascolta­
tore che accoglie e accetta il mondo dell’altro, l’aggiunta dell’autenti­
cità fa sì che si instauri una comunicazione aperta e autentica.
• Accoglienza e accettazione positiva
L’espressione fa riferimento al fatto che non vengono poste condizioni
per l’accettazione dell’altro, la persona viene apprezzata senza cade­
re nella valutazione selettiva, in quanto individuo specifico, unico, con
sentimenti ed esperienze personali. Si tratta di un sentimento sponta­
neo, positivo, senza riserve e senza valutazioni, che implica l’assenza
di qualsiasi tipo di giudizio.
• Attenzione alle proprie personali motivazioni e bisogni
È necessario che il counselor presti attenzione e tenga costantemente
monitorati quelle motivazioni e quei bisogni che possono influenzare le
modalità di gestire la relazione di consulenza e l’analisi e valutazione
dei risultati e fargli vivere in modo problematico il proprio ruolo.
Tra queste motivazioni e bisogni osserviamo:
1. need for achievement = bisogno di affermazione, di successo
• preoccupazione per la qualità formale delle proprie prestazioni
• evitamento di rapporti affettivi, situazione neutra, indipendente,
distaccata
• eventuale paura della propria e altrui affettività, controllata con
atteggiamento distaccato e anaffettivo
2. need for affiliation = bisogno di stabilire e mantenere soddisfacenti
rapporti affettivi
• bisogno di possesso, di compartecipazione emotiva
• dipendenza dagli altri
• diffidenza verso i soggetti più autonomi e maturi
• accettazione maggiore verso soggetti insicuri
77
Competenze “core” del conselor
CAPITOLO 3 ­ RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR
CAPITOLO 3 ­ RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR
Competenze professionali specifiche
Counseling di carriera e Bilancio di competenze
Essere in grado di:
• effettuare un’analisi approfondita della domanda di consulenza della
persona
• sostenere il soggetto in consulenza nella ricostruzione della propria
biografia socio­professionale e nell’individuazione delle competenze e
risorse maturate
• aiutare il soggetto a ricostruire e ampliare le informazioni inerenti le
opportunità di sviluppo professionale o formativo e/o i contesti orga­
nizzativi di riferimento, analizzandone le implicazioni e i rapporti con
le problematiche affrontate in consulenza
• aiutare il soggetto a identificare obiettivi concreti, a valutare le
opportunità e le competenze che devono essere sviluppate per otte­
nere il risultato desiderato e a definire le azioni che è necessario met­
tere in atto (definire un piano di azione giudicato pertinente e soddi­
sfacente)
• individuare e formulare strategie di risoluzione di un problema di
decisione e di presidio di un processo di cambiamento / sviluppo, defi­
nendo obiettivi, metodologie e strumenti in funzione delle esigenze del
soggetto
Sapere come:
• focalizzare le principali dimensioni e caratteristiche delle transizioni
psicosociali delle persone adulte e identificare i bisogni orientativi e di
sviluppo socio professionale specifici dei soggetti in consulenza
• riconoscere e valutare i contesti dei servizi e delle attività di orienta­
mento e bilancio di competenze per adulti (sistema dei servizi e prin­
cipali normative di riferimento; tipologia di clienti; servizi e prodotti;
processi e strutture di erogazione; ecc.)
• padroneggiare teorie e approcci del career counseling e del bilancio di
competenze (fondamentali riferimenti teorico­concettuali alla base
degli interventi di counseling in ambito professionale; principali
approcci all’esercizio del counseling di carriera e del bilancio di com­
petenze; ruolo e funzione specifica del counselor nell’ambito delle
azioni di cambiamento e sviluppo professionale; ecc.)
78
• riconoscere e valutare i fondamentali presupposti e le implicazioni
operative dei modelli teorici e metodologici di riferimento e valutarne
l’adeguatezza in relazione alle problematiche di cambiamento e alle
caratteristiche specifiche dei singoli clienti
• affrontare problemi e temi specifici del counseling di carriera
(apprendimento e cambiamento in età adulta; transizioni psicosociali
e variabili implicate nei processi di scelta e sviluppo della carriera
socio­professionale; processo decisionale e problematiche inerenti la
scelta in ambito formativo e professionale; ecc.)
• definire e istituire il setting del colloquio di consulenza in relazione
alle esigenze e alle caratteristiche dei soggetti adulti
• selezionare, adattare e utilizzare in modo appropriato metodologie,
tecniche e strumenti operativi del counseling di carriera e del bilancio
di competenze (metodologie e strumenti di conduzione del colloquio e
tecniche di comunicazione interpersonale con soggetti adulti; metodo­
logie e strumenti di analisi delle competenze e delle risorse personali,
degli interessi e delle motivazioni professionali; metodologie e tecniche
di problem setting e problem solving nell’attività di sostegno alla solu­
zione dei compiti di cambiamento e sviluppo formativo e professiona­
le; metodologie di coping per fronteggiare situazioni problematiche ed
eventi stressanti; ecc.)
• identificare le caratteristiche fondamentali di un contesto organizzati­
vo e riconoscere gli aspetti essenziali di un ruolo professionale o di una
posizione lavorativa, utilizzando informazioni di diversa natura
• valutare l’importanza degli aspetti informativi dell’attività consulen­
ziale ed individuare strategie e modalità adeguate di acquisizione delle
informazioni utili al caso
• riconoscere e fronteggiare le criticità connesse a una relazione di con­
sulenza con soggetti adulti
79
Competenze professionali specifiche
CAPITOLO 3 ­ RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR
Competenze professionali specifiche
CAPITOLO 3 ­ RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR
Counseling di orientamento
Essere in grado di:
• effettuare un’analisi approfondita della domanda e delle problemati­
che orientative specifiche della persona
• sostenere il soggetto in consulenza nella ricostruzione della propria
storia scolastica e formativa e nell’analisi e valorizzazione delle pro­
prie conoscenze, risorse, interessi e aspettative nei confronti del pro­
prio futuro formativo e professionale
• supportare il soggetto nella ricostruzione e nell’ampliamento del qua­
dro informativo inerente le opportunità scolastiche e formative, ana­
lizzandone le implicazioni e i rapporti con le problematiche specifiche
di scelta
• aiutare il soggetto a identificare piste di riflessione e alternative di
scelta, a valutare le opportunità e le conoscenze/risorse da sviluppare
per affrontare correttamente i compiti decisionali e a definire un
piano d’azione coerente
• individuare e formulare strategie di risoluzione di un problema di scel­
ta e decisione, definendo obiettivi, metodologie e strumenti in funzio­
ne delle esigenze del soggetto
Sapere come:
• focalizzare le principali dimensioni e caratteristiche delle transizioni
psicosociali di adolescenti e giovani e identificare i bisogni orientativi
specifici dei soggetti in consulenza
• riconoscere e valutare i contesti dei servizi e delle attività di orienta­
mento per adolescenti e giovani (sistema dei servizi e principali norma­
tive di riferimento; tipologia di clienti; servizi e prodotti; processi e
strutture di erogazione; ecc.)
• padroneggiare teorie e approcci del counseling di orientamento (ad
es.: fondamentali riferimenti teorico­concettuali alla base degli inter­
venti di counseling orientativo; principali approcci all’esercizio del
counseling di orientamento; ruolo e funzione specifica del counselor
nell’ambito delle azioni di orientamento; ecc.)
• riconoscere e valutare i fondamentali presupposti e le implicazioni
operative dei modelli teorici e metodologici di riferimento e valutarne
l’adeguatezza in relazione alle problematiche di scelta e alle caratteri­
stiche specifiche dei singoli clienti
• affrontare problemi e temi specifici del counseling di orientamento
(problematiche dell’adolescenza e compiti di sviluppo connessi al pro­
cesso di crescita; caratteristiche specifiche delle transizioni psicosocia­
80
•
•
•
•
•
li in ambito scolastico e formativo; processo decisionale e variabili
implicate nei processi di scelta e sostegno alle decisioni scolastiche e
formative; ecc.)
definire e istituire il setting del colloquio di consulenza in relazione alle
esigenze e alle caratteristiche proprie dei soggetti adolescenti e giovani
selezionare, adattare e utilizzare in modo appropriato metodologie,
tecniche e strumenti operativi del counseling di orientamento (ad es.:
metodologie e strumenti di conduzione del colloquio e tecniche di
comunicazione interpersonale con soggetti adolescenti e giovani; meto­
dologie e strumenti di analisi delle risorse personali e degli interessi
professionali di adolescenti e giovani; metodologie e tecniche di pro­
blem setting e problem solving nell’attività di sostegno alla soluzione
dei compiti di scelta; metodologie di coping per fronteggiare situazio­
ni problematiche ed eventi stressanti; ecc.)
identificare le caratteristiche specifiche dei differenti contesti scolasti­
ci e formativi e valutarne le implicazioni sul piano cognitivo, emotivo
e comportamentale
valutare l’importanza degli aspetti informativi dell’attività consulen­
ziale e individuare strategie e modalità adeguate di acquisizione delle
informazioni utili al caso
riconoscere e fronteggiare le criticità connesse a una relazione di con­
sulenza con soggetti adolescenti e giovani
81
Competenze professionali specifiche
CAPITOLO 3 ­ RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR
Competenze professionali specifiche
CAPITOLO 3 ­ RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR
Counseling “psicopedagogico”
Essere in grado di:
• effettuare un’analisi approfondita della domanda e delle problemati­
che di sostegno specifiche della persona
• sostenere il soggetto nella ricostruzione delle problematiche e difficoltà
incontrate in ambito scolastico o formativo, nell’analisi delle proprie
risorse e dei propri punti critici
• supportare il soggetto nella ricostruzione e nell’ampliamento del qua­
dro informativo inerente i contesti scolastici e formativi di riferimen­
to, analizzandone le implicazioni e i rapporti con le problematiche
specifiche di sostegno
• aiutare il soggetto a identificare piste di riflessione e alternative d’azio­
ne, a valutare le conoscenze/risorse da sviluppare per affrontare corret­
tamente i compiti di sviluppo e a definire un piano d’azione coerente
• individuare e formulare strategie di risoluzione di problemi di diversa
natura (di rendimento, motivazionali, relazionali…), definendo obiet­
tivi, metodologie e strumenti in funzione delle esigenze del soggetto
Sapere come:
• focalizzare le principali dimensioni e caratteristiche delle problemati­
che di crescita e integrazione di adolescenti e giovani in ambito scola­
stico e formativo e identificare i bisogni di sostegno specifici dei sogget­
ti in consulenza
• riconoscere e valutare i contesti dei servizi e delle attività di sostegno
a giovani e adolescenti nell’ambito dell’istruzione e della formazione
professionale (sistema dei servizi e principali normative di riferimen­
to; tipologia di clienti; servizi e prodotti; processi e strutture di eroga­
zione; ecc.)
• padroneggiare teorie e approcci del counseling psicopedagogico (fon­
damentali riferimenti teorico­concettuali del counseling psicopedago­
gico e principali approcci a cui si ispirano le pratiche relative; ruolo e
funzione specifica del counselor in ambito scolastico e formativo; ecc.)
• riconoscere e valutare i fondamentali presupposti e le implicazioni
operative dei modelli teorici e metodologici di riferimento e valutarne
l’adeguatezza in relazione alle problematiche di scelta e alle caratteri­
stiche specifiche dei singoli clienti
• affrontare problemi e temi specifici del counseling psicopedagogico
(problematiche dell’adolescenza e compiti di sviluppo connessi al pro­
cesso di crescita; caratteristiche specifiche dei processi di apprendi­
mento in età adolescenziale; problematiche inerenti le relazioni sim­
82
•
•
•
•
•
metriche e asimmetriche degli adolescenti con coetanei, insegnanti,
famiglie e soggetti adulti in genere; ecc.)
definire e istituire il setting del colloquio di consulenza in relazione
alle esigenze e alle caratteristiche proprie dei soggetti adolescenti e
tenendo conto del contesto di riferimento (istituzione scolastica o ser­
vizio formativo)
selezionare, adattare e utilizzare in modo appropriato metodologie,
tecniche e strumenti operativi del counseling psicopedagogico (meto­
dologie e strumenti di conduzione del colloquio e tecniche di comuni­
cazione interpersonale con soggetti adolescenti; metodologie e stru­
menti di analisi delle risorse personali, degli interessi e delle motiva­
zioni di adolescenti e giovani; metodologie e tecniche di problem set­
ting e problem solving nell’attività di sostegno all’assolvimento dei
compiti di sviluppo; metodologie di coping per fronteggiare situazioni
problematiche ed eventi stressanti; ecc.)
identificare le caratteristiche specifiche dei differenti contesti scolasti­
ci e formativi e valutarne le implicazioni sul piano cognitivo, emotivo
e comportamentale
valutare l’importanza degli aspetti informativi dell’attività consulen­
ziale e individuare strategie e modalità adeguate di acquisizione delle
informazioni utili al caso
riconoscere e fronteggiare le criticità connesse a una relazione di con­
sulenza con soggetti adolescenti e giovani
83
Competenze professionali specifiche
CAPITOLO 3 ­ RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR
Competenze professionali specifiche
CAPITOLO 3 ­ RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR
Counseling per le problematiche socio­sanitarie
Essere in grado di:
• effettuare un’analisi approfondita della domanda e delle problemati­
che di supporto specifiche della persona
• sostenere il soggetto nell’accettazione della situazione problematica e
nell’elaborazione degli stati emotivi ad essa connessi, valorizzando le
risorse disponibili e attivabili
• supportare il soggetto nella ricostruzione e nell’incremento delle infor­
mazioni relative alla propria situazione, analizzandone le implicazio­
ni e i rapporti con le problematiche specifiche di sostegno
• individuare e definire con il soggetto strategie comportamentali ade­
guate e sostenibili, valutandone la pertinenza e la praticabilità in rela­
zione alle problematiche psicologiche ed esistenziali presenti nella spe­
cifica situazione
Sapere come:
• focalizzare le principali dimensioni e caratteristiche delle problema­
tiche affrontate dalle persone in situazione di deficit e disagio psicofi­
sico e identificare i bisogni di supporto specifici dei soggetti in consu­
lenza
• riconoscere e valutare il contesto dei servizi socio­sanitari e assisten­
ziali del territorio di riferimento (sistema territoriale dei servizi sani­
tari, sociali e assistenziali e delle azioni/programmi di aiuto a persone
colpite da traumi o malattie gravi; natura e caratteristiche dei servizi,
tipo di prestazioni erogate, criteri e modalità di accesso; ecc.)
• padroneggiare teorie e approcci del counseling per le problematiche
socio­sanitarie (fondamentali riferimenti teorico­concettuali alla base
degli interventi di counseling “sanitario”; principali approcci all’eser­
cizio del counseling di sostegno a persone malate o traumatizzate;
ruolo e funzione specifica del counselor in ambito sanitario; ecc.)
• riconoscere e valutare i fondamentali presupposti e le implicazioni
operative dei modelli teorici e metodologici di riferimento e valutarne
l’adeguatezza in relazione alle problematiche di scelta e alle caratteri­
stiche specifiche dei singoli soggetti
• affrontare problematiche e temi specifici del counseling in ambito
sanitario (problematiche di rifiuto/accettazione dei disagi psicofisici
connessi con le malattie e i traumi; gestione delle informazioni sanita­
rie nel processo di counseling; ecc.)
• definire e istituire il setting del colloquio di consulenza in relazione
alle esigenze e alle caratteristiche proprie dei soggetti in situazione di
84
disagio psicofisico e tenendo conto del contesto di riferimento (ambien­
te ospedaliero, struttura sanitaria o servizio sociosanitario)
• selezionare, adattare e utilizzare in modo appropriato metodologie,
tecniche e strumenti operativi del counseling in ambito sanitario
(metodologie e strumenti di conduzione del colloquio e tecniche di
comunicazione interpersonale con soggetti in situazione di malattia o
colpiti da traumi di diversa natura; metodologie e tecniche di problem
setting e problem solving nell’attività di sostegno alle persone in situa­
zione di disagio e crisi psicofisiche; metodologie di coping per fronteg­
giare situazioni problematiche ed eventi stressanti; ecc.)
• valutare l’importanza degli aspetti informativi dell’attività consulen­
ziale e individuare strategie e modalità adeguate di acquisizione delle
informazioni utili al caso
• riconoscere e fronteggiare le criticità connesse a una relazione di con­
sulenza con soggetti in situazione di deficit e disagio psicofisico
85
Competenze professionali specifiche
CAPITOLO 3 ­ RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR
Competenze professionali specifiche
CAPITOLO 3 ­ RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR
Counseling per le relazioni di coppia e la famiglia
Essere in grado di:
• effettuare un’analisi approfondita della domanda e delle problemati­
che di supporto specifiche della persona singola, della coppia o del
nucleo familiare
• sostenere il soggetto nella ricostruzione delle problematiche inerenti il
funzionamento della coppia o della famiglia di appartenenza e nell’a­
nalisi delle aspettative e motivazioni nei confronti delle relazioni con il
partner o con altri membri del nucleo familiare (genitori, figli, fratel­
li e sorelle…)
• supportare il soggetto nella ricostruzione e nell’incremento delle infor­
mazioni relative alla propria situazione, identificando eventuali pro­
blematiche relative ad abusi o violenze nell’ambito della coppia o del
nucleo familiare e analizzandone le implicazioni sulle problematiche
specifiche di sostegno
• individuare e formulare strategie di risoluzione di un problema di scel­
ta e di presidio di un processo decisionale, definendo obiettivi, meto­
dologie e strumenti in funzione delle esigenze del soggetto singolo, della
coppia o del nucleo familiare
Sapere come:
• focalizzare le principali dimensioni e caratteristiche delle problemati­
che affrontate dalle coppie e dalle famiglie e identificare i bisogni di
supporto specifici dei soggetti in consulenza (singoli e non)
• riconoscere e valutare contesto dei servizi sociali e assistenziali del ter­
ritorio di riferimento (sistema territoriale dei servizi socio­assistenzia­
li e delle azioni/progetti di supporto alle coppie e alle famiglie; natura
e caratteristiche dei servizi, tipo di prestazioni erogate, criteri e moda­
lità di accesso; ecc.)
• padroneggiare teorie e approcci del counseling per le relazioni familiari
(fondamentali riferimenti teorico­concettuali alla base degli interventi
di counseling “relazionale”; principali approcci all’esercizio del counse­
ling “relazionale”; ruolo e funzione specifica del counselor nell’ambito
delle azioni di consulenza per le relazioni di coppia e la famiglia; ecc.)
• riconoscere e valutare i fondamentali presupposti e le implicazioni
operative dei modelli teorici e metodologici di riferimento e valutarne
l’adeguatezza in relazione alle problematiche di scelta e alle caratteri­
stiche specifiche dei singoli soggetti, coppie e nuclei familiari
• affrontare problematiche e temi specifici del counseling per le relazio­
ni familiari (problematiche connesse alle aspettative di ruolo e alle
86
•
•
•
•
dinamiche relazionali presenti all’interno delle coppie e dei nuclei
familiari; processo decisionale e variabili implicate nei processi di scel­
ta e sostegno alle decisioni in ambito familiare; ecc.)
definire e istituire il setting del colloquio di consulenza in relazione
alle esigenze e alle caratteristiche del soggetto o dei soggetti coinvolti
selezionare, adattare e utilizzare in modo appropriato metodologie,
tecniche e strumenti operativi del counseling “relazionale” (metodolo­
gie e strumenti di conduzione del colloquio e tecniche di comunicazio­
ne interpersonale nell’ambito di relazioni diadiche, triadiche e coin­
volgenti un intero nucleo familiare; tecniche di negoziazione e gestione
dei conflitti; metodologie e tecniche di problem setting e problem sol­
ving nell’attività di sostegno al cambiamento, alla presa di decisione,
al miglioramento delle relazioni familiari; metodologie di coping per
fronteggiare situazioni problematiche ed eventi stressanti; ecc.)
valutare l’importanza degli aspetti informativi dell’attività consulen­
ziale e individuare strategie e modalità adeguate di acquisizione delle
informazioni utili al caso
riconoscere e fronteggiare le criticità connesse a una relazione di con­
sulenza complessa, che coinvolge direttamente o indirettamente una
pluralità di soggetti
87
Competenze professionali specifiche
CAPITOLO 3 ­ RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR
CAPITOLO 4 ­ FORMAZIONE DEL COUNSELOR
FORMAZIONE
DEL COUNSELOR
4.1 IL
4.1 Il
counseling
nei paesi
anglosassoni
COUNSELING NEI PAESI ANGLOSASSONI
S
tabilire esattamente quale sia il periodo in cui nasce il counseling
non è cosa facile. Si può individuare un primo tentativo alla fine del 1800,
quando nel mondo anglosassone partirono dei programmi di orientamen­
to e di guida professionale (guidance) come supporto ai giovani al termi­
ne della scuola elementare e superiore. All’inizio del 1900 si assiste al fio­
rire di associazioni che si propongono di fornire un supporto agli indivi­
dui nel percorso professionale e di studio, soprattutto all’interno delle
università e dei campus statunitensi.
Ma è senza dubbio Carl Rogers che getta le fondamenta del counseling
vero e proprio e ne conia il termine nel 1940 nel suo libro Counseling e
Psicoterapia, che introduce un approccio non direttivo di psicoterapia e
incoraggia un intervento centrato sul cliente e sui suoi bisogni, favoren­
do la creazione di una vera e propria relazione emotiva tra counselor e
cliente.
A questo fa seguito nel 1952 la nascita in Usa dell’American Counseling
Association (www.counseling.org) per regolamentare il tumultuoso svi­
89
CAPITOLO 4 ­ FORMAZIONE DEL COUNSELOR
4.1 Il
counseling
nei paesi
anglosassoni
luppo americano del counseling come strumento di consulenza e di edu­
cazione.
Secondo l’American Counseling Association, il counseling negli Stati
Uniti è attualmente praticato in 44 stati, aderenti all’associazione e da
ottantamila counselor che hanno conseguito un attestato di licenza o una
certificazione professionale.
Il counseling, proprio per la sua natura di fornire supporto a chi si trova
a dover affrontare un periodo di difficoltà, viene praticato negli Usa da
chiunque nel suo lavoro si trovi a dover aiutare, guidare e sostenere una
persona: medici, assistenti sociali, educatori, insegnanti, pedagogisti,
infermieri, animatori, volontari, formatori del personale, fisioterapisti,
sacerdoti.
In Europa, il counseling si afferma negli anni ’70 in Gran Bretagna,
come strumento utile sia di orientamento che di supporto soprattutto nei
servizi sociali e di volontariato, per poi allargarsi a macchia d’olio in mol­
tissimi altri settori sociali e lavorativi.
Vengono create successivamente due importanti associazioni di riferimen­
to, nel 1970 la British Association for Counseling (www.bacp.co.uk) e nel
1994 l’European Association for Counseling.
Anche in ambito lavorativo il counseling è nato negli Usa e si è presenta­
to con differenti modalità operative.
La prima compare intorno agli anni ’60 con il diffondersi dei principi
delle Human Relations per prevenire e, soprattutto, per far fronte prin­
cipalmente ad effetti di disagio derivanti da una inadeguata interazione
soggetto­lavoro. Le cause di tale misfit potevano essere legate a problemi
individuali o dell’organizzazione stessa.
La seconda modalità si avvicina, sino a confondersi, alle pratiche di
orientamento professionale tese a facilitare le scelte formative o di inseri­
mento professionale. Nei paesi anglosassoni si usa a questo proposito il
termine di vocational o career guidance per indicare una serie di attività
che vanno dal semplice fornire informazioni sul mondo del lavoro all’in­
segnare certe abilità professionali di carattere generale.
La terza modalità riguarda il career counseling, ovvero un processo di
potenziamento delle capacità di farsi carico delle decisioni che riguarda­
no la propria vita professionale. Tale processo rende possibile alle perso­
ne di riconoscere ed utilizzare le proprie risorse per prendere decisioni
legate alla propria carriera e gestire meglio i problemi che essa può pro­
vocare.
La diffusione di internet nel mondo sta favorendo lo sviluppo di modalità
di comunicazione sempre più sofisticate e incentrate sulla rapidità degli
scambi comunicativi.
90
CAPITOLO 4 ­ FORMAZIONE DEL COUNSELOR
L’idea di fornire servizi informativi per la salute a carattere volontaristi­
co e siti di counseling psicologico online a pagamento fa parte della tradi­
zione statunitense dell’advice giving (“dare consigli”), che da almeno
dieci anni si è sviluppata oltre oceano.
Il concetto di counseling online comprende “la pratica e l’erogazione di
informazioni che avviene quando un cliente e un consulente sono in loca­
lità distanti e utilizzano tecnologie elettroniche per comunicare attraver­
so internet” ed è regolato negli Usa da un decalogo etico contenente prin­
cipi standard di riferimento.
Vengono utilizzati sistemi di comunicazione come chat­line e e­mail,
attraverso le quali il counselor dispensa aiuto e informazioni al cliente
senza mai incontrarlo né senza mai sentire la sua voce.
Nei paesi anglosassoni questo tipo di intervento di counseling è molto
apprezzato poiché permette l’anonimato e la fruizione del servizio diret­
tamente da casa.
4.2 FORMAZIONE
DEL COUNSELOR: STATO DELL’ARTE DELLE SCUOLE E DEI
CORSI DI FORMAZIONE NEL NOSTRO PAESE
Da un’accurata ricerca effettuata in rete e in archivi informativi car­
tacei è emerso un fiorente tessuto di scuole e di enti che promuovono
corsi per counselor in Italia, a dimostrazione del fatto che nel nostro
paese la pratica del counseling, benché giovane, è in progressiva asce­
sa ed è presumibilmente destinata a svilupparsi e consolidarsi ulterior­
mente.
La sensazione che ci proviene da questa esplorazione è che, come spesso
accade, la formazione sia più “avanti” della pratica effettiva e assuma in
qualche modo una funzione di stimolo e promozione nei confronti di
questa.
La popolazione di destinatari alla quale sono indirizzati i vari corsi è
molto ampia e va dai semplici interessati all’argomento agli psicologi,
dagli operatori socio­sanitari agli insegnanti, dai medici ai formatori.
Ogni scuola ha la sua ispirazione teorica più o meno riconosciuta, attra­
verso la quale cerca di accreditare una o più versioni teoriche e traduzio­
ni applicative del counseling, pur riconoscendo in generale a questa pra­
tica le sue prerogative di intervento di sostegno e facilitazione, che, come
abbiamo cercato di testimoniare in questo contributo, sono ormai patri­
monio comune dei differenti approcci sia nella letteratura specializzata
che nelle pratiche correnti a livello internazionale.
La maggior parte dei corsi ha una durata triennale ed in alcuni è previ­
sto un quarto anno aggiuntivo di specializzazione. Le lezioni si tengono
91
4.1 Il
counseling
nei paesi
anglosassoni
4.2
Formazione
del
counselor:
stato
dell’arte
delle scuole
e dei corsi
di
formazione
nel nostro
paese
CAPITOLO 4 ­ FORMAZIONE DEL COUNSELOR
4.2
Formazione
del
counselor:
stato
dell’arte
delle scuole
e dei corsi
di
formazione
nel nostro
paese
generalmente nei weekend per andare incontro alle esigenze di coloro che
durante la settimana svolgono la propria attività lavorativa.
Tra le discipline e gli argomenti affrontati, è possibile riconoscere un
“core” di discipline base comuni a quasi tutti i corsi quali psicologia gene­
rale, psicologia sociale, psicologia dinamica e psicologia dei gruppi.
Ovviamente ogni scuola ha discipline e tematiche specifiche in relazione
alla propria ispirazione teorica e alle proprie intenzioni formative.
Per quanto riguarda i titoli rilasciati al termine dei corsi, non tutte le
scuole nei propri programmi sono esaustive sull’argomento, spesso non si
fa neppure menzione dell’esito del percorso formativo in termini di titolo
o comunque riconoscimento acquisibile.
L’Istituto Nazionale per il Counseling, la Società Italiana di Biosistemica,
la Scuola di Psicosintesi e Coama­Lidap rilasciano, previa stesura di una
tesi e superamento di una prova finale, un “diploma di Counselor”, tito­
lo riconosciuto dalla SICo (Società Italiana Counseling).
La Scuola di Counseling Orgonomico e la Scuola di Counseling Psicodi­
namico rilasciano un diploma di Counselor ma non è specificato se abbia
un riconoscimento legale.
La FENASPIC, Federazione Nazionale ASPIC rilascia il diploma di
Counselor che consente l’iscrizione alla REICO (Registro Italiano dei
Counselor) e al CNCP (Coordinamento Nazionale dei Counselors Profes­
sionisti).
L’Università Cattolica del Sacro Cuore rilascia un certificato di specializ­
zazione post­diploma.
Nel 2003 si è costituita la prima Università Popolare del Counselling
(U.P. ASPIC), nata dall’esperienza dell’Associazione per lo Sviluppo Psi­
cologico dell’Individuo e della Comunità (ASPIC), orientata a sviluppare
le funzioni ed il ruolo delle Università Popolari (nate in Italia verso la fine
dell’800) e ad operare secondo i principi moderni del lifelong learning.
L’U.P. ASPIC è associata alla Confederazione Nazionale delle Università
Popolari – CNUPI ed è riconosciuta dal CNCP.
92
CAPITOLO 4 ­ FORMAZIONE DEL COUNSELOR
4.2
Formazione
del
counselor:
stato
dell’arte
delle scuole
e dei corsi
di
formazione
nel nostro
paese
Mappa delle principali scuole e corsi di counseling in Italia
� ASPIC
Scuola superiore europea di counseling professionale
Master esperienziale “gestalt counseling”
Obiettivi
Acquisire abilità relazionali, sviluppare competenze tecniche, elaborare
un proprio stile personale
Destinatari
Tutte le professioni sanitarie ed operatori front­line in contatto con il
pubblico
Tempi e metodologie
Il corso base teorico­pratico è biennale e si sviluppa in 300 ore. Il terzo
anno prevede 100 ore di didattica teorico­pratica e 50 ore di supervisio­
ne. Viene privilegiata una metodologia di insegnamento teorico­esperien­
ziale basato sul principio dell’apprendere attraverso l’osservazione e la
pratica
Ispirazione teorica
Il quadro di riferimento teorico­applicativo è basato sui principi dell’in­
dirizzo “fenomenologico­esistenziale” della Psicologia Umanistica che
integra “l’Approccio Non­Direttivo Centrato sulla Persona” (C. Rogers)
e le tecniche espressive della “Gestalt” (F. Perls). Il corso prevede inoltre
l’acquisizione di competenze in Problem­Solving e tecniche di sostegno
per sviluppare le potenzialità cognitivo­emozionali a livello personale ed
interpersonale
Alcuni argomenti del corso
La psicologia umanistica esistenziale e il counseling
La riformulazione. Tecnica base del counseling
Empowerment e comunità
Transfert e Controtransfert relazionale
Il Counseling tra Salutogenesi e Patogenesi (DSM IV)
L’approccio della Gestalt: radici storiche e sviluppi
Body Mind Counseling
93
CAPITOLO 4 ­ FORMAZIONE DEL COUNSELOR
4.2
Formazione
del
counselor:
stato
dell’arte
delle scuole
e dei corsi
di
formazione
nel nostro
paese
Il counseling nei disturbi del comportamento alimentare
PNL
L’uso delle metafore e dei sogni nel counseling
Aspetti giuridici, etici e deontologici dell’attività di counseling
Il programma, essendo conforme agli standard europei, ed il titolo rico­
nosciuto anche in Europa, consente di iscriversi immediatamente alla
REICO Registro Italiano dei Counselor e al CNCP (Coordinamento
Nazionale dei Counselors Professionisti)
94
CAPITOLO 4 ­ FORMAZIONE DEL COUNSELOR
� ASPIC
Master in Arte terapia e counseling espressivo
Obiettivi
Formare operatori in grado di progettare e di condurre atelier di artete­
rapia per utilizzare il medium artistico nel trattamento terapeutico
Destinatari
Insegnanti, educatori, operatori sociali e sanitari, artisti, studenti di psi­
cologia e chiunque abbia la sensibilità di intraprendere un percorso di
crescita verso l’arte e la creatività
Tempi e metodologie
Il corso base teorico­pratico biennale si sviluppa in 300 ore. Il terzo anno
prevede 100 ore di didattica teorico­pratica e 50 ore di supervisione. Gli
incontri si svolgono un week­end al mese
Ispirazione teorica
L’arteterapia si inserisce nel modello delle Psicoterapie Umanistico­Esi­
stenziali e promuove un approccio integrato
95
4.2
Formazione
del
counselor:
stato
dell’arte
delle scuole
e dei corsi
di
formazione
nel nostro
paese
CAPITOLO 4 ­ FORMAZIONE DEL COUNSELOR
4.2
Formazione
del
counselor:
stato
dell’arte
delle scuole
e dei corsi
di
formazione
nel nostro
paese
� ASPIC
Master esperienziale in Counseling per l’età evolutiva
Obiettivi
Formare professionisti esperti sul piano psicologico, educativo e riabili­
tativo per agire efficacemente nei sistemi affettivo­relazionali, soggettivi e
familiari
Destinatari
Tutti coloro che interagiscono professionalmente con bambini, adolescen­
ti, giovani e famiglie, in contesti socio­educativi, sanitari, istituti scolasti­
ci e professionali
Tempi e metodologie
Il corso è triennale e prevede 450 ore teorico­esperienziali
Alcuni argomenti del corso
Teorie e tecniche di base del Counseling psicopedagogico integrato
Approfondimento in tecniche psicoeducative, motivazionali e strategie
abilitative di gruppo e di comunità
Applicazioni professionali del Counseling in contesti specifici
96
CAPITOLO 4 ­ FORMAZIONE DEL COUNSELOR
� ASPIC
Master in Counseling dei sistemi intimi e identità di genere
Obiettivi
Il master è finalizzato all’apprendimento dei principali aspetti che carat­
terizzano lo stile nelle relazioni intime nel ciclo di vita, gli schemi affetti­
vi e l’identità di genere
Destinatari
Tutte le professioni socio­sanitarie, psicologi, consulenti di coppia e
mediatori familiari
Tempi e metodologie
Il corso si svolge in tre fasi e prevede 450 ore teorico­esperienziali; il
corso annuale ha l’obiettivo di formare operatori alle tecniche del Coun­
seling dei Sistemi Intimi e Identità di genere
Alcuni argomenti del corso
La sessualità nel ciclo di vita
Sessualità e cultura: antropologia della coppia
Identità sessuale e di genere: confronto e integrazione
Applicazioni del Counseling nei sistemi intimi
La formazione nei sistemi intimi per gli operatori dei servizi socio­educa­
tivi e socio­assistenziali
Workshop residenziali
Attività collaterali obbligatorie (tirocinio e lavoro personale)
97
4.2
Formazione
del
counselor:
stato
dell’arte
delle scuole
e dei corsi
di
formazione
nel nostro
paese
CAPITOLO 4 ­ FORMAZIONE DEL COUNSELOR
4.2
Formazione
del
counselor:
stato
dell’arte
delle scuole
e dei corsi
di
formazione
nel nostro
paese
� ASPIC
Master di counseling aziendale
Obiettivi
Aumentare il benessere nei contesti lavorativi; agevolare la comunicazio­
ne, motivare al lavoro, migliorare la qualità e la produttività
Destinatari
Manager, responsabili del personale e della gestione delle risorse umane,
gruppi di lavoro e singoli lavoratori che si trovino ad affrontare momen­
ti di cambiamento.
Tempi e metodologie
Il corso è triennale e prevede 450 ore teorico­esperienziali
Alcuni argomenti del corso
La comunicazione assertiva in azienda
L’ascolto efficace
Lo sviluppo della leadership
La gestione delle riunioni
La comunicazione nelle organizzazioni
Career counseling
98
CAPITOLO 4 ­ FORMAZIONE DEL COUNSELOR
� ASPIC
Corso introduttivo al counseling nella relazione di aiuto
Obiettivi
Migliorare le capacità di ascolto e di risposta supportiva ai propri inter­
locutori e offrire momenti di orientamento nella presa di decisioni varie
Destinatari
Operatori e professionisti di diversi ambiti di appartenenza che intendo­
no acquisire gli strumenti e le tecniche di base della prassi comunicativa
del Counseling
Tempi e metodologie
30% teoria e 70% pratica guidata
Ispirazione teorica
Il quadro di riferimento teorico applicativo è il Counseling non direttivo
centrato sulla persona (Carl Rogers) con addestramento mediante eserci­
tazioni pratiche
Alcuni argomenti del corso
Principi teorici e teoria delle tecniche con un docente
Addestramento pratico guidato in CUS
Counseling individuale nel gruppo agevolato da un Trainer
Il corso conferisce 45 Crediti E.C.M.
99
4.2
Formazione
del
counselor:
stato
dell’arte
delle scuole
e dei corsi
di
formazione
nel nostro
paese
CAPITOLO 4 ­ FORMAZIONE DEL COUNSELOR
4.2
Formazione
del
counselor:
stato
dell’arte
delle scuole
e dei corsi
di
formazione
nel nostro
paese
� ASPIC
Counseling del comportamento alimentare
Obiettivi
Promuovere atteggiamenti educativi e culturali aperti a nuove conoscen­
ze nel campo della nutrizione, apprendere strategie di sostegno e di riso­
luzione a problematiche correlate alla relazione “stress­cibo­emozione­
corporeità”
Destinatari
Medici, nutrizionisti, psichiatri, psicologi
Tempi e metodologie
30% teoria e 70% di pratica guidata. Una domenica al mese per 11 mesi
Alcuni argomenti del corso
Principi della nutrizione e aspetti biologici del comportamento alimentare
Counseling rogersiano e tecniche espressive
Approccio integrato nella prevenzione e trattamento dei disturbi del com­
portamento alimentare
100
CAPITOLO 4 ­ FORMAZIONE DEL COUNSELOR
� A.C. FISCHER
Scuola di counseling psicodinamico­relazionale­sociale
Corso di counseling ad indirizzo psicodinamico
Obiettivi
Favorire l’evoluzione consapevole dell’essere umano mediante lo svilup­
po e l’integrazione delle capacità razionali, emotive, spirituali, espressi­
ve e comunicative
Tempi e metodologie
800 ore distribuite in 3 anni, di cui 550 tra didattica, esercitazioni e
supervisione, 100 ore di formazione in gruppo. 150 di tirocinio. Eventua­
le formazione individuale
Ispirazione teorica
Linee fondamentali di Freud, Jung, Adler, Bion, De Bono, Dryden,
Rogers, Maslow, Sandler, e altri, oltre a testi specifici di filosofia, di
sociologia e di Counseling
Alcuni argomenti del corso
Psicodinamica
Psicologia generale
Psicologia dello sviluppo
Psicologia sociale
Il significante nel counseling: attivazione dei processi psicodinamici
Laboratorio psicodinamico creativo
Counseling di gruppo
Psicopatologia
Psicologia cognitiva e comunicazione efficace
101
4.2
Formazione
del
counselor:
stato
dell’arte
delle scuole
e dei corsi
di
formazione
nel nostro
paese
CAPITOLO 4 ­ FORMAZIONE DEL COUNSELOR
4.2
Formazione
del
counselor:
stato
dell’arte
delle scuole
e dei corsi
di
formazione
nel nostro
paese
� LABORATORIO DI RICERCA E SVILUPPO
Istituto nazionale per il counseling
Scuola triennale di counseling psicologico
Obiettivi
Trasferire approfondite competenze professionali nel campo della forma­
zione personale attraverso il counseling
Destinatari
Medici e psicologi iscritti ai rispettivi ordini
Tempi e metodologie
450 ore complessive distribuite in 3 anni, ripartite in 57 giorni.
Ispirazione teorica
La totalità delle risorse scientifiche, sperimentali, di ricerca, teoriche,
professionali, tecniche, pratiche ed esperienziali della psicologia
Alcuni argomenti del corso
Storia della psicologia, dello psicologo e del counselor
Psicologia della personalità
Gli stati di coscienza e la Formazione Personale
Psicologia sociale
Teoria della comunicazione ipnotica
Il modello della Psicotecnica
Campi applicativi del counseling psicotecnico
102
CAPITOLO 4 ­ FORMAZIONE DEL COUNSELOR
� LABORATORIO DI RICERCA E SVILUPPO
Istituto nazionale per il counseling
Scuola triennale in tecniche attive di counseling
Obiettivi
Trasferire approfondite competenze professionali nel campo della forma­
zione personale attraverso il counseling
Destinatari
Tutti coloro i quali hanno acquisito un diploma di scuola superiore, o
qualsiasi tipo di laurea, e particolarmente ai professionisti della forma­
zione, della salute e della relazione d’aiuto
Tempi e metodologie
450 ore complessive distribuite in 3 anni, ripartite in 57 giorni
Ispirazione teorica
La totalità delle risorse scientifiche, sperimentali, di ricerca, teoriche,
professionali, tecniche, pratiche ed esperienziali della psicologia
Alcuni argomenti del corso
Storia della psicologia, dello psicologo e del counselor
Psicologia della personalità
Gli stati di coscienza e la Formazione Personale
Psicologia sociale
Teoria della comunicazione ipnotica
Il modello della Psicotecnica
Campi applicativi del counseling psicotecnico
103
4.2
Formazione
del
counselor:
stato
dell’arte
delle scuole
e dei corsi
di
formazione
nel nostro
paese
CAPITOLO 4 ­ FORMAZIONE DEL COUNSELOR
4.2
Formazione
del
counselor:
stato
dell’arte
delle scuole
e dei corsi
di
formazione
nel nostro
paese
� SAHA
Counseling del ciclo di vita
Scuola triennale di formazione per una relazione d’aiuto nelle
difficoltà del vivere quotidiano
Obiettivi
Attuare efficaci relazioni d’aiuto nei confronti di persone che esprimono
un disagio esistenziale e/o relazionale, favorendone l’evoluzione in un’ot­
tica transpersonale; approcciarsi ai disagi psicologici ed esistenziali leg­
gendoli come situazioni derivanti dall’incapacità dell’uomo di entrare in
contatto con quelle potenzialità che gli consentirebbero (dopo aver supe­
rato ma non negato il proprio Io) di accedere all’istanza superiore del Sé
Tempi e metodologie
432 ore in 3 anni distribuite in 27 weekend
Ispirazione teorica
Si tratta una rete di modelli teorici e pratici, con l’eccezione dei gruppi di
terapia che vengono proposti secondo l’insegnamento sistemico­fenome­
nologico di Bert Hellinger, attraverso la tecnica della messa in scena delle
Costellazioni Familiari. Da un lato, i modelli cui la Scuola fa riferimento
provengono dagli insegnamenti di diverse tradizioni spirituali e dall’al­
tro, la si rifà al lavoro di A.H. Maslow, C. Rogers, a psicoterapeuti esper­
ti in terapie brevi come F. Alexander, ad appartenenti del filone della psi­
coterapia transpersonale o, meglio, della guarigione spirituale come R.
Young
Alcuni argomenti del corso
Psicologia Generale
Psicologia dell’età evolutiva
Psicologia Dinamica
Psicologia Sociale
Counselling del Ciclo di Vita
Teorie e Tecniche della Comunicazione
Tecniche di Counselling
Psicopatologia
Filosofia e Antropologia
Il Counselling Transculturale
104
CAPITOLO 4 ­ FORMAZIONE DEL COUNSELOR
� ACCADEMIA PER LA RIPROGRAMMAZIONE
Corso di counseling della riprogrammazione esistenziale
Obiettivi
Aiutare le persone a valorizzare come elemento evolutivo le proprie situa­
zioni di stress, mediare in ambito aziendale, socio­sanitario, scolastico e
sociale, aiutare le persone nella tutela e nel mantenimento della propria
salute attraverso strumenti naturopatici e bioenergetici
Destinatari
Tutti coloro in possesso di un diploma di scuola media superiore
Tempi e metodologie
374 ore di formazione teorico­pratica in 3 anni, 37 ore di percorso indi­
viduale
Ispirazione teorica
La riprogrammazione esistenziale
Alcuni argomenti del corso
Psicologia programmatica
Principi del counseling
Il concetto di riprogrammazione
Procedura della riprogrammazione energetica
Gli ambiti di applicazione della riprogrammazione
Il ruolo delle medicine energetiche
Principi di diritto
105
4.2
Formazione
del
counselor:
stato
dell’arte
delle scuole
e dei corsi
di
formazione
nel nostro
paese
CAPITOLO 4 ­ FORMAZIONE DEL COUNSELOR
4.2
Formazione
del
counselor:
stato
dell’arte
delle scuole
e dei corsi
di
formazione
nel nostro
paese
� CSTG
Centro studi di terapia della GESTALT
Corso di counseling per insegnanti
Obiettivi
Potenziare l’abilità relazionale ed educativa, la flessibilità nel gestire le
dinamiche di classe, le competenze per affrontare i soggetti in età evolu­
tiva
Destinatari
Insegnanti di ogni ordine e grado
Tempi e metodologie
80 ore complessive in 10 moduli di 8 ore con scadenza mensile di esposi­
zioni teoriche, lavori di gruppo e supervisione di casi
Ispirazione teorica
Approccio umanistico­gestaltico con integrazioni tratte dai modelli siste­
mico­relazionale, cognitivo­costruttivista e della Programmazione neuro­
linguistica (PNL)
Alcuni argomenti del corso
Fondamenti teorici ed epistemologici del counseling a orientamento
gestaltico
Principi di psicologia dell’età evolutiva e di psicologia dinamica
La relazione Io­mondo. Teoria della comunicazione e dei sistemi
Lavoro sulla consapevolezza sensoriale, emozionale, cognitiva, relazionale
Relazione io ­ tu: tecniche di ascolto partecipe
Tecniche di dinamica di gruppo
106
CAPITOLO 4 ­ FORMAZIONE DEL COUNSELOR
� COAMA ­ LINDAP
Counseling e orientamento all’auto­mutuo aiuto
Obiettivi
Promuovere la cultura e la metodica della Relazione d’aiuto nei diversi
contesti sociali e operativi attraverso la formazione di Counselor
Destinatari
Tutti coloro che desiderano acquisire strumenti efficaci nella relazione
d’aiuto
Tempi e metodologie
675 ore, strutturate in tre moduli formativi annuali, composti ognuno da
140 ore di didattica, comprese fra lezioni d’aula, esercitazioni, laborato­
ri esperienziali. 43 ore di tirocinio, ricerca e documentazione, pratica
professionale supervisionata e 42 ore (minimo) di formazione personale,
individuale e /o di gruppo
Ispirazione teorica
Filosofia e metodica pratica dell’auto­mutuo aiuto; integrazine di tecniche
di “Comunicazione Ecologica” con i tradizionali approcci al Counseling,
legandosi ai tre principali orientamenti della psicologia contemporanea
Alcuni argomenti del corso
Orientamento all’auto mutuo aiuto
L’intervento di counseling nelle dipendenze affettive
Counseling e prevenzione del burn­out
Le parole dell’aiuto: teorie e tecniche del counseling sanitario
Lo sport come valore: il counseling nella pratica sportiva
Sopravvivere alla scuola: percorsi di riflessione
107
4.2
Formazione
del
counselor:
stato
dell’arte
delle scuole
e dei corsi
di
formazione
nel nostro
paese
CAPITOLO 4 ­ FORMAZIONE DEL COUNSELOR
4.2
Formazione
del
counselor:
stato
dell’arte
delle scuole
e dei corsi
di
formazione
nel nostro
paese
� SCUOLA DI COUNSELING I.Fe.N. ad indirizzo ORGONOMICO
Corso di counseling in orgonomia
Obiettivi
Acquisizione di una visione globale dell’uomo, che superi la vecchia dico­
tomia tra corpo e psiche, tra malattia organica e psicopatologia
Tempi e metodologie
365 ore di lavoro in aula per 3 anni ed un percorso individuale di forma­
zione individuale pratica pari a 180 ore
Ispirazione teorica
L’orgonomia
Alcuni argomenti del corso
Psicologia generale
Psicologia dell’età evolutiva
Psicologia sociale
Teoria e tecniche della comunicazione Orgonomia
Diritto
Psicologia dinamica
Comunicazione energetica
Somatopsicodinamica
Analisi del carattere
Psicologia della prevenzione
108
CAPITOLO 4 ­ FORMAZIONE DEL COUNSELOR
� SOCIETÀ ITALIANA DI BIOSISTEMICA
Corso di counseling biosistemico
Obiettivi
Fornire ai partecipanti un panorama teorico e pratico circa la:
• comunicazione interpersonale faccia­a­faccia;
• comunicazione nel gruppo;
• facilitazione di riunioni e colloqui;
• sostegno empatico ed ascolto attivo nelle relazioni di aiuto;
• gestione costruttiva dei conflitti e tecniche di problem solving;
• automiglioramento, crescita personale, integrazione corpo­mente
Destinatari
Insegnanti, psicologi, formatori, operatori sociali, educatori, animatori;
leaders e membri di organizzazioni che intendono curare la propria cre­
scita personale, le relazioni i famiglia e nel lavoro
Tempi e metologie
445 ore in 3 anni, 10 weekend all’anno. Il corso privilegia l’apprendimen­
to attivo attraverso la simulazione di casi concreti (role playing)
Ispirazione teorica
La comunicazione ecologica e biosistemica
109
4.2
Formazione
del
counselor:
stato
dell’arte
delle scuole
e dei corsi
di
formazione
nel nostro
paese
CAPITOLO 4 ­ FORMAZIONE DEL COUNSELOR
4.2
Formazione
del
counselor:
stato
dell’arte
delle scuole
e dei corsi
di
formazione
nel nostro
paese
� SCUOLA DI PSICOSINTESI
Corso triennale di formazione in psicosintesi e counseling educativo
Destinatari
Educatori, insegnanti e laureati nel settore che sentono la necessità di
ampliare la loro formazione, operatori nelle professioni di aiuto, medici,
infermieri e terapeuti della riabilitazione, chi lavora nel campo della
valorizzazione delle risorse umane, chi desidera intraprendere un per­
corso di crescita personale
Tempi e metodologie
630 ore così suddivise: 120 ore di supervisione didattica, 430 ore di lezio­
ni in aula, incontri esperienziali, seminari, analisi personale in situazio­
ni di gruppo, psicosintesi interpersonale, dinamiche di gruppo, esami, 80
ore di sessioni integrative esami e tutoring
Ispirazione teorica
La psicosintesi
Alcuni argomenti del corso
Psicologia dello sviluppo e inconscio inferiore
Inconscio Collettivo e Transpersonale
Psicosintesi
Fondamenti di counseling e relazione umana
Counseling della coppia, famigliare e sociale
Counseling psicosintetico
110
CAPITOLO 4 ­ FORMAZIONE DEL COUNSELOR
� UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE
Sede di Brescia
Esperto/a in tecniche di counseling scolastico e professionale
Obiettivi
Formare una figura professionale in grado di realizzare interventi di
orientamento scolastico e professionale.fornire conoscenze teoriche e
modalità operative inerenti l’attività dell’orientamento anche in base alla
direttiva n. 487 del Ministero della Pubblica Istruzione ed alle novità in
campo europeo che coinvolgono il soggetto nelle future scelte scolastiche
e/o lavorative
Destinatari
Diplomati/e con età superiore ai 25 anni
Tempi e metodologie
Il corso è strutturato in 600 ore suddivise in teoria (120 ore), esercitazio­
ni pratiche (260 ore), tirocinio/stage (220 ore)
111
4.2
Formazione
del
counselor:
stato
dell’arte
delle scuole
e dei corsi
di
formazione
nel nostro
paese
CAPITOLO 4 ­ FORMAZIONE DEL COUNSELOR
4.2
Formazione
del
counselor:
stato
dell’arte
delle scuole
e dei corsi
di
formazione
nel nostro
paese
� U.C. ASPIC
Università Popolare del counselling
Diploma di I e II livello di counselling
I titoli riconosciuti sono i seguenti:
1. Qualifica di Counsellor:
per l'ammissione:
a) titolo di studio corrispondente almeno alla licenza di scuola supe­
riore
b) attività formative con le seguenti caratteristiche:
almeno 450 ore da espletare in non meno di due anni e comprensi­
ve di tirocinio alla fine del percorso; tra gli insegnamenti impartiti
devono essere presenti: "elementi di etica e deontologia professio­
nale" e "fondamenti di psicologia"
c) il Corso deve fare riferimento ad un modello di Counselling ricono­
sciuto dalla cultura nazionale o internazionale
d) al termine del Corso deve essere prevista la verifica (prova pratica
e tesina)
2. Qualifica di Counsellor professionista:
a) per l'ammissione: qualifica di Counsellor
b) attività formative, comprensive di tirocinio e supervisione per un
totale di almeno 450 ore da espletare in non meno di un anno
3. Qualifica di Counsellor professionista avanzato:
per l'ammissione:
a) qualifica di Counsellor professionista
b) attività formative per un totale di almeno 850 ore costituite in pre­
valenza da tirocini e attività supervisionata
4. Qualifica di Formatore in Counselling
112
CAPITOLO 4 ­ FORMAZIONE DEL COUNSELOR
Titoli e riconoscimenti
Ente o scuola
Corso
Titolo
Riconoscimento
ASPIC
Scuola superiore
europea di counseling
professionale
Master esperienziale
“Gestalt counseling”
Counselor
Il titolo conseguito è
riconosciuto in
Europa e consente di
iscriversi alla REICO
(Registro Italiano dei
Counselor) e al CNCP
(Coordinamento
Nazionale Counselors
Professionisti)
Per tutte le professioni
sanitarie: 45 crediti
ECM
ASPIC
Scuola Superiore di
Formazione in
Counseling espressivo
e arte terapia
Master in arte terapia
e counseling
espressivo
Counselor in arte
terapia e counseling
espressivo
Riconoscimento con
Standard EAC
Iscrizione nel Registro
Italiano di Counselor
della REICO e CNCP
ASPIC
Università Popolare
del Counseling
Master di I e II livello
in counseling
professionale
Counsellor
Professionisti
Counsellor Avanzato
Riconoscimento con
Standard EAC
Iscrizione nel Registro
Italiano di Counselor
della REICO e CNCP
ASPIC per la Scuola
Master esperienziale
in counseling
professionale per
l’età evolutiva
Counselor
Riconoscimento con
Standard EAC
Iscrizione nel Registro
Italiano di Counselor
della REICO e CNCP
ASPIC
Cooperativa Sociale
di Solidarietà
Master in counseling
aziendale
Counselor
Riconoscimento con
Standard EAC
Iscrizione nel Registro
Italiano di Counselor
della REICO e CNCP
ASPIC
Cooperativa Sociale
di Solidarietà
Master in Counseling
dei Sistemi Intimi e
dell’Identità di genere
Counselor
Riconoscimento con
Standard EAC
Iscrizione nel Registro
Italiano di Counselor
della REICO e CNCP
ASPIC
Corso introduttivo al
counseling nella
relazione di auto
Attestato
Propedeutico al
“Master Esperienziale
Gestalt Counseling”
segue
113
4.2
Formazione
del
counselor:
stato
dell’arte
delle scuole
e dei corsi
di
formazione
nel nostro
paese
CAPITOLO 4 ­ FORMAZIONE DEL COUNSELOR
4.2
Formazione
del
counselor:
stato
dell’arte
delle scuole
e dei corsi
di
formazione
nel nostro
paese
Ente o scuola
ASPIC
Formazione
Permanente
Corso
Master in counseling
del comportamento
alimentare
Titolo
Counselor
Riconoscimento
Riconoscimento con
Standard EAC ed
iscrizione REICO e
CNCP
Master in counseling
di mediazione
relazionale e familiare
A.C. FISCHER
Scuola di counseling
psicodinamico
relazionale­sociale
Corso di counseling
ad indirizzo
psicodinamico­
relazionale­sociale
“Counselor
indirizzo
psicodinamico
relazionale”
Laboratorio di
ricerca e sviluppo
istituto nazionale per
il counseling
Scuola triennale di
counseling psicologico
Laboratorio di
ricerca e sviluppo
Istituto nazionale per
il Counseling
Scuola triennale di
tecniche attive di
counseling
SAHA
Counseling del ciclo
di vita
Scuola triennale di
formazione per una
relazione di aiuto nelle
difficoltà del vivere
quotidiano
Accademia per la
riprogrammazione
Counseling della
riprogrammazione
esistenziale
CSTG­centro studi di
terapia della Gestalt
Counseling per
insegnanti
Scuola di counseling
I.fe.n. ad indirizzo
orgonomico
Counseling
in orgonomia
Counselor
in orgonomia
Coama­Lindap
Counseling e
orientamento
all’auto­mutuo aiuto
Counselor
Titolo riconosciuto
dalla SICO e dalla
EAC
Società italiana
di biosistemica
Counseling
biosistemico
Counselor
Titolo riconosciuto
dalla SICO, che
permette l’iscrizione
all’albo professionale
dei counselor
Il titolo conseguito è
riconosciuto dall’OPL
(Ordine degli Psicologi
della Lombardia)
Counselor
Il titolo conseguito è
riconosciuto dalla
S.I.Co.
segue
114
CAPITOLO 4 ­ FORMAZIONE DEL COUNSELOR
Ente o scuola
Corso
Titolo
Scuola di psicosintesi
Counselor
Corso triennale di
formazione in
psicosintesi counseling
e counseling educativo
Università Cattolica
del sacro cuore ­ sede
di Brescia
Esperto/a in tecniche
di counseling
scolastico e
professionale
Riconoscimento
I corsi si adeguano
al percorso di
formazione richiesto
dalla EAC
(european association
for counseling) e il
titolo conseguito è
riconosciuto dalla
SICO
Certificato di
specializzazione
post­diploma rilasciato
dalla regione
Lombardia
115
4.2
Formazione
del
counselor:
stato
dell’arte
delle scuole
e dei corsi
di
formazione
nel nostro
paese
Appendici
APPENDICE 1 ­ GLOSSARIO
GLOSSARIO
Comportamentismo: È un orientamento della psicologia moderna che,
nell’intento di dare alla psicologia uno statuto simile alle scienze esatte,
circoscrive il campo della ricerca all’osservazione del comportamento,
rifiutando ogni forma di introspezione che per sua natura sfugge alla
verifica oggettiva. Rifiutato il metodo introspettivo, si adottano i concet­
ti di stimolo e reazione nonché le corrispondenti leggi che ne esprimono i
rapporti causali. Per quanto concerne i modelli teorici, il comportamen­
tismo rifiuta la comprensione a favore della spiegazione.
(Galimberti ­ Dizionario di Psicologia, UTET)
Meccanicismo: Concezione che ammette come unici parametri esplicati­
vi della realtà la materia e il movimento che, in quanto dimensioni quan­
tificabili e misurabili, sono suscettibili di calcolo matematico. Il meccani­
cismo si è espresso come concezione filosofica del mondo e come metodo
d’indagine. In questa seconda accezione si assume la fisica come modello
di tutte le scienze, anche quelle umane come la sociologia e la psicologia,
a cui si chiede di tradurre in espressioni quantitative i risultati delle loro
osservazioni. L’adozione di questo metodo ha emancipato la psicologia
dai modelli di derivazione filosofica creando le premesse per la nascita
della psicologia sperimentale. La concezione meccanicistica è caratteriz­
119
APPENDICE 1 ­ GLOSSARIO
zata da riduzionismo (perché riconduce le varie manifestazioni fenomeni­
che ad un unico substrato che funge da principio esplicativo) e da deter­
minismo (perché rifiuta ogni ipotesi finalistica regolandosi esclusivamen­
te sul principio di causalità).
(Galimberti ­ Dizionario di Psicologia, UTET)
Modelli di consulenza: Schein individua tre tipi di modelli di consulenza:
modello dell’acquisizione di informazioni o competenze (expertise), model­
lo medico­paziente, modello della consulenza di processo. Nel primo
modello il consulente propone al cliente una soluzione preconfezionata.
Nel modello medico­paziente il consulente fa una diagnosi e propone una
cura al cliente.
Questi modelli si ispirano ad approcci meccanicisti e comportamentisti.
La consulenza di processo, invece, è costituita da un insieme di attività,
fornite dal consulente, che hanno lo scopo di aiutare il cliente a percepi­
re, capire e agire sugli eventi che si verificano nel suo ambiente.
http://www.problemsetting.com/pages/consulenza.htm
Io ausiliario: ha la funzione di recitare quelle parti di cui il cliente può
aver bisogno per presentare adeguatamente la propria situazione, così da
individuare le risorse e le capacità di cui può disporre.
(Galimberti ­ Dizionario di Psicologia, UTET)
Terapia Razionale Emotiva (RET): La Terapia Razionale Emotiva
(RET), è una terapia cognitivo­comportamentale e si basa sull’idea che
tanto le emozioni, quanto i comportamenti, siano il prodotto delle convin­
zioni di un individuo e della sua interpretazione della realtà (Ellis, 1962).
La meta principale della RET consiste nell’assistere il paziente nell’iden­
tificazione dei suoi pensieri irrazionali e dei disturbi, aiutarlo a rimpiaz­
zare tali pensieri con altri più “razionali” o reali, che gli permettano di
raggiungere con più efficacia obiettivi di tipo personale, quali essere feli­
ce, stabilire relazioni con altre persone, ecc… (Ellis e Dryden, 1987). La
RET è stata fondata da Albert Ellis nel 1955, ma continuò a consolidarsi
fino al 1962. Da un punto di vista fìlosofico, la RET si riallaccia a due
correnti antiche: la filosofia orientale, con Buddha e Confucio, che affer­
ma “Cambia il tuo atteggiamento e potrai cambiare te stesso”, e quella dei
filosofi greci e romani come Epicteto e Marco Aurelio (Vedi: Susuki, 1956
e Watts, 1959­1960, citati da ElIis, 1980), che evidenziarono l’importan­
za della filosofia individuale nel disturbo emozionale. Millenni fa hanno
dato origine alla prospettiva cognitiva, enunciando così l’ABC della RET.
Il quadro fìlosofìco della RET si basa principalmente sulla premessa che:
120
APPENDICE 1 ­ GLOSSARIO
“il disturbo emotivo non è creato dalle situazioni, ma dalle interpretazio­
ni di tali situazioni” (Epicteto, I sec. d.C, citato da Lega, 1995). In un’in­
tervista fattagli da Leonor Lega (1995), Ellis afferma quanto segue: “Il
postulato che sostiene ‘non ci preoccupano le cose, ma la visione che
abbiamo di esse’, è diventato la base di ciò che più tardi è stata la RET,
come la descrivo nel mio libro Ragione ed Emozione in Psicoterapia.
Sono stato anche influenzato da filosofi più recenti come Kant e dai suoi
scritti sull’importanza delle idee, e da persone come Russel, dal quale è
derivata l’idea di usare metodi empirici della scienza e della logica nella
pratica della RET” (ElIis, 1989, citato da Lega, l995). Dal punto di vista
psicologico Ellis è stato anche influenzato da Karen Horney, Alfred
Adler, e da Watson.
http://www.psicoterapie.org/37.htm
Cibernetica: È una scienza iniziata da Norbert Wiener nel 1948 parten­
do da studi ed esperienze che riguardavano la messa a punto dei cannoni
antiaerei e dei sistemi a tiro dell’aviazione militare americana. La ciber­
netica (che letteralmente significa «arte del pilotare») è stata definita dal
proprio fondatore come «la scienza della comunicazione e del controllo
nell’animale e nelle macchine» e si è interessata sin dall’inízio di servo­
meccanismi, cioè di sistemi di regolazione dove gli effetti agiscono sulle
proprie cause (ad esempio un termostato). All’interno di questa scienza è
stato sviluppato il concetto di feedback o retroazione. Esistono due tipi di
retroazione (feedback):
l. La retroazione negativa, che tende a minimizzare il cambiamento e a
conservare la stabilità del sistema ­ oggetto di studio della prima fase
della cibernetica di primo ordine.
2. la retroazione positiva, che tende, al contrario, ad incrementare il
cambiamento. Questa forma di retroazione è stata studiata particolar­
mente dalla seconda fase della cibernetica di primo ordine.
La cibernetica si è sviluppata parallelamente alla teoria dei sistemi e i due
approcci appaiono molto simili nell’importanza che danno allo studio dei
sistemi nella loro totalità e nell’adozione di una prospettiva causale di
tipo circolare. Pur essendo state mantenute distinte, queste teorie si dif­
ferenziano più per le competenze territoriali che per la sostanza. In
entrambe il rapporto tra osservatore e fenomeno osservato viene messo in
discussione.
Mentre la cibernetica di primo ordine si era basata sull’assunto che un
sistema può essere isolato e studiato nelle proprie capacità di mantenere
(prima fase) o cambiare (seconda fase) la propria organizzazione, nella
più recente cibernetica di secondo ordine introdotta dal fisico viennese
121
APPENDICE 1 ­ GLOSSARIO
Heinz von Foerster, l’osservatore stesso viene incluso nella realtà osser­
vata all’interno di un processo autoriflessivo complesso capace di auto­
organizzarsi. Il centro dell’interesse diventa proprio l’osservatore stesso
che, con i propri pregiudizi, teorie e sensibilità, non può che descrivere
la realtà solo dalla propria prospettiva. La cibernetica contemporanea,
quindi, descrive l’universo dei fenomeni considerando l’osservatore
come parte di esso. In questo senso la teoria dei sistemi e la cibernetica si
avvicinano alle odierne posizioni del costruttivismo e dei teorici della
complessità.
(Trombini G., Baldoni F.: Psicosomatica ­ Il Mulino)
Psicologia Sistemica: Indirizzo psicologico sviluppatosi negli anni Cin­
quanta a Palo Alto in California a partire dalla teoria dei tipi logici di B.
Russell, dalla teoria dei sistemi di L. von Bertalanffy e dalla teoria del
doppio legame di G. Bateson. Muovendo dal concetto di base secondo cui
tutto è comunicazione, anche l’apparente non­comunicazione, la psicolo­
gia sistemica ritiene di poter indagare il mondo psichico a partire dal
sistema della comunicazione regolato dalle leggi della totalità per cui il
mutamento di una parte genera il mutamento del tutto, della retroazione
che prevede l’abbandono del concetto di causalità lineare per quello di
circolarità dove ogni punto del sistema influenza ed è influenzato da ogni
altro, e dall’equifinalità per cui ogni sistema è la miglior spiegazione di se
stesso, perché i parametri del sistema prevalgono sulle condizioni da cui
il sistema ha tratto origine. Detta psicologia ha come suo presupposto teo­
rico la teoria generale dei sistemi e come sua risultanza pratica la terapia
sistemica o pragmatico relazionale.
La psicologia sistemica rappresenta l’applicazione più rigorosa del
modello cibernetico ai processi di comunicazione e alle relazioni interper­
sonali all’interno dei gruppi.
(Galimberti ­ Dizionario di Psicologia, UTET)
Costruttivismo: Nella visione scientifica tradizionale la conoscenza e la
realtà sono legate da un rapporto preciso di corrispondenza che di per sé
non deve essere giustificato: quello che viene dimostrato è vero e coinci­
de con la realtà. Negli ultimi decenni la visione costruttívista [Bateson
1979; Maturana e Varela 1980; von Foerster 1982; von Glaserfeld 1985]
ha demolito questa certezza sostenendo che la conoscenza del mondo
esterno è attivamente costruita dall’individuo. Quello che riteniamo vero
deriva da processi di costruzione, piuttosto che da una rappresentazione
della realtà attraverso informazioni provenienti dai sensi. Le descrizioni
e le teorie sono vere le une quanto le altre, anche se la loro utilità può
122
APPENDICE 1 ­ GLOSSARIO
essere differente da situazione a situazione. L’ideale di una conoscenza
scientifica autentica e univoca viene quindi abbandonato [Casonato
1991; Boscolo e Bertrando 1996].
In questa prospettiva Humberto Maturana e Francisco Varela [1980]
descrivono l’essere vivente come un organismo autonomo, un sistema
«autopoietico» (che si genera da sé) capace di creare e organizzare la pro­
pria struttura in un processo di auto­organizzazione (determinismo strut­
turale). Gli organismi che interagiscono non si scambiano «informazio­
ni», come nel modello cognitivista, ma accoppiano le loro strutture man­
tenendo la capacità di organizzarsi in modo autonomo (chiusura organiz­
zazionale). Le interazioni sono concepite più come «perturbazioni» che
come input. L’uomo non è più solo un elaboratore di stimoli o di dati, ma
diventa un’entità attiva con proprie regole, obiettivi e progetti.
Le idee costruttiviste hanno avuto una grande influenza sulla psicologia
contemporanea. Una delle conseguenze più importanti è un forte ridi­
mensionamento di ogni aspettativa di onnipotenza terapeutica. Emerge
un’immagine del professionista che, agendo da perturbatore, può al mas­
simo facilitare processi di miglioramento nel cliente, ma non determinar­
li né tantomeno controllarli. Ogni miglioramento sarà infatti in funzione
della capacità di organizzazione e del potenziale di cambiamento del sin­
golo individuo.
(Trombini G., Baldoni F.: Psicosomatica ­ Il Mulino)
Scienza della complessità: Nella visione scientifica classica, che ha le
proprie origini nella filosofia cartesiana, la natura viene descritta come
una serie di eventi legati tra di loro da una catena lineare di cause ed
effetti. Il modello scientifico di riferimento è quello della fisica. In questa
visione meccanicistica e deterministica l’analisi dei dati porta alla scom­
posizione della realtà osservata in elementi semplici. Dalla semplicità di
questi elementi deriva la garanzia di verità. Ogni oggetto di conoscenza
deve perciò essere scomposto e ridotto in parti semplici e misurabili. Si
semplifica il mondo per meglio conoscerlo e dominarlo. La semplicità
diventa un criterio con il quale si scelgono le teorie.
Quello fisico è rimasto il modello scientifico per eccellenza fino alla fine
dell’800. Nel corso del 900, prima con lo sviluppo della termodinamica,
poi con la formulazione delle teorie relativiste, la fisica perde la sua sem­
plicità. La semplicità diviene solo un aspetto della complessità, e più la
complessità aumenta, come nel caso dell’organismo umano, meno possibi­
lità si hanno di sviluppare delle ipotesi semplici che abbiano significato.
La scienza della complessità suggerisce una nuova prospettiva di com­
prensione.
123
APPENDICE 1 ­ GLOSSARIO
A questa visione fa capo una corrente alla quale aderiscono studiosi e
pensatori provenienti dai campi più disparati, come il sociologo, antropo­
logo ed epístemologo francese Edgar Morin [1977; 1982; 1985], il medico
e biofisico algerino Henri Atlan [1979], il fisico viennese Heinz von Foer­
ster [1982] (esponente della nuova cibernetica), i neurofisiologi cileni
Humberto Maturana e Francisco Varela [1980] (costruttivisti), il chimico
Ilya Prígogíne [1985] (premio Nobel nel 1977 e fondatore della termodi­
namica dei sistemi in non equilibrio), 1’evoluzionista Ervin Laszlo [1985]
e i filosofi epistemologi italiani Gíanluca Bocchi e Mauro Ceruti [1985].
Ma cosa si intende per complessità?
Il termine complexus é participio passato del verbo latino complector che
significa intrecciare, abbracciare, comprendere, tenere assieme. Questo
rimanda ai concetti di relazione e di organizzazione.
Secondo Edgar Morin [1982] i fenomeni complessi hanno determinate
caratteristiche:
l. Per avvicinarsi ad essi senza snaturarli con semplificazioni arbitrarie
è necessario studiarli nel proprio ambiente.
2. Una seconda caratteristica dei fenomeni complessi è che dipendono
sempre dal loro osservatore. Come indicato dal costruttivismo, ciò che
noi ci rappresentiamo del mondo dipende sempre dal nostro punto di
vista.
3. Ogni fenomeno complesso, inoltre, è per sua natura organizzato, quin­
di assume le caratteristiche di un sistema.
Secondo la scienza della complessità il modo più utile per comprendere il
mondo è attraverso una «rete di teorie», che ci permetta di collocarci,
secondo i casi, all’interno di un punto di vista o tra un punto di vista e un
altro, quando questo risulta utile.
(Trombini G., Baldoni F.: Psicosomatica ­ Il Mulino)
Olismo: Teoria secondo la quale l’organismo biologico, come quello
sociale, è qualcosa di più della semplice somma delle sue parti la cui giu­
stapposizione non riproduce il tutto. Dal punto di vista psicologico gli
ambiti disciplinari in cui il concetto di olismo è adottato sono:
a) la psicologia della forma dove, come dice M. Wertheimer, «ciò che
avviene a livello globale non è deducibile dalle proprietà dei singoli
elementi né dal modo con cui questi si articolano reciprocamente, ma
al contrario sono le leggi strutturali dell’unità globale che determina­
no la fenomenologia delle singole parti» (1940);
b) la psicologia sistemica, che con il concetto di totalità ha superato la
concezione atomistica nello studio dei fenomeni psichici, la concezione
causale precedentemente adottata per la loro interpretazione, e i dua­
124
APPENDICE 1 ­ GLOSSARIO
lismi di origine cartesiana che non consentivano di oltrepassare le
dicotomie che generavano;
c) la psicologia analitica di C. G. Jung, per il quale il concetto di salute
psichica coincide con «l’attuazione e il dispiegarsi dell’originaria tota­
lità potenziale, dove i simboli che l’inconscio adopera a questo scopo
sono gli stessi che l’umanità ha sempre usato per esprimere totalità»
(1917­1943), dove per totalità Jung intende la relazione dinamica tra
coppie di opposti;
d) alcuni indirizzi delle teorie della personalità che fanno capo a K. Gold­
stein per il quale la «legge del tutto governa il funzionamento delle
parti» (1939), A. Angyal la cui concezione olistica mette capo al con­
cetto di «biosfera», A.H. Maslow e P. Lecky, che individuano il tratto
di fondo della personalità nella capacità di mantenere un’organizza­
zione unificante;
e) la teoria del campo di K. Lewin, per il quale «i vettori che determina­
no la dinamica di un evento non possono essere definiti che in funzio­
ne della totalità concreta che comprende, nel contempo, l’oggetto e la
situazione» (1977).
(Galimberti ­ Dizionario di Psicologia, UTET)
Funzionalismo: In psicologia il termine si riferisce a quell’indirizzo inau­
gurato da W. James e da J. Dewey che, in opposizione all’indirizzo ele­
mentarista e introspezionista di W. Wundt, interpreta i fenomeni psichi­
ci non come strutture, ma come funzioni attraverso cui l’organismo si
adatta all’ambiente. I principi del funzionalismo sono:
1. L’evoluzionismo di Ch. Darwin, che consente di superare il dualismo
soma­psiche, e di interpretare la psiche come un’ulteriore funzione di
cui sono forniti gli organismi superiori per meglio adattarsi all’ambien­
te, per cui, ad esempio, la coscienza compare ogni volta che il compor­
tamento automatico trova ostacoli che pongono problemi la cui soluzio­
ne non è contenuta nel repertorio automatico, ma è necessaria per la
sopravvivenza. Una volta compiuta la sua funzione adattiva, la coscien­
za si eclissa, lasciando nuovi automatismi che essa ha instaurato.
2. L’olismo. Sul piano epistemologico l’osservazione dei fenomeni psichi­
ci non deve avvenire in base alla parcellizzazione degli elementi che li
compongono, perché la totalità individuo­ambiente è più esplicativa
dell’analisi delle singole parti considerate indipendentemente dalle
loro funzioni complessive. In questo modo il funzionalismo anticipa la
psicologia della forma e non condivide l’approccio comportamentista
che spiega l’adattamento sulla base della separazione concettuale di
stimolo e risposta.
125
APPENDICE 1 ­ GLOSSARIO
3. L’utilitarismo. Non ci si deve chiedere “che cosa sono i processi men­
tali” e tanto meno come si possono conoscere introspettivamente, per­
ché la domanda funzionale è “a che cosa servono globalmente e come
funzionano”.
(Galimberti ­ Dizionario di Psicologia, UTET)
126
APPENDICE 2 ­ THE PROFESSIONAL COUNSELOR
Tratto da
Dennis W.Engels e Associati
THE PROFESSIONAL
COUNSELOR
Portfolio, Competenze, Linee­guida all’azione e Assessment
Caratteristiche personali e identità professionale
Definizione degli obiettivi
Il counselor professionista è fortemente impegnato nella professione di
counseling e possiede caratteristiche personali che gli/le permettono di
stabilire e mantenere una relazione terapeutica responsabile ed etica che
aiuti e faciliti la crescita del cliente.
127
APPENDICE 2 ­ THE PROFESSIONAL COUNSELOR
COMPETENZE
LINEE­GUIDA DI AZIONE
Il counselor è un esperto
professionista capace di
Il counselor fornisce prove evidenti delle proprie
competenze attraverso la dimostrazione dell’abilità di
1. Dimostrare impegno
per il benessere degli altri
1.1 Mettere da parte le questioni personali durante le
sedute di counseling e focalizzarsi esclusivamente sul
cliente.
1.2 Comunicare in maniera verbale e non­verbale un
sincero interesse nel voler prendersi cura degli altri.
1.3 Esprimere sin dall’inizio l’intenzione di aiutare i
clienti e di impegnarsi ad agire al meglio per il loro
interesse.
1.4 Riconoscere che alcuni problemi che portano i clienti
al counseling sono già risolti e altri sono da chiarire.
2. Essere sensibile
verso gli altri
3. Empatizzare
4. Rispetto
dell’individualità
2.1 Spiegare come differenze (per es. culturali, d’età,
sessuali, di colore, di orientamento sessuale o di status
socioeconomico) possono influenzare le percezioni del
cliente riguardo il processo di counseling.
2.2 Mostrare consapevolezza dell’esistenza nel cliente di
un ampio range di sentimenti, pensieri, valutazioni e
atteggiamenti.
2.3 Identificare e rispettare le aspettative dei clienti,
dei colleghi e dei supervisori.
3.1 Trasmettere una comprensione circa la visione del
mondo così come esso è percepito dal cliente.
3.2 Formulare una risposta verbale che rifletta
accuratamente e concisamente il contenuto e il
sentimento espresso in ogni messaggio verbale e non­
verbale del cliente.
3.3 Evitare critiche imbarazzanti e distruttive, e
passive ostilità nelle interazioni con i clienti.
3.4 Dimostrare ed esprimere un atteggiamento cordiale
e premuroso verso i clienti.
4.1 Riconoscere e dimostrare di saper accettare le
differenze tra i soggettivi punti di vista del counselor e
del cliente.
4.2 Sempre, cercare di rimanere oggettivi verso le
opinioni, i comportamenti, i valori e le reazioni emotive
dei clienti che differiscono da quelli del counselor.
4.3 Evitare atteggiamenti di pregiudizio e opinioni
stereotipate riguardo i clienti e non imporre mai valori
personali al cliente.
4.4 Rendersi conto come i valori personali possono
influenzare le reazioni del counselor.
4.5 Creare le condizioni consone affinché i clienti
possano esprimere loro stessi apertamente, senza il
timore di essere giudicati o criticati.
segue
128
APPENDICE 2 ­ THE PROFESSIONAL COUNSELOR
COMPETENZE
LINEE­GUIDA DI AZIONE
4.6 Offrire servizi di counseling eticamente affidabili a
tutti i clienti senza differenza di genere, età, colore
della pelle, etnia, orientamento sessuale o stato socio­
economico.
5. Credere nelle
potenzialità positive delle persone
6. Mantenere una buona
salute mentale
7. Concettualizzare
sistematicamente il
comportamento umano
e il processo di
cambiamento
5.1 Comunicare verbalmente e con il proprio
comportamento il proprio rispetto per il cliente,
meritevole e responsabile.
5.2 Comunicare speranza: esprimere la propria
fiducia nelle capacità del cliente di districare e
risolvere i problemi, di gestire la propria vita e di
crescere.
5.3 Dare molta importanza agli interessi del cliente.
6.1 Esprimere una chiara comprensione per i bisogni
personali, i valori, i punti di forza, le aree da
sviluppare, i sentimenti e le motivazioni che possono
interferire con l’attività del counselor.
6.2 Sperimentare se stesso come una persona capace di
sviluppo continuo, di mantenere la propria identità e la
propria autosufficienza.
6.3 Rendersi conto dell’esistenza di eventuali
aspettative irrealistiche nutrite da se stesso o dai
clienti.
6.4 Sviluppare coscienza delle questioni personali
irrisolte e del potenziale impatto sul cliente delle sedute
di counseling.
6.5 Essere mentalmente preparato ad affrontare la
realtà che il cliente non sia sempre ben disposto verso il
proprio counselor.
6.6 Avere la maturità mentale e il coraggio di aiutare i
clienti ad affrontare questioni dolorose, delicate e
difficili.
7.1 Offrire un counseling ai clienti usando metodi
diretti ed indiretti di indagine, passando da una
conversazione casuale ad un assessment diagnostico
strutturato, riconoscendo sempre le differenze culturali
di ogni cliente.
7.2 Applicare i costrutti terapeutici teorici per aiutare
a determinare il significato dei problemi umani
specifici.
7.3 Utilizzare la conoscenza del comportamento umano
e le teorie del counseling per stabilire gli obiettivi di un
intervento appropriato e una modalità di trattamento
specifica.
7.4 Modificare la natura degli interventi e le tecniche in
base all’efficacia, al bisogni dei clienti e alla loro cultura.
segue
129
APPENDICE 2 ­ THE PROFESSIONAL COUNSELOR
COMPETENZE
LINEE­GUIDA DI AZIONE
8. Facilitare negli altri
lo sviluppo personale
8.1 Riconoscere appropriati livelli di responsabilità del
counselor e del cliente nel processo di counseling e rico­
noscerli in maniera responsabile.
8.2 Facilitare l’espressione del cliente e l’auto­
esplorazione.
8.3 Dimostrare una comprensione genuina e non
inquisitoria delle decisioni del cliente.
8.4 Dimostrare di credere nelle capacità del cliente di
ragionare, di provare sentimenti o di agire in maniera
differente dal passato.
8.5 Rispondere in maniera terapeutica e con
immediatezza alle questioni importanti man mano che
si presentano durante le sedute di counseling.
8.6 Aiutare i clienti nella presa di coscienza di come
essi sono stati condizionati o come essi si sono sottoposti
da soli a restrizioni nel passato e presentare possibili
alternative per il presente e per il futuro.
8.7 Incoraggiare in maniera verbale e non verbale i
clienti a scegliere comportamenti costruttivi e
scoraggiarli a scegliere comportamenti distruttivi.
8.8 Supportare gli sforzi dei clienti di reagire e di
cambiare, confrontare in maniera sincera le
discrepanze, in maniera appropriata ad ogni persona.
8.9 Identificare verbalmente i progressi di
cambiamento e integrarli in un progetto complessivo o
in una parte del processo di counseling.
8.10 Considerare intelligenti i clienti che si trovano nel
processo di counseling tanto quanto quelli che
vorrebbero esserlo.
8.11 Affiancarsi al cliente nella valutazione dei
progressi effettuati stabilendo insieme gli obiettivi del
counseling.
8.12 Comprendere che lo sviluppo personale del cliente
non è sempre visibile e può manifestarsi dopo che il
counseling si è concluso.
8.13 Aiutare i clienti a considerare le proprie
esperienze e i propri problemi attraverso il processo di
counseling come un’opportunità di crescita e di
cambiamento.
9. Avere un alto livello di tolleranza
per lo stress e la frustrazione
9.1 Mantenere la padronanza di sé anche durante i
periodi di stress e di disagio sia personali che del cliente.
9.2 Dimostrare calma e coraggio anche in circostanze
difficoltose.
9.3 Stare attenti ed evitare conflitti di potere con il
cliente durante il counseling.
9.4 Essere pazienti con ogni cliente poiché ognuno ha i
suoi tempi piuttosto che tentare di affrettare o forzare
il cambiamento.
segue
130
APPENDICE 2 ­ THE PROFESSIONAL COUNSELOR
COMPETENZE
LINEE­GUIDA DI AZIONE
10. Rispettare la libertà di scelta
10.1 Utilizzare il processo di counseling per accrescere la
libertà del cliente in una maniera che sia culturalmente
appropriata.
10.2 Comunicare verbalmente e non verbalmente al
cliente il modo in cui si impegna a prendersi cura dei
valori ma anche ma anche mettere in rilievo gli aspetti
negativi da trattare come i comportamenti e i pensieri di
frustrazione.
10.3 Riconoscere e superare le situazioni in cui i valori
del cliente entrano in conflitto con i valori del counselor.
11. Comunicare efficacemente
11.1 Comunicare con i clienti in maniera specifica e
concreta, tanto quanto in termini generali e astratti.
11.2 Comunicare in uno stile compatibile con lo stile di
comunicazione del cliente, con il suo livello di sviluppo
e con il suo background culturale.
11.3 Comunicare apertamente un’ampia tipologia di
esperienze affettive, da una genuina rabbia ad una
spontanea tenerezza e cura.
11.4 Comunicare chiaramente e in maniera
culturalmente appropriata le idee e i concetti rilevanti
per il processo di counseling in modo da promuovere il
raggiungimento degli obiettivi terapeutici.
11.5 Dimostrare congruenza tra la forma verbale e non
verbale di comunicazione.
11.6 Riconoscere come la cultura del cliente può
influenzare lo stile di comunicazione del cliente durante
il processo di counseling.
11.7 Utilizzare le fantasie del cliente, le metafore e la
sua immaginazione per rafforzare la relazione di
counseling.
11.8 Utilizzare l’umorismo quando è terapeuticamente
appropriato.
11.9 Comunicare con i clienti in maniera da infondergli
fiducia e speranza nel proprio percorso di crescita.
11.10 Apportare spontaneamente o creare insieme
interventi culturalmente appropriati coerenti con
l’orientamento teorico del counselor e i bisogni del
cliente.
11.11 Assumersi la responsabilità dei rischi in maniera
terapeuticamente appropriata.
12. Rimanere professionalmente
competente
12.1 Comprendere le capacità e i limiti personali e
professionali.
12.2 Praticare l’auto­disciplina.
12.3 Gestire in maniera efficace le risorse personali,
come le conoscenze, le abilità, l’energia, il benessere e il
tempo.
segue
131
APPENDICE 2 ­ THE PROFESSIONAL COUNSELOR
COMPETENZE
LINEE­GUIDA DI AZIONE
13. Mantenere una buona
forma fisica
12.4 Comunicare ed interagire con gli altri in una
maniera appropriatamente assertiva che dimostri
consapevolezza emotiva, controllo emotivo e mutuo
rispetto.
12.5 Lavorare come il giocatore di una squadra in
cooperazione con colleghi professionisti e para­
professionisti.
12.6 Specificare i requisiti personali e professionali e
offrire solo quei servizi per i quali il counselor è
qualificato.
12.7 Aiutare i clienti a comprendere la natura della
relazione di counseling affinché il cliente i limiti dei
servizi offerti.
12.8 Mantenere l’oggettività ed evitare di essere
coinvolto completamente dai problemi del cliente
durante e dopo il counseling.
12.9 Ammettere gli errori di comprensione, gli sbagli e i
limiti così come i colpi di genio, i successi e il potenziale.
12.10 Reindirizzare ad altri, se necessario i clienti in
maniera adeguata, sulla base della consapevolezza delle
specialità, delle abilità e dei servizi di aiuto di altri
professionisti nella comunità.
12.11 Comunicare che il cliente sarà assistito nella
ricerca di appropriate risorse di aiuto se saranno
superati i limiti personali o istituzionali.
14. Impegnarsi nello sviluppo
professionale
13.1 Riconoscere l’importanza di una dieta salutare con
regole alimentari stabili.
13.2 Fare esercizio fisico regolarmente.
13.3 Sottoporsi annualmente ad un check­up medico.
13.4 Riconoscere il legame tra la salute fisica e quella
mentale.
14.1 Perseguire una continua formazione per venire
incontro al meglio ai requisiti necessari alla figura del
counselor (es., partecipare a conferenze e workshops,
tenersi aggiornato sulla letteratura professionale e
sottoporsi periodicamente alla valutazione di un
supervisore).
14.2 Ricevere ed utilizzare adeguatamente feedback, sia
positivi che negativi, provenienti dai clienti, dai
supervisori e dai colleghi.
14.3 Tenersi aggiornati circa i cambiamenti sociali,
legali ed economici che avvengono durante il processo
di counseling.
14.4 Rivedere le credenze preesistenti alla luce di nuove
informazioni.
segue
132
APPENDICE 2 ­ THE PROFESSIONAL COUNSELOR
COMPETENZE
LINEE­GUIDA DI AZIONE
15. Mantenere un’identità
professionale come counselor
15.1 Essere membri attivi nelle organizzazioni
professionali (es., ACA o altre organizzazioni nelle aree
di questa specializzazione).
15.2 Comprendere e dare valore alla storia della
professione del counseling.
15.3 Stare attenti circa importanti appuntamenti, eventi
e tutto ciò che riguarda il counseling professionale.
15.4 Comprendere il ruolo professionale e l’identità del
counselor in congiunzione con altre professioni che si
occupano del benessere mentale.
15.5 Conoscere le varie forme di credenziali e la loro
funzione della professione del counselor.
15.6 Associarsi all’ACA e ad altre organizzazioni di
counseling per sostenere la professione.
15.7 Portare avanti una continua formazione per meglio
venire incontro ai clienti (es., partecipare a conferenze e
workshops, tenersi aggiornato sulla letteratura
professionale e sottoporsi periodicamente alla
valutazione di supervisore).
16. Impegnarsi a seguire
un modello etico professionale
16.1 Dimostrare una conoscenza precisa degli standard
etici delle organizzazioni professionali e delle
credenziali richieste dalle associazioni.
16.2 Prendere in esame i principi etici personali per
risolvere ogni conflitto con gli standard etici
professionali.
16.3 Comportarsi in maniera conforme agli standard
etici professionali.
16.4 Istruire i colleghi, gli amministratori e i clienti
circa gli standard etici professionali del counselor.
16.5 Avere familiarità con e avere rispetto verso gli
standard etici dei colleghi che rappresentano altre
professioni diverse dal counseling.
16.6 Conoscere le modalità appropriate per rivolgersi a
chi di dovere e riportare le violazioni degli standard
etici.
133
APPENDICE 3 ­ LA DIMENSIONE EUROPEA DELLE COMPETENZE
LA DIMENSIONE
EUROPEA DELLE
COMPETENZE E
DELLE PROFESSIONI
L’European Qualification Framework
La costruzione dell’Europa delle professioni e delle competenze, avviata
nell’ultimo decennio, si trova oggi ad affrontare alcune problematiche
chiave richiamate dal Consiglio di Lisbona del 2000 e approfondite dal
processo di cooperazione europeo (Bruges­Copenhagen, 2002, Maastri­
cht, 2005).
Le questioni principali sono connesse alla costituzione di un quadro di
riferimento comune sulle qualifiche e le certificazioni, noto come Euro­
pean Qualification Framework (EQF), alla definizione di strumenti
comuni (il portafoglio delle competenze Europass; un sistema di crediti
formativi; le Key competences; ecc.), la adozione di nuovi e importanti
principi (ad es. quelli riguardanti la validazione dell’apprendimento non
formale ed informale, la qualità, ecc.).
Gli obiettivi riguardano essenzialmente:
• rafforzare l’efficienza e lavorare sui processi di riconoscimento per la
formazione e l’istruzione in Europa;
• promuovere la cooperazione tra organizzazioni e autorità responsabi­
li in funzione di una maggiore comparabilità relativa alla certificazio­
ne ed alla qualità;
135
APPENDICE 3 ­ LA DIMENSIONE EUROPEA DELLE COMPETENZE
• promuovere la trasparenza delle informazioni per le opportunità di
formazione e istruzione in vista della creazione di un’area europea per
l’istruzione;
• sviluppare una dimensione europea dell’apprendimento, della forma­
zione e del lavoro.
Nel marzo del 2004 a Dublino si è delineata la prospettiva di una meta
struttura europea delle qualifiche ­ EQF.
L’EQF è visto come un meccanismo in grado di facilitare l’effettivo fun­
zionamento del mercato del lavoro europeo, nazionale e settoriale,
costituendo un comune riferimento per il riconoscimento sia del siste­
ma VET (sistema educativo e formativo) che quello dell’Istruzione
Superiore.
Tale struttura11 non rappresenterebbe una duplicazione a livello europeo
dei sistemi nazionali di qualifiche; piuttosto, essa dovrebbe essere compa­
tibile e complementare con quelle già esistenti, andando ad integrare le
esperienze di quei Paesi che hanno già sistemi nazionali. La sua applica­
zione sarà volontaria e non implicherà nessun obbligo legale per gli Stati
membri. Dovrebbe infatti:
• aiutare i cittadini ad orientarsi tra le complessità dei sistemi naziona­
li della formazione e dell’istruzione per supportare il percorso lungo
tutto l’arco della vita;
• permettere agli operatori politici e alle istituzioni di comparare i pro­
pri sistemi;
• facilitare la mobilità all’interno di un mercato del lavoro europeo effi­
ciente;
• supportare gli sforzi per sviluppare qualifiche europee e internaziona­
li a livello settoriale;
• facilitare il riconoscimento delle qualifiche dei Paesi terzi,
e soprattutto:
• stimolare e guidare riforme e sviluppo di nuovi sistemi nazionali di
qualificazione.
In questa ottica viene visto lo sviluppo dei Livelli Comuni di Riferimento.
I cittadini dovrebbero essere in grado di comprendere i risultati formati­
vi acquisiti in differenti contesti e sistemi all’interno di una serie di “livel­
li comuni di riferimento” che dovrebbero supportare queste esigenze.
11 Documento
bre 2005.
136
della Commissione europea di consultazione sulla proposta dell’EQF, otto­
APPENDICE 3 ­ LA DIMENSIONE EUROPEA DELLE COMPETENZE
Assieme all’introduzione del portafoglio Europass sulla trasparenza12,
una meta struttura (EQF) fondata sui livelli di riferimento comuni rap­
presenterebbe, infatti, un passo importante sul versante della leggibilità
e del “riconoscimento” delle competenze, dei crediti e delle qualificazio­
ni ottenute.
La struttura dell’EQF dovrebbe essere così strutturata:
• un nucleo centrale costituito da otto livelli comuni di riferimento, defi­
niti in base a competenze e a qualifiche formali a partire dalla scuola
secondaria, e a competenze acquisite attraverso la combinazione del­
l’apprendimento formale/non­formale/informale;
• una gamma di principi comuni concordati a livello europeo sulla qua­
lità del sistema VET, sulla validazione dell’apprendimento non­for­
male e informale, che punti alla realizzazione del riconoscimento reci­
proco13;
• una serie di strumenti di trasparenza (portafoglio Europass), e lo svi­
luppo del sistema di trasferimento crediti, compatibili per l’istruzione
e la formazione ECVET.
Il processo di consultazione tra gli stati si è concluso nel dicembre 2006
ed una proposta formale dell’EQF dovrebbe essere presentata entro
dicembre. L’effettiva realizzazione dell’EQF potrebbe essere nel 2007.
Il dibattito avviato, nel corso del 2005, intorno alla questione della
costruzione dell’EQF, ha prodotto un intenso lavoro di ricerca e di studio
a livello internazionale tra cui l’attività di studio dell’OCSE14, i cui risul­
tati portano a consolidare l’ipotesi che un sistema di riconoscimento delle
competenze e dei crediti, definito in primo luogo a livello nazionale e com­
parato con il framework europeo, sia un prerequisito importante nella
direzione degli obiettivi al 2010 fissati dal Summit di Lisbona.
Un sistema nazionale, secondo l’OCSE, dovrebbe avere alla base un con­
cetto di qualificazione così caratterizzato:
• centrato su un unico set di criteri;
• classificato secondo una gerarchia di livelli formativi;
• classificato in termini di un unico insieme di campi/aree professionali;
12 Decisione
2241/2004/EC, pubblicata nella GUCE L 390 del 31.12.2005.
del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di
Consiglio relative ai principi comuni europei concernenti l'individuazione e la convalida
dell'a rendimento non formale ed informale, Consiglio Europeo 18 maggio 2004, 9175/04
EDUC 101 SOC 220.
14 Il Ruolo dei Sistemi Nazionali di Qualifiche nella Promozione del Lifelong Learning,,
rapporto OCSE ­ luglio 2004.
13 Draft
137
APPENDICE 3 ­ LA DIMENSIONE EUROPEA DELLE COMPETENZE
• descritto attraverso i risultati dell’apprendimento (learning outco­
mes), espressi indipendentemente dai luoghi, istituzioni e curricula;
• definito in termini di elementi, riferiti ad unità capitalizzabili o unità
di competenza a cui far corrispondere i crediti formativi15.
Attualmente, nonostante il processo di cooperazione avviato a livello
europeo, non tutti i sistemi nazionali adottano l’insieme di tali criteri, ma
questo confronto comunitario ed internazionale sta promuovendo un
progressivo, se pur lento, cambiamento dei sistemi e dei parametri di rife­
rimento per la definizione degli standard presenti nei vari paesi (modula­
rità, personalizzazione, trasparenza delle competenze, ecc).
Tra gli obiettivi dello studio dell’OCSE, condotto tra il 2002 e il 2004 vi
è quello di entrare nel merito di alcuni meccanismi essenziali che potreb­
bero orientare le policy nazionali al fine di favorire un equilibrio tra esi­
genze di definizione di standard, loro flessibilità rispetto ai diversi target
di popolazione, personalizzazione rispetto a quelle utenze più svantaggia­
te in termini di qualificazione, età, fruibilità e accesso all’apprendimen­
to lungo tutto l’arco della vita.
I meccanismi fondamentali che lo studio dell’OCSE individua come
importanti fattori nella definizione degli standard riguardano:
• La fruibilità e la personalizzazione dell’apprendimento
Questo tipo di meccanismo, presente in molti Paesi, consiste nella pos­
sibilità di muoversi all’interno di un quadro nazionale di qualificazio­
ne, enfatizzando il ruolo individuale di scelta, di motivazione, di pos­
sibilità di costruire percorsi formativi e professionali intersettoriali,
attraverso un’offerta formativa differenziata.
• L’urgenza di costruzione di sistemi per il lifelong learning
Molti Paesi hanno sottolineato la necessità di un più forte legame tra
l’apprendimento nelle diverse fasi della vita e i framework nazionali
di qualificazione, con l’opportunità di integrare i percorsi formali,
non formali e informali per ottenere titoli e certificazioni riconosciute.
Alla base viene richiamata una visione dinamica e flessibile dei sistemi
di istruzione e formazione.
• La progressività dei sistemi di certificazione
Un fattore chiave per assicurare un’ottimale prestazione dei sistemi di
qualificazione a supporto dell’apprendimento lungo tutto l’arco della
vita è quello di favorire i passaggi e le transizioni da un sistema di
istruzione all’altro. In questo senso va costruito il concetto di “porta­
15 Rapporto
138
Isfol 2005.
APPENDICE 3 ­ LA DIMENSIONE EUROPEA DELLE COMPETENZE
bilità” delle qualifiche e delle competenze in modo da essere attrattivo
per gli individui e flessibile nelle modalità di raggiungimento.
• La validazione dell’apprendimento per l’accesso ai sistemi di qualifi­
cazione e istruzione superiore
Una delle tematiche più importanti di questo studio riguarda la neces­
sità di esaminare come i processi di validazione dell’esperienza (pre­
senti in molti paesi europei da diversi anni) influenzino la motivazio­
ne degli individui, in particolare degli adulti, a partecipare ai proces­
si formativi. Su questo tema si focalizza l’attenzione di una nuova
indagine dell’OCSE finalizzata a individuare i meccanismi e gli
approcci alla validazione elaborati nei diversi paesi (modelli, procedu­
re, figure coinvolte, competenze necessarie, benefici per gli individui
e le istituzioni, ecc.).
• La trasparenza degli standard formativi
Un sistema trasparente di standard formativi, visto dalla prospettiva
degli individui, implica maggiore qualità e informazioni sull’offerta.
La maggior parte dei Paesi membri concordano sia sul bisogno di mag­
gior trasparenza sia sullo sviluppo di un’ampia gamma di opportunità
di apprendimento (diversificate per durata, tempi individuali, moda­
lità formative, ecc.) che esitino in un sistema flessibile di crediti e di
certificazioni, leggibili e riconosciute in ambito europeo.
Le direttive comunitarie sul riconoscimento delle qualifiche professio­
nali16
La direttiva comunitaria n.32/2005 riguardante il riconoscimento dei tito­
li e dei diplomi (professioni regolamentate e non) rappresenta un atto
importante volto a favorire la libera circolazione dei cittadini e la mobi­
lità europea.
La strategia di Lisbona, come abbiamo visto, si è incentrata sul supera­
mento delle barriere che ostacolano la libera circolazione delle persone al
fine di stimolare il mercato del lavoro e migliorare le competenze profes­
sionali e personali dei lavoratori. Infatti, non solo gli impedimenti legali
ed amministrativi, ma anche le differenze culturali e linguistiche e la
diversità del mercato del lavoro rende difficoltosa la mobilità all’interno
dell’Unione.
La centralità economica e occupazionale del settore dei servizi ha porta­
to le istituzioni comunitarie fin dagli anni ’90, in vista della creazione del
16
Direttiva 36/2005/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 7 settembre 2005 rela­
tiva al riconoscimento delle qualifiche professionali.
139
APPENDICE 3 ­ LA DIMENSIONE EUROPEA DELLE COMPETENZE
grande mercato interno, a intensificare gli sforzi tesi ad assicurare uno
sviluppo più pieno del settore dei servizi, attraverso normative di libera­
lizzazione, abbattimento dei monopòli, libertà di stabilimento e di circo­
lazione dei servizi.
Sotto il profilo volto ad eliminare gli ostacoli alla libera prestazione di
servizi (prestazioni temporanee e occasionali) e alla libertà di stabilimen­
to, la direttiva sul riconoscimento delle qualifiche professionali 36/2005
abroga le precedenti direttive 89/48/CEE e 92/51/CEE e la direttiva
1999/42/CE, e raggruppa in un testo unico le direttive pregresse concer­
nenti le professioni sanitarie e di architetto.
La direttiva punta alla creazione di un regime generale più uniforme, tra­
sparente e flessibile di riconoscimento delle qualifiche, in grado di assicu­
rare a chi ha acquisito una qualifica/certificazione professionale in uno
Stato membro l’accesso alla stessa professione e lo svolgimento dell’atti­
vità in un altro Stato membro con gli stessi diritti dei cittadini di quest’ul­
timo, in ossequio al principio di applicazione delle regole del paese ospi­
tante e nel rispetto di eventuali condizioni di esercizio non discriminato­
rie, purché obiettivamente giustificate e proporzionate.
Se per le professioni più antiche e più forti, l’attività di regolazione spes­
so consiste nella manutenzione e conservazione di un sistema di regole
consolidato, per le professioni nuove che devono lavorare per la propria
affermazione, la posta in gioco della professionalizzazione passa attraver­
so la costruzione di sistemi di regole che riguardano innanzi tutto la for­
mazione dei professionisti e poi i sistemi di accreditamento e di costruzio­
ne dei fattori di eccellenza, base per la costruzione e la progettazione dei
percorsi di carriera.
La direttiva affronta il tema rappresentanza delle professioni, lasciando
ai paesi la definizione dei soggetti rappresentativi (Istituzioni, Ordini,
Associazioni, ecc.) ed affronta il tema della formazione e degli standard.
In mancanza di una armonizzazione delle condizioni minime di formazio­
ne per accedere alle professioni disciplinate dal regime generale (manca­
ta armonizzazione) che si verifica quando:
a) la formazione seguita dal professionista è inferiore di almeno un anno
a quella richiesta nello Stato membro ospitante;
b) la formazione ricevuta riguarda materie sostanzialmente diverse da
quelle coperte dal titolo di formazione richiesto nello Stato membro
ospitante;
c) la professione regolamentata nello Stato membro ospitante include una
o più attività professionali regolamentate, mancanti nella corrispon­
dente professione dello Stato membro d’origine del richiedente, e se la
140
APPENDICE 3 ­ LA DIMENSIONE EUROPEA DELLE COMPETENZE
differenza è caratterizzata da una formazione specifica relativa a mate­
rie sostanzialmente diverse da quelle dell’attestato di competenza o del
titolo di formazione in possesso del richiedente (art. 14 direttiva);
lo Stato ospitante potrà imporre “misure compensatrici proporzionate”,
tenendo conto dell’esperienza professionale del richiedente, quali, ad
esempio, una prova attitudinale o un tirocinio di adattamento non supe­
riore a tre anni.
L’art. 15 della direttiva prevede l’istituto della dispensa dai provvedi­
menti di compensazione allorché vengano definite “piattaforme comuni”
da parte degli Stati membri o da associazioni o organismi professionali
rappresentativi a livello nazionale ed europeo, da sottoporre alla Com­
missione. Per “piattaforme comuni” la direttiva intende l’insieme dei cri­
teri delle qualifiche professionali in grado di colmare le differenze sostan­
ziali individuate tra i requisiti in materia di formazione esistenti nei vari
Stati membri per una determinata professione. Tali “differenze sostan­
ziali” sono individuate tramite il confronto tra la durata e i contenuti
della formazione in almeno due terzi (2/3) degli Stati membri, inclusi tutti
gli Stati membri che regolamentano la professione in questione.
Se la Commissione, ritiene che un progetto di piattaforma comune facili­
ti il riconoscimento reciproco delle qualificazioni professionali, dopo aver
consultato gli Stati membri, adotta un provvedimento il quale vale a
dispensare lo Stato membro ospitante dall’applicazione di provvedimen­
ti di compensazione quando le qualifiche professionali del richiedente
rispondano ai criteri stabiliti nel provvedimento adottato. Il meccanismo
della dispensa dai provvedimenti di compensazione attraverso la defini­
zione di piattaforme comuni, per le particolari modalità con le quali viene
posto in essere, per i soggetti istituzionali (Stati membri, Ordini profes­
sionali) e/o associativi (Associazioni professionali e Sindacali) che posso­
no assumerne l’iniziativa, per il collegamento che crea tra professioni
regolamentate in alcuni Stati membri e non regolamentate in altri, appa­
re un meccanismo di grande interesse su cui lavorare.
E ciò in considerazione del fatto che l’Unione europea tende a spostare il
discorso riguardante il riconoscimento delle qualifiche ai fini della mobi­
lità dalla logica procedurale propria della direttiva sul riconoscimento
delle qualifiche nelle professioni regolamentate ad una logica parallela di
creazione di piattaforme comuni basate sulla individuazione di standard
e di competenze minime necessarie per l’esercizio di professioni non com­
prese tra quelle espressamente disciplinate dalla direttiva (si veda il caso
degli incontri organizzati dalle associazioni dei documentalisti al fine della
definizione di una piattaforma comune europea basata sul riconoscimen­
to di standard). E proprio nella definizione delle piattaforme formative
141
APPENDICE 3 ­ LA DIMENSIONE EUROPEA DELLE COMPETENZE
messe a punto da tavoli tecnici ove parteciperanno le autorità competenti
dei singoli paesi che potrà essere affrontato il ruolo dei diversi soggetti
rappresentativi tra cui le associazioni, che in molti paesi sono presenti
nella definizione degli standard di riferimento. Questi aspetti verranno
sciolti nella definizione della legge di recepimento della direttiva 2005/36,
all’interno della quale potrà essere presente una norma per il riconosci­
mento delle associazioni, che andrebbe a colmare il vuoto di competenza.
Il CNEL ha recentemente censito circa 150 associazioni generate dai mas­
sicci processi di ristrutturazione e di esternalizzazione delle imprese,
dalla pervasività dell’innovazione tecnologica, dalla globalizzazione della
produzione e degli scambi, dallo sviluppo di servizi alla persona volti a
soddisfare esigenze culturali e ricreative, di assistenza e cura.
Per quanto riguarda il quadro normativo attuale, le discipline nazionali
di recepimento della direttiva 2005/36 dovranno essere emanate entro il
20 ottobre 2007: entro la stessa data ogni Stato membro provvederà a
designare le autorità e gli organi competenti preposti a rilasciare o rice­
vere i titoli di formazione, altri documenti o informazioni, nonché quelli
autorizzati a ricevere le domande e prendere le decisioni di cui alla diret­
tiva, informando immediatamente gli altri Stati membri e la Commissio­
ne. Ogni Stato membro dovrà designare, inoltre, un coordinatore di tali
attività, con il compito di promuovere l’applicazione uniforme della
direttiva e di riunire ogni utile informazione al riguardo, in particolare
per quanto riguarda le condizioni di accesso alle professioni regolamen­
tate negli Stati membri, nonché un punto di contatto, con compiti di for­
nire informazioni ai cittadini e ai punti di contatto degli altri Stati mem­
bri sul riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché informazio­
ni sulla legislazione nazionale che disciplina le professioni e il loro eserci­
zio, compresa la legislazione sociale e le norme deontologiche, di fornire
assistenza ai cittadini nell’ottenimento dei diritti riconosciuti dalla diret­
tiva cooperando con altri punti di contatto e le competenti autorità degli
Stati membri ospitanti.
Oltre a questa rilevante attività di cooperazione amministrativa tra Stati
membri di origine, Stati membri ospitanti e Commissione, che implica
anche l’integrazione di rappresentanti degli Stati membri nell’apposito
“Comitato di riconoscimento delle qualifiche professionali”, di cui
all’art. 58 della direttiva, presieduto da un rappresentante della Commis­
sione; ancor più interessante appare la prospettiva, cui gli Stati sono
chiamati, di animare e avviare un lavoro comune con le associazioni pro­
fessionali per la definizione di standard comuni per l’esercizio professio­
ni non regolamentate (cd. piattaforme comuni), lavoro che non può pre­
scindere dalla definizione di procedure inter­istituzionali che vedano il
142
APPENDICE 3 ­ LA DIMENSIONE EUROPEA DELLE COMPETENZE
coinvolgimento del MIUR, delle Università e delle Regioni, in virtù delle
competenze istituzionali loro riconosciute.
Il quadro comunitario si presenta, quindi, come un quadro in forte
movimento, soggetto a forti pressioni in favore di una maggiore apertura
e competitività del sistema dei servizi, anche a carattere professionale,
nella prospettiva di un miglioramento degli andamenti occupazionali
generali, con particolare riguardo all’occupazione giovanile e femminile.
La mobilità delle attività professionali regolamentate, nel quadro della
libera prestazione dei servizi e della libertà di stabilimento, costituisce ad
oggi il quadro di riferimento più avanzato della apertura del mercato dei
servizi.
143
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Temi&Strumenti
Isfol, Sviluppo locale. Prima analisi e compendium dei programmi nelle
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Ricerche; 1)
Isfol, Le politiche comunitarie per la mobilità giovanile: un panorama
comunitario, nazionale e locale, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti.
Politiche Comunitarie; 1)
Isfol, Mobilità e trasparenza delle competenze acquisite: l’esperienza
Europass Formazione in Italia, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti.
Studi e Ricerche; 2)
Isfol, Il Fondo Sociale Europeo 2000­2006. Quadro Comunitario di soste­
gno Ob. 3. Valutazione intermedia. 1° e 2° Parte, Roma, Isfol, 2005
(Temi&Strumenti. Studi e Ricerche; 3)
Isfol, Percorsi di orientamento. Indagine nazionale sulle buone pratiche,
Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e Ricerche; 4)
Isfol, Tra orientamento e auto­orientamento, tra formazione e auto­for­
mazione, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e Ricerche; 5)
Isfol, La qualità del lavoro, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e
Ricerche; 6)
Isfol, Passo alla Pratica. Una pratica Isfol di consulenza orientativa,
Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e Ricerche; 7)
Isfol, Investire nella progettualità delle associazioni di promozione
sociale. Compendium progetti legge 383/2000 triennio 2002­2004, Roma,
Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e Ricerche; 8)
Isfol, Pensare al futuro. Una pratica di orientamento in gruppo, Roma,
Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e Ricerche; 9)
Isfol, Accogliere e integrare. Esperienze Equal in tema di immigrazione,
Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e Ricerche; 10)
153
Finito di stampare nel mese di giugno 2006
dalla Rubbettino Industrie Grafiche ed Editoriali
88049 Soveria Mannelli (Catanzaro)