8 marzo | Marocco, donne ad altre latitudini Marocco è

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8 marzo | Marocco, donne ad altre latitudini Marocco è
8 marzo | Marocco, donne ad altre latitudini
Mercoledì 06 Marzo 2013 14:37
Il racconto di una viaggiatrice in Marocco,
che
grazie
al
Cefa, ha conosciuto un
Marocco non da turista, ma paese vivo di
donne che lavorano e si impegnano per il
loro
paese.
Donne
che
vengono
alfabetizzate, donne a teatro. Un viaggio
fuori dall’ordinario, per un ordinaria turista
occidentale.
di Donata Frigerio
Marocco nel nostro immaginario italiano è sinonimo di mercati dai vicoli stretti con
antri ricolmi di merci, pericolosi per lo sprovveduto turista occidentale, ci si può
perdere, ci si può far abbindolare, o essere rapiti.. e poi c'è il profumo intenso delle
spezie e degli incensi ...
Marocco è cuscus, spiagge, deserto, architettura con stile arabo, Islam e
minareti.
Ma c'è un altro Marocco, sconosciuto ai più, con catene montuose innevate,
oliveti, campi di grano. Ci sono i marocchini, ci sono le marocchine.
La nostra delegazione al femminile, 3 donne, ha conosciuto questo Marocco,
pulsante di vita vera. Giusto per sfatare un pregiudizio, nessuno ci ha
abbordato con losche intenzioni o ci ha redarguito perchè indossavamo
pantaloni e non portavamo il velo.
Abbiamo parlato con uomini e donne, tante donne, di tutto.
La parità di genere è il terzo Obiettivo di Sviluppo del Millennio e
auspica politiche a sostegno del mondo femminile e la parità di opportunità di
accesso all'istruzione per ragazzi e ragazze.
Il Marocco, almeno a prima vista, non si distingue dagli altri paesi africani: le
donne sono sempre indaffarate, si curano dei bambini e del marito, oltre che
della casa. Oggi, nelle città marocchine, molte donne lavorano anche fuori casa
ed usano i guadagni per bisogni di figli e marito. Negli ultimi 10 anni, forti di
una maggior libertà riconosciuta, le donne si sono organizzate per investire in
alfabetizzazione e produzione di reddito. Ora, almeno in teoria, possono
sposarsi con chi hanno scelto, divorziare, viaggiare da sole, aprire un conto in
banca, vestire all'occidentale, studiare. Tutto ciò permette una maggior
consapevolezza dei propri diritti e una migliore educazione della prole.
Abbiamo parlato a lungo con Rachida e con Sofia, italiana, cooperante del Cefa,
ong di Bologna che ci ha dato l'opportunità di visitare diversi progetti di
sviluppo agricolo e sociale in alcune zone del Marocco. Rachida e Sofia lavorano
insieme in tre progetti che coinvolgono le donne, nella zona di Beni Mellal.
I progetti Cefa
Nel primo progetto uomini e donne, alla pari, stanno facendo impresa, due
cooperative
di
trasformazione
delle
olive,
che
crescono
enormi,
saporitissime, verdi e rosse, nei vasti uliveti del territorio. Alcuni soci della
cooperativa ci accolgono con simpatia e calore, la presidente della coop.
Taymate, Halima Boutaibi, ci spiega ogni fase di lavorazione delle olive e ci
offre
l'immancabile
the
verde,
accompagnato
da
olive,
olio
e
pane,
naturalmente arabo.
Halima dimostra grande competenza, ci fa visitare i locali di produzione e
stoccaggio.
Il
punto
vendita
al
pubblico,
adiacente
al
complesso
di
trasformazione delle olive che lo scorso anno ha commercializzato tutta la
produzione. Lo staff sta studiando come migliorare le etichette e ancora la
qualità del prodotto perché le loro olive sono biologiche, ma non ancora
certificate, la tracciabilità di tutta la filiera non è ancora a punto.
Ci complimentiamo con il gruppo e con Halima, per l'ottimo lavoro, per
l'accoglienza a visitatrici sconosciute, ma scopriremo che l'accoglienza è una
norma ovunque andiamo, semplice e calorosa, non formale.
Il secondo progetto è volto all'alfabetizzazione delle donne ancora incapaci
di leggere e scrivere.
L'analfabetismo è una piaga che penalizza la donna nella propria autonomia e
molte di loro non sono mai state a scuola. Visitiamo diverse scuole, in alcuni
casi in douar (quartieri/villaggi) davvero isolati, dove gruppi di mamme e
nonne si trovano ad imparare, supportate da animatrici del CEFA. In classe,
qualcuna allatta mentre ascolta, alcuni bambini attendono fuori dall'aula, altri
figli partecipano alla lezione. Insieme alle lezioni di grammatica, lettura e
scrittura, non mancano lezioni di economia domestica e produzione di piccoli
lavori
di
artigianato,
per
creare
una
piccolissima
fonte
di
reddito
e
autofinanziamento.
L'apprendere permette alle mamme di aumentare la propria autostima,
farsi valere, imparare a difendersi dai profittatori al mercato, riconoscendo i
soldi, ma anche saper firmare e leggere e comprendere il foglio che si sta
firmando.
In una classe le donne ci accolgono con canti, suggestivi. Sentirle e vederle
cantare fiere nei loro djellaba multicolori e tradizionali, ci commuove.
Ci mostrano i primi disegni, infantili e bellissimi, e la carta dei diritti e doveri
della classe, che hanno elaborato in un lavoro collettivo.
A Salè, vicino a Rabat, un tempo una grande città oggi ridotta a periferia, Sofia
ci accompagna a visitare un progetto di teatro per ragazze.
Il
progetto
è
stato
studiato per le giovani
dai 15 ai 25 anni, ma
qualcuna ha quasi 30
anni, per sostenerle nel
percorso
di
autodeterminazione.
Dopo un breve periodo iniziale di timore, ora il corso è molto frequentato.
L'essere tutte donne (agli uomini è vietato assistere alle lezioni) ci permette di
seguire un paio di attività, guidate dalla maestra Hajar Chargui, una giovane
spigliata, attrice di teatro. Anche questo progetto ha lo scopo di incoraggiare le
donne e aumentare la loro autostima anche in situazioni pubbliche.
Che meraviglia vedere le ragazze, spesso serie e compunte per strada, ridere
di gusto, esprimere con tutto il loro corpo “libero”, in tuta, i loro sentimenti.
Assistiamo anche alla “trasformazione”, alla fine della lezione: molte ragazze
indossano, sopra la tuta, gli abiti tradizionali e il velo, ed escono, riprendendo
atteggiamenti seri che contrastano con le risate e la gioia comunicata poco
prima. Le tradizioni vanno rispettate, nonostante tutto.
Tra le ultime riforme promulgate dallo Stato c'è il Codice di famiglia, nel quale,
tra l'altro, si vietano matrimoni precoci e combinati dalle famiglie. Questa legge
è poco rispettata, soprattutto nei douar rurali, ma a volte anche in città, perchè
si scontra con una tradizione antica. Ci raccontano di una ragazza di Rabat che,
qualche mese fa, si è suicidata perchè la famiglia voleva costringerla a sposare
un giovane che l'aveva violentata e che era disposto a “riparare” alla malefatta,
anche se lo Stato giudica penalmente reati di questo tipo.
La notizia a fatto scalpore fin nelle periferie e fa molto discutere, facendo
affiorare il sommerso di fatica da parte delle famiglie nell'accettare una legge
che si scontra con usanze radicate.