Consulenza alla persona e counseling
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Consulenza alla persona e counseling
Temi&Strumenti Studi e Ricerche ISBN 8854302988 L’Isfol, Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori, è un Ente pubblico di ricerca scientifica istituito con D.P.R. n. 478 del 30 giugno 1973. L’Istituto opera in base al nuovo Statuto approvato con D.P.C.M. del 19 marzo 2003 ed al nuovo assetto organizzativo approvato con delibera del Con siglio di Amministrazione n. 12 del 6.10.2004. Svolge attività di studio, ricerca, sperimentazione, documenta zione, informazione e valutazione nel campo della formazione, delle politiche sociali e del lavoro, al fine di contribuire alla cre scita dell’occupazione, al miglioramento delle risorse umane, all’inclusione sociale ed allo sviluppo locale. Fornisce consulen za tecnicoscientifica al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e ad altri Ministeri, alle Regioni, Province autonome e agli Enti locali, alle Istituzioni nazionali pubbliche e private. Svolge incarichi che gli vengono attribuiti dal Parlamento e fa parte del Sistema statistico nazionale. Svolge anche il ruolo di struttura di assistenza tecnica per le azioni di sistema del Fondo sociale europeo, è Agenzia Naziona le per il programma comunitario Leonardo da Vinci, Centro Nazionale Europass, Struttura nazionale di supporto all’ini ziativa comunitaria Equal. Presidente Sergio Trevisanato Direttore generale Antonio Capone La collana Temi&Strumenti articolata in Studi e Ricerche, Percorsi, Politiche comunitarie presenta i risultati delle attività di ricerca del l’Isfol sui temi di competenza istituzionale, al fine di diffondere le cono scenze, sviluppare il dibattito, contribuire all’innovazione e la qualifi cazione dei sistemi di riferimento. La collana Temi&Strumenti è curata da Isabella Pitoni, responsabile URPCentro di Documentazione Specializzato Isfol. 2006 ISFOL Via G.B. Morgagni, 33 00161 Roma Tel. 06445901 http://www.isfol.it ISFOL CONSULENZA ALLA PERSONA e COUNSELING AMBITI DI INTERVENTO, APPROCCI, RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR ISFOL Editore Il volume presenta i risultati di un lavoro di ricerca dell’Area “Sistemi e Metodologie per l’Apprendimento” dell’ISFOL. L’attività si colloca all’in terno di una tematica nuova dell’Area, avviata nel corso del 2004, finaliz zata ad approfondire le tematiche dell’apprendimento degli adulti e delle metodologie ed approcci oggi riconosciuti come fondamentali nei processi formativi e di crescita personale e professionale. Il volume è a cura di Gabriella Di Francesco. Sono autori del testo: Gabriella Di Francesco (introduzione; appendice 3) Carla Ruffini (cap. 1) Carla Ruffini e Vincenzo Sarchielli (cap. 2; appendici 1 e 2) Gabriella Di Francesco, Carla Ruffini (cap. 3 e cap. 4). Si ringrazia l’ASPIC (Associazione per lo Sviluppo Psicologico dell’Indi viduo e della Comunità) per il contributo informativo e la messa a dispo sizione di documenti internazionali sul tema. Coordinamento editoriale della collana Temi&Strumenti: Piero Buccione e Aurelia Tirelli. Collaborazione di Paola Piras. INDICE INDICE Introduzione 1. Consulenza alla persona e counseling: stato dell’arte e prospettiva storica 1.1 Definizioni e concezioni di consulenza e counseling 1.2 Assunti espliciti e impliciti della consulenza e del counseling in una prospettiva storica 7 13 13 21 2. Ambiti, approcci e metodi del counseling 2.1 Ambiti di intervento, contesti e tipologia di azioni del counseling 2.2 Approcci consulenziali 2.3 Metodi del counseling 29 29 45 62 3. Ruolo e competenze del counselor 3.1 Ruolo e funzione del counselor 3.2 Competenze “core” e competenze professionali specifiche del counselor 67 67 4. Formazione del counselor 4.1 Il counseling nei paesi anglosassoni 4.2 Formazione del counselor: stato dell’arte delle scuole e dei corsi di formazione nel nostro paese 89 89 72 91 Appendici 1. Glossario 2. The Professional Counselor (traduzione manuale americano) 3. La dimensione europea delle competenze e delle professioni 119 127 135 Bibliografia 145 5 INTRODUZIONE INTRODUZIONE I l volume affronta un’analisi dei modelli e degli ambiti applicativi del Counseling nel nostro paese e fornisce una prima riflessione relativa al ruolo ed alle competenze della figura professionale del Counselor. Il lavoro si situa nell’ambito delle ricerche dell’ISFOL relative al tema delle competenze e dell’apprendimento formale, non formale e informa le, in stretto collegamento con i processi europei di comparazione e rico noscimento dei titoli e delle certificazioni. Il primo e secondo capitolo entrano nel merito della storia e dei principali approcci relativi al Counseling per fornire un quadro di riferimento rispet to alla sua evoluzione in Italia. La nascita del Counseling avviene, infatti, negli Stati Uniti intorno alla metà degli anni Cinquanta, mentre in Europa si sviluppa nel decennio successivo soprattutto in Gran Bretagna, nell’am bito dei servizi socio sanitari. La figura del Counselor in Italia risulta attual mente presente tra le nuove professioni previste dal Consiglio nazionale del l’economia e del lavoro (CNEL) rientrando in quel processo di riforma delle professioni e di riconoscimento dei titoli avviato a livello europeo. Nel terzo capitolo viene sviluppata una prima analisi delle competenze professionali, “core e specifiche”, della figura del Counselor, nella pro 7 INTRODUZIONE Introduzione spettiva di meglio identificare funzioni e competenze ritenute necessarie per operare con professionalità nei diversi ambiti. In Europa l’EAC (European Association for Counseling) rappresenta un punto di riferimento per la definizione degli standard nel settore; in Ita lia questi sono considerati elementi di base per la professione del Coun selor sia dalla SICO (Società italiana di counseling) sia dal CNCP (Coor dinamento nazionale counselor professionisti), organismi che svolgono un’azione di coordinamento e promozione di questa professione; l’ASPIC (Associazione per lo Sviluppo Psicologico dell’Individuo e della Comu nità) rappresenta la prima scuola italiana di formazione di counselor pro fessionisti nei diversi settori applicativi ed ai vari livelli secondo gli stan dard definiti dall’EAC; progressivamente diverse scuole fanno oggi rife rimento all’EAC (cfr. paragrafo sulle scuole). La definizione di parametri comuni (standard) è oggi sollecitata dagli orientamenti e dalle direttive comunitarie che recentemente hanno forni to un nuovo quadro integrato di riferimento, portando a sintesi le nume rose normative riguardanti i diversi settori professionali. L’Unione Euro pea, con la direttiva 32/2005 e la proposta di realizzazione di un fra mework europeo in tema di qualificazione, ha posto infatti nuove sfide ai paesi membri, richiamando l’esigenza di facilitare la leggibilità e la tra sparenza delle professioni (regolamentate e non) e dei relativi percorsi formativi, e di rendere concretamente attuabile la mobilità dei cittadini per studiare e lavorare in un altro paese. Una delle condizioni facilitanti il riconoscimento e la comparabilità delle professioni e delle relative com petenze nei diversi campi professionali viene individuata nella promozio ne e definizione di piattaforme comuni di confronto sugli standard delle diverse figure professionali, da realizzarsi attraverso accordi tra i paesi europei1 ed attraverso il coinvolgimento degli attori interessati; istituzio ni, parti sociali, associazioni, ecc. Sarà certamente questo un tema di forte attenzione del dibattito nei pros simi mesi che andrà ad accompagnare un processo più ampio di costru zione di un quadro nazionale sulle professioni e sulle competenze. In Italia il processo di definizione degli standard nel sistema di istruzione e formazione è ormai avviato su un piano costruttivo, coinvolgendo tutti gli attori socioistituzionali di livello nazionale e regionale. I percorsi di Istruzione e Formazione Tecnica Integrata Superiore (IFTS)2 rappresen 1 Direttiva 2 32/2005 Consiglio europeo del 7 settembre 2005. Sistema degli Standard minimi dell’IFTS adottati con l’Accordo Stato Regioni del 19 novembre 2002, nel contesto della messa a regime della filiera previsto sia dalla legge isti tutiva (144/99) sia dal Regolamento attuativo (436/2000). 8 INTRODUZIONE tano uno dei primi esempi di definizione di standard nazionali di figura e di competenza, elaborati tra il 2000 ed il 2002. Negli ultimi anni è impor tate richiamare il forte dinamismo del livello regionale; molte sono le azioni di coordinamento e confronto in materia di standard professiona li e di certificazione delle competenze promosse dalle Regioni3. Parallelamente a livello comunitario, gli obiettivi economici e sociali della “società della conoscenza”4, definiti dal Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000 e richiamati dal processo di cooperazione avviato nel 2002 (BrugesCopenhagen)5, vanno disegnando un nuovo scenario che muove intorno alla proposta di una metastruttura delle qualifiche e delle certi ficazioni, nota come European Qualification Framework (EQF)6. L’attuazione di questi obiettivi ambiziosi implica profondi processi di riforma dei sistemi educativi e formativi da riorientare verso politiche di lifelong learning, con una forte attenzione alle persone e ai processi indi viduali, organizzativi e sociali di apprendimento e di sviluppo culturale e professionale. La Risoluzione del Consiglio del 27 giugno 2002 ha ulteriormente raffor zato l’obiettivo di promuovere e coordinare, in stretta collaborazione con rilevanti Organizzazioni Internazionali, quali il Consiglio d’Europa, l’OECD e l’UNESCO, le azioni risultanti dalla Comunicazione della Com missione “Making a European area of lifelong learning a reality”. Il life long learning deve infatti configurarsi non tanto come un aspetto, bensì come principio guida dei sistemi educativi e formativi europei, attraver so la creazione di un continuum di opportunità e di contesti di apprendi mento diversi per gli individui lungo tutto l’arco della vita. Allo stesso modo, l’aggiornamento delle competenze degli educatori e dei formatori, l’affermarsi di nuove figure e competenze professionali in grado di accompagnare i processi di apprendimento “formali”, “non formali” e “informali” risultano prerogative imprescindibili ai fini dello sviluppo dei sistemi formativi in termini di qualità, equità e trasparenza. 3 Progetto “Interregionale delle competenze” a cui aderisce la maggior parte delle Regio ni per definire modelli di riferimento in materia di standard professionali e di certifica zione comuni. 4 Consiglio Europeo di Lisbona del 23 e 24 marzo 2000. Conclusioni della Presidenza. 5 Processo di BrugesCopenhagen del 2002; Maastricht Communiqué on the future prio rities on enhanced european cooperation in vocational education and training, del 14 dicembre 2004. 6 Proposta relativa all’European Qualification Framework (2005). Draft della Commis sione relativo al sistema dei crediti ECVT (2006), Direttiva n.32/2005 relativa al mutuo riconoscimento dei titoli. 9 Introduzione INTRODUZIONE Introduzione Questo significa mettere al centro del sistema educativo formativo la libertà di scelta, da parte degli individui, dei propri percorsi di istruzio ne e formazione, riconoscendo l’importanza dei servizi di supporto, orientamento, consulenza, ricostruzione e valorizzazione dell’esperienza e delle competenze, per motivare e facilitare l’accesso alle nuove oppor tunità formative e di lavoro. La valorizzazione delle competenze delle persone, la predisposizione di modalità differenziate di accesso alla for mazione, la certificazione delle competenze ed un sistema di crediti for mativi diventano, oggi, fattori di garanzia del modello sociale europeo perché la transizione verso la società conoscitiva assicuri una adeguata inclusione e partecipazione sociale. Le funzioni che in questo ambito svolge il Counseling sono molteplici, col legate da una parte al necessario cambiamento dei processi formativi (ad es. l’adozione del principio del riconoscimento e della valorizzazione del l’apprendimento non formale ed informale), dall’altra focalizzate sulle esigenze individuali di personalizzazione dei percorsi, di apprendimento e di lavoro, di orientamento e supporto allo sviluppo della persona, e cen trate sul rispetto della persona e dei propri bisogni. Non è un caso quindi che il Counseling, per la specificità delle funzioni che può svolgere e per i metodi e gli approcci che utilizza, si sia afferma to negli ultimi anni in Italia nei diversi campi: la consulenza alla persona, l’orientamento, la formazione, l’inserimento o il reinserimento lavorati vo, l’accompagnamento ai processi di sviluppo e di carriera, la cura della persona, ecc. • Il counseling e la consulenza individuale, nei diversi approcci e orien tamenti, rappresentano oggi una pratica d’intervento che risponde a nuove esigenze sociali e individuali connesse al disagio esistenziale, alla necessità di ricostruzione di situazioni problematiche, all’obietti vo di disporre di strategie operative nuove rispetto alla propria bio grafia ed esperienza individuale. • Nell’ambito della ricerca psicosociale l’utilizzo di metodi ricostruttivi delle “storie di vita” delle persone con la finalità di supportare lo svi luppo di apprendimento ed aumentare la consapevolezza da parte del l’individuo delle proprie risorse personali e professionali, il Counseling costituisce una metodologia “qualitativa” di analisi ed intervento alla base di molti studi accademici, scientifici, degli “addetti ai lavori”. • Nella formazione, ed in particolare nell’educazione degli adulti, l’uti lizzo a fini didattici delle biografie personali in una logica “autorifles siva” e ricostruttiva, il Counseling consente di motivare/rimotivare le persone e di avviare processi di autoconsapevolezza sugli obiettivi e le finalità personali e di apprendimento. 10 INTRODUZIONE • Nella consulenza organizzativa e nel Counseling professionale, la rico struzione della “storia” di una determinata organizzazione e/o di “eventi” particolarmente significativi del suo percorso evolutivo o le forme di supporto alla analisi ‘riflessiva’ da parte dei diversi attori organizzativi (sui propri comportamenti, relazioni, risultati), o anco ra l’utilizzo della ricostruzione dell’esperienza lavorativa individuale e della gestione del proprio ruolo lavorativo, il riconoscimento di cre diti, l’analisi dei fabbisogni formativi individuali, ecc., si stanno diffondendo in modo consistente. • Nell’orientamento e nei servizi per l’impiego, nella consulenza orien tativa e bilancio di competenze, nelle funzioni di orientamento, i meto di e la pratica del Counseling divengono sempre più diffusi tanto da divenire attività essenziali per il raggiungimento degli obiettivi dei ser vizi stessi. Per questi motivi il volume analizza i contesti e gli ambiti in cui si svilup pa e applica il Counseling ed in cui tale funzione si esplica per il tramite di una relazione tra individui e operatoriesperti (professionalmente diversi e ‘specifici’ a seconda dei contesti e delle finalità), che in genere supportano e ‘strutturano’ prevalentemente lo stesso tipo di modalità relazionale (relazione diadica; colloquio ‘facciaafaccia’, non direttività, azioni supportive e di empowerment delle persone, anche se possono dar luogo ad ‘esiti’ diversi: relazione di aiuto, interventi di counseling su eventi/situazioni critiche, progetto personale, biografia individuale, per corsi formativi, ecc.). L’ambito della consulenza/counseling professionale appare dunque oggi chiaramente delineato e “specifico”, distinto sia dalla psicoterapia sia da altri interventi che possiamo definire di “counseling aspecifico” e che riguardano essenzialmente gli esiti non ricercati e non perseguiti intenzio nalmente di azioni ed interventi che, per la loro natura o per l’atteggia mento di chi li realizza, pongono in essere una relazione d’aiuto nei con fronti di uno o più soggetti. A partire da queste considerazioni, gli ambiti per i quali è stato effettua to un approfondimento sono stati in particolare quello scolastico e forma tivo; lavorativo e organizzativo; socio sanitario; sociale e di comunità. 11 Introduzione CAPITOLO I CONSULENZA ALLA PERSONA E COUNSELING CONSULENZA ALLA PERSONA E COUNSELING: STATO DELL’ARTE E PROSPETTIVA STORICA 1.1 DEFINIZIONI E CONCEZIONI DI CONSULENZA E COUNSELING S e si prescinde dalla consulenza di tipo individuale (o alla persona) in ambito organizzativo, non sono molti i contributi della letteratura che fanno riferimento alla voce consulenza e consulenza individuale, molto più frequenti sono i contributi che si riferiscono al counseling (o counsel ling) nelle sue diverse accezioni e declinazioni. Nel tentativo di dare una definizione “iniziale” e provvisoria di consulen za, distinguendola artatamente dal counseling, ci siamo avvalsi di alcune osservazioni formulate a proposito della consulenza alla persona in ambi to organizzativo, per poi volgere la nostra attenzione alla letteratura sul counseling e tentare una esplorazione panoramica del “campo”. In realtà ci sembra di poter sostenere che sono numerose e importanti le aree di sovrapposizione tra consulenza alla persona e counseling, prima tra tutte la natura di relazione di aiuto attribuita ad entrambe nella let teratura e nelle pratiche, e che alcuni elementi di differenziazione riscon trabili debbano essere ascritti alla diversità degli approcci che caratteriz zano gli interventi consulenziali piuttosto che alla presenza di due catego 13 1.1 Definizioni e concezioni di consulenza e counseling CAPITOLO I CONSULENZA ALLA PERSONA E COUNSELING 1.1 Definizioni e concezioni di consulenza e counseling rie differenti, la consulenza alla persona e il counseling, “trattate” nella teoria e nella pratica come oggetti diversi se pur prossimali e strettamen te correlati. L’etimologia di consulenza ci fa risalire al verbo latino consulo, di cui ci sembra importante cogliere nel Dizionario LatinoItaliano del Calonghi, oltre ai più conosciuti significati di consultarsi, riflettere, domandare un consiglio a qualcuno, il valore di aver cura, darsi pensiero, venire in aiuto a qualcuno. Dopo il doveroso riferimento etimologico, potremmo prendere l’avvio dalla definizione di Consulenza (ingl. Counseling, ted. Beratung, fr. Con sultation) che fornisce Umberto Galimberti nel Dizionario di Psicologia UTET. Il Counseling viene così definito: «Forma di rapporto interperso nale in cui un individuo che ha un problema, ma non possiede le cono scenze e le capacità per risolverlo, si rivolge ad un altro individuo, il con sulente, che, grazie alla propria esperienza e preparazione, è in grado di aiutarlo a trovare una soluzione». Parlando della consulenza centrata sul cliente nell’ambito delle strutture consultoriali diffuse sul territorio, Galimberti sostiene che «questo inter vento si distingue dalla psicoterapia sia perché si rivolge a persone consi derate “normali”, sia perché non si fa carico del problema, ma offre sem plicemente un consiglio su come affrontarlo, lasciando al soggetto la piena responsabilità delle sue azioni successive». Le altre tipologie di consulen za prese in esame sono la consulenza centrata sul collega, rivolta al per sonale sanitario, assistenziale o educativo che lavora con pazienti o con persone in difficoltà, e la consulenza centrata sull’organizzazione. Guardando ai contributi più significativi sviluppati sulla consulenza alla persona in ambito organizzativo, è importante citare il contributo di Schein (1989, 1992, 2001), secondo cui la funzione di consulenza si sostanzia nel cercare di migliorare determinate situazioni aziendali per mezzo di un processo che, in senso lato, può essere definito “aiutare a…” e si fonda sulla consapevolezza da parte del consulente che svolge re il proprio ruolo significa essenzialmente svolgere un “intervento coa diuvante”. Schein lega strettamente la sua concezione di consulenza ai costrutti di processo e di relazione di aiuto, mettendo a punto e sistematizzando, in particolare, un modello di consulenza denominata “consulenza di proces so” (vera e propria «filosofia dell’attività d’aiuto a persone, gruppi, orga nizzazioni e comunità»), distinta da altri modelli definiti “modello del l’acquisizione di informazioni o competenze (expertise)” e “modello medicopaziente” (più coerenti, questi ultimi, con concezioni della consu lenza che si ispirano ad approcci meccanicisti o comportamentisti). 14 CAPITOLO I CONSULENZA ALLA PERSONA E COUNSELING Naturalmente nella realtà questi modelli non si danno come modelli puri, ma spesso si presentano contaminati e talvolta, anzi, questa contaminazio ne è indispensabile per determinare una maggiore sintonia dell’intervento consulenziale nella sua interezza rispetto all’ambiente in cui si opera e, dunque, benefica per le sorti stesse della consulenza di processo. In sintesi, la consulenza di processo è presentata come «un insieme di attività, fornite dal consulente, che hanno lo scopo di aiutare il cliente a percepire, capire e agire sugli eventi che si verificano nel suo ambiente» ed è «il processo di consulenza stesso, quindi, ad aiutare il cliente a defi nire gli interventi diagnostici che consentiranno di impostare la corretta sequenza di passi risolutivi». Si tratta di una consulenza “generativa”, la cui premessa fondamentale è rappresentata dal fatto che il cliente “pos siede”, dall’inizio e durante tutto il processo di consulenza, la responsa bilità della osservazione e della “formulazione” attiva dei rimedi e che il consulente svolge il ruolo fondamentale di sostegno al cliente nell’affina mento delle sue capacità di identificazione e risoluzione dei problemi posti in consulenza senza mai “appropriarsene”, ma anzi incoraggiando lo ad assumersi la responsabilità finale della decisione operativa e delle azioni da intraprendere. La funzione di consulenza consiste, secondo Cassani (1987), nella «instaurazione, gestione, risoluzione di un rapporto tra due entità che decidono di interagire per analizzare e superare uno stato di disagio/biso gno dichiarato». Perché un rapporto di consulenza possa instaurarsi, occorre che l’entità che avanza la richiesta percepisca una situazione di difficoltà e senta anche il desiderio di uscirne; tale entità deve inoltre provare “un senti mento di fiducia” tale da permettere di consegnare lo stato di disagio, anche se non ben definito, alla seconda entità (il consulente). Una terza condizione preliminare citata da Cassani ci ricorda infine la necessità che da parte del consulente vi sia «un sentimento di possesso di capacità tec niche, operative e emotive per aiutare il cliente, o meglio per aiutare il cliente ad aiutarsi». Analizzando la funzione di consulenza nel lavoro socioeducativo, Rego liosi (2002) riprende la distinzione già formulata da Jaques nel 1947 tra un “modello tecnocratico” (esemplificato dal tradizionale rapporto medi copaziente, ovvero dalla relazione tra un cliente e un tecnico specialista chiamato a svolgere una perizia), in cui le funzioni di diagnosi e di pre scrizione sono nettamente separate dall’azione, e un “modello collabora tivo”, caratterizzato da una stretta collaborazione tra cliente e consulen te, sia nella fase di osservazione, sia nella mobilitazione delle risorse e nella implementazione delle soluzioni. 15 1.1 Definizioni e concezioni di consulenza e counseling CAPITOLO I CONSULENZA ALLA PERSONA E COUNSELING 1.1 Definizioni e concezioni di consulenza e counseling Il consulente si propone dunque come facilitator (nell’accezione rogersia na), o meglio come io ausiliario, che accompagna il cliente nella rilettura della situazione di malessere della propria realtà, individuando le risor se e le capacità di cui può disporre. Pur affermando la preminenza del ruolo di facilitatore di processi, Rego liosi non esclude a priori che, all’interno di un percorso di consulenza, possano esservi fasi o momenti che richiedono specifici contributi cono scitivi: in tali circostanze il consulente si troverà ad assumere anche la funzione di “esperto”, per dotare i clienti di alcuni strumenti necessari per affrontare in modo più consapevole il problema. Il counseling (è in questa forma che è stato inizialmente proposto dai suoi primi sostenitori e, in certo qual modo, fondatori, ma è ugualmente cor retta la forma counselling, usata soprattutto in Gran Bretagna), diffuso si inizialmente nella realtà angloamericana con l’apporto determinante di Rogers e dei suoi allievi/epigoni (Carckhuff, ecc.), si è affermato in tempi più recenti nel contesto europeo, attingendo copiosamente, se pur con alcuni tratti distintivi, alla tradizione rogersiana. Galimberti, nel già citato Dizionario di psicologia, dopo aver definito il counseling «un’azione di sostegno terapeutico nella decisione, allo scopo di creare le condizioni per un’autonomia decisionale», la cui finalità è essenzialmente quella di «consentire all’individuo una visione realistica di sé e dell’ambiente sociale in cui si trova ad operare, in modo da poter meglio affrontare le scelte relative alla professione, al matrimonio, alla gestione dei rapporti interpersonali con la riduzione al minimo della con flittualità dovuta a fattori soggettivi», cita Rogers a proposito della messa a punto di una tecnica di counseling di gruppo. La letteratura è unanime nell’attribuire a Rogers, nell’ambito della psi cologia umanistica, una paternità indiscussa per quanto riguarda le pra tiche di counseling, mutuando e valorizzando significativamente soprat tutto la parte più tecnica del suo contributo. Rogers stesso non si defini sce un teorico; i suoi enunciati sono soprattutto il risultato di una lunga pratica e di un’intensa attività di sperimentazione, che tuttavia ha segna to in modo decisivo l’ambito di intervento del counseling: • lo spostamento del baricentro della relazione sul clientepersona e sui suoi bisogni, a partire dall’ipotesi che l’individuo abbia in sé ampie possibilità di comprendere se stesso, di modificare il proprio concetto di sé e i propri atteggiamenti e di acquisire un comportamento autodi retto; • l’attenzione alla comunicazione verbale e non verbale; • il colloquio come strumento privilegiato; le predisposizioni che rendo no il counselor capace di entrare in sintonia con il suo cliente. 16 CAPITOLO I CONSULENZA ALLA PERSONA E COUNSELING La grande intuizione di Rogers, che qualcuno definisce una rivoluzione copernicana nell’ambito della disciplina in questione, ha avuto così importanti conseguenze soprattutto sul piano delle pratiche operative. Folgheraiter riprende questa impostazione nell’introduzione all’edizione italiana del libro di Mucchielli “Apprendere il counseling”: «Se una per sona si trova in difficoltà, il modo migliore di venirle in aiuto non è quel lo di dirle cosa fare…….quanto piuttosto quello di aiutarla a comprende re la sua situazione e a gestire il problema prendendo da sola e pienamen te la responsabilità delle scelte eventuali». Guichard e Huteau (2001), distinguendo tra Career theories e Guidance theories nell’ambito del counseling di orientamento, collocano l’impor tante contributo di Rogers in particolare nel secondo ambito, quello cioè della ricerca di modalità di intervento consulenziale efficaci e dello svi luppo coerente di metodologie e tecniche appropriate. Burnett (1977) definisce il counseling un processo di interazione tra due persone, counselor e cliente, il cui scopo è quello di «abilitare il cliente a prendere una decisione riguardo a scelte di carattere personale (ad esem pio come scegliere un lavoro o un corso di studi) o a problemi o difficoltà speciali che lo riguardano direttamente»: si tratta in sostanza per il coun selor di attivare un insieme di abilità, atteggiamenti e tecniche per “aiu tare la persona ad aiutarsi”. Nel 1985 l’Associazione Britannica di Counseling afferma che «si realizza un intervento di counseling quando una persona, che riveste regolarmen te o temporaneamente il ruolo di counselor, offre o concorda esplicitamen te di offrire tempo, attenzione e rispetto ad un’altra persona, o persone, temporaneamente nel ruolo di cliente. Compito del counseling è di dare al cliente un’opportunità di esplorare, scoprire e chiarire dei modi di vivere più fruttuosi e miranti ad un più elevato stato di benessere». L’Associazione Europea di Counseling (EAC), a cui si ispira e fa capo anche la SICo, la Società Italiana di Counseling e il CNPC, Coordina mento Nazionale dei Counselor Professionisti, ha adottato nel 1995 questa definizione: «Il counseling è un processo di apprendimento inte rattivo che si stabilisce tra uno (più) counselor e uno o più clienti, siano essi individui, famiglie, gruppi o istituzioni, che affronta con metodo olistico problematiche sociali, culturali, economiche e/o emotive. Può occuparsi di come affrontare e risolvere problemi specifici, favorire i processi decisionali, aiutare a superare le crisi, migliorare le relazioni, agevolare lo sviluppo, accrescere la conoscenza e consapevolezza di sé e permettere di elaborare sentimenti, pensieri e conflitti interni ed ester ni. L’obiettivo principale è quello di offrire ai clienti l’opportunità di procedere, con modalità autonome, verso una vita più soddisfacente e 17 1.1 Definizioni e concezioni di consulenza e counseling CAPITOLO I CONSULENZA ALLA PERSONA E COUNSELING 1.1 Definizioni e concezioni di consulenza e counseling piena di risorse, sia come individui che come membri di una società più ampia». L’Aspic (Associazione per lo Sviluppo Psicologico dell’Individuo e della Comunità), una delle prime scuole di Counseling in Italia, ha individua to aspetti specifici del counseling nell’ambito dei processi atti a promuo vere ed operare sulla salute più che sulla patologia. L’arte relazionale del counseling si fonda sull’abilità di offrire una forte presenza attiva – «esserci consapevolmente», per entrare in contatto con la sofferenza psichica ed il disagio emotivo ed esistenziale dell’altro, crea re una cornice sicura ed accogliente entro la quale il soggetto possa espri mersi e sentirsi accolto e contenuto, ed infine attivare le sue risorse intel lettuali ed emotive, insieme alla capacità di cambiamento e di adattamen to creativo (Giusti, Iannazzo, 1998). Feltham e Dryden (1993) definiscono il counseling «una relazione fonda ta su principi e caratterizzata dall’applicazione di una o più teorie psico logiche e di un insieme riconosciuto di abilità comunicative», sostenendo con decisione che l’ethos dominante della relazione di counseling è rap presentato dal sostenere e agevolare piuttosto che dal fornire consigli. Allo stesso modo, riprendendo l’etimologia latina già ricordata in apertu ra e osservando come tale termine tenda potenzialmente ad assumere una molteplicità di significati, Di Fabio (1999), al fine di risolvere l’equivoco semantico a cui possono essere indotti i non addetti ai lavori, sostiene che «counseling non significa dare consigli, consigliare», bensì, come suggeri sce la più illuminata letteratura di settore, offrire alla persona che frui sce dell’intervento «l’opportunità di esplorare, scoprire e render chiari gli schemi di pensiero e di azione, per vivere più congruentemente, vale a dire aumentando il proprio livello di consapevolezza, facendo un uso migliore delle proprie risorse rispetto ai propri bisogni e desideri e per venendo a un grado maggiore di benessere». Introducendo la presentazione delle pratiche di bilancio di competenze, uno tra i più noti dispositivi utilizzati nel career counseling, Ruffini e Sarchielli (2001) affermano che «in una relazione di counseling si pone in essere un processo di conoscenza e di apprendimento, attraverso il quale risulta possibile per la persona riorganizzare, rimuovere o modificare gli ostacoli cognitivi, emotivi e affettivi che limitano un percorso autonomo di progettazione e di affrontamento di un problema sia esso personale o professionale». Nel filone del counseling realizzato in ambito aziendale e organizzativo in generale, Reddy (1987) definisce il counseling come «un insieme di tecni che, abilità e atteggiamenti per aiutare le persone a gestire i loro proble mi utilizzando le loro risorse personali» e Borgogni e Petitta (2003), 18 CAPITOLO I CONSULENZA ALLA PERSONA E COUNSELING distinguendo gli ambiti e le modalità di intervento del counseling e del coaching, parlano del counseling come di un’opportunità vincolata ad una richiesta e sostengono che è «a partire dalla domanda, dalle aspetta tive e dalla relazione che si istituisce per promuovere la presa di coscien za delle proprie abituali modalità di comportamento, di pensiero e di relazione nel contesto organizzativo» che si creano i presupposti per poter realizzare un intervento di counseling. Secondo le autrici il contri buto di Rogers è stato particolarmente significativo dal punto di vista della sensibilizzazione alla relazione interpersonale ma limitato su altri versanti (ad esempio il rapporto tra soggetto e contesto, le emozioni che caratterizzano la relazione tra sé e l’altro). Su questi aspetti rinviano al modello dell’analisi della domanda messo a punto da Carli (1993) e alla teoria clinica della RET (Rational Emotional Therapy, Ellis 1962 e 1993) nell’ambito della prospettiva cognitivista, al fine di individuare approcci teorici e modalità di intervento in grado di far fronte a specifici problemi che possono essere oggetto di una richiesta di counseling. Dopo aver cercato di definire la consulenza e il counseling e aver riscon trato una sostanziale identità delle pratiche definite nell’uno o nell’altro modo, vorremmo individuare gli elementi di differenziazione rispetto a pratiche contigue o che si realizzano negli stessi ambiti, ma che riteniamo avere una natura sostanzialmente diversa. La consulenza alla persona/counseling si distingue dalla consulenza di contenuto (consulenza organizzativa, ecc.) perché, anche quando si attua su problematiche specifiche (problematiche di scelta, di decisione, ecc.), considera la relazione e il processo fattori essenziali nella determinazione del suo statuto teorico e del suo agire operativo. La consulenza alla persona/counseling si differenzia dalla psicoterapia perché interviene in quelle situazioni che non richiedono una ristruttura zione profonda della personalità, ma che consentono di attivare nella persona che ne fa richiesta tutte le risorse per trovare la soluzione a pro blematiche di diversa natura che la persona intende affrontare. Anche la distinzione originaria di Rogers, ripresa da Mucchielli, tra psi coterapia, case work e counseling rende visibili, pur nella sua semplicità, le differenze tra diversi tipi di interventi di aiuto. In tale distinzione sono considerati la natura e i tipi di problemi da risolvere e la gamma di risor se personali o psicosociali utilizzate nel processo di produzione di una “risposta” di aiuto. La psicoterapia riguarderebbe problemi inerenti il disagio psichico e utilizzerebbe le risorse personali o psicosociali come fattori essenziali del processo di risoluzione; il case work riguarderebbe problemi inerenti aspetti concreti della vita sociale e utilizzerebbe risor se concrete utilizzabili o attivabili nel contesto reale; il counseling riguar 19 1.1 Definizioni e concezioni di consulenza e counseling CAPITOLO I CONSULENZA ALLA PERSONA E COUNSELING 1.1 Definizioni e concezioni di consulenza e counseling derebbe problemi inerenti aspetti concreti della vita sociale, ma utilizze rebbe le risorse personali o psicosociali dell’individuo nel processo di produzione di una risposta utile e soddisfacente per sé. Il counseling in questa prospettiva diviene il processo attraverso il quale l’individuo è aiutato a ridefinire i problemi, individuare gli obiettivi, delineare i per corsi di risoluzione, prendere le decisioni, sviluppando autonomia e capacità di gestione del proprio processo di sviluppo e di apprendimento. Potremmo rappresentare in questo modo la collocazione (il posiziona mento) della consulenza alla persona/counseling rispetto ad altre azioni di aiuto, che per un verso o per l’altro possono essere assimilate alle pra tiche consulenziali di cui ci occupiamo. Relazione PSICOTERAPIA COUNSELING Area specifica del counseling 20 CONSULENZA DI CONTENUTO/ EXPERTISE Contenuti Informazioni Metodi CAPITOLO I CONSULENZA ALLA PERSONA E COUNSELING 1.2 ASSUNTI ESPLICITI E IMPLICITI DELLA CONSULENZA E DEL COUNSELING IN UNA PROSPETTIVA STORICA Ma quali sono le teorie che ispirano le pratiche di consulenza e counse ling attualmente più diffuse (e in qualche caso emergenti) e dunque gli assunti concettuali (più o meno impliciti, più o meno esplicitati) che sot tendono tali pratiche? Il punto di avvio (anche in questo caso non unico) che scegliamo per svi luppare la nostra riflessione sono i concetti sistemici introdotti da Bate son (19501960), la cui applicazione incrina gli approcci alla terapia e alla consulenza ispirati ai modelli meccanicistici “causaeffetto” di derivazio ne newtoniana e cartesiana, che, procedendo attraverso scansioni anali tiche degli oggetti in esame, li frammentano nelle componenti costitutive osservate isolatamente e ricercano poi tra queste rapporti di causalità lineare. Si tratta, in estrema sintesi, degli approcci di tipo deterministi co, ispirati al comportamentismo più rigido e/o fondati essenzialmente su logiche di eterodirettività. Faremo riferimento in seguito ai mutamenti intervenuti sia nelle pratiche terapeutiche che in quelle consulenziali, considerando lo stretto intreccio spesso creatosi tra le due tipologie di intervento, le influenze reciproche e naturalmente la non sempre agevole delimitazione degli ambiti di inter vento. Possiamo individuare almeno tre assunti fondamentali alla base del para digma sistemico. • L’individuo viene considerato come un sistema aperto capace di auto regolazione, in interscambio continuo con l’ambiente: l’unità di studio (“l’unità di sopravvivenza” di Bateson) non è più l’individuo isolato, ma l’individuo più l’ambiente/contesto. • L’interscambio che avviene tra l’individuo e il suo contesto non è uno scambio di energia, ma di informazione, il che implica la norma di “retroazione” e quindi di circolarità: lo studio dei comportamenti umani viene assimilato a quello della comunicazione (comportamenti comunicativi adeguati e coerenti con le particolari modalità interatti ve del contesto). • Riguardo la concezione dei processi mentali, la mente, a differenza di quanto sostenuto dalla dicotomia cartesiana, non è separabile dal soma, ma si identifica con la stessa dinamica dell’autoorganizzazione sistemi ca, assumendo anzi il carattere di metafunzione che, a livelli di comples sità superiori, acquista la tipica qualità non spaziale e non temporale che noi attribuiamo alla mente tradizionalmente intesa. Inoltre la mente non è interamente identificabile con l’individuo, ma investe anche vie e mes 21 1.2 Assunti espliciti e impliciti della consulenza e del counseling in una prospettiva storica CAPITOLO I CONSULENZA ALLA PERSONA E COUNSELING 1.2 Assunti espliciti e impliciti della consulenza e del counseling in una prospettiva storica saggi che connettono individuo e ambiente, non separabili. In questa visione sistemica, che diventa realmente ecologica, l’individuo non si adatta a un ambiente dato ma coevolve insieme ad esso e l’attenzione posta ai processi mentali è riferita in modo precipuo al concetto di infor mazione piuttosto che di energia, come è invece nella psicanalisi. Ma le prime applicazioni del modello sistemico alla terapia e alla consu lenza non hanno ancora la capacità di trarre dall’originale ispirazione batesoniana le più feconde conseguenze in termini di approcci operativi e pratiche d’intervento. Si tratta sostanzialmente di applicazioni di modelli ispirati alla ciberneti ca “prima maniera”, fortemente centrati su concetti di autocorrezione e di omeostasi piuttosto che di potenzialità evolutive, sulla pragmatica delle interazioni osservabili piuttosto che sulla semantica delle comunicazioni e quindi sul complesso dei significati e di ciò che di più propriamente mentale esiste negli individui e nei sistemi umani, sulla possibilità che il consulente dia del sistema trattato una descrizione “oggettiva” piuttosto che sulla inevitabilità di una interazione copartecipativa tra il consulen te e il sistema stesso (Watzlawick, Beavin, Jackson, 1971). L’epistemolo gia sistemica di riferimento è dunque riduttiva e ancora influenzata dal modello meccanicistico. Negli ultimi decenni, in particolare nel decennio di fine secolo, tale epi stemologia è stata sottoposta ad importanti revisioni grazie a ricerche effettuate in campi estranei alle scienze del comportamento, alle scienze cognitive e alla psicologia in una prospettiva di integrazione tra vari campi del sapere, che hanno portato al riconoscimento di realtà comples se e alla messa a punto di una sorta di “scienza della complessità” inter disciplinare (trasversale). Accenniamo brevemente agli aspetti essenziali di questa revisione meto dologica. 1. Il riconoscimento e la valorizzazione nei sistemi non solo di tendenze al mantenimento dell’equilibrio, ma anche di potenzialità evolutive verso direzioni spesso del tutto imprevedibili (passaggio da un model lo omeostatico a un modello evolutivo). Nella descrizione dei sistemi umani come circuiti di retroazione nega tiva, ripetitivi e immutabili, descrizione che contrasta con la stessa visione di von Bertalanffy dell’uomo come “sistema attivo di persona lità”, si perde infatti l’aspetto fondamentale costituito dalla dimensio ne diacronica del tempo: il sistema è sempre uguale a se stesso e dun que è un sistema senza storia. 22 CAPITOLO I CONSULENZA ALLA PERSONA E COUNSELING Le ricerche e gli studi sui sistemi non statici, ma permanentemente dinamici, esposti a oscillazioni o “fluttuazioni” (“sistemi lontani dal l’equilibrio”, Prigogine, 1980 e 1988) danno un contributo decisivo alla revisione di tale approccio. In particolare, il concetto di fase critica, definita “biforcazione”, oltre la quale può avviarsi un cambiamento di stato verso direzioni ed esiti che non sono prevedibili a priori, consente di evidenziare tendenze evolutive sostenute da continue interazioni circolari di feed back nega tivi e positivi che garantiscono l’evolutività del sistema. Il concetto di “feedback evolutivo” sta a significare che il sistema non è mai uguale a se stesso. Questa concezione reintroduce nel sistema la dimensione tempo: la “freccia del tempo” di Prigogine indica la direzione evolutiva del siste ma e determina la sua irreversibilità. Riacquista rilievo una storia del sistema che, tra ridondanze e differenze tra loro interrelate ma mai identiche a se stesse, segna il suo sviluppo nella prospettiva del tempo. In questo “rinnovamento” epistemologico possiamo cogliere almeno due implicazioni relative al processo di consulenza. • Il problema o tema affrontato in consulenza non è più considerato come elemento che tende a rinforzare l’omeostasi patologica del sistema, bensì come momento di estrema instabilità del sistema stesso, punto di “biforcazione”, oltre il quale diverse direzioni sono possibili e quindi anche l’evoluzione verso più maturi livelli di svi luppo. • Viene reintrodotta nel sistema la dimensione diacronica del tempo, che non solo restituisce al sistema l’appartenenza a una storia, ristoricizzando il problema stesso, ma recupera il valore del passa to non già come “causa” del presente secondo una piatta prospetti va causalistica, ma come il passato che “è” nel presente e continua a vivere nel presente, ad esempio attraverso le rappresentazioni di sé e le rappresentazioni sociali. Ciò consente di recuperare anche la prospettiva della multidimensionalità dei processi mentali. 2. L’impossibilità di mantenere una distinzione rigida, quando si affron ta il problema delle relazione consulenziale, tra osservatore e osserva to, tra consulente e sistema da trattare: dal momento in cui interagi scono, osservatore e osservato non possono che essere reciprocamente “osservanti” e quindi costituire, nel loro insieme, un sistema “auto osservante”: passaggio da un modello dei sistemi “osservati” a un modello dei sistemi “osservanti” o “autoosservanti”. Dopo il contributo di Bateson agli inizi degli anni 50, è importante richia mare la cibernetica “di secondo ordine” (von Foerster, 1974) e gli studi 23 1.2 Assunti espliciti e impliciti della consulenza e del counseling in una prospettiva storica CAPITOLO I CONSULENZA ALLA PERSONA E COUNSELING 1.2 Assunti espliciti e impliciti della consulenza e del counseling in una prospettiva storica biologici, con implicazioni inerenti le scienze cognitive e la filosofia, di Maturana e Varela (1985) sulla autoreferenzialità dei sistemi, le rifles sioni di Bocchi, Ceruti, ecc. (1985) sulla “scienza della complessità”. Si esplicita in modo diretto la “circolarità costruttiva” tra osservatore e sistema osservato e ne discende, per quel che riguarda la consulen za, che il “sistema consulenza”, essendo il consulente inevitabilmente partecipe della propria osservazione, è a tutti gli effetti un sistema autoosservante e autoreferenziale. Paradossalmente, solo facendone parte il consulente può conoscere il sistema che osserva e, anzi, con tribuisce egli stesso a “costruire” la realtà descritta dando luogo a un tipo di osservazione che non si può in alcun caso definire oggettiva. Il passaggio da un’epistemologia della rappresentazione a un’episte mologia della costruzione, da un’epistemologia dei sistemi osservati a un’epistemologia dei sistemi autoosservanti comporta alcune impor tanti conseguenze che riguardano da vicino le problematiche di cui ci occupiamo. • Per quanto riguarda il processo di conoscenza, il consulente, abbandonato il mito della neutralità e della separatezza, ancora presenti nei modelli riferiti alla prima cibernetica, abbandona anche la pretesa di una conoscenza oggettiva della “realtà”, ogget to di consulenza, intesa come “verità assoluta”. • Per quanto attiene poi il processo di consulenza, il consulente, per dendo la sua posizione di distanza e di “estraneità”, deve anche rinunciare alla pretesa di controllare il processo e di prevederne gli esiti. La sua funzione diventa soprattutto quella di introdurre nel sistema elementi di maggiore complessità, di accrescere le possibi lità di scelta rispetto alla visione univoca e stereotipata che il “siste ma soggetto” ha della propria realtà, in modo che possa riconside rarla e rimettere in moto il processo evolutivo. Ma sarà lo stesso sistema a “creare” le forme e le direzioni, del tutto imprevedibili, del proprio cambiamento, diventandone a tutti gli effetti l’artefice. Le influenze essenziali esercitate dai “movimenti” di pensiero descritti sul rinnovamento delle pratiche si possono sintetizzare nel modo seguente. • La reintegrazione nel sistema della dimensione della temporalità intro duce nella consulenza una più complessa articolazione di livelli, tra loro circolarmente correlati. Al livello sincronico dei comportamenti agiti nel qui e ora si collega il livello diacronico della storia e dei suoi significati; alla fenomenologia delle interazioni attuali si associa l’e splorazione dell’immagine o della “rappresentazione simbolica” che il sistema ha di se stesso. 24 CAPITOLO I CONSULENZA ALLA PERSONA E COUNSELING • L’integrazione dell’osservatore nel proprio campo d’osservazione solle cita a sostituire atteggiamenti e tecniche di tipo “istruttivo” o prescritti vo con altre di tipo “dialogico”, che propongono piuttosto ridefinizioni della situazione, cioè visioni alternative della realtà rispetto a quelle ste reotipiche veicolate dal soggetto, riattivandone le autonome potenzialità creative. Questa concezione autoreferenziale, che riconosce capacità creative e autonomia al sistema, spoglia dunque il processo di consulen za di ogni possibile finalità di manipolazione e di controllo, ma allo stes so tempo, considerando il consulente come cocostruttore della realtà consulenziale, gli affida nuove responsabilità e una funzione per così dire “etica” che contempla responsabilità sia sul piano del riconosci mento dei temi proposti dalla relazione con il soggetto sia su quello del l’evoluzione e dell’individuazione di strategie di soluzione. L’epistemologia della “complessità” porta naturalmente nuova linfa alla visione sistemica delle problematiche della consulenza, contribuendo con solide argomentazioni al superamento delle strettoie dei diversi riduzio nismi, attraverso il riconoscimento di una molteplicità complessa di livel li del reale che, nella loro autonomia, si propongono però come comple mentari e circolarmente correlati (Morin, 1983). Il passaggio dal concetto di un universum indipendente a quello di multi versa interdipendenti nel loro coevolvere, in cui ogni realtà (versum) è valida in ugual misura e irriducibile allo stesso tempo, prefigura una plu ralità di possibili mondi e realtà personali, la cui esistenza dipende dalle distinzioni effettuate da un osservatore. La realtà viene dunque concepi ta, piuttosto che come entità univoca e oggettivamente data, come una fitta trama di processi multidirezionali che, pur essendo strettamente interconnessi, si articolano simultaneamente lungo livelli di interazione multipli e irriducibili l’uno all’altro (Maturana e Varela, 1987). In virtù della correlazione ricorsiva dei molteplici livelli in gioco, ai clas sici rapporti di opposizione dicotomica di derivazione cartesiana, si sosti tuiscono rapporti di complementarità e a una logica disgiuntiva del tipo o/o (intrapsichico o relazionale; mondo interno o mondo esterno; indivi duale o sociale, ecc.) si sostituisce una logica di articolazioni dialettiche del tipo e/e. L’osservatore, a sua volta, non più esterno all’oggetto che osserva, intro duce in questo fluire di processi multidirezionali e interconnessi un ordi ne autoreferenziale che non riflette le qualità intrinseche dell’oggetto per cepito, ma si fonda su un ordine percettivo che nasce dal continuo inte ragire dell’osservatore con se stesso e con il mondo (relatività storica dei processi di conoscenza e loro natura interattiva e costruttiva). 25 1.2 Assunti espliciti e impliciti della consulenza e del counseling in una prospettiva storica CAPITOLO I CONSULENZA ALLA PERSONA E COUNSELING 1.2 Assunti espliciti e impliciti della consulenza e del counseling in una prospettiva storica La conoscenza, come risultato di una interpretazione, si origina da un processo continuo di regolazione tra l’esperire e lo spiegare, grazie al quale il fluire dei pattern di esperienza immediata diventa passibile di distinzioni e riferimenti, dando luogo a un riordinamento in grado di tra sformare l’esperienza stessa di quei pattern (Guidano, 1992). Una epistemologia della complessità implica dunque il riconoscimento di una pluralità di modelli di interpretazione del reale, nella consapevolez za che nessuno di essi può proporsi come modello “onnicomprensivo”, capace di contenere e giustificare la complessità del reale. Naturalmente la caduta del mito del modello non risparmia neppure il modello sistemico, che, come del resto dimostra l’evoluzione delle sue for mulazioni, non può certamente proporsi come punto di riferimento esau stivo, ma soltanto fornire una trama metodologica nella quale possano essere utilmente e circolarmente correlati elementi e livelli diversi di realtà, ognuno dei quali può presentare specificazioni proprie e richiede re specifici strumenti di interpretazione e di intervento. Nella prospetti va della complessità, il riconoscimento della molteplicità e dell’autonomia dei livelli sistemici comporta, infatti, la possibilità di una molteplicità di punti di vista, nel senso di “differenti posizioni di osservazione”. L’opzione epistemologica del costruttivismo, soprattutto il cosiddetto costruttivismo radicale, sostituisce al criterio della verità (epistemologia positivista) quello della “percorribilità” o “viabilità” delle costruzioni individuali, ritenute percorribili quando non sono ostacolate da vincoli del mondo ontologico, ovvero quando conducono a un esito positivo l’a zione del soggetto. L’obiettivo del consulente diventa quello di compren dere insieme al soggetto la logica complessiva propria e peculiare di quel la persona che ha richiesto il suo intervento, stimolando in particolare un’interrogazione su cosa le renda difficile conquistare in modo autono mo un proprio equilibrio sistemico e raggiungere i propri obiettivi di vita. Si tratta di stimolare l’incremento delle capacità autoriflessive e metaco gnitive del soggetto sui propri processi sistemici per ricostruire le invali dazioni cui va incontro, utilizzandole per complessificare i propri proces si di conoscenza semantici, procedurali e affettivi. Il processo circolare che porta il soggetto a costruire nuove spiegazioni e soprattutto nuove comprensioni di sé dovrebbe avere come esito una più piena accettazione delle proprie caratteristiche modificate e non modifi cate del sé e una rilettura della propria storia, nella consapevolezza che ciò che conta non è la capacità di costruire rappresentazioni vere della “realtà” affrontata in consulenza, quanto piuttosto il fatto che queste rappresentazioni costituiscano dei modelli percorribili di questa stessa realtà. 26 CAPITOLO I CONSULENZA ALLA PERSONA E COUNSELING Ma nelle pratiche di consulenza non può esserci soltanto lo “sguardo” concettuale ed è necessario integrare al punto di vista epistemologico i punti di vista narrativometaforico e fenomenologico. La narrazione implica il valore etico e l’etica, intesa come realtà esistenziale, si offre come modalità di conoscenza cosoggettiva che si impone con le sue evi denze esperienziali e non può essere “costretta” in rigidi confini concet tuali. Il valore etico può rappresentare un criterio di grande validità ope razionale nell’essere nel mondo: la conoscenza e la valutazione storica dell’esperienza sono congrue all’essere nel tempo, cioè a quella dimensio ne di passatopresentefuturo che permette di analizzare, volere, proget tare, realizzare e valutare la propria “opera”, scrivendo la propria sto ria (meglio, le proprie storie) con una prosa consapevole e attiva (Heideg ger, 1976). Ed è allo stesso modo vitale arricchire lo sguardo epistemologico (valore concettuale) e quello narrativo (valore metaforico ed etico) con la visione fenomenologica, le sue specificità e i suoi “valori”. Conoscere fenomeno logicamente significa stare dentro l’esperienza (la radura nel bosco di Heidegger) senza costringerla nel gioco delle concettualizzazioni e dei rimandi infiniti, del reperimento minuto e analitico dei significati, alla ricerca di un senso immanente e intrinseco agli eventi, alle persone, alle “cose”. Nelle pratiche di consulenza il punto di vista fenomenologico ci preserva da un utilizzo improprio della conoscenza concettuale, che degradi gli essenti, cioè le persone, a meri enti, richiamandoci alla necessità di un forte ancoraggio dei concetti all’esperienza dei soggetti. In un processo di consulenza che si sostanzi in atti e parole privi di preoc cupazione per il loro valore esperienziale/esistenziale e per il loro “senso” etico, è in agguato il rischio di tradire gli assunti dell’etica del dialogo che sta alla base di ogni intervento professionale di aiuto, dando vita ai rappor ti truffaldini denunciati da Wittgenstein nelle sue Lezioni e conversazioni. 27 1.2 Assunti espliciti e impliciti della consulenza e del counseling in una prospettiva storica CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING 2.1 AMBITI DI INTERVENTO, CONTESTI E TIPOLOGIA DI AZIONI DEL COUNSELING I l campo che denominiamo consulenza alla persona/counseling e che, pur tra complesse difficoltà concettuali e terminologiche, stiamo tentan do di “mappare”, ci sollecita ad un tentativo di distinzione tra aree diver samente caratterizzate, che può rivelarsi preziosa nell’esplorazione e nella rappresentazione che stiamo cercando di dare dell’oggetto in que stione. Riteniamo che possa avere una ragion d’essere la distinzione che proponiamo tra le seguenti aree: 1. attività intenzionali, focalizzate e finalizzate, che costituiscono l’area specifica e riconosciuta del counseling; 2. attività in tutto o in parte assimilabili al counseling, ma che non ven gono denominate e riconosciute come tali; 3. effetti indiretti di altre azioni che non sono counseling (funzione aspe cifica di counseling). Sono numerose le situazioni in cui, in assenza di un intervento intenzio nale, si mette in atto in modo spontaneo una relazione di aiuto, perché 29 2.1 Ambiti di intervento, contesti e tipologia di azioni del counseling CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING 2.1 Ambiti di intervento, contesti e tipologia di azioni del counseling insita nell’assetto disposizionale di chi la agisce e/o perché potenzialmen te presente nella situazione in cui ci si trova ad operare, determinando un “effetto counseling”. Ma l’ambito della consulenza/counseling professionale appare nettamente distinto da quest’area che possiamo definire di “counseling aspecifico” e che riguarda essenzialmente gli esiti non ricercati e non perseguiti intenzio nalmente di azioni ed interventi che, per la loro natura o per l’atteggiamen to di chi li realizza (attori e fruitori) o per entrambe le cose insieme, pon gono in essere una relazione d’aiuto nei confronti di uno o più soggetti. Nella tabella che segue tale distinzione di aree è stata tradotta in una dif ferente collocazione attribuita a figure che esercitano una funzione speci fica di counseling, svolgendo un’azione intenzionale e connotata in tal senso, e ad altre che invece mettono in atto una relazione d’aiuto, eserci tando una funzione aspecifica di counseling. Questa distinzione fa riferimento ad ambiti e contesti diversi ed è in relazio ne, da un lato, ai tipi di azioni di consulenza realizzate e, dall’altro, ai temi/fuochi che di tali azioni costituiscono gli oggetti di interesse prevalente. Sono stati presi in considerazione quattro ambiti: • scolastico e formativo • lavorativo e organizzativo • socio sanitario • sociale e di comunità. 30 Lavorativo e organizzativo Scolastico e formativo AMBITI • Orientamento • Counseling • Transizione al lavoro orientamento • Tirocini • Counseling psicologico • Socializzazione organizzativa • Sviluppo competenze/ Formazione • Carriera Università Aziende pubbliche e private • • • • Manager Coach Formatore Professional • Docente • Tutor segue • Formatore • Tutor • Psicologo • Psicologo • Orientatore • Insegnante • Tutor • Mediatore interculturale • Assistente sociale FUNZIONE DI COUNSELING ASPECIFICA • Psicopedagogista • Psicologo scolastico • Orientatore FUNZIONE DI COUNSELING SPECIFICA • Career counseling • Psicologo del lavoro • Counseling psicologico • Career counselor • Bilancio e Consulente di competenze di bilancio Apprendimento • Counseling Competenze di orientamento Orientamento • Counseling Transizione al lavoro psicopedagogico Strategie formative Disagio • • • • • • Formazione professionale TIPI DI AZIONI • Apprendimento • Counseling • Insegnamento psicopedagogico • Relazione: insegnanti • Counseling allievi, insegnanti di orientamento genitori, insegnanti • Counseling sociale altri pedagogico • Orientamento • Integrazione • Disagio TEMI/FUOCHI PREVALENTI Scuola CONTESTI CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING 31 2.1 Ambiti di intervento, contesti e tipologia di azioni del counseling 32 Ambito sociosanitario Lavorativo e organizzativo • Transizione al/ nel lavoro • Carriera Orientamento • Transizione al/ nel lavoro • Carriera Orientamento • Disagio • Malattia • Effetti esperienze traumatiche • Lutto • Prevenzione • Mediazione familiare • Mediazione interculturale Centri per l’impiego Ospedali e servizi socio sanitari (es. consultori, distretti sociosanitari, servizi socio sanitari territoriali) • Sviluppo e apprendimento organizzativo • Conflitto TEMI/FUOCHI PREVALENTI Società di consulenza CONTESTI • Orientatore • Psicologo del lavoro • Professional • Psicologo del lavoro • Career counselor • Professional FUNZIONE DI COUNSELING SPECIFICA • Counseling psicologico • Psicologo clinico • Counseling medico e infermieristico • Counseling per le relazioni di coppia e per la famiglia • Art counseling • Career counseling • Bilancio di competenze • Career counseling • Counseling psicologico • Bilancio di competenze • Outplacement • Career planning • Outplacement • Coaching TIPI DI AZIONI • • • • • segue Medico Infermiere Educatore Assistente sociale Mediatore culturale FUNZIONE DI COUNSELING ASPECIFICA 2.1 Ambiti di intervento, contesti e tipologia di azioni del counseling AMBITI CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING Ambito sociale e di comunità AMBITI Servizi sociali e Strutture private CONTESTI Inserimento sociale Integrazione Mediazione sociale Mediazione familiare Mediazione interculturale • Malattia • Effetti esperienze traumatiche • Lutto • Famiglia • Scuola • Lavoro • “Svantaggio” • Disagio • Prevenzione • • • • • TEMI/FUOCHI PREVALENTI • Counseling psicologico • Counseling per le relazioni di coppia e per la famiglia • Art counseling • Case management TIPI DI AZIONI • Psicologo clinico • Counselor di sostegno • Counselor familiare FUNZIONE DI COUNSELING SPECIFICA • Educatore • Operatore socio assistenziale • Mediatore culturale? FUNZIONE DI COUNSELING ASPECIFICA CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING 2.1 Ambiti di intervento, contesti e tipologia di azioni del counseling 33 CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING 2.1 Ambiti di intervento, contesti e tipologia di azioni del counseling È sembrato utile, nella tabella presentata sopra, proporre questa artico lazione e differenziazione come meta criterio orientante la modalità di analisi delle attività di aiuto presenti nei diversi contesti d’azione. Nello schema è implicita l’idea di counseling come forma specifica di aiuto che si distingue da altre forme di aiuto quali la psicoterapia e il case work e, inoltre, l’idea che la specificità dell’azione di counseling sia da ricercare nel rapporto tra i tipi di bisogni/problemi e i contesti in cui tali problemi e bisogni si manifestano. Per ognuno dei quattro ambiti si sono identificati i contesti nei quali sono presenti attività riconducibili all’area del counseling e si è scelto nella maggior parte dei casi di indicare il professionista che prioritariamente esercita la funzione specifica, in quanto al momento attuale, nei contesti individuati, non sembra essere diffusamente presente e socialmente rico nosciuta una “figura” definibile come counselor7. Nell’area dell’orientamento e del career counseling, così come nell’ambi to sociale e di comunità, pur confermandosi la focalizzazione sul profes sionista che esercita in via prioritaria la funzione, sono tuttavia presenti operatori che sembrano essere socialmente riconosciuti come counselor. Lo schema propone inoltre una sintesi dei contenuti e dei fuochi che sono riscontrabili in modo prevalente nei singoli contesti e delineano il campo e i tipi di problemi affrontati o affrontabili nel counseling. In ambito scolastico e formativo la funzione specifica di counseling sem bra essere prioritariamente esercitata dal pedagogista, dallo psicologo scolastico e dall’orientatore. In particolare il counseling psicopedagogico è finalizzato al miglioramento delle relazioni insegnanti allievi, insegnan ti genitori oppure delle relazioni tra gli stessi insegnanti. Nelle attività di orientamento il counseling si esplica in particolare in attività individuali di accompagnamento alla scelta o di sostegno alla definizione di un pro getto formativo e in interventi individuali finalizzati a contrastare even tuali problemi inerenti l’esperienza scolastica e formativa e/o a prevenire l’insuccesso (modifica del percorso scolastico e formativo, sviluppo di modalità adeguate di gestione dell’esperienza formativa, ecc.). 7 Secondo alcuni autori il counseling, inteso come processo di aiuto nel qui ed ora della relazione, è patrimonio di differenti figure professionali quali il medico, l’infermiere, l’e ducatore, l’assistente sociale, il dirigente, ecc. Nella nostra analisi si è cercato di distin guere tra counseling specifico e aspecifico, riconoscendo, da un lato, la funzione di coun seling implicita in specifiche professioni di aiuto e cercando, dall’altro, di individuare nei contesti analizzati attività intenzionalmente poste in essere, con una propria struttura, metodologia e strumenti e con obiettivi di aiuto peculiari e specifici. Tale distinzione ha tuttavia riproposto il tema di chi esercita concretamente la funzione (cfr. il par. scuole di counseling). 34 CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING In ambito lavorativo e organizzativo la funzione specifica è, di norma, affidata allo psicologo del lavoro e in casi specifici, ad esempio nel caso di azioni di cambiamento e sviluppo di carriera lavorativa e organizzativa, al consulente di bilancio di competenze o al career counselor. Sembra inoltre utile evidenziare che forme particolari di counseling sono propo ste come leve di sviluppo di specifiche competenze gestionali. In questo caso il counseling rappresenta una modalità individuale di sostegno, di sviluppo e di auto miglioramento delle competenze necessarie alla produ zione di comportamenti efficaci, efficienti e soddisfacenti per l’individuo e per l’organizzazione e la funzione di counseling è esercitata da una plu ralità di professionalità tendenzialmente esperte in processi di apprendi mento. Nell’ambito dei servizi per l’impiego il counseling tratta temi e problemi inerenti le transizioni al lavoro e nel lavoro ed è, di norma, eser citato dall’orientatore o dal counselor esperto in processi orientativi e di sostegno all’inserimento lavorativo. In ambito socio sanitario la funzione di counseling specifica, che rispon de a una particolare categoria di clienti e ai problemi per i quali il servi zio è attivo, può essere esercitata in maniera diffusa nel servizio dedica to in particolare dalle professionalità previste dalle normative di riferi mento. Ad esempio, in un consultorio la funzione può essere esercitata dall’assistente sanitario, dallo psicologo, dall’assistente sociale, dal gine cologo, ecc. In generale, nei diversi settori la funzione di counseling è attribuita prioritariamente allo psicologo clinico. Analisi delle principali azioni di counseling realizzate in differenti ambiti e contesti In altre parti del volume sono state identificate le caratteristiche peculia ri degli interventi di consulenza individuale o di counseling. Sono stati inoltre esplorati i principali approcci che orientano gli interventi concre ti e sono stati introdotti alcuni criteri generali attraverso i quali distin guere, nell’ampio panorama degli interventi di aiuto alla persona, quelle attività definibili come counseling. L’eterogeneità delle situazioni e delle modalità di gestione del processo di counseling comporta anche una eterogeneità di approcci o orientamenti, sia diversi modi di intendere e di porre in essere l’azione di caring da parte dei diversi operatori coinvolti8. 8 È importante sottolineare che il counseling agito in situazioni reali sembra rappresenta re sempre l’esito di un processo di rielaborazione soggettiva da parte dell’operatore. Tale processo di rielaborazione soggettiva non avviene evidentemente in un vuoto situaziona le ma è correlato ai processi di riconoscimento e legittimazione sociale della professione. 35 2.1 Ambiti di intervento, contesti e tipologia di azioni del counseling CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING 2.1 Ambiti di intervento, contesti e tipologia di azioni del counseling L’ampia e diversificata gamma degli interventi ha quindi reso necessario l’identificazione e l’introduzione di alcuni macrocriteri attraverso i quali poter operare una distinzione e una scelta delle attività che caratterizza no il counseling che abbiamo definito specifico. Il counseling specifico è stato progressivamente rappresentato come un percorso di consulenza e sostegno, posto in essere intenzionalmente, attraverso il quale l’individuo è aiutato ad affrontare e risolvere i proble mi che un particolare contesto o una particolare situazione o condizione gli pone. L’intenzionalità, la focalizzazione e la finalizzazione dell’inter vento su problemi/bisogni “concreti”, la strutturazione dell’intervento e un sostanziale orientamento all’azione sono stati i macrocriteri di lettura di questa complessa realtà. In generale i diversi orientamenti condividono l’idea che si tratta di un intervento specifico finalizzato a favorire lo sviluppo di una capacità di gestione efficace dei propri spazi di azione e, contestualmente, di un luogo di riflessione ed elaborazione di cui può disporre un soggetto per affrontare, sostenere e risolvere i problemi che i diversi contesti possono generare nel processo di socializzazione primaria e secondaria. Di norma il counseling si articola in fasi o tappe che si caratterizzano per la presen za di specifiche attività il cui svolgimento rende possibile la realizzazione del processo di aiuto. I contenuti trattati e oggetto di confronto e le atti vità specifiche di ogni fase sono correlati all’ambito di intervento e ai tipi di problemi che in tale ambito possono presentarsi, alle caratteristiche del cliente e al tipo di approccio utilizzato dal consulente. Le attività pre senti in ogni fase possono essere considerate elementi “attivatori” di un processo di trasformazione e/o di apprendimento di nuove o rinnovate modalità di integrazione con uno specifico contesto d’azione e di gestione consapevole dei processi psicosociali in esso presenti9. Al momento attuale, ciò che abbiamo definito counseling specifico può tuttavia assumere forme differenziate in funzione dell’enfasi e dell’im portanza attribuita a specifiche fasi del processo. Nel contesto italiano, tale professione si sta affermando solo di recente anche se non esi ste una tradizione consolidata su questa modalità di aiuto. Spesso la funzione è esercita ta da altre professioni e rappresenta una parte integrante e determinante della loro azio ne professionale. 9 Le competenze del consulente saranno trattate in altre parti del volume. Tuttavia è utile ricordare che il consulente professionista esprime una elevata competenza in riferimento al contesto e ai problemi che esso può generare. Le azioni di counseling specifico presup pongono la presenza di un consulente con una elevata padronanza della situazione ogget to di confronto. 36 CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING Un percorso tipo può essere rappresentato nel modo che segue (pur essendo consapevoli della semplificazione che la rappresentazione sinte tica produce, riteniamo tuttavia utile proporre uno schema di riferimen to che rende possibile, come affermato in precedenza, una necessaria focalizzazione del campo di indagine). Le attività presenti in un intervento di counseling10 possono essere ricondotte a quattro fasi: Accoglimento Fa riferimento alle attività inerenti il coinvolgimento dell’individuo, la realizzazione di uno “spazio di sicurezza e di accettazione”, la stipula di un patto di consulenza e l’avvio di un percorso consulenziale. Analisi del problema Fa riferimento alle attività connesse alla descrizione e all’analisi del problema portato in consulenza dalla persona. Può connotarsi come attività di analisi della domanda e come occasione di ricostruzione dei significati attribuiti dal soggetto alla situazione problematica proposta nel percorso di consulenza. Ampliamento e ristrutturazione Fa riferimento alle attività inerenti l’elaborazione di modalità alterna tive di interpretare e affrontare la situazione problematica. Il consu lente introduce nuove chiavi di lettura della situazione problematica, favorendo la costruzione di un nuovo modo di rappresentarla. In que sta fase possono essere introdotte nuove informazioni ritenute dal con sulente utili a catalizzare il processo di apprendimento. Azione Fa riferimento alle attività inerenti la definizione di un programma concreto di azione. In questa fase si elaborano e si mettono in atto azioni concrete di avvio del processo di risoluzione del problema. 10 Le fasi proposte non sono automaticamente sovrapponibili con le fasi individuate da Carkhuff: Esse testimoniano lo sforzo di rintracciare nella diverse applicazioni concrete una struttura tipica caratterizzante l’azione di counseling. 37 2.1 Ambiti di intervento, contesti e tipologia di azioni del counseling CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING 2.1 Ambiti di intervento, contesti e tipologia di azioni del counseling Un’altro importante percorso di Counseling è quello studiato da Perls (1969) e dai suoi collaboratori (Goodman, Zinker e i Poster) che indivi dua le fasi del percorso o ciclo del contatto gestaltico. Ne sono state date diverse definizioni: ciclo di autoregolazione, ciclo esperienziale o più glo balmente ciclo della Gestalt (Giusti, La Rosa, 2002). La maggior parte fa riferimento al modello suddiviso in quattro fasi: Ciclo della Gestalt 1° fase: PreContatto È in questa fase che si percepiscono i bisogni e si cominciano ad arti colare i desideri. 2° fase: Contatto In questa fase il soggetto mette e a fuoco e simbolizza con maggiore chiarezza il proprio bisogno e si prepara ad affrontare l’ambiente in seguito ad una decisione responsabile. 3° fase: Contatto pieno In questa fase l’azione del soggetto è unificata nel Qui ed Ora; esiste coesione tra percezione, emozione e movimento. 4° fase: Postcontatto È la fase di assimilazione che promuove la crescita. L’individuo inte gra l’esperienza in tutto il pregresso bagaglio della persona. Tenendo in considerazione questi aspetti che ci sembrano caratterizzare ogni intervento di counseling specifico, si ritiene importante proporre la descrizione di alcune tra le azioni di counseling presenti nei diversi ambi ti e contesti, che ci sono sembrate rappresentative delle pratiche di coun seling identificabili e riconoscibili nel panorama italiano. La descrizione sintetica esplicita: i destinatari i problemi/esigenze oggetto di intervento specifico le attività svolte gli strumenti utilizzati. 38 CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING Ambito scolastico/formativo Counseling “psicopedagogico” Si tratta di un intervento individuale di tipo preventivo rivolto agli stu denti della scuola superiore che manifestano difficoltà scolastiche o pro blemi connessi alla crescita o all’integrazione scolastica. Di norma tali interventi sono offerti all’interno del più ampio piano delle attività for mative presenti nell’istituto scolastico e gestite anche in accordo con le istituzioni socio sanitarie e/o formative presenti sul territorio, sulla base di progetti concordati (i punti di ascolto, i centri di informazione e con sulenza, seppur non ancora ampiamente diffusi, rappresentano i luoghi concreti in cui si attivano di solito questi interventi). Si caratterizza pre valentemente come attività di ascolto attivo degli allievi. Destinatari Bisogni/problemi Studenti della scuola Difficoltà di studio superiore in situazione e profitto di difficoltà insoddisfacente Isolamento, difficoltà nell’instaurare relazioni amicali, difficoltà espressive Comportamenti oppositivi, disimpegno Attività Ascolto, definizione e analisi del problema presentato Strumenti Colloquio non direttivo Costruzione di modalità di risposta ai problemi Ideazione di strategie per l’azione Conflitti con le famiglie Assenza di interessi e obiettivi 39 2.1 Ambiti di intervento, contesti e tipologia di azioni del counseling CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING Counseling di orientamento Si tratta di un intervento individuale rivolto agli studenti impegnati in percorsi scolastici e formativi, finalizzato all’analisi e alla risoluzione dei problemi orientativi connessi alla scelta e alla presa di decisone. Fornisce un sostegno al soggetto nell’identificazione del quadro di risorse presenti e attivabili in relazione alle problematiche poste dal processo decisiona le. Si focalizza in particolare sulla comprensione, revisione e riorganizza zioni delle singole variabili che rappresentano un ostacolo al processo di sviluppo o di identificazione di un percorso o di un progetto formativo. Destinatari Studenti che presentano difficoltà decisionali Bisogni/problemi Attività Indecisione in relazione alla scelta di un ambito scolastico e formativo Analisi del problema orientativo, identificazione delle risorse informative disponibili Incertezza rispetto alle e di quelle proprie capacità e alle da sviluppare proprie conoscenze Ricostruzione, Incertezza rispetto valorizzazione ai propri interessi e analisi scolastici e formativi delle conoscenze, degli interessi Timore di sbagliare e delle aspettative nei e insicurezza diffusa confronti della scuola, in relazione della formazione al processo di scelta e del lavoro Analisi delle caratteristiche peculiari di differenti ambiti scolastici e formativi e valutazione delle implicazioni a livello cognitivo, emotivo e comportamentale Ricerca e produzione di un quadro soddisfacente di riferimento. Definizione di un progetto scolastico e/o formativo 40 Strumenti Colloquio Materiali facilitanti la ricostruzione dell’esperienza scolastica e formativa Questionari semistrutturati Schede metodologiche Schede per la definizione del progetto CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING Ambito lavorativo e organizzativo Counseling di carriera Si tratta di un intervento prevalentemente individuale finalizzato a risol vere problemi connessi ad un’inadeguata interazione soggetto lavoro, a sviluppare migliori capacità decisionali o a risolvere problemi che riguar dano lo sviluppo della propria carriera lavorativa o organizzativa. Si focalizza in particolare sulle competenze e risorse disponibili alla perso na e sulla definizione di strategie concrete di risoluzione dei problemi affrontati. Destinatari Lavoratori adulti in situazione di transizione al lavoro e nel lavoro Bisogni/problemi Difficoltà nella presa di decisione in merito alla sviluppo di carriera lavorativa e organizzativa Difficoltà nella realizzazione di specifici percorsi di sviluppo professionale Difficoltà inerenti le relazioni all’interno dell’organizzazione Rappresentazioni e vissuti di difficoltà nella integrazione organizzativa Difficoltà inerenti la gestione efficace e soddisfacente del ruolo svolto Attività Strumenti Analisi della domanda, Colloquio analisi dei significati attribuiti al problema Strumenti per organizzare Ricostruzione le informazioni dell’esperienza e analisi delle competenze, risorse disponibili e maturate nell’esperienza Ricostruzione e ampliamento delle informazione connesse al contesto organizzativo e analisi delle implicazioni o dei rapporti con il problema portato in consulenza Identificazione di una gamma di strategie con cui affrontare il problema e valutazione dell’impatto di tali strategie nello specifico contesto di riferimento Definizione di un piano di azione giudicato pertinente e soddisfacente 41 CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING Bilancio di competenze Si tratta di una forma specifica di counseling di carriera. Consiste in un percorso di consulenza prevalentemente individuale, finalizzato a defini re un progetto di sviluppo formativo e professionale. Si focalizza in par ticolare sulla ricostruzione delle competenze e risorse maturate dalla per sona attraverso l’esperienza formativa, lavorativa e sociale e valorizzabi li nel progetto professionale, sull’individuazione di ipotesi di cambiamen to e sviluppo, sulla definizione di strategie concrete di azione. Destinatari Lavoratori adulti in situazione di transizione al lavoro e nel lavoro Bisogni/problemi Esigenze connesse al cambiamento lavorativo Esigenze connesse allo sviluppo professionale o allo sviluppo di specifiche competenze Attività Analisi della domanda Colloquio Analisi della storia socio professionale Strumenti per organizzare le informazioni Ricostruzione dell’esperienza e analisi delle competenze e risorse della persona maturate nell’esperienza Ricostruzione e ampliamento delle informazione inerenti le opportunità di sviluppo professionale o formativo Identificazione di obiettivi concreti, valutazione delle opportunità e delle competenze che devono essere sviluppate per ottenere il risultato desiderato Definizione delle azioni che è necessario mettere in atto e definizione di un piano di azione giudicato pertinente e soddisfacente 42 Strumenti CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING Ambito sociosanitario Counseling per le problematiche sociosanitarie In ambito socio sanitario il counseling tende a caratterizzarsi come sup porto al processo di elaborazione di una risposta adattiva ad un proble ma di disagio psicofisico, di malattia, di esperienze traumatiche quali il lutto, la separazione, le tensioni familiari o di coppia. Focalizza in molti casi l’intervento sullo sviluppo di una consapevolezza della situazione e di comportamenti adeguati e accettanti la situazione In questo ambito, come precedentemente indicato, le funzioni di counse ling specifico e aspecifico tendono ad assumere contorni sfuocati. Il per sonale sanitario (cfr. scuole di counseling) ha l’opportunità di essere for mato alla relazione di aiuto e può promuovere, quando necessario, speci fici interventi di aiuto. In questo ambito la struttura tipo descritta prece dentemente è agita enfatizzando prioritariamente l’analisi dei vissuti, l’ampliamento e la ristrutturazione delle informazione e dei modi di rap presentare la situazione. Destinatari Individui in condizione di disagio Bisogni/problemi Comprendere e accettare la situazione Incrementare le informazioni sul proprio stato ed elaborare modalità di rappresentare la situazione problematica Essere rassicurato/a sulle proprie emozioni Integrare il problema con la propria storia personale Definire comportamenti e azioni adeguate alla situazione Attività Ascolto dei vissuti, mostrando accettazione dell’individuo Strumenti Colloquio Materiali informativi Produzione di informazioni integrative rispetto al quadro prodotto dalla persona Sostegno e stimolo alla verbalizzazione del problema Costruzione di paradigmi di lettura alternativi Identificazione della gamma dei comportamenti pertinenti alla situazione 43 CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING Ambito sociale e di comunità Counseling per le relazioni di coppia e la famiglia Si tratta di un intervento inerente le difficoltà decisionali di diversa natu ra, le difficoltà di rapporto, i conflitti, la comprensione e l’accettazione dell’evoluzione dei ruoli o del contesto familiare. Si può connotare diver samente in funzione del problema specifico e contingente che è fonte di disagio e di difficoltà. Di norma è posto in essere con tutte le persone che compongono il nucleo familiare. Può essere tuttavia avviato per un solo membro adulto (questa forma di counseling non si rivolge solitamente ad adolescenti o giovani che segnalano difficoltà e disagi familiari). In questo caso sono priorita riamente oggetto di confronto e di elaborazione le modalità di leggere e dare significato al problema in rapporto agli altri membri della famiglia. Il counseling per le relazioni di coppia e familiari può essere inoltre con siderato propedeutico o preventivo rispetto ad altre forme di aiuto alla persona, quali ad esempio i diversi tipi di mediazione o terapia familiare. Destinatari Membri della coppia o del nucleo familiare considerati singolarmente o come entità collettiva Bisogni/problemi Attività Difficoltà connesse con Ascolto, confronto e Colloquio la cura o l’educazione valorizzazione delle dei figli diverse rappresentazioni Difficoltà inerenti del problema l’accettazione e il cambiamento dei ruoli Produzione di una familiari rappresentazione del problema Difficoltà decisionali soddisfacente per di uno o più membri l’individuo, la coppia (formazione, lavoro, e il gruppo malattia, ecc.) inerenti aspetti che Ricerca e negoziazione coinvolgono di criteri di lettura direttamente la della situazione famiglia o il partner Identificazione di Problemi di modalità alternative di isolamento o di lettura della situazione integrazione sociale Identificazione di una mappa di strategie e modalità di risoluzione del problema Scelta e piano d’azione 44 Strumenti CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING 2.2 APPROCCI 2.2 Approcci consulenziali CONSULENZIALI Ci sembra di poter individuare, dall’analisi della letteratura e della docu mentazione specifica nonché dalla conoscenza e ricostruzione di alcune tra le pratiche consulenziali più note e diffuse, i principali approcci fon damentali a cui ricondurre i modelli teorici e le metodologie in uso e all’interno dei quali collocare le pratiche di consulenza alla persona/counseling proposte. Altri orientamenti e prospettive, che rite niamo comunque importanti nella determinazione del quadro di riferi mento attuale delle specifiche pratiche, ci appaiono in qualche modo ricomprese, almeno per gli aspetti che più direttamente si riferiscono alla “materia” di cui ci occupiamo nell’ambito di questo lavoro, all’interno di questi approcci. Se guardiamo ad esempio all’orientamento sistemico relazionale, il cui campo di applicazione principale è la terapia o la con sulenza alla famiglia, possiamo ravvisare in esso elementi riconducibili di volta in volta all’approccio costruttivista (l’idea e la teoria sistemica) o all’approccio umanistico esistenziale (la centralità della relazione nel set ting consulenziale). Una precisazione va fatta a proposito dell’approccio psicodinamico. Anche se gli orientamenti psicoanalitici in senso stretto sono collocabili in un’area di intervento “altra” rispetto al nostro ambito di esplorazione, ovvero, in particolare, l’area delle pratiche terapeutiche a forte connota zione psicologica, abbiamo incluso volutamente tale approccio, che si ispira in modo più o meno diretto ai paradigmi teorici e alle tecniche della psicoanalisi, poiché la sua presenza è diffusamente riscontrabile in nume rose pratiche di consulenza alla persona in uso nei paesi in cui il counse ling è una realtà ormai da tempo consolidata ed è rilevabile in misura significativamente ampia anche nelle pratiche consulenziali, nelle scuole di pensiero e nelle proposte formative specifiche attive nel nostro paese. L’approccio comportamentale e cognitivocomportamentale Si definisce sulla base di ricerche sperimentali nell’ambito delle teorie dell’apprendimento e di ricerche condotte in ambito clinico: dal modello del condizionamento classico di Pavlov che ha ispirato gran parte delle teorie comportamentiste di Watson, a quello del condizionamento ope rante di Skinner, dal comportamentismo sociale paradigmatico di Staats, all’apprendimento sociale di Bandura, che, con l’attenzione posta ai pro cessi cognitivi quale elemento determinante dei comportamenti e la visio ne sistemica adottata nell’analisi di tali processi, può essere considerata un importante momento di passaggio dal comportamentismo “ortodosso” al cognitivocomportamentismo. 45 CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING 2.2 Approcci consulenziali In realtà l’approccio comportamentista si presenta come un universo complesso e articolato, al cui interno è possibile ravvisare diverse linee evolutive e differenti sviluppi e articolazioni e che assume di volta in volta orientamenti epistemologici diversi, tra i quali crediamo occorra ricorda re il neopositivismo logico e il realismo di Watson, Eysenck, ecc., il prag matismo e l’evoluzionismo di Skinner, l’epistemologia ermeneutica e/o costruttivista del filone cognitivocomportamentale. In generale gli assunti che contraddistinguono l’approccio cognitivocom portamentale, nella sua estensione ed accezione più ampia, si possono così riassumere: • la persona elabora una rappresentazione mentale della realtà, che • determina le sue reazioni; • le differenti dimensioni, cognitiva, emotiva, comportamentale si • influenzano reciprocamente e ogni dimensionesistema può essere • modificata dalle altre due o determinare cambiamenti in esse; • l’apprendimento si verifica sempre e comunque attraverso una • dimensione di tipo cognitivo; • si può modificare il comportamento delle persone agendo sugli • eventi cognitivi (pensieri disfunzionali), i processi cognitivi • (meccanismi di pensiero) e le strutture cognitive (assunzioni e creden ze profonde); • deve essere posta particolare attenzione all’attualità, ovvero alla • possibilità che nella consulenza si realizzi un cambiamento qui ed • ora della persona, considerando meno significativo l’intervento • sulla dimensione del passato. Questi assunti determinano naturalmente alcune conseguenze impor tanti sulla concezione delle pratiche di consulenza che si possono ricon durre in modo più o meno esplicito e diretto all’approccio comporta mentale. In particolare questo riguarda sia il profilo delle finalità e della funzione che tali pratiche assumono, che il tipo di relazione di consulenza che in esse viene attivata, sia, infine, il ruolo assunto dal consulente/counselor. Sembra, tuttavia, non esistere oggi alcun filone di pratiche consulenziali che si ispiri tout court all’orientamento compor tamentista “radicale”, che appaiono oggi punto di riferimento fonda mentale di alcuni “modelli” e approcci metodologici sottostanti a diffe renti forme di counseling. Si individuano in particolare alcuni elementi caratterizzanti. • La natura essenzialmente pedagogica e direttiva della consulenza, nel l’ambito della quale il counselor assume il ruolo di “insegnante” o con sigliere esperto, anche se in alcuni orientamenti metodologici si 46 CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING ammette la possibilità che vengano esercitati gradi differenti di diret tività e non si esclude a priori un rapporto più collaborativo con il sog getto. Il processo di influenza sociale che il consulente attiva e presi dia si basa su alcuni presupposti essenziali: la situazione del soggetto che riconosce la sua incapacità di risolvere il problema o i problemi oggetto di consulenza; la situazione del consulente che si propone come colui che possiede una expertise riconosciuta nella soluzione dei pro blemi posti dal soggetto; lo stabilirsi della relazione di consulenza, che presuppone che il soggetto si rivolga al consulente poiché non ha tro vato autonomamente risposte soddisfacenti ai suoi problemi; il verifi carsi di cambiamenti, in virtù di una forte tensione al risultato e di una esplicita (ed esplicitata) aspettativa di efficacia che costituisce ele mento strutturale della consulenza. • L’osservazione della situazione del cliente intesa come analisi descrit tiva, che rileva le caratteristiche comportamentali su cui è opportuno intervenire per determinare cambiamenti e le colloca in un sistema di classificazione predefinito. • L’enfasi posta sulle tecniche, che aumentano e/o riducono la probabi lità di emissione di un comportamento, tecniche complesse, ecc, a sca pito della relazione di consulenza, anche se dal primo comportamenti smo agli sviluppi attuali si è andato progressivamente riequilibrando il rapporto tra le due modalità. Se guardiamo all’aspetto evolutivo delle concezioni sottostanti alle pra tiche e delle caratteristiche che assume la relazione consulenziale nel l’ambito dell’approccio comportamentale e cognitivocomportamenta le, si può cogliere un passaggio importante tra gli anni Sessanta e Set tanta: da un modello ispirato agli orientamenti teorici e metodologici del “condizionamento operante”, che considera il counselor essenzial mente come una fonte di stimoli discriminativi e di rinforzi, necessari per realizzare il programma di cambiamento (modeling) del cliente, a uno (con riferimento alle teorie dell’“apprendimento sociale”) che vede il counselor, pur sempre nella prospettiva degli stimoli e dei rinforzi al processo di cambiamento, come un esempio positivo da cui il cliente apprende, a uno, infine, che, abbandonati gli schematismi e la limita tezza che in un senso o nell’altro caratterizzavano i modelli preceden ti, arriva a considerare la relazione di counseling come una pluralità e un intreccio complesso di “variabili di relazione” (aspettative, fattori di personalità sia del consulente che del cliente) e come una interazio ne in grado di indurre ad apprendere modalità relazionali non disfun zionali. 47 2.2 Approcci consulenziali CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING 2.2 Approcci consulenziali L’approccio costruttivista/costruzionista Un altro approccio che possiamo collocare accanto a quello comporta mentale e cognitivo comportamentale per la diffusione e la significatività dei modelli e delle metodologie che ad esso si ispirano, per l’ampiezza dei contributi teorici e per l’influenza profonda che ha esercitato sulle prati che di consulenza/counseling è l’approccio costruttivista/costruzionista. Anche in questo caso ci troviamo a fare i conti con una galassia composi ta, in cui è però possibile cogliere alcune tendenze ed orientamenti di fondo. Già il filone degli studi cognitivisti nell’ambito dell’approccio comporta mentale, nel cui alveo si originano le prime teorie costruttiviste, pone la questione dell’impossibilità di conoscere il mondo ontologico per come esso è realmente, pur non rinunciando completamente a postulare l’esi stenza di una verità “oggettiva”, e sviluppa inoltre una concezione del l’uomo come attivo costruttore di conoscenza e generatore di significati personali, in questo segnando una svolta sostanziale rispetto agli orienta menti dei comportamentisti. In particolare, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, A. Ellis, con la cosid detta “terapia razionale emotiva” (RET) e A. Beck, che per primo parla di orientamento cognitivorazionalista, danno un contributo importante ai mutamenti intervenuti nella prospettiva comportamentale in chiave cognitivista, ma rimangono ancorati all’idea che la realtà esterna sia comunque “approssimabile” (realismo critico) e che gli “errori logici” processuali o i contenuti “irrazionali” proposti dal cliente debbano esse re corretti o sostituiti dalle visioni più razionali proposte dal consulente, affidando alla consulenza un carattere essenzialmente pedagogico e al consulente un ruolo fondamentalmente direttivo, al fine di indurre nel soggetto una presa di distanza dal proprio pensiero “disadattivo” e la ricerca di modalità più simmetriche, e quindi più corrette, di rappresen tarsi la realtà. La prospettiva costruttivista nella consulenza/counseling, che raccoglie inizialmente alcuni stimoli elaborati da G. Kelly nel 1955 (in particolare la teoria dei costrutti personali), comincia ad avere uno sviluppo struttu rato e articolato nei primi anni Ottanta, attingendo alle suggestioni pro poste da Mahoney e al contributo determinante di Bateson e avvalendo si, in ambito italiano, delle importanti riflessioni di Guidano e Liotti sul l’adozione di tale prospettiva nella terapia psicologica. I presupposti e gli assunti di fondo di questo macro approccio (esistono altri corollari e riferimenti teorici importanti, che però consideriamo inscindibilmente connessi e fortemente intrecciati agli assunti descritti sotto) sono sostanzialmente i seguenti. 48 CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING • L’abbandono di qualsiasi prospettiva empirista e la scelta di un deci so orientamento costruttivista (von Glasersfeld, 1984), in relazione all’impossibilità di stabilire l’oggettività e la fondatezza in senso asso luto delle costruzioni individuali. La prospettiva razionalista, pur condividendo l’assunto che le rappre sentazioni soggettive della realtà corrispondano a processi costruttivi individuali e peculiari, postula però al tempo stesso, in base alla logi ca della razionalità, l’esistenza di modalità più o meno corrette di costruire le proprie esperienze e la possibilità di una funzione consu lenziale che si esplica proprio a partire dall’individuazione delle modalità considerate più corrette. In tal modo propone una figura di consulente quale detentore di un qualche tipo di “verità”. L’orientamento costruttivista, invece, sostituisce al concetto di simme tria tra costruzioni soggettive e mondo ontologico l’idea di viabilità o percorribilità, per cui la valutazione di adeguatezza delle costruzioni individuali non si attua attraverso un confronto con la realtà ontolo gica, bensì utilizzando il criterio del successo o insuccesso delle azioni e dei comportamenti agiti nel raggiungere le finalità perseguite. • L’adozione della visione sistemica e della complessità dei sistemi cono scenti, secondo la prospettiva dell’autopoiesi e della complessità auto referenziale e autorganizzata di Maturana e Varela. Perseguendo un aumento della complessità del sistema e una progressiva integrazione dei diversi sottosistemi costituenti il sistema cognitivo del soggetto (conoscenze procedurali, dichiarative, episodiche e affettivoimmagi native), il soggetto è in grado di raggiungere nuovi equilibri dinamici, frutto di una visione più consapevole dei propri scopi personali e delle priorità da assegnare agli obiettivi conseguibili, di prefigurazioni che tengano conto sia delle esigenze affettive che delle convinzioni seman tiche che delle propensioni comportamentali, dell’adozione, infine, di strategie cognitive, emotive e comportamentali efficaci ai fini del con seguimento degli obiettivi definiti. L’aumento della complessità del sistema diviene obiettivo raggiungibi le attraverso l’incremento della sua articolazione, differenziazione e organizzazione, così come l’integrazione dei differenti sottosistemi costituenti il sistema conoscitivo può essere perseguita attraverso la ricerca di una progressiva coerenza interna. Anche in questo caso cercheremo di definire a grandi linee le principali conseguenze che tali assunti hanno sulle pratiche di consulenza (finalità, funzione, tipo di relazione, ruolo del consulente) che si richiamano in modo più o meno diretto a questa prospettiva. 49 2.2 Approcci consulenziali CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING 2.2 Approcci consulenziali • L’assunzione del paradigma della persona come sistema conoscente autopoietico enfatizza nella consulenza la dimensione della soggetti vità e conferisce ad essa un carattere non pedagogico e non diretti vo, bensì essenzialmente ricorsivo e costruttivo (il soggetto, con il supporto del consulente, ricostruisce, decostruisce, costruisce il suo approccio alla consulenza e alle problematiche “portate” in consu lenza, attribuendo nuovi significati alle situazioni e alle dimensioni esplorate: la funzione della consulenza non è dunque quella di per seguire l’oggettività e non è ritenuto possibile in alcun caso, nel set ting consulenziale, stabilire oggettivamente (da una prospettiva esterna al sistemacliente) quali comportamenti siano più corretti ed adeguati, quali costruzioni corrispondano maggiormente alla realtà esterna, quanto piuttosto quella di ricercare la coerenza interna di tali costruzioni ai fini del conseguimento degli obiettivi che il sogget to si dà. • Il processo di osservazione persegue finalità esplicative e non descrit tive, l’obiettivo di tale processo è la costruzione congiunta di una “teo ria del sistema soggetto” che, nella relazione consulenziale, si inscrive in una “teoria del sistema soggetto – consulente” e che si definisce per ipotesi attraverso la ricostruzione delle tappe e degli eventi/passaggi critici del suo sviluppo. Il metodo e lo strumento principale che si uti lizza a tal fine è la ricostruzione della storia di vita, la cui rilevanza non è rappresentata tanto dalla “verità oggettiva” degli eventi narra ti, quanto dalla modalità con cui il soggetto li ha costruiti e ricostruiti nella sua memoria e se li rappresenta nel qui ed ora della relazione di consulenza e dal senso che ad essi attribuisce nel presentefuturo del processo di cambiamento in atto o progettato. • Il primato della costruzione “bilaterale” di una relazione collaborati va e cocostruente tra soggetto e consulente sull’utilizzo di tecniche “manipolative” finalizzate ad indurre cambiamenti, dell’alleanza di lavoro con finalità conoscitive e trasformative che si stabilisce tra i due soggetti in gioco (nel rispetto dei rispettivi ruoli pur in presenza di obiettivi comuni da perseguire) sui processi di influenzamento attivati al fine di “condizionare” in senso positivo il soggetto. In questo fra mework il ruolo del consulente non è tanto quello di proporre specifi che alternative o soluzioni o strade da intraprendere, quanto piutto sto quello di accompagnare il soggetto nel proprio percorso di rico struzione affinché possa identificare autonomamente ipotesi dotate di senso per se stesso e provviste di coerenza “interna”, ovvero coerenti con il proprio complesso sistema di scopi, obiettivi, valori, bisogni, desideri ed emozioni. 50 CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING L’approccio umanistico esistenziale Quando si parla di approccio umanistico esistenziale, non si può non con siderare determinante il contributo di Carl Rogers, che viene anzi consi derato come l’iniziatore e il principale animatore di quella grande cor rente di pensiero che così profondamente ha influenzato le pratiche di consulenza/counseling. La prospettiva rogersiana diviene assolutamente innovativa e in controtendenza rispetto agli orientamenti prevalenti all’e poca nell’ambito della psicologia e della psicoterapia. Questa prospettiva che conferisce al clientepersona (clientcentered therapy e personcente red therapy si definirono alternativamente i paradigmi metodologici defi niti da Rogers per la relazione d’aiuto agita in diversi contesti professio nali) dignità e responsabilità pari a quella del terapeuta o del counselor all’interno del setting prescelto, si è prestata nel tempo a svariate collo cazioni e classificazioni. Le teorie elaborate da Rogers sono state definite teorie del Sé, per la preminenza e centralità di questo costrutto nella struttura psichica dell’individuo e sono state collocate tra le teorie psico logiche di tipo umanistico, perché, contrapponendosi a concezioni carat terizzate da assunti meccanicistici e riduzionistici, considerano l’indivi duo un soggetto, vale a dire un agente di scelta libero e responsabile; l’ap proccio metodologico della clientcentered therapy, che fa leva sulla pos sibilità che ha a disposizione il soggetto di “attualizzare” le proprie poten zialità in un processo di maturazione verso la “condizione” di persona caratterizzata dalla complessità e connotata in senso esistenziale, è stato messo in relazione con le correnti di pensiero olisticodinamiche, intro dotte in ambito psicologico dalla teoria della Gestalt, e la preminenza che in tale approccio assume la componente relazionale è considerata larga mente debitrice delle posizioni di Maslow e della sua nota teoria dei biso gni, ma soprattutto inscindibilmente intrecciata ad una prospettiva feno menicoesistenziale. Quest’ultima sembra aver esercitato, in effetti, un’influenza decisiva su Rogers, che ha tratto importanti stimoli teorici dagli orientamenti feno menologici sviluppati da Snygg e Combs negli anni Trenta e Quaranta nel l’ambito della psicologia americana, in opposizione al comportamentismo allora dominante. L’assunto, caratterizzante la posizione fenomenologica e così innovativo per quell’epoca e in quel contesto, è che la realtà come noi la intendiamo non coincide con l’evento, di per sé inattingibile, bensì con la percezione che ne abbiamo e che è tale percezione all’origine del comportamento. È inoltre la ripresa dell’idea, di derivazione antropolo gica, religiosa e filosofica, ma non ancora distintamente presente in psi cologia, che la personalità di un individuo si sviluppa intorno a un Sé; esito, questo, peraltro inatteso e certamente singolare per un approccio 51 2.2 Approcci consulenziali CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING 2.2 Approcci consulenziali fenomenologico, della focalizzazione sui processi percettivi in termini di emersione degli elementi cognitivi (“concetti di sé”, “valori”) che stanno alla base di tali processi, quasi un’anticipazione della prospettiva cogni tivista. In seguito Rogers si distacca, se pur parzialmente, dalle posizioni di Snygg e Combs nell’elaborazione del suo modello di personalità bifocale, che distingue nel costrutto di personalità due macro strutture, il “campo esperienziale” e il “concetto di sé”, rappresentati da due cerchi secanti diversamente compenetrati in funzione del tipo di interazione che si sta bilisce tra esse e, nel corso degli anni, il suo approccio si arricchisce di contenuti e venature esistenziali: sono note le suggestioni provenienti dal pensiero di Kierkegaard accolte con entusiasmo da Rogers. Il quadro concettuale delineato sopra fa emergere gli assunti fondamen tali alla base dell’approccio umanistico esistenziale. • Il principio olistico. Rogers ne attribuisce la formulazione in primo luogo a P. Lecky, che sostiene l’unità psicofisica e la coerenza della personalità dell’uomo. Secondo questo principio, per mantenere la quale i dati esperienziali, prima di arrivare alla percezione, vengono attentamente vagliati e, considerando la personalità come un sistema di “valori” coerenti tra loro, il cui nucleo è costituito dalla valutazio ne che l’individuo dà di se stesso e che non può assimilare valori che risultino incoerenti con tale valutazione, afferma che il comportamen to rappresenta la tensione a salvaguardare l’integrità e l’unità di que sta complessa organizzazione. • Il principio dinamico. Rifacendosi tra gli altri al contributo di K. Goldstein, Rogers sostiene che la vita degli individui non consiste nella mera sopravvivenza, ma in un continuo processo verso la differenzia zione, l’autonomia e lo sviluppo delle potenzialità insite nella persona. Si può parlare di un sistema motivazionale complesso che costituisce una sorta di teleologia oggettiva in grado di orientare lo sviluppo del l’organismo e, nell’individuo, è il fondamento di una teleologia sogget tiva che orienta il comportamento. Tale principio, e la tendenza attua lizzante che lo struttura, dà forma anche al rapporto con l’ambiente ed ai bisogni che nell’interazione con esso si manifestano, in termini soprattutto di relazioni interpersonali facilitanti. Le conseguenze di tali assunti in termini di orientamenti che informano le pratiche e di scelte metodologiche che in esse vengono effettuate, si pos sono sintetizzare nel modo seguente. • La natura essenzialmente non direttiva e intrinsecamente relazionale della consulenza e il valore di incontro tra pari che ad essa viene attri 52 CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING buito. La parità tra i due sottoscriventi il patto di consulenza diviene elemento essenziale e componente costitutiva della costruzione del set ting e la relazione d’aiuto che si instaura, pur partendo dal presuppo sto che esiste un soggetto che ha bisogno di un supporto per sviluppa re appieno le sue potenzialità e incrementare le sue risorse, assume il rispetto della persona e la partecipazione empatica alla sua vicenda umana quale condizione imprescindibile della correttezza e dell’effi cacia dell’azione di counseling. • La profonda avversione per le pratiche e gli strumenti diagnostici. La consulenza centrata sul cliente non presuppone e non richiede alcun intervento di tipo diagnostico preliminare o iniziale: in essa il counse lor segue, senza schemi precostituiti, il filo del discorso del cliente, cercando di costruire e conservare quel clima relazionale “facilitante” che, nelle sue varie accezioni di empatia, accettazione e congruenza, rappresenta l’essenza e il punto di forza della relazione di counseling. Ciò non significa che, nelle fasi iniziali della consulenza alla persona, i “rimandi empatici” non debbano essere finalizzati anche a raccoglie re informazioni e ad analizzare la domanda, per arrivare a una cor retta definizione del patto consulenziale. L’approccio psicodinamico Il counseling ad orientamento psicodinamico si basa essenzialmente sulle teorie e pratiche cosiddette “dinamiche”, che fanno riferimento in modo più o meno esplicito e diretto alle categorie “analitiche” delle pulsioni e dei conflitti interiori e si collegano alla tradizione psicoanalitica. L’asset to teorico può derivare in modo esclusivo ora da Freud ora da Klein ora da Jung, o dimostrare il proprio eclettismo agganciandosi a tutte e tre le scuole, come pure ai neofreudiani, postfreudiani e altri. L’utilizzo dei concetti di inconscio, difese e meccanismi di difesa, resistenza, transfert e controtransfert, libere associazioni e interpretazioni fanno sì che i counselor psicodinamici siano particolarmente attenti a comprendere e analizzare le componenti emozionali/simboliche della domanda portata dal cliente, concependo il setting come luogo di riproduzione delle moda lità simboliche di vivere i contesti e le relazioni affettivamente rilevanti per il soggetto, e si focalizzino inoltre sui riferimenti fatti dai clienti a figure significative del passato (e del presente) e ai modi in cui tali figure possono essere collegate con la relazione soggetto/counselor. La maggior parte dei counselor psicodinamici riconoscono una sostanzia le differenza tra il loro lavoro e la psicanalisi e tendono ad operare in maniera più attiva e supportiva e a valorizzare la relazione con il cliente in funzione di aiuto e sostegno sia alla chiarificazione e comprensione 53 2.2 Approcci consulenziali CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING 2.2 Approcci consulenziali delle problematiche affrontate, sia all’individuazione di modalità di riso luzione coerenti con le risorse a disposizione del soggetto. Sebbene questo tipo di counseling, come altre forme di aiuto alla persona, miri tenden zialmente alla risoluzione delle difficoltà personali del cliente, esso tende tuttavia ad attribuire particolare importanza allo sviluppo dell’insight e alla progressiva capacità del soggetto di riflettere sulle proprie dinamiche e problematiche. Alcuni critici, assimilando il counseling psicodinamico alla psicoanalisi, sostengono che questa pratica tende a sottrarre importanza alla dimen sione del conscio e del Qui e Ora, si basa su teorie non verificabili, scon ta la permanenza di elementi di determinismo causale derivati dalle ori ginarie teorie freudiane. Gli assunti e i riferimenti teorici fondamentali dell’approccio psicodina mico, sottesi, anche se con diverse accentuazione e sfumature, alla mag gior parte delle applicazioni che a tale approccio si ispirano sono in sin tesi i seguenti. • Il concetto di inconscio, inteso prevalentemente come insieme di pro cessi, facoltà e contenuti mentali non presenti nel campo attuale della coscienza. Le teorie psicoanalitiche presuppongono infatti che le moti vazioni dei comportamenti non possano essere conosciute dal soggetto perché non immediatamente presenti alla sua coscienza e che questi abbia interesse, da un punto di vista per così dire psicoeconomico, a mantenerle non conosciute, tanto da offrire resistenza al loro ricono scimento. L’effetto consulenziale pare quindi essere diretta conseguen za dell’accrescimento dell’integrazione che si ottiene attraverso l’ac quisizione di forme di consapevolezza (insight), ma, poiché tali conte nuti mentali vengono attivamente mantenuti al di fuori della coscien za, questa consapevolezza non può essere raggiunta attraverso l’ana lisi diretta, bensì aggirata attraverso specifiche modalità di rielabora zione interpretativa. • Il diretto collegamento tra mondo interno dell’individuo e ciò che egli esprime nella relazione con gli altri e la correlazione tra rapporti interpersonali attuali e passati. Il collegamento tra mondo interno e relazioni attuali si fonda sulla naturale tendenza a rivolgere sulle per sone che ci circondano gli impulsi e le fantasie del nostro passato infantile e anche le difese e le resistenze che abbiamo messo in atto per arginarli e trasformarli (transfert). Anche se il transfert è un fenome no quotidianamente e universalmente riscontrabile, può essere rico nosciuto ed elaborato soltanto mediante la tecnica “dinamica”, e cioè attraverso un uso corretto del setting consulenziale e della funzione interpretativa del counselor. Il percorso di counseling diventa così 54 CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING una sorta di laboratorio dove viene favorita e amplificata l’espressio ne dei fenomeni di transfert in modo da rendere possibile la loro ela borazione. • L’oggetto della ricerca che sostanzia il counseling ad orientamento psi codinamico, che si indirizza al riconoscimento dei processi psichici inconsci, è appunto l’esplorazione di questi collegamenti, il cui esito è l’attribuzione di un significato che va al di là del senso che appare evi dente in ogni momento. Questa ricerca di senso, che si traduce nell’ac quisizione di una maggiore consapevolezza da parte del soggetto e, quindi, in una possibilità di maggiore integrazione delle varie compo nenti della personalità, può prodursi soltanto attraverso e all’interno di una specifica relazione con il counselor. Relazione particolare in quanto “tutelata” da specifici accorgimenti relativi al setting, consen te la riattualizzazione delle problematiche presenti nel soggetto, utiliz zando proprio la comprensione “esperienziale” di tali problematiche come inizio del percorso di ricerca di senso. Dai presupposti teorici e dagli assunti concettuali delineati discendono naturalmente importanti conseguenze sul piano dei criteri metodologici posti a fondamento delle pratiche di consulenza e delle scelte tecnicoope rative in esse effettuate. • Nelle pratiche di counseling psicodinamico la natura che potremmo definire “esperienziale” della consulenza è determinata dagli obiettivi perseguiti e dalle modalità scelte per perseguirli. Se l’obiettivo princi pale dell’intervento di counseling è quello di sviluppare nel soggetto la capacità di padroneggiare le problematiche proposte nel setting con sulenziale, facendogli “sperimentare” in una situazione favorevole e positiva i sentimenti maturati nei confronti di tali problematiche attra verso un riconoscimento non solo cognitivo ma anche emozionale, la modalità utilizzata per conseguire questo obiettivo è in primo luogo quella di favorire nella persona la comprensione di sé attraverso le interpretazioni proposte dal counselor, che permettono si superare le resistenze inconsce, e il prodursi di esperienze di comprensione illumi nanti chiamate insight. A tal proposito, un particolare assetto menta le del counselor, caratterizzato da un fluttuare della mente tra stati diversi (vivere emozioni e osservarle, ascoltare l’altro e se stesso, acco gliere i significati palesi e quelli latenti, ecc.), è volutamente assunto e costantemente mantenuto mediante uno sforzo intenzionale al fine di offrire al soggetto non solo ascolto e accoglimento, ma anche uno spa zio intermedio potenziale tra sé e il soggetto fruibile per esperire nuove possibilità relazionali. Questo setting mentale (o setting interno) è 55 2.2 Approcci consulenziali CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING 2.2 Approcci consulenziali strettamente interconnesso con le cosiddette regole del setting (sede, orario, posizione del soggetto, frequenza e durata dei colloqui, ecc.), che, diversamente da quanto avviene per il setting mentale, possono variare nei diversi modelli operativi. • Il criterio dell’identificazione dei problemi da affrontare nel percorso di consulenza, non è nosografico, basato cioè sull’analisi delle proble matiche sintomatiche, ma essenzialmente relazionale: diventa perciò estremamente importante analizzare le modalità con le quali il sogget to entra in contatto con il counselor, che si adopera per favorire una comprensione il più possibile approfondita del funzionamento delle modalità di comunicazione della persona, con il preciso intento di valutarne la capacità e la modalità di entrare in relazione nello speci fico dell’incontro consulenziale e di stabilire un’alleanza di lavoro proficua. Vengono dunque considerati con attenzione aspetti quali la storia del soggetto e l’esito dei suoi precedenti rapporti interpersona li, la motivazione alla conoscenza di sé, l’incontro con il counselor. In questa ottica entrano naturalmente in gioco anche le problematiche relative al controtransfert e il counselor deve essere in grado di rico noscere e controllare le proprie reazioni di fronte alle comunicazioni del soggetto. • Non sono previsti suggerimenti tecnici specifici, perché il significato e le funzioni di un intervento tecnico sono determinati dal contesto del l’azione consulenziale e ciò che avviene nella relazione non ha signifi cato di per sé, ma assume quello che gli viene conferito. La presenza di un modello di riferimento, che non è in ogni caso univoco e agisce in sinergia con la rete dei significati che il counselor ha interiorizzato in relazione all’organizzazione e allo sviluppo del processo di aiuto attra verso la sua personale formazione e pratica professionale, è da inten dersi come un riferimento conoscitivo e orientativo di un percorso ricerca, utile per formulare ipotesi da verificare e per istituire un qualche ordine nella massa di informazioni fornite dal soggetto. In generale gli interventi “tecnici” che il counselor attua per sviluppa re il processo di consulenza sono di tre tipi: interventi volti a istituire e mantenere l’alleanza terapeutica (ascolto empatico, rassicurazione “indiretta”, gestione dell’ansia, ecc.); interventi finalizzati all’inter pretazione e all’elaborazione dei significati simbolici presenti nel materiale offerto dal soggetto, che sottendono la sua modalità di met tersi in relazione; interventi di sostegno, espressioni di appoggio e di incoraggiamento, manifestazioni di fiducia, ecc.. Gli interventi del primo e terzo tipo sono naturalmente quelli più agiti nell’ambito del counseling psicodinamico, diversamente da quanto 56 CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING avviene nelle psicoterapie psicoanalitiche che, come è già stato sottoli neato, attribuiscono una funzione preponderante all’intervento inter pretativo del terapeuta. Del resto, per quanto riguarda la funzione del counselor e della rela zione consulenziale nel processo di consulenza, il counseling ad orien tamento psicodinamico, in virtù della sua diversa finalizzazione e col locazione nell’ambito delle pratiche di aiuto alla persona ma anche delle significative evoluzioni nel tempo delle stesse teorie psicoanaliti che, sposta decisamente l’accento, rispetto alle terapie psicoanaliti che, dal ruolo del terapeutainterprete, che per svolgere la sua funzio ne deve saper resistere al transfert del cliente mantenendosi obiettivo e neutrale, a quello del counselorpartecipe che sostiene il soggetto nella ristrutturazione del suo mondo relazionale attraverso la parteci pazione a nuove forme di interazione e l’incoraggiamento a tentare nuove modalità relazionali. Anche se continua ad essere importante la dimensione del passato, la relazione nel qui e ora tra counselor e sog getto, più che replica e veicolo di relazioni passate, viene considerata nel suo significato e nella sua valenza attuale. L’approccio integrato Negli ultimi due decenni si sono registrati cambiamenti significativi nel l’universo del counseling, intrecciati e talvolta derivati da analoghi cam biamenti verificatisi nell’area delle psicoterapie e più in generale nel con testo della riflessione epistemologica promossa dalle discipline psicosocia li, nella direzione del dialogo e del riavvicinamento fra le varie scuole e indirizzi esistenti, rispetto al clima dominante in passato (Arkowitz, 1992; Bergin & Garfield, 1994; Norcross & Goldfried, 1992; Stricker & Gold, 1993) e si è dato vita ad approcci di tipo ‘integrato’ o ‘eclettico’. Gli approcci integrati, originatisi dalla convinzione che nessuno degli approcci esistenti può considerarsi esaustivo e completo, sostengono l’op portunità di utilizzare tecniche provenienti da diverse teorie, combinan dole in maniera nuova e originale. La costellazione degli approcci integrati (o eclettici) ha in realtà moltepli ci volti e presenta una geografia articolata e complessa. Sono stati creati, per esempio, approcci integrati fra gli orientamenti psicodinamici, com portamentali, sistemicofamiliari (Watchel & Mc Kinney, 1992) e fra quelli esperienziali, cognitivi e interpersonali (Safran & Segal, 1990); gli aspetti comuni a diversi tipi di approcci consulenziali sono stati unificati in un singolo tipo di counseling (e.g., Garfield, 1992; Prochaska, 1995) e tecniche provenienti da molteplici approcci sono state integrate in modo eclettico in risposta ai differenti bisogni dei clienti (Beutler & Hodgson, 57 2.2 Approcci consulenziali CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING 2.2 Approcci consulenziali 1993; Lazarus, 1992). Giusti e Iannazzo (1998) sostengono che l’obiettivo è quello di un’integrazione tra gli interventi “classici” con quelli prove nienti da altri orientamenti, a seconda della domanda e delle esigenze del l’utenza. Il Counseling integrato professionale è scienza e e professione ricca di sviluppi verso una sintesi dei fondamenti concettuali e delle meto dologie strategiche e tattiche più innovative del settore (Giusti, Montana ri, Iannazzo, 2000). Anche il dibattito sui presupposti teorici e metodologici che sono alla base di tali approcci è naturalmente più complesso di quanto possa apparire in prima istanza, poiché all’espressione ‘approccio integrato’ sono stati attribuiti nel tempo significati e valenze molto diverse. Si possono tuttavia riconoscere alcuni orientamenti e presupposti concet tuali comuni tra i differenti approcci che si richiamano alle macrocatego rie dell’integrazione e dell’eclettismo e tra questi richiamiamo i due che ci sembrano più significativi dal punto di vista delle ricadute sulle prati che di counseling riconducibili a tale ambito. • La visione della persona e della sua esperienza che sta alla base di que sti approcci si può sintetizzare nel modo seguente: il processo espe rienziale si connota soprattutto per la tensione tra i desideri e le pro pensioni al cambiamento, da una parte, e i desideri e le propensioni a preservare, dall’altra, vecchie e consolidate modalità di comporta mento, interazioni interpersonali, modi di percepire il sé e gli altri e di trovare e decodificare significati ed affetti. • Gli approcci integrati si caratterizzano per l’utilizzo di più strategie in virtù della loro struttura teorica inclusiva, per cui il problema di un cliente può essere collocato e compreso all’interno di differenti aree/dimensioni (affettiva, cognitiva e/o comportamentale, insieme alle difficoltà personali e/o sociali) Vanno inoltre ricordati alcuni temi ricorrenti nella riflessione e del dibat tito attuale sull’integrazione degli approcci nelle pratiche di counseling che testimoniano lo sforzo (e allo stesso tempo la difficoltà) di arrivare a dei punti d’approdo condivisi tra gli stessi fautori del dialogo e della “comunicazione” tra indirizzi e orientamenti diversi, intradisciplinari e anche interdisciplinari. Nella letteratura sull’integrazione degli approcci nelle pratiche di coun seling si tende a distinguere tra eclettismo tecnico e integrazionismo teo rico. Il primo si riferisce all’utilizzazione sistematica di un insieme di tec niche provenienti da orientamenti diversi senza la definizione di metamo delli. Il secondo si propone di superare il relativismo proprio dell’ecletti smo attraverso lo sforzo di costruire una teoria della consulenza di ordi 58 CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING ne superiore (Norcross, Golfried, 1992; Prochaska, Norcross, 1994, in Giusti, 1997) in grado di rendere conto dell’unitarietà e della complessità dell’uomo. Le categorie più comunemente usate per descrivere i differen ti modelli integrati o eclettici sono in estrema sintesi quelle dell’eclettismo tecnico, dei fattori comuni di cambiamento e dell’integrazione teoretica, ma esistono anche altre prospettive non inserite in questa catalogazione (J.R. Gold, 2000). L’eclettismo tecnico sostiene che l’integrazione teoretica comporta l’assi milazione di teorie che sono inconciliabili e che le tecniche dovrebbero essere combinate pragmaticamente sulla base della loro efficacia clinica presunta o osservata (Lazarus, 1996; Lazarus, Beutler & Norcross, 1992). La terapia multimodale di Lazarus è un esempio significativo di questo approccio. Un’altra forma di integrazione consiste nell’individuazione e nel ricono scimento dei fattori comuni di cambiamento riscontrabili nelle differenti applicazioni e pratiche di counseling (Frank & Frank, 1991; Goldfried, 1980; Weinberger, 1995). Può essere utile a questo proposito proporre un esempio. Un fattore comune a molte pratiche di counseling consiste nel l’aiutare i clienti a divenire consapevoli del loro atteggiamento di autocri tica eccessiva e ad affrontarlo. Uno sguardo più attento al modo in cui ciò si realizza nelle diverse pratiche mostra importanti differenze. Nello spi rito ‘riflessivo’ del counseling ad orientamento cognitivista i clienti sono aiutati ad affrontare l’autocritica, sia considerando i loro pensieri nega tivi come ipotesi da verificare con i dati dell’evidenza, sia individuando prospettive alternative. Nel counseling ispirato alle teorie della ‘Gestalt’, per contrasto, l’autocritica è affrontata suscitando “un’esperienza emo tiva” attraverso esercizi tra cui il più noto è quello conosciuto come “eser cizio della sedia vuota”. In questo tipo di intervento il cliente esprime la sua autocritica confrontando, attraverso l’esperienza diretta, le sue rea zioni emotive (stando seduto prima su una sedia e successivamente sul l’altra). Nel complesso la Gestalt si rivolge al processo di consapevolezza dell’esperienza vissuta nel qui ed ora dall’individuo, attento alle proprie emozioni, così come al proprio corpo (Giusti, Riza Scienze, 1989). Nella cosiddetta integrazione teoretica vengono combinate differenti teo rie nel tentativo di produrre una formulazione concettuale di livello supe riore e sovraordinato. L’integrazione di Wachtel (1997) delle teorie psi coanalitiche e comportamentali all’interno di una cornice psicodinamica interpersonale, come pure l’integrazione di Safran e Segal (1990) di approcci cognitivi, esperienziali e interpersonali in una singola teoria della terapia e della consulenza, sono validi esempi di questo genere di integrazione. Si ritiene che tali teorie integrate e “sovraordinate” condu 59 2.2 Approcci consulenziali CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING 2.2 Approcci consulenziali cano a nuove forme di esercizio della terapia e del counseling, che si gio vano dei punti di forza di ciascuno degli elementi costitutivi. L’integrazione di varie teorie in una struttura sovraordinata può portare secondo i fautori alcuni significativi vantaggi, anche se il patrimonio di conoscenza ed esperienza applicativa accumulato “sul campo” nel corso del tempo, all’interno dei ambiti e sistemi di intervento, rischia di essere disperso nel processo integrativo. Così come gli interventi consulenziali non possono essere compresi al di fuori del loro contesto teorico, allo stes so modo una teoria del counseling non può essere pienamente compresa senza fare riferimento ai dettagli della sua applicazione pratica. Come suggerisce Geertz (1983), per poter realmente comprendere una cultura ci deve essere “una continua dialettica tra l’esplorazione del più piccolo dettaglio e l’attenzione alla cornice generale in modo da ricondurre l’os servazione a una visione simultanea”. In modo analogo, una corretta comprensione di un approccio consulenziale richiede un costante dialet tica tra la comprensione della componente teorica e la sua applicazione pratica. La complessa e raffinata articolazione dei riferimenti teorici e degli assunti concettuali che caratterizzano i differenti modelli ricordati sopra ha avuto in effetti importanti (anche se non sempre riconoscibili e docu mentabili) ricadute sul piano delle applicazioni concrete e quindi delle impostazioni metodologiche e tecnicooperative poste a fondamento delle pratiche di consulenza che a tali modelli si ispirano. In particolare si tro vano elementi e indicazioni significative al riguardo in alcuni dei modelli richiamati, che si rifanno sostanzialmente agli assunti e alle suggestioni dell’eclettismo tecnico e dell’integrazione basata sul riconoscimento dei fattori comuni. • Nei modelli appartenenti alla prima categoria, quella definita ecletti smo tecnico (che si basano sulle indicazioni fornite dalla terapia mul timodale di Lazarus e dalle teorie della selezione sistematica del trat tamento di Beutler e Clarkin, per fare solo qualche esempio), si sostie ne la tesi che nelle azioni di counseling è opportuno selezionare le tec niche di intervento sulla base delle ricerche effettuate, ovvero sulla base degli esiti di tali ricerche in termini di testing effettuati, che testi moniano la validità o meno delle differenti tecniche utilizzate. Tecni che derivate dalla Gestalt, dal cognitivismo, dal comportamentismo, dalla psicodinamica e dalla terapia familiare sistemica possono essere tutte utilizzate all’interno di un intervento di counseling individuale. • In un tipo di eclettismo tecnico appartenente alla prima categoria, ma di diversa ispirazione tecnicometodologica, i differenti tipi di metodi 60 CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING e tecniche, invece che essere combinati nel singolo intervento, vengo no di volta in volta consigliati quali metodi e tecniche più appropriati in relazione a differenti tipi di problematiche consulenziali. Questo tipo di eclettismo è conosciuto come accoppiamento prescrittivo (Beu tler & Clarkin, 1990; Beutler & Harwood, 1995), diagnostica differen ziale (Frances, Clarkin & Perry, 1984) o come eclettismo selettivo (Messer, 1992). Interrogandosi su quale sia il tipo di intervento più adatto per ogni cliente, l’eclettismo selettivo attribuisce grande rilievo alla contestualizzazione del processo consulenziale. 61 2.2 Approcci consulenziali CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING 2.3 Metodi del counseling 2.3 METODI DEL COUNSELING Come si è sinteticamente illustrato nei paragrafi precedenti, ogni inter vento di counseling persegue una finalità generale di sviluppo nell’indivi duo delle capacità di autoregolazione del proprio rapporto con i differen ti contesti di azione. I diversi interventi di consulenza individuale o di counseling potrebbero essere definiti come forme differenziate di soste gno e di accompagnamento al processo di apprendimento e di sviluppo delle competenze presente in tutto l’arco di vita. In specifico, come si è più volte affermato in altre parti del volume, il counseling riguarda lo svi luppo delle competenze e delle risorse di diverso tipo ritenute necessarie per affrontare e risolvere gli eventuali problemi concreti che l’individuo può incontrare nel proprio processo di crescita. Nei diversi approcci presentati l’azione di sostegno e di accompagnamen to può essere realizzata con modalità differenziate. Ogni approccio foca lizza l’attenzione ed enfatizza quelle “dimensioni” e quei “fattori” che caratterizzano e specificano il modo di concepire e di intendere sia il pro cesso di aiuto, sia il processo attraverso il quale l’individuo può acquisi re le competenze, sviluppare le risorse, assumere comportamenti utili per agire con efficacia e soddisfazione nei propri contesti d’azione. Le metodologie utilizzate nei diversi interventi di consulenza possono evi dentemente essere intese come le traduzioni applicative delle concezioni e degli approcci utilizzati. Ad esempio, la prospettiva comportamentista o cognitivo comportamentale focalizza prioritariamente la propria atten zione sulla modifica dei comportamenti posti in essere dall’individuo (o delle idee) considerati non adeguati o pertinenti ed interviene con un iti nerario tipo che può essere sinteticamente descritto in tre fasi: individua zione del comportamento non adeguato, prescrizione di comportamenti adeguati, rinforzo degli sforzi prodotti dall’individuo nell’esibire il com portamento richiesto. L’approccio costruttivistacostruzionista, in generale, focalizza l’atten zione sui processi di costruzione e di ricerca di nuove modalità di gestio ne dei propri spazi di vita coerente con l’insieme di conoscenze e risorse maturate nell’esperienza. In questa prospettiva non si tratta di definire un comportamento o un sistema di idee arbitrariamente giudicato errato e intervenire su esso, quanto di favorire nell’individuo un nuovo modo di dare significato a sé e ai propri contesti d’azione rielaborando con il con sulente gli aspetti che caratterizzano la propria storia socio professiona le. L’itinerario di aiuto, in questo caso, si caratterizza come un luogo di confronto e di ricerca di nuovi modi di affrontare la realtà. L’identifica zione di una nuova modalità di risposta ad un problema reale è implicita 62 CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING nel momento stesso in cui consulente e individuo cercano di dare signifi cato alla propria storia e alla situazione. L’approccio umanisticoesistenziale si focalizza prioritariamente sul coinvolgimento affettivo ed enfatizza il ruolo che il sé – la tendenza alla “realizzazione del vero sé come principio o elemento centrale di ogni pratica di aiuto. In questo approccio si ritiene che i problemi e le criticità incontrate dal l’individuo nel suo contesto sociale devono essere affrontate come occa sione di sviluppo di una maggior conoscenza e consapevolezza di sé e come espressione e realizzazione delle proprie potenzialità. In questa prospettiva nell’itinerario di aiuto il consulente stimola l’individuo ad esprimersi e a esporre i propri problemi liberamente. Il processo di aiuto si realizza attraverso tre fasi tipo: l’auto esplorazione, la comprensione e l’azione. L’auto esplorazione riguarda lo sforzo che l’individuo attua nel definire il problema o la situazione in rapporto a ciò che desidera ottene re. È la fase in cui il consulente contribuisce testimoniando con la sua esperienza, con l’ascolto e la partecipazione emotiva. La comprensione è l’esito della fase precedente ed implica l’individuazione da parte dell’in dividuo di qualche tipo di azione che è considerata utile per affrontare la situazione. L’azione è la traduzione concreta di quanto ipotizzato prece dentemente. Il processo di aiuto in questa prospettiva è da considerare circolare e ricorsivo. Gli effetti dell’azione infatti possono essere riporta ti all’auto esplorazione ovvero alla fase nella quale l’individuo specifica sempre con maggior precisione la situazione problematica e ciò che può essere realizzato. Il consulente evidentemente in questa prospettiva è un facilitatore del processo che è realizzato autonomamente dall’individuo. Ci sembra a questo punto utile rammentare alcuni aspetti che accomuna no i diversi approcci e le conseguenti traduzioni applicative. Le diverse connotazioni della consulenza/counseling specifico pur focalizzando ed enfatizzando aspetti diversi sembrano condividere che il percorso di aiuto: • riguarda scopi eminentemente pratici e concreti. L’intervento riguar da il sostegno dell’individuo in specifici momenti del suo sviluppo per sonale e sociale che sono percepiti come problematici e difficili da risolvere • presuppone e attualizza l’idea che gli individui possono apprendere, cambiare e affrontare i problemi e le criticità connesse allo sviluppo “lavorando” su se stesse • concorre a modificare qualitativamente e quantitativamente la cono scenza di sé e delle proprie strategie d’azione e a sviluppare una mag gior padronanza dei propri contesti di azione. Lo sviluppo di una mag 63 2.3 Metodi del counseling CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING 2.3 Metodi del counseling gior conoscenza e di espressione di sè e di comprensione del contesto di azione, seppure considerato nei diversi approcci con gradi di rilevanza diversa, rappresenta l’elemento fondamentale per affrontare i proble mi connessi allo sviluppo e alla gestione dei propri spazi di azione. In generale i diversi metodi disponibili nella consulenza individuale e nel counseling che abbiamo definito specifico possono essere considerati la filiazione, l’ampliamento e la rielaborazione delle metodologie sorte nel l’ambito delle strategie e degli interventi di sostegno e di cura. In partico lare l’ingresso della prospettiva umanistica in molti campi di ricerca e di intervento ha contribuito a sviluppare una ampia gamma di metodi di intervento che hanno influenzato le concrete azioni di aiuto. La prospettiva umanistica, come è noto, non è un corpo definito e coeren te di conoscenze, ma soprattutto una modalità di avvicinarsi e trattare i problemi umani. Lo scopo prioritario di questa prospettiva non è tanto quella di formulare leggi generali, di predire o controllare il comporta mento, quanto quello di favorire una crescita consapevole, “libera” da condizionamenti ambientali ed orientata allo sviluppo del proprio poten ziale. Tale prospettiva presuppone il coinvolgimento affettivo, la parteci pazione e la cocostruzione come elementi essenziali per la produzione di interventi efficaci. Inoltre considera soprattutto l’individuo reale il prin cipale artefice del processo di sviluppo di quelle conoscenze e di quelle abilità che possono essere applicate immediatamente alla situazione o al problema. Confluiscono in questa prospettiva diverse correnti di pensie ro. In particolare: • La teoria del counseling centrato sulla persona (Rogers); la teoria della Gestalt di Perls. I metodi elaborati, già richiamati in altra parte del volume, sono centrati prevalentemente sull’individuo, sulla sua capacità di autodeterminarsi e sulla sua esperienza come unica fonte di dati disponibile da cui attingere. • La dinamica di gruppo ed in particolare i gruppi di training (T grou ps) e i gruppi esperienziali di formazione promossi da K. Lewin negli anni ’40. I metodi elaborati in questa corrente di pensiero presumono che le persone possono apprendere meglio attraverso un’analisi delle loro esperienze psicologiche immediate. Gli aspetti rilevanti di ogni processo di apprendimento sono riconducibili all’esperienza emotiva che si sviluppa nell’interazione con altre persone. Il processo di apprendimento è regolato dalla qualità e autenticità dell’interazione ed è connesso alla capacità di osservare, comprendere e reagire alle altre persone. Infine il processo di apprendimento è connesso al supe ramento nella relazione delle resistenze al cambiamento. 64 CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING • La dottrina dell’autorealizzazione di Maslow che si è occupato del rap porto tra bisogni, motivazione, comportamento e ha elaborato il con cetto di realizzazione di sé. • Le teorie di Reich e l’importanza che esse danno al corpo. I metodi ela borati in questa corrente di pensiero perseguono l’obiettivo di produrre modificazioni nell’immagine di sé tramite esercizi condotti esclusivamen te o come componete principale, sul corpo. Gli esercizi proposti pur variando da metodo a metodo consistono principalmente movimenti lenti e precisi orientati a sviluppare una consapevolezza della posizione del corso (Metodo Feldenkrais, tecnica di Alexander Tai Chi), movimenti espressivi e posture sotto sforzo per generare contenuti emotivi (bioener getica danzaterapia), manipolazioni del corpo, movimenti e contatti con il terapista finalizzati alla comprensione ed elaborazione di contenuti emotivi (bioenergetica, terapie psicomotorie, integrazione posturale). • L’esistenzialismo di Sartre e in specifico l’interpretazione analitica elaborata da R.D. Laing. È una corrente che pur interessandosi in particolare di problemi psichiatrici ha avuto una forte influenza anche in ambito non specialistico. È una corrente che integra le prospettive maturate all’interno della scuola di Palo Alto (D.Jackson e G. Bate son) e le prospettiva della fenomenologia europea (E.Minkowski. L.Binswanger). La sua prospettiva di intervento si fonda sulla nega zione del significato del termine “malattia mentale” e delinea una psi copatologia dell’intersoggettività attenta all’aspetto relazionale ed esperienziale e alle distorsioni dell’esperienza comunicativa in rap porto al disagio psichiatrico. In questa corrente si definiscono i prin cipi dell’antipsichiatria e si promuovono le prime comunità terapeuti che autogestite. Si presenta come una corrente rilevante per gli effetti indiretti che ha prodotto (anche a livello politico e istituzionale) sia come modalità di intendere la malattia o il disagio e sia come contribu to che ha offerto nelle realizzazione di esperienze concrete di autoge stione dei problemi psichiatrici. • Le dottrine e le filosofie orientali. In particolare il Buddismo Zen, il Taoismo e il Tantra. La figura successiva sintetizza le principali correnti di pensiero che con fluiscono nella prospettiva umanistica. I metodi elaborati nell’ambito della psicologia umanistica possono essere riclassificati in quattro macro aree. Di alcuni si è accennato nelle pagine precedenti; gli altri si ritiene opportuno, in questa sede, indicarli ma non analizzarli nello specifico, in quanto non sembrano al momento attuale direttamente spendibili nelle pratiche di counseling sin qui delineate. 65 2.3 Metodi del counseling CAPITOLO 2 AMBITI, APPROCCI E METODI DEL COUNSELING 2.3 Metodi del counseling METODI CHE FAVORISCONO LA CRESCITA DELLA PERSONA E LO SVILUPPO DEL POTENZIALE UMANO Metodi che favoriscono la crescita della persona e lo sviluppo del potenziale umano CORPOREI BIOENERGETICA, INTEGRAZIONE POSTURALE, METODO DI FELDENKRAIS, BIODANZA, ECC. AFFETTIVI PSICODRAMMA, CONSAPEVOLEZZA DELLA GESTALT, CONSULENZA ROGERSIANA, CO-CONSULENZA, ECC. INTELLETTUALI SPIRITUALI 66 ANALISI TRANSAZIONALE, TEORIA DEI COSTRUTTI PERSONALI, TERAPIA FAMILIARE, PNL, TERAPIA EMOTIVO-RAZIONALE, ECC. CONSULENZA TRANSPERSONALE, PSICOSINTESI, MEDITAZIONE DINAMICA, ECC. CAPITOLO 3 RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR 3.1 RUOLO 3.1 Ruolo e funzione del counselor E FUNZIONE DEL COUNSELOR È importante richiamare come viene definito il ruolo del consulente alla persona/counselor nella letteratura e nella riflessione corrente sulle pratiche più diffuse. Ci avvaliamo di alcune tra le definizioni più larga mente utilizzate. Il counselor è concepito come un agevolatore di processi relazionali e riflessivi, che svolge principalmente le seguenti funzioni: • mette in atto intenzionalmente una relazione d’aiuto nei confronti di un soggetto che ne fa richiesta; • promuove l’attivazione e lo sviluppo delle risorse del cliente (cogniti voriflessive, emotive, relazionali, strategiche, decisionali….); • supporta la persona in un percorso/processo di sviluppo personale (ascolto, condivisione, ricerca congiunta, sostegno metodologico….). La funzione del counselor non consiste quindi nel proporre soluzioni, ma, al contrario, nel facilitare nel soggetto la presa di decisione responsabile attraverso interventi di comprensionefacilitazione, favorendo in tal 67 CAPITOLO 3 RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR 3.1 Ruolo e funzione del counselor modo lo sviluppo della sua autonomia, la crescita e maturazione persona le, il raggiungimento di un modo di agire più adeguato ed integrato. Il counselor, come facilitatore e catalizzatore di processi decisionali e di chiarificazione di problematiche esistenziali e professionali di varia natu ra, fa leva sulle personali risorse del soggetto, che devono solo essere sti molate e sollecitate attraverso il dialogo, lo sviluppo della riflessività e metodologie di lavoro appropriate. Nella letteratura, nella documentazione e nelle esperienze esaminate, il counselor ha dunque un suo ruolo ben definito, che non deve essere con fuso con quello di un consulente esperto in processi comunicativi, né in problem solving aziendale, né in altre problematiche di tipo tecnico o metodologico. Operando per differenze, si può definire: • il consulente “di contenuto” o “di metodo” come il professionista che, ricorrendo alle proprie conoscenze di merito e di metodo specifiche, esprime un parere di competenza su un quesito di ordine tecnico o metodologico; • il consulente della persona o counselor, invece, come il professionista che attraverso le proprie conoscenze e competenze è in grado di favo rire la soluzione di un quesito che crea disagio esistenziale e/o relazio nale a un individuo o a un gruppo di individui. La definizione trasmessa al CNEL dalla S.I.Co. guarda al counselor come ad una figura professionale da formare attraverso un corso di studi spe cifico, che può metterlo in grado di esercitare la funzione di counseling in diversi contesti pubblici e privati. «Il counselor è la figura professionale che, avendo seguito un corso di studi almeno triennale, ed in possesso pertanto di un diploma rilasciato da specifiche scuole di formazione di differenti orientamenti teorici, è in grado di favorire la soluzione di disagi esistenziali di origine psichica che non comportino tuttavia una ristrutturazione profonda della personalità. L’intervento di counseling può essere definito come la possibilità di offri re un orientamento o un sostegno a singoli individui o a gruppi, favoren do lo sviluppo e l’utilizzazione delle potenzialità del cliente. All’interno di Comunità, ospedali, scuole, università, aziende, comunità religiose, l’intervento di Counseling è mirato da un lato nel singolo indi viduo nell’affrontare il conflitto esistenziale o il disagio emotivo che ne compromettono una espressione piena e creativa, dall’altro può inserirsi come elemento facilitante il dialogo tra la struttura e il dipendente.» La EAC (European Association for Counselling) fornisce una definizio ne del counselor che istituisce una relazione con altri termini riferiti a 68 CAPITOLO 3 RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR soggetti, azioni e processi implicati nell’esercizio dell’attività di counse ling. Il counselor è «una persona che offre un servizio di counseling a dei clien ti, in linea con la definizione di counseling della EAC, che ha livelli di competenze e di training specifici stabiliti dalla EAC»; • il Cliente è «una persona, una coppia, una famiglia, un gruppo o un’organizzazione che cerca aiuto direttamente o indirettamente attraverso una relazione di counseling»; • la relazione di counseling si configura come «un accordo esplicito e una relazione professionale formalmente contratta tra un counselor ed un cliente»; • l’incarico diretto si ha quando «la relazione di counseling è richiesta dal cliente»; • l’incarico indiretto si ha invece quando «la relazione di counseling con il cliente è richiesta da un’altra persona, ad esempio un datore di lavo ro per conto di un dipendente, il tribunale durante un processo. In ogni caso il cliente deve essere consenziente»; • la cosiddetta terza persona è «una persona non coinvolta in un incari co diretto o indiretto. Una terza persona potrebbe essere un membro della famiglia, un amico, un collega, il datore di lavoro o altri profes sionisti o il tribunale». Nello svolgere la sua funzione, il counselor si ispira ad alcuni assunti filo sofici e riferimenti eticovaloriali che consistono principalmente: • nel rispetto della persona, ovvero nell’accettazione della persona come individuo, con la consapevolezza delle differenze personali e culturali esistenti; • nell’integrità della persona, ovvero nell’impegno a rispettare il diritto dei clienti a mantenere i loro “confini” fisici ed emotivi e a non “sfrut tarli” in alcun modo; • nell’autorità della persona, vale a dire nel riconoscere il diritto del cliente di autodeterminarsi e di stabilire i propri obiettivi al fine di raggiungere o migliorare il proprio benessere personale; • nell’autonomia della persona, ovvero nel riconoscere la libertà del cliente di esprimere se stesso, i suoi bisogni e le sue credenze, di pren dere decisioni e assumerne la responsabilità, di dirigere la propria vita, pur subendo l’influenza delle variabili ambientali o delle predi sposizioni biologiche e della personalità. In virtù di questi assunti il counselor riconosce e sostiene i bisogni, più o meno manifesti, che le persone hanno di: 69 3.1 Ruolo e funzione del counselor CAPITOLO 3 RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR 3.1 Ruolo e funzione del counselor • sentirsi bene con se stessi ed avere conferme positive del proprio valo re da parte di persone significative; • essere congruenti e ridurre le dissonanze tra realtà esterna ed interna, tra l’esperienza attuale e la sua rappresentazione; • apprendere alternative emotive, cognitive e di comportamento; • effettuare scelte e cambiamenti sia all’interno che all’esterno del siste ma esistenziale e di riferimento. La EAC, prendendo in considerazione ciò che può essere ragionevolmen te previsto nella pratica della professione del counselor. ha definito pun tualmente il framework etico per i membri dell’EAC attraverso una Carta per la Pratica Etica del counseling, basata su una serie di principi filosofici ed etici a cui tutti i membri dell’Associazione sono tenuti a uniformarsi. Princìpi filosofici della Carta dell’EAC: • i valori fondamentali di un counselor si basano sul rispetto dei diritti umani universali e delle differenze individuali e culturali. • i valori rafforzano un set di atteggiamenti e di competenze che hanno uno speciale riguardo per l’integrità, l’autorità e l’autonomia del cliente. • IL RISPETTO è l’accettazione incondizionata dei clienti ma non necessariamente l’accettazione di tutti i loro comportamenti. I counse lor hanno la responsabilità di essere coscienti delle differenze indivi duali e culturali. • L’INTEGRITÀ onora il diritto del cliente di mantenere i propri limiti fisici ed emotivi e il diritto di non essere in nessun modo sfruttato. • L’AUTORITÀ riconosce che la responsabilità di iniziare un rapporto di counseling è interesse del cliente sia che il counseling derivi da una richiesta diretta che indiretta. • L’AUTONOMIA attribuisce la libertà del cliente di esprimere se stes so, i propri bisogni e le proprie credenze nei limiti del rispetto condi viso verso i diritti umani e le differenze individuali e culturali. • LA PRIVACY protegge la relazione di counseling da un’osservazione non autorizzata o inappropriata, da interferenze o intrusioni esterne. • LA CONFIDENZIALITÀ rispetta le informazioni personali svelate in una relazione di sincerità e protegge questa informazione da inappro priate rivelazioni ad altri. • LA RESPONSABILITÀ richiede al counselor di assicurare seriamen te l’osservanza dei principi filosofici chiave, sottolineati precedente mente, nel servizio fornito attraverso la relazione di counseling. • LA COMPETENZA è il requisito del counselor che assicura e mantie ne alti gli standard della pratica nel proprio lavoro. I counselor 70 CAPITOLO 3 RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR dovrebbero fornire solo quei servizi e usare solo quelle tecniche per le quali essi posseggono una qualifica ottenuta attraverso un percorso formativo, training ed esperienza. Le dimensioni attraverso le quali i professionisti mettono in pratica i principi indicati nella Carta per la Pratica Etica sono anche raffigurate nello schema grafico che riproduciamo sotto (dove la terza dimensione rappresenta come le prime due sono “applicate”). VALORI FONDAMENTALI RISPETTO PER I DIRITTI UMANI E LE DIFFERENZE APPROCCI (atteggiamenti) RISPETTO INTEGRITÀ AUTORITÀ RESPONSABILITÀ AUTONOMIA CONFIDENZIALITÀ COMPETENZA PRATICA (trasferimento di abilità) REGOLATA DA UN CONTRATTO CON LIMITI ETICI ESPLICITA APERTA MONITORATA GARANTITA DALLA PRIVACY 71 3.1 Ruolo e funzione del counselor CAPITOLO 3 RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR 3.2 Competenze “core” e competenze professionali specifiche del counselor 3.2 COMPETENZE “CORE” E COMPETENZE PROFESSIONALI SPECIFICHE DEL COUNSELOR Per quanto riguarda le problematiche legate alle competenze del consulen te/counselor, su cui non esistono in letteratura riflessioni e contributi strut turati, sono senz’altro utili le indicazioni di Feltham e Dryden (1993) ripre se dalla Di Fabio (1999) e le osservazioni svolte da Regoliosi nel suo contri buto specifico relativo al consulente del lavoro socioeducativo (2002). Feltham e Dryden (1993) individuano e descrivono le abilità di counseling distinguendole in condizioni di base, abilità di base e microabilità. Le condizioni di base consistono principalmente in disposizioni di base, atteggiamenti e abilità considerate necessarie per mettere in atto interventi di counseling efficaci: si tratta in sostanza di disponibilità e capacità di atti vare atteggiamenti di congruenza, empatia, accettazione positiva e incondi zionata dell’interlocutore e di trasferire e comunicare tutto ciò al cliente. Se nel dibattito attuale sulle pratiche di consulenza e counseling tutti con cordano sul fatto che queste siano condizioni necessarie per impostare una relazione d’aiuto proficua, non c’è invece concordanza di vedute (vd. soprattutto gli orientamenti a carattere più direttivo) rispetto al con siderarle anche condizioni sufficienti, in assenza di altre skills più tecni cooperative e specifiche (Di Fabio, 1999). Le abilità di base, considerate essenziali soprattutto ai fini di assicurare una corretta ed efficace pratica operativa, consistono essenzialmente nella capacità di: • formulare messaggi e risposte in modo empatico; • praticare l’ascolto attivo anche attraverso l’utilizzo di specifiche tec niche; • utilizzare le strategie e le tecniche di riformulazione per riflettere le emozioni dell’interlocutore e facilitare la progressiva chiarificazione dei contenuti della consulenza; • cogliere i significati insiti nel linguaggio corporeo e nella prossemica, al fine di valutare le preferenze in tema di spazio interpersonale sia in relazione a sé che all’altro; • automonitorarsi in situazione; • monitorare l’evoluzione della relazione nel qui ed ora del setting agito, in base alle leggi e alle tecniche che regolano la dinamica del colloquio • condurre il colloquio prestando attenzione alle fasi di svolgimento e alle attenzioni richieste in ognuna di queste fasi; • impostare e gestire in modo corretto la relazione evitando i rischi con nessi (induzione delle risposte, spontaneismo, atteggiamenti e risposte ostacolanti il dialogo). 72 CAPITOLO 3 RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR Le microabilità sono rappresentate sostanzialmente da quell’insieme di abilità comunicativorelazionali indispensabili per la costruzione di una autentica e proficua relazione d’aiuto (prestare attenzione, mantenere il contatto visivo, usare un tono di voce appropriato, ecc.), che si acquisi scono attraverso quello che viene definito un “microtraining”. Abilità del counselor secondo Feltham e Dryden ABILITÀ DEL COUNSELOR SECONDO FELTHAM E DRYDEN CONDIZIONI DI BASE ABILITÀ DI BASE ASCOLTO ATTIVO • Empatia • Autenticità • Accettazione positiva incondizionata • Loro comunicazione efficace alla persona • • • • Tecnica della riformulazione Osservazione Autosservazione Attenzione alle emozioni MICROABILITÀ • • • • • 3.2 Competenze “core” e competenze professionali specifiche del counselor Contatto visivo Tono della voce Gestualità Postura Abbigliamento 73 CAPITOLO 3 RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR 3.2 Competenze “core” e competenze professionali specifiche del counselor Si può osservare in generale che, se alcune delle abilità descritte sopra coincidono con le competenze comunicative relative alla gestione efficace delle relazioni interpersonali, molte di esse appartengono nondimeno a un contesto professionale e a un’area di competenze strutturati e specifi ci, quali sono in realtà il contesto della relazione d’aiuto e l’area di com petenze ad esso collegata nei setting propri della consulenza e del counse ling. Vi è poi un aspetto di competenza legato all’acquisizione e all’apprendi mento delle abilità descritte sopra, il cui rilievo è messo in evidenza soprattutto in un’ottica e in una prospettiva sperimentale (Di Fabio, 1999): «la metaconoscenza di tali abilità è in grado di determinarne un rafforzamento ed un uso efficace» e può produrre consapevolezza rispet to ad un loro utilizzo individuale, «permettendo a ciascun operatore di riconoscere le sue abilitààncora e di cimentarsi nell’esplorazione, nel l’approfondimento e nella sperimentazione delle abilità solitamente meno utilizzate». Del contributo di Regoliosi relativo alle competenze del consulente socio educativo, ci preme cogliere alcune osservazioni che ci sembrano partico larmente stimolanti in questa sede. Oltre al riferimento all’assolvimento dei compiti di rispecchiamento, con nessione, mediazione e promozione che sono propri della funzione di con sulenza e all’individuazione degli “attributi” essenziali a tal fine (rag gruppati in tre categorie: doti personali, quali empatia, capacità di atten dere, di ascoltare, di sostenere ansia e angoscia; abilità nell’identificare e risolvere i problemi e conoscenza delle tecniche per facilitare tale proces so; competenza nella relazione con i clienti, ovvero conoscenza delle dina miche individuali e di gruppo e, per i consulenti che agiscono in ambito organizzativo, capacità di analisi di una struttura organizzativa, delle sue procedure, della sua leadership, ecc.), vengono identificati almeno due “atteggiamenti” o disposizioni essenziali al fine di interpretare in modo appropriato il ruolo professionale. Uno viene definito come «atteggiamento critico e autocritico, che consen te al consulente di agire nella complessità, riconoscendo l’ambivalenza insita in ogni relazione sociale, e accogliendo la possibilità che i diversi attori sociali agiscano anche con obiettivi parzialmente contraddittori o comunque irriducibili ad un unico disegno». L’altro, con riferimento a Bion (1972), è identificato nelle cosiddette capacità negative, ovvero in «quelle qualità che consentono al consulente di fronteggiare le situazioni di crisi sapendo sostare nell’incertezza e nel vuoto, senza cadere nella tentazione di ricercare soluzioni affrettate e di comodo». 74 CAPITOLO 3 RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR Tenendo conto, oltre che delle indicazioni provenienti dalla letteratura, anche del contributo di elaborazione delle principali associazioni di coun seling (in primo luogo EAC e S.I.Co), della testimonianza di counselor, della esperienza di pratiche di counseling e della documentazione “gri gia” sulle più significative esperienze realizzate nel nostro paese, abbia mo cercato di individuare e definire le core competencies del counselor, che dovrebbero rappresentare il “corredo” base comune a tutti coloro che esercitano la funzione di counseling nei diversi ambiti e contesti d’a zione e con le differenti tipologie di clienti di riferimento. Altre competen ze, soprattutto conoscenze e abilità tecnicometodologiche, inerenti le problematiche specifiche e settoriali che caratterizzano la pluralità degli ambiti/contesti/clienti delle azioni di counseling, sono da considerarsi strettamente correlate alle aree di intervento in cui i counselor svolgono la propria attività. 75 3.2 Competenze “core” e competenze professionali specifiche del counselor CAPITOLO 3 RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR Competenze “core” del conselor Abilità di osservazione e problem solving • Riconoscere e comprendere le differenze culturali del soggetto abban donando ogni atteggiamento valutativo e giudicante • identificare e definire le questioni poste dal soggetto in modo tale da contribuire ad una loro “presa in carico” attraverso il processo di counseling • Comprendere ed elaborare le intuizioni e le interpretazioni personali del soggetto, rivedendo il processo di counseling nei termini delle espe rienze da questi proposte • Fissare, mantenere e rivedere i limiti strutturali e relazionali appro priati alle diverse fasi del processo di counseling • Definire, mantenere e monitorare un contratto trasparente di consu lenza • Adeguare e precisare consensualmente con la persona gli obiettivi del counseling man mano che si procede nel percorso • Sviluppare consapevolezza del contesto nel quale il soggetto e il coun selor operano affinché si creino le migliori condizioni possibili per la relazione di consulenza • Sviluppare consapevolezza delle modalità di influenzamento del con testo attraverso l’azione di counseling • Sviluppare comprensione del significato del percorso di counseling in modo tale che sia il soggetto che il counselor riconoscano l’esperienza come importante • Facilitare il passaggio delle acquisizioni maturate durante la relazione di counseling all’esperienza quotidiana del soggetto • Riconoscere i limiti e i confini sia professionali che personali • Riconoscere le problematiche del soggetto che richiedono l’intervento di un altro professionista e reindirizzarlo in modo appropriato • Essere costantemente consapevole delle questioni etiche, degli approc ci appropriati e dei dilemmi etici • Valutare il processo di counseling in termini di autoapprendimento • Riconoscere il bisogno di una supervisione e di un aggiornamento per manente 76 • Autenticità La consapevolezza di sé nel gestire il ruolo consente al counselor di spe rimentare una condizione di autenticità, di essere cioè liberamente e profondamente se stesso nella relazione. In questo senso si può parlare di comunicazione aperta: non si tratta solo di essere un attento ascolta tore che accoglie e accetta il mondo dell’altro, l’aggiunta dell’autenti cità fa sì che si instauri una comunicazione aperta e autentica. • Accoglienza e accettazione positiva L’espressione fa riferimento al fatto che non vengono poste condizioni per l’accettazione dell’altro, la persona viene apprezzata senza cade re nella valutazione selettiva, in quanto individuo specifico, unico, con sentimenti ed esperienze personali. Si tratta di un sentimento sponta neo, positivo, senza riserve e senza valutazioni, che implica l’assenza di qualsiasi tipo di giudizio. • Attenzione alle proprie personali motivazioni e bisogni È necessario che il counselor presti attenzione e tenga costantemente monitorati quelle motivazioni e quei bisogni che possono influenzare le modalità di gestire la relazione di consulenza e l’analisi e valutazione dei risultati e fargli vivere in modo problematico il proprio ruolo. Tra queste motivazioni e bisogni osserviamo: 1. need for achievement = bisogno di affermazione, di successo • preoccupazione per la qualità formale delle proprie prestazioni • evitamento di rapporti affettivi, situazione neutra, indipendente, distaccata • eventuale paura della propria e altrui affettività, controllata con atteggiamento distaccato e anaffettivo 2. need for affiliation = bisogno di stabilire e mantenere soddisfacenti rapporti affettivi • bisogno di possesso, di compartecipazione emotiva • dipendenza dagli altri • diffidenza verso i soggetti più autonomi e maturi • accettazione maggiore verso soggetti insicuri 77 Competenze “core” del conselor CAPITOLO 3 RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR CAPITOLO 3 RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR Competenze professionali specifiche Counseling di carriera e Bilancio di competenze Essere in grado di: • effettuare un’analisi approfondita della domanda di consulenza della persona • sostenere il soggetto in consulenza nella ricostruzione della propria biografia socioprofessionale e nell’individuazione delle competenze e risorse maturate • aiutare il soggetto a ricostruire e ampliare le informazioni inerenti le opportunità di sviluppo professionale o formativo e/o i contesti orga nizzativi di riferimento, analizzandone le implicazioni e i rapporti con le problematiche affrontate in consulenza • aiutare il soggetto a identificare obiettivi concreti, a valutare le opportunità e le competenze che devono essere sviluppate per otte nere il risultato desiderato e a definire le azioni che è necessario met tere in atto (definire un piano di azione giudicato pertinente e soddi sfacente) • individuare e formulare strategie di risoluzione di un problema di decisione e di presidio di un processo di cambiamento / sviluppo, defi nendo obiettivi, metodologie e strumenti in funzione delle esigenze del soggetto Sapere come: • focalizzare le principali dimensioni e caratteristiche delle transizioni psicosociali delle persone adulte e identificare i bisogni orientativi e di sviluppo socio professionale specifici dei soggetti in consulenza • riconoscere e valutare i contesti dei servizi e delle attività di orienta mento e bilancio di competenze per adulti (sistema dei servizi e prin cipali normative di riferimento; tipologia di clienti; servizi e prodotti; processi e strutture di erogazione; ecc.) • padroneggiare teorie e approcci del career counseling e del bilancio di competenze (fondamentali riferimenti teoricoconcettuali alla base degli interventi di counseling in ambito professionale; principali approcci all’esercizio del counseling di carriera e del bilancio di com petenze; ruolo e funzione specifica del counselor nell’ambito delle azioni di cambiamento e sviluppo professionale; ecc.) 78 • riconoscere e valutare i fondamentali presupposti e le implicazioni operative dei modelli teorici e metodologici di riferimento e valutarne l’adeguatezza in relazione alle problematiche di cambiamento e alle caratteristiche specifiche dei singoli clienti • affrontare problemi e temi specifici del counseling di carriera (apprendimento e cambiamento in età adulta; transizioni psicosociali e variabili implicate nei processi di scelta e sviluppo della carriera socioprofessionale; processo decisionale e problematiche inerenti la scelta in ambito formativo e professionale; ecc.) • definire e istituire il setting del colloquio di consulenza in relazione alle esigenze e alle caratteristiche dei soggetti adulti • selezionare, adattare e utilizzare in modo appropriato metodologie, tecniche e strumenti operativi del counseling di carriera e del bilancio di competenze (metodologie e strumenti di conduzione del colloquio e tecniche di comunicazione interpersonale con soggetti adulti; metodo logie e strumenti di analisi delle competenze e delle risorse personali, degli interessi e delle motivazioni professionali; metodologie e tecniche di problem setting e problem solving nell’attività di sostegno alla solu zione dei compiti di cambiamento e sviluppo formativo e professiona le; metodologie di coping per fronteggiare situazioni problematiche ed eventi stressanti; ecc.) • identificare le caratteristiche fondamentali di un contesto organizzati vo e riconoscere gli aspetti essenziali di un ruolo professionale o di una posizione lavorativa, utilizzando informazioni di diversa natura • valutare l’importanza degli aspetti informativi dell’attività consulen ziale ed individuare strategie e modalità adeguate di acquisizione delle informazioni utili al caso • riconoscere e fronteggiare le criticità connesse a una relazione di con sulenza con soggetti adulti 79 Competenze professionali specifiche CAPITOLO 3 RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR Competenze professionali specifiche CAPITOLO 3 RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR Counseling di orientamento Essere in grado di: • effettuare un’analisi approfondita della domanda e delle problemati che orientative specifiche della persona • sostenere il soggetto in consulenza nella ricostruzione della propria storia scolastica e formativa e nell’analisi e valorizzazione delle pro prie conoscenze, risorse, interessi e aspettative nei confronti del pro prio futuro formativo e professionale • supportare il soggetto nella ricostruzione e nell’ampliamento del qua dro informativo inerente le opportunità scolastiche e formative, ana lizzandone le implicazioni e i rapporti con le problematiche specifiche di scelta • aiutare il soggetto a identificare piste di riflessione e alternative di scelta, a valutare le opportunità e le conoscenze/risorse da sviluppare per affrontare correttamente i compiti decisionali e a definire un piano d’azione coerente • individuare e formulare strategie di risoluzione di un problema di scel ta e decisione, definendo obiettivi, metodologie e strumenti in funzio ne delle esigenze del soggetto Sapere come: • focalizzare le principali dimensioni e caratteristiche delle transizioni psicosociali di adolescenti e giovani e identificare i bisogni orientativi specifici dei soggetti in consulenza • riconoscere e valutare i contesti dei servizi e delle attività di orienta mento per adolescenti e giovani (sistema dei servizi e principali norma tive di riferimento; tipologia di clienti; servizi e prodotti; processi e strutture di erogazione; ecc.) • padroneggiare teorie e approcci del counseling di orientamento (ad es.: fondamentali riferimenti teoricoconcettuali alla base degli inter venti di counseling orientativo; principali approcci all’esercizio del counseling di orientamento; ruolo e funzione specifica del counselor nell’ambito delle azioni di orientamento; ecc.) • riconoscere e valutare i fondamentali presupposti e le implicazioni operative dei modelli teorici e metodologici di riferimento e valutarne l’adeguatezza in relazione alle problematiche di scelta e alle caratteri stiche specifiche dei singoli clienti • affrontare problemi e temi specifici del counseling di orientamento (problematiche dell’adolescenza e compiti di sviluppo connessi al pro cesso di crescita; caratteristiche specifiche delle transizioni psicosocia 80 • • • • • li in ambito scolastico e formativo; processo decisionale e variabili implicate nei processi di scelta e sostegno alle decisioni scolastiche e formative; ecc.) definire e istituire il setting del colloquio di consulenza in relazione alle esigenze e alle caratteristiche proprie dei soggetti adolescenti e giovani selezionare, adattare e utilizzare in modo appropriato metodologie, tecniche e strumenti operativi del counseling di orientamento (ad es.: metodologie e strumenti di conduzione del colloquio e tecniche di comunicazione interpersonale con soggetti adolescenti e giovani; meto dologie e strumenti di analisi delle risorse personali e degli interessi professionali di adolescenti e giovani; metodologie e tecniche di pro blem setting e problem solving nell’attività di sostegno alla soluzione dei compiti di scelta; metodologie di coping per fronteggiare situazio ni problematiche ed eventi stressanti; ecc.) identificare le caratteristiche specifiche dei differenti contesti scolasti ci e formativi e valutarne le implicazioni sul piano cognitivo, emotivo e comportamentale valutare l’importanza degli aspetti informativi dell’attività consulen ziale e individuare strategie e modalità adeguate di acquisizione delle informazioni utili al caso riconoscere e fronteggiare le criticità connesse a una relazione di con sulenza con soggetti adolescenti e giovani 81 Competenze professionali specifiche CAPITOLO 3 RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR Competenze professionali specifiche CAPITOLO 3 RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR Counseling “psicopedagogico” Essere in grado di: • effettuare un’analisi approfondita della domanda e delle problemati che di sostegno specifiche della persona • sostenere il soggetto nella ricostruzione delle problematiche e difficoltà incontrate in ambito scolastico o formativo, nell’analisi delle proprie risorse e dei propri punti critici • supportare il soggetto nella ricostruzione e nell’ampliamento del qua dro informativo inerente i contesti scolastici e formativi di riferimen to, analizzandone le implicazioni e i rapporti con le problematiche specifiche di sostegno • aiutare il soggetto a identificare piste di riflessione e alternative d’azio ne, a valutare le conoscenze/risorse da sviluppare per affrontare corret tamente i compiti di sviluppo e a definire un piano d’azione coerente • individuare e formulare strategie di risoluzione di problemi di diversa natura (di rendimento, motivazionali, relazionali…), definendo obiet tivi, metodologie e strumenti in funzione delle esigenze del soggetto Sapere come: • focalizzare le principali dimensioni e caratteristiche delle problemati che di crescita e integrazione di adolescenti e giovani in ambito scola stico e formativo e identificare i bisogni di sostegno specifici dei sogget ti in consulenza • riconoscere e valutare i contesti dei servizi e delle attività di sostegno a giovani e adolescenti nell’ambito dell’istruzione e della formazione professionale (sistema dei servizi e principali normative di riferimen to; tipologia di clienti; servizi e prodotti; processi e strutture di eroga zione; ecc.) • padroneggiare teorie e approcci del counseling psicopedagogico (fon damentali riferimenti teoricoconcettuali del counseling psicopedago gico e principali approcci a cui si ispirano le pratiche relative; ruolo e funzione specifica del counselor in ambito scolastico e formativo; ecc.) • riconoscere e valutare i fondamentali presupposti e le implicazioni operative dei modelli teorici e metodologici di riferimento e valutarne l’adeguatezza in relazione alle problematiche di scelta e alle caratteri stiche specifiche dei singoli clienti • affrontare problemi e temi specifici del counseling psicopedagogico (problematiche dell’adolescenza e compiti di sviluppo connessi al pro cesso di crescita; caratteristiche specifiche dei processi di apprendi mento in età adolescenziale; problematiche inerenti le relazioni sim 82 • • • • • metriche e asimmetriche degli adolescenti con coetanei, insegnanti, famiglie e soggetti adulti in genere; ecc.) definire e istituire il setting del colloquio di consulenza in relazione alle esigenze e alle caratteristiche proprie dei soggetti adolescenti e tenendo conto del contesto di riferimento (istituzione scolastica o ser vizio formativo) selezionare, adattare e utilizzare in modo appropriato metodologie, tecniche e strumenti operativi del counseling psicopedagogico (meto dologie e strumenti di conduzione del colloquio e tecniche di comuni cazione interpersonale con soggetti adolescenti; metodologie e stru menti di analisi delle risorse personali, degli interessi e delle motiva zioni di adolescenti e giovani; metodologie e tecniche di problem set ting e problem solving nell’attività di sostegno all’assolvimento dei compiti di sviluppo; metodologie di coping per fronteggiare situazioni problematiche ed eventi stressanti; ecc.) identificare le caratteristiche specifiche dei differenti contesti scolasti ci e formativi e valutarne le implicazioni sul piano cognitivo, emotivo e comportamentale valutare l’importanza degli aspetti informativi dell’attività consulen ziale e individuare strategie e modalità adeguate di acquisizione delle informazioni utili al caso riconoscere e fronteggiare le criticità connesse a una relazione di con sulenza con soggetti adolescenti e giovani 83 Competenze professionali specifiche CAPITOLO 3 RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR Competenze professionali specifiche CAPITOLO 3 RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR Counseling per le problematiche sociosanitarie Essere in grado di: • effettuare un’analisi approfondita della domanda e delle problemati che di supporto specifiche della persona • sostenere il soggetto nell’accettazione della situazione problematica e nell’elaborazione degli stati emotivi ad essa connessi, valorizzando le risorse disponibili e attivabili • supportare il soggetto nella ricostruzione e nell’incremento delle infor mazioni relative alla propria situazione, analizzandone le implicazio ni e i rapporti con le problematiche specifiche di sostegno • individuare e definire con il soggetto strategie comportamentali ade guate e sostenibili, valutandone la pertinenza e la praticabilità in rela zione alle problematiche psicologiche ed esistenziali presenti nella spe cifica situazione Sapere come: • focalizzare le principali dimensioni e caratteristiche delle problema tiche affrontate dalle persone in situazione di deficit e disagio psicofi sico e identificare i bisogni di supporto specifici dei soggetti in consu lenza • riconoscere e valutare il contesto dei servizi sociosanitari e assisten ziali del territorio di riferimento (sistema territoriale dei servizi sani tari, sociali e assistenziali e delle azioni/programmi di aiuto a persone colpite da traumi o malattie gravi; natura e caratteristiche dei servizi, tipo di prestazioni erogate, criteri e modalità di accesso; ecc.) • padroneggiare teorie e approcci del counseling per le problematiche sociosanitarie (fondamentali riferimenti teoricoconcettuali alla base degli interventi di counseling “sanitario”; principali approcci all’eser cizio del counseling di sostegno a persone malate o traumatizzate; ruolo e funzione specifica del counselor in ambito sanitario; ecc.) • riconoscere e valutare i fondamentali presupposti e le implicazioni operative dei modelli teorici e metodologici di riferimento e valutarne l’adeguatezza in relazione alle problematiche di scelta e alle caratteri stiche specifiche dei singoli soggetti • affrontare problematiche e temi specifici del counseling in ambito sanitario (problematiche di rifiuto/accettazione dei disagi psicofisici connessi con le malattie e i traumi; gestione delle informazioni sanita rie nel processo di counseling; ecc.) • definire e istituire il setting del colloquio di consulenza in relazione alle esigenze e alle caratteristiche proprie dei soggetti in situazione di 84 disagio psicofisico e tenendo conto del contesto di riferimento (ambien te ospedaliero, struttura sanitaria o servizio sociosanitario) • selezionare, adattare e utilizzare in modo appropriato metodologie, tecniche e strumenti operativi del counseling in ambito sanitario (metodologie e strumenti di conduzione del colloquio e tecniche di comunicazione interpersonale con soggetti in situazione di malattia o colpiti da traumi di diversa natura; metodologie e tecniche di problem setting e problem solving nell’attività di sostegno alle persone in situa zione di disagio e crisi psicofisiche; metodologie di coping per fronteg giare situazioni problematiche ed eventi stressanti; ecc.) • valutare l’importanza degli aspetti informativi dell’attività consulen ziale e individuare strategie e modalità adeguate di acquisizione delle informazioni utili al caso • riconoscere e fronteggiare le criticità connesse a una relazione di con sulenza con soggetti in situazione di deficit e disagio psicofisico 85 Competenze professionali specifiche CAPITOLO 3 RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR Competenze professionali specifiche CAPITOLO 3 RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR Counseling per le relazioni di coppia e la famiglia Essere in grado di: • effettuare un’analisi approfondita della domanda e delle problemati che di supporto specifiche della persona singola, della coppia o del nucleo familiare • sostenere il soggetto nella ricostruzione delle problematiche inerenti il funzionamento della coppia o della famiglia di appartenenza e nell’a nalisi delle aspettative e motivazioni nei confronti delle relazioni con il partner o con altri membri del nucleo familiare (genitori, figli, fratel li e sorelle…) • supportare il soggetto nella ricostruzione e nell’incremento delle infor mazioni relative alla propria situazione, identificando eventuali pro blematiche relative ad abusi o violenze nell’ambito della coppia o del nucleo familiare e analizzandone le implicazioni sulle problematiche specifiche di sostegno • individuare e formulare strategie di risoluzione di un problema di scel ta e di presidio di un processo decisionale, definendo obiettivi, meto dologie e strumenti in funzione delle esigenze del soggetto singolo, della coppia o del nucleo familiare Sapere come: • focalizzare le principali dimensioni e caratteristiche delle problemati che affrontate dalle coppie e dalle famiglie e identificare i bisogni di supporto specifici dei soggetti in consulenza (singoli e non) • riconoscere e valutare contesto dei servizi sociali e assistenziali del ter ritorio di riferimento (sistema territoriale dei servizi socioassistenzia li e delle azioni/progetti di supporto alle coppie e alle famiglie; natura e caratteristiche dei servizi, tipo di prestazioni erogate, criteri e moda lità di accesso; ecc.) • padroneggiare teorie e approcci del counseling per le relazioni familiari (fondamentali riferimenti teoricoconcettuali alla base degli interventi di counseling “relazionale”; principali approcci all’esercizio del counse ling “relazionale”; ruolo e funzione specifica del counselor nell’ambito delle azioni di consulenza per le relazioni di coppia e la famiglia; ecc.) • riconoscere e valutare i fondamentali presupposti e le implicazioni operative dei modelli teorici e metodologici di riferimento e valutarne l’adeguatezza in relazione alle problematiche di scelta e alle caratteri stiche specifiche dei singoli soggetti, coppie e nuclei familiari • affrontare problematiche e temi specifici del counseling per le relazio ni familiari (problematiche connesse alle aspettative di ruolo e alle 86 • • • • dinamiche relazionali presenti all’interno delle coppie e dei nuclei familiari; processo decisionale e variabili implicate nei processi di scel ta e sostegno alle decisioni in ambito familiare; ecc.) definire e istituire il setting del colloquio di consulenza in relazione alle esigenze e alle caratteristiche del soggetto o dei soggetti coinvolti selezionare, adattare e utilizzare in modo appropriato metodologie, tecniche e strumenti operativi del counseling “relazionale” (metodolo gie e strumenti di conduzione del colloquio e tecniche di comunicazio ne interpersonale nell’ambito di relazioni diadiche, triadiche e coin volgenti un intero nucleo familiare; tecniche di negoziazione e gestione dei conflitti; metodologie e tecniche di problem setting e problem sol ving nell’attività di sostegno al cambiamento, alla presa di decisione, al miglioramento delle relazioni familiari; metodologie di coping per fronteggiare situazioni problematiche ed eventi stressanti; ecc.) valutare l’importanza degli aspetti informativi dell’attività consulen ziale e individuare strategie e modalità adeguate di acquisizione delle informazioni utili al caso riconoscere e fronteggiare le criticità connesse a una relazione di con sulenza complessa, che coinvolge direttamente o indirettamente una pluralità di soggetti 87 Competenze professionali specifiche CAPITOLO 3 RUOLO E COMPETENZE DEL COUNSELOR CAPITOLO 4 FORMAZIONE DEL COUNSELOR FORMAZIONE DEL COUNSELOR 4.1 IL 4.1 Il counseling nei paesi anglosassoni COUNSELING NEI PAESI ANGLOSASSONI S tabilire esattamente quale sia il periodo in cui nasce il counseling non è cosa facile. Si può individuare un primo tentativo alla fine del 1800, quando nel mondo anglosassone partirono dei programmi di orientamen to e di guida professionale (guidance) come supporto ai giovani al termi ne della scuola elementare e superiore. All’inizio del 1900 si assiste al fio rire di associazioni che si propongono di fornire un supporto agli indivi dui nel percorso professionale e di studio, soprattutto all’interno delle università e dei campus statunitensi. Ma è senza dubbio Carl Rogers che getta le fondamenta del counseling vero e proprio e ne conia il termine nel 1940 nel suo libro Counseling e Psicoterapia, che introduce un approccio non direttivo di psicoterapia e incoraggia un intervento centrato sul cliente e sui suoi bisogni, favoren do la creazione di una vera e propria relazione emotiva tra counselor e cliente. A questo fa seguito nel 1952 la nascita in Usa dell’American Counseling Association (www.counseling.org) per regolamentare il tumultuoso svi 89 CAPITOLO 4 FORMAZIONE DEL COUNSELOR 4.1 Il counseling nei paesi anglosassoni luppo americano del counseling come strumento di consulenza e di edu cazione. Secondo l’American Counseling Association, il counseling negli Stati Uniti è attualmente praticato in 44 stati, aderenti all’associazione e da ottantamila counselor che hanno conseguito un attestato di licenza o una certificazione professionale. Il counseling, proprio per la sua natura di fornire supporto a chi si trova a dover affrontare un periodo di difficoltà, viene praticato negli Usa da chiunque nel suo lavoro si trovi a dover aiutare, guidare e sostenere una persona: medici, assistenti sociali, educatori, insegnanti, pedagogisti, infermieri, animatori, volontari, formatori del personale, fisioterapisti, sacerdoti. In Europa, il counseling si afferma negli anni ’70 in Gran Bretagna, come strumento utile sia di orientamento che di supporto soprattutto nei servizi sociali e di volontariato, per poi allargarsi a macchia d’olio in mol tissimi altri settori sociali e lavorativi. Vengono create successivamente due importanti associazioni di riferimen to, nel 1970 la British Association for Counseling (www.bacp.co.uk) e nel 1994 l’European Association for Counseling. Anche in ambito lavorativo il counseling è nato negli Usa e si è presenta to con differenti modalità operative. La prima compare intorno agli anni ’60 con il diffondersi dei principi delle Human Relations per prevenire e, soprattutto, per far fronte prin cipalmente ad effetti di disagio derivanti da una inadeguata interazione soggettolavoro. Le cause di tale misfit potevano essere legate a problemi individuali o dell’organizzazione stessa. La seconda modalità si avvicina, sino a confondersi, alle pratiche di orientamento professionale tese a facilitare le scelte formative o di inseri mento professionale. Nei paesi anglosassoni si usa a questo proposito il termine di vocational o career guidance per indicare una serie di attività che vanno dal semplice fornire informazioni sul mondo del lavoro all’in segnare certe abilità professionali di carattere generale. La terza modalità riguarda il career counseling, ovvero un processo di potenziamento delle capacità di farsi carico delle decisioni che riguarda no la propria vita professionale. Tale processo rende possibile alle perso ne di riconoscere ed utilizzare le proprie risorse per prendere decisioni legate alla propria carriera e gestire meglio i problemi che essa può pro vocare. La diffusione di internet nel mondo sta favorendo lo sviluppo di modalità di comunicazione sempre più sofisticate e incentrate sulla rapidità degli scambi comunicativi. 90 CAPITOLO 4 FORMAZIONE DEL COUNSELOR L’idea di fornire servizi informativi per la salute a carattere volontaristi co e siti di counseling psicologico online a pagamento fa parte della tradi zione statunitense dell’advice giving (“dare consigli”), che da almeno dieci anni si è sviluppata oltre oceano. Il concetto di counseling online comprende “la pratica e l’erogazione di informazioni che avviene quando un cliente e un consulente sono in loca lità distanti e utilizzano tecnologie elettroniche per comunicare attraver so internet” ed è regolato negli Usa da un decalogo etico contenente prin cipi standard di riferimento. Vengono utilizzati sistemi di comunicazione come chatline e email, attraverso le quali il counselor dispensa aiuto e informazioni al cliente senza mai incontrarlo né senza mai sentire la sua voce. Nei paesi anglosassoni questo tipo di intervento di counseling è molto apprezzato poiché permette l’anonimato e la fruizione del servizio diret tamente da casa. 4.2 FORMAZIONE DEL COUNSELOR: STATO DELL’ARTE DELLE SCUOLE E DEI CORSI DI FORMAZIONE NEL NOSTRO PAESE Da un’accurata ricerca effettuata in rete e in archivi informativi car tacei è emerso un fiorente tessuto di scuole e di enti che promuovono corsi per counselor in Italia, a dimostrazione del fatto che nel nostro paese la pratica del counseling, benché giovane, è in progressiva asce sa ed è presumibilmente destinata a svilupparsi e consolidarsi ulterior mente. La sensazione che ci proviene da questa esplorazione è che, come spesso accade, la formazione sia più “avanti” della pratica effettiva e assuma in qualche modo una funzione di stimolo e promozione nei confronti di questa. La popolazione di destinatari alla quale sono indirizzati i vari corsi è molto ampia e va dai semplici interessati all’argomento agli psicologi, dagli operatori sociosanitari agli insegnanti, dai medici ai formatori. Ogni scuola ha la sua ispirazione teorica più o meno riconosciuta, attra verso la quale cerca di accreditare una o più versioni teoriche e traduzio ni applicative del counseling, pur riconoscendo in generale a questa pra tica le sue prerogative di intervento di sostegno e facilitazione, che, come abbiamo cercato di testimoniare in questo contributo, sono ormai patri monio comune dei differenti approcci sia nella letteratura specializzata che nelle pratiche correnti a livello internazionale. La maggior parte dei corsi ha una durata triennale ed in alcuni è previ sto un quarto anno aggiuntivo di specializzazione. Le lezioni si tengono 91 4.1 Il counseling nei paesi anglosassoni 4.2 Formazione del counselor: stato dell’arte delle scuole e dei corsi di formazione nel nostro paese CAPITOLO 4 FORMAZIONE DEL COUNSELOR 4.2 Formazione del counselor: stato dell’arte delle scuole e dei corsi di formazione nel nostro paese generalmente nei weekend per andare incontro alle esigenze di coloro che durante la settimana svolgono la propria attività lavorativa. Tra le discipline e gli argomenti affrontati, è possibile riconoscere un “core” di discipline base comuni a quasi tutti i corsi quali psicologia gene rale, psicologia sociale, psicologia dinamica e psicologia dei gruppi. Ovviamente ogni scuola ha discipline e tematiche specifiche in relazione alla propria ispirazione teorica e alle proprie intenzioni formative. Per quanto riguarda i titoli rilasciati al termine dei corsi, non tutte le scuole nei propri programmi sono esaustive sull’argomento, spesso non si fa neppure menzione dell’esito del percorso formativo in termini di titolo o comunque riconoscimento acquisibile. L’Istituto Nazionale per il Counseling, la Società Italiana di Biosistemica, la Scuola di Psicosintesi e CoamaLidap rilasciano, previa stesura di una tesi e superamento di una prova finale, un “diploma di Counselor”, tito lo riconosciuto dalla SICo (Società Italiana Counseling). La Scuola di Counseling Orgonomico e la Scuola di Counseling Psicodi namico rilasciano un diploma di Counselor ma non è specificato se abbia un riconoscimento legale. La FENASPIC, Federazione Nazionale ASPIC rilascia il diploma di Counselor che consente l’iscrizione alla REICO (Registro Italiano dei Counselor) e al CNCP (Coordinamento Nazionale dei Counselors Profes sionisti). L’Università Cattolica del Sacro Cuore rilascia un certificato di specializ zazione postdiploma. Nel 2003 si è costituita la prima Università Popolare del Counselling (U.P. ASPIC), nata dall’esperienza dell’Associazione per lo Sviluppo Psi cologico dell’Individuo e della Comunità (ASPIC), orientata a sviluppare le funzioni ed il ruolo delle Università Popolari (nate in Italia verso la fine dell’800) e ad operare secondo i principi moderni del lifelong learning. L’U.P. ASPIC è associata alla Confederazione Nazionale delle Università Popolari – CNUPI ed è riconosciuta dal CNCP. 92 CAPITOLO 4 FORMAZIONE DEL COUNSELOR 4.2 Formazione del counselor: stato dell’arte delle scuole e dei corsi di formazione nel nostro paese Mappa delle principali scuole e corsi di counseling in Italia � ASPIC Scuola superiore europea di counseling professionale Master esperienziale “gestalt counseling” Obiettivi Acquisire abilità relazionali, sviluppare competenze tecniche, elaborare un proprio stile personale Destinatari Tutte le professioni sanitarie ed operatori frontline in contatto con il pubblico Tempi e metodologie Il corso base teoricopratico è biennale e si sviluppa in 300 ore. Il terzo anno prevede 100 ore di didattica teoricopratica e 50 ore di supervisio ne. Viene privilegiata una metodologia di insegnamento teoricoesperien ziale basato sul principio dell’apprendere attraverso l’osservazione e la pratica Ispirazione teorica Il quadro di riferimento teoricoapplicativo è basato sui principi dell’in dirizzo “fenomenologicoesistenziale” della Psicologia Umanistica che integra “l’Approccio NonDirettivo Centrato sulla Persona” (C. Rogers) e le tecniche espressive della “Gestalt” (F. Perls). Il corso prevede inoltre l’acquisizione di competenze in ProblemSolving e tecniche di sostegno per sviluppare le potenzialità cognitivoemozionali a livello personale ed interpersonale Alcuni argomenti del corso La psicologia umanistica esistenziale e il counseling La riformulazione. Tecnica base del counseling Empowerment e comunità Transfert e Controtransfert relazionale Il Counseling tra Salutogenesi e Patogenesi (DSM IV) L’approccio della Gestalt: radici storiche e sviluppi Body Mind Counseling 93 CAPITOLO 4 FORMAZIONE DEL COUNSELOR 4.2 Formazione del counselor: stato dell’arte delle scuole e dei corsi di formazione nel nostro paese Il counseling nei disturbi del comportamento alimentare PNL L’uso delle metafore e dei sogni nel counseling Aspetti giuridici, etici e deontologici dell’attività di counseling Il programma, essendo conforme agli standard europei, ed il titolo rico nosciuto anche in Europa, consente di iscriversi immediatamente alla REICO Registro Italiano dei Counselor e al CNCP (Coordinamento Nazionale dei Counselors Professionisti) 94 CAPITOLO 4 FORMAZIONE DEL COUNSELOR � ASPIC Master in Arte terapia e counseling espressivo Obiettivi Formare operatori in grado di progettare e di condurre atelier di artete rapia per utilizzare il medium artistico nel trattamento terapeutico Destinatari Insegnanti, educatori, operatori sociali e sanitari, artisti, studenti di psi cologia e chiunque abbia la sensibilità di intraprendere un percorso di crescita verso l’arte e la creatività Tempi e metodologie Il corso base teoricopratico biennale si sviluppa in 300 ore. Il terzo anno prevede 100 ore di didattica teoricopratica e 50 ore di supervisione. Gli incontri si svolgono un weekend al mese Ispirazione teorica L’arteterapia si inserisce nel modello delle Psicoterapie UmanisticoEsi stenziali e promuove un approccio integrato 95 4.2 Formazione del counselor: stato dell’arte delle scuole e dei corsi di formazione nel nostro paese CAPITOLO 4 FORMAZIONE DEL COUNSELOR 4.2 Formazione del counselor: stato dell’arte delle scuole e dei corsi di formazione nel nostro paese � ASPIC Master esperienziale in Counseling per l’età evolutiva Obiettivi Formare professionisti esperti sul piano psicologico, educativo e riabili tativo per agire efficacemente nei sistemi affettivorelazionali, soggettivi e familiari Destinatari Tutti coloro che interagiscono professionalmente con bambini, adolescen ti, giovani e famiglie, in contesti socioeducativi, sanitari, istituti scolasti ci e professionali Tempi e metodologie Il corso è triennale e prevede 450 ore teoricoesperienziali Alcuni argomenti del corso Teorie e tecniche di base del Counseling psicopedagogico integrato Approfondimento in tecniche psicoeducative, motivazionali e strategie abilitative di gruppo e di comunità Applicazioni professionali del Counseling in contesti specifici 96 CAPITOLO 4 FORMAZIONE DEL COUNSELOR � ASPIC Master in Counseling dei sistemi intimi e identità di genere Obiettivi Il master è finalizzato all’apprendimento dei principali aspetti che carat terizzano lo stile nelle relazioni intime nel ciclo di vita, gli schemi affetti vi e l’identità di genere Destinatari Tutte le professioni sociosanitarie, psicologi, consulenti di coppia e mediatori familiari Tempi e metodologie Il corso si svolge in tre fasi e prevede 450 ore teoricoesperienziali; il corso annuale ha l’obiettivo di formare operatori alle tecniche del Coun seling dei Sistemi Intimi e Identità di genere Alcuni argomenti del corso La sessualità nel ciclo di vita Sessualità e cultura: antropologia della coppia Identità sessuale e di genere: confronto e integrazione Applicazioni del Counseling nei sistemi intimi La formazione nei sistemi intimi per gli operatori dei servizi socioeduca tivi e socioassistenziali Workshop residenziali Attività collaterali obbligatorie (tirocinio e lavoro personale) 97 4.2 Formazione del counselor: stato dell’arte delle scuole e dei corsi di formazione nel nostro paese CAPITOLO 4 FORMAZIONE DEL COUNSELOR 4.2 Formazione del counselor: stato dell’arte delle scuole e dei corsi di formazione nel nostro paese � ASPIC Master di counseling aziendale Obiettivi Aumentare il benessere nei contesti lavorativi; agevolare la comunicazio ne, motivare al lavoro, migliorare la qualità e la produttività Destinatari Manager, responsabili del personale e della gestione delle risorse umane, gruppi di lavoro e singoli lavoratori che si trovino ad affrontare momen ti di cambiamento. Tempi e metodologie Il corso è triennale e prevede 450 ore teoricoesperienziali Alcuni argomenti del corso La comunicazione assertiva in azienda L’ascolto efficace Lo sviluppo della leadership La gestione delle riunioni La comunicazione nelle organizzazioni Career counseling 98 CAPITOLO 4 FORMAZIONE DEL COUNSELOR � ASPIC Corso introduttivo al counseling nella relazione di aiuto Obiettivi Migliorare le capacità di ascolto e di risposta supportiva ai propri inter locutori e offrire momenti di orientamento nella presa di decisioni varie Destinatari Operatori e professionisti di diversi ambiti di appartenenza che intendo no acquisire gli strumenti e le tecniche di base della prassi comunicativa del Counseling Tempi e metodologie 30% teoria e 70% pratica guidata Ispirazione teorica Il quadro di riferimento teorico applicativo è il Counseling non direttivo centrato sulla persona (Carl Rogers) con addestramento mediante eserci tazioni pratiche Alcuni argomenti del corso Principi teorici e teoria delle tecniche con un docente Addestramento pratico guidato in CUS Counseling individuale nel gruppo agevolato da un Trainer Il corso conferisce 45 Crediti E.C.M. 99 4.2 Formazione del counselor: stato dell’arte delle scuole e dei corsi di formazione nel nostro paese CAPITOLO 4 FORMAZIONE DEL COUNSELOR 4.2 Formazione del counselor: stato dell’arte delle scuole e dei corsi di formazione nel nostro paese � ASPIC Counseling del comportamento alimentare Obiettivi Promuovere atteggiamenti educativi e culturali aperti a nuove conoscen ze nel campo della nutrizione, apprendere strategie di sostegno e di riso luzione a problematiche correlate alla relazione “stressciboemozione corporeità” Destinatari Medici, nutrizionisti, psichiatri, psicologi Tempi e metodologie 30% teoria e 70% di pratica guidata. Una domenica al mese per 11 mesi Alcuni argomenti del corso Principi della nutrizione e aspetti biologici del comportamento alimentare Counseling rogersiano e tecniche espressive Approccio integrato nella prevenzione e trattamento dei disturbi del com portamento alimentare 100 CAPITOLO 4 FORMAZIONE DEL COUNSELOR � A.C. FISCHER Scuola di counseling psicodinamicorelazionalesociale Corso di counseling ad indirizzo psicodinamico Obiettivi Favorire l’evoluzione consapevole dell’essere umano mediante lo svilup po e l’integrazione delle capacità razionali, emotive, spirituali, espressi ve e comunicative Tempi e metodologie 800 ore distribuite in 3 anni, di cui 550 tra didattica, esercitazioni e supervisione, 100 ore di formazione in gruppo. 150 di tirocinio. Eventua le formazione individuale Ispirazione teorica Linee fondamentali di Freud, Jung, Adler, Bion, De Bono, Dryden, Rogers, Maslow, Sandler, e altri, oltre a testi specifici di filosofia, di sociologia e di Counseling Alcuni argomenti del corso Psicodinamica Psicologia generale Psicologia dello sviluppo Psicologia sociale Il significante nel counseling: attivazione dei processi psicodinamici Laboratorio psicodinamico creativo Counseling di gruppo Psicopatologia Psicologia cognitiva e comunicazione efficace 101 4.2 Formazione del counselor: stato dell’arte delle scuole e dei corsi di formazione nel nostro paese CAPITOLO 4 FORMAZIONE DEL COUNSELOR 4.2 Formazione del counselor: stato dell’arte delle scuole e dei corsi di formazione nel nostro paese � LABORATORIO DI RICERCA E SVILUPPO Istituto nazionale per il counseling Scuola triennale di counseling psicologico Obiettivi Trasferire approfondite competenze professionali nel campo della forma zione personale attraverso il counseling Destinatari Medici e psicologi iscritti ai rispettivi ordini Tempi e metodologie 450 ore complessive distribuite in 3 anni, ripartite in 57 giorni. Ispirazione teorica La totalità delle risorse scientifiche, sperimentali, di ricerca, teoriche, professionali, tecniche, pratiche ed esperienziali della psicologia Alcuni argomenti del corso Storia della psicologia, dello psicologo e del counselor Psicologia della personalità Gli stati di coscienza e la Formazione Personale Psicologia sociale Teoria della comunicazione ipnotica Il modello della Psicotecnica Campi applicativi del counseling psicotecnico 102 CAPITOLO 4 FORMAZIONE DEL COUNSELOR � LABORATORIO DI RICERCA E SVILUPPO Istituto nazionale per il counseling Scuola triennale in tecniche attive di counseling Obiettivi Trasferire approfondite competenze professionali nel campo della forma zione personale attraverso il counseling Destinatari Tutti coloro i quali hanno acquisito un diploma di scuola superiore, o qualsiasi tipo di laurea, e particolarmente ai professionisti della forma zione, della salute e della relazione d’aiuto Tempi e metodologie 450 ore complessive distribuite in 3 anni, ripartite in 57 giorni Ispirazione teorica La totalità delle risorse scientifiche, sperimentali, di ricerca, teoriche, professionali, tecniche, pratiche ed esperienziali della psicologia Alcuni argomenti del corso Storia della psicologia, dello psicologo e del counselor Psicologia della personalità Gli stati di coscienza e la Formazione Personale Psicologia sociale Teoria della comunicazione ipnotica Il modello della Psicotecnica Campi applicativi del counseling psicotecnico 103 4.2 Formazione del counselor: stato dell’arte delle scuole e dei corsi di formazione nel nostro paese CAPITOLO 4 FORMAZIONE DEL COUNSELOR 4.2 Formazione del counselor: stato dell’arte delle scuole e dei corsi di formazione nel nostro paese � SAHA Counseling del ciclo di vita Scuola triennale di formazione per una relazione d’aiuto nelle difficoltà del vivere quotidiano Obiettivi Attuare efficaci relazioni d’aiuto nei confronti di persone che esprimono un disagio esistenziale e/o relazionale, favorendone l’evoluzione in un’ot tica transpersonale; approcciarsi ai disagi psicologici ed esistenziali leg gendoli come situazioni derivanti dall’incapacità dell’uomo di entrare in contatto con quelle potenzialità che gli consentirebbero (dopo aver supe rato ma non negato il proprio Io) di accedere all’istanza superiore del Sé Tempi e metodologie 432 ore in 3 anni distribuite in 27 weekend Ispirazione teorica Si tratta una rete di modelli teorici e pratici, con l’eccezione dei gruppi di terapia che vengono proposti secondo l’insegnamento sistemicofenome nologico di Bert Hellinger, attraverso la tecnica della messa in scena delle Costellazioni Familiari. Da un lato, i modelli cui la Scuola fa riferimento provengono dagli insegnamenti di diverse tradizioni spirituali e dall’al tro, la si rifà al lavoro di A.H. Maslow, C. Rogers, a psicoterapeuti esper ti in terapie brevi come F. Alexander, ad appartenenti del filone della psi coterapia transpersonale o, meglio, della guarigione spirituale come R. Young Alcuni argomenti del corso Psicologia Generale Psicologia dell’età evolutiva Psicologia Dinamica Psicologia Sociale Counselling del Ciclo di Vita Teorie e Tecniche della Comunicazione Tecniche di Counselling Psicopatologia Filosofia e Antropologia Il Counselling Transculturale 104 CAPITOLO 4 FORMAZIONE DEL COUNSELOR � ACCADEMIA PER LA RIPROGRAMMAZIONE Corso di counseling della riprogrammazione esistenziale Obiettivi Aiutare le persone a valorizzare come elemento evolutivo le proprie situa zioni di stress, mediare in ambito aziendale, sociosanitario, scolastico e sociale, aiutare le persone nella tutela e nel mantenimento della propria salute attraverso strumenti naturopatici e bioenergetici Destinatari Tutti coloro in possesso di un diploma di scuola media superiore Tempi e metodologie 374 ore di formazione teoricopratica in 3 anni, 37 ore di percorso indi viduale Ispirazione teorica La riprogrammazione esistenziale Alcuni argomenti del corso Psicologia programmatica Principi del counseling Il concetto di riprogrammazione Procedura della riprogrammazione energetica Gli ambiti di applicazione della riprogrammazione Il ruolo delle medicine energetiche Principi di diritto 105 4.2 Formazione del counselor: stato dell’arte delle scuole e dei corsi di formazione nel nostro paese CAPITOLO 4 FORMAZIONE DEL COUNSELOR 4.2 Formazione del counselor: stato dell’arte delle scuole e dei corsi di formazione nel nostro paese � CSTG Centro studi di terapia della GESTALT Corso di counseling per insegnanti Obiettivi Potenziare l’abilità relazionale ed educativa, la flessibilità nel gestire le dinamiche di classe, le competenze per affrontare i soggetti in età evolu tiva Destinatari Insegnanti di ogni ordine e grado Tempi e metodologie 80 ore complessive in 10 moduli di 8 ore con scadenza mensile di esposi zioni teoriche, lavori di gruppo e supervisione di casi Ispirazione teorica Approccio umanisticogestaltico con integrazioni tratte dai modelli siste micorelazionale, cognitivocostruttivista e della Programmazione neuro linguistica (PNL) Alcuni argomenti del corso Fondamenti teorici ed epistemologici del counseling a orientamento gestaltico Principi di psicologia dell’età evolutiva e di psicologia dinamica La relazione Iomondo. Teoria della comunicazione e dei sistemi Lavoro sulla consapevolezza sensoriale, emozionale, cognitiva, relazionale Relazione io tu: tecniche di ascolto partecipe Tecniche di dinamica di gruppo 106 CAPITOLO 4 FORMAZIONE DEL COUNSELOR � COAMA LINDAP Counseling e orientamento all’automutuo aiuto Obiettivi Promuovere la cultura e la metodica della Relazione d’aiuto nei diversi contesti sociali e operativi attraverso la formazione di Counselor Destinatari Tutti coloro che desiderano acquisire strumenti efficaci nella relazione d’aiuto Tempi e metodologie 675 ore, strutturate in tre moduli formativi annuali, composti ognuno da 140 ore di didattica, comprese fra lezioni d’aula, esercitazioni, laborato ri esperienziali. 43 ore di tirocinio, ricerca e documentazione, pratica professionale supervisionata e 42 ore (minimo) di formazione personale, individuale e /o di gruppo Ispirazione teorica Filosofia e metodica pratica dell’automutuo aiuto; integrazine di tecniche di “Comunicazione Ecologica” con i tradizionali approcci al Counseling, legandosi ai tre principali orientamenti della psicologia contemporanea Alcuni argomenti del corso Orientamento all’auto mutuo aiuto L’intervento di counseling nelle dipendenze affettive Counseling e prevenzione del burnout Le parole dell’aiuto: teorie e tecniche del counseling sanitario Lo sport come valore: il counseling nella pratica sportiva Sopravvivere alla scuola: percorsi di riflessione 107 4.2 Formazione del counselor: stato dell’arte delle scuole e dei corsi di formazione nel nostro paese CAPITOLO 4 FORMAZIONE DEL COUNSELOR 4.2 Formazione del counselor: stato dell’arte delle scuole e dei corsi di formazione nel nostro paese � SCUOLA DI COUNSELING I.Fe.N. ad indirizzo ORGONOMICO Corso di counseling in orgonomia Obiettivi Acquisizione di una visione globale dell’uomo, che superi la vecchia dico tomia tra corpo e psiche, tra malattia organica e psicopatologia Tempi e metodologie 365 ore di lavoro in aula per 3 anni ed un percorso individuale di forma zione individuale pratica pari a 180 ore Ispirazione teorica L’orgonomia Alcuni argomenti del corso Psicologia generale Psicologia dell’età evolutiva Psicologia sociale Teoria e tecniche della comunicazione Orgonomia Diritto Psicologia dinamica Comunicazione energetica Somatopsicodinamica Analisi del carattere Psicologia della prevenzione 108 CAPITOLO 4 FORMAZIONE DEL COUNSELOR � SOCIETÀ ITALIANA DI BIOSISTEMICA Corso di counseling biosistemico Obiettivi Fornire ai partecipanti un panorama teorico e pratico circa la: • comunicazione interpersonale facciaafaccia; • comunicazione nel gruppo; • facilitazione di riunioni e colloqui; • sostegno empatico ed ascolto attivo nelle relazioni di aiuto; • gestione costruttiva dei conflitti e tecniche di problem solving; • automiglioramento, crescita personale, integrazione corpomente Destinatari Insegnanti, psicologi, formatori, operatori sociali, educatori, animatori; leaders e membri di organizzazioni che intendono curare la propria cre scita personale, le relazioni i famiglia e nel lavoro Tempi e metologie 445 ore in 3 anni, 10 weekend all’anno. Il corso privilegia l’apprendimen to attivo attraverso la simulazione di casi concreti (role playing) Ispirazione teorica La comunicazione ecologica e biosistemica 109 4.2 Formazione del counselor: stato dell’arte delle scuole e dei corsi di formazione nel nostro paese CAPITOLO 4 FORMAZIONE DEL COUNSELOR 4.2 Formazione del counselor: stato dell’arte delle scuole e dei corsi di formazione nel nostro paese � SCUOLA DI PSICOSINTESI Corso triennale di formazione in psicosintesi e counseling educativo Destinatari Educatori, insegnanti e laureati nel settore che sentono la necessità di ampliare la loro formazione, operatori nelle professioni di aiuto, medici, infermieri e terapeuti della riabilitazione, chi lavora nel campo della valorizzazione delle risorse umane, chi desidera intraprendere un per corso di crescita personale Tempi e metodologie 630 ore così suddivise: 120 ore di supervisione didattica, 430 ore di lezio ni in aula, incontri esperienziali, seminari, analisi personale in situazio ni di gruppo, psicosintesi interpersonale, dinamiche di gruppo, esami, 80 ore di sessioni integrative esami e tutoring Ispirazione teorica La psicosintesi Alcuni argomenti del corso Psicologia dello sviluppo e inconscio inferiore Inconscio Collettivo e Transpersonale Psicosintesi Fondamenti di counseling e relazione umana Counseling della coppia, famigliare e sociale Counseling psicosintetico 110 CAPITOLO 4 FORMAZIONE DEL COUNSELOR � UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE Sede di Brescia Esperto/a in tecniche di counseling scolastico e professionale Obiettivi Formare una figura professionale in grado di realizzare interventi di orientamento scolastico e professionale.fornire conoscenze teoriche e modalità operative inerenti l’attività dell’orientamento anche in base alla direttiva n. 487 del Ministero della Pubblica Istruzione ed alle novità in campo europeo che coinvolgono il soggetto nelle future scelte scolastiche e/o lavorative Destinatari Diplomati/e con età superiore ai 25 anni Tempi e metodologie Il corso è strutturato in 600 ore suddivise in teoria (120 ore), esercitazio ni pratiche (260 ore), tirocinio/stage (220 ore) 111 4.2 Formazione del counselor: stato dell’arte delle scuole e dei corsi di formazione nel nostro paese CAPITOLO 4 FORMAZIONE DEL COUNSELOR 4.2 Formazione del counselor: stato dell’arte delle scuole e dei corsi di formazione nel nostro paese � U.C. ASPIC Università Popolare del counselling Diploma di I e II livello di counselling I titoli riconosciuti sono i seguenti: 1. Qualifica di Counsellor: per l'ammissione: a) titolo di studio corrispondente almeno alla licenza di scuola supe riore b) attività formative con le seguenti caratteristiche: almeno 450 ore da espletare in non meno di due anni e comprensi ve di tirocinio alla fine del percorso; tra gli insegnamenti impartiti devono essere presenti: "elementi di etica e deontologia professio nale" e "fondamenti di psicologia" c) il Corso deve fare riferimento ad un modello di Counselling ricono sciuto dalla cultura nazionale o internazionale d) al termine del Corso deve essere prevista la verifica (prova pratica e tesina) 2. Qualifica di Counsellor professionista: a) per l'ammissione: qualifica di Counsellor b) attività formative, comprensive di tirocinio e supervisione per un totale di almeno 450 ore da espletare in non meno di un anno 3. Qualifica di Counsellor professionista avanzato: per l'ammissione: a) qualifica di Counsellor professionista b) attività formative per un totale di almeno 850 ore costituite in pre valenza da tirocini e attività supervisionata 4. Qualifica di Formatore in Counselling 112 CAPITOLO 4 FORMAZIONE DEL COUNSELOR Titoli e riconoscimenti Ente o scuola Corso Titolo Riconoscimento ASPIC Scuola superiore europea di counseling professionale Master esperienziale “Gestalt counseling” Counselor Il titolo conseguito è riconosciuto in Europa e consente di iscriversi alla REICO (Registro Italiano dei Counselor) e al CNCP (Coordinamento Nazionale Counselors Professionisti) Per tutte le professioni sanitarie: 45 crediti ECM ASPIC Scuola Superiore di Formazione in Counseling espressivo e arte terapia Master in arte terapia e counseling espressivo Counselor in arte terapia e counseling espressivo Riconoscimento con Standard EAC Iscrizione nel Registro Italiano di Counselor della REICO e CNCP ASPIC Università Popolare del Counseling Master di I e II livello in counseling professionale Counsellor Professionisti Counsellor Avanzato Riconoscimento con Standard EAC Iscrizione nel Registro Italiano di Counselor della REICO e CNCP ASPIC per la Scuola Master esperienziale in counseling professionale per l’età evolutiva Counselor Riconoscimento con Standard EAC Iscrizione nel Registro Italiano di Counselor della REICO e CNCP ASPIC Cooperativa Sociale di Solidarietà Master in counseling aziendale Counselor Riconoscimento con Standard EAC Iscrizione nel Registro Italiano di Counselor della REICO e CNCP ASPIC Cooperativa Sociale di Solidarietà Master in Counseling dei Sistemi Intimi e dell’Identità di genere Counselor Riconoscimento con Standard EAC Iscrizione nel Registro Italiano di Counselor della REICO e CNCP ASPIC Corso introduttivo al counseling nella relazione di auto Attestato Propedeutico al “Master Esperienziale Gestalt Counseling” segue 113 4.2 Formazione del counselor: stato dell’arte delle scuole e dei corsi di formazione nel nostro paese CAPITOLO 4 FORMAZIONE DEL COUNSELOR 4.2 Formazione del counselor: stato dell’arte delle scuole e dei corsi di formazione nel nostro paese Ente o scuola ASPIC Formazione Permanente Corso Master in counseling del comportamento alimentare Titolo Counselor Riconoscimento Riconoscimento con Standard EAC ed iscrizione REICO e CNCP Master in counseling di mediazione relazionale e familiare A.C. FISCHER Scuola di counseling psicodinamico relazionalesociale Corso di counseling ad indirizzo psicodinamico relazionalesociale “Counselor indirizzo psicodinamico relazionale” Laboratorio di ricerca e sviluppo istituto nazionale per il counseling Scuola triennale di counseling psicologico Laboratorio di ricerca e sviluppo Istituto nazionale per il Counseling Scuola triennale di tecniche attive di counseling SAHA Counseling del ciclo di vita Scuola triennale di formazione per una relazione di aiuto nelle difficoltà del vivere quotidiano Accademia per la riprogrammazione Counseling della riprogrammazione esistenziale CSTGcentro studi di terapia della Gestalt Counseling per insegnanti Scuola di counseling I.fe.n. ad indirizzo orgonomico Counseling in orgonomia Counselor in orgonomia CoamaLindap Counseling e orientamento all’automutuo aiuto Counselor Titolo riconosciuto dalla SICO e dalla EAC Società italiana di biosistemica Counseling biosistemico Counselor Titolo riconosciuto dalla SICO, che permette l’iscrizione all’albo professionale dei counselor Il titolo conseguito è riconosciuto dall’OPL (Ordine degli Psicologi della Lombardia) Counselor Il titolo conseguito è riconosciuto dalla S.I.Co. segue 114 CAPITOLO 4 FORMAZIONE DEL COUNSELOR Ente o scuola Corso Titolo Scuola di psicosintesi Counselor Corso triennale di formazione in psicosintesi counseling e counseling educativo Università Cattolica del sacro cuore sede di Brescia Esperto/a in tecniche di counseling scolastico e professionale Riconoscimento I corsi si adeguano al percorso di formazione richiesto dalla EAC (european association for counseling) e il titolo conseguito è riconosciuto dalla SICO Certificato di specializzazione postdiploma rilasciato dalla regione Lombardia 115 4.2 Formazione del counselor: stato dell’arte delle scuole e dei corsi di formazione nel nostro paese Appendici APPENDICE 1 GLOSSARIO GLOSSARIO Comportamentismo: È un orientamento della psicologia moderna che, nell’intento di dare alla psicologia uno statuto simile alle scienze esatte, circoscrive il campo della ricerca all’osservazione del comportamento, rifiutando ogni forma di introspezione che per sua natura sfugge alla verifica oggettiva. Rifiutato il metodo introspettivo, si adottano i concet ti di stimolo e reazione nonché le corrispondenti leggi che ne esprimono i rapporti causali. Per quanto concerne i modelli teorici, il comportamen tismo rifiuta la comprensione a favore della spiegazione. (Galimberti Dizionario di Psicologia, UTET) Meccanicismo: Concezione che ammette come unici parametri esplicati vi della realtà la materia e il movimento che, in quanto dimensioni quan tificabili e misurabili, sono suscettibili di calcolo matematico. Il meccani cismo si è espresso come concezione filosofica del mondo e come metodo d’indagine. In questa seconda accezione si assume la fisica come modello di tutte le scienze, anche quelle umane come la sociologia e la psicologia, a cui si chiede di tradurre in espressioni quantitative i risultati delle loro osservazioni. L’adozione di questo metodo ha emancipato la psicologia dai modelli di derivazione filosofica creando le premesse per la nascita della psicologia sperimentale. La concezione meccanicistica è caratteriz 119 APPENDICE 1 GLOSSARIO zata da riduzionismo (perché riconduce le varie manifestazioni fenomeni che ad un unico substrato che funge da principio esplicativo) e da deter minismo (perché rifiuta ogni ipotesi finalistica regolandosi esclusivamen te sul principio di causalità). (Galimberti Dizionario di Psicologia, UTET) Modelli di consulenza: Schein individua tre tipi di modelli di consulenza: modello dell’acquisizione di informazioni o competenze (expertise), model lo medicopaziente, modello della consulenza di processo. Nel primo modello il consulente propone al cliente una soluzione preconfezionata. Nel modello medicopaziente il consulente fa una diagnosi e propone una cura al cliente. Questi modelli si ispirano ad approcci meccanicisti e comportamentisti. La consulenza di processo, invece, è costituita da un insieme di attività, fornite dal consulente, che hanno lo scopo di aiutare il cliente a percepi re, capire e agire sugli eventi che si verificano nel suo ambiente. http://www.problemsetting.com/pages/consulenza.htm Io ausiliario: ha la funzione di recitare quelle parti di cui il cliente può aver bisogno per presentare adeguatamente la propria situazione, così da individuare le risorse e le capacità di cui può disporre. (Galimberti Dizionario di Psicologia, UTET) Terapia Razionale Emotiva (RET): La Terapia Razionale Emotiva (RET), è una terapia cognitivocomportamentale e si basa sull’idea che tanto le emozioni, quanto i comportamenti, siano il prodotto delle convin zioni di un individuo e della sua interpretazione della realtà (Ellis, 1962). La meta principale della RET consiste nell’assistere il paziente nell’iden tificazione dei suoi pensieri irrazionali e dei disturbi, aiutarlo a rimpiaz zare tali pensieri con altri più “razionali” o reali, che gli permettano di raggiungere con più efficacia obiettivi di tipo personale, quali essere feli ce, stabilire relazioni con altre persone, ecc… (Ellis e Dryden, 1987). La RET è stata fondata da Albert Ellis nel 1955, ma continuò a consolidarsi fino al 1962. Da un punto di vista fìlosofico, la RET si riallaccia a due correnti antiche: la filosofia orientale, con Buddha e Confucio, che affer ma “Cambia il tuo atteggiamento e potrai cambiare te stesso”, e quella dei filosofi greci e romani come Epicteto e Marco Aurelio (Vedi: Susuki, 1956 e Watts, 19591960, citati da ElIis, 1980), che evidenziarono l’importan za della filosofia individuale nel disturbo emozionale. Millenni fa hanno dato origine alla prospettiva cognitiva, enunciando così l’ABC della RET. Il quadro fìlosofìco della RET si basa principalmente sulla premessa che: 120 APPENDICE 1 GLOSSARIO “il disturbo emotivo non è creato dalle situazioni, ma dalle interpretazio ni di tali situazioni” (Epicteto, I sec. d.C, citato da Lega, 1995). In un’in tervista fattagli da Leonor Lega (1995), Ellis afferma quanto segue: “Il postulato che sostiene ‘non ci preoccupano le cose, ma la visione che abbiamo di esse’, è diventato la base di ciò che più tardi è stata la RET, come la descrivo nel mio libro Ragione ed Emozione in Psicoterapia. Sono stato anche influenzato da filosofi più recenti come Kant e dai suoi scritti sull’importanza delle idee, e da persone come Russel, dal quale è derivata l’idea di usare metodi empirici della scienza e della logica nella pratica della RET” (ElIis, 1989, citato da Lega, l995). Dal punto di vista psicologico Ellis è stato anche influenzato da Karen Horney, Alfred Adler, e da Watson. http://www.psicoterapie.org/37.htm Cibernetica: È una scienza iniziata da Norbert Wiener nel 1948 parten do da studi ed esperienze che riguardavano la messa a punto dei cannoni antiaerei e dei sistemi a tiro dell’aviazione militare americana. La ciber netica (che letteralmente significa «arte del pilotare») è stata definita dal proprio fondatore come «la scienza della comunicazione e del controllo nell’animale e nelle macchine» e si è interessata sin dall’inízio di servo meccanismi, cioè di sistemi di regolazione dove gli effetti agiscono sulle proprie cause (ad esempio un termostato). All’interno di questa scienza è stato sviluppato il concetto di feedback o retroazione. Esistono due tipi di retroazione (feedback): l. La retroazione negativa, che tende a minimizzare il cambiamento e a conservare la stabilità del sistema oggetto di studio della prima fase della cibernetica di primo ordine. 2. la retroazione positiva, che tende, al contrario, ad incrementare il cambiamento. Questa forma di retroazione è stata studiata particolar mente dalla seconda fase della cibernetica di primo ordine. La cibernetica si è sviluppata parallelamente alla teoria dei sistemi e i due approcci appaiono molto simili nell’importanza che danno allo studio dei sistemi nella loro totalità e nell’adozione di una prospettiva causale di tipo circolare. Pur essendo state mantenute distinte, queste teorie si dif ferenziano più per le competenze territoriali che per la sostanza. In entrambe il rapporto tra osservatore e fenomeno osservato viene messo in discussione. Mentre la cibernetica di primo ordine si era basata sull’assunto che un sistema può essere isolato e studiato nelle proprie capacità di mantenere (prima fase) o cambiare (seconda fase) la propria organizzazione, nella più recente cibernetica di secondo ordine introdotta dal fisico viennese 121 APPENDICE 1 GLOSSARIO Heinz von Foerster, l’osservatore stesso viene incluso nella realtà osser vata all’interno di un processo autoriflessivo complesso capace di auto organizzarsi. Il centro dell’interesse diventa proprio l’osservatore stesso che, con i propri pregiudizi, teorie e sensibilità, non può che descrivere la realtà solo dalla propria prospettiva. La cibernetica contemporanea, quindi, descrive l’universo dei fenomeni considerando l’osservatore come parte di esso. In questo senso la teoria dei sistemi e la cibernetica si avvicinano alle odierne posizioni del costruttivismo e dei teorici della complessità. (Trombini G., Baldoni F.: Psicosomatica Il Mulino) Psicologia Sistemica: Indirizzo psicologico sviluppatosi negli anni Cin quanta a Palo Alto in California a partire dalla teoria dei tipi logici di B. Russell, dalla teoria dei sistemi di L. von Bertalanffy e dalla teoria del doppio legame di G. Bateson. Muovendo dal concetto di base secondo cui tutto è comunicazione, anche l’apparente noncomunicazione, la psicolo gia sistemica ritiene di poter indagare il mondo psichico a partire dal sistema della comunicazione regolato dalle leggi della totalità per cui il mutamento di una parte genera il mutamento del tutto, della retroazione che prevede l’abbandono del concetto di causalità lineare per quello di circolarità dove ogni punto del sistema influenza ed è influenzato da ogni altro, e dall’equifinalità per cui ogni sistema è la miglior spiegazione di se stesso, perché i parametri del sistema prevalgono sulle condizioni da cui il sistema ha tratto origine. Detta psicologia ha come suo presupposto teo rico la teoria generale dei sistemi e come sua risultanza pratica la terapia sistemica o pragmatico relazionale. La psicologia sistemica rappresenta l’applicazione più rigorosa del modello cibernetico ai processi di comunicazione e alle relazioni interper sonali all’interno dei gruppi. (Galimberti Dizionario di Psicologia, UTET) Costruttivismo: Nella visione scientifica tradizionale la conoscenza e la realtà sono legate da un rapporto preciso di corrispondenza che di per sé non deve essere giustificato: quello che viene dimostrato è vero e coinci de con la realtà. Negli ultimi decenni la visione costruttívista [Bateson 1979; Maturana e Varela 1980; von Foerster 1982; von Glaserfeld 1985] ha demolito questa certezza sostenendo che la conoscenza del mondo esterno è attivamente costruita dall’individuo. Quello che riteniamo vero deriva da processi di costruzione, piuttosto che da una rappresentazione della realtà attraverso informazioni provenienti dai sensi. Le descrizioni e le teorie sono vere le une quanto le altre, anche se la loro utilità può 122 APPENDICE 1 GLOSSARIO essere differente da situazione a situazione. L’ideale di una conoscenza scientifica autentica e univoca viene quindi abbandonato [Casonato 1991; Boscolo e Bertrando 1996]. In questa prospettiva Humberto Maturana e Francisco Varela [1980] descrivono l’essere vivente come un organismo autonomo, un sistema «autopoietico» (che si genera da sé) capace di creare e organizzare la pro pria struttura in un processo di autoorganizzazione (determinismo strut turale). Gli organismi che interagiscono non si scambiano «informazio ni», come nel modello cognitivista, ma accoppiano le loro strutture man tenendo la capacità di organizzarsi in modo autonomo (chiusura organiz zazionale). Le interazioni sono concepite più come «perturbazioni» che come input. L’uomo non è più solo un elaboratore di stimoli o di dati, ma diventa un’entità attiva con proprie regole, obiettivi e progetti. Le idee costruttiviste hanno avuto una grande influenza sulla psicologia contemporanea. Una delle conseguenze più importanti è un forte ridi mensionamento di ogni aspettativa di onnipotenza terapeutica. Emerge un’immagine del professionista che, agendo da perturbatore, può al mas simo facilitare processi di miglioramento nel cliente, ma non determinar li né tantomeno controllarli. Ogni miglioramento sarà infatti in funzione della capacità di organizzazione e del potenziale di cambiamento del sin golo individuo. (Trombini G., Baldoni F.: Psicosomatica Il Mulino) Scienza della complessità: Nella visione scientifica classica, che ha le proprie origini nella filosofia cartesiana, la natura viene descritta come una serie di eventi legati tra di loro da una catena lineare di cause ed effetti. Il modello scientifico di riferimento è quello della fisica. In questa visione meccanicistica e deterministica l’analisi dei dati porta alla scom posizione della realtà osservata in elementi semplici. Dalla semplicità di questi elementi deriva la garanzia di verità. Ogni oggetto di conoscenza deve perciò essere scomposto e ridotto in parti semplici e misurabili. Si semplifica il mondo per meglio conoscerlo e dominarlo. La semplicità diventa un criterio con il quale si scelgono le teorie. Quello fisico è rimasto il modello scientifico per eccellenza fino alla fine dell’800. Nel corso del 900, prima con lo sviluppo della termodinamica, poi con la formulazione delle teorie relativiste, la fisica perde la sua sem plicità. La semplicità diviene solo un aspetto della complessità, e più la complessità aumenta, come nel caso dell’organismo umano, meno possibi lità si hanno di sviluppare delle ipotesi semplici che abbiano significato. La scienza della complessità suggerisce una nuova prospettiva di com prensione. 123 APPENDICE 1 GLOSSARIO A questa visione fa capo una corrente alla quale aderiscono studiosi e pensatori provenienti dai campi più disparati, come il sociologo, antropo logo ed epístemologo francese Edgar Morin [1977; 1982; 1985], il medico e biofisico algerino Henri Atlan [1979], il fisico viennese Heinz von Foer ster [1982] (esponente della nuova cibernetica), i neurofisiologi cileni Humberto Maturana e Francisco Varela [1980] (costruttivisti), il chimico Ilya Prígogíne [1985] (premio Nobel nel 1977 e fondatore della termodi namica dei sistemi in non equilibrio), 1’evoluzionista Ervin Laszlo [1985] e i filosofi epistemologi italiani Gíanluca Bocchi e Mauro Ceruti [1985]. Ma cosa si intende per complessità? Il termine complexus é participio passato del verbo latino complector che significa intrecciare, abbracciare, comprendere, tenere assieme. Questo rimanda ai concetti di relazione e di organizzazione. Secondo Edgar Morin [1982] i fenomeni complessi hanno determinate caratteristiche: l. Per avvicinarsi ad essi senza snaturarli con semplificazioni arbitrarie è necessario studiarli nel proprio ambiente. 2. Una seconda caratteristica dei fenomeni complessi è che dipendono sempre dal loro osservatore. Come indicato dal costruttivismo, ciò che noi ci rappresentiamo del mondo dipende sempre dal nostro punto di vista. 3. Ogni fenomeno complesso, inoltre, è per sua natura organizzato, quin di assume le caratteristiche di un sistema. Secondo la scienza della complessità il modo più utile per comprendere il mondo è attraverso una «rete di teorie», che ci permetta di collocarci, secondo i casi, all’interno di un punto di vista o tra un punto di vista e un altro, quando questo risulta utile. (Trombini G., Baldoni F.: Psicosomatica Il Mulino) Olismo: Teoria secondo la quale l’organismo biologico, come quello sociale, è qualcosa di più della semplice somma delle sue parti la cui giu stapposizione non riproduce il tutto. Dal punto di vista psicologico gli ambiti disciplinari in cui il concetto di olismo è adottato sono: a) la psicologia della forma dove, come dice M. Wertheimer, «ciò che avviene a livello globale non è deducibile dalle proprietà dei singoli elementi né dal modo con cui questi si articolano reciprocamente, ma al contrario sono le leggi strutturali dell’unità globale che determina no la fenomenologia delle singole parti» (1940); b) la psicologia sistemica, che con il concetto di totalità ha superato la concezione atomistica nello studio dei fenomeni psichici, la concezione causale precedentemente adottata per la loro interpretazione, e i dua 124 APPENDICE 1 GLOSSARIO lismi di origine cartesiana che non consentivano di oltrepassare le dicotomie che generavano; c) la psicologia analitica di C. G. Jung, per il quale il concetto di salute psichica coincide con «l’attuazione e il dispiegarsi dell’originaria tota lità potenziale, dove i simboli che l’inconscio adopera a questo scopo sono gli stessi che l’umanità ha sempre usato per esprimere totalità» (19171943), dove per totalità Jung intende la relazione dinamica tra coppie di opposti; d) alcuni indirizzi delle teorie della personalità che fanno capo a K. Gold stein per il quale la «legge del tutto governa il funzionamento delle parti» (1939), A. Angyal la cui concezione olistica mette capo al con cetto di «biosfera», A.H. Maslow e P. Lecky, che individuano il tratto di fondo della personalità nella capacità di mantenere un’organizza zione unificante; e) la teoria del campo di K. Lewin, per il quale «i vettori che determina no la dinamica di un evento non possono essere definiti che in funzio ne della totalità concreta che comprende, nel contempo, l’oggetto e la situazione» (1977). (Galimberti Dizionario di Psicologia, UTET) Funzionalismo: In psicologia il termine si riferisce a quell’indirizzo inau gurato da W. James e da J. Dewey che, in opposizione all’indirizzo ele mentarista e introspezionista di W. Wundt, interpreta i fenomeni psichi ci non come strutture, ma come funzioni attraverso cui l’organismo si adatta all’ambiente. I principi del funzionalismo sono: 1. L’evoluzionismo di Ch. Darwin, che consente di superare il dualismo somapsiche, e di interpretare la psiche come un’ulteriore funzione di cui sono forniti gli organismi superiori per meglio adattarsi all’ambien te, per cui, ad esempio, la coscienza compare ogni volta che il compor tamento automatico trova ostacoli che pongono problemi la cui soluzio ne non è contenuta nel repertorio automatico, ma è necessaria per la sopravvivenza. Una volta compiuta la sua funzione adattiva, la coscien za si eclissa, lasciando nuovi automatismi che essa ha instaurato. 2. L’olismo. Sul piano epistemologico l’osservazione dei fenomeni psichi ci non deve avvenire in base alla parcellizzazione degli elementi che li compongono, perché la totalità individuoambiente è più esplicativa dell’analisi delle singole parti considerate indipendentemente dalle loro funzioni complessive. In questo modo il funzionalismo anticipa la psicologia della forma e non condivide l’approccio comportamentista che spiega l’adattamento sulla base della separazione concettuale di stimolo e risposta. 125 APPENDICE 1 GLOSSARIO 3. L’utilitarismo. Non ci si deve chiedere “che cosa sono i processi men tali” e tanto meno come si possono conoscere introspettivamente, per ché la domanda funzionale è “a che cosa servono globalmente e come funzionano”. (Galimberti Dizionario di Psicologia, UTET) 126 APPENDICE 2 THE PROFESSIONAL COUNSELOR Tratto da Dennis W.Engels e Associati THE PROFESSIONAL COUNSELOR Portfolio, Competenze, Lineeguida all’azione e Assessment Caratteristiche personali e identità professionale Definizione degli obiettivi Il counselor professionista è fortemente impegnato nella professione di counseling e possiede caratteristiche personali che gli/le permettono di stabilire e mantenere una relazione terapeutica responsabile ed etica che aiuti e faciliti la crescita del cliente. 127 APPENDICE 2 THE PROFESSIONAL COUNSELOR COMPETENZE LINEEGUIDA DI AZIONE Il counselor è un esperto professionista capace di Il counselor fornisce prove evidenti delle proprie competenze attraverso la dimostrazione dell’abilità di 1. Dimostrare impegno per il benessere degli altri 1.1 Mettere da parte le questioni personali durante le sedute di counseling e focalizzarsi esclusivamente sul cliente. 1.2 Comunicare in maniera verbale e nonverbale un sincero interesse nel voler prendersi cura degli altri. 1.3 Esprimere sin dall’inizio l’intenzione di aiutare i clienti e di impegnarsi ad agire al meglio per il loro interesse. 1.4 Riconoscere che alcuni problemi che portano i clienti al counseling sono già risolti e altri sono da chiarire. 2. Essere sensibile verso gli altri 3. Empatizzare 4. Rispetto dell’individualità 2.1 Spiegare come differenze (per es. culturali, d’età, sessuali, di colore, di orientamento sessuale o di status socioeconomico) possono influenzare le percezioni del cliente riguardo il processo di counseling. 2.2 Mostrare consapevolezza dell’esistenza nel cliente di un ampio range di sentimenti, pensieri, valutazioni e atteggiamenti. 2.3 Identificare e rispettare le aspettative dei clienti, dei colleghi e dei supervisori. 3.1 Trasmettere una comprensione circa la visione del mondo così come esso è percepito dal cliente. 3.2 Formulare una risposta verbale che rifletta accuratamente e concisamente il contenuto e il sentimento espresso in ogni messaggio verbale e non verbale del cliente. 3.3 Evitare critiche imbarazzanti e distruttive, e passive ostilità nelle interazioni con i clienti. 3.4 Dimostrare ed esprimere un atteggiamento cordiale e premuroso verso i clienti. 4.1 Riconoscere e dimostrare di saper accettare le differenze tra i soggettivi punti di vista del counselor e del cliente. 4.2 Sempre, cercare di rimanere oggettivi verso le opinioni, i comportamenti, i valori e le reazioni emotive dei clienti che differiscono da quelli del counselor. 4.3 Evitare atteggiamenti di pregiudizio e opinioni stereotipate riguardo i clienti e non imporre mai valori personali al cliente. 4.4 Rendersi conto come i valori personali possono influenzare le reazioni del counselor. 4.5 Creare le condizioni consone affinché i clienti possano esprimere loro stessi apertamente, senza il timore di essere giudicati o criticati. segue 128 APPENDICE 2 THE PROFESSIONAL COUNSELOR COMPETENZE LINEEGUIDA DI AZIONE 4.6 Offrire servizi di counseling eticamente affidabili a tutti i clienti senza differenza di genere, età, colore della pelle, etnia, orientamento sessuale o stato socio economico. 5. Credere nelle potenzialità positive delle persone 6. Mantenere una buona salute mentale 7. Concettualizzare sistematicamente il comportamento umano e il processo di cambiamento 5.1 Comunicare verbalmente e con il proprio comportamento il proprio rispetto per il cliente, meritevole e responsabile. 5.2 Comunicare speranza: esprimere la propria fiducia nelle capacità del cliente di districare e risolvere i problemi, di gestire la propria vita e di crescere. 5.3 Dare molta importanza agli interessi del cliente. 6.1 Esprimere una chiara comprensione per i bisogni personali, i valori, i punti di forza, le aree da sviluppare, i sentimenti e le motivazioni che possono interferire con l’attività del counselor. 6.2 Sperimentare se stesso come una persona capace di sviluppo continuo, di mantenere la propria identità e la propria autosufficienza. 6.3 Rendersi conto dell’esistenza di eventuali aspettative irrealistiche nutrite da se stesso o dai clienti. 6.4 Sviluppare coscienza delle questioni personali irrisolte e del potenziale impatto sul cliente delle sedute di counseling. 6.5 Essere mentalmente preparato ad affrontare la realtà che il cliente non sia sempre ben disposto verso il proprio counselor. 6.6 Avere la maturità mentale e il coraggio di aiutare i clienti ad affrontare questioni dolorose, delicate e difficili. 7.1 Offrire un counseling ai clienti usando metodi diretti ed indiretti di indagine, passando da una conversazione casuale ad un assessment diagnostico strutturato, riconoscendo sempre le differenze culturali di ogni cliente. 7.2 Applicare i costrutti terapeutici teorici per aiutare a determinare il significato dei problemi umani specifici. 7.3 Utilizzare la conoscenza del comportamento umano e le teorie del counseling per stabilire gli obiettivi di un intervento appropriato e una modalità di trattamento specifica. 7.4 Modificare la natura degli interventi e le tecniche in base all’efficacia, al bisogni dei clienti e alla loro cultura. segue 129 APPENDICE 2 THE PROFESSIONAL COUNSELOR COMPETENZE LINEEGUIDA DI AZIONE 8. Facilitare negli altri lo sviluppo personale 8.1 Riconoscere appropriati livelli di responsabilità del counselor e del cliente nel processo di counseling e rico noscerli in maniera responsabile. 8.2 Facilitare l’espressione del cliente e l’auto esplorazione. 8.3 Dimostrare una comprensione genuina e non inquisitoria delle decisioni del cliente. 8.4 Dimostrare di credere nelle capacità del cliente di ragionare, di provare sentimenti o di agire in maniera differente dal passato. 8.5 Rispondere in maniera terapeutica e con immediatezza alle questioni importanti man mano che si presentano durante le sedute di counseling. 8.6 Aiutare i clienti nella presa di coscienza di come essi sono stati condizionati o come essi si sono sottoposti da soli a restrizioni nel passato e presentare possibili alternative per il presente e per il futuro. 8.7 Incoraggiare in maniera verbale e non verbale i clienti a scegliere comportamenti costruttivi e scoraggiarli a scegliere comportamenti distruttivi. 8.8 Supportare gli sforzi dei clienti di reagire e di cambiare, confrontare in maniera sincera le discrepanze, in maniera appropriata ad ogni persona. 8.9 Identificare verbalmente i progressi di cambiamento e integrarli in un progetto complessivo o in una parte del processo di counseling. 8.10 Considerare intelligenti i clienti che si trovano nel processo di counseling tanto quanto quelli che vorrebbero esserlo. 8.11 Affiancarsi al cliente nella valutazione dei progressi effettuati stabilendo insieme gli obiettivi del counseling. 8.12 Comprendere che lo sviluppo personale del cliente non è sempre visibile e può manifestarsi dopo che il counseling si è concluso. 8.13 Aiutare i clienti a considerare le proprie esperienze e i propri problemi attraverso il processo di counseling come un’opportunità di crescita e di cambiamento. 9. Avere un alto livello di tolleranza per lo stress e la frustrazione 9.1 Mantenere la padronanza di sé anche durante i periodi di stress e di disagio sia personali che del cliente. 9.2 Dimostrare calma e coraggio anche in circostanze difficoltose. 9.3 Stare attenti ed evitare conflitti di potere con il cliente durante il counseling. 9.4 Essere pazienti con ogni cliente poiché ognuno ha i suoi tempi piuttosto che tentare di affrettare o forzare il cambiamento. segue 130 APPENDICE 2 THE PROFESSIONAL COUNSELOR COMPETENZE LINEEGUIDA DI AZIONE 10. Rispettare la libertà di scelta 10.1 Utilizzare il processo di counseling per accrescere la libertà del cliente in una maniera che sia culturalmente appropriata. 10.2 Comunicare verbalmente e non verbalmente al cliente il modo in cui si impegna a prendersi cura dei valori ma anche ma anche mettere in rilievo gli aspetti negativi da trattare come i comportamenti e i pensieri di frustrazione. 10.3 Riconoscere e superare le situazioni in cui i valori del cliente entrano in conflitto con i valori del counselor. 11. Comunicare efficacemente 11.1 Comunicare con i clienti in maniera specifica e concreta, tanto quanto in termini generali e astratti. 11.2 Comunicare in uno stile compatibile con lo stile di comunicazione del cliente, con il suo livello di sviluppo e con il suo background culturale. 11.3 Comunicare apertamente un’ampia tipologia di esperienze affettive, da una genuina rabbia ad una spontanea tenerezza e cura. 11.4 Comunicare chiaramente e in maniera culturalmente appropriata le idee e i concetti rilevanti per il processo di counseling in modo da promuovere il raggiungimento degli obiettivi terapeutici. 11.5 Dimostrare congruenza tra la forma verbale e non verbale di comunicazione. 11.6 Riconoscere come la cultura del cliente può influenzare lo stile di comunicazione del cliente durante il processo di counseling. 11.7 Utilizzare le fantasie del cliente, le metafore e la sua immaginazione per rafforzare la relazione di counseling. 11.8 Utilizzare l’umorismo quando è terapeuticamente appropriato. 11.9 Comunicare con i clienti in maniera da infondergli fiducia e speranza nel proprio percorso di crescita. 11.10 Apportare spontaneamente o creare insieme interventi culturalmente appropriati coerenti con l’orientamento teorico del counselor e i bisogni del cliente. 11.11 Assumersi la responsabilità dei rischi in maniera terapeuticamente appropriata. 12. Rimanere professionalmente competente 12.1 Comprendere le capacità e i limiti personali e professionali. 12.2 Praticare l’autodisciplina. 12.3 Gestire in maniera efficace le risorse personali, come le conoscenze, le abilità, l’energia, il benessere e il tempo. segue 131 APPENDICE 2 THE PROFESSIONAL COUNSELOR COMPETENZE LINEEGUIDA DI AZIONE 13. Mantenere una buona forma fisica 12.4 Comunicare ed interagire con gli altri in una maniera appropriatamente assertiva che dimostri consapevolezza emotiva, controllo emotivo e mutuo rispetto. 12.5 Lavorare come il giocatore di una squadra in cooperazione con colleghi professionisti e para professionisti. 12.6 Specificare i requisiti personali e professionali e offrire solo quei servizi per i quali il counselor è qualificato. 12.7 Aiutare i clienti a comprendere la natura della relazione di counseling affinché il cliente i limiti dei servizi offerti. 12.8 Mantenere l’oggettività ed evitare di essere coinvolto completamente dai problemi del cliente durante e dopo il counseling. 12.9 Ammettere gli errori di comprensione, gli sbagli e i limiti così come i colpi di genio, i successi e il potenziale. 12.10 Reindirizzare ad altri, se necessario i clienti in maniera adeguata, sulla base della consapevolezza delle specialità, delle abilità e dei servizi di aiuto di altri professionisti nella comunità. 12.11 Comunicare che il cliente sarà assistito nella ricerca di appropriate risorse di aiuto se saranno superati i limiti personali o istituzionali. 14. Impegnarsi nello sviluppo professionale 13.1 Riconoscere l’importanza di una dieta salutare con regole alimentari stabili. 13.2 Fare esercizio fisico regolarmente. 13.3 Sottoporsi annualmente ad un checkup medico. 13.4 Riconoscere il legame tra la salute fisica e quella mentale. 14.1 Perseguire una continua formazione per venire incontro al meglio ai requisiti necessari alla figura del counselor (es., partecipare a conferenze e workshops, tenersi aggiornato sulla letteratura professionale e sottoporsi periodicamente alla valutazione di un supervisore). 14.2 Ricevere ed utilizzare adeguatamente feedback, sia positivi che negativi, provenienti dai clienti, dai supervisori e dai colleghi. 14.3 Tenersi aggiornati circa i cambiamenti sociali, legali ed economici che avvengono durante il processo di counseling. 14.4 Rivedere le credenze preesistenti alla luce di nuove informazioni. segue 132 APPENDICE 2 THE PROFESSIONAL COUNSELOR COMPETENZE LINEEGUIDA DI AZIONE 15. Mantenere un’identità professionale come counselor 15.1 Essere membri attivi nelle organizzazioni professionali (es., ACA o altre organizzazioni nelle aree di questa specializzazione). 15.2 Comprendere e dare valore alla storia della professione del counseling. 15.3 Stare attenti circa importanti appuntamenti, eventi e tutto ciò che riguarda il counseling professionale. 15.4 Comprendere il ruolo professionale e l’identità del counselor in congiunzione con altre professioni che si occupano del benessere mentale. 15.5 Conoscere le varie forme di credenziali e la loro funzione della professione del counselor. 15.6 Associarsi all’ACA e ad altre organizzazioni di counseling per sostenere la professione. 15.7 Portare avanti una continua formazione per meglio venire incontro ai clienti (es., partecipare a conferenze e workshops, tenersi aggiornato sulla letteratura professionale e sottoporsi periodicamente alla valutazione di supervisore). 16. Impegnarsi a seguire un modello etico professionale 16.1 Dimostrare una conoscenza precisa degli standard etici delle organizzazioni professionali e delle credenziali richieste dalle associazioni. 16.2 Prendere in esame i principi etici personali per risolvere ogni conflitto con gli standard etici professionali. 16.3 Comportarsi in maniera conforme agli standard etici professionali. 16.4 Istruire i colleghi, gli amministratori e i clienti circa gli standard etici professionali del counselor. 16.5 Avere familiarità con e avere rispetto verso gli standard etici dei colleghi che rappresentano altre professioni diverse dal counseling. 16.6 Conoscere le modalità appropriate per rivolgersi a chi di dovere e riportare le violazioni degli standard etici. 133 APPENDICE 3 LA DIMENSIONE EUROPEA DELLE COMPETENZE LA DIMENSIONE EUROPEA DELLE COMPETENZE E DELLE PROFESSIONI L’European Qualification Framework La costruzione dell’Europa delle professioni e delle competenze, avviata nell’ultimo decennio, si trova oggi ad affrontare alcune problematiche chiave richiamate dal Consiglio di Lisbona del 2000 e approfondite dal processo di cooperazione europeo (BrugesCopenhagen, 2002, Maastri cht, 2005). Le questioni principali sono connesse alla costituzione di un quadro di riferimento comune sulle qualifiche e le certificazioni, noto come Euro pean Qualification Framework (EQF), alla definizione di strumenti comuni (il portafoglio delle competenze Europass; un sistema di crediti formativi; le Key competences; ecc.), la adozione di nuovi e importanti principi (ad es. quelli riguardanti la validazione dell’apprendimento non formale ed informale, la qualità, ecc.). Gli obiettivi riguardano essenzialmente: • rafforzare l’efficienza e lavorare sui processi di riconoscimento per la formazione e l’istruzione in Europa; • promuovere la cooperazione tra organizzazioni e autorità responsabi li in funzione di una maggiore comparabilità relativa alla certificazio ne ed alla qualità; 135 APPENDICE 3 LA DIMENSIONE EUROPEA DELLE COMPETENZE • promuovere la trasparenza delle informazioni per le opportunità di formazione e istruzione in vista della creazione di un’area europea per l’istruzione; • sviluppare una dimensione europea dell’apprendimento, della forma zione e del lavoro. Nel marzo del 2004 a Dublino si è delineata la prospettiva di una meta struttura europea delle qualifiche EQF. L’EQF è visto come un meccanismo in grado di facilitare l’effettivo fun zionamento del mercato del lavoro europeo, nazionale e settoriale, costituendo un comune riferimento per il riconoscimento sia del siste ma VET (sistema educativo e formativo) che quello dell’Istruzione Superiore. Tale struttura11 non rappresenterebbe una duplicazione a livello europeo dei sistemi nazionali di qualifiche; piuttosto, essa dovrebbe essere compa tibile e complementare con quelle già esistenti, andando ad integrare le esperienze di quei Paesi che hanno già sistemi nazionali. La sua applica zione sarà volontaria e non implicherà nessun obbligo legale per gli Stati membri. Dovrebbe infatti: • aiutare i cittadini ad orientarsi tra le complessità dei sistemi naziona li della formazione e dell’istruzione per supportare il percorso lungo tutto l’arco della vita; • permettere agli operatori politici e alle istituzioni di comparare i pro pri sistemi; • facilitare la mobilità all’interno di un mercato del lavoro europeo effi ciente; • supportare gli sforzi per sviluppare qualifiche europee e internaziona li a livello settoriale; • facilitare il riconoscimento delle qualifiche dei Paesi terzi, e soprattutto: • stimolare e guidare riforme e sviluppo di nuovi sistemi nazionali di qualificazione. In questa ottica viene visto lo sviluppo dei Livelli Comuni di Riferimento. I cittadini dovrebbero essere in grado di comprendere i risultati formati vi acquisiti in differenti contesti e sistemi all’interno di una serie di “livel li comuni di riferimento” che dovrebbero supportare queste esigenze. 11 Documento bre 2005. 136 della Commissione europea di consultazione sulla proposta dell’EQF, otto APPENDICE 3 LA DIMENSIONE EUROPEA DELLE COMPETENZE Assieme all’introduzione del portafoglio Europass sulla trasparenza12, una meta struttura (EQF) fondata sui livelli di riferimento comuni rap presenterebbe, infatti, un passo importante sul versante della leggibilità e del “riconoscimento” delle competenze, dei crediti e delle qualificazio ni ottenute. La struttura dell’EQF dovrebbe essere così strutturata: • un nucleo centrale costituito da otto livelli comuni di riferimento, defi niti in base a competenze e a qualifiche formali a partire dalla scuola secondaria, e a competenze acquisite attraverso la combinazione del l’apprendimento formale/nonformale/informale; • una gamma di principi comuni concordati a livello europeo sulla qua lità del sistema VET, sulla validazione dell’apprendimento nonfor male e informale, che punti alla realizzazione del riconoscimento reci proco13; • una serie di strumenti di trasparenza (portafoglio Europass), e lo svi luppo del sistema di trasferimento crediti, compatibili per l’istruzione e la formazione ECVET. Il processo di consultazione tra gli stati si è concluso nel dicembre 2006 ed una proposta formale dell’EQF dovrebbe essere presentata entro dicembre. L’effettiva realizzazione dell’EQF potrebbe essere nel 2007. Il dibattito avviato, nel corso del 2005, intorno alla questione della costruzione dell’EQF, ha prodotto un intenso lavoro di ricerca e di studio a livello internazionale tra cui l’attività di studio dell’OCSE14, i cui risul tati portano a consolidare l’ipotesi che un sistema di riconoscimento delle competenze e dei crediti, definito in primo luogo a livello nazionale e com parato con il framework europeo, sia un prerequisito importante nella direzione degli obiettivi al 2010 fissati dal Summit di Lisbona. Un sistema nazionale, secondo l’OCSE, dovrebbe avere alla base un con cetto di qualificazione così caratterizzato: • centrato su un unico set di criteri; • classificato secondo una gerarchia di livelli formativi; • classificato in termini di un unico insieme di campi/aree professionali; 12 Decisione 2241/2004/EC, pubblicata nella GUCE L 390 del 31.12.2005. del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio relative ai principi comuni europei concernenti l'individuazione e la convalida dell'a rendimento non formale ed informale, Consiglio Europeo 18 maggio 2004, 9175/04 EDUC 101 SOC 220. 14 Il Ruolo dei Sistemi Nazionali di Qualifiche nella Promozione del Lifelong Learning,, rapporto OCSE luglio 2004. 13 Draft 137 APPENDICE 3 LA DIMENSIONE EUROPEA DELLE COMPETENZE • descritto attraverso i risultati dell’apprendimento (learning outco mes), espressi indipendentemente dai luoghi, istituzioni e curricula; • definito in termini di elementi, riferiti ad unità capitalizzabili o unità di competenza a cui far corrispondere i crediti formativi15. Attualmente, nonostante il processo di cooperazione avviato a livello europeo, non tutti i sistemi nazionali adottano l’insieme di tali criteri, ma questo confronto comunitario ed internazionale sta promuovendo un progressivo, se pur lento, cambiamento dei sistemi e dei parametri di rife rimento per la definizione degli standard presenti nei vari paesi (modula rità, personalizzazione, trasparenza delle competenze, ecc). Tra gli obiettivi dello studio dell’OCSE, condotto tra il 2002 e il 2004 vi è quello di entrare nel merito di alcuni meccanismi essenziali che potreb bero orientare le policy nazionali al fine di favorire un equilibrio tra esi genze di definizione di standard, loro flessibilità rispetto ai diversi target di popolazione, personalizzazione rispetto a quelle utenze più svantaggia te in termini di qualificazione, età, fruibilità e accesso all’apprendimen to lungo tutto l’arco della vita. I meccanismi fondamentali che lo studio dell’OCSE individua come importanti fattori nella definizione degli standard riguardano: • La fruibilità e la personalizzazione dell’apprendimento Questo tipo di meccanismo, presente in molti Paesi, consiste nella pos sibilità di muoversi all’interno di un quadro nazionale di qualificazio ne, enfatizzando il ruolo individuale di scelta, di motivazione, di pos sibilità di costruire percorsi formativi e professionali intersettoriali, attraverso un’offerta formativa differenziata. • L’urgenza di costruzione di sistemi per il lifelong learning Molti Paesi hanno sottolineato la necessità di un più forte legame tra l’apprendimento nelle diverse fasi della vita e i framework nazionali di qualificazione, con l’opportunità di integrare i percorsi formali, non formali e informali per ottenere titoli e certificazioni riconosciute. Alla base viene richiamata una visione dinamica e flessibile dei sistemi di istruzione e formazione. • La progressività dei sistemi di certificazione Un fattore chiave per assicurare un’ottimale prestazione dei sistemi di qualificazione a supporto dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita è quello di favorire i passaggi e le transizioni da un sistema di istruzione all’altro. In questo senso va costruito il concetto di “porta 15 Rapporto 138 Isfol 2005. APPENDICE 3 LA DIMENSIONE EUROPEA DELLE COMPETENZE bilità” delle qualifiche e delle competenze in modo da essere attrattivo per gli individui e flessibile nelle modalità di raggiungimento. • La validazione dell’apprendimento per l’accesso ai sistemi di qualifi cazione e istruzione superiore Una delle tematiche più importanti di questo studio riguarda la neces sità di esaminare come i processi di validazione dell’esperienza (pre senti in molti paesi europei da diversi anni) influenzino la motivazio ne degli individui, in particolare degli adulti, a partecipare ai proces si formativi. Su questo tema si focalizza l’attenzione di una nuova indagine dell’OCSE finalizzata a individuare i meccanismi e gli approcci alla validazione elaborati nei diversi paesi (modelli, procedu re, figure coinvolte, competenze necessarie, benefici per gli individui e le istituzioni, ecc.). • La trasparenza degli standard formativi Un sistema trasparente di standard formativi, visto dalla prospettiva degli individui, implica maggiore qualità e informazioni sull’offerta. La maggior parte dei Paesi membri concordano sia sul bisogno di mag gior trasparenza sia sullo sviluppo di un’ampia gamma di opportunità di apprendimento (diversificate per durata, tempi individuali, moda lità formative, ecc.) che esitino in un sistema flessibile di crediti e di certificazioni, leggibili e riconosciute in ambito europeo. Le direttive comunitarie sul riconoscimento delle qualifiche professio nali16 La direttiva comunitaria n.32/2005 riguardante il riconoscimento dei tito li e dei diplomi (professioni regolamentate e non) rappresenta un atto importante volto a favorire la libera circolazione dei cittadini e la mobi lità europea. La strategia di Lisbona, come abbiamo visto, si è incentrata sul supera mento delle barriere che ostacolano la libera circolazione delle persone al fine di stimolare il mercato del lavoro e migliorare le competenze profes sionali e personali dei lavoratori. Infatti, non solo gli impedimenti legali ed amministrativi, ma anche le differenze culturali e linguistiche e la diversità del mercato del lavoro rende difficoltosa la mobilità all’interno dell’Unione. La centralità economica e occupazionale del settore dei servizi ha porta to le istituzioni comunitarie fin dagli anni ’90, in vista della creazione del 16 Direttiva 36/2005/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 7 settembre 2005 rela tiva al riconoscimento delle qualifiche professionali. 139 APPENDICE 3 LA DIMENSIONE EUROPEA DELLE COMPETENZE grande mercato interno, a intensificare gli sforzi tesi ad assicurare uno sviluppo più pieno del settore dei servizi, attraverso normative di libera lizzazione, abbattimento dei monopòli, libertà di stabilimento e di circo lazione dei servizi. Sotto il profilo volto ad eliminare gli ostacoli alla libera prestazione di servizi (prestazioni temporanee e occasionali) e alla libertà di stabilimen to, la direttiva sul riconoscimento delle qualifiche professionali 36/2005 abroga le precedenti direttive 89/48/CEE e 92/51/CEE e la direttiva 1999/42/CE, e raggruppa in un testo unico le direttive pregresse concer nenti le professioni sanitarie e di architetto. La direttiva punta alla creazione di un regime generale più uniforme, tra sparente e flessibile di riconoscimento delle qualifiche, in grado di assicu rare a chi ha acquisito una qualifica/certificazione professionale in uno Stato membro l’accesso alla stessa professione e lo svolgimento dell’atti vità in un altro Stato membro con gli stessi diritti dei cittadini di quest’ul timo, in ossequio al principio di applicazione delle regole del paese ospi tante e nel rispetto di eventuali condizioni di esercizio non discriminato rie, purché obiettivamente giustificate e proporzionate. Se per le professioni più antiche e più forti, l’attività di regolazione spes so consiste nella manutenzione e conservazione di un sistema di regole consolidato, per le professioni nuove che devono lavorare per la propria affermazione, la posta in gioco della professionalizzazione passa attraver so la costruzione di sistemi di regole che riguardano innanzi tutto la for mazione dei professionisti e poi i sistemi di accreditamento e di costruzio ne dei fattori di eccellenza, base per la costruzione e la progettazione dei percorsi di carriera. La direttiva affronta il tema rappresentanza delle professioni, lasciando ai paesi la definizione dei soggetti rappresentativi (Istituzioni, Ordini, Associazioni, ecc.) ed affronta il tema della formazione e degli standard. In mancanza di una armonizzazione delle condizioni minime di formazio ne per accedere alle professioni disciplinate dal regime generale (manca ta armonizzazione) che si verifica quando: a) la formazione seguita dal professionista è inferiore di almeno un anno a quella richiesta nello Stato membro ospitante; b) la formazione ricevuta riguarda materie sostanzialmente diverse da quelle coperte dal titolo di formazione richiesto nello Stato membro ospitante; c) la professione regolamentata nello Stato membro ospitante include una o più attività professionali regolamentate, mancanti nella corrispon dente professione dello Stato membro d’origine del richiedente, e se la 140 APPENDICE 3 LA DIMENSIONE EUROPEA DELLE COMPETENZE differenza è caratterizzata da una formazione specifica relativa a mate rie sostanzialmente diverse da quelle dell’attestato di competenza o del titolo di formazione in possesso del richiedente (art. 14 direttiva); lo Stato ospitante potrà imporre “misure compensatrici proporzionate”, tenendo conto dell’esperienza professionale del richiedente, quali, ad esempio, una prova attitudinale o un tirocinio di adattamento non supe riore a tre anni. L’art. 15 della direttiva prevede l’istituto della dispensa dai provvedi menti di compensazione allorché vengano definite “piattaforme comuni” da parte degli Stati membri o da associazioni o organismi professionali rappresentativi a livello nazionale ed europeo, da sottoporre alla Com missione. Per “piattaforme comuni” la direttiva intende l’insieme dei cri teri delle qualifiche professionali in grado di colmare le differenze sostan ziali individuate tra i requisiti in materia di formazione esistenti nei vari Stati membri per una determinata professione. Tali “differenze sostan ziali” sono individuate tramite il confronto tra la durata e i contenuti della formazione in almeno due terzi (2/3) degli Stati membri, inclusi tutti gli Stati membri che regolamentano la professione in questione. Se la Commissione, ritiene che un progetto di piattaforma comune facili ti il riconoscimento reciproco delle qualificazioni professionali, dopo aver consultato gli Stati membri, adotta un provvedimento il quale vale a dispensare lo Stato membro ospitante dall’applicazione di provvedimen ti di compensazione quando le qualifiche professionali del richiedente rispondano ai criteri stabiliti nel provvedimento adottato. Il meccanismo della dispensa dai provvedimenti di compensazione attraverso la defini zione di piattaforme comuni, per le particolari modalità con le quali viene posto in essere, per i soggetti istituzionali (Stati membri, Ordini profes sionali) e/o associativi (Associazioni professionali e Sindacali) che posso no assumerne l’iniziativa, per il collegamento che crea tra professioni regolamentate in alcuni Stati membri e non regolamentate in altri, appa re un meccanismo di grande interesse su cui lavorare. E ciò in considerazione del fatto che l’Unione europea tende a spostare il discorso riguardante il riconoscimento delle qualifiche ai fini della mobi lità dalla logica procedurale propria della direttiva sul riconoscimento delle qualifiche nelle professioni regolamentate ad una logica parallela di creazione di piattaforme comuni basate sulla individuazione di standard e di competenze minime necessarie per l’esercizio di professioni non com prese tra quelle espressamente disciplinate dalla direttiva (si veda il caso degli incontri organizzati dalle associazioni dei documentalisti al fine della definizione di una piattaforma comune europea basata sul riconoscimen to di standard). E proprio nella definizione delle piattaforme formative 141 APPENDICE 3 LA DIMENSIONE EUROPEA DELLE COMPETENZE messe a punto da tavoli tecnici ove parteciperanno le autorità competenti dei singoli paesi che potrà essere affrontato il ruolo dei diversi soggetti rappresentativi tra cui le associazioni, che in molti paesi sono presenti nella definizione degli standard di riferimento. Questi aspetti verranno sciolti nella definizione della legge di recepimento della direttiva 2005/36, all’interno della quale potrà essere presente una norma per il riconosci mento delle associazioni, che andrebbe a colmare il vuoto di competenza. Il CNEL ha recentemente censito circa 150 associazioni generate dai mas sicci processi di ristrutturazione e di esternalizzazione delle imprese, dalla pervasività dell’innovazione tecnologica, dalla globalizzazione della produzione e degli scambi, dallo sviluppo di servizi alla persona volti a soddisfare esigenze culturali e ricreative, di assistenza e cura. Per quanto riguarda il quadro normativo attuale, le discipline nazionali di recepimento della direttiva 2005/36 dovranno essere emanate entro il 20 ottobre 2007: entro la stessa data ogni Stato membro provvederà a designare le autorità e gli organi competenti preposti a rilasciare o rice vere i titoli di formazione, altri documenti o informazioni, nonché quelli autorizzati a ricevere le domande e prendere le decisioni di cui alla diret tiva, informando immediatamente gli altri Stati membri e la Commissio ne. Ogni Stato membro dovrà designare, inoltre, un coordinatore di tali attività, con il compito di promuovere l’applicazione uniforme della direttiva e di riunire ogni utile informazione al riguardo, in particolare per quanto riguarda le condizioni di accesso alle professioni regolamen tate negli Stati membri, nonché un punto di contatto, con compiti di for nire informazioni ai cittadini e ai punti di contatto degli altri Stati mem bri sul riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché informazio ni sulla legislazione nazionale che disciplina le professioni e il loro eserci zio, compresa la legislazione sociale e le norme deontologiche, di fornire assistenza ai cittadini nell’ottenimento dei diritti riconosciuti dalla diret tiva cooperando con altri punti di contatto e le competenti autorità degli Stati membri ospitanti. Oltre a questa rilevante attività di cooperazione amministrativa tra Stati membri di origine, Stati membri ospitanti e Commissione, che implica anche l’integrazione di rappresentanti degli Stati membri nell’apposito “Comitato di riconoscimento delle qualifiche professionali”, di cui all’art. 58 della direttiva, presieduto da un rappresentante della Commis sione; ancor più interessante appare la prospettiva, cui gli Stati sono chiamati, di animare e avviare un lavoro comune con le associazioni pro fessionali per la definizione di standard comuni per l’esercizio professio ni non regolamentate (cd. piattaforme comuni), lavoro che non può pre scindere dalla definizione di procedure interistituzionali che vedano il 142 APPENDICE 3 LA DIMENSIONE EUROPEA DELLE COMPETENZE coinvolgimento del MIUR, delle Università e delle Regioni, in virtù delle competenze istituzionali loro riconosciute. Il quadro comunitario si presenta, quindi, come un quadro in forte movimento, soggetto a forti pressioni in favore di una maggiore apertura e competitività del sistema dei servizi, anche a carattere professionale, nella prospettiva di un miglioramento degli andamenti occupazionali generali, con particolare riguardo all’occupazione giovanile e femminile. La mobilità delle attività professionali regolamentate, nel quadro della libera prestazione dei servizi e della libertà di stabilimento, costituisce ad oggi il quadro di riferimento più avanzato della apertura del mercato dei servizi. 143 BIBLIOGRAFIA BIBLIOGRAFIA SUL COUNSELING AA.VV. (1999), Il Counseling Rivista integrazione nelle psicotera pie e nel counseling n. 5/6. AXELSON J.A. (1993), Counseling and development in a multicultural society, Brooks/Cole, Pacific Grove, CA. BATESON G. (1976, nuova ed. 2000), Verso un’ecologia della mente, Adelphi, Milano. BATESON G. (1984), Mente e natura, Adelphi, Milano. BATESON G., BATESON M.C. 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Studi e Ricerche; 4) Isfol, Tra orientamento e autoorientamento, tra formazione e autofor mazione, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e Ricerche; 5) Isfol, La qualità del lavoro, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e Ricerche; 6) Isfol, Passo alla Pratica. Una pratica Isfol di consulenza orientativa, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e Ricerche; 7) Isfol, Investire nella progettualità delle associazioni di promozione sociale. Compendium progetti legge 383/2000 triennio 20022004, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e Ricerche; 8) Isfol, Pensare al futuro. Una pratica di orientamento in gruppo, Roma, Isfol, 2005 (Temi&Strumenti. Studi e Ricerche; 9) Isfol, Accogliere e integrare. Esperienze Equal in tema di immigrazione, Roma, Isfol, 2006 (Temi&Strumenti. Studi e Ricerche; 10) 153 Finito di stampare nel mese di giugno 2006 dalla Rubbettino Industrie Grafiche ed Editoriali 88049 Soveria Mannelli (Catanzaro)