Istituto MEME: L`importanza cruciale delle investigazioni. Il caso

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Istituto MEME: L`importanza cruciale delle investigazioni. Il caso
UNIVERSITE EUROPEENNE JEAN MONNET
ASSOCIATION INTERNATIONALE SANS BUT LUCRATIF
BRUXELLES - BELGIQUE
THESE FINALE EN
“Sciences Criminologiques”
L’importanza cruciale delle investigazioni.
Il caso Natascha Kampusch
Specializzando: Elisa Neri
Matr. 3407
Bruxelles, Ottobre 2015
ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
ELISA NERI – SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE TRIENNALE IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - TERZO ANNO A.A. 2014 – 2015
"Non c'è alcun ramo delle scienze investigative così poco praticato,
eppure tanto importante,
qual è l'arte d'interpretare le orme"
Sherlock Holmes
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ELISA NERI – SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE TRIENNALE IN SCIENZE CRIMINOLOGICHE - TERZO ANNO A.A. 2014 – 2015
Indice dei Contenuti
1.
Introduzione ......................................................................................................................
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2.
La definizione della Criminologia come disciplina e come scienza …………………..
2.1. L’oggetto della Criminologia, il suo campo di indagine e il ruolo del criminologo .
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3.
L’importanza della figura del criminologo nelle investigazioni ………………………
3.1. Il sistema di tipo “Inquisitorio” …..……………………...…………………………
3.1.1. Come si configurano le indagini preliminari nel sistema inquisitorio? ……
3.2. Il sistema di tipo “Accusatorio” ………………………………………....................
3.2.1. La configurazione delle indagini preliminari nel sistema accusatorio ……
3.3. Le indagini difensive ……………………………………………………………….
A)
Art. 111 della Costituzione (rif. cost. legge cost. n. 2 del 09/11/1999) ……
B)
La legge n. 397 del 2000 …………………………………………………...
3.4. Il ruolo del criminologo all’interno delle indagini difensive ……………………….
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4.
Il modello investigativo: la mancanza di un metodo formalizzato e riconosciuto …..
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4.1. Che cos’è l’investigazione? E cosa sono le indagini? .……………………………..
4.2. L’investigazione criminologica e l’apporto dell’investigatore criminologo: le
qualità personali …………………………………………………………………….
4.3. Il ruolo del criminologo nella gestione del team di esperti e della squadra
investigativa ………………………………………………………………………...
4.4. Il ragionamento investigativo ……………………………………………................
4.5. L’organizzazione dell’indagine …………………………………………………….
A)
Attività di pianificazione …………………………………………………..
B)
La fase organizzativa ………………………………………………………
C)
La condotta dell’indagine ………………………………………………….
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5.
Prefazione al capitolo: la scomparsa di Natascha Kampusch ………………………...
5.1. I riferimenti legislativi italiani in materia di scomparsa di persona ………………..
3.2 Cosa si intende per scomparsa: le tipologie …………………………......................
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6.
Il caso Natascha Kampusch ………………………………………………….................
6.1. Contesto: quartiere e ambiente di vita ……………………………….......................
6.2. Strumenti ed azioni da implementare subito dopo la denuncia di scomparsa ……
6.3. Storia famigliare e vita precedente alla scomparsa ………………………………
6.4. Cosa è successo a Natascha Kampusch? Le ipotesi ………………………………..
6.5. La prima segnalazione: 3 Marzo 1998 ……………………………………………..
6.6. La seconda segnalazione: 14 Aprile 1998 …………………………….....................
6.7. I fatti realmente accaduti e l’andamento delle indagini ……………….....................
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7.
Il racconto di Natascha Kampusch. Il rapimento: 2 Marzo 1998 ……………………
7.1. La prigionia – Anno 1998 …………………………………………………………..
7.2. Anno 1999 ………………………………………………………………………….
7.3. Anno 2000 ………………………………………………………………………….
7.4. Anni 2002 – 2004 …………………………………………………………………..
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Anni 2005 – 2006 …………………………………………………………………..
La fuga: 23 Agosto 2006 ………………………………………………...................
Chi era Wolfgang Priklopil? ......................................................................................
Natascha Kampusch: la vita dopo la liberazione …………………………………...
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8.
Conclusione: i misteri irrisolti ………………………………………………………….
A) La testimonianza di Ischtar …………………………………………………………
B) La terza segnalazione del 14 Aprile 1998 e le due commissioni di inchiesta ……...
C) Enst Holzapfel e la pedopornografia ……………………………………………….
D) Il suicidio del Commissario Kröll ………………………………………………….
8.1. Anni 2010-2012: la conclusione del caso …………………………………………..
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9.
Bibliografia ………………………………………………………………………………
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7.5.
7.6.
7.7.
7.8.
10. Sitografia ………………………………………………………………………………… 103
APPENDICE – IN CASO DI SCOMPARSA ………………………………………………..
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1. INTRODUZIONE
La figura del criminologo ha iniziato ad affermarsi, soprattutto in Italia, solo recentemente ”sul
campo”, grazie soprattutto al cambiamento del Codice Penale che prevede l’instaurarsi del
sistema accusatorio al posto di quello inquisitorio. Quest’ultimo relegava in secondo piano
l’importanza delle investigazioni, ma con la riforma del 1989 che ha approvato in sede
legislativa il provvedimento che prevede la collaborazione con gli avvocati difensori di altre
figure professionali come investigatori privati, criminologi, periti tecnici ecc… per compiere
indagini a tutela dei loro assistiti. Il ruolo della figura del criminologo ha quindi trovato nuovo
slancio nella ricerca scientifica, nell'analisi delle cause e le conseguenze della azioni criminose,
nell'analisi dei vari aspetti della sicurezza, nell’effettuare consulenze per le forze dell'ordine e
per la Magistratura, ma anche come consulente di parte nell'analisi del singolo caso e nelle
indagini difensive richieste dall'avvocato penalista a tutela del proprio assistito.
Da questo momento in avanti si parla infatti di "giusto processo" che sancisce il diritto di difesa
come un diritto dell'individuo: il soggetto accusato di un reato ha quindi il diritto di portare
prove, fatti, circostanze e testimonianze in modo paritetico agli organi deputati all'accusa.
Infatti il nostro sistema giuridico/processuale tende ad accertare fatti che possano giustificare
una giusta pena per il soggetto imputato.
La riforma dell' art. 111 e le norme sulle investigazioni difensive (legge n.397 del 2000)
rappresentano quindi una vera e sostanziale rivoluzione pratica rispetto al sistema precedente;
in quest'ottica il difensore ha la possibilità di avere accesso allo stesso materiale probatorio a
disposizione dell' accusa, alle fonti di prova, ed a tutti gli elementi quindi reperiti o conosciuti
in sede di indagini preliminari: tutto questo risulta di importanza fondamentale sul piano
dell’aspettativa di vero contradditorio a parità di forze. È quindi necessario per l'imputato poter
avere la possibilità di disporre di mezzi e professionalità che lo aiutino a raccogliere le giuste
prove, a circostanziare gli eventi specifici che permettano un’adeguata e congrua ricostruzione
dei fatti.
Le parti potranno rivolgersi alle competenze di terzi, coinvolgendo più specialisti di settore:
ritengo infatti che delle valide indagini difensive richiedano un pool di professionisti e che la
figura più adatta alla coordinazione del lavoro di questa squadra spesso professionalmente
eterogenea, sia identificabile appunto nel criminologo che lavora sul campo. Tale figura
permette di indirizzare la richiesta di collaborazione di eventuali altri periti con competenze
adeguate e specifiche per ciascun fatto o prova da circostanziare e favorisce la gestione e
l’interscambio di informazioni.
Nella cultura italiana, la figura del criminologo viene genericamente ricondotta alle scienze
mediche, psichiatriche e psicologiche, e solo in minor parte alle scienze giuridiche. Nella
cultura anglosassone invece la stessa proviene da un background sociologico. In ogni caso,
qualunque sia la formazione primaria, l'attività del criminologo comporta l'acquisizione di
competenze interdisciplinari e multidisciplinari che permettano il raggiungimento di una
visione complessiva ed integrata delle scienze forensi. Ad oggi non esiste per un vero “Ordine
dei Criminologi” ma semplicemente la Società Italiana di Criminologia e attualmente il ruolo e
la professione di criminologo non è regolamentato da alcuna legge. Tuttavia, oltre le classiche
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competenze e conoscenze mediche e psichiatriche, si ribadisce ancora una volta che il
criminologo deve avere stretti legami di collaborazione e sinergia con le seguenti discipline:
antropologia culturale, psicologia, sociologia generale e in particolare sociologia della
devianza, diritto, scienze penitenziarie, biologia, statistica, criminalistica, scienze
dell'investigazione, filosofia delle scienze, scienze criminali, medicina legale…
La formazione della figura del criminologo dovrebbe essere certamente quella della formazione
universitaria e dei corsi di specializzazione post-laurea di settore partendo da professionalità di
base più disparate come avvocati, medici, psicologi, biologi, sociologi... Saranno poi la storia
professionale di base, la provenienza accademica, la soggettività e la professionalità del
singolo, a guidare successivamente l'applicazione pratica degli studi di criminologia dei singoli
professionisti.
Personalmente mi affascina molto il ruolo che il criminologo svolge all’interno dell’attività
investigativa: la cultura multidisciplinare, l’incontro con diverse e variegate formazioni
professionali, il lavoro e le circostanze situazionali mai realmente simili… a mio parere la
presenza e l’interscambio di questi e tanti altri fattori, contribuiscono all’arricchimento
personale oltre che, naturalmente, quello professionale del criminologo.
Il caso del rapimento della piccola Natascha Kampusch mi sarà di grande aiuto in questo
elaborato per dimostrare sia come una fallace attività di indagine sia come la mancata guida da
parte di una figura di riferimento, possano cambiare totalmente l’andamento e l’esito di
un’attività volta a contrastare un reato.
I motivi alla base della scelta di questo caso specifico sono molteplici: nel 2004 ho iniziato il
mio percorso accademico ed è stato fin da subito indirizzato verso le scienze criminologiche;
alla fine di agosto del 2006 la notizia della fuga della ragazza austriaca ebbe una grossissima
risonanza, poiché la sua prigionia era durata ben più di otto anni. Dei più famosi casi italiani di
scomparsa di minore come Alessandra Sandri, Emanuela Orlandi, Angela Celentano, Denise
Pipitone ad oggi ancora non si è nemmeno vicini ad un’ipotesi concreta, né nessuna di loro è
mai tornata a casa; Natascha Kampusch è stata rapita a 10 anni e grazie al suo carattere e una
discreta componente di fortuna è riuscita a fuggire. Proprio il suo ritorno ha permesso la
riapertura del caso e l’esame della condotta investigativa negli anni della sua prigionia; la sua
storia si presta incredibilmente per esplicare il concetto che mi preme esprimere più di tutti in
questo elaborato: le decisioni prese nel corso di un’indagine e la corretta gestione delle
investigazioni (sulla base degli elementi conosciuti e conoscibili) costituiscono la premessa
fondamentale e decisiva per la raccolta delle prove e, relativamente, all’accorciarsi o
all’allungarsi dei processi. Sostanzialmente le investigazioni hanno il potere di incidere su tutto
l’andamento di un caso fino alla sua risoluzione, sia questa positiva o negativa.
Inoltre credo profondamente che, come l’incendio sia l’elemento che più complichi la
realizzazione di un buon sopralluogo, la scomparsa di persona sia la situazione più difficile da
affrontare a livello investigativo: bisognerebbe comprenderne i motivi sulla base di pochi
elementi, molto spesso slegati tra loro e dei quali non si conosce la reale rilevanza. Tutto
quanto complicato dall’assenza della vittima, oltre che dall’assenza di un eventuale autore di
reato e della mancata circoscrizione della scena del crimine.
La lettura del libro “3096 giorni”, il personale senso di vittoria empaticamente condiviso con
Natascha Kampusch, la gestione delle informazioni da parte dei mass media e della stessa
vittima, sono altri motivi del tutto soggettivi che mi hanno appassionato e mi hanno portato ad
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approfondire questo caso. Perché è consolante sapere che a volte, nonostante tutto, “il cattivo”
soccombe e la vittima ottiene la sua rivincita: tornare alla vita.
2. La definizione della criminologia come disciplina e come scienza
“La criminologia è descritta come la scienza applicativa che studia i reati, gli autori, le vittime, i
tipi di condotta criminale e le forme possibili di controllo e prevenzione. È una disciplina
complessa, articolata, sia teorica che empirica, sia descrittiva che esplicativa, praticamente
senza confini, considerando che non ci sono limiti per le possibili forme del comportamento
umano. L'oggetto fondamentale di studio della disciplina criminologica è il reato, la cui
definizione è esclusivamente giuridica, ed il suo autore, la cui definizione è psicologica, medica,
sociale ed antropologica.“1
La criminologia è quindi la scienza che ha il reato per oggetto di studio, la sua definizione e le
sue dinamiche; tali dinamiche consistono nella sua prevenzione e nelle analisi sia delle cause che
delle conseguenze che si riflettono a livello sociale, sul reo e sulla vittima. Lo studio della
personalità del reo e dei fenomeni di devianza, anche nelle sue manifestazioni non criminose,
completa il quadro delle sue ricerche (il così detto “campo di indagine”). Il campo d’azione del
criminologo è pertanto vastissimo: egli deve utilizzare e fare propri, i metodi e le conoscenze di
molte scienze, anche di discipline lontane, che si sono interessate al fenomeno della criminalità
sotto l’angolazione delle proprie specifiche conoscenze e secondo i propri metodi di ricerca; la
criminologia stringe perciò stretti legami di collaborazione e sinergia con scienze come
antropologia, psicologia, sociologia (generale, della devianza), diritto, studio delle pene, scienze
penitenziarie, biologia, statistica, psichiatria, criminalistica, scienze dell'investigazione e
medicina legale.2
Per poter parlare di scienza, sono imprescindibili alcune caratteristiche; irrinunciabili requisiti
delle scienze sono:
 la sistematicità, significa che una scienza è l’insieme, la costruzione delle conoscenze
acquisite in determinati ambiti del sapere, integrate in un complesso strutturato ed
armonico;
 la controllabilità, cioè la possibilità di sottoporre tali conoscenze ed enunciazioni al
vaglio delle critiche logiche e al confronto con i dati della realtà (il così detto “controllo
di validità” sotto il profilo empirico e logico-formale);
 la capacità teoretica, si concretizza unendo e riassumendo molteplici dati su quei
fenomeni di cui si occupa, i quali spiegano (in una costruzione semplice, logica e
comprensibile) i rapporti causali, le correlazioni e le variabili dei fatti oggetto della sua
analisi;
1
http://www.poliziaedemocrazia.it/live/index.php?domain=archivio&action=articolo&idArticolo=1834
(data accesso 17/03/2015).
2
AA.VV., Compendio di Criminologia, Gruppo editoriale Esselibri, Edizioni Simone, Napoli, 2010.
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
la capacità cumulativa, che consiste nella caratteristica delle scienze di analizzare,
correggere, amplificare o perfezionare, attraverso teorie più recenti, quelle in precedenza
formulate;
la capacità predittiva, cioè lo sforzo di poter prevedere i comportamenti di singoli
soggetti e dell’intera collettività, anche le scienze dell’uomo presentano grandi limiti
nella possibilità di prevedere quali saranno i futuri comportamenti sia collettivi che dei
singoli individui. L’uomo, infatti, non è mai “costretto” ad agire in un certo modo, ma è
libero di scegliere la sua condotta, la quale è influenzata, anche fortemente, dal sistema
delle relazioni interpersonali, dagli obblighi legali e dalle norme di costume, così come lo
è dai fattori sociali, economici, familiari; alla fine comunque la condotta è pur sempre
rimessa alla scelta dell’individuo.3
Posto ciò, vediamo quali siano le particolari prerogative di dottrina scientifica della
criminologia.
L’immagine della criminologia quale scienza si giustifica in quanto è ricompresa fra le scienze
empiriche, cioè la sua ricerca scientifica parte e si fonda sull’osservazione della realtà
criminosa e non su presupposti teorici o su giudizi di valore, questo soprattutto significa che i
suoi dati hanno carattere oggettivo. Pertanto, le interpretazioni che essa fornisce del suo campo
di indagine, le valutazioni cui perviene e gli sviluppi teoretici che propone, dovrebbero essere
unicamente il frutto dell’osservazione della realtà per poi enunciare leggi generali. Tale
approccio è detto metodo induttivo: il passaggio da asserzioni particolari ad asserzioni generali
viene, quindi, giustificato sulla base di un’accumulazione di fatti reali che apportano ad
asserzioni generali che descrivono e derivano da osservazioni.
Pertanto un altro aspetto del suo essere scienza empirica si manifesta con la sua qualificazione
come scienza descrittiva dei fenomeni criminosi: per questo ad essa compete la descrizione
fattuale, la classificazione e la differenziazione dei delitti e dei loro autori.
Nel momento in cui alla descrizione si aggiunge anche la ricerca e l’identificazione dei fattori
responsabili di tali eventi, la criminologia viene ad assumere il carattere di scienza eziologica,
cioè di scienza che ricerca le cause dei fenomeni da lei osservati; la criminologia dunque
costruisce le sue teorie, sottolineando l’importanza di alcuni fattori e indicandoli come cause
della criminalità.
Un’altra caratteristica della criminologia è quella di essere anche una scienza applicativa. Fra le
molteplici competenze del criminologo vi è anche quella di intervenire operativamente sui
fenomeni criminosi e sugli individui: agisce sui fenomeni con l’attuare interventi di
prevenzione generale e speciale o con l’attivarsi nei programmi di mediazione fra autore del
reato e vittima; interviene sugli individui per favorire, con le tecniche proprie delle scienze
dell’uomo, l’educazione dei rei minorenni e la risocializzazione dei condannati adulti, ecc.4
La criminologia è compresa nelle “scienze dell’uomo”, poiché tali si definiscono quelle scienze
che studiano quella realtà complessa, articolata e multiforme che è il comportamento umano e
come questo si articola all’interno della società nei suoi infiniti aspetti. Con le altre scienze
Integrazione delle descrizioni in Malizia Nicola, Criminologia ed elementi di criminalistica, Firera &
Liuzzo, Roma, 2010 e Merzagora Betsos Isabella/ Ponti Gianluigi, Compendio di criminologia, Cortina
Raffaello editore, Milano, 2008.
4
Ibidem.
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dell’uomo (psicologia, antropologia, pedagogia, storia, economia, psichiatria, ecc.), la
criminologia ha in comune lo studio dell’uomo nella sua dimensione individuale e sociale e
come suo specifico oggetto lo studio dell’uomo, nel momento in cui viola la legge penale.5
La criminologia è dunque una disciplina autonoma che può costituirsi come sintesi e
integrazione di conoscenze provenienti da materie tra loro eterogenee, pertanto si può definire
come:
 multidisciplinare
dove si intende quella caratteristica per cui una singola branca del sapere che, per il suo
autonomo sviluppo, richiede necessariamente competenze molteplici; occupandosi del
crimine secondo plurime prospettive, nella criminologia andrebbero a confluire e ad
integrarsi le conoscenze esistenti sul fenomeno delittuoso studiandolo sotto vari aspetti e
prospettive;
 interdisciplinare
presuppone (e necessità) il dialogare e curare i rapporti con altre discipline autonome con le
quali ha in comune lo studio del comportamento antigiuridico o antisociale, allo scopo di
conoscere le sue cause e di realizzare adeguati programmi di prevenzione e di trattamento
(ricerca criminologica);
 integrata
due distinte discipline possono interagire, se hanno già acquisito un’identità e se sono nella
condizione di apportare, attraverso propri schemi concettuali, un proprio modo di definire i
problemi e di impostare la ricerca; l’integrazione è un momento di convergenza funzionale,
di coordinazione di approcci, metodi, conoscenze e tecniche (provenienti da diversi settori)
ed entra in gioco successivamente al fatto che più discipline abbiano affrontato uno o più
problemi in comune, tenuto conto della propria specificità e delle proprie strategie
interpretative.6
Tutte le discipline che hanno come oggetto del proprio studio il problema della criminalità, la
quale non rappresenta altro che uno dei tanti modi di agire e comportarsi nella società, sono
definite “Scienze Criminali”. Queste rappresentano l’insieme delle conoscenze disciplinari
focalizzate sullo studio e l’approfondimento delle fenomenologie delittuose che interessano la
società nel suo insieme. Tra questa scienze vi rientrano (oltre alla criminologia) la vittimologia,
la politica criminale, il diritto penale, il diritto penitenziario, la psicologia giudiziaria e giuridica,
nonché la criminalistica.
La vittimologia ha, da poco, guadagnato la dignità di scienza autonoma dalla criminologia e ha
per oggetto lo studio della vittima del crimine, la sua personalità, le sue caratteristiche
psicologiche, morali, sociali e culturali, le sue relazioni con il criminale… ovvero
l’individuazione di quei fattori che determinano o facilitano la vittimizzazione di determinati
soggetti (senza contare che lo studio della vittima può contribuire anche all’individuazione del
reo).
5
Merzagora Betsos Isabella/ Ponti Gianluigi, Compendio di criminologia, Cortina Raffaello editore,
Milano, 2008.
6
Integrazione delle descrizioni in Malizia Nicola, Criminologia ed elementi di criminalistica, Firera &
Liuzzo, Roma, 2010 e Merzagora Betsos Isabella/ Ponti Gianluigi, Compendio di criminologia,
Cortina Raffaello editore, Milano, 2008.
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La politica criminale (pur non essendo una disciplina autonoma) studia, elabora e propone gli
strumenti per combattere la criminalità ponendo gli obbiettivi che saranno successivamente
perseguiti dal diritto penale. È il risultato delle sollecitazioni sociali che si verificano in materia
di prevenzione. Si pensi ad esempio alla depenalizzazione di alcune fattispecie desuete di reati e
la conseguente creazione di fattispecie delittuose nuove, in conseguenza del mutato sentire
sociale; sostanzialmente la politica criminale ha il fine ultimo di studiare, elaborare e proporre gli
strumenti e i mezzi per combattere la criminalità di molteplici matrici. Potrebbe essere definita
come un aspetto della politica sociale con a disposizione lo strumento (e il limite) del diritto
penale, che definisce di fatto i singoli crimini e diviene il mezzo di attuazione di tale politica.
Il diritto penale, è la scienza che studia, analizza ed approfondisce il complesso delle norme
giuridiche rivolte ai cittadini, le quali divengono, in forza di legge, regole di condotta. Pertanto,
il delitto, che è il campo degli interessi e delle indagini scientifiche della criminologia, viene ad
essere definito dal diritto penale, il quale definisce l’oggetto sul quale la criminologia dovrà
indirizzare la sua ricerca e il suo sapere.
Il diritto penitenziario è costituito dall’insieme delle disposizioni legislative che regolano la fase
esecutiva del procedimento giudiziario penale. Recentemente questa disciplina ha allargato lo
spettro del proprio intervento dalla semplice carcerazione alle varie forme di misure sostitutive o
alternative alla pena detentiva.
Legittimità di scienze criminali hanno anche la psicologia giudiziaria, che studia ed
approfondisce le interrelazioni psicologiche tra i vari protagonisti del procedimento giudiziario
(dall’imputato al magistrato, dalla persona offesa al testimone…la persona umana in quanto
attore, nei differenti ruoli, all’interno del procedimento giudiziario), e la psicologia giuridica,
ramo della psicologia applicata al diritto. Infatti proprio lo studio e la comprensione
dell’atteggiamento psicologico assunto dai vari soggetti che, direttamente o indirettamente,
vengono in contatto con il procedimento giudiziario, si fa sempre più importante anche dal punto
di vista delle strategie processuali: pensiamo al perito che deve analizzare l’imputato, gli
avvocati e le loro azioni strategiche, il trattamento in ambito penitenziario, le tecniche di
conduzione di un esame incrociato nel processo penale, i rapporti tra le varie figure professionali
che vengono a contatto (o collidono) nelle aule dei tribunali…
La criminalistica, è un ramo specifico della criminologia che fa appello alle scienze forensi,
utilizza cioè una serie di conoscenze per far fronte ai problemi di indagine criminale. Riguarda
quelle svariate discipline che si occupano dell'esame di reperti e tracce rinvenute sulla scena di
un reato: genetica forense, grafologia, chimica, balistica, tossicologia, dattiloscopia, medicina
generale e legale… In primis si tratta di un’analisi della scena del crimine in loco, la quale viene
congelata e rappresentata (con foto e quanto a disposizione) mantenendola il più possibile
incontaminata attraverso determinate procedure; in seguito avviene il campionamento delle
prove ivi trovate, le quali devono essere portate integre alle analisi dei laboratori a disposizione
dell’indagine, attraverso determinate tecniche di conservazione. Una volte giunte nei laboratori
di competenza si svolge un accurato processo di analisi dei campioni, i cui risultati saranno
rilevanti se non fondamentali, all’interno di un procedimento giudiziario volto a stabilire
l’andamento dei fatti e attribuire le responsabilità di quanto accaduto sulla scena del crimine.7
Quanto descritto riguardante le scienze criminali è frutto dell’unione delle descrizioni presenti nei
seguenti libri: Malizia Nicola, Criminologia ed elementi di criminalistica, Firera & Liuzzo, Roma, 2010;
AA.VV., Compendio di Criminologia, Gruppo editoriale Esselibri, Edizioni Simone, Napoli, 2010 e
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La criminologia aspira quindi a una visione unitaria del fenomeno individuale e sociale della
delinquenza, nella quale si compongono le diverse esperienze e le diverse conoscenze che
possono contribuire a tale visione, in modo il più possibile compiuto e ordinato in relazione a
chiari punti di partenza, una comune finalità di verità obiettiva, le conoscenze intorno al
fenomeno delittuoso e ai suoi fattori, il modo di manifestarsi del crimine, i suoi effetti individuali
e sociali, la sua valutazione e comprensione. La criminologia rappresenta e diviene la condizione
perché le diverse discipline possano confrontarsi in uno spazio comune e condivisibile, riuscendo
a mantenere ognuna la propria identità; al suo interno i differenti saperi e le professioni
producono conoscenza e operatività, convergono (nel loro processo di interazione) verso un
obbiettivo comune e diventano complementari al fine di raggiungerlo.
La criminologia non rappresenta quindi un’integrazione di conoscenze appartenenti a discipline e
professioni diverse, ma si configura come un’area di sapere caratterizzata dalla potenzialità di
connessione di diverse figure e nozioni, come una dimensione sulla quale è possibile la
costruzione di nuove conoscenze che si originano e si sviluppano proprio durante il loro processo
di interazione e di confronto.
“La criminologia, più che una disciplina in senso tradizionale, è, quindi, concepita come ricerca
delle condizioni che consentono di strutturare domande e offrire risposte sui diversi aspetti che
compongono la questione criminale: dalla produzione delle norme alle definizioni sociali di
devianza e di criminalità; dall’applicazione delle norme, all’applicazione effettiva delle
definizioni sociali di criminalità e devianza a soggetti specifici; dalla condanna di coloro che
sono ritenuti autori di reato all’esecuzione della pena e delle misure di sicurezza, senza
trascurare le vittime di reato.”8
2.1 L’oggetto della criminologia, il suo campo di indagine e il ruolo del criminologo9
La criminologia si colloca fra le discipline che hanno come loro oggetto di studio la criminalità,
la cui caratteristica fondamentale è il confluire integrato degli apporti di diverse discipline. Si
configura come una scienza multidisciplinare ed interdisciplinare che ricorre preferenzialmente
ad un approccio multifattoriale, complessa, articolata, sia teorica che empirica, sia descrittiva che
esplicativa, praticamente senza confini, considerando il fatto che non ci sono limiti per le
possibili forme del comportamento umano.
Merzagora Betsos Isabella/ Ponti Gianluigi, Compendio di criminologia, Cortina Raffaello editore,
Milano, 2008.
8
Malizia Nicola, Criminologia ed elementi di criminalistica, Firera & Liuzzo, Roma, 2010.
9
Tutto il paragrafo è frutto dell’integrazione delle descrizioni riportate nei siti Internet:
http://www.poliziaedemocrazia.it/live/index.php?domain=archivio&action=articolo&idArticolo=
1834,
http://www.maremmanews.it/it/index.php/rubriche/social-crime/22365-il-ruolo-del-criminologonelle-indagini-difensive,
http://www.dirittoindaginedifensiva.it/mission/
http://www.giovannabellini.it/default.asp?page=faq&id_dint=1160
(per tutti, data di accesso e consultazione: 17/03/2015) e nei seguenti libri: Malizia Nicola, Criminologia
ed elementi di criminalistica, Firera & Liuzzo, Roma, 2010 e Merzagora Betsos Isabella/ Ponti Gianluigi,
Compendio di criminologia, Cortina Raffaello editore, Milano, 2008.
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L'oggetto fondamentale di studio della criminologia è il reato, la cui definizione è
esclusivamente giuridica, ed il suo autore, la cui definizione è psicologica, medica, sociale ed
antropologica.
Il delitto, il reato o il crimine, che trova una sua definizione nel diritto positivo, va inteso come
quel fatto che la legge penale considera tale per definizione sociale o per convenzione. Fra gli
innumerevoli comportamenti il diritto ne indica alcuni come proibiti, prevedendo sanzioni per
chi li viola (l’indicazione di ciò che è proibito però, cambia nel tempo e nei luoghi). In ogni caso
il delitto si sostanzia in una condotta che lede o mette in pericolo un bene di rilievo per la
collettività (in termini tecnici, il “bene giuridico”), nel senso che la sua lesione o messa in
pericolo costituisce danno sociale: essa risulta intollerabile per la società stessa e non altrimenti
evitabile se non utilizzando sanzioni penali.
Il crimine può essere definito sia come un fenomeno sociale che come un tipo di comportamento
umano, pertanto di quest’ultimo se ne fa l’oggetto privilegiato di osservazione e di analisi. Il
comportamento dell’uomo va studiato all’interno del suo ambiente e in rapporto con una realtà
mutevole e dinamica, poiché non lo si può considerare come avulso da ogni rapporto e da ogni
condizionamento o studiare i gruppi sociali come se fossero composti da nuclei immutabili e
scarsamente interagenti, fini a sé stessi e alla loro esistenza Non c'è infatti solo un'unica causa
universale dell'agire criminoso, bensì una costellazione mutevole di possibili variabili causali,
psicologiche, circostanziali ed ambientali. Queste variabili andrebbero valutate caso per caso,
nello specifico contesto sociale, sia sotto il profilo della criminogenesi (come nasce il reato) che
della criminodinamica (come si svolge il reato).
Quindi se la criminologia ha per oggetto di studio il delitto e di conseguenza gli autori, le
vittime, i tipi di condotta criminale, gli ambienti e i contesti con l’apporto e l‘integrazione di
altre discipline definite precedentemente ”scienze criminali”, quanto sono vasti i confini e gli
ambiti della criminologia? Qual è il suo campo di indagine e che cosa ricade sotto la sua
osservazione?
Il campo di indagine della criminologia è identificabile:
 nello studio dei fatti delittuosi e i loro aspetti fenomenologici;
 nelle variazioni dei crimini nei tempi e nei vari contesti;
 nelle condizioni sociali ed economiche che favoriscono la diffusione e la modificazioni
dei reati;
 lo studio degli autori di reato;
 nello studio delle molteplici forme di reazione sociale che il delitto suscita;
 nello studio della persona offesa nel reato (vittima) e le conseguenze in essa provocate;
 nei fenomeni di devianza;
 della corrispondenza (o non corrispondenza) fra la percezione nel corpo sociale della
gravità degli illeciti penali con quella della legge (percezione valutata attraverso ricerche
empiriche, inchieste, sondaggi di opinione..).
In definitiva, il parametro per delimitare i confini del campo degli interessi della criminologia
può essere solo quello della legge. La stretta dipendenza della criminologia dal diritto non mina
la libertà del criminologo nell’esercitare la sua analisi critica sul delitto e sul delinquente, sulla
legge medesima, le sue modalità di applicazione e gli effetti che questa e il reato producono in
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un dato contesto e momento storico.
Per questo motivo è essenziale che l’agire corretto non sia quello di descrivere i dati accettati
così senza approfondimento, ma è necessario un approccio critico e che il quadro di riferimento
teorico sia improntato a chiare nozioni operativamente definibili e scientificamente fondate in un
percorso di elaborazione, proposte e verifica con il supporto delle discipline comprese nelle
scienze criminali. L’approccio critico corretto sembra essere il valore fondamentale che
caratterizza la ricerca e l’azione e necessita di alcuni punti chiave fondamentali:
“
- la necessità della completezza e dell'aggiornamento della documentazione;
- la necessità del contributo critico preliminare e successivo di altre ricerche e discipline;
- l'indipendenza e la responsabilità del giudizio;
- il rifiuto di ogni pregiudizio culturale, ideologico o religioso;
- la libertà del ricercatore;
- la critica dei fanatismi;
- l'accettazione della realtà, comunque essa sia;
- la conoscenza e l'accettazione delle diverse realtà e specificità culturali;
- il principio della collaborazione tra gli uomini di diversa razza e cultura;
- la ricchezza del dubbio;
- il coraggio di difendere e anche di cambiare le proprie opinioni.”10
Ad occuparsi di tali ricerche nel campo della criminologia, una scienza così complessa, c’è una
specifica figura professionale: il criminologo, colui cioè che deve avvalersi di un ampio bagaglio
di conoscenze diverse, ma necessarie, per l’applicazione di una scienza di stampo
multidisciplinare e multifattoriale.
Da un punto di vista maggiormente descrittivo, possiamo dire che il criminologo si occupa di:
 studiare la fenomenologia dei principali delitti, ossia il modo comportamentale con cui
essi si manifestano concretamente (omicidio, violenza sessuale, reati legati al consumo di
sostanze stupefacenti, crimini economici, delinquenza comune e organizzata,
terrorismo…);
 studiare le possibili classificazioni dei reati, degli autori dei reati (tipologie di autori:
imputabili e non imputabili, primari e recidivi, eccetera), dei moventi sottostanti ai reati
medesimi (stati emotivi e passionali, moventi di lucro, moventi di vendetta…);
 studiare le tipologie e i fenomeni della criminalità che si verificano nel corso del tempo,
in modo da studiare le opportune strategie da impiegare sul territorio per la prevenzione e
l’analisi della criminalità.
Il criminologo, alla luce di questi elementi, è in grado di coltivare conoscenze e informare su
delitto e delinquenti secondo un più ampio ventaglio di prospettive che rientrino nel campo di
indagini della criminologia.
Da un punto di vista operativo, invece, il compito fondamentale del criminologo si esplicita al
meglio nella pratica investigativa al verificarsi di un fenomeno delittuoso. La sua figura diviene
fondamentale quando siano necessarie specifiche competenze, mezzi e la consulenza di
professionisti specializzati, al fine di raccogliere le giuste prove, descrivere dettagliatamente gli
10
Malizia Nicola, Criminologia ed elementi di criminalistica, Firera & Liuzzo, Roma, 2010.
13
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eventi e permettere un’adeguata e coerente ricostruzione dei fatti. Il criminologo consente la
rilevazione, la valutazione e l'interpretazione dei dati che emergono dalle indagini, grazie alla
conoscenza dei fenomeni criminali e della reazione sociale ad essi. In particolare egli compone
le diverse esperienze e conoscenze intorno al reato che si è verificato, alle sue manifestazioni, ai
suoi effetti, alla sua valutazione e comprensione. Inoltre la presenza del criminologo consente di
indirizzare la richiesta di collaborazione di eventuali altri periti con competenze adeguate e
specifiche per ciascun fatto o prova da circostanziare; egli rappresenta il punto di incontro e di
raccordo tra diverse figure professionali (sia quelle con funzioni di ricerca, sia quelle con
funzioni operative come forze dell’ordine, magistratura, avvocati, periti, investigatori...),
permettendone il dialogo e sostenendo così una coerenza e una logica alla ricerca intrapresa.
Egli ha una formazione e competenze multidisciplinari, dalla psicologia all’interpretazione della
documentazione giuridica e penale fino ad arrivare alla lettura e alla definizione dei fenomeni
criminologici. Proprio per questa formazione riuscirà a collaborare efficacemente con tutti gli
attori coinvolti, non solo nelle indagini, ma anche nell’eventuale processo.
Il criminologo che si immerge e procede in una investigazione non deve essere un “tuttologo”,
ma un soggetto capace di coordinare e sfruttare sul terreno le varie competenze degli esperti
(ovviamente qualificati), avvalendosene attraverso il dialogo, la conoscenza delle diverse materie
e il rispetto dei compiti. L’interdisciplinarità e l’integrazione delle competenze possono dare un
significativo contributo volto ad agevolare l’investigazione in maniera efficace e diffondono una
cultura relativa a un lavoro di gruppo dinamico in un’atmosfera di cooperazione.
La ragione per cui non vengono presi in considerazione gli esperti in ambito investigativo, pare
essere collegata a una difficoltà nel riconoscere le discipline utili nel processo di ricerca della
prova e integrarle in modo che rappresentino un valore aggiunto e non un semplice ausilio. È
necessario ed essenziale che vi sia uno scambio dialettico e intellettuale tra gli operatori
dell’indagine e che gli esperti (ad esempio: lo psicologo), vengano considerati figure
professionali importanti per le investigazioni, con cui operare fianco a fianco in modo che le
conoscenze teoriche non restino fini a sé stesse.
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3. L’importanza della figura del criminologo nelle investigazioni 11
La figura del criminologo con il ruolo di consulente tecnico in fase investigativa è uno dei
soggetti che acquista maggiore rilevanza all’interno delle indagini relative al verificarsi di un
reato (indagini preliminari ed indagini difensive), poiché il corretto svolgimento delle ricerche e
la corretta interpretazione degli indizi influenza in modo irreversibile l’andamento di un caso e di
conseguenza, a cascata, l’eventuale processo e il suo esito giudiziario. La considerazione del
criminologo come figura professionale indispensabile all’interno di un team di lavoro ha
conosciuto nuovo slancio grazie alle modifiche apportate dalla Legge n. 397 del 7 dicembre
2000, che introduce e codifica un nuovo strumento all’interno del nostro ordinamento: le
indagini difensive. Quest’ultime costituiscono un vero e proprio punto di svolta, e una
sostanziale modifica, nel modo di amministrare il procedimento penale dalla loro entrata in
vigore in avanti. Le indagini difensive sanciscono cioè quel passaggio da un rito penale di
stampo inquisitorio ad uno di stampo accusatorio. Per capire questo tipo di evoluzione è
necessario capire la differenza tra i due sistemi, il primo di matrice più tradizionale, il secondo,
invece, connotante l'attuale sistema.
3.1. Sistema di tipo “Inquisitorio”
Il sistema inquisitorio si basa su un assunto di massima: il giudice, colui il quale emetterà la
sentenza conclusiva, è al tempo stesso organo accusatorio e, appunto, giudicante. La principale
conseguenza è che egli difetta completamente del requisito della terzietà. Non solo, la segretezza
degli atti processuali costituisce un valore di massima rilevanza all'interno del procedimento;
questi sono preclusi non solamente ai soggetti estranei al procedimento (circostanza che è
prevista, al presentarsi di determinate circostanze, anche nel sistema accusatorio), ma anche allo
stesso imputato ed al suo difensore. Dal che discende la mancanza di parità tra l'organo
giudicante e quello giudicato e, a cascata, discendono tutta una serie di conseguenze piuttosto
gravose in capo a quest'ultimo. In particolare, la possibilità per il giudice di ricercare le prove
senza che all'imputato si riconosca contestualmente alcun diritto in ordine all'assunzione delle
stesse. Dunque, riassumendo, il sistema inquisitorio si configura attraverso le seguenti
caratteristiche:
Tutto il paragrafo 2.2 (inclusi i paragrafi 2.2.1 e 2.2.2) è frutto dell’integrazione delle descrizioni
trovate nei siti Internet:
http://www.diritto.it/docs/35308-le-indagini-o-investigazioni-difensive-intervista-all-avvocato-simonegiuseppe-latte-del-foro-di-cagliari (data di accesso e consultazione 03/04/2015).
http://www.maremmanews.it/it/index.php/rubriche/social-crime/22365-il-ruolo-del-criminologo-nelleindagini-difensive (data di accesso e consultazione 03/04/2015).
http://www.overlex.com/leggiarticolo.asp?id=1085 (data di accesso e consultazione 03/04/2015).
http://www.poliziaedemocrazia.it/live/index.php?domain=archivio&action=articolo&idArticolo=1834
(data di accesso e consultazione17/03/2015).
http://www.professionisti.it/enciclopedia/voce/2480/Indagini-difensive (data di accesso e consultazione
03/04/2015), e nei seguenti libri: Lozzi Gilberto, Lezioni di procedura penale, VI edizione, Giappichelli,
Torino, 2004 e Pisauro Giuseppe, L'investigazione come scienza, Edizioni Libreria Colacchi, L'Aquila,
2004.
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




l'attivazione di un organo pubblico per la rilevazione dell'illecito, con la conseguenza che
si ravvisano le funzioni di accusatore e quelle di giudice nel medesimo soggetto
(contemporaneamente organo accusatore e giudicante, mancando di terzietà) – ricerca e
formazione delle prove sono sottoposte alla libera iniziativa del giudice;
imposizione di vincoli e limitazioni alla difesa, questo a causa della mancata
contrapposizione tra le due parti fondamentali, l'accusatore e l'accusato;
il processo è segreto, non solo per i soggetti estranei al processo, ma anche per lo stesso
inquisito, manca pertanto qualsiasi forma di controllo pubblico;
le forme in cui è redatto sono quelle scritte (specifica formazione degli atti e di
acquisizione probatoria);
l’attribuzione al magistrato di poteri molto ampi nella ricerca delle prove, che
comprendono anche il ricorso a mezzi di coercizione della libertà personale (come ad
esempio, la carcerazione preventiva); ciò presuppone una totale disparità tra il “giudice
accusatore” e l’imputato, al quale ovviamente non viene riconosciuto alcun diritto in
ordine all’assunzione delle prove e alla loro ricerca; l'imputato ed il suo difensore sono
addirittura esclusi, in determinate circostanze, dalla partecipazione a fondamentali attività
di rilevanza probatoria, come gli esami testimoniali o i confronti.
Appare dunque evidente che la concezione del processo di natura inquisitoria ha l’obbiettivo di
fare giustizia, vista in funzione di risultato utile, il che ammette un sostanziale disinteresse per le
posizioni degli individui all’interno del procedimento.
Il codice Rocco adottava un sistema “misto”, ovvero ispirato in parte a regole inquisitorie
(prevalenti e valorizzate), come la distinzione netta e radicale fra la fase istruttoria, la segretezza
e l'uso della scrittura; la fase del giudizio invece, finalizzata alla verifica, si configura oralmente,
con modalità pubblica, utilizzando del materiale probatorio formato nel corso della fase
istruttoria. Il dato centrale di questo modello è che la prova non viene formata nel contraddittorio
pubblico delle parti e secondo il principio dell'oralità, ma si forma nel segreto della fase
istruttoria e il giudizio è delibazione e verifica di quel materiale, ma non finalizzato alla
formazione della prova.
3.1.1. Come si configuravano le indagini preliminari nel sistema inquisitorio?
Dal 1930 al 1988 era la fase in cui si sostanziava la maggior raccolta delle prove ad opera della
polizia giudiziaria, sotto il coordinamento del Giudice per le Indagini Preliminari (o del pubblico
ministero nel rito abbreviato), dove vigeva il principio di conservazione delle prove. Ciò
significava che tutti gli atti compiuti nella fase istruttoria (dalla polizia giudiziaria, dal Pubblico
Ministero, dal giudice istruttore) venivano documentati, conservati e utilizzati come prova ai fini
della decisione processuale. Pertanto, esse subentravano nella successiva fase del contraddittorio
come prova già formata: questa modalità produceva un evidente contrasto nella figura del
Pubblico Ministero, che assume le prove nonostante sia l’organo cui si demanda l'esercizio
dell'azione accusatoria. Nel sistema tradizionale la fase indagatoria era quindi completamente
sbilanciata a favore del soggetto indagante, e la posizione del difensore, si deduce, fosse poco
più che marginale e che comportasse minori responsabilità, perché non era chiamato a scelte
processuali nell'interesse del proprio assistito. Questo produceva una limitata funzionalità del
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difensore all’interno delle indagini preliminari e, conseguentemente, una limitante valenza
probatoria da lui prodotta:
“Si è visto che il diritto di difesa nel corso delle indagini preliminari – inteso tradizionalmente
nel senso di partecipazione critica della difesa agli atti istruttori dell'indagante – abbia
un'attuazione limitata in ragione e in corrispondenza della limitata valenza probatoria di tali
atti e, si è notato, come sia maggiore il pregiudizio che subisce la difesa, quanto più ampia è
l'utilizzazione probatoria che degli atti in questione è consentita dal sistema processuale”. 12
La materia della ricerca della prova ad opera della difesa, nel sistema tradizionale, trovava la sua
disciplina all'interno dell'art. 38 delle disposizioni di attuazione del codice. In essa si stabiliva
che il difensore potesse ricercare la prova e raccogliere dichiarazioni testimoniali attraverso due
modalità: direttamente, oppure per il tramite l’ausilio di investigatori privati; ipotesi quest'ultima
piuttosto generica e di scarsa applicazione pratica. Basti pensare a tale proposito che la legge
istitutiva del patrocinio a spese dello Stato non conteneva alcuna previsione in merito alla
circostanza che l'operato di questi soggetti potesse aversi anche per il soggetto non abbiente.
Oltretutto si evidenzia poi la difficile praticabilità di queste disposizioni, in virtù di due
considerazioni: le difficoltà operative che questi avrebbero incontrato nell'esercizio della propria
attività e, non meno importante, l'utilizzabilità del risultato delle loro indagini da parte del
difensore all'interno del processo. Si configurava così un monopolio investigativo del pubblico
ministero e del giudice istruttore mentre il nuovo codice di procedura penale, alla luce delle
recenti riforme legislative, pone al centro del processo il difensore sottolineando il suo ruolo
attivo.
3.2. Il sistema di tipo “Accusatorio”
Ben diverso nei presupposti (e nelle conseguenti ricadute sulla struttura delle indagini
preliminari) è il sistema di stampo accusatorio. Se nel primo caso mancava completamente la
dialettica tra la parte accusatrice e quella accusata, essa diviene qui un valore di grande
importanza: le prove infatti devono essere prodotte rispettivamente (a seconda che siano a carico
o a discarico) dall'organo accusatorio e dall'imputato, ma soprattutto viene creata una netta
distinzione tra il pubblico ministero e il giudice che dovrà emettere la sentenza. Al primo spetta
il compito di raccogliere le prove, presumibilmente a carico dell'imputato, per fondare, se
sussistente, l'accusa. Al secondo spetta il ruolo di valutare, in posizione di assoluta terzietà,
quelle prove (derivanti dall'accusa) e la confutazione di esse (da parte della difesa), come organo
al di sopra delle parti. Ancora, il processo da scritto e segreto diventa pubblico ed orale,
contraddistinto dalla libertà personale della persona accusata, nonché da una parità di diritti e
poteri fra organo accusatorio ed imputato.
“Concettualmente il processo penale di tipo accusatorio appare specularmente opposto al
modello inquisitorio: trae ispirazione da un forte sentimento per l'individuo, e da un concreto
senso della realtà, la fenomenologia del processo è quindi rapportabile ad una contesa, il cui
12
Lozzi Gilberto, Lezioni di procedura penale, VI edizione, Giappichelli, Torino, 2004 - pag. 356.
17
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ambito è ben definito da un caso concreto che deve essere risolto, fra parti poste su un piano di
uguaglianza, che sarà decisa da un soggetto del tutto indipendente dai contendenti”13
Quattro, dunque, sono le caratteristiche che fondano il sistema accusatorio e che è bene aver
presenti nella loro piena configurazione:
 l'accertamento dell'illecito è lasciato alla libera iniziativa delle parti contrapposte, di
conseguenza, vi è un accusatore che ha pari diritti rispetto all'accusato perché si ritiene
che la tesi e l'antitesi debbano successivamente trovare un componimento nella decisione
emessa dal giudice in posizione di assoluta terzietà;
 il giudice non ha alcun potere d'iniziativa in ordine all'acquisizione delle prove,
conseguentemente l'onere probatorio è a carico dell'accusato;
 la pubblicità ed oralità sono le forme in cui si struttura il processo, avendo la funzione di
garantire un controllo dell'opinione pubblica sullo stesso;
 da ultimo, l'accusato si presume innocente sino alla condanna, ciò comporta lo stato di
libertà in capo ad esso durante l'intera durata del processo (salvo specifiche eccezioni).
Il sistema che oggi è in vigore nel nostro ordinamento, così come delineato dal codice entrato in
vigore il 24 ottobre 1989, in ragione dei princìpi e dei criteri dettati dalla legge delega 16
febbraio 1987, n. 81, è sicuramente di tipo accusatorio e effettua una fondamentale partizione tra
un procedimento per le indagini preliminari ed un vero e proprio processo, intesa a differenziare
i ruoli e gli spazi di intervento del Pubblico Ministero dalla funzione del giudice. Ciò attraverso
il conferimento del valore di “prova” agli elementi raccolti durante le indagini esclusivamente al
giudice, nel corso della fase dibattimentale.
3.2.1. La configurazione delle indagini preliminari nel sistema accusatorio
Il pubblico ministero ed il difensore qui costituiscono i veri protagonisti della fase delle indagini:
entrambi hanno il compito di raccogliere elementi di prova da utilizzare, rispettivamente, a
carico o discarico dell'imputato nelle fasi successive. Entrambi, dunque, rivestono un ruolo
assolutamente preponderante alla funzione che successivamente dovrà esercitare il giudice:
quella cioè di giudicare. Al tempo stesso l'uno e l'altro agiscono secondo percorsi ben diversi: il
pubblico ministero persegue l'interesse della legge e quindi della giustizia, egli raccoglie le prove
affinché si garantisca la correttezza del successivo giudizio, quindi avvalora con il suo operato
l'attività del giudice; diverso è invece il ruolo dell'avvocato che raccoglie sempre le prove, ma lo
fa con il preciso intento di difendere il proprio cliente, che a lui si è rivolto perché l'accusa che
gli vien mossa venga ritenuta priva di fondamento. Benché il legislatore della riforma conceda al
difensore di effettuare proprie indagini, quest'ultimo resta pur sempre un soggetto che non
esercita una funzione imparziale.
“La finalità delle indagini preliminari è delineata nell'art. 326 c.p.p., per cui il pubblico
ministero e la polizia giudiziaria svolgono, nell'ambito delle rispettive attribuzioni, le indagini
necessarie per le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale. Di conseguenza, le
13
Pisauro Giuseppe, L'investigazione come scienza, Edizioni Libreria Colacchi, L'Aquila, 2004 - pag.
186.
18
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indagini preliminari sono finalizzate unicamente ad acquisire elementi di prova al fine di
mettere in condizioni il pubblico ministero di decidere se esercitare o no l'azione penale”.14
“L'indagine preliminare è una delle più rilevanti novità del codice di procedura penale del 1989.
Novità non limitata alla struttura normativa, ma riguardante uno dei motivi ispiratori di una
visione processuale congeniale al modello accusatorio. (…) La fase delle indagini preliminari è
un vero spartiacque, una linea di confine tra la fase procedimentale e la fase processuale (…). A
questa morfologia di base va aggiunto che i protagonisti della fase sono: il p.m., la polizia
giudiziaria, il difensore dell'imputato (quest'ultimo, solo recentemente). Inoltre è da dire che il
controllo giurisdizionale è esercitato, in questa fase procedimentale, dal G.I.P. (giudice per le
indagini preliminari) che è deputato a provvedere sulle richieste del Pubblico Ministero, delle
parti private e della persona offesa dal reato, e comunque ha funzione di garanzia e di controllo
sull'attività d'indagine e sul rispetto dei termini temporali in cui le attività d'indagine debbono
svolgersi”15.
3.3. Le Indagini difensive16
Con il termine indagini difensive si intendono tutte le attività di investigazione e di indagine che
il difensore può svolgere, nell'interesse del proprio assistito, in parallelo rispetto a quelle del
Pubblico Ministero. Tale facoltà è stata attribuita nel codice di procedura penale 17 al difensore in
seguito all'inserimento delle disposizioni della legge di revisione costituzionale dell’art. 111
della Costituzione, n. 2 del 9 novembre 1999 e dell'articolo 11 della legge n. 397 del 7 dicembre
200018.
14
Lozzi Gilberto, Lezioni di procedura penale, VI edizione, Giappichelli, Torino, 2004 - pag. 333.
Pisauro Giuseppe, L'investigazione come scienza, Edizioni Libreria Colacchi, L'Aquila, 2004 - pag.
194.
15
Tutto il paragrafo 2.3 (inclusi gli approfondimenti A e B) è frutto dell’integrazione delle descrizioni
riportate nei siti internet: http://www.overlex.com/leggiarticolo.asp?id=1085 (data di consultazione e
accesso 03/04/2015).
http://www.professionisti.it/enciclopedia/voce/2480/Indagini-difensive (data di consultazione e accesso
03/04/2015).
http://www.studiolegalegiaffreda.it/articoli/85-approfondimenti/16-riforma-art-111-cost
(data di accesso e consultazione 04/03/2015).
http://it.wikipedia.org/wiki/Riforme_giudiziarie_della_XIII_legislatura (data di accesso e consultazione
04/03/2015).
http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=12&ved=0CCYQFjABOAo&url=htt
p%3A%2F%2Fwww.europeanrights.eu%2Fpublic%2Fcommenti%2FMeoli_giusto_processo.doc&ei=jeo
kVZLmI4OfsAGw-IK4DA&usg=AFQjCNHbk3vhWQG5h6xpS0rPitPAq8pHlw (data di accesso e
consultazione 04/03/2015).
17
Codice procedura penale, articolo 391-bis, 391-ter, 391-quater, 391-quinquies, 391-sexies, 391-septies,
391-octies, 391-nonies, 391-decies.
18
In buona sostanza, il terreno all'introduzione delle indagini difensive è stato preparato da due leggi
precedenti:
la legge 332 del 1995 (che elimina la prevalenza della fase delle indagini rispetto a quella del
contraddittorio con il predominio del ruolo del pubblico ministero come organo deputato all'accusa, il
quale non assume le prove perché ciò avviene in sede dibattimentale, ma può procedere ad accertamenti,
rilievi segnaletici, descrittivi o fotografici, o, comunque, a qualunque operazione necessitante specifiche
16
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Si tratta, in sostanza, dello strumento che attua il principio accusatorio, inteso in particolare come
parità tra accusa e difesa, che caratterizza il nostro processo penale a partire dal 1989-90, con la
riforma del codice di rito.
A) Art. 111 della Costituzione (riforma costituzionale, legge cost. n 2 del 09/11/1999)
In ragione della revisione costituzionale dell'articolo 111, l’impianto accusatorio non può essere
posto in discussione poiché due elementi come l’imparzialità del giudice nel procedimento
probatorio e il diritto del controesame nell’assunzione della prova, sono stati recepiti ed elevati a
principi di rango costituzionale.
Secondo il nuovo testo, infatti, il primo comma dell’art. 111 stabilisce che “la giurisdizione si
attua mediante il giusto processo regolato dalla legge”, mentre il secondo comma afferma il
principio del contraddittorio19. Successivamente, sempre quest’ultimo sancisce la “parità tra le
parti”, che nel processo penale si scontra con la diversità di posizione, istituzionale e
processuale, che intercorre tra il pubblico ministero e l’imputato; inoltre il secondo prosegue
stabilendo che il processo deve svolgersi “davanti a giudice terzo e imparziale”, dove la terzietà
attiene alla posizione istituzionale rivestita dal giudice e l’imparzialità connota l’esercizio delle
funzioni processuali da parte dello stesso. L’ultimo principio sancito al comma II è quello della
“ragionevole durata” del processo, la cui attuazione è rimessa al legislatore.20
Il terzo comma contiene il catalogo dei diritti spettanti alla persona sottoposta alle indagini, la
quale deve essere “informata riservatamente della natura e dei motivi” dell'accusa (al fine di
prevenire inammissibili divulgazioni della notizia) “nel più breve tempo possibile”; tale
disposizione si colloca tra il diritto di difesa dell'accusato e l'esigenza di segretezza delle
indagini, il bilanciamento tra le due opposte istanze è attuato dall'espressione “nel più breve
tempo possibile”. Il terzo comma prosegue riconoscendo all’accusato il diritto di disporre “del
tempo e delle condizioni necessarie per preparare la sua difesa”; ma forse, l’enunciato più
importante della norma in esame sancisce che l’imputato ha il diritto “di interrogare o di far
interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico”: questo rappresenta l’espresso
competenze tecniche, può nominare ed avvalersi di consulenti. Inoltre egli può di interrogare la persona
assoggettata alle indagini e compiere tutte le attività che possono cioè risultare utili per l'esercizio
dell'azione penale - ispezioni, confronti, perquisizioni e sequestri. Al difensore spetta la facoltà presentare
direttamente al giudice gli elementi probatori ritenuti rilevanti ed ottenere, in conseguenza, l'inserimento
della documentazione nel fascicolo delle indagini preliminari).
la legge 479 del 1999 (viene concessa la possibilità concessa alla persona sottoposta alle indagini ed alla
parte offesa di rilevare l'incompetenza territoriale del p.m. durante le indagini preliminari e viene istituito
l'obbligo, poi, sempre per il pubblico ministero di far notificare l'avviso della conclusione delle indagini
preliminari prima della scadenza del termine. Consente cioè alla persona sottoposta alle indagini di
conoscere, prima dell'esercizio dell'azione penale nei suoi confronti, le fonti di prova a suo carico: egli
può suggerire il compimento di atti di indagine a suo favore, produrre documentazione necessaria alla
propria difesa e infine, richiedere il proprio interrogatorio).
Entrambe quindi ridimensionano il ruolo del p.m. rispetto al difensore: si sancisce l'allargamento degli
spazi riservati alla difesa in virtù dell'ispirazione garantista propensa ad equilibrare la posizione
egemonica del pubblico ministero.
19
I primi due commi dell’art. 111 sanciscono principi che non si riferiscono soltanto al processo penale,
ma costituiscono una sorta di denominatore comune per tutti i contesti nei quali si ravvisa l’esercizio di
un potere giurisdizionale.
20
«…ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice
terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata.» (art. 111 Costituzione, II Comma).
20
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riconoscimento costituzionale del diritto a confrontarsi con l’accusatore. Proseguendo,
all’imputato è riconosciuto altresì il diritto di “ottenere la convocazione e l’interrogatorio di
persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell’accusa e l’acquisizione di ogni altro mezzo di
prova a suo favore” (si riconosce pertanto il diritto alla prova, senza scordare che anche le prove
richieste dall’imputato debbano superare il vaglio giudiziale di ammissibilità.
A seguire, il IV comma stabilisce che “il processo penale è regolato dal principio del
contraddittorio nella formazione della prova”, la norma sancisce tale principio come miglior
metodo per la ricostruzione dei fatti21.
Riassumendo, il procedimento penale è regolato da elementi fondamentali, tra i quali i seguenti
assumono particolare rilevanza:
 la contestazione;
 il contraddittorio;
 la pubblicità;
 l’oralità;
 l’immediatezza;
 la difesa;
 il libero convincimento del giudice.
Al principio del contraddittorio (nella sua accezione di metodo dialettico di formazione della
prova proprio del sistema accusatorio), si accompagna il principio dell’oralità, inteso come
metodo d’acquisizione delle prove con dichiarazioni rese oralmente dinanzi al giudice, senza
prove scritte precostituite provenienti da una precedente fase investigativa o istruttoria;
attraverso questi due elementi il nuovo impianto normativo assume la sua autentica fisionomia,
non più incentrato sulla prova cristallizzata in una pregressa fase investigativa, ma attraverso il
progredire della formazione della prova attraverso i contrapposti interventi delle parti davanti ad
un giudice imparziale.
Nella sua attuale configurazione normativa emerge chiaramente il principio di pubblicità, inteso
come acquisizione e formazione della prova in pubblica udienza, che svolge la sua doppia
valenza di controllo sociale sul processo e di diritto individuale dell’accusato che la prova venga
formata in sua presenza in un procedimento basato sul confronto.
B) La legge n. 397 del 2000
Finalmente, con la legge n. 397 del 2000 si disciplina in modo completamente innovativo lo
strumento delle indagini difensive, superando le mancanze della precedente disciplina:
21
Il principio del contraddittorio ricorre sia nel II che nel IV comma, pertanto occorre tracciare una
distinzione: mentre il II comma riferisce indistintamente a tutti i tipi di processo (principio che viene
affermato nella sua accezione più ampia e generale, secondo la quale il soggetto che subirà gli effetti di
un provvedimento giurisdizionale deve essere messo in condizione di esporre le proprie difese prima che
il provvedimento stesso sia emanato), il IV comma si riferisce esclusivamente al processo penale nel suo
significato “specifico” di contraddittorio nella formazione della prova.
21
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“La legge ha introdotto l'art. 327 bis, il quale dispone che il difensore, sin dal momento in cui
assume l'incarico professionale (che deve risultare da atto scritto), ha facoltà di svolgere
investigazioni per ricercare ed individuare elementi di prova a favore del proprio assistito”22.
In sostanza, lo scopo della legge (intitolata “Disposizioni in materia di indagini difensive”) è
stato soprattutto quello di introdurre nuovi contenuti al titolo VI bis del libro quinto del codice
di procedura penale (dedicato alle indagini e all'udienza preliminare). In particolare, rileva
l'introduzione dell'art. 327 bis, per il tramite del quale si dispone che il difensore abbia piena
facoltà di svolgere investigazioni sin dal momento in cui assume l'incarico difensivo. Tali
investigazioni sono mirate alla ricerca di eventuali elementi di prova a favore del proprio
assistito e pongono pertanto in capo all'organo difensivo un'importante responsabilità: quella
cioè di adoperarsi attivamente al fine di procurare al processo e, di conseguenza, anche
all'organo giudicante, gli strumenti idonei per una valutazione favorevole all'assistito. La nuova
disciplina sulle indagini difensive quindi ne ha notevolmente ampliato le facoltà, creando una
dinamica per cui la sua posizione, all’interno del processo penale, si collochi parallelamente
rispetto a quella riconosciuta al Pubblico Ministero. Ciò non vuol dire che il ruolo e le funzioni
del difensore abbiano acquisito un ruolo di parità completa rispetto a quelle del pubblico
ministero, ma diviene più opportuno parlare di “pari dignità”, in quanto il legislatore ha
riconosciuto ai risultati delle investigazioni difensive una uguale valenza dimostrativa rispetto a
quelli delle indagini compiute dal rappresentante della pubblica accusa e della polizia
giudiziaria. Il principio del contraddittorio non avrebbe potuto essere attuato se anche la difesa,
al pari dell'accusa, non avesse avuto il potere di ricercare, individuare ed assicurare gli elementi
di prova a suo favore. Le indagini difensive così riformate applicano un maggiore
riconoscimento al diritto di difesa della persona accusata, poiché si ha la possibilità di un
contatto immediato e libero con il proprio difensore, di ricercare elementi di prova a discarico,
effettuare interrogatori e l'acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore.
Il sistema processuale risulta così riequilibrato, all’interno del quale risalta la centralità della
formazione della prova restituita alla fase dibattimentale davanti al giudice: in un processo così
caratterizzato, le parti assumono un ruolo dinamico, che ne rende necessaria una partecipazione
attiva a tutte le fasi processuali, a cominciare da quella delle indagini preliminari, riservata alla
ricerca ed alla individuazione delle fonti della prova.
22
Lozzi Gilberto, Lezioni di procedura penale, VI edizione, Giappichelli, Torino, 2004 - pag. 359.
22
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3.4. Il ruolo del criminologo all’interno delle indagini difensive23
Fino a qualche anno fa spazi professionali autonomi per il criminologo non esistevano ed egli
difficilmente poteva partecipare direttamente alle indagini sui delitti. Con la recente entrata in
vigore della legge sulle indagini difensive (legge 7 dicembre 2000, n. 397) la possibilità per i
criminologi e gli esperti di scienze forensi di poter coadiuvare la difesa, mediante la redazione
di consulenze e perizie di parte, è diventata invece una concreta realtà.
In applicazione alle nuove norme del Codice di Procedura Penale, a partire dal 2000 si è avuta
quindi una nuova e grande opportunità di poter contribuire con rigore e metodo scientifico al
raggiungimento della verità processuale, facendo in modo che quest'ultima risulti, anche per la
difesa, il più vicino possibile alla verità storica. Il criminologo a pieno diritto è entrato a far
parte degli esperti e dei consulenti del collegio della difesa, anche se l’Albo dei periti e dei
consulenti dei Tribunali non lo riconosce ancora come figura autonoma.
La figura del criminologo in Italia ha iniziato ad affermarsi solo recentemente in ambito
pratico-perativo: il suo ruolo ha trovato slancio proprio da quando è stato formalizzato e
previsto il loro intervento e la loro collaborazione con gli avvocati (insieme ad altre e variegate
figure professionali) nell’ambito delle indagini difensive a tutela degli indagati. La facoltà di
esercitare tali indagini è attribuita al difensore nel giudizio penale, con facoltà di avvalersi di
sostituti e di consulenti specializzati nel campo delle indagini che di volta in volta si dovranno
effettuare (perizie mediche, indagini balistiche, valutazioni psicologiche e psichiatriche, perizie
foniche, perizie su filmati, ecc…). In taluni casi le indagini vengono svolte attraverso ricerca e
acquisizione di documenti, anche presso la Pubblica Amministrazione, ovvero attraverso
l'audizione di persone informate sui fatti e la redazione di apposito verbale.
Sin dal momento della notizia dell'apertura di un procedimento penale, pertanto, potrà risultare
assai utile fornire al proprio difensore qualsiasi spunto di indagine per reperire elementi a
favore attraverso attività di investigazione difensiva; nonostante l'articolo 358 del codice di
procedura penale preveda espressamente che il Pubblico Ministero svolga “altresì,
accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini”, il più delle
volte tali accertamenti risultano del tutto assenti.
Il soggetto titolato a svolgere le indagini difensive nel procedimento penale è il difensore e al
suo fianco, in relazione alla tipologia di accertamenti da svolgere, potranno essere nominati
Tutto il paragrafo 2.4 è frutto dell’integrazione delle descrizioni riportate nei siti Internet:
http://www.giovannabellini.it/default.asp?page=faq&id_dint=1160 (data di consultazione e accesso
03/04/2015).
http://www.overlex.com/leggiarticolo.asp?id=1085 (data di consultazione e accesso 03/04/2015).
http://www.poliziaedemocrazia.it/live/index.php?domain=archivio&action=articolo&idArticolo=1834
(data di consultazione e accesso 17/03/2015).
http://www.professionisti.it/enciclopedia/voce/2480/Indagini-difensive (data di consultazione e accesso
03/04/2015).
http://www.studiolegalegiaffreda.it/articoli/85-approfondimenti/16-riforma-art-111-cost
(data di accesso e consultazione 04/03/2015).
http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=12&ved=0CCYQFjABOAo&url=http%
3A%2F%2Fwww.europeanrights.eu%2Fpublic%2Fcommenti%2FMeoli_giusto_processo.doc&ei=jeokVZL
mI4OfsAGw-IK4DA&usg=AFQjCNHbk3vhWQG5h6xpS0rPitPAq8pHlw
(data di accesso e consultazione 04/03/2015).
23
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consulenti, ad esempio un medico legale, un esperto balistico, traduttore, fonico,
commercialista, ingegnere specializzato, informatico, una società di investigazioni, ecc... Essi
potranno redigere apposite relazioni su quanto accertato e potranno essere sentiti davanti al
Tribunale in contraddittorio circa gli esiti del proprio apporto professionale. In questa fase
rilevante è il criminologo come consulente tecnico in sede investigativa, perchè può fornire
strumenti adeguati per ottenere informazioni da luoghi e situazioni, esaminare beni sequestrati,
ispezionare la scena (previa autorizzazione) dove si è svolto l’illecito. Egli può interpretare,
sotto il profilo criminologico e sociale, una condotta umana per valutarne la responsabilità,
capire il perché e le circostanze di un determinato evento criminoso; può contribuire nella
raccolta di testimonianze e può collaborare efficacemente nel corso delle indagini, soprattutto
nelle fasi di sopralluogo ed accertamenti tecnici, poiché in grado di esaminare i fatti alla luce
della sua preparazione specifica. Inoltre egli permetterebbe all'avvocato di indirizzare la
richiesta di collaborazione di eventuali altri periti con competenze adeguate e specifiche per
ciascun fatto o prova da circostanziare; il fatto di rivolgersi alle competenze di terzi,
coinvolgendo più specialisti di settore in modo coordinato, dovrebbe rappresentare una forza in
dotazione allo stesso legale. Il contributo di un team di diversi professionisti ed esperti non
potrà che accrescere la validità delle indagini difensive e la figura più adatta alla coordinazione
del lavoro di tale squadra è identificabile appunto nel criminologo che lavora sul campo.
La riforma dell'art. 111 e le norme sulle investigazioni difensive rappresentano quindi una vera
e sostanziale rivoluzione pratica rispetto al sistema precedente; conseguentemente esaltano il
ruolo del criminologo che non trova avvaloramento solo nella ricerca scientifica, con l'analisi
delle cause e le conseguenze della azioni criminose, ma anche fattivamente attraverso
le consulenze per le forze dell'ordine e magistratura (art. 220 c.p.p.) e nell'analisi del singolo
caso durante le indagini difensive richieste dall'avvocato.
In tutto questo scenario è rilevante la figura del criminologo perchè egli è in grado di esaminare
i fatti alla luce della sua preparazione specifica: può fornire un contributo nella raccolta delle
testimonianze e nella fase delle indagini, di fornire aiuto al legale nella scelta della strategia di
interrogatorio applicabile in base al crimine compiuto del sospettato, utilizzare strumenti
adeguati per ottenere informazioni da luoghi e situazioni che vanno osservati con occhio attento
(in particolare nel momento delle investigazioni di sopralluogo ed accertamenti tecnici). Inoltre
egli può interpretare, sotto il profilo criminologico e sociale, una condotta umana per valutarne
la responsabilità, capire il perché e le circostanze di un determinato evento criminoso.
In ogni caso, l'attività del criminologo comporta l'acquisizione di competenze interdisciplinari e
multidisciplinari che permettano il raggiungimento di una visione complessiva ed integrata
delle scienze forensi.
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4. Il modello investigativo: la mancanza di un metodo formalizzato
e riconosciuto24
Come la criminologia, anche l’investigazione ha sempre sofferto della mancanza di
un’autonoma dottrina che predisponesse regole teoriche e criteri chiari che ne garantissero
l’uniformità sia sostanziale che applicativa; in particolare ne risente la formazione di coloro che
dopo aver superato un concorso pubblico e divenuti ufficiali o agenti di Polizia, apprendono
esclusivamente attraverso “l’esperienza sul campo”, supportati sicuramente anche da
aggiornamenti e flussi di formazione continua.
Il vuoto dottrinale e l’indisponibilità di un metodo hanno causato l’adozione di pratiche
soggettive, non formalizzate, che si formano sulle esperienze assolutamente personali di ogni
investigatore; questo ha impedito l’evoluzione e la formalizzazione della disciplina
investigativa, che si riduce ad una generica “tecnica professionale” costituita da metodi
personalizzati da chi procede alle indagini.
“… i precetti di volta in volta comunicati oralmente, rendono inattuabile un’evoluzione della
disciplina che ha finito purtroppo per essere confinata nella «tecnica professionale» di ogni
singolo operatore … facendo nascere un deleterio «personalismo metodologico»”25
“L’immaginario collettivo e quello letterario hanno da sempre legato il successo investigativo
al «fiuto» di chi indaga. La sola intuizione non può oggi governare la complessa procedura di
indagine, legata a mezzi, forme e tempi le cui inosservanze producono vizi d’origine e in itinere
e l’implosione della costosa macchina investigativa.”26
L’esperienza pertanto diviene uno dei principali elementi che forma un buon investigatore, ma
tuttavia è contraddistinta da elementi oscuri e irrazionali, e per questo, fallibili (mancanza
involontaria di “controllo formale”, condizione umana di valutazione, mancata visione di
riscontri…).
La ricerca di un valido modello operativo deve, quindi, muovere dall’esame delle molteplici
esperienze dei reparti investigativi, analizzando la validità dei percorsi che hanno assicurato il
buon esito di un’investigazione e, soprattutto, approfondendo le reali cause che ne hanno
Tutto il paragrafo è frutto dell’integrazione delle descrizioni riportate nel sito Internet:
http://www.carabinieri.it/editoria/rassegna-dell-arma/anno-2002/n-1---gennaio-marzo/studi/la-gestionedell%27indagine (data di accesso e consultazione: 21/04/2015)
e nei seguenti libri: Carillo Biagio Fabrizio, L’investigatore criminologo. Analisi e intervento nella
comprensione dei fenomeni criminali, Centro Scientifico Editore, Torino, 2012; Carillo Biagio Fabrizio,
Ricostruire il delitto. Dal sopralluogo al profilo criminale, Espress Edizioni, Torino, 2011; Carillo Biagio
Fabrizio, Investigare il crimine d'autore con la psicologia e criminologia investigativa Roma, Laurus
Robuffo, 2012.
25
Carillo Biagio Fabrizio, L’investigatore criminologo. Analisi e intervento nella comprensione dei
fenomeni criminali, Centro Scientifico Editore, Torino, 2012 – pag. 36.
26
http://www.carabinieri.it/editoria/rassegna-dell-arma/anno-2002/n-1---gennaio-marzo/studi/la-gestionedell%27indagine (data di accesso e consultazione: 21/04/2015).
24
25
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determinato l’eventuale insuccesso. I risultati investigativi, positivi o negativi, costituiscono un
momento dell’intera investigazione, ma non la esauriscono in quanto sono connessi e si
riverberano lungo tutto l’eventuale procedimento che ne seguirà.
L’investigazione non può essere considerata una scienza né completa né esatta, poiché le teorie
e la metodologia sono in persistente mutamento, così come i vari ambiti sociali criminali. In più
la parte intuitiva e creativa del singolo (necessariamente supportata da criteri oggettivi e
pragmatici) gioca un ruolo attivo nel buon esito di un’indagine, unita alla professionalità, alla
preparazione, all’elasticità mentale, alla curiosità, al buon senso, allo spirito di sacrificio e
soprattutto alla profonda esperienza.
Lo sforzo di creare una dottrina investigativa deriva dal tentativo di trarre delle regole che
abbiano validità generale, per la costruzione di un metodo che consenta alle unità investigative
di disporre di uno strumento che, sebbene non garantisca il risultato, assicuri l’esame del
poliedrico problema investigativo in tutta la sua complessità. Al fine della corretta conduzione
delle indagini esistono dei protocolli comuni non formalizzati che di fatto, non sempre si
applicano, perché non risultano soddisfacenti di fronte alle peculiarità e alle infinite variabili
del contesto operativo e degli incidenti sulle indagini. La ricerca di elementi oggettivi è l’unico
metodo valido e auspicabile ai fini della giustizia, la scelta delle ipotesi attendibili deve essere
supportata da riscontri logici e usata come criterio di falsificazione. La moderna investigazione
criminologica sottintende pertanto conoscenze pratiche, professionali, ma anche psicologiche
ed epistemologiche, la cui unione e il loro confronto, possono diminuirne gli errori a vantaggio
dell’obbiettivo investigativo.
4.1. Cos’è l’investigazione? E cosa sono le indagini?27
Investigazione si può definire come “… il «ricercare con attenzione e diligenza» o il «fare
accurate e sistematiche ricerche per acquisire conoscenze e stabilire la verità di un fatto»,
mentre l’investigare «il cercare, esaminare o l’indagare con cura ed attenzione per scoprire un
reato, gli autori e i testimoni» ovvero «fare indagini accurate o ricercare con cura, seguendo
ogni traccia, ogni indizio che possa condurre a scoprire, a conoscere, a trovare ciò che si
cerca; nel lessico corrente questi due termini indicano l’insieme delle attività indirizzate verso
la cognizione di verità storiche o strumentali al raggiungimento delle fonti di prova.”28
Il termine “indagine” si rinviene, a livello giuridico, nel libro V del Codice di Procedura Penale
(“Indagine preliminare e Udienza preliminare”): nell’esercizio dell’azione penale si caratterizza
per una primaria ordinazione temporale e funzionale e serve a compiere gli accertamenti
necessari per connotare come fondata una notizia di reato pervenuta a conoscenza dell’Autorità
Giudiziaria; in tale modo si mette il Pubblico Ministero nella condizione di valutare se
esercitare o meno l’azione penale. Le indagini sono propedeutiche ad un eventuale processo,
mirano alla ricostruzione storica del fatto reato e all’identificazione del suo autore. Il processo
Tutto il paragrafo è frutto dell’integrazione delle descrizioni riportate nei seguenti libri: Carillo Biagio
Fabrizio, L’investigatore criminologo. Analisi e intervento nella comprensione dei fenomeni criminali,
Centro Scientifico Editore, Torino, 2012; Carillo Biagio Fabrizio, Ricostruire il delitto. Dal sopralluogo al
profilo criminale, Espress Edizioni, Torino, 2011; Carillo Biagio Fabrizio, Investigare il crimine d'autore
con la psicologia e criminologia investigativa Roma, Laurus Robuffo, 2012.
28
Carillo Biagio Fabrizio, L’investigatore criminologo. Analisi e intervento nella comprensione dei
fenomeni criminali, Centro Scientifico Editore, Torino, 2012 – pag. 39.
27
26
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nella fase del contraddittorio verifica i risultati investigativi acquisiti, i quali hanno pieno valore
e utilizzabilità solo all’interno del dibattimento in giudizio.
Le indagini precedono l’esercizio dell’azione penale: esse cristallizzano un’ipotesi accusatoria
attraverso la formulazione dell’imputazione; l’attività investigativa sorge con l’acquisizione
della notizia di reato29, nell’individuazione e nell’assicurazione30 delle fonti di prova nella
ricerca degli autori del reato e nella raccolta di quant’altro possa servire per l’applicazione della
legge penale; si chiudono con la determinazione del Pubblico Ministero di richiedere l’invio a
giudizio (esercitando l’azione penale) o, al contrario, l’archiviazione. L’attività di indagine
comporta quindi una gestione congiunta con una suddivisione interna di ruoli e responsabilità
tra Pubblico Ministero e Polizia Giudiziaria, per una deliberazione corretta relativa all’esercizio
dell’azione penale.
L’attività di Polizia Giudiziaria si connota quale osservatorio avanzato del Pubblico Ministero,
con prevalenti funzioni propulsive di indagine e quale rapido ed efficace dispositivo
investigativo ed il codice del 1989 le ha riconosciuto la dignità di soggetto al pari di tutti i
protagonisti del procedimento31.
Il campo dell’investigazione reclama un contatto che deve essere fortemente improntato
all’interdisciplinarità che richiede un’attenzione particolare nella raccolta e nella condivisione
dei dati. La gestione di un processo investigativo implica quindi la costruzione di un team che
spesso si forma nel momento dell’intervento sulla scena del crimine, con le difficoltà derivanti
dal mettere insieme figure diverse, ciascuna con la propria logica e le proprie conoscenze, le
quali devono in primo luogo liberarsi di ogni stereotipo, clichè e pensieri abitudinari non
aderenti alla situazione in cui si interviene. Importante è sicuramente la valutazione delle
informazioni raccolte, dei comportamenti tenuti dai soggetti sulla scena del delitto, l’esame
dell’ambiente in cui si è verificato il reato e anche quello dove si svolgono i comuni stili di vita
dei soggetti, attraverso il quale si indagheranno le loro abitudini e relazioni personali. La
problematica vera è quella di definire la cornice di riferimento in cui collocare gli indizi
raccolti: tracce, testimonianze, repertazioni biologiche, ecc… in modo da riuscire a dare una
lettura d’insieme di quanto accaduto.
Le notizie di reato possono distinguersi in tipiche o atipiche: l’esistenza delle notizie di reato così dette
atipiche è giustificata dall’informalità che caratterizza la fase di inizio dell’indagini preliminari. Le
notizie di reato tipiche possono distinguersi in qualificate (denuncia del Pubblico ufficiale o
dell’incaricato di pubblico servizio, denuncia del privato, referto) e non qualificate (querela; istanza;
richiesta).
30
I compiti di indagine che la polizia giudiziaria assolve sono classificabili in:
- Informativi (acquisizione e comunicazione della notizia di reato).
- Assicurativi (consiste nel mantenere la disposizione dei risultati delle investigazioni evitando che
gli stessi vadano dispersi).
- Investigativi (ricerca delle fonti di prova e degli autori di reato).
- Preventivi (di impedimento che i reati vengano portati a conseguenze ulteriori).
- Esecutivi (demandati dal Pubblico Ministero).
- Strumentali (attuazione dei provvedimenti dell’autorità giudiziaria).
29
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4.2. L’investigazione criminologica e l’apporto dell’investigatore criminologo:
le qualità personali32
L’investigazione criminologica è la scienza che studia e analizza la modalità di intervento
investigativo con lo scopo della comprensione integrale dei reati e dell’agire dei loro autori,
nonché rappresenta la scienza ausiliare alle corrette forme di reazione della società contro il
crimine. L’investigazione criminologica deve aspirare ad esprimere in maniera convincente le
sue potenzialità sia come disciplina che come metodo di lavoro e intervento qualificato sulla
scena del crimine: nel patrimonio conoscitivo dell’investigatore devono entrare gli aspetti più
pregnanti della questione criminale che divengono fulcro di tutta la sua analisi e della operatività
messa in campo.
L’investigatore criminologo è detto anche “etico” ed è colui che punta al comprendere e non solo
a reprimere, cerca cioè le motivazioni che sono alla base dell’agire delittuoso.
Un problema da tenere in considerazione è sicuramente quello della formazione professionale
degli investigatori, tenendo conto del fatto che le loro attività si intrecciano in una moltitudine di
rapporti umani e strumenti sia metodologici che operativi.
Il ruolo dell’investigatore andrebbe perfezionato attraverso la preparazione svolta nelle scuole di
formazione e specializzazione, ma “… pare importante sottolineare come formare significhi
allenare l’investigatore al lavoro di gruppo e sul campo, all’introspezione, ai rapporti con
l’altro e le sue diversità, alla tenacia e resistenza, alla serenità, all’apertura sociale, all’ascolto
e alla capacità di elaborare le conflittualità insite nel ruolo.”33
L’impegno primario per ogni investigatore deve essere un costante e metodico aggiornamento
tecnico professionale che allarghi la sua conoscenza investigativa, al quale si aggiungono alcune
qualità personali come la capacità critica, la cura dei dettagli, la scrupolosità, l’equilibrio, la
determinazione, il buon senso e la flessibilità. Inoltre il criminologo che si approccia ad una
investigazione deve essere aperto alle nuove esigenze e all’innovazione, sapendo sopportare le
situazioni di emergenza e cercando di connettere gli aspetti pratici delle indagini con gli aspetti
cognitivi e umanistici, come ad esempio le risorse umane e le capacità altrui. Questo comporta
l’essere capace di relazionarsi verso il mondo esterno per poter sfruttare appieno l’apporto e il
supporto necessario per raggiungere gli obbiettivi posti.
Tutto il paragrafo è frutto dell’integrazione delle descrizioni riportate nel sito Internet
http://www.carabinieri.it/editoria/rassegna-dell-arma/anno-2002/n-1---gennaio-marzo/studi/la-gestionedell%27indagine
(data di accesso e consultazione: 21/04/2015) e nei seguenti libri: Carillo Biagio Fabrizio, L’investigatore
criminologo. Analisi e intervento nella comprensione dei fenomeni criminali, Centro Scientifico Editore,
Torino, 2012; Carillo Biagio Fabrizio, Ricostruire il delitto. Dal sopralluogo al profilo criminale, Espress
Edizioni, Torino, 2011; Carillo Biagio Fabrizio, Investigare il crimine d'autore con la psicologia e
criminologia investigativa Roma, Laurus Robuffo, 2012.
33
Carillo Biagio Fabrizio, L’investigatore criminologo. Analisi e intervento nella comprensione dei
fenomeni criminali, Centro Scientifico Editore, Torino, 2012 – pag. 17.
32
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“Il compito tradizionale dell’investigatore è di arrivare all’individuazione dell’autore di un
dato crimine o delle prove che lo individuano con certezza ragionevole come tale attraverso le
attività della polizia giudiziaria previste nel codice di procedura penale; il criminologo deve
anche comprendere nella sua totalità il fenomeno delittuoso”34, in modo da analizzarlo,
contrastarlo e risolverlo anche attraverso l’aiuto delle competenze fornite dagli esperti che
possono operare come suoi ausiliari.35
La lunghezza dei processi è spesso direttamente proporzionale alle lungaggini e al numero di
errori di metodo commessi in fase di indagine; l’indagine pronta ed efficace abbrevia i tempo e
mira a raggiungere l’obbiettivo della repressione dei reati e dalla garanzia di sicurezza.
Si può quindi fronteggiate efficacemente un reato, e auspicabilmente arrivare alla sua soluzione,
utilizzando degli strumenti adatti al caso specifico, poiché essi permetteranno un intervento
mirato e qualificato. Di sicuro occorre assumere quante più informazioni possibili sull’evento e
cristallizzarle prontamente ai fini investigativi, prima che vengano invalidate da fattori esterni,
ma non solo: per poter risalire alla dinamica del fatto, sono indispensabili anche un attento esame
e un’adeguata interpretazione. Il potenziale probatorio naturalmente, fornisce una valida ricerca
degli indizi, ma la ricerca e l’assicurazione delle fonti di prova discendono dall’addestramento,
dalla preparazione e dalla sensibilità investigativa degli operanti sulla scena del crimine. Questo
presuppone un’evoluta consapevolezza investigativa36 che consenta di conseguire risultati
validati da criteri obbiettivi e sistematici; il “buon esito” di un indagine deriva sempre da come e
quanto si farà per conseguirlo.
Per condurre adeguatamente le indagini nell’immediatezza del fatto-reato, bisogna sapersi
muovere razionalmente, mettendosi nella condizione di individuare subito le attività da
sviluppare per ricercare la verità e, di conseguenza, le fonti di prova connesse. Spesso
l’efficienza è legata alla tempestività, per cui eventuali incertezze possono far disperdere le
tracce o gli indizi disponibili, mentre in altri avvenimenti il successo è determinato da una
complessa serie di indagini laboriosamente pianificate.
Ulteriore rilevanza assume il controllo delle emozioni: le reazioni che scaturiscono sul luogo
delitto, hanno la capacità di condizionare l’oggettività, le indagini, la lettura corretta di eventuali
indizi e l’atteggiamento degli addetti all’indagine, che deve rimanere il più possibile concreto. È
opportuno che l’investigatore adotti comportamenti diversi in relazione alla situazione
contingente e che si alleni a controllare le proprie emozioni, indirizzando in maniera pertinente e
senza pregiudizi la sua analisi e le sue riflessioni sulla scena e sugli attori coinvolti.
“… l’atteggiamento psicologico deve essere orientato al massimo rigore pragmatico e non
influenzato da personalismi, sentimenti di rivalsa o eccessiva ambizione.”37
Carillo Biagio Fabrizio, L’investigatore criminologo. Analisi e intervento nella comprensione dei
fenomeni criminali, Centro Scientifico Editore, Torino, 2012 – pag. 19.
35
Art. 348 comma IV del Codice Procedura Penale.
36
Detta anche coscienza investigativa: conoscenza delle proprie capacità professionali nello svolgimento
delle indagini, concetto dinamico e in continua evoluzione - Carillo Biagio Fabrizio, Ricostruire il delitto.
Dal sopralluogo al profilo criminale, Espress Edizioni, Torino, 2011.
37
Carillo Biagio Fabrizio, L’investigatore criminologo. Analisi e intervento nella comprensione dei
fenomeni criminali, Centro Scientifico Editore, Torino, 2012 – pag. 29.
34
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4.3. Il ruolo del criminologo nella gestione del team di esperti e della squadra
investigativa38
Fondamentale risulta, da parte del criminologo, adottare una mentalità di collaborazione con
esperti e specialisti, poiché l’indagine lega inevitabilmente l’investigatore a materie
multidisciplinari. Ricorrere a degli specialisti, risulta essere la migliore strategia per fare un
quadro completo della situazione di fronte ad aspetti rilevanti ma difficili da evidenziare, sia
fisicamente nello stato dei luoghi, sia nella dinamica delittuosa e/o nella sua genesi. È necessario
inoltre creare un dialogo costruttivo tra l’investigatore e gli attori coinvolti che favorisca la
comunicazione tramite un atteggiamento rispettoso del lavoro altrui. L’importanza del lavoro di
gruppo è dovuto all’intervento di diverse figure all’interno di uno stesso caso (si pensi
esclusivamente alle indagini svolte durante il sopralluogo) e per operare correttamente si deve
essere in grado di attivare un corretto interscambio di informazioni in un atteggiamento aperto e
costruttivo; è necessario dialogare al fine di scambiare dati e confrontarsi sulle ipotesi per poter
agire con tempestività, ampliare i margini di miglioramento e identificare le criticità.39
L’investigatore criminologo deve possedere diverse competenze, ma deve anche avere
consapevolezza dei propri limiti, deve saper comunicare (e non prevaricare), valorizzando le
competenze e guidandole verso l’obbiettivo investigativo; così facendo, potrà condividere
costruttivamente le informazioni in un’ottica di integrazione ed interscambio. Si deve perciò
creare una cultura operativa di patrimonio comune, di incontro e di collaborazione, poiché il
confronto aiuta a cogliere aspetti differenti di un’indagine, permettendo così di effettuare un
esame più completo e accurato della situazione delittuosa.
“Questo concetto – che potremmo definire di «osmosi investigativa» o di «investigazione
aperta», tipico della nostra «investigazione criminologica» - va approfondito in tuta la sua
massima estensione, poiché risulta particolarmente rilevante il rapporto degli investigatori con
il medico legale e con altre figure, quali il reparto di investigazioni scientifiche, oppure con altri
investigatori con i quali risulti necessario dialogare al fine di scambiare i dati e confrontarsi
sulle ipotesi per poter agire con tempestività.”40
Tutto il paragrafo è frutto dell’integrazione delle descrizioni riportate nei seguenti libri: Carillo Biagio
Fabrizio, L’investigatore criminologo. Analisi e intervento nella comprensione dei fenomeni criminali,
Centro Scientifico Editore, Torino, 2012; Carillo Biagio Fabrizio, Ricostruire il delitto. Dal sopralluogo al
profilo criminale, Espress Edizioni, Torino, 2011; Carillo Biagio Fabrizio, Investigare il crimine d'autore
con la psicologia e criminologia investigativa Roma, Laurus Robuffo, 2012.
38
“Esemplificando l’investigatore (…), traendo e segnalando all’esperto psichiatra/psicologo dati
oggettivi relativi al comportamento di alcuni soggetti sulla scena del crimine o nel prosieguo delle
indagini, consente a questo di valutarne la rilevanza e di spiegarne l’efficacia alla luce delle chiavi di
lettura della scienza di settore cui appartiene. (…) l’esperto dovrà prontamente restituirli
all’investigatore, il quale se ne potrà servire per la comprensione del singolo fenomeno delittuoso e per
l’ulteriore conduzione dell’indagine.” - Carillo Biagio Fabrizio, L’investigatore criminologo. Analisi e
intervento nella comprensione dei fenomeni criminali, Centro Scientifico Editore, Torino, 2012 – pp. 67 e
68.
39
Carillo Biagio Fabrizio, L’investigatore criminologo. Analisi e intervento nella comprensione dei
fenomeni criminali, Centro Scientifico Editore, Torino, 2012 – pag. 67
40
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Al centro dell’indagine va posto sempre l’investigatore che lavora con metodo pragmatico
confutando criticamente le proprie ipotesi con la massima considerazione per le tecnologie a sua
disposizione41, sempre tenendo presente i propri dubbi e le proprie convinzioni. Questo gruppo
investigativo deve essere in grado di effettuare l’analisi del fenomeno criminale attraverso
l’integrazione delle varie professionalità, mantenere l’attitudine alla professionalità e al corretto
interscambio di informazioni, a sua volta il criminologo dovrebbe valorizzare le competenze
guidandole verso l’obbiettivo prefissato, attraverso una puntuale verifica dei dati acquisiti e
potenzialmente sviluppati.
“In sintesi deve possedere:
- capacità di esposizione e comunicazione chiara;
- conoscenza delle potenzialità delle competenze degli esperti;
- sensibilità verso le necessità del gruppo;
- autocontrollo e rispetto degli altri e delle loro competenze;
- capacità nel dar voce alle opinioni degli altri;
- capacità di chiarire sempre gli obbiettivi;
- tenacia nel perseguimento degli stessi;
- capacità di gestione delle differenze (culturali scientifiche e di metodo).
In questi concetti si sintetizza il «saper fare» dell’investigatore criminologo, ossia nella capacità
di innovarsi, uscendo dal mero e rigido tecnicismo professionale per comunicare
costruttivamente con gli altri specialisti ed esperti nei vari saperi scientifici, instaurando
naturalmente un processo dove si possa tangibilmente sviluppare l’aspetto delle relazioni
umane. Solo condividendo le difficoltà che si incontrano (…), si possono far circolare
informazioni utili, attraverso un comportamento, non tecnocratico ma partecipativo, di scambio
e collaborazione. Nelle dinamiche interne al team è di grande importanza l’interscambio
informativo (feedback): ogni componente deve quindi fare, saper (di) fare, far fare e soprattutto,
alla fine, far sapere.”42
41
La criminalistica non detiene una visione completa del quadro investigativo, non ha quindi il compito
di condurre le indagini, ma di riscontrare le ipotesi formulate.
42
Carillo Biagio Fabrizio, L’investigatore criminologo. Analisi e intervento nella comprensione dei
fenomeni criminali, Centro Scientifico Editore, Torino, 2012 – pagg. 68-69
31
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4.4. Il ragionamento investigativo43
Altro importante principio di carattere oggettivo riguarda la conduzione ragionata
dell’indagine: questa va sempre contestualizzata, calata nell’ambiente socio-culturale e storico
dove si è consumato il delitto o il fatto reato. Tenere presente i motivi predisponenti alla
criminalità nell’ambiente sociale, nelle circostanze che hanno condotto al reato e nella
personalità dell’autore, è fondamentale per poter comprendere le dinamiche psicologiche del
reato, partendo dall’analisi degli atti (nel realizzare il crimine il soggetto attua comportamenti
rivelatori della sua personalità) e dagli elementi emersi dall’ascolto di testimoni.
L’attività dell’investigatore si basa sulla sua capacità di ragionamento, ossia sulla somma dei
processi mentali con i quali può trarre conclusioni impiegando le cognizioni che possiede.
Più il livello di verità delle informazioni di cui egli è in possesso è solido, più rilevante sarà il
grado di tenuta del suo ragionamento investigativo: anche le osservazioni dell’investigatore
sono influenzate dalla sua cultura, dalla sue convinzioni individuali, dalle conoscenze frutto
dell’esperienza passata. Di conseguenza, al fine di ottenere informazioni oggettive ed
approfondite, deve comprendere ed utilizzare al meglio metodi adeguati, utili ad ottimizzare i
propri processi di analisi così da poter giungere a conclusioni che gli permettano di prendere
decisioni pertinenti e in tempi rapidi.
Il ragionamento investigativo si deve mettere in relazione con l’intelligenza, ma deve anche
considerare i concetti più sfumati dell’intuito, ossia quella particolare sensibilità che in gergo è
chiamato anche “fiuto”.
L’intelligenza investigativa deve comprendere:
 un’intelligenza creativa, intesa come capacità di immaginare più situazioni alternative
davanti a un’ipotesi generica;
 un’intelligenza logica, che si identifica con la capacità di esaminare un fatto in modo
analitico e scomporlo nei vari elementi che contribuiscono a originarlo.
L’investigatore deve adottare vantaggiosamente entrambe, utilizzandole con il giusto
bilanciamento, immaginando il fatto-reato nel suo insieme e le alternative possibili. Egli deve
ragionare seguendo primariamente le leggi della logica, ma dato che in nessun modo è possibile
stabilire con certezza assoluta il concetto di verità, la logica va supportata anche dall’intuito.
I ragionamenti che utilizza l’investigatore sono di natura induttiva:44 si parte dagli elementi
specifici di ogni caso trattato per giungere ad affermazioni di natura più generali. Il
ragionamento deduttivo invece, ricava le conclusioni che sono implicitamente presenti nelle
premesse del caso trattato, snodandosi dal generale al particolare; il suo limite sta nel poter
Tutto il paragrafo è frutto dell’integrazione delle descrizioni riportate nei seguenti libri: Carillo Biagio
Fabrizio, L’investigatore criminologo. Analisi e intervento nella comprensione dei fenomeni criminali,
Centro Scientifico Editore, Torino, 2012; Carillo Biagio Fabrizio, Ricostruire il delitto. Dal sopralluogo al
profilo criminale, Espress Edizioni, Torino, 2011; Carillo Biagio Fabrizio, Investigare il crimine d'autore
con la psicologia e criminologia investigativa Roma, Laurus Robuffo, 2012.
44
Metodo induttivo: ragionamento che partendo dal singolo caso tende a estendere ciò che è vero a tutti
gli altri (probabilità del risultato).
Metodo deduttivo: procedimento logico che parte da una premessa generale e ne ricava le conclusioni.
Metodo abduttivo: ipotizza una regola che dia la spiegazione di un evento o di un fatto.
43
32
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stabilire con sicurezza se le premesse siano valide, ma soprattutto veritiere. Quindi una
conclusione investigativa, potrebbe essere “valida ma non vera”, se la premessa di partenza è
errata, con tutte le conseguenze che ne derivano sulla dignità e libertà personale di un soggetto.
Partendo dai dati informativi disponibili, si deve attivare il così detto procedimento logicoinduttivo, poiché si parte da pochi elementi che nel loro esame e verifica devono dare un senso
al quadro generale. Il metodo induttivo, da utilizzare in modo particolare nelle prime fasi delle
indagini, è definibile come un procedimento logico che, partendo da casi particolari cerca di
trarre, almeno a livello ipotetico, una “regola” valida: desumere dall’osservazione dei singoli
casi che un certo fenomeno si verifica in presenza di determinate circostanze. In concreto esso
consentirebbe l’individuazione delle più probabili modalità di azione di un reo e di più scenari
relativi allo svolgimento dei fatti, attinenti agli elementi della fase informativa; l’esame di tali
dati consente quindi di formulare più ipotesi alternative che potrebbero perseguirsi
parallelamente e contemporaneamente, valutando man mano la loro aderenza nel tempo
attraverso il criterio di esclusione.
Una volta individuate persone disposte a riferire sui fatti o persone direttamente o
indirettamente coinvolte, è utile ricavare da queste più informazioni possibili per meglio
comprendere il fenomeno sul quale vertono le indagini, cercando di comprenderne tutta la
complessità. Attraverso questi procedimenti si cerca di ricostruire il fatto nella maggior parte
possibili delle sue sfumature, con un giudizio complessivo dei dati e delle connessione tra essi
esistenti basandosi sugli indizi (prove indirette dei fatti avvenuti). Questa fase deve indirizzarsi
verso la raccolta più completa e obbiettiva possibile di tutti gli elementi per ricavare il maggior
numero di fonti di prova e provvedere alla loro assicurazione; dall’attività delittuosa più
semplice a quella più strutturata e complessa (come nel caso per esempio delle associazioni
mafiose), l’attività investigativa deve essere volta alla loro acquisizione per individuare gli
elementi essenziali del reato (cioè il fatto materiale in tutti i suoi elementi costitutivi), le
relative circostanze e le responsabilità di tale avvenimento. È inevitabile relazionare e
connettere ogni elemento, sulla base delle esigenze operative e dell’obbiettivo da raggiungere:
applicando quindi il criterio logico-induttivo, ci si dovrebbe basare sui dati oggettivi e
formulare cautamente una generica ipotesi con l’aiuto dell’esperienza investigativa e
dell’intuito.
Ogni evento delittuoso ha peculiarità e caratteristiche uniche e irripetibili e quindi è importante
non generalizzare le modalità dell’approccio e del metodo da applicare, tenendo presente però
che l’ambiente in cui viviamo è complesso e il sistema cognitivo troppo limitato per poterne
tenere traccia in modo da riuscire a controllare sistematicamente quando e in quali delitti queste
tipicità si confermano.
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4.5. L’organizzazione dell’indagine45
L’attività investigativa si appoggia su due parti costitutive indispensabili: l’osservazione e la
capacità di falsificare le ipotesi, unitamente ad un’attività di elaborazione ragionata dei dati
raccolti. Di conseguenza il buon corso di un’indagine discende soprattutto dalla capacità
dell’investigatore di sviluppare correttamente processi logico-induttivi in modo non rigido:
raramente si verificano equivalenti presupposti/modalità/circostanze criminali, pertanto è
necessario non incasellare e non standardizzare le procedure in maniera troppo definita.
È necessario prendere e tenere in considerazione tutto ciò che può riguardare il fatto criminoso e
solo in n secondo tempo formulare le ipotesi e stabilire la linea operativa da seguire. Vi è quindi
una preliminare fase concettuale che nasce dall’esito dell’analisi informativa e che ha un preciso
obbiettivo a cui tendere. L’analisi informativa costituisce il principale pilastro dell’attività di
indagine e deve essere continuamente rapportata alla fase operativa in una logica di
interscambio, poiché influenza l’investigazione non solo nella prima fase, ma anche attraverso la
ricerca delle ipotesi da verificare e durante lo svolgimento materiale delle attività. Una volta
individuato l’obbiettivo dell’indagine si deve passare al suo sviluppo, attraverso l’analisi e il
confronto degli elementi già disponibili che derivano dall’attività informativa iniziale.
In questo processo le responsabilità dell’investigatore criminologo implicano l’organizzazione e
l’emanazione di direttive precise in tutte le fasi delle indagini; nella condotta dell’investigazione,
egli deve assolvere i propri compiti con flessibilità e risoluzione, nella massima concentrazione
con un atteggiamento aperto e duttile per la comprensione corretta dell’evento investigato. Il
raggiungimento dell’obbiettivo (ovvero del risultato investigativo) deriva dalla capacità di
adeguare costantemente l’impianto di indagine e, se necessario, intervenire in tempo reale per
riformulare le ipotesi affinchè siano rispondenti alle logiche e alle circostanze che modificano e
aggiornano il quadro investigativo e delle informazioni. Il conseguimento dell’obbiettivo
dipende dalla capacità di adeguare e rivalutare costantemente le ipotesi di lavoro sulla scorta dei
risultati ottenuti, i quali però sono sempre parziali.
Una delle fondamentali difficoltà con le quali ci si scontra è l’assenza di procedure uniformate
per la conduzione delle indagini, poiché al di là di alcuni protocolli comuni non formalizzati, di
fronte alle peculiarità e alle infinite variabili del contesto, non è possibile fare tutte le specifiche
previsioni possibili. L’attività investigativa nasce con l’acquisizione o l’apprensione della notizia
di reato e si sostanzia, principalmente, nell’individuazione e nell’assicurazione delle fonti di
prova, nella ricerca degli autori del reato e nella raccolta di quant’altro possa servire per
l’applicazione della legge penale.
Le funzionali attività relative alle indagini, siano esse svolte d’iniziativa o nell’ambito delle
direttive impartite dall’organo requirente, devono essere:
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(data di accesso e consultazione: 21/04/2015)
e nei seguenti libri: Carrillo Biagio Fabrizio, L’investigatore criminologo. Analisi e intervento nella
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a) correttamente “pianificate” e concepite;
b) logicamente organizzate;
c) e coerentemente condotte.
A) Attività di pianificazione
La fase della pianificazione o di “impostazione dell’indagine” è finalizzata alla definizione di
una “scelta investigativa” (in questo termine si ricomprendono l’obiettivo investigativo e le
ipotesi investigative connesse) che indirizzi le indagini e le modalità operative attraverso le quali
pervenire al risultato (o “obiettivo investigativo”) che ci si è proposti di conseguire.
1. individuazione e definizione dell’obbiettivo, come assicurare alla giustizia l’autore del
crimine, quindi identificarlo, definire il reato formalmente attraverso le fattispecie
previste dalla legge…
Costituisce la preliminare fase concettuale che prende l’avvio all’esito dell’analisi informativa,
nel momento in cui si individua un obiettivo di indagine.
Nell’attività investigativa di iniziativa, il complesso delle attività conducenti ad una corretta
impostazione del tema investigativo per l’individuazione di un obiettivo, passa attraverso la così
detta “attività informativa propria” che, originandosi e sviluppandosi fuori da un procedimento
penale, diviene prodromica all’investigazione, attraverso l’individuazione degli “obiettivi
investigativi” e la ricerca di “ipotesi investigative” da verificare, durante lo svolgimento
dell’indagine preliminare. Se l’attività investigativa è delegata e non d’iniziativa, specie dopo la
perpetrazione di un fatto reato, l’obiettivo investigativo risulta già individuato perché coincide
con l’oggetto stesso dell’indagine preliminare (come la scoperta degli autori di un omicidio o la
ricerca dei riscontri alle acquisizioni testimoniali o collaborative).
2. “analisi del problema investigativo”, cioè l’esame dei dati funzionali al raggiungimento
dell’obbiettivo di indagine, che si sono ottenuti attraverso la raccolta dei dati
investigativi, delle informazioni disponibili e nello sviluppo della ricerca. Questi dati
sono utili alla formulazione di ipotesi investigative da aggiornare costantemente in base
alle modifiche rilevate e durante lo sviluppo delle indagini; perché questo avvenga ci
deve essere sempre un rapporto di interscambio tra l’attività informativa e l’attività
investigativa, conseguendo al meglio l’obbiettivo investigativo.
All’individuazione della “scelta investigativa” (obiettivo e ipotesi) si perviene grazie al “quadro
di situazione info-investigativa”, il quale deve essere costantemente aggiornato, poichè la
completezza delle informazioni disponibili e l’elaborazione di una coerente ed esatta analisi
informativa, garantiscono la corretta impostazione e l’agevole sviluppo del processo
investigativo46. L’esame dei dati disponibili si effettua attraverso il confronto e la cernita di tutti i
dati disponibili: ciascuno di essi va comparato con tutti gli altri, al fine di isolare i più
significativi e di individuare tra questi ultimi quelli che rappresentano gli snodi
“Razionale individuazione, aderente ed efficace organizzazione e precisa e puntuale esecuzione delle
attività più idonee al conseguimento degli obiettivi investigativi”
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dell’investigazione; da questo confronto discendono lo sviluppo delle deduzioni e delle
conclusioni preliminari, utili alla ricerca e all’esame delle ipotesi investigative. Le deduzioni
devono necessariamente basarsi su valide e accertate premesse, rappresentate dai predetti snodi,
che consentano logiche deduzioni, ancorché preliminari, e valide conclusioni (queste a loro volta
rappresenteranno le basi per l’avvio delle investigazioni).
3. “ricerca ed esame delle ipotesi investigative alternative”, al fine di individuare quelle
razionalmente plausibili, praticabili e che garantiscano la massima probabilità di
raggiungimento del risultato.
Si individuano una serie di percorsi possibili (ipotesi), alternativi o concorrenti, tra i quali
occorrerà scegliere quello da attuare, qualora non sia possibile svilupparne contemporaneamente
più d’uno. La scelta è operata tenendo conto dell’astratta idoneità di ogni ipotesi a conseguire
l’obiettivo investigativo e a prevenire o contrastare le possibili scelte criminali dell’autore di
reato, che presumibilmente cercherà di sottrarsi alle indagini o potrà consumare altri reati. Una
corretta valutazione delle scelte criminali del reo consente di procedere, con maggiore aderenza,
all’individuazione della ipotesi investigativa principe, che è comunque suscettibile di modifiche
o aggiornamenti in ragione degli scostamenti rilevati durante il processo investigativo. Il quadro
di situazione info-investigativa costituisce il riferimento imprescindibile del processo
investigativo e consente di valutare costantemente la correttezza delle conclusioni alle quali si è
pervenuti, ipotesi investigative e presunte scelte criminali.
4. “scelta dell’ipotesi investigativa praticabile”, verificando costantemente il quadro
investigativo.
Conclusa la prima fase dell’individuazione dell’obiettivo, si esamina il quadro informativo
completo, con l’indicazione delle ipotesi formulate (sia la principale che le alternative) e degli
obiettivi tattici, che caratterizzano e concretizzano il percorso investigativo. Su tali aspetti si
determina il “confronto costruttivo” che si estrinseca attraverso una verifica dei dati investigativi
già noti con quelli eventualmente giunti in possesso in seguito.
5. “attuazione dell’ipotesi investigativa prescelta”, con la definizione del percorso
investigativo da praticare attraverso l’individuazione di precise linee di azione.
Individuato l’obiettivo investigativo e scelta l’ipotesi praticabile, sarà necessario attuarla e in
definitiva ottenere il risultato programmato, attraverso la definizione delle linee di azione
dell’indagine, stabilendone tempistiche e traguardi intermedi.
Sin qui si estende la fase di studio preliminare all’attività organizzativa ed esecutiva, il cui
sviluppo comporta il necessario “controllo dei risultati investigativi”, esperibile soltanto
nell’avviata fase dell’esecuzione dell’indagine. In definitiva, l’individuazione della scelta
investigativa tenendo presente l’obiettivo e le ipotesi praticabili, conclude la precedente fase
della pianificazione ed esprime la direzione in cui si ritiene opportuno orientare le indagini.
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B) La fase organizzativa
L’aspetto organizzativo riguarda, invece, lo sviluppo della decisione assunta, attraverso
l’attuazione dell’ipotesi investigativa prescelta in relazione alle circostanze ambientali, i pro e
contro accertati, ecc… attraverso:
 il confronto tra le esigenze investigative e le possibilità tecniche e operative (verifica
della congruità dei mezzi e risorse strumentali al perseguimento dell’obiettivo
investigativo);
 l’individuazione delle risorse investigative necessarie in termini di uomini e mezzi;
 l’attribuzione di specifici compiti individuali o di gruppo;
 la previsione delle modalità di coordinamento tra le attività condotte dai componenti
dell’unità incaricata dell’investigazione;
 l’adozione delle misure per garantire la riservatezza all’indagine (ad esempio, come
evitare la propagazione di notizie afferenti l’indagine in via accidentale);
 la prudente valutazione dei tempi d’effettuazione di atti d’indagine;
 la predisposizione delle “modalità esecutive” dell’attività d’indagine.
In tale fase vengono definiti gli strumenti investigativi da utilizzare per la ricerca, l’acquisizione
e l’assicurazione delle “fonti di prova” e pertanto si decidono le attività investigative da espletare
(intercettazioni telefoniche e ambientali, acquisizione in copia di documenti presso uffici o enti
pubblici, sequestro di atti o cose, predisposizione di dispositivi o di sistemi di controllo a
distanza, ecc…).
La fase organizzativa prende le mosse da un’analisi approfondita dell’ipotesi investigativa
prescelta o delle ipotesi investigative concorrenti e ha lo scopo di delineare in maniera completa
lo schema generale dell’attività di indagine ponendone in evidenza gli aspetti più significativi,
come ad esempio lo sviluppo cronologico dell’operazione oppure particolari esigenze operative
per assicurare il successo dell’indagine, ecc... La definizione dello sviluppo dell’azione
investigativa avviene attraverso la sua scomposizione nelle singole azioni componenti materiali
(intercettazioni telefoniche, acquisizione di documenti, ecc…) e l’individuazione degli uomini e
dei mezzi per l’espletamento di ciascuna queste (risorse umane da impiegare per le
intercettazioni telefoniche; predisposizione dello strumento operativo tecnico per le attività
dinamiche da adeguare al contesto operativo e territoriale; individuazione dei mezzi più idonei
per l’espletamento delle attività, ecc.). Ogni problema relativo ai supporti tecnici, a trasferimenti
di persone o materiali o di altra tipologia va segnalato al comando in questa fase e si richiede una
soluzione per ovviarli.
La fase organizzativa si conclude con gli ordini da impartire all’unità investigativa incaricata
della condotta delle indagini: si tratta sostanzialmente di preparare e organizzare
l’investigazione, ponendo la massima attenzione anche nei minimi particolari; è necessario
incaricare un responsabile materiale di tutte le operazioni e distribuire gli incarichi singolarmente
ad ogni addetto e operatore, predisponendo collegamenti con eventuali organi esterni come
polizia scientifica, esperti, periti.
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C) La condotta dell'indagine
La fase della condotta o fase “realizzativa” è quella più critica, in cui la struttura investigativa
deve assolvere i propri compiti con flessibilità e determinazione cercando continui riscontri alle
proprie intuizioni. Il conseguimento dell’obiettivo dipende dalla capacità di adeguare
costantemente il dispositivo investigativo e, se necessario, di intervenire in tempo reale per
riformulare le ipotesi, affinché siano aderenti alle emergenze che hanno aggiornato (o
modificato) le informazioni a disposizione e che costituiscono il risultato parziale dell’attività
investigativa in corso. Si deve essere in grado di rilevare ogni significativa divergenza tra le
ipotesi formulate in termini di possibili scelte criminali e le concrete condotte criminali, si
procede alla ricerca e alla assicurazione delle fonti di prova; assumono un aspetto importante
inoltre, la tenuta della pratica di indagine e l’utilizzazione appropriata dei così detti dati
residuali47.
La condotta dell’indagine si sostanzia in questi obbiettivi generali:
 ricerca ed esame preliminare delle fonti di prova, compresa ovviamente la loro
assicurazione e trascrizione formale dei risultati;
 definire il “quadro situazionale” alla luce delle prove e dei risultati ottenuti, valutando
regolarmente la correttezza delle conclusioni e l’obbiettività dei processi logici attraverso
anche il confronto con tutti i componenti del team di investigazione; il passo successivo è
discutere della “linea di azione” da adottare e i percorsi maggiormente da seguire;
 mantenere un controllo costante, poiché le scelte investigative esprimono la direzione in
cui si è ritenuto opportuno orientare le indagini e la verifica passo passo dei risultati.
L’indagine mira a ricercare le fonti di prova (la cui formazione avverrà in dibattimento) e ad
assicurarle affinché esse consentano di rappresentare, in seguito, gli elementi essenziali del reato
che violano la fattispecie legale. Le fonti di prova riguarderanno ogni elemento utile alla
ricostruzione del fatto, le cose e le tracce pertinenti al reato, la conservazione delle stesse e dello
stato dei luoghi, la ricerca delle persone in grado di riferire fatti e circostanze rilevanti per
l’indagine, al fine di ricostruire i fatti nella loro completezza e di individuare il colpevole.
Il principale problema per l’operatore di polizia giudiziaria è costituito dallo sviluppo dei dati
info-investigativi, cioè dalla necessità di relazionare gli elementi risultanti dell’attività
investigativa (produzione testuale, informative, documenti come sentenze verbali, atti giudiziari,
ecc...) che andranno a costituire la base delle informazioni necessarie per una corretta analisi del
caso. I dati investigativi raccolti, estrapolati nel corso delle indagini, devono confluire in una
sorgente di dati richiamabili e tra loro relazionabili; la loro analisi è basata sul loro confronto e
sui collegamenti accertati e vanno a costituire le deduzioni e conclusioni preliminari; queste
ultime vanno rivalutate e revisionate a seconda della modifica di nuovi dati investigativi che
modificano e aggiornano la il quadro informativo.
“Con il termine «dato residuale» si intende il dato investigativo non rilevante, ai fini della formazione
della prova, nelle fasi del procedimento in cui viene acquisito, ma con un intrinseco valore sfruttabile in
altre attività info-investigative” - http://www.carabinieri.it/editoria/rassegna-dell-arma/anno-2002/n-1--gennaio-marzo/studi/la-gestione-dell%27indagine (data di accesso e consultazione 21/04/2015).
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Riassumendo, la fase iniziale prevede l’individuazione e l’inquadramento giuridico della notizia
di reato: definire il fatto nell’esatta tipologia legale risulta decisamente rilevante; attorno al fatto
reato vertono tutta una serie di informazioni che vanno necessariamente riconosciute perché sono
fondamentali per fotografare al meglio la situazione.
La fase della condotta è quella più delicata poiché tende alla realizzazione dell’obbiettivo
investigativo; è necessario adeguare costantemente il dispositivo investigativo con la giusta
ragionevolezza, rivalutando l’ipotesi di lavoro sulla scorta degli aggiornamenti del quadro
investigativo e dei risultati parziali dell’attività in corso. Vanno assolutamente frenate tutte le
azioni e la formulazione di idee che potrebbero tendere ad un atteggiamento pregiudizievole
nello sviluppo dei dati di indagine: sviluppando varie ipotesi differenti (alternative o concorrenti)
è necessario prediligere quali attuare per prime rapportando le informazioni a disposizione
insieme alle attività investigative che si intendono intraprendere.
L’attività informativa e quella investigativa devono essere costantemente connesse in un costante
rapporto biunivoco di interscambio al fine sempre di conseguire l’obbiettivo prefissato,
riferendosi continuamente al quadro situazionale in modo da poter valutare regolarmente la
correttezza delle conclusioni parziali a cui si è giunti. Il raggiungimento dell’obbiettivo (o
risultato investigativo) deriva dalle capacità di adeguare costantemente l’impianto di indagine e,
se necessario, intervenire in tempo reale per riformulare le ipotesi affinchè siano rispondenti alle
circostanze che intervengono successivamente.
Bisogna attribuire un’estesa rilevanza alla formulazione del maggior numero di ipotesi
alternative a quella ritenuta più attendibile, essendo questo l’unico modo per superare i problemi
che possono derivare dall’ “infatuazione della tesi e quindi di poter valutare piste investigative
potenzialmente esplorabili, senza trascurare o scartare eventuali informazioni e possibilità.
Esistono dati infatti che a un primo approccio investigativo appaiono non aderenti ai fini che si
stanno perseguendo, ma che possono costituire invece un ottimo supporto per altri esperti o
circostanze attinenti al reato e di conseguenza ad esso collegate.
5. Prefazione al capitolo: la scomparsa di Natascha Kampusch
Con particolare riguardo alle investigazioni, ho trovato personalmente molto interessante il caso
di Natascha Kampusch, una ragazzina di 10 anni che scomparve il 2 marzo 1998 in un quartiere
alla periferia nord di Vienna. Il mio scopo è quello di fornire un “tentativo di consulenza
professionale” come quello di un vero e proprio criminologo che ha il compito di coordinare le
indagini e l’intervento dei diversi professionisti chiamati a collaborare; in prima battuta cercherò
di seguire le indicazioni legislative italiane che disciplinano la scomparsa di persona, in seguito
proporrò una personale ipotesi di intervento investigativo, basata solo ed esclusivamente sulle
informazioni acquisite man mano dalle autorità che si occuparono della scomparsa di Natascha
Kampusch. Il mio intento è quello di valorizzare le indagini della polizia svolte su questo caso,
confrontandoli con la mia personale analisi (la quale, ribadisco, seguirà le linee delle normative
europee e italiane, aggiornate al 2012 – vorrei evidenziare che la bambina è scomparsa nel 1998
in un sobborgo di Vienna, Austria) assolutamente contestualizzata all’epoca dell’avvenimento
dei fatti. La scelta di questo particolare caso deriva a monte da due particolari considerazioni
personali:
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 a completo parere della persona scrivente questo elaborato, la scomparsa di persona (e in
particolare di minore) è la situazione più difficile in assoluto che si possa presentare sul
piano investigativo; non solo la situazione si prospetta complicata dal fatto che oltre ad
un eventuale reo, manchi anche la stessa vittima, ma esistono tutta una serie di
circostanze diverse48 che giustificano la scomparsa e sulle quali non si può agire se non
per ipotesi, perché ognuna di esse modifica completamente il piano di indagine che si
intende avviare;
 sempre a completo parere della persona scrivente questo elaborato, questo particolare
caso di scomparsa è stato complicato non tanto dalle circostanze dipendenti dal reo,
quanto dalle scelte impiegate sul piano investigativo che non hanno permesso una
risoluzione del caso in tempi decisamente più immediati; è mia intenzione dimostrare che
compiere i giusti passi ai fini dell’attivazione immediata di un percorso di indagine
appropriato, potesse aumentare la possibilità di ritrovamento della piccola Natascha
Kampusch nel giro di qualche mese. Nella realtà, Natascha sfuggì al suo aguzzino dopo
più di 8 anni di prigionia.
5.1.
Riferimenti legislativi italiani in materia di scomparsa di persona
Prima di introdurre il caso specifico, mi sembra necessario fornire una panoramica introduttiva
sugli strumenti normativi a disposizione di chi si trova nella situazione di dover investigare sulla
scomparsa di un minore. Il punto di riferimento legislativo è sicuramente la legge n. 203 del 14
novembre 2012, intitolata “Disposizioni per la ricerca delle persone scomparse”49
“La denuncia di scomparsa o di allontanamento di persona può essere presentata anche presso
gli uffici della polizia locale presenti sul territorio nazionale (comma I). Gli uffici della polizia
locale che ricevono la denuncia devono immediatamente trasmetterne copia al più prossimo tra i
presidi territoriali delle forze di polizia, anche ai fini dell’avvio dell’attività di ricerca e
dell’inserimento nella banca dati SDI (Sistema d’Indagine – banca dati interforze per le aree
informative) presso il Ministero dell’Interno (Comma II), rilasciandone altresì copia ai
denuncianti (Comma III). Gli uffici di polizia, compresi quelli della polizia locale, che hanno
ricevuto la denuncia devono promuovere l’immediato avvio delle ricerche e darne contestuale
comunicazione al Prefetto per le iniziative di competenza (Comma IV).
In capo al denunciante corre l’obbligo, se venute meno le condizioni che hanno determinato la
denuncia, di darne immediata comunicazione alle forze di polizia (Comma V).
Gli scomparsi dovranno essere distinti a seconda dell’età, del sesso e della nazionalità
(minorenni, maggiorenni, ultra65enni), nonché della motivazione (allontanamento volontario,
Ad esempio: allontanamento volontario, possibile vittima di reato, possibili disturbi psicologici,
allontanamento da istituti/comunità, sottrazione da parte del coniuge o altro familiare… vedere
Appendice: in caso di scomparsa, pag. 105.
49
Quanto segue è riportato nel sito
48
http://www.regione.piemonte.it/polizialocale/dwd/normativa/CircolRicPersoneScomparse.pdf
(date di accesso e consultazione: 04/01/2014 e 12/04/2015).
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possibile vittima di reato, possibili disturbi psicologici, allontanamento da istituti/comunità,
sottrazione da parte del coniuge o altro familiare).
Ai fini della corretta applicazione informatica delle denunce di scomparsa/allontanamento di
persone, si precisa che è da ritenersi “scomparso” chiunque non si sia reso reperibile dai
parenti e/o congiunti, mentre si deve ritenere “allontanato” colui che si sia volontariamente
sottratto ad un eventuale domicilio imposto dall’Autorità Giudiziaria o dall’Autorità
Amministrativa.
Ad ogni buon fine, si riportano di seguito le note operative relative alla trasmissione delle
comunicazioni riguardanti l’oggetto:
- l’operatore di Polizia Locale che riceve una denuncia di persona scomparsa e/o
allontanata, avrà cura di acquisire tempestivamente nel modo più completo possibile le
notizie utili a soddisfare le esigenze investigative, tese alla verifica dell’attendibilità
della notizia raccolta e all’effettiva irreperibilità della persona, per eliminare casi di
breve fuga per i motivi più svariati e all’esito della verosimile situazione di effettivo caso
di scomparsa;
- al termine delle opportune verifiche, trasmetterà per l’inserimento nel Sistema di
Indagine S.D.I. all’Ufficio Per la Gestione Automatizzata delle Informazioni di Polizia
(UPGAIP) della Questura al locale Comando dell’Arma dei Carabinieri sulla base delle
prassi già in uso, copia della denuncia (vedi Mod. 1 e Mod. 2).
Nel caso di presentazione di denuncia di scomparsa o allontanamento, l’ufficio procedente,
esperite le opportune verifiche preventive, dovrà quindi:
a) acquisire la denuncia di scomparsa con il Mod. 1, o di allontanamento con il Mod. 2,
identificando il denunciante e ponendo a quest’ultimo i quesiti presenti sul modello,
riportandone correttamente le risposte;
b) chiedere di mettere a disposizione - se possibile – e nel più breve lasso di tempo una
fotografia recente della persona di cui si denuncia la scomparsa o l’allontanamento;
c) consegnare copia al denunciante del Mod. 1 o del Mod. 2 sottoscritto da quest’ultimo e dal
verbalizzante;
d) trasmettere nel più breve tempo all’ufficio UPGAIP della Questura o al locale Comando
dell’Arma dei Carabinieri sulla base delle prassi già in uso, copia del Mod. 1 di scomparsa o il
Mod. 2 di allontanamento, utilizzando per la trasmissione il Mod. 3;
e) compilare il Mod. 4 di comunicazione al Prefetto della scomparsa o dell’allontanamento di
cui trattasi e inviarlo alla Prefettura competente.50
In capo al denunciante corre l’obbligo, se venute meno le condizioni che hanno determinato la
denuncia, di darne immediata comunicazione alle forze di polizia. Qualora si presentasse il
denunciante per comunicare il ritrovamento della persona scomparsa o allontanata, ovvero il
rinvenimento della persona deceduta, occorrerà assumere tali dichiarazioni e trasmettere il
50
Allegati:
- Mod. n. 1 – Denuncia persona scomparsa pag. 93.
- Mod. n. 2 – Denuncia allontanamento pag. 96.
- Mod. n. 3 – Comunicazione a Questura o Carabinieri pag. 99.
- Mod. n. 4 – Comunicazione alla Prefettura pag. 100.
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relativo verbale all’ufficio UPGAIP della Questura o al locale Comando dell’Arma dei
Carabinieri sulla base delle prassi già in uso, per l’inserimento nella banca dati S.D.I.
relativamente al cessate ricerche. Analogamente si procederà qualora il ritrovamento avvenisse
da parte di operatori del Corpo. Naturalmente, se le procedure già in uso prevedessero la
compilazione da parte della Polizia Locale della modulistica SDI ai fini dell’inserimento dei dati
negli archivi informatici delle forze di polizia, occorrerà procedere in tal senso anche
relativamente alle denunce di persone scomparse.”
A titolo di esempio, seguiranno quelle che potrebbero essere le fasi essenziali (genericamente
descritte) correlate alle attività operative:51
1. Allarme di scomparsa e fase informativa / “Alerting System” o “intervento di primo
livello”
La denuncia di scomparsa, ai sensi della legge 14/11/2012 n. 203, può essere
presentata alle Forze di polizia o alla polizia locale non solo dai familiari, ma da chiunque
venisse a conoscenza dell’allontanamento di una persona dalla propria abitazione o dal
luogo di dimora. Con l’espressione “intervento di primo livello” si intendono le
procedure relative alla così detta fase informativa, ossia al primo dei due stadi nei quali si
articola la strategia di gestione della scomparsa di una persona fisica. Si tratta di una fase
che riveste particolare importanza ai fini della tempestività e del coordinamento degli
interventi di ricerca, per garantire i quali si è affidata la ricezione della denuncia di
scomparsa ad un unico organismo, incaricato di raccogliere le segnalazioni e le
informazioni necessarie alla pianificazione della strategia di intervento. Al riguardo, sono
state individuate rispettivamente la Sala Operativa dei Carabinieri o quella della Polizia
di Stato. Detta fase si conclude con la redazione della segnalazione di scomparsa.
Le informazioni dovrebbero essere digitalizzate/informatizzate per garantire la loro
trasmissione in tempi rapidi verso tutti i soggetti coinvolti e verso tutte le istituzioni locali
che potrebbero essere interessate (es: ASL, i Comuni, le Autorità Portuali e Aeroportuali)
nonché con le principali aziende pubbliche e private addette ai servizi infrastrutturali (es.
aziende di trasporto pubblico, servizio taxi, società autostradali, società telefoniche,
emittenti radiotelevisive…) e con gli enti assistenziali e con le associazioni di
volontariato. Sarà quindi opportuno acquisire dal denunciante quante più notizie possibili
sulle circostanze dell’evento, poiché tutte le informazioni sono, comunque, determinanti
per gestire in modo corretto gli interventi di ricerca.
51
Quanto segue è frutto dell’integrazione delle descrizioni riportate nei seguenti siti Internet:
http://www.interno.gov.it/sites/default/files/linee_guida_persone_scomparse.pdf
http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=4&ved=0CDEQFjAD&url=
http%3A%2F%2Fojs.pensamultimedia.it%2Findex.php%2Fric%2Farticle%2Fdownload%2F604
%2F584&ei=Zf88VY62OsXsUpKGgvgD&usg=AFQjCNHcuRnjqyZ3xdeb4qY1BAHZUFU8A&bvm=bv.91665533,d.d24
http://www.pompierisenzafrontiere.org/manuale-operativo-ricerca-persone-scomparse.html
(data di consultazione e accesso 12/04/2015).
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2. Pianificazione dell’intervento e attivazione dell’unità di ricerca / “intervento di secondo
livello”
Il così detto “intervento di secondo livello” attiene alla fase operativa vera e propria,
ovvero alle misure adottate dalle Forze dell’ordine, dalle istituzioni e dalle autorità
governative preposte, supportate a vario titolo da associazioni di solidarietà e da mezzi di
diffusione di massa in collaborazione tra loro.
Chi ha ricevuto la notizia della scomparsa deve informare immediatamente la Prefettura,
la quale dovrà attivare tempestivamente, e nel minor tempo possibile, le unità di ricerca.
Tali unità dovranno integrare, sulla base della specifica situazione, tutto quello che risulta
necessario per le operazioni di ricerca (es: per una scomparsa avvenuta tra le montagne,
coinvolgere speleologi, guide alpine, ecc...). In tutti i casi, il messaggio di
allerta/attivazione delle Unità di ricerca conterrà le informazioni più significative di
descrizione dello scomparso, la sua fotografia recente, la data e il luogo della scomparsa.
3.
Gestione dell’intervento, il documento di pianificazione dovrà contenere la descrizione
delle varie modalità di intervento sulla base di quanto ipotizzato. Allo scopo di disporre
in tempo reale di tutte le notizie riferite all’andamento delle operazioni di ricerca, il
responsabile dell’unità operativa terrà costanti contatti con la forza di Polizia e la
Prefettura competente, per la valutazione dell’eventuale ricorso alle ulteriori specifiche
ricerche.
4. Sospensione o chiusura delle ricerche, la chiusura delle ricerche, anche in caso di esito
negativo, nonché l’eventuale sospensione temporanea delle stesse, verrà concordata tra le
Forze di Polizia competenti e la Prefettura; verrà, sempre e comunque, informato il
Sindaco del Comune territorialmente competente.
5. Rapporto finale, dopo la chiusura delle operazioni di ricerca (qualunque sia stato l’esito),
si dovrà procedere ad una valutazione finale da svolgersi presso la Prefettura, con il
concorso di tutti i rappresentanti degli enti che hanno avuto parte attiva nelle operazioni
di ricerche. Delle valutazioni svolte si darà atto in una sintetica relazione finale
contenente in particolare gli eventuali suggerimenti migliorativi delle procedure
operative.
5.2.
Cosa si intende per scomparsa: le tipologie52
Una persona si considera scomparsa quando si è fisicamente allontanata (volontariamente o
involontariamente) dal suo ultimo domicilio o residenza senza fornire indicazioni e di lei non si
hanno più notizie. Ovviamente non è sufficiente un qualsiasi allontanamento volontario
accompagnato dalla assenza di notizie, ma occorre che si sia generata una situazione di vera e
52
Quanto segue è frutto dell’integrazione delle descrizioni riportate nei siti Internet:
http://www.dirittierisposte.it/Schede/Persone/Nascita-morte-ecertificati/scomparsa_e_assenza_id1119306_art.aspx
http://www.pompierisenzafrontiere.org/manuale-operativo-ricerca-persone-scomparse.html
http://116-000.it/wp-content/uploads/2012/07/guida-minori-scomparsi.pdf
(data di accesso e consultazione 12/04/2015).
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propria incertezza circa la sorte della persona. Non è previsto un termine minimo di mancanza della
persona per farne scaturire la scomparsa, ma è logico che debba decorrere un intervallo temporale
significativo.
Con il termine “scomparsa di minore” si fa riferimento “a tutte quelle situazioni in cui si perdono le
tracce di un bambino o di un adolescente (indipendentemente dalle cause, volontarie o meno, del
suo allontanamento) e non si conosce il luogo preciso in cui il minore si trova e/o le circostanze in
cui tale sparizione è avvenuta”.53 Rientrano, quindi, nella categoria dei minori scomparsi sia
bambini che vengono sottratti da uno dei due genitori, sia bambini che vengono rapiti, sia bambini
che si perdono, ma anche minorenni italiani o stranieri che si allontanano volontariamente da casa o
da un istituto.

Sottrazione da parte di genitori (nazionale o internazionale): per sottrazione di minorenne
si intende “la condotta del genitore che, senza il consenso dell’altro, porta via con sé il
figlio, allontanandolo dal domicilio stabilito, ovvero lo trattiene per sé, quando tale
condotta determina un impedimento per l’esercizio delle diverse manifestazioni della
potestà dell’altro genitore, come le attività di assistenza e di cura, la vicinanza affettiva,
la funzione educativa”54. La sottrazione è internazionale se il genitore non titolare della
potestà esclusiva sul minorenne lo conduce all’estero senza esserne autorizzato, oppure
non lo riconduce nello Stato di residenza del minore alla scadenza del periodo di
soggiorno all’estero autorizzato.
Con l’aumento di matrimoni/unioni miste e di separazioni/divorzi, sempre di più ci si
trova davanti a casi di bambini, in genere di età inferiore a 10 anni, che vengono sottratti
da un genitore e portati in un altro paese, precludendo così ogni rapporto con l’altro
genitore. Nell’ordinamento italiano la sottrazione e il mantenimento del minore all’estero
è un reato penale procedibile d’ufficio, ai sensi degli artt. 574 bis c.p.55

Fuga: nei casi di fuga bambini e adolescenti decidono volontariamente di lasciare
l’abitazione familiare o la comunità cui sono affidati. La fuga si può suddividere in tre
principali sottocategorie:
“fuga da”, in cui il bambino/l’adolescente che fugge spesso vive una situazione di intensa
difficoltà familiare, oggettivamente o soggettivamente percepita, o un disagio legato alla
permanenza in una comunità di accoglienza (un fenomeno particolarmente rilevante e in
-
53
http://116-000.it/wp-content/uploads/2012/07/guida-minori-scomparsi.pdf
(date di accesso e consultazione: 04/01/2014 e 12/04/2015).
Ibidem.
Art. 574 bis, Sottrazione e trattenimento di minore all’estero.
“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque sottrae un minore al genitore esercente la
responsabilità genitoriale o al tutore, conducendolo o trattenendolo all’estero contro la volontà del
medesimo genitore o tutore, impedendo in tutto o in parte allo stesso l’esercizio della responsabilità
genitoriale, è punito con la reclusione da uno a quattro anni. Se il fatto di cui al primo comma è
commesso nei confronti di un minore che abbia compiuto gli anni quattordici e con il suo consenso, si
applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni. Se i fatti di cui al primo e secondo comma sono
commessi da un genitore in danno del figlio minore, la condanna comporta la sospensione dall’esercizio
della potestà dei genitori.”
http://www.altalex.com/index.php?idnot=36773
(data di accesso e consultazione 18/04/2015).
54
55
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-
continuo aumento in Italia). In una situazione di crisi egli può arrivare a sentirsi privo di
risorse, di soluzioni, di vie d’uscita e può ritenere di avere come unica alternativa quella
della fuga;
“fuga verso”, in cui l’adolescente che si allontana va principalmente alla ricerca del
nuovo, di esperienze ed emozioni differenti da quelle cui è abituato;
“essere cacciato”, l’allontanamento è in realtà dovuto all’essere “cacciato di casa”, spesso
a causa di una elevata conflittualità familiare. Protagonisti di questa tipologia di
scomparsa, in genere, sono adolescenti o pre-adolescenti.

Rapimento di minore: si parla di rapimento quando il minore si trova con una o più
persone terze (familiari diversi dai genitori, conoscenti, estranei) contro la volontà dei
genitori e/o del minore stesso. Il rapimento può avvenire tramite violenza fisica, la
minaccia di violenza fisica o la persuasione.

Minori stranieri non accompagnati: sono quei minori non aventi la cittadinanza italiana o
di altri paesi dell’Unione Europea, che si trovano, per qualsiasi causa, in Italia privi di
assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per loro legalmente
responsabili, che possano esserne i tutori o gli affidatari. La situazione del minore
straniero non accompagnato vede dunque una pressoché totale assenza di adulti di
riferimento che possano accompagnare il suo percorso di crescita. L’esatto numero di tali
minori presenti sul territorio italiano è difficile da determinare poiché la maggior parte
giunge nel nostro paese in maniera irregolare, e anche perchè la loro permanenza è
caratterizzata da una forte mobilità sul territorio. Questa categoria di minori comprende
per lo più ragazzi adolescenti costretti a fuggire dai loro paesi d’origine (Albania,
Marocco, Egitto, Afghanistan etc.) spesso protagonisti di situazioni drammatiche come
guerre, carestie, povertà, calamità naturali, con la speranza di poter trovare in Italia una
possibilità di vivere dignitosamente. La fuga dalla comunità può essere motivata dalla
ricerca di lavoro, di indipendenza o di una condizione economica migliore.

Bambino perso, disperso e scomparsa non altrimenti specificata: in quest’ultima categoria
rientrano i bambini che non sono sottratti da adulti né si allontanano volontariamente, ma
si perdono, o risultano dispersi dopo un disastro naturale (ad es, un’alluvione o un
terremoto). Rientrano in questa categoria anche quei bambini per i quali non si dispone di
elementi sufficienti ad inserirli in una delle categorie precedenti.
6. Il caso Natascha Kampusch
Il giorno 2 marzo 1998 nel tardo pomeriggio Brigitte Kampusch chiama la polizia di Vienna per
denunciare la scomparsa della figlia di 10 anni, Natascha Kampusch; quest’ultima nel
pomeriggio a non si era presentata a casa all’orario prestabilito: la madre chiama prima il
doposcuola e in seguito la scuola, apprendendo che Natascha quella mattina non vi è mai
arrivata.
Prima di formulare qualsiasi ipotesi è necessario attivare “l’intervento di primo livello”, cioè la
fase informativa; alla ricezione della notizia della scomparsa è imprescindibile avere il prima
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possibile un colloquio con i genitori (e con qualsiasi persona abbia visto per ultimo la bambina) e
attingere da loro ogni tipo di circostanza utile. E’ necessario portare una o più fotografie a colori
della bambina, il più recenti possibile, da utilizzare anche ai fini alla pubblica diffusione, oltre a
quella per l’intervento istituzionale.
56
56
http://www.dailymail.co.uk/news/article-2130980/Story-kidnap-victim-Natascha-Kampusch-set-turned-filmcalled-3-096--Northern-Irish-actress-Antonia-Campbell-Hughes-lead-role.html
(data di consultazione e accesso 15/04/2015).
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57
58
http://guide.supereva.it/giallo_e_noir/interventi/2006/08/266715.shtml
(data di consultazione e accesso 15/04/2015).
58
http://mariodesantis.blog.deejay.it/2006/08/29/il-ritorno-di-natasha/
(data di consultazione e accesso 15/04/2015).
57
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Altrettanto fondamentale è fornire una descrizione fisica molto precisa della bambina, (età, peso,
caratteristiche, ecc…), includendo eventuali segni particolari che possano aiutare ad identificarla,
come ad esempio cicatrici, voglie…
Ancora, risulta necessario descrivere quali capi di abbigliamento indossasse Natascha al
momento della scomparsa; di seguito i particolari forniti dalla madre, l’ultima ad averla vista la
sera del 1° marzo 1998, la quale come al solito le aveva preparato i vestiti da indossare il giorno
seguente per andare a scuola.
“La bambina ha 10 anni ed è alta 1,45 m, pesa 45 kg ed è di costituzione robusta, ha i capelli
castano chiaro lisci, con la frangia, gli occhi sono blu affetti da un leggero strabismo e porta
degli occhiali dalla montatura ovale di plastica celeste e le stanghette gialle. Indossa un vestito
con la parte superiore di stoffa di jeans e una gonna di flanella grigia a quadri, una calzamaglia
celeste e una giacca a vento rossa con il cappuccio; le scarpe sono nuove, delle ballerine
scamosciate numero 34 con il laccio alla caviglia e una piccola zeppa di 3 cm, ricevute in regalo
per il suo decimo compleanno (17 Febbraio 1998). Lo zaino della scuola è in plastica blu con la
chiusura gialla e uno spallaccio turchese.”60·
Una volta ricevute queste primarie informazioni occorre aggiungere tutte le circostanze e i
dettagli utili per allargare il campo di azione e organizzare le squadre di ricerca, con l’ausilio
delle unità cinofile; cosa è accaduto a Natascha i giorni precedenti la sua sparizione?
Dai racconti dei genitori sappiamo che il sabato 28 del mese di febbraio, il padre porta Natascha
in Ungheria, dove aveva comprato una seconda casa a Sopron, un piccolo villaggio non lontano
dalla frontiera, distante poco più di un’ora di viaggio in automobile.
http://cinereview.forumcommunity.net/?t=53853599
(data di consultazione e accesso 15/04/2015).
60
Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010 – pagg. 78, 79
59
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61
Il padre, Ludwig Koch, portava spesso qui Natascha i fine settimana in cui le veniva affidata,
poiché i genitori sono separati ufficialmente dal 1993. Il sabato lo hanno trascorso con la
compagnia di amici del padre (dove Natascha era, come sempre, l’unica bambina del gruppo) in
diverse osterie e bar del paese. La domenica 1° marzo la trascorrono insieme in un bagno termale
dove rimangono fino a pomeriggio inoltrato; partiranno dall’Ungheria solo verso sera,
nonostante con la madre vi fossero accordi di riportare Natascha a Vienna entro le ore 19,00.
Giungono alla casa di Brigitte e Natascha alle ore 20,30 ed il padre giustifica il ritardo asserendo
di essersi addormentato nella casa di Sopron, al ritorno dal bagno termale. Una volta giunti a
Rennbahnweg62, il padre non accompagna la bambina alla porta, ma le dice di scendere dall’auto
e di correre a casa; Natascha attraversa di corsa il cortile ed entra dal portone principale, solo a
questo punto il padre se ne va. In casa, la bambina trova un biglietto della madre vicino al
telefono fisso: “Sono al cinema, torno più tardi”; a sua volta Natascha scrive un biglietto alla
madre dove spiega che la aspetterà dalla vicina al piano di sotto. Quando la madre la viene a
prendere, inizia a discutere e arrabbiata le chiede dove fosse il padre:
“Non è salito con me, mi ha fatto scendere davanti all’entrata”
http://www.moldrek.com/ungheria.htm
(data di consultazione e accesso 15/04/2015).
62
Domicilio e residenza della madre e Natascha: Rennbahnweg 27, scala 38, settimo piano, porta 18 –
fonte Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010.
61
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“Come ha potuto permettere che attraversassi da sola il cortile? In piena notte? Poteva
succederti qualcosa! Tuo padre non lo vedrai più! Sono così stufa di questa situazione, non la
tollero più!”63
Dopo la discussione entrambe vanno a dormire senza fare pace; la mattina dopo la madre si alza:
Natascha è già uscita di casa, il letto è sfatto, i vestiti preparati da indossare per quel lunedì di
scuola e le fette imburrate per la ricreazione non ci sono più. A partire dal suo decimo
compleanno, dietro molte insistenze della bambina, le era stato concesso dalla madre di recarsi
da sola a scuola, a piedi. Dal lunedì 2 marzo del 1998 Brigitte Kampusch non ha più visto sua
figlia.
Questi primi fatti, secondo il mio personale parere, aprono la porta non solo a molti interrogativi,
ma anche a situazioni che vanno approfondite e chiarite; la prima di tutte la situazione familiare
vissuta da Natascha Kampusch e il passato dei due genitori, il suo carattere e le abitudini. In
seguito il contesto di vita, il quartiere, la scuola, i rapporti con gli adulti (ad esempio le maestre),
i conoscenti, le amicizie e i parenti.
64
Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010 – pag. 9.
Brigitte Kampusch, madre di Natascha Kampusch
http://www.boekreviews.nl/wp-content/uploads/2013/08/brigitte-kampusch.jpg
(data di accesso e consultazione 10.05.2015).
63
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6.1. Contesto: quartiere e ambiente di vita
Per una questione di priorità nell’organizzare le squadre di ricerca, credo sia assolutamente
fondamentale capire il percorso fatto da Natascha quella mattina e la disposizione del quartiere
dove risiede insieme alla madre. Trattandosi di uno stato europeo, ma politicamente,
geograficamente e burocraticamente diverso dall’Italia è doveroso fare una piccola premessa.
L'Austria è una repubblica federale costituita da 9 stati federati, chiamati in tedesco Länder (al
singolare Land, traduzione tedesca di "stato" o "paese"). Spesso viene utilizzato il termine
Bundesland (al plurale Bundesländer) anche se la Costituzione dell'Austria usa il termine Land.
Ogni Land ha un organo legislativo chiamata Landtag che legifera entro i limiti stabiliti dalla
costituzione, ogni Land inoltre ha un numero di rappresentanti all'interno di una delle camere del
parlamento (Bundesrat).
I governi dei Länder sono organi esecutivi indipendenti, in totale sono 9:
 Burgenland / Burgenland.
65
Ludwig Koch, padre di Natascha Kampusch.
http://www.ok-magazin.de/people/news/16425/wirbel-um-natascha-kampusch-ihr-vater-glaubt-ihr-nicht
(data di accesso e consultazione 10.05.2015).
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

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


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
Kärnten / Carinzia.
Niederösterreich / Bassa Austria.
Oberösterreich / Alta Austria.
Salzsburg / Salisburghese.
Stiria / Steiermarkt.
Tirolo / Tirol.
Vorarlberg / Vorarlberg.
Wien / Vienna (città federata).66
Vienna è politicamente divisa in 23 distretti, che dai cittadini viennesi vengono normalmente
chiamati non con il loro nome, ma con il loro numero. Legalmente, non si tratta di distretti nel
senso di regioni amministrative con esplicito potere (come i distretti degli altri stati federali
austriaci), ma di suddivisione dell'amministrazione cittadina. Nella città di Vienna i distretti da 1
a 9 e il numero 20 vengono chiamati distretti interni perché situati all'interno del Gürtel
(letteralmente “cintura”, la strada più trafficata d’Austria e una delle città più frequentate in
Europa), principale arteria della città; tutti gli altri vengono chiamati distretti esterni. 67
Donaustadt è il ventiduesimo distretto di Vienna, ed è situato nella zona est della città, sulla
sponda sinistra del Danubio; è il distretto più esteso, rappresenta il 24,6% della superficie
dell'intera città. All’interno dei distretti si trovano i quartieri68, di seguito quelli in particolare al
suo interno:
Aspern
Breitenlee
Eßling
Hirschstetten
Kaisermühlen
Lobau
Stadlau
Süßenbrunn
e Kagran, dove vivono Natascha e Brigitte Kampusch, precisamente in Rennbahnweg 27, anche
se la zona è sempre definita colloquialmente come “Rennbahn”
Madre e figlia vivono in una casa popolare, la zona è priva di centro, costituita da zone
industriali e fabbriche accanto ad ampi campi di erba alta; i complessi residenziali popolari sono
costituiti da circa 2400 appartamenti nei quali abitano più di 7000 persone, grandi cortili si
snodano tra i blocchi abitativi di 15 piani.
La popolazione è costituita prevalentemente da immigrati e operai provenienti da alcuni dei
Länder austriaci (soprattutto Burgenland, Stiria e Bassa Austria), teppisti e disoccupati; opinione
66
http://it.wikipedia.org/wiki/Stati_federati_dell%27Austria
(data di accesso e consultazione 16.04.2015).
67
http://it.wikipedia.org/wiki/Distretti_di_Vienna
(data di accesso e consultazione 16.04.2015).
68
http://it.wikipedia.org/wiki/Donaustadt
(data di accesso e consultazione 16.04.2015).
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diffusa era in quegli anni che fosse pericoloso passarci di notte, ma anche di giorno in molti
camminavano in fretta tra i negozi a buon mercato.69
Di seguito una piccola mappa per aiutare nella visualizzazione della strada percorsa ogni giorno
a piedi dalla bambina, la quale dal civico 27 di Rennbahnweg svoltava a destra in Melangasse e a
sinistra in Einslegasse; infine girava nuovamente a destra in Brioschiweg, dove si trovava la sua
scuola elementare “Volkschule Brioschiveg 3”; un tragitto di circa 500 metri in totale,
percorribile dai 5 ai 7 minuti.
70
6.2. Strumenti ed azioni da implementare subito dopo la denuncia di scomparsa
Una volta ricevute queste informazioni che definirei “basilari” per cominciare un immediato
processo di ricerca, la cosa migliore a parere personale dovrebbe essere quella di diramare in
tutte le stazioni di polizia e nei servizi che si occupino di minori le foto e la descrizione della
bambina. Nel frattempo organizzerei squadre di ricerca nel più breve lasso temporale possibile,
partendo dal quartiere di residenza, e squadre investigative che pensino a contattare quante più
persone possibili vicine alla bambina, compresi le maestre e i compagni di scuola.
Contestualmente potrebbe essere molto utile effettuare un sopralluogo presso l’abitazione della
madre, in particolare nella camera della bambina, allo scopo di cercare fonti di prova relative alla
Oggi la situazione è molto diversa: il quartiere è collegato al centro con la linea della metro, il quartiere
ha subito da allora una ristrutturazione dai colori vivaci ed è dotato di diversi centri commerciali Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010.
70
http://www.brioschiweg.at/kontakt
(data di accesso e consultazione 16.04.2015).
69
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sua scomparsa (ad esempio un diario personale, biglietti, disegni rivelatori di stati d’animo,
ecc…).
Fermo restando, ovviamente, il dovere di riserbo investigativo e di obbligo del segreto, a partire
dalla prima fase informativa è essenziale che gli operatori provvedano a supportare i familiari
degli scomparsi, sia per fornire chiarimenti sugli sviluppi delle battute di ricerca, sia per
assumere ulteriori e più approfondite informazioni sulla persona e sulle circostanze dell’evento.
In questo caso, a parere della sottoscritta è utile diffondere la notizia della scomparsa attraverso i
media, individuando un referente al quale sarà dato il compito organizzare adeguatamente i
rapporti con stampa, radio e televisione al fine di determinare i limiti e le modalità di
divulgazione delle notizie. I mass media possono essere utili per lanciare appelli volti ad
acquisire ulteriori informazioni, per interessare una platea più vasta di cittadini e favorire ed
agevolare lo scambio informativo, anche all’estero.
6.3. Storia famigliare e vita precedente alla scomparsa71
Una volta diramate le notizie utili alla ricerca della bambina, a mio parere risulterebbe di grande
aiuto ripercorrere con i genitori, non solo gli ultimi momenti vissuti con Natascha, ma tutta la
storia famigliare e gli avvenimenti importanti che ne hanno caratterizzato i trascorsi. Di assoluta
importanza credo sia avvalersi della collaborazione di un professionista psicologo, il quale
dovrebbe condurre un’intervista con entrambi i genitori (prima insieme poi in separata sede) con
l’ausilio del criminologo, per valorizzare i racconti di vita che potrebbero avere una qualche
rilevanza con la scomparsa della bambina. Lo scopo è quello di apprendere dettagli sul rapporto
di Natascha con i genitori, il rapporto tra questi, il carattere della bambina, lo stile di vita e
l’ambiente famigliare… ogni circostanza e ogni particolare a prima vista insignificanti, possono
poi rivelarsi invece molto utili ai fini della ricerca. Dai colloqui si può quindi apprendere che
Brigitte Kampusch, al momento della nascita di Natascha, ha 38 anni e due figlie grandi
(Claudia, 20 anni e Sabina, 19 anni), avute da un precedente matrimonio; Brigitte ha divorziato
dall’ex marito dopo la nascita della seconda figlia. Essendo Brigitte una sarta qualificata,
conosce il padre di Natascha, Ludwig Koch, tramite una sua cliente di Süssenbrunn 72; Ludwig
spesso accompagnava la madre alla prova dei vestiti commissionati a Brigitte, in questo modo si
conobbero ed iniziarono a frequentarsi; in seguito decisero di convivere e Ludwig si trasferì
nell’appartamento di Brigitte in Rennbahnweg 27 nel 1985. Lo stesso anno Ludwig e Brigitte
aprirono un piccolo negozio di alimentari con una Stüberl (un piccolo cafè annesso) nel
tranquillo complesso residenziale Marco Polo a 15 minuti dal Rennbahn; Ludwig Koch è un
fornaio che aveva rilevato l’attività del padre (Ludwig Koch Senior), quindi lavorava anche nel
suo negozio a Süssenbrunn. Nel 1988 i genitori di Natascha, poco dopo la sua nascita il 17
febbraio, rilevano una bottega in Pröbstelgasse (a Süssenbrunn) a poche centinaia di metri dalla
casa della nonna paterna, nella quale vendevano piccola pasticceria, specialità gastronomiche
Le informazioni sono tratte dal libro di Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010 e
dai siti Internet:
http://www.giornalettismo.com/archives/202173/natascha-kampusch-meglio-un-rapitore-di-una-madreviolenta/
http://www.giornalettismo.com/archives/205119/perche-natascha-kampusch-non-ha-detto-la-verita-sullasua-prigionia/
(date di accesso e consultazione: 04/01/2014 e 16/04/2015).
72
Località nei pressi di Vienna a pochi minuti di auto.
71
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locali, giornali e riviste, piccoli oggetti di uso quotidiano, come detersivi, pasta, minestre in
busta….
Nei primi anni il punto di riferimento più importante di Natascha diviene la nonna paterna (il
nonno Ludwig Koch Senior, panettiere, 24 anni più vecchio della moglie, muore poco prima
della sua nascita, i nonni materni sono morti da tempo), poiché con lei trascorre molto tempo
nella sua casa a Süssenbrunn mentre i genitori sono al lavoro; il rapporto diverrà meno intenso
successivamente, negli anni delle scuole elementari. Fino a 5 anni Natascha trascorre molto
tempo anche con il padre che la porta con sé perfino al lavoro e nei giri di consegna dei prodotti
del forno; tra i due genitori è proprio Ludwig quello che le dedica più tempo e che si lascia
andare a maggiori manifestazioni d’affetto. Brigitte è una donna energica, risoluta, dalla “scorza
dura”, vuole molto bene alla bambina, ma le manifestazioni emotive eccessive la infastidiscono e
lei stessa si descrive come una persona che non si è mai concessa alcuna debolezza.
Nel 1991 inizia la graduale separazione dei genitori, in parte causati dagli ingenti debiti procurati
dal padre e dal suo stile di vita: Ludwig Koch amava uscire la sera e stare con gli amici, andare
in giro per ristoranti e osterie fino a tarda notte; sicuramente questo risultava poco adatto alla
professione di panettiere, poiché solitamente il lavoro prevedeva di recarsi al panificio per le due
del mattino e il resto della giornata, solitamente, egli la trascorreva dormendo sul divano. Inoltre
Herr Koch comprava auto imponenti come Mercedes e Cadillac che non si poteva
economicamente permettere di mantenere; con l’andare del tempo cominciò a farsi prestare molti
soldi e creò parecchi debiti, tanto che la banca pignorò la casa della nonna paterna a Süssenbrunn
ed egli mise più volte in pericolo la stabilità economica della famiglia.
In quegli anni Brigitte e Ludwig litigavano violentemente per ore, chiudendosi in camera a turno
e trascurando Natascha e Ludwig divenne sempre più dipendente dall’alcool. La bimba si è
probabilmente sentita abbandonata e rifiutata, forse poco amata e da quel momento si chiuse in
sé stessa; venne iscritta in una scuola materna privata non lontano da Rennbahnweg, ma
difficilmente riusciva a fare amicizia con i compagni. Nel 1993, quando Natascha ha 5 anni,
Ludwig Koch abbandonò la casa di Brigitte: Natascha per il dolore ha crisi acute di pianto, di
grida, si indusse il vomito più volte e le venne diagnostica persino una gastrite, ma questo non
fece altro che aumentare l’incomprensione con i genitori, soprattutto con la madre. Episodi
frequenti di enuresi secondaria73 si sono protratti per tutti gli anni delle elementari; il disturbo si
ricollega solitamente ad un sentimento di perdita nel senso ampio del termine: litigi familiari,
lutti, separazioni…; non è insomma un vero e proprio sintomo di un problema fisico, quanto
psicologico.
Lo stesso anno, Brigitte rilevò sia la bottega in Pröbstelgasse sia il negozio all’interno del
tranquillo complesso residenziale Marco Polo, gestendoli entrambi da sola. In seguito Brigitte e
Ludwig troveranno ciascuno un altro partner, trascurando i bisogni e la ricerca di affetto della
bambina. Dopo la separazione Ludwig vede Natascha solo qualche fine settimana, mentre con la
madre il rapporto si fa ancora più difficile e complicato. Verso i 9 anni Natascha tende a
“L’ enuresi… è un disturbo, più che una malattia, e consiste nella perdita involontaria e completa di
urina durante il sonno in un’età (5-6 anni) in cui la maggior parte dei bambini ha ormai acquisito il
controllo degli sfinteri. … L’enuresi Secondaria: il bambino, dopo avere raggiunto il controllo della
vescica per almeno 6 mesi, ha ripreso a fare la pipì a letto. Può dipendere da particolari situazioni
emotive e stressanti (ad esempio la nascita di un fratellino, l’inserimento a scuola, tensioni familiari…).”
http://www.pediatriapratica.it/enuresi.htm
(data di accesso e consultazione 16/04/2015).
73
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ingrassare visibilmente e probabilmente tende a compensare le mancanze d’affetto con il cibo,
arrivando a pesare 45 chili (per 1m e 45 cm di altezza) prima del suo rapimento. La bambina
conduce una vita solitaria e sedentaria, la maggior parte del tempo la trascorre rinchiusa nella sua
stanza, non gioca negli ampi cortili del Rennbahn e non riesce ancora a farsi degli amici.
6.4. Cosa è successo a Natascha Kampusch? Le ipotesi
Quali ipotesi si possono avanzare alla luce dei fatti riportati? Cosa prendere in considerazione
realmente lo suggeriranno le indagini nel loro proseguo e andamento… Nel frattempo ci si deve
preoccupare di qualsiasi genere di accadimento, stando attenti a non escludere nulla a priori,
basandosi però sempre sulle circostanze. È molto utile, a mio parere, cercare sempre (in ogni
ipotesi) di dare risposte alle domande che sono alla base della principale domanda “Cosa è
successo?”:
 Chi/quale?
 Quando?
 Dove?
 Come? In quale modo?
 Perché?
 Con cosa? (metodi, strumenti…).
IPOTESI I
La prima ipotesi che approfondirei sarebbe quella di più immediato riscontro: si potrebbe
verificare, attraverso la polizia locale, se nel quartiere di Natascha quella mattina siano avvenuti
particolari eventi (come cortei, manifestazioni…), se vi siano situazioni di cantieri aperti dove la
bambina avrebbe potuto farsi male (lavori stradali, agli edifici) o se si siano verificati incidenti
stradali; contestualmente controllerei se la descrizione della bambina o il suo nome risultassero
presso gli ospedali ed i pronto soccorso della città, in modo da accertare che Natascha non si
trovi in pericolo (magari rinchiusa in qualche pertugio di un cantiere, dove non l’hanno vista
entrare) o in ospedale, magari priva di conoscenza.
IPOTESI II
La fuga autonoma è una delle prime cause di scomparsa di un minorenne, non solo in Italia ma
anche a livello europeo ed internazionale74, e non può non essere presa in considerazione; inoltre
tra le principali ragioni vi sono le discussioni con la famiglia, esperienze stressanti, fallimenti
scolastici, incapacità di comunicazione e di richieste di aiuto; situazioni che in qualche modo ha
esperito anche Natascha, sia negli anni passati sia nel periodo precedente la sua scomparsa.
A questo punto bisogna riflettere su possa trovarsi la bambina e sulle ragioni che potrebbero
averla portato all’eventuale fuga, ripensando e ripercorrendo momenti precedenti la stessa; un
ulteriore passo è quello di contattare ad amici, conoscenti, insegnanti o chiunque altro possa
avere notizie, chiedendo loro di fornire eventuali aggiornamenti.
Si cercheranno di descrivere più elementi possibili sulle circostanze che possono averla portata
74
http://116-000.it/wp-content/uploads/2012/07/guida-minori-scomparsi.pdf
(data di accesso e consultazione 12/04/2015).
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alla fuga, preoccupandosi di non omettere nessun particolare e riferire eventuali cambiamenti di
comportamento nella bambina o se avesse raccontato di nuove conoscenze, di incontri particolari
e nuove esperienze.
IPOTESI III
In questo caso, a parare della sottoscritta, si deve affrontare forse l’ipotesi più difficile: il
rapimento, probabilmente un pedofilo o un ricattatore (ovviamente a fronte di una eventuale
richiesta di riscatto) che potrebbe essere sia uno sconosciuto sia un conoscente della famiglia.
L’ipotesi del rapitore pedofilo non solo rimane comunque plausibile a tutt’oggi nel 2015, ma in
quegli anni numerose circostanze potevano avvalerne la realizzazione; l’anno precedente, nella
località di Salzkammergut (Austria) fu sgominata una banda di pedofili: 7 uomini adulti con
piccole somme di denaro attiravano bambini e ragazzini (il numero è tutt’oggi imprecisato) in
una stanza arredata allo scopo preciso di abusare di loro e girare film che poi vendevano in tutto
il mondo. Negli anni delle elementari di Natascha Kampusch, in Germania, si erano verificati
molti omicidi con vittime, la cui maggioranza erano bambine (spesso se ne sentivano di rapite,
violentate uccise, ma frequenti erano anche le sparizioni), tanto che le maestre ne parlarono
anche alla scuola di Natascha per far sì che i bambini imparassero a dire no agli estranei, a non
salire in auto con sconosciuti o di cambiare lato della strada se avessero notato qualcosa di
strano.75
Senza contare che due anni prima in Belgio era scoppiato il caso Marc Dutroux o, come lo
soprannominava la stampa, il “mostro di Marcinelle”. Nel corso di una decina di anni (dal 1985
al 1996) egli ha sequestrato e torturato sei ragazze dagli 8 ai 19 anni, abusando sessualmente di
tutte loro. Solo due delle sue vittime, Sabine Dardenne e Laetitia Delhez, di 12 e 14 anni,
riuscirono a sopravvivere alle sevizie; An Marchal e Eefje Lambrecks, di 17 e 19 anni, vennero
uccise, mentre Julie Lejeune e Melissa Russo, entrambe di 8 anni, furono lasciate morire di
stenti. Secondo alcuni, Dutroux sarebbe stato un semplice "operatore" di una più ampia rete di
pedofili.76
6.5. La prima segnalazione: 3 Marzo 1998
Il martedì 3 Marzo 1998 una ragazzina di 12 anni, Zeugin Ischtar A., si era presentata alla polizia
e aveva dichiarato di aver visto in Melangasse qualcuno che trascinava con la forza una bambina
dentro un furgone bianco con i vetri oscurati; all’interno del camioncino bianco era presente una
Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010.
“La vicenda venne alla luce solo il 9 agosto 1996, con la sparizione di Laetitia dalla piscina dove si
recava solitamente: un testimone era riuscito a identificare un veicolo bianco che risulterà poi intestato a
Marc Dutroux; il 12 agosto Dutroux e sua moglie Michèle Martin vengono arrestati con le accuse di
rapimento e pedofilia e il 15 agosto gli agenti ritrovano Laetitia e Sabine nella cantina dell'abitazione
della coppia, sotto shock ma ancora in discrete condizioni. Il 17 agosto, nel giardino di un'altra
abitazione di Dutroux, a Sars-la-Buissière, vennero ritrovate le salme di Julie e Melissa, scomparse il 24
giugno 1995. Viene individuato anche il corpo di Bernard Weinstein, già condannato per pedofilia e
presunto complice di Dutroux. Infine, in base alle indicazioni del "mostro", il 3 settembre furono
recuperati dalla cantina di un'altra casa i resti delle prime vittime, An e Eefje.” http://it.wikipedia.org/wiki/Marc_Dutroux
(data di accesso e consultazione 22/04/2015).
75
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seconda persona di sesso maschile, la quale è sempre rimasta seduta al posto di guida mentre
l’altro trascinava Natascha all’interno della vettura.
“Sul lato del guidatore sedeva un uomo che non sono riuscita a vedere perché il suo viso era
girato verso sinistra. Appena la bambina che non conoscevo ha raggiunto il bordo della
macchina, le porte scorrevoli si sono subito aperte. Ho potuto solo vedere come la ragazzina sia
stata trascinata all’interno della vettura dopo essere stata presa per i suoi avambracci.”77
Sembra quindi avvalorarsi l’ipotesi di un rapimento, ma purtroppo non vi è alcuna certezza e
quindi occorre comunque stare attenti al fine di non compromettere mai l’obbiettività
dell’indagine; quello che sembrerebbe utile fare immediatamente sarebbe predisporre un
interrogatorio per Ischtar e trarre quanti più dettagli possibili dalla sua testimonianza, prima che
vengano dimenticati o subiscano distorsioni. La collaborazione di uno psicologo esperto in
infanzia e adolescenza aiuterebbe a migliorare le condizioni del setting dell’interrogatorio (che
possibilmente deve essere audio-registrato, ancora meglio videoregistrato), tutelando così la
minore, spiegandole cosa sta accadendo e consentendole di parlare liberamente. L’esperto
potrebbe suggerire la migliore formulazione delle domande in modo che non compromettano la
spontaneità, la sincerità e la genuinità delle risposte di Ischtar; allo stesso tempo aiuterebbe a
capire meglio la credibilità e l’affidabilità di quanto riportato dalla bambina, poiché potrà
valutarne diversi fattori come l’accuratezza del racconto e la presenza (o meno) di
contraddizioni, insieme a caratteristiche personali come l’età, i livelli di sviluppo di linguaggio e
comprensione e le modalità espressive ed emotive che appartengono a Ischtar.
Una volta valutata la congruenza, la pertinenza e l’affidabilità della testimonianza della bambina,
si potrebbe attivare una ricerca su tutti i proprietari di furgoni bianchi con le porte scorrevoli e i
vetri oscurati presenti a Vienna e in provincia, in particolare nel distretto di Donaustadt dove
Natascha ha trascorso la sua vita fino a quel momento; il rapitore, potrebbe essere eventualmente
qualcuno che conosce Natascha anche solo di vista, magari un cliente che frequenta negozi dei
genitori oppure un conoscente che risiede nel quartiere in cui vivono Brigitte e Natascha.
Le possibilità potrebbero essere infinite anche dopo la testimonianza di Ischtar, pertanto
immedesimandomi in chi potrebbe condurre un tipo di indagine simile, manterrei la ricerca a
tappeto della bambina e organizzerei un’unità di indagine che si preoccupi della ricerca del
furgone descritto da Ischtar, anche se la lista potrebbe essere rivelarsi molto lunga da controllare.
6.6. La seconda segnalazione: 14 Aprile 1998
Il 14 aprile 1998 la polizia ricevette un’importante segnalazione: alcuni testimoni avevano
dichiarato di aver visto la mattina del rapimento, un furgone di marca Mercedes con i vetri
oscurati nelle vicinanze di Rennbahn dove Natascha abitava, la cui targa rimandava alla zona di
Gäsendorf.78
http://www.giornalettismo.com/archives/202173/natascha-kampusch-meglio-un-rapitore-di-una-madreviolenta/
(data di accesso e consultazione 04/01/2014 e 16/04/2015).
77
78
Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010.
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In Austria dal 2002 le targhe automobilistiche sono composte (da sinistra a destra) da: una banda
blu con le 12 stelle simbolo dell'Unione europea e la sigla automobilistica internazionale “A”; da
una sigla in nero su fondo bianco di due lettere del distretto (in questo caso “GF”) oppure di una
lettera se del distretto urbano del capoluogo, lo stemma del Land e una serie alfanumerica. Sono
presenti due sottili bande orizzontali rappresentanti i colori austriaci. Dal 1990 al 2002 venivano
utilizzate targhe identiche a quelle in uso oggi senza però la banda blu dell'Unione Europea.79
Queste informazioni, a mio parere, sottoscrivono una vera e propria svolta del corso
dell’indagine: a questo punto ci si può concentrare sui proprietari di furgoni bianchi di marca
Mercedes con porte scorrevoli e vetri oscurati residenti nella zona di Gäsendorf, poiché è in
questa zona che rimanda la targa.
Una rapida ricerca su internet mi ha permesso di capire che la Mercedes negli anni ha prodotto i
seguenti modelli di “furgone”, che in termini tecnici si definiscono come “veicoli commerciali
leggeri”; essi sono:
 Vito.
 Sprinter.
 Vario.
 Vaneo.
 Citan.
Gli ultimi due modelli però non vanno presi in considerazione: la Vaneo è stata un'autovettura
monovolume prodotta dal 2001 al 200580, mentre il Citan è un veicolo commerciale di medio
calibro commercializzato a partire dal 201281; entrambi i modelli nel 1998 pertanto non
esistevano.
Il modello Vito venne introdotto sul mercato con utilizzo prevalente come furgone per impieghi
commerciali ed è uscito nel 1995. Il nome Vito deriva dalla contrazione del nome della località
spagnola di Vitoria, dove si trova lo stabilimento in cui viene assemblato. È stato proposto in più
varianti: a due file di sedili con vano di carico ridotto, ad una sola fila di sedili con grande vano
di carico e in versione pullmino con tre file di sedili.
http://it.wikipedia.org/wiki/Targhe_automobilistiche_austriache
(data di accesso e consultazione 17/04/2015).
80
http://it.wikipedia.org/wiki/Mercedes-Benz_Vaneo
(data di consultazione e accesso 18/04/2015).
81
http://www.autoscout24.it/veicoli-commerciali/mercedes-benz/mercedes-benz-citan/
(data di consultazione e accesso 18/04/2015).
79
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Lo Sprinter venne alla luce nel 1995 e ne esistono sei diversi modelli: il furgone (normale o
parzialmente vetrato), il minibus, il pick-up, il cassonato, fino all'autotelaio.
83
Con il nome di Mercedes Vario è stata battezzata la terza generazione del transporter di grosse
dimensioni chiamato anche Mercedes T2; nel 1996 il veicolo è stato ribattezzato Mercedes
Vario. È stato costruito inizialmente in versione di furgone a cassone (anche parzialmente dotato
di finestre), pickup, con cassone ribaltabile, oppure ne veniva proposto l’autotelaio per la
realizzazione di veicoli speciali, camion o piccoli bus; la versione più piccola è costituita dal
Mercedes Benz Sprinter.
82
http://www.autoscout24.it/modelli/mercedes-benz/mercedes-benz-vito/
(data di consultazione e accesso 18/04/2015).
83
http://www.autoscout24.it/modelli/mercedes-benz/mercedes-benz-sprinter/
(data di consultazione e accesso 18/04/2015).
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Questo potrebbe sicuramente restringere il campo delle ricerche a proposito del furgone e
delimitare le persone sulle quali indagare; purtroppo questo non è mai avvenuto e le cose sono
andate in modo ben diverso.
6.7. I fatti realmente accaduti e l’andamento delle indagini
Le ricerche di Natascha Kampusch iniziano il giorno successivo (martedì 3 Marzo 1998):
poliziotti e cani poliziotto perlustrarono il quartiere, i cortili interni, le strade laterali e le aree
verdi, setacciarono le rive del Danubio e le zone maggiormente frequentate dalla bambina (come
la scuola), vennero attivati gli elicotteri e affissi manifesti in tutte le scuole; le ricerche
proseguirono fino al piccolo villaggio di Sopron in Ungheria, dove Natascha era stata con il
padre il fine settimana precedente la sua scomparsa.
Lo stesso giorno Ischtar si presentò alla polizia viennese per descrivere quanto visto in
Melangasse il giorno precedente: la bambina inizialmente lo raccontò subito alla maestra, ai suoi
compagni di scuola e ai suo genitori. Ischtar la mattina del 2 Marzo 1998 ha assistito
effettivamente al rapimento di Natascha Kampusch, ma all’inizio la polizia non prese sul serio la
sua testimonianza.
Dopo 4 giorni giunsero più di 130 segnalazioni (qualcuno chiamò chiedendo addirittura un
milione di scellini austriaci di riscatto, ma in seguito non fu l’unico) dove alcuni sostenevano di
aver visto Natascha con la madre in un supermercato, da sola in autogrill, una volta a Wels (città
della Bassa Austria) e ben tre volte in Tirolo; nel frattempo un team di pubblici ufficiali si recò
in Ungheria poiché qualcuno sosteneva di aver riconosciuto Natascha a Sopron. Il piccolo
villaggio ungherese nel quale aveva trascorso il week end col padre fu minuziosamente
rastrellato con la collaborazione con la polizia ungherese, il vicinato organizzò un servizio di
vigilanza e la casa del padre fu messa sotto sorveglianza. Ovviamente nessuna delle segnalazioni
si rivelò essere una pista importante.
Sei giorni dopo il rapimento, il capo delle indagini comunicò ai media quanto segue:
http://www.autoscout24.it/modelli/mercedes-benz/mercedes-benz-vario/
(data di consultazione e accesso 18/04/2015).
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“Non abbiamo rinunciato alle ricerche, né in Austria né in Ungheria, dove i poliziotti stanno
cercando Natascha con l’aiuto di manifesti segnaletici. Tuttavia abbiamo perso la speranza di
ritrovare viva la bambina.”85
Le ricerche vennero sospese il giovedì 5 marzo 1998, dopo solo tre giorni; le esplorazioni del
quartiere di Natascha e nei dintorni non avevano avuto successo e da quel momento la polizia si
preoccupò di interrogare le persone che più le erano vicine; solo alla televisione continuavano a
passare quotidianamente gli appelli con la foto della bambina e la descrizione fornita dalla
madre.86
La dichiarazione di Ischtar fu presa in esame solo attorno al 18 Marzo; lo stesso giorno fu resa
pubblica insieme all’annuncio che nei giorni successivi sarebbero stati controllati i proprietari di
oltre 700 furgoni bianchi (776 per la precisione), poiché evidentemente la polizia aveva pensato
di indagare sull’unico elemento che poteva avere una rilevanza tangibile. A parere del tutto
personale, la gestione dei rapporti con la stampa non fu ottimale: promulgando le dichiarazioni
della bambina non solo si è annunciata la ricerca di un furgone corrispondente alla descrizione da
lei fornita dando tutto il tempo al colpevole/ai colpevoli di prepararsi, ma ulteriormente si è
mancato di tutela e protezione nei confronti di Ischtar, la quale avrebbe anche potuto subire
eventuali minacce e ritorsioni.
Il 10 Aprile 1998, (il Venerdì Santo di Pasqua e il trentacinquesimo giorno della prigionia di
Natascha), i poliziotti giunsero all’abitazione del rapitore, una villetta unifamiliare in
Heinestrasse 60 nella località di Strasshof an der Nordbahn, chiedendogli di mostrare loro il suo
furgone. Secondo il verbale della polizia, il rapitore dichiarò di usare il furgone (carico di
calcinacci) per alcuni lavori di ristrutturazione alla casa e che il 2 marzo vi aveva trascorso tutto
il giorno e che non vi erano testimoni per poter confermare tale alibi. I poliziotti si
accontentarono di queste dichiarazioni e non perquisirono né la casa, nonostante il rapitore
avesse offerto loro apertamente la possibilità di controllarla, né il furgone (al quale fecero solo
un paio di foto da allegare alla pratica).
Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010 – pag. 79.
“Le autorità austriache si stanno occupando della scomparsa di una bambina di 10 anni, natascha
Kampusch. La bambina è stata vista l’ultima volta il due marzo. Il tratto di strada fino alla scuola, sul quale
si sono perdute le tracce di Natascha, è abbastanza lungo. Pare che una bambina con una giacca a vento
rossa sia stata trascinata in un furgone bianco” da Aktenzeichen XY ungelöst del 27/03/1998, trasmissione
televisiva sul genere “Chi l’ha visto?” - Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010 – pag.
61.
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A questo punto ho potuto dedurre che i poliziotti non abbiano mai tenuto in considerazione il
fatto che questa persona non avesse un alibi poiché da allora non ebbero mai più alcun contatto
con lui, nonostante giunse (sempre in data 14 Aprile 1998) una terza segnalazione, la quale, a
differenza della seconda88, non venne mai resa pubblica.
Un agente in servizio della squadra cinofila della polizia di Vienna aveva chiamato una stazione
di polizia, e depositò testualmente la seguente dichiarazione:
“Am 14. Mai 1998 wies ein aus Strasshof stammender Polizeihundeführer beim Sicherheitsbüro
Wien auf Přiklopil als möglichen Täter hin. Im Protokoll wird die Aussage folgendermaßen
geschildert:
„Betreffend der Fahndung nach dem weißen Kastenwagen mit dunklen Scheiben im bezirk
Gänserndorf in Bezug zur Abgängigkeit der Kampusch Natascha gibt es in Strasshof/Nordbahn
eine Person, welche mit dem Verschwinden in Zusammenhang stehen könnte und auch in besitz
eines weißen kastenwagens Marke Mercedes mit abgedunkelten Scheiben ist. Dieser Mann sei
ein sogenannter „Eigenbrötler“, welcher mit seiner Umwelt extreme Schwierigkeiten habe und
Kontaktprobleme habe. Er soll gemeinsam mit seiner Mutter in Straßhof/Nordbahn, Heinestraße
60 (Einfamilienhaus) wohnen, welches jedoch elektronisch voll abgesichert sei. Auch soll der
Mann eventuell Waffen zu Hause haben. Vor dem Areal Heinestraße 60 sei ögfters [sic] sein
weißer kastenwagen, Marke Mercedes, Kennzeichen unbekannt, mit seitlich und hinten total
abgedunkelten Scheiben stehen. Dieser Mann sei früher bei der Fa. Siemens als
Nachrichtenelektroniker beschäftigt gewesen und könnte dies auch jetzt noch sein. Eventuell lebt
“Casa unifamiliare gialla, costruzione tipica degli anni ‘70 con il tetto spiovente e due camini, le
cornici bianche alle finestre, la circonda un giardino con molte siepi“
Descrizione presa da Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010.
Fonte della foto:
http://www.bild.de/news/ausland/natascha-kampusch/kampusch-vater-erhebt-unglaubliche-vorwuerfe29277820.bild.html
(data di accesso 16/04/2015).
88
Vedi paragrafo 6.6. pagina n. 58.
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der Mann mit seiner betagten Mutter in diesem haus und soll er einen hang zu „Kindern“ in
Bezug auf seine Sexualität haben, ob er diesbezüglich bereits vorbestraft ist, ist unbekannt.
Der Namen des Mannes ist dem Anrufer unbekannt, ist er ihm nur aus der Nachbarschaft
bekannt.
Der Mann soll ca. 35 jahre alt sein, blondes Haar haben und 175 - 180 cm groß sein und
schlank
sein.
Nähere Angaben konnte der anonyme Anrufer nicht machen.“ – Polizeiprotokoll (Schreibfehler
hier absichtlich zitiert”89
“Il 14.04.1998, alle ore 14:45 chiama una persona di sesso maschile, sconosciuta, e comunica le
seguenti circostanze:
Relativamente alle ricerche di un furgone bianco con i vetri oscurati nella circoscrizione di
Gäsendorf, in relazione alla scomparsa di Natascha Kampusch, c’è una persona a
Strasshof/Nordbahn che potrebbe stare in relazione con la scomparsa e che è anche in possesso
di un furgone bianco di marca Mercedes con i vetri oscurati. Quest’uomo sarebbe un cosiddetto
“originale”, che ha grosse difficoltà con l’ambiente che lo circonda e problemi a instaurare
rapporti con gli altri. Pare che abiti con sua madre a Strasshof/Nordbahn, Heinestrasse 60
(villetta unifamiliare) che è protetta con sistemi elettronici di sicurezza. Sembra che l’uomo
possieda anche delle armi. Davanti alla zona di Heinestrasse 60, è spesso fermo il suo furgone
bianco di marca Mercedes, targa sconosciuta con i finestrini laterali e posteriori completamente
oscurati. Quest’uomo era un tempo impiegato presso la ditta Siemens, come tecnico delle
comunicazioni e potrebbe esserlo ancora. Forse vive in quella casa con la mamma anziana.
Relativamente alla sua sessualità, pare che abbia un’inclinazione verso i bambini. Non è noto se
abbia precedenti penali al riguardo. La persona che ha chiamato non sa il nome dell’uomo che
conosce soltanto dal vicinato. L’uomo ha all’incirca 35 anni, i capelli biondi ed è alto 175-180
cm ed è magro. L’anonimo non ha potuto fornire informazioni più precise.”90
A quanto pare nessuno tenne conto di quanto riportato dall’agente e della telefonata anonima.
7.
Il racconto di Natascha Kampusch:
il rapimento – 2 Marzo 199891
La mattina del lunedì 2 Marzo 1998 Natascha Kampusch percorreva sola il tragitto a piedi che la
separava dalla scuola, come faceva ormai da un paio di settimane: dopo il suo decimo
compleanno, il 17 febbraio 1998, aveva tanto insistito che la madre le aveva concesso questa
piccola libertà. La sera prima però Natascha e Brigitte avevano avuto una pesante discussione; la
bambina rimuginava ancora sul litigio quando da Rennbahnweg girò a destra in Melangasse,
dove era parcheggiato un furgone bianco sul lato destro della strada. Appoggiato davanti al
furgone c’era uomo alto e slanciato, con capelli grigi e occhi azzurri; Natascha nonostante un
forte primo impulso di cambiare strada, liquidò la sua sensazione di inquietudine e continuò a
89
http://de.wikipedia.org/wiki/Entf%C3%BChrung_von_Natascha_Kampusch
(data di accesso e consultazione 16/04/2015).
90
Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010 – pp. 96 e 97.
91
Quanto riportato in seguito deriva dalle descrizioni presenti nel libro “3096 giorni”, Bompiani, Milano,
2010 raccontato in prima persona dalla stessa Natascha Kampusch.
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camminare. Improvvisamente l’uomo, al momento in cui la ebbe di fianco, la afferrò e la sollevò
per la vita, spingendola attraverso le portiere aperte del furgone; Natascha rimase senza fiato, ma
probabilmente provò a lottare poichè in seguito un occhio sarà gonfio e livido.
Il rapitore le intimò di sedersi sul fondo del furgone e di non muoversi; Natascha sentiva l’uomo
battere freneticamente sui tasti del telefono, poichè il furgone non aveva la parete divisoria tra la
guida e il vano di carico. Dopo alcune telefonate a vuoto, l’uomo finalmente riuscì a contattare
qualcuno ma una volta conclusa la conversazione il rapitore disse:
“Adesso ti porto in un bosco e ti consegno agli altri. Dopo non avrò più niente a che fare con
questa faccenda. Ti consegno a loro e poi non avrò più niente a che fare con te. Non ci
rivedremo mai più.”92
Più volte ripetè le stesse frasi, ma dopo un’ulteriore telefonata il rapitore disse ancora:
“Quelli non vengono, non sono qui.”93
Natascha nel frattempo riusciva a scorgere le strade attraverso i finestrini oscurati e le pareva di
riconoscere la strada radiale in direzione di Gäsendorf che attraversava Süssenbrunn, dove
appena tre settimane prima la madre aveva venduto la bottega inaugurata nel 1988 con Ludwig
Koch.
“Dove stiamo andando?” chiese la bambina
“A Strasshof” disse lui apertamente.94
Finalmente il rapitore parcheggiò in un garage, gettò una coperta blu addosso a Natascha, la
avvolse stretta e la portò in braccio, scendendo parecchi scalini che portavano verso il basso,
forse in una cantina; Natascha ancora paralizzata dalla paura, non capiva quanto tempo fosse
passato, percepiva solo di essere al buio e che l’aria polverosa, calda e stantia. L’uomo
improvvisamente si fermò e nel giro di poco una luce si accese: proveniva da una lampadina
attaccata al muro che illuminava una stanza piccola e spoglia di meno di 5 mq (esattamente
lunga 2,70 m, larga 1,80 e alta 2,40), con pareti rivestite di legno chiaro. In un angolo appesa alla
parete con dei ganci si trovava una brandina nuda, il pavimento era di laminato chiaro e c’erano
anche un water senza coperchio e un doppio lavabo d’acciaio inossidabile appoggiato alla parete.
La porta si apriva solo dall’esterno e all’interno non c’era una maniglia, ma solo un pomello
tondo; in sottofondo, si sentiva il ronzio del ventilatore che soffiava l’aria dalla soffitta attraverso
un tubo che passava dal garage.
Natascha cominciò allora ad implorare e supplicare, ma ricevette come risposta solo
l’indifferenza del suo rapitore:
“Di cosa hai bisogno?” disse l’uomo
“Una spazzola, uno spazzolino da denti, un dentifricio e un bicchiere per lo spazzolino”95,
rispose meccanicamente Natascha, come se fosse in vacanza, magari in hotel, e semplicemente si
fosse dimenticata il suo beauty case da viaggio.
Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010 – pag. 47.
Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010 – pag. 48.
94
Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010 – pag. 49.
95
Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010 – pag. 53.
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Il rapitore si assentò e ritornò più tardi con quanto richiesto, un materasso stretto e alto 8 cm
(come quelli dell’esercito o appartenente a un lettino da giardino) e dei biscotti; nel mentre, le
portò via lo zaino, e in seguito lo brucerà insieme alle scarpe scamosciate allo scopo distruggere
tutte le eventuali tracce che conducessero a lui o alla sua abitazione. Quella sera l’uomo, dietro
richiesta della bambina, lesse “La principessa sul pisello, seconda parte” da un libro di favole, in
seguito la coprì con una coperta e alla fine le diede il bacio della buonanotte sulla fronte. Era il
primo giorno di prigionia di Natascha Kampusch.
7.1.
La prigionia – Anno 1998
Nei primi mesi di prigionia, l’uomo si occupò di Natascha in modo quasi amorevole: venne
accontentata in qualsiasi cosa la bambina desiderasse mangiare, le cambiò il materasso con un
lettino dal giardino, le regalò un vecchio computer Commodore C64 per permetterle di distrarsi
con dei videogiochi (e spesso egli giocava con lei) e infine trasportò nel rifugio una grossa stufa
elettrica poiché il clima nella stanza non superava mai i 15 gradi. Le faceva visita più volte
prolungatamente, spesso nelle ore dei pasti in modo da consumarli insieme, e i primi tempi le
parlava sempre dei presunti mandanti del rapimento a lui commissionato. Al tempo stesso, egli
decideva quali fossero gli orari di luce e buio, stabilendo di conseguenza la veglia e il sonno di
Natascha, la quale non capiva più quando fosse giorno e quando fosse notte; inoltre si
evidenziavano sempre più spesso i cambi di umore dell’uomo: bastavano piccoli movimenti
bruschi o sguardi a lui percepiti come sgradevoli, i quali facevano scattare subito la sua paranoia.
In queste occasioni, l’uomo si arrabbiava e insultava pesantemente la bambina.
Dopo la prima settimana il rapitore le comunicò che per almeno un pasto al giorno, Natascha
avrebbe dovuto farsi da mangiare da sola e attrezzò il “rifugio” di un tavolo da giardino e due
sedie pieghevoli, un canovaccio da usare come tovaglia, qualche stoviglia, un fornello elettrico,
un piccolo forno, una pentola d’acciaio ed alcuni pietanze pronte o precotte (scatole di fagioli,
Gulasch, pietanze precotte da riscaldare…). Le visite dell’uomo ora erano cadenziate in due
volte al giorno: tranne durante i fine settimana, egli andava a trovarla tutte le mattine e poi
variabilmente a mezzogiorno oppure la sera, quando portava il secondo pasto della giornata da
condividere. Il rapitore faceva molta attenzione affinchè Natascha si nutrisse in modo sano e le
portava regolarmente carne, frutta, verdura e latticini. In generale il rapitore pretendeva
gratitudine e lodi per le sue gesta di premura e se Natascha “non si comportava bene” 96, egli la
puniva togliendole la luce o l’elettricità; ogni sera egli comunque svitava la lampadina,
lasciandola nel buio più totale fino alla mattina dopo. Di solito durante le sue visite, l’uomo
indossava delle vecchie magliette e dei pantaloni dell’Adidas: indumenti pratici per infilarsi
comodamente nello stresso passaggio che portava alla segreta: occorreva infatti quasi un’ora per
aprire tutte le porte e le chiusure di sicurezza che ostruivano l’ingresso della cantina.
In seguito Natascha cominciò a chiedergli insistentemente come si chiamasse e un giorno
l’uomo, innervosito, le fece vedere il suo biglietto da visita: sopra vi si leggeva il nome
“Wolfgang Priklopil”97. Un’altra cosa che Natascha chiedeva sistematicamente era un
Probabilmente l’uomo nei suoi ragionamenti aveva previsto una specie di schema comportamentale del
suo ostaggio e se quest’ultimo non veniva rispettato, egli dava letteralmente in escandescenze; come già
detto, non esistevano comportamenti oggettivi, ma era tutto dettato dall’umore del rapitore.
96
97
Natascha non ebbe la certezza del suo vero nome poiché egli, subito dopo averle mostrato il biglietto da
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calendario: le date erano ormai diventate un’ossessione per la bambina perché il 25 marzo
sarebbe stato il compleanno di sua madre e perdersi quel giorno a casa sarebbe stata la conferma
dell’incubo che stava vivendo. Priklopil le concesse di registrare un video di auguri che avrebbe
spedito al suo indirizzo il giorno del compleanno di Brigitte, ma ovviamente non lo inviò mai; da
quel momento il rapitore cambiò strategia e non parlò più di committenti, bensì di un rapimento
in cambio di riscatto.
“I tuoi genitori non ti vogliono più bene, non ti vogliono più. Sono contenti di essersi finalmente
liberati di te” .98
Egli continuava a ripeterle di aver contattato più volte i suoi genitori, ma che questi non erano
affatto interessati alla sua liberazione; Natascha dipendeva da lui in tutta la sua sopravvivenza
fisica e psichica e l’affermazione relativa al rifiuto dei genitori di pagare il riscatto, rendeva la
bambina ulteriormente dipendente da Priklopil anche dal lato emotivo. La bambina si costrinse a
mantenere un’ ”apertura positiva “ verso il suo rapitore, considerandolo sì colui l’aveva strappata
alla sua vita, ma anche l’uomo che faceva di tutto per renderle migliore la sua permanenza nella
cantina; questo la aiutò a creare una sorta di quotidianità.
Il 12 Aprile 1998 era la domenica di Pasqua (il venerdì 10 aprile i poliziotti erano andati a casa
di Priklopil per controllare) e il rapitore portò a Natascha un cestino con delle uova colorate di
cioccolato e un coniglietto pasquale; quello stesso giorno spiegò alla bambina di aver
abbandonato l’idea di ottenere un riscatto, poiché i genitori di Natascha non si erano ancora fatti
vivi ed evidentemente non erano abbastanza interessati al suo rilascio.
Inoltre sentenziò:
“Tu hai visto il mio viso e mi conosci bene. Adesso non posso più lasciarti andare. Non ti
riporterò mai dai tuoi genitori, ma mi occuperò di te per quel che posso”99
Questa affermazione portò la bambina alla completa disperazione; esaurite le suppliche, i pianti
incontrollati, le soluzioni più disparate e i più incredibili piani di fuga, Natascha capì da quel
momento in poi di non aver più scampo: non aveva più senso cercare di convincere Priklopil di
lasciarla libera. Natascha non glielo chiese mai più. Ella continuò ad insistere per avere un
calendario e una sveglia: era decisa ad avere un collegamento con la vita esterna, sapere
semplicemente se si trattasse di un giorno in cui sarebbe andata a scuola o se fosse il fine
settimana; riappropriarsi della coscienza del tempo regalava a Natascha un minimo di
orientamento. Inoltre la piccola prigioniera decise di rendere più accogliente la squallida cantina
dov’era rinchiusa poiché, che l’avesse voluto o meno, il suo posto nel mondo si sarebbe ridotto a
quei soli 5 metri quadri; ogni giorno si adoperò per pulire la sua prigione e Priklopil le fornì tutto
il necessario: detersivi, disinfettanti, una scopa e una paletta rosse, un deodorante per ambienti,
strofinacci… l’aroma di lavanda, non particolarmente buono, aveva comunque il pregio di
attutire l’odore di muffa e umidità e, con un po’ di sforzo, Natascha chiudeva gli occhi e poteva
visita, aggiunse ridendo
“Naturalmente questo non è il mio vero nome!... Forse mi chiamo anche Holzapfel!”
Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010 – pag. 82.
98
Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010 – pag. 84.
99
Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010 – pag. 94.
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immaginarsi in un prato all’aperto, almeno per qualche minuto. Una volta riaperti gli occhi, le
nude pareti la strappavano sempre bruscamente dai suoi sogni, riportandola immediatamente alla
cruda realtà, tanto che prese la decisione di disegnarle e colorarle a suo gusto; questa pittura
murale creava uno sfondo con la quale Natascha poteva immaginare di essere a casa: dipinse
l’ingresso dell’appartamento di Rennbahn dove viveva con la madre, una maniglia sulla porta
della cella e sulla parete accanto, il piccolo comò del corridoio dove lei e la madre appoggiavano
le chiavi... Natascha dedicò parecchio tempo alla realizzazione di un albero genealogico
sull’altra parete:
“Mi restituiva un posto nel mondo e mi assicurava che ero parte di una famiglia, di un intero, e
non un atomo disperso, fuori dal mondo reale, come mi sentivo spesso”100
Il cambiamento più importante della prigionia avvenne quando Priklopil trasportò nella cantina
un televisore e un videoregistratore; dopo diverse settimane dove l’unico contatto con la vita era
stato il rapitore, il televisore poteva finalmente introdurre nella cella una variopinta imitazione
della società umana. All’inizio l’uomo le registrava l’intero programma televisivo della giornata,
poi divenne troppo faticoso per lui eliminare le notizie in cui si parlava ancora del suo rapimento
(l’idea che la sua vita non avesse valore per nessuno, soprattutto per i suoi genitori era in fondo
uno dei mezzi psicologici più importanti per accrescere la dipendenza della bambina); in seguito
quindi le portò solo singole trasmissioni oppure delle vecchie videocassette con i telefilm dei
primi anni ‘90. In seguito le procurò anche una radio, alla quale aveva apportato delle modifiche
grazie alle quali il dispositivo riceveva solo ed esclusivamente programmi e stazioni ceche, ma
non austriache; le mise a disposizione anche un walkman, che alleviava le ore di buio e il ronzio
costante e incessante del ventilatore. Priklopil le forniva costantemente libri scolastici, romanzi e
fumetti, anche i titoli richiesti dalla bambina; questo rifornimento di film, musica e letture però,
nelle mani del rapitore diventava uno vero e proprio strumento di potere: qualora Natascha si
fosse comportata in un modo sconveniente o non congeniale a Priklopil, egli poteva proibirle
tutto quello svago, poteva portarglielo via senza che ci fossero gesti o motivazioni prevedibili.
Quando scendeva nella cantina il rapitore non voleva che Natascha lo guardasse dritto in faccia,
in sua presenza la bambina doveva tenere gli occhi bassi e non aveva il permesso di parlare se lui
non glielo consentiva; la obbligava ad un comportamento sottomesso ed esigeva gratitudine per
ogni piccolezza facesse per lei, sottolineata dalla frase “Io ti ho salvato”, nella quale lui stesso
sembrava credere ciecamente.
“Il rapitore era il mio unico cordone ombelicale con l’esterno: luce, cibo, libri, tutto questo
potevo riceverlo solo da lui e sempre lui poteva decidere di togliermelo in ogni momento.”101
Da questo momento l’uomo cominciò a mostrare il suo lato maniacale per il controllo: installò
addirittura un contatore a tempo di elettricità che si attivava dalle 7 del mattino alle 8 di sera,
ogni giorno, senza un secondo di variazione; in seguito montò un interfono, funzionante in
entrambe le direzioni: Natascha poteva chiamare Priklopil in casa, ma anche lui poteva sentire lei
e parlarle in ogni momento. L’interfono divenne lo strumento perfetto introdursi nella cantina
100
101
Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010 – pag. 106.
Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010 – pag. 125.
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senza alcun preavviso, urlando al microfono in caso la bambina ci avesse messo troppo tempo a
rispondere (secondo l’opinione dello stesso Priklopil) o se non seguiva le istruzioni da lui
impartite.
Natascha rimase nella cantina, isolata e privata delle normali percezioni sensoriali, più di sei
mesi; solo nell’autunno del 1998 egli le permise di uscire dalla cantina per andare in casa 102 per
fare un bagno, ma la bambina non fece neanche in tempo ad asciugarsi che venne riportata subito
nella cantina.
“… la deprivazione sensoriale agisce sul cervello, altera il sistema vegetativo e fa di persone
sicure di sé, degli esseri dipendenti, pronti a subire l’influenza del primo che incontrano dopo
una fase di oscurità e isolamento” 103
7.2.
Anno 1999
La prima volta che Wolfgang Priklopil perse completamente il controllo fu nell’anno successivo:
le stava costruendo una sorta di letto a castello e improvvisamente lo scosse un eccesso d’ira:
egli scagliò con forza il trapano elettrico contro Natascha, che lo schivò di poco. L’ossessione di
Priklopil per il mantenimento di un controllo totale sulla bambina non diminuì affatto, ma a
partire dal 1999 le visite di Natascha in casa avvenivano con regolarità: circa ogni due settimane
poteva fare la doccia di sopra e qualche volta, di sera, il rapitore la permetteva di cenare con lui e
di guardare la televisione (si confermò così l’ipotesi di Natascha: Priklopil viveva solo); le
rigide regole divennero poi ancora più ferree: in casa la bambina doveva stare e camminare
sempre alla stessa distanza da lui (un metro, né di più, né di meno) e doveva mantenere sempre
la testa bassa senza alzare mai lo sguardo, altrimenti l’uomo avrebbe perso subito la calma. Allo
stesso tempo Priklopil si adoperava per renderle la vita nella segreta più “confortevole”, le
faceva dei regali in occasioni di particolari ricorrenze (tra cui una Barbie e un set per dipingere),
ma pretendeva di venire elogiato costantemente e ringraziato all’eccesso per le sue premure, le
quali sparivano dietro imprevedibili segni di squilibrio psichico; nei ragionamenti del rapitore,
Natascha doveva essergli riconoscente per averla portata via dalla sua vecchia vita.
“La casa aveva la pianta tipica delle case dei primi anni settanta, al piano terra c’era un lungo
corridoio dove una scala conduceva al piano superiore: a sinistra c’erano il bagno e una toilette, a
destra il salotto, in fondo al corridoio una cucina stretta e lunga. Sulla parete sinistra erano montati
degli sportelli rustici di finto legno scuro, pavimento piastrellato con una fantasia a fiori marrone
arancio, un tavolo, quattro sedie rivestite di stoffa, ganci a forma di fiore sulle piastrelle grigiastre alla
parete e fiori ornamentali verde scuro accanto all’acquaio; sulla parete sinistra c’era un poster gigante
di un bosco di betulle verde con gli alberi slanciati verso l’alto. Il soggiorno era una grande stanza molto
tetra col soffitto a cassettoni, le pareti rivestite di pannelli scuri, il divano e le poltrone erano di pelle
verde, la moquette marrone chiaro, una libreria marrone scuro, un camino inutilizzato completo di
attizzatoio e, sulla mensola, un portacandele di ferro battuto con una candela, un orologio a pendolo e
l’elmo in miniatura di un’armatura; sopra al camino erano appesi sopra al camino due ritratti medievali.
Vi era un piano superiore dove si trovavano tre stanze , tra le quali una mansarda polverosa con travi di
legno a vista sul soffitto spiovente che Priklopil decise di ristrutturare dopo il 2000 per renderla una
stanza abitabile.” – descrizione ripresa più volte dal libro Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani,
Milano, 2010.
103
Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010 – pag. 122.
102
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Nella primavera del 1999 arrivò il divieto di nominare i genitori di Natascha e di tutto quello che
la bambina aveva fatto prima della prigionia: abitudini, famiglia, la scuola, la casa in Ungheria, il
quartiere… tutto divenne tabù, Priklopil proclamò un’interdizione completa del passato.
“Tu non hai più famiglia. Sono io la tua famiglia. Sono tuo padre, tua madre, tua nonna e le tue
sorelle. Adesso io sono tutto per te. Tu non hai più un passato. Tu stai molto meglio con me. Sei
fortunata che ti abbia accolto e che mi occupi così bene di te. Tu appartieni solo a me. Io ti ho
creata.”104
“Tu non sei più Natascha. Tu adesso appartieni a me.”105
Proprio in virtù di questa nuova vita, dell’appartenenza a Wolfgang Priklopil, egli pretese che
anche il nome della bambina dovesse essere dimenticato: le propose “Maria” come nuovo nome
(perché le sue due nonne si chiamavano così), ma per combinazione era il secondo nome di
Natascha, pertanto non andava bene. Il suo nuovo nome divenne Bibiana per i successivi sette
anni.106
Alla fine del 1999, Priklopil la portò all’aperto per la prima volta dal 2 Marzo 1998: era una sera
di dicembre, le consentì di stare in giardino per pochissimo tempo e Natascha vide per la prima
volta l’esterno della casa di Priklopil.107
7.3.
Anno 2000
La comparsa del menarca di Natascha, una delle prime mattine del 2000, non fece altro che
aumentare la mania di persecuzione di Priklopil: se fino a quel momento aveva raccolto
scrupolosamente ogni pelucco, cancellato freneticamente ogni singola impronta e eliminato ogni
possibile traccia, ora controllava Natascha scrupolosamente ovunque si appoggiasse e si sedesse.
Con l’inizio della pubertà, il comportamento di Priklopil nei confronti della ragazzina cambiò
nettamente: ora che stava diventando una donna, non era più “consentito” che Natascha restasse
nella prigione, ma doveva mettersi al suo servizio e accollarsi i lavori domestici della casa sotto
stretta e continua sorveglianza (Natascha non fu mai più sola nemmeno un secondo, neanche al
bagno).
Quell’anno iniziarono i lavori di ristrutturazione della mansarda al piano superiore, dove
Natascha passò in seguito la maggior parte della giornata. Priklopil a quel tempo non aveva un
lavoro regolare e, insieme al suo amico Ernst Holzapfel108, si occupava più che altro di
ristrutturare appartamenti per poi affittarli; la maggior parte del tempo la occupava comunque a
lavorare in casa sua e Natascha era in tutto e per tutto la sua operaia (e dovette affrontare lavori
anche molto pesanti), nonché collaboratrice domestica, poiché non poteva assolutamente
permettersi che manovali, artigiani o estranei la scoprissero. Da questo momento in avanti
Prikopil cominciò a picchiare Natascha con regolarità e con violenza crescente; a questo si
Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010 – pag. 150.
Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010 – pag. 153.
106
Bibiana era la santa del 2 dicembre, l’onomastico di Natascha era il 1 dicembre, quindi la bambina
scelse semplicemente il nome che sul calendario seguiva il suo.
107
Vedere nota n. 39.
108
L’unico amico di Priklopil di cui si ebbe notizia, l’unico rapporto instaurato al di fuori di quello con la
madre – vedere nota n. 98.
104
105
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aggiunse un nuovo regime alimentare: una o due volte la settimana egli le portava una bilancia
nella segreta e le ridusse le razioni di cibo in modo drammatico.109
“Ma guardati. Sei grassa e brutta. Sei così ingorda e ti abbuffi a mie spese.”110
Chi non mangia abbastanza, riesce a malapena a restare lucido; e meno che mai a pensare, a
ribellarsi, a fuggire. Era uno dei modi di Priklopil per mantenere la ragazzina debole e
sottomessa, senza alcuna riserva di energia; il pensiero logorante della fame nuoce al cervello.
Probabilmente lo stesso rapitore soffriva di disturbi alimentari come l’anoressia.
Della bimba rotondetta che a 10 anni pesava 45 chili, rimase una ragazza con la pelle lacera sulle
anche sporgenti, le guance scavate e il corpo disseminato di lividi; in seguito Priklopil le rasò
costantemente i capelli e i peli, poiché non lasciasse più alcuna traccia di sé. Da quel momento in
avanti costrinse Natascha a lavorare in casa mezza nuda, praticamente in mutande, solo qualche
volta le consentiva di indossare una maglietta, ma non era mai completamente vestita; questo
non era altro che uno degli espedienti utilizzati da Priklopil per distogliere l’idea di fuga dai
pensieri della ragazza, che non avrebbe osato andare in strada mezza nuda, e aveva ragione.
Quell’anno il rapitore consegnò a Natascha una radio che riceveva anche canali austriaci, in
fondo la polizia aveva rinunciato a cercarla e improvvisamente le disse:
“Mi puoi chiamare Wolfgang.”
“Com’è il tuo nome per intero?” chiese Natascha di rimando.
“Wolfgang Priklopil”111
Probabilmente le confidò il suo nome per intero perché dava ormai per scontato che la ragazza
non avrebbe lasciato casa sua, da viva.
7.4.
Anni 2002 - 2004
Natascha aveva già quattordici anni quando trascorse la prima notte in casa: il rapitore chiuse la
porta a chiave e pose quest’ultima sopra l’armadio, dove lui stesso faticò ad arrivare ed era
quindi per lei impossibile; Prikopil si sdraiò accanto a lei, la legò a sé stringendole i polsi con
delle fascette di plastica. Da allora piccoli abusi sessuali divennero parte delle vessazioni
quotidiane quanto i pugni, i calci, le spinte, i lividi; queste notti non erano però riservate alla
violenza, il rapitore infatti sembrava solo volere una persona a cui potersi stringere. Una
situazione paradossale.
Pensieri di fuga in questa fase della prigionia non nascevano più in Natascha: anche con la porta
spalancata, non avrebbe comunque fatto un passo fuori, la sua prigione era estesa oltre le pareti
“La mattina mi dava una tazza di the e due cucchiai di muesli con un bicchiere di latte o una fetta di
dolce, che spesso era così sottile che ci si poteva leggere il giornale attraverso. Ora mi dava dei
dolciumi solo dopo che mi aveva picchiata pesantemente. A pranzo e a cena ricevevo un quarto della
porzione di “un piatto da adulti”. Quando il rapitore veniva nella segreta con del cibo preparato da
sua madre o una pizza, allora valeva la semplice regola: tre quarti per lui e uno per me. Quando
dovevo cucinare da sola, mi elencava cosa potevo mangiare: duecento grammi di verdura congelata
cotta o la metà di una pietanza precotta. Inoltre un kiwi e una banana al giorno. Se violavo le sue
regole e mangiavo più del previsto dovevo contare su uno dei suoi eccessi d’ira.” - Natascha
Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010 – pp. 171-172.
110
Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010 – pag. 170.
111
Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010 – pag. 187.
109
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di quella casa. È difficile spiegare cosa provochino l’isolamento, le percosse, le umiliazioni in un
essere umano, sicuramente panico e poi nel tempo, paralisi nell’agire. La mente si arresta, nel
cervello l’interruttore si spegne e prevale solo la paura della morte e forse Wolfgang Priklopil lo
sapeva. Quell’estate la lasciò uscire in giardino di giorno e la portò a nuotare nella piscina dei
vicini: quest’ultimi erano dei parenti alla lontana di Priklopil e quando andavano in vacanza, gli
lasciavano in cura il giardino e la casa; un viottolo collegava le due case e non faceva intravedere
dalla strada chiunque vi passasse.
Quando Natascha compì sedici anni, la ristrutturazione della casa (e l’organizzazione delle
giornate) si stava avvicinando alla fine e la bambina che Prikopil aveva rapito era diventata una
giovane donna A partire da un preciso incidente in cui Natascha cadde dalle scale sbattendo
pesantemente la testa sui gradini, la “convivenza” si fece molto dura; la ragazzina capì che fino a
quel momento qualsiasi cosa avesse richiesto l’intervento di un medico, avrebbe significato la
sua morte perché Priklopil non si sarebbe mai rivolto a un estraneo né l’avrebbe mai portata al
pronto soccorso per curarla. Le violenze peggiorarono e Natascha trascorse un periodo di circa
due anni in cui oscillava tra fasi di depressione con concreti pensieri di suicidio (tentò di
strangolarsi con capi di vestiario, a tagliarsi le vene con un grosso ago, bruciando della carta
all’interno della cantina sul fornello elettrico…) e la voglia di vivere che riemergeva ancora,
nonostante tutto. In quegli anni aveva sempre tenuto dei diari, ma ora invece che scrivere i suoi
pensieri, Natascha cominciò ad annotare ogni pugno, ogni calcio e ogni violenza senza trascurare
la precisa descrizione delle ferite e dei lividi. Wolfgang Priklopil era sempre più paranoico e
tormentato dal sogno della “famiglia ideale”112 che non riusciva a ottenere; gli sbalzi di umore
erano numerosi e più lei diventava grande più lui le addossava la responsabilità della sua
prigionia.
“Se tu non fossi così testarda, potremmo stare molto meglio. Se fossi sicuro che non scappi, non
ti dovrei rinchiudere e legare”113.
Questo significava che se Natascha fosse stata più umile e dimessa, se Priklopil non si fosse
dovuto preoccupare della sua fuga, loro due avrebbero avuto una vita migliore, “una vita
normale insieme”.
Le fasi prolungate di digiuno erano ancora le punizioni peggiori: Priklopil le rinfacciava ancora
di essere troppo grassa, ma a 16 anni Natascha era alta 1,57 cm e pesava solo 38 kg. Il rapitore la
conduceva ad estreme privazioni di cibo e poi tornava a nutrirla con cura fino a quando Natascha
non riprendeva le forze, per poi privarla nuovamente di qualsiasi energia, creando una
dipendenza fisica e funzionale.
Il 1 marzo 2004 iniziò il processo a Marc Detroux, anche Sabine Dardenne (una delle vittime)
era stata rapita mentre andava a scuola e trascinata dentro un furgone; in quel periodo in una
trasmissione alla radio austriaca (Ö1) venne pronunciato il nome di Natascha Kampusch, poiché
Wolfgang Priklopil sognava la famiglia anni ‘50 nella sua accezione più estrema, dove una moglie
bionda, sempre allegra, totalmente asservita e sottomessa, si prendeva cura della casa e faceva trovare
puntualmente la cena in tavola al momento del rientro dal lavoro del marito, il quale ovviamente
comandava e prendeva decisioni per la vita di entrambi.
113
Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010 – pp. 207, 208.
112
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era stato pubblicato un libro intitolato “Senza traccia. I casi di scomparsa più spettacolari
dell’Interpol”114. Natascha non sentiva pronunciare il suo nome da sei anni.
7.5.
Anni 2005 - 2006
Priklopil finalmente le permise di farsi ricrescere i capelli, a condizione di ossigenarli, in modo
da farla assomigliare il più possibile alla sua donna ideale anni 50: bionda. Per la prima volta
quell’anno, la portò fuori dopo sette anni di prigionia: Natascha era seduta sul sedile del
passeggero, paralizzata dalla paura.
“(…) viaggiavo per un mondo che conoscevo solo dai miei ricordi e dai brevi video che il
rapinatore, anni prima, aveva girato per me. (…) … vidi con la coda dell’occhio un uomo che
camminava lungo il marciapiede … (…) Tutto quello che vedevo sembrava finto. (…) cominciai
a dubitare dell’esistenza di tutte quelle persone che si muovevano in modo così naturale e per
niente impressionate in un ambiente che io, sì, conoscevo, ma che mi era diventato
completamente estraneo. La luce chiara, nella quale tutto era immerso, sembrava provenire da
un enorme riflettore. In quel momento fui sicura che il rapitore avesse organizzato tutto. Quello
era il suo set cinematografico, il suo grande Truman show, le persone erano tutte delle
comparse, tutto era solo una messa in scena per farmi credere che fossi fuori. Mentre in realtà
continuavo ad essere prigioniera, solo che adesso ero in una cella più grande. Ho capito solo in
seguito che la cella in cui mi sentivo rinchiusa era la mia prigione psichica.”115
Priklopil aveva stabilito con esattezza quello che la ragazza avrebbe dovuto dire se qualcuno
l’avesse riconosciuta:
“Devi fare come se non sapessi di cosa parla. Se questo non basta, dici: No c’è uno scambio di
persona. E se qualcuno ti domanda chi sei, devi dire che sei mia nipote.”116
Il rapitore la portò in un piccolo bosco dove il rapitore le permise di scendere brevemente dalla
macchina:
“L’aria aveva un buon profumo di legno e, ai miei piedi, delle macchie di sole scivolavano
rapidamente sopra i secchi aghi di pino. Mi inginocchiai e appoggiai cautamente la mano sulla
terra. Gli aghi di pino mi punsero e mi lasciarono dei puntini rossi sul palmo. Feci un paio di
passi in direzione di un albero e poggiai la fronte sul tronco. La corteccia piena di crepe era
calda di sole ed emanava un odore intenso di resina. Proprio come gli alberi della mia
infanzia.”117
Pochi giorni dopo Priklopil, probabilmente rassicurato dall’atteggiamento umile e impaurito di
Natascha, decise di portarla alla drogheria del paese.
“Non una parola. Altrimenti là dentro muoiono tutti”118
Autori Kurt totzer e Günther Kallinger, non ho trovato il titolo originale, l’informazione è presa dal
libro di Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010.
115
Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010 – pp. 228, 229.
116
Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010 – pag. 228.
117
Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010 – pag. 229.
118
Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010 – pag. 230.
114
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Nella drogheria per la prima volta dopo 7 anni, un estraneo rivolse la parola a Natascha: la
commessa la salutò con un “Buongiorno!” a cui la ragazza non rispose.
La terza volta che la fece uscire, Priklopil la portò in un negozio di materiali edili a Vienna, a
pochissima distanza dalla sua vecchia casa nel Rennbahn; quel giorno percorsero lo stesso
tragitto di quando egli la rapì il 2 marzo 1998.
In una successiva uscita furono anche fermati per un controllo della polizia stradale sui
documenti e della patente, ma non ebbe mai la forza di rivolgersi a qualcuno né tantomeno di
chiedere aiuto.
Contestualmente infuriavano i maltrattamenti; Natascha continuava ad annotare obbiettivamente
e senza emozioni tutte le violenze subite; riusciva anche a scriversi dei piccoli consigli per sé
stessa che poi rileggeva ad alta voce, come delle esortazioni a resistere:
“… non lasciarti mettere sotto quando ti picchia …
… non dargli importanza …
… non reagire, quando ti toglie la luce …
Sii più forte. Non arrenderti. Mai, non devi arrenderti mai.”119
Nel frattempo Priklopil era sempre più irrequieto e incontrollato, costantemente in contrasto tra il
sogno di una vita normale e la paura che con un tentativo di fuga Natascha potesse distruggere
tutto.
Poco tempo prima del diciottesimo compleanno di Natascha, Priklopil cominciò ad avanzare
l’idea di portarla a sciare, di fare una piccola gita di un giorno. Forse cercava la conferma che il
suo sogno distorto di “famiglia” avesse cominciato a prendere forma. In seguito, a fine febbraio,
Priklopil comprò un appartamento da ristrutturare in società con il suo amico Ernst Holzapfel; si
trovava in Hollergasse, in centro a Vienna, ed era situato al primo piano di un palazzo
malridotto, in un quartiere abitato soprattutto da emigranti. Era un appartamento di diciannove
metri quadri, con una sola finestra che dava sul cortile; Priklopil e Natascha lo trasformarono in
un vero e proprio cantiere e l’uomo la conduceva lì più volte alla settimana, ma non la lasciò mai
sola un momento. In ogni caso, la fatica dei lavori pesanti a cui era costretta, la fame, la
pressione bassa e il dispendio di energie, tennero i pensieri di fuga lontani.
7.6. La fuga: 23 Agosto 2006
Con l’arrivo del caldo Priklopil le permise spesso di lavorare all’aperto, in giardino, ovviamente
sempre sotto la sua costante vigilanza, ma esisteva comunque il pericolo che la vedesse uno dei
vicini: il rapitore sembrava essere diventato più “imprudente”.
Il giorno 23 Agosto 2006 Priklopil era di buon umore: i lavori di ristrutturazione
dell’appartamento in Hollergasse erano finiti ed inoltre aveva preso la decisione di vendere il
suo vecchio furgone, proprio quello di cui si era servito per rapire Natascha più di otto anni
prima. Entrambi erano stati messi in vendita e Priklopil era convinto che sarebbe seguito un
periodo migliore, senza problemi economici. In tarda mattinata Natascha lavorò in giardino e in
seguito alla pulizia del furgone, per il quale vi era già un acquirente: Priklopil glielo avrebbe
consegnato di lì a pochi giorni.
119
Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010 – pag. 239.
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“Verso mezzogiorno mi portò alla rimessa degli attrezzi, che si trovava sul retro del giardino, a
sinistra: lì, dietro il recinto passava un viottolo. Priklopil faceva scrupolosa attenzione che il
cancello del giardino fosse sempre chiuso. Anche quando usciva solo un attimo in giardino per
scuotere fuori il tappetino della sua BMW rossa, chiudeva il cancello a chiave. Tra la rimessa e
il cancello parcheggiò il furgone (…) Priklopil prese l’aspirapolvere, lo collegò alla presa e mi
ordinò di aspirare accuratamente l’interno, i sedili e i tappetini. Ero tutta presa dal mio lavoro
quando suonò il suo cellulare. Priklopil si allontanò di qualche passo dal furgone, schermò
l’orecchio con la mano e chiese due volte “Come, prego?”. Dai brevi brandelli di frase che mi
giunsero attraverso il chiasso dell’aspirapolvere, ne dedussi che doveva essere una persona
interessata all’appartamento. Priklopil sembrava felicissimo. Tutto preso dalla conversazione, si
voltò e si allontanò di alcuni metri in direzione della piscina.
Ero sola. Per la prima volta dall’inizio della mia prigionia, il rapitore non mi aveva sott’occhio.
Per un attimo rimasi impietrita davanti al furgone con l’aspirapolvere in mano e mi accorsi che
una sensazione di paralisi mi afferrando le gambe e le braccia. Mi sentivo il torace stretto in un
corsetto di ferro. Riuscivo appena a respirare. (…) Poi accadde tutto molto velocemente. Con un
atto di forza sovraumana, mi strappai da quelle sabbie mobili paralizzanti che mi stringevano
sempre di più le gambe. (…) Corri. Corri. Dannazione, corri!
Lasciai cadere l’aspirapolvere e mi precipitai al cancello. Era aperto.”120
Natascha corse lungo il viottolo, svoltò in Blaselgasse e corse ancora in direzione del centro
abitato che si estendeva lungo la strada parallela; si precipitò verso tre persone (un uomo
anziano, un bambino forse di dodici anni e un terzo uomo, forse il padre del bimbo) che le
stavano venendo incontro e ansimando disse:
“Mi dovete aiutare! Ho bisogno di un cellulare per chiamare la polizia! Per favore!”121
I tre girarono al largo meravigliati e proseguirono in fretta; Natascha, mezza nuda, rimase
tremante sul marciapiede aggrappata ad un recinto, poi, decisa a togliersi dalla strada (Priklopil
ormai doveva essersi accorto della sua fuga), scavalcò un recinto e suonò ad una casa. Nessuno
rispose. Attraversò giardini e scavalcò siepi guardando all’interno di ogni abitazione alla ricerca
di qualcuno e finalmente attraverso una finestra aperta di un complesso residenziale, vide una
signora anziana122. Cercando di calmarsi, bussò alla porta e implorò di chiamare la polizia,
spiegando di essere la vittima di un rapimento; la donna la guardò con diffidenza:
“Cosa ci fa nel mio giardino? Cosa vuole?”
“Per favore chiami la polizia! Faccia in fretta! Sono stata sequestrata. Il mio nome è Natascha
Kampusch… La prego chieda della polizia di Vienna. Dica loro che si tratta di un sequestro. Io
sono Natascha Kampusch”123
La donna le disse di attendere in giardino accanto alla siepe, dopo un po’ di tempo arrivarono
due giovani poliziotti in divisa che le intimarono di alzare le mani e non muoversi.
Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010 – pp. 271, 272.
Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010 – pag. 273.
122
Inge T. Heine, 71 anni all’epoca dei fatti, fonte:
http://multescatola.com/lenciclopedia/natascha-kampusch-bambini-e-famiglia-sequestro-la-vita-pitarda-nella-cultura-popolare.html
(data di accesso e consultazione 19/02/2015).
123
Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010 – pag. 273.
120
121
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“Il mio nome è Natascha Kampusch. Avrete sicuramente sentito parlare del mio caso. Sono stata
rapita nel 1998.”
“Kampusch? Data di nascita? Indirizzo?”
“17 febbraio 1998, residente in Rennbahnweg 27, scala 38, settimo piano, porta 18”
“Quando e da chi è stata rapita?”
“Nel 1998. Sono stata tenuta prigioniera in una casa in Heinerstrasse, al numero 60. Il rapitore
si chiama Wolfgang Priklopil”
(…) la voce del poliziotto che, via radio, faceva controllare la mia dichiarazione, giunse solo
lentamente al mio orecchio. Dentro di me la tensione mi stava quasi dilaniando. Ero fuggita
soltanto poche centinaia di metri. La casa del rapitore era a un tiro di schioppo.” 124
La portarono al posto di polizia Deutsch-Wagram, il suo arrivo sollevò un deciso clamore
soprattutto tra i poliziotti incaricati del suo caso e che avevano intrapreso le ricerche. Senza
nessun momento di calma, presero le sue generalità e la condussero in una stanza adiacente,
insieme a una poliziotta (Sabine Freudenberger) che le aveva messo una giacca sulle spalle, con
la quale Natascha si era sentita più a suo agio. E finalmente con lei, si lasciò andare e raccontò;
tutto venne messo a verbale. Natascha chiese alla donna di non rilasciare interviste, ma dopo
alcune ore non resistette alla pressione dei media e divulgò in televisione molti dettagli del suo
interrogatorio. Nel pomeriggio, quando la trasportarono al comando di polizia di Vienna,
Natascha chiese una coperta per proteggersi dalla folla e dai flash: l’edificio era letteralmente
circondato dalla stampa e da curiosi. Qui giunsero Brigitte e le sorelle di Natascha; subito dopo
seguì il padre che cercò subito la cicatrice di una ferita che si era fatta da piccola. Allo stesso
tempo era iniziata la ricerca di Wolfgang Priklopil, un vero rastrellamento a tappeto; nel tardo
pomeriggio la polizia scoprì la segreta. Erano 18 i chilometri che separavano l’appartamento di
Priklopil e quello di Natascha Kampusch: Rennbahn era raggiungibile in 25 minuti in auto.
Nel garage di Priklopil vi era una botola coperta da assi di legno: una volta divelti i pannelli in
legno, si osservava una stretta scala di accesso composta da 9 gradini verso il basso e 3 gradini
verso l’alto, tutti alti e scivolosi. La scala portava a una fossa si montaggio dove vi una
cassaforte smontata dalla parete: quest’ultima (che precedentemente era fissata alla parete con
delle viti ed era assicurata anche da un congegno elettronico di chiusura) chiudeva l’entrata di un
passaggio; di fianco vi era un comò che probabilmente serviva per nascondere la cassaforte. Il
passaggio era veramente piccolo: misurava in altezza 68,5 cm, in larghezza 48,5 cm, bisognava
chinarsi e avanzare strisciando a carponi per attraversarlo e le pareti, a prima vista incatramate,
emanavano odore di muffa e umidità. Il passaggio portava a una porta di cemento armato
ricavata in un muro spesso quindici centimetri che si chiudeva dall’esterno con una spranga di
ferro inserita nel muro: una chiusura ermetica nel cemento che dava su un’anticamera. Su un lato
di quest’ultima si vedeva una pesante porta di legno che una volta aperta dava su una seconda
anticamera, che conteneva una cassapanca la quale probabilmente faceva da barriera alla porta di
legno. Un po’ più in basso in un angolo, obliquamente, si vedeva la porta della segreta, che si
apriva solo dall’esterno.
124
Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010 – pp. 274, 275.
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125
126
127
125
http://www.televisionando.it/foto/natascha-kampusch_238_10.html
(data di accesso 10/05/2015).
126
http://cinereview.forumcommunity.net/?t=53853599
(data di accesso 10.05.2015).
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L’identità di Natascha fu confermata dal test del DNA e dal passaporto (trovato nella cantina): la
piccola aveva con sé il giorno del rapimento: in qualche modo era riuscita a tirarlo fuori dallo
zaino prima che lui Priklopil lo distruggesse. La sera trasferirono Natascha in un hotel di
Burgenland dove l’intero piano era stato sgomberato ed era sorvegliato da poliziotti armati, i
poliziotti non avevano ancora trovato Priklopil e si temeva che tornasse per fare del male a
Natascha; le assegnarono una psicologa che aveva il compito di assisterla nei giorni seguenti e
che rimase con lei anche in albergo. La mattina seguente un auto della polizia la riportò a
Vienna.
“ …“Ci sono notizie del rapitore?”fu la prima domanda quando salii in macchina.
“Si” disse il poliziotto cauto. “Il rapitore è morto. Si è giustiziato da solo e alle 20,59 si è
gettato sotto un treno presso la stazione nord di Vienna.”128
Natascha trascorse le due settimane successive all’Allegemeinen Kankenhaus nel reparto di
psichiatria infantile e dell’età evolutiva.
129
7.6.
Chi era Wolfgang Priklopil?130
127
http://chicchidipensieri.blogspot.it/2013/08/recensione-3096-di-natascha-kampusch.html
(data di accesso 10.05.2015).
128
Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010 – pag. 284.
L’arrivo in hotel di Natascha Kampusch accompagnata dalla poliziotta che trascrisse le sue
dichiarazioni
http://news.bbc.co.uk/2/hi/in_pictures/5283372.stm
(data di accesso 10/05/2015).
130
Le informazioni sono tratte dal libro di Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010 e
dai siti Internet:
http://it.wikipedia.org/wiki/Wolfgang_P%C5%99iklopil
http://multescatola.com/lenciclopedia/natascha-kampusch-bambini-e-famiglia-sequestro-la-vita-pitarda-nella-cultura-popolare.html
http://www.giornalettismo.com/archives/205119/perche-natascha-kampusch-non-ha-detto-la-veritasulla-sua-prigionia/
http://www.giornalettismo.com/archives/210941/natascha-kampusch-e-un-suicidio-misterioso/
129
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131
Wolfgang Priklopil era alto, aveva gli occhi azzurri e capelli chiari un po’ lunghi, ordinati e
pettinati con cura, dallo stile forse un po’ fuori moda, ma dall’aspetto pulito. Si poteva definire
come un tipo non appariscente, molto schiavo delle convenzioni sociali e delle regole, Priklopil
poteva sembrare un uomo timido e cortese, dai vestiti ordinati costituiti da pantaloni di stoffa e
camicie e polo ben stirati; forse dall’aspetto poteva sembrare più giovane dei suoi anni.
Era stato un tecnico elettronico delle comunicazioni presso una multinazionale tedesca (la
Siemens), si intendeva di impianti di allarme, radio e altri impianti elettronici; quando rapì
Natascha, percepiva il sussidio di disoccupazione, probabilmente Waltraud gli passava dei soldi
poiché lui aveva già perso il lavoro alla Siemens e la situazione economica non era rosea.
È sempre stato considerato un solitario nella ristretta cerchia delle sue conoscenze, la sua
tendenza asociale l’aveva portato a fondare una propria impresa di riparazioni elettrotecniche e
ristrutturazioni, alla quale poi si associò Ernst Holzapfel (considerato il suo migliore, se non
unico amico), una delle figure più misteriose del caso Kampusch, il quale venne a lungo
interrogato in seguito alla vicenda. Holzapfel, lo considerava coma un uomo corretto, ordinato e
affidabile, forse poco evoluto socialmente poiché non l’aveva mai visto con altri amici e meno
che mai con una ragazza. Dalle sue parole si evidenzia che il solitario Prikopil fosse molto legato
alla sua famiglia: egli visitava settimanalmente sua nonna e andava a trovare il padre al cimitero
quasi tutti i giorni; particolarmente stretto era il legame con la madre la cui figura era
iperidealizzata. Le altre donne non venivano considerate da Priklopil se non nel ruolo della
moglie bionda, magra, sottomessa, che non lo contraddicesse mai e che sbrigasse perfettamente
le faccende di casa; una moglie un po’ anni ’50 che doveva ubbidire e guardarlo dal basso.
http://www.repubblica.it/2006/08/sezioni/esteri/bimba-ritrovata-austria/bimba-ritrovata-austria/bimbaritrovata-austria.html
http://www.giornalettismo.com/archives/202173/natascha-kampusch-meglio-un-rapitore-di-unamadre-violenta/
http://www.giornalettismo.com/archives/198925/chi-ha-ucciso-laguzzino-di-natascha-kampusch/
(date di accesso e consultazione: 19/02/2015).
131
Wolfgang Priklopil, il rapitore di Natascha Kampusch
http://news.bbc.co.uk/2/hi/in_pictures/5283372.stm
(data di accesso 10/05/2015).
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In un interrogatorio del 2009, Holzapfel ha ammesso di sapere che l’amico possedeva materiale
pornografico di varia natura, all’interno del quale c’erano anche video e foto con minorenni; egli
ha altresì dichiarato come Prikopil esprimeva costantemente il desiderio di aver accanto a sé una
ragazzina immacolata per soddisfare i suoi piaceri. Queste inclinazioni erano conosciute anche
da altre persone, infatti il 14 aprile 1998 una fonte della polizia aveva indicato che a Strasshof
c’era una persona dedita alla pedopornografia. Il sospettato in questione era proprio Wolfgang
Prikopil, ma la polizia viennese non seguì mai con convinzione questa traccia. Il rapitore era
magrissimo, e non sopportava le donne grasse, il suo regime alimentare era stato poi
successivamente anche a Natascha; quest’ultima è stata costretta, a rasarsi completamente il
corpo e i capelli, coprendo le calvizie con una fascia, un’abitudine che poi mantenne anche nei
primi tempi da persona libera.
Il giorno della fuga di Natascha, Wolfgang Priklopil fuggì da casa e vagò senza sosta per la città.
Poche ore dopo, sapendo essere braccato da tutta la polizia del paese, si uccise gettandosi davanti
ad un treno vicino alla stazione nord di Vienna. Poco prima però si era incontrato in un centro
commerciale (dove fu ritrovata parcheggiata la sua auto) proprio con Ernst Holzapfel, al quale
confessò tutto del rapimento di Natascha Kampusch. Dopo l'incontro con Holzapfel, Priklopil si
gettò sui binari: il macchinista, disse di aver visto una persona e di aver inserito il freno per
evitarlo, anche se non ci riuscì. Sul momento però non furono effettuate alcune prove, come il
prelievo del sangue o la misura della temperatura del corpo, per capire le reali cause della morte
di Prikoplil.
Il portale svizzero 20 Minuten pubblicò alcune immagini del corpo senza vita di Prikoplil: il
cadavere, secondo il più diffuso quotidiano svizzero, risultava praticamente intatto, e non
appariva in nessun modo simile a quello di altre persone uccise da un passaggio del treno sopra il
proprio corpo. Specialisti delle ferrovie hanno ipotizzato che quel cadavere fosse stato
trasportato: un’altra persona avrebbe quindi ucciso Prikoplil, inscenando il suicidio dell’aguzzino
di Natascha per non far rivelare tutti gli aspetti non chiariti del rapimento e della prigionia della
ragazzina austriaca.
80
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132
Fu sepolto l'8 settembre sotto il falso nome di "Karl Wendelberger" (per evitare atti di
vandalismo) a Laxenburg, a sud della capitale austriaca e se ne occupò il suo socio, Ernst
Holzapfel: presenziarono solo la madre, Waltraud Prikopil e Margit Holzapfel, sorella di Ernst.
Si sono verificati almeno due fatti quantomeno curiosi: il primo è che le procedure per la
sepoltura di Prikopil sono state svolte da Margit Holzapfel, la quale dichiarò alla polizia di non
aver mai conosciuto l’amico di suo fratello. Ancora più strano è il fatto che Holzapfel,
nonostante sapesse dei fortissimi legami del suo socio con la sua famiglia, abbia scelto di far
tumulare Prikopil in tutta fretta in una tomba sconosciuta, quando invece avrebbe potuto
chiedere informazioni alla madre riguardo la tomba di famiglia.
7.7.
132
Natascha Kampusch: la vita dopo la liberazione133
Il corpo di Priklopil sui binari
http://www.giornalettismo.com/archives/198925/chi-ha-ucciso-laguzzino-di-natascha-kampusch/
(data di accesso 19/02/2015).
Le informazioni sono tratte dal libro di Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010 e
dai siti Internet:
http://multescatola.com/lenciclopedia/natascha-kampusch-bambini-e-famiglia-sequestro-la-vita-pi-tardanella-cultura-popolare.html
http://www.giornalettismo.com/archives/210941/natascha-kampusch-e-un-suicidio-misterioso/
133
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134
Natascha Kampusch trascorse i primi giorni di libertà in un reparto psichiatrico per bambini e
adolescenti del più importante ospedale di Vienna sotto la cura di medici e infermieri, non fu
permesso alcun contatto con la famiglia. La stampa mondiale si era scatenata: le immagini della
sua prigionia e persino quelle poche cose personali che era riuscita a nascondere al rapitore,
apparvero costantemente in televisione, nelle riviste e nei giornali.
Nonostante i consigli di adottare un’altra identità e cominciare una nuova vita, dopo la sua
degenza in ospedale durata quindici giorni Natascha accettò di rilasciare un’intervista al canale
televisivo austriaco “ORF”; la ragazza in questo modo pensava di mettere a tacere tutte le
speculazioni e le voci infondate che divampavano sul suo caso.
L'intervista del settembre 2006 fu venduta a più di 120 paesi con un profitto medio di 290 € al
minuto; quanto ricavato da Natascha dal totale dei diritti di riproduzione fu donato alle donne in
difficoltà del Messico e dell’Africa. Dopo di che, comprò un appartamento e vi si trasferì: non
aveva voglia di tornare a vivere con la madre, perché, come lei stessa dichiarò, voleva che la sua
indipendenza diventasse realtà e che dal quel momento in poi sarebbe stata lei a prendersi cura di
sé.
http://www.repubblica.it/2006/08/sezioni/esteri/bimba-ritrovata-austria/bimba-ritrovata-austria/bimbaritrovata-austria.html
http://notizie.virgilio.it/cronaca/errori-nell-inchiesta-su-natascha-kampusch-riesaminarecaso_169273.html
http://www.tg1.rai.it/dl/tg1/2010/articoli/ContentItem-b64934f7-4bff-43b2-b1d4-2dbc39d99c07.html
http://www.giornalettismo.com/archives/258020/natascha-kampusch-il-mistero-diventa-un-film/
(data di accesso e consultazione: 19/02/2015).
134
Natascha Kampusch nel settembre 2006, al momento del rilascio dell’intervista al canale televisivo
austriaco ORF
http://www.televisionando.it/foto/natascha-kampusch_238_10.html
(data di accesso 10/05/2015).
82
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Nel 2007, sua madre, Brigitte Sirny-Kampusch, scrisse un libro che divenne subito “Best Seller”,
ma che fu anche causa di molti attriti con la figlia. Ad esempio Brigitte rivelò che Natascha
teneva una foto della bara di Priklopil nel portafoglio; questo fece davvero infuriare Natascha, la
quale non voleva che certi tipi di dettagli fossero dati in pasto al grande pubblico. La ragazza in
seguito dichiarò che fosse il suo modo di dire addio al suo rapitore e che in fondo era pur sempre
cresciuta con lui.135
Trasformatasi ormai in una celebrità nazionale, nel giugno del 2008 Natascha iniziò la sua
carriera come intervistatrice in un programma della tv austriaca: “Trifft”, sul canale Puls4; la
programmazione però fu cancellata dopo solo tre puntate, il primo ospite del programma mensile
fu il campione del mondo di Formula 1 Niki Lauda.
Lo stesso anno comprò la casa dove era stata prigioniera per anni:
"Lo so che è grottesco che devo pagare per l'energia elettrica, l'acqua il riscaldamento di una
casa in cui non potrò mai vivere."136
Natascha giustificò l’acquisto della casa perché non voleva che venisse demolita, vandalizzata e
per prevenire che diventasse una macabra attrazione turistica per gli speculatori e i curiosi; in
totale ritornò in Heinerstrasse 60 solo due volte. Natascha ha sempre detto che in caso di
vendita, murerà la cantina che fu la sua prigione per otto anni in modo da “seppellirla” per
sempre.
Nel 2009, divenne il volto dei diritti di pro-animali PETA in Austria: nel mese di giugno scrisse
una lettera al Ministro dell'Agricoltura della Germania, Ilse Aigner, chiedendo la liberazione di
tutti gli animali dagli zoo del paese.
"La vita in cattività è una vita piena di difficoltà: queste creature socievoli, intelligenti e
meravigliose meritano di essere liberate dalle catene e dalle gabbie dove persone senza scrupoli
li tengono rinchiusi."137
135
Esperti forensi hanno ipotizzato che Natascha Kampusch avesse sviluppato una sorta di "Sindrome
di Stoccolma" nei confronti di Wolfgang Priklopil. Natascha non ha mai proferito parole troppo dure
sul rapitore e quando ha saputo del suo suicidio, ha pianto molto.
Tale stato psicologico è denominato in virtù di un fatto realmente accaduto il 25 agosto del 1973 a
Stoccolma: due rapinatori irruppero in una banca e presero in ostaggio quattro impiegati (3 donne e un
uomo). La polizia tentò una negoziazione che si rivelò molto complessa. Passati alcuni giorni i media
che seguivano l’evento, rilevarono un fenomeno strano: gli ostaggi temevano più la polizia che i
rapitori e sembravano affezionati ai loro carnefici, tanto da prenderne le difese. Si tratta di una risposta
emotiva incoscia al trauma di diventare ostaggi e arriva a coinvolgere sia i sequestrati che i
sequestratori (Kristin Ehnmark, uno degli ostaggi, stabilì un legame sentimentale profondo con uno
dei rapitori, che proseguì anche dopo la fine del sequestro). La sindrome di Stoccolma non colpisce
inevitabilmente tutti i sequestrati: in alcuni casi le vittime reagiscono senza piegarsi alle torture
psicologiche dei sequestratori. Tuttavia è più facile che si inneschi una sindrome di adattamento,
accesa da un istinto innato di sopravvivenza. - Carillo Biagio Fabrizio, Ricostruire il delitto. Dal
sopralluogo al profilo criminale, Espress Edizioni, Torino, 2011 – pp. 90, 91.
136
http://multescatola.com/lenciclopedia/natascha-kampusch-bambini-e-famiglia-sequestro-la-vita-pitarda-nella-cultura-popolare.html
(data di accesso e consultazione: 19/02/2015).
137
http://multescatola.com/lenciclopedia/natascha-kampusch-bambini-e-famiglia-sequestro-la-vita-pitarda-nella-cultura-popolare.html
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In quel periodo Natascha perse gran parte della solidarietà del pubblico austriaco, che ha
continuato a criticarla per essersi arricchita grazie alla storia del suo rapimento. Oggi, Natascha
Kampusch vive in isolamento volontario in un appartamento del centro di Vienna. Raramente si
mostra in pubblico per evitare di essere riconosciuta: ancora oggi di tanto in tanto appaiono
articoli che insinuano come la ragazza avrebbe forse potuto essere complice di Priklopil, e non
solo il suo ostaggio. Trascorre il suo tempo a dipingere e a studiare lingue straniere.
Nel settembre 2010, Natascha Kampusch ha pubblicato il suo libro”3096 Tage”, cioè 3096
giorni, la durata della sua prigionia; quello stesso anno un canale inglese mise in onda un
documentario di un'ora, il quale comprendeva una lunga intervista con la stessa Natascha
Kampusch.
Nel 2011, Natascha presentò una richiesta di risarcimento di 1 milione di euro allo stato
austriaco per l'incompetenza dell’operato della Polizia: a dimostrarlo esistono gli errori nelle
indagini che, secondo la ragazza, hanno impedito il suo ritrovamento durante gli otto anni di
prigionia di Wolfgang Priklopil.
Nel 2012 Ludwig Koch ha denunciato civilmente l’uomo che avrebbe aiutato Wolfgang Prikopil
a rapire Natascha: il suo socio ed amico Ernst Holzafel, da sempre sospettato di aver aiutato
Priklopil a rapire la piccola. Una mossa che rivela quanti dubbi ci siano ancora su una vicenda
che ha appassionato il mondo e che continua a far dibattere i media germanofoni. I danni morali
subiti da Koch stimati nella querela, miravano ad ottenere un risarcimento danni di circa a 130
mila euro.Entrambe le richieste sono state respinte: per il ministero dell'Interno, all'epoca dei
fatti non c'era ''nessun sospetto fondato'' contro Wolfgang Priklopil, né sono stati evidenziati
indizi rilevanti verso Ernnst Holzapfel
Nel febbraio 2013 nei cinema di Germania e Austria ha debuttato il film “3096 Tage” tratto dalla
autobiografia di Natascha Kampusch. La pellicola è di produzione tedesca ed è stata filmata a
Monaco di Baviera, in un set che ricostruirà la casa con la prigione sotterranea dove la giovane
austrica è rimasta per molti anni. Il film è stato girato in inglese, visto che gli attori principali
provengono dall’Irlanda, dalla Danimarca e dall’Inghilterra; il ruolo di Natascha è stato
interpretato da Antonia Campbell-Hughes. Il regista Michael Ballhaus lo ha descritto in questi
termini:
“E’ una storia emozionale, incredibile, che al settanta per cento si svolge in un bunker. E’ una
sfida che ho voluto affrontare ancora una volta. Un normale rapimento, con alla base una storia
di sesso o di soldi, non mi avrebbe interessato. Ma questo caso è diverso. Un uomo pensa, di
poter educare una bambina di dieci anni al fine di farla diventare la sua compagna, sua moglie.
E per questo costruisce un bunker, un lavoro che lo occupa per due anni. E’ totalmente
incredibile, quasi inconcepibile per la mente umana.”138
(data di accesso e consultazione: 19/02/2015).
138
http://www.giornalettismo.com/archives/258020/natascha-kampusch-il-mistero-diventa-un-film/
(data di accesso e consultazione: 19/02/2015).
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140
139
http://www.winterreise.it/io-sono-forte-il-caso-natascha-kampusch/
(data di accesso: 10/05/2015).
140
http://www.kinowelt-sylt.de/3096-tage/
(data di accesso: 10/05/2015).
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8.
CONCLUSIONE: I misteri irrisolti141
Il presunto suicidio di Priklopil non risultò solo l’unico mistero da chiarire: altre circostanze
particolari vengono alla luce affrontando il tema delle indagini, in seguito esaminate a loro volta
da comitati di inchiesta istituiti appositamente per verificare come le autorità incaricate del caso
Kampusch avessero svolto il loro lavoro. Molti punti oscuri tutt’oggi non hanno spiegazione
logica e i dubbi sono molto lontani dall’essere dissipati.
a) La testimoniana di Ischtar
Per prima cosa, è sempre stata trascurata (sia dalla polizia inizialmente sia dagli inquirenti in
seguito) la versione, potenzialmente decisiva, di Ischtar A., l’unica testimone oculare del suo
rapimento. Il 2 marzo del 1988 Natascha Kampusch è stata rapita da Prokoplil, ma Ischtar A. che
la vide sparire, ha sempre affermato che oltre alla bambina di dieci anni e il suo rapitore c’era
anche un’altra persona. Il suo resoconto però non è mai stato tenuto in considerazione, perché
versava in clamorosa contraddizione con la versione ufficiale dei fatti fornita da Natascha. In
realtà esisteva una seconda testimone, Bettina H. che vide scomparire Natascha, ma non fu
neppure formalmente interrogata
Secondo la versione ufficiale, Prokopil avrebbe agito da solo, Ischtar A. ha però sempre
affermato di aver visto due uomini e di esserne assolutamente sicura, raccontando sempre la
stessa versione dal 1988 ad oggi: mentre stava incamminando verso la sua scuola, la
testimone(12 anni all’epoca dei fatti) vide Natascha essere portata con la forza all’interno di un
camioncino bianco. Ischtar A. ha però sempre detto di aver visto due uomini, e di essere sicura di
questo aspetto, perché uno dei due rapitori è sempre rimasto seduto al posto di guida, mentre
l’altro afferrava e poi trascinava Natascha all’interno della vettura.
La piccola raccontò subito quanto visto alla maestra, ai suoi compagni di scuola così come ai suo
genitori. Il giorno successivo iniziò una maratona di interrogatori presso la polizia viennese che
trasformò completamente la sua vita. Dopo la fuga di Natascha avvenuta il 23 agosto del 2006,
Ischtar A. ha potuto identificare il rapitore grazie alla foto presentatele dagli inquirenti: Prokopil
era effettivamente l’uomo che aveva trascinato la bambina nel furgone e che la aveva rapita.
Le informazioni sono tratte dal libro di Natascha Kampusch, “3096 giorni”, Bompiani, Milano, 2010 e
dai siti Internet:
http://it.wikipedia.org/wiki/Wolfgang_P%C5%99iklopil
http://multescatola.com/lenciclopedia/natascha-kampusch-bambini-e-famiglia-sequestro-la-vita-pi-tardanella-cultura-popolare.html
http://www.giornalettismo.com/archives/210941/natascha-kampusch-e-un-suicidio-misterioso/
http://www.repubblica.it/2006/08/sezioni/esteri/bimba-ritrovata-austria/bimba-ritrovata-austria/bimbaritrovata-austria.html
http://www.giornalettismo.com/archives/202173/natascha-kampusch-meglio-un-rapitore-di-una-madreviolenta/
http://notizie.virgilio.it/cronaca/errori-nell-inchiesta-su-natascha-kampusch-riesaminarecaso_169273.html
(data di accesso e consultazione: 19/02/2015).
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Durante la nuova testimonianza gli inquirenti hanno fatto presente a Ischtar come Natascha,
dopo essersi liberata, abbia rivelato di essere stata vittima di un unico rapitore. La ragazza però
ha contestato questa versione, affermando con sicurezza di aver visto chiaramente due uomini il
giorno del rapimento. Nonostante la coerenza delle sue testimonianze Ischtar non è mai stata
veramente creduta e, il 2 dicembre del 2009 la polizia ha organizzato un confronto con la stessa
Natascha Kampusch. Nel documento ufficiale la polizia ha evidenziato come in presenza della
rapita, Ischtar abbia ammesso la possibilità di essersi sbagliata sulla presenza di un altro uomo
sulla scena del rapimento.
Il 29 luglio del 2011 Ischtar A. è stata però sentita dal tribunale di Innsbruck in una
testimonianza legata ad un processo per abuso d’ufficio che si è svolto contro cinque procuratori
che hanno indagato sul caso di Natascha Kampusch.
La giovane ha smentito su tutta la linea la ricostruzione del confronto fatto dalla polizia
viennese: non solo la testimone non avrebbe smentito la sua versione dei due rapitori, cosa
comunicata in modo falso dagli inquirenti, ma avrebbe fatto pressioni contro di lei perché tacesse
in pubblico e non rivelasse più il suo racconto. I poliziotti avrebbero detto che questa versione
danneggiava il loro lavoro; dopo questa testimonianza si è accresciuto il sospetto che la
testimone sia sempre stata messa sotto pressione per alterare la sua versione iniziale. L’ex
presidente della Corte d’Appello di Vienna, Johann Rzeszut, ha descritto il confronto del 2009
come una vera e propria farsa, rimarcando come la testimone più importante sia stata vittima di
un comportamento totalmente inadeguato da parte degli inquirenti; fin dall’inizio non sono stati
rispettate fasi essenziali delle indagini, così come testimonianze chiave siano state trascurate in
un modo non difendibile. Anche il presidente del comitato parlamentare di inchiesta sul caso
Kampusch (Werner Amon) ha evidenziato come non sia comprensibile l’atteggiamento degli
inquirenti, che non hanno dato peso alla testimonianza di Ischtar A. solo perché contraddiceva
con quanto detto da Natascha. Una delle due giovani donne racconta una ricostruzione falsa. La
testimone non ha nessun motivo pensabile per fare questo, mentre la vittima di un rapimento così
crudele potrebbe avere plausibili cause per alterare la versione dei fatti (per esempio un co-autore
del delitto ancora in vita che la ricatterebbe).
b) La terza segnalazione del 14 Aprile 1998 e le due commissioni di inchiesta
Herwing Haidinger ex direttore dell’ufficio criminale federale, dopo la fuga di Natascha, rese
pubblica la segnalazione di quel poliziotto dell’unità cinofila che 6 settimane dopo il sequestro
aveva indicato Wolfgang Priklopil (una persona solitaria nota nei circoli pornografici per le sue
tendenze pedofile) come possibile rapitore. La polizia di Vienna ottenne l’indirizzo di
Heinestrasse 60 a Strasshof, ma nell’unica visita effettuata dalla polizia all’indirizzo di Priklopil,
i due agenti mandati non trovarono nulla di strano e deciseno di lasciar perdere quelle che
potevano essere le tracce decisive per risolvere il caso.
Sembra inoltre che nel 2006, alcuni agenti di polizia minacciarono l’informatore di non rivelare
nulla di quella vecchia testimonianza anonima fornita agli inquirenti. La commissione speciale
che più tardi fu incaricata di occuparsi del caso Kampusch, non sapeva niente di questo indizio
decisivo: la pratica era stata “persa”.
Hendinger incappò in questa soltanto dopo la fuga della ragazza e segnalò immediatamente
l’incidente al ministero dell’interno. Purtroppo il ministro, a ridosso delle elezioni dell’autunno
2006, non desiderava di certo la nascita di uno scandalo sull’operato della polizia e gli ordinò di
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sospendere immediatamente le ricerche. Superato il periodo elettorale, nessuno osò toccare la
questione e tutte le informazioni continuarono ad essere tenute nascoste.
Haidinger nel 2008 svelò che i politici e la polizia avevano volontariamente tenuto segreti gli
errori verificatisi durante le indagini sul caso attraverso il parlamentare Peter Pilz142 e provocò
quasi una crisi di governo; nel 2009 fu riaperto il caso e si instituì una nuova commissione di
indagine: vi erano ancora troppe domande senza risposta anche nella versione ufficiale della
stessa vittima. La commissione del 2009 però sembrò canalizzare i suoi sforzi sulle dichiarazioni
di Natascha (cercando di metterle in discussione completamente) e non verificando le negligenze
commesse precedentemente dalle autorità.
La commissione mise in dubbio diversi fatti: forse la ragazza non era sempre stata nella cantina
ma viveva nella stanza di Prikopil, forse lei preferiva stare con il suo carceriere, forse lui la
trattava meglio che in famiglia, forse la vittima nascondeva indizi e copriva altri complici. Nella
sua stessa autobiografia Natascha ha scritto che Prikoplil, durante il primo tragitto verso la sua
prigione, le avrebbe detto che sarebbe stata presto consegnata ad altri. Mai la Kampusch ha
parlato di complici o altre persone coinvolte nel caso, negandone la loro presenza sin dal primo
interrogatorio. L’atteggiamento degli inquirenti, che hanno negato in ogni modo la ricostruzione
di un rapimento che coinvolgesse più autori, ha però sempre fatto insospettire chi ha seguito il
caso Kampusch. Natascha fu interrogata e torchiata per ore, fu accusata di nascondere indizi
decisivi e spesso si è fatta strada l’idea che i possibili complici di Priklopil stessero ricattando la
ragazza per coprirli. Ludwig Adamovich, il capo della Corte Costituzionale austriaca, sollevò
anch’egli l’ipotesi che poteva essere stata coinvolta più di una persona, o quantomeno che
qualcun altro fosse a conoscenza del rapimento, ma Natascha ha smentito tale affermazione sino
ad oggi.
Alla polizia e alle autorità sembrava essere più facile credere che dietro un tale crimine ci fosse
un grande complotto piuttosto che ammettere, che per tutto quel tempo, era invece stato ignorato
l’unico colpevole dall’aspetto così inoffensivo.
c) Ernst Holzapfel e la pedo-pornografia
Spesso si è seriamente ipotizzato un suo coinvolgimento nel rapimento della piccola Natascha
Kampusch, soprattutto sulla base della testimonianza di Ischtar che presupponeva un complice
nel rapimento e per via della personalità schiva di Wolfgang Priklopil. Ernst Holzapfel era il suo
socio in affari e il suo unico amico.
In aggiunta a questo, quando Wolfgang Prikopil rapì Natascha le disse, come confermato dalla
stessa ragazza, che sarebbe stata consegnata ad altre persone. Nessuno però si presentò
all’appuntamento e il rapitore non chiese mai dei soldi per restituire Natascha; al di là della
plausibile spiegazione che volesse avere una compagna per sé, quali altri motivi potrebbero
averlo spinto a tenere prigioniera la giovane austriaca per così tanto tempo? Una possibile
traccia sarebbe potuta essere la scena pedopornografica austriaca. Il socio di Prikopil, come
Peter Pilz dichiarò: “A noi interessa capire perché la polizia ha sbagliato, perché la procura ha
sbagliato, e perché il chiarimento è stato politicamente impedito, così come sapere i motivi per i quali i
vertici della polizia si sono piegati alla pressione politica di più ministri degli interni”
http://www.giornalettismo.com/archives/210941/natascha-kampusch-e-un-suicidio-misterioso/
(data di accesso e consultazione: 19/02/2015).
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risulta dalle indagini, era in contatto con tre figure del mondo a luci rosse: la proprietaria di un
negozio erotico di Vienna, un importante attore di porno per pedofili (in Austria) e un ex
ufficiale dell’esercito indagato per pedopornografia a fine 2008. Il cellulare di questo militare,
Peter B. era stato salvato nel telefonino di Ernst Holzapfel con lo pseudonimo di “Be Kind
Slow”, e la polizia non chiese mai al socio di Prikopil quali fossero i rapporti tra i due, e perchè
tenesse memorizzato il numero di una persona che non conosceva. Anche Peter B. non ha mai
detto perché avesse il cellulare del socio di Prikopil. E’ da questa traccia mai seguita dalla polizia
che nasce la teoria della pedopornografia come motivo del rapimento di Natascha Kampusch.
Una teoria forse fallace, ma che non è mai stata verificata né dalla polizia nè dalla magistratura
viennese nonostante ci fossero elementi di sospetto. Il primo è che Prikopil era un noto
appassionato di porno per pedofili, così come il suo socio Holzapfel; in secondo luogo, esiste un
DVD nel quale ci sarebbero immagini “hot” di una ragazza che assomiglia moltissimo a
Natascha Kampusch.
Ulteriori dubbi sulle indagini provengono dal fatto che il socio di Prikopil, non fosse mai stato
formalmente interrogato, e non abbia mai subito un prelievo del DNA per verificare eventuali
tracce di materiale genetico ritrovate nella cella di Natascha. Inoltre egli fu l’ultima persona a
vedere vivo Wolfgang Priklopil.
d) Il suicidio del Commissario Kröll
Nel dicembre del 2008 un commissario molto esperto e stimato, Franz Kröll, venne nominato
responsabile della commissione speciale “SOKO”, l’acronimo tedesco, della polizia austriaca sul
caso Kampusch. Fin dall’inizio le nuove indagini partirono male: Kröll non aveva accesso agli
interrogatori di Natascha Kampusch e di Holzapfel, né tantomeno poteva interpellarli
direttamente, così come non poteva visionare dei DVD sui quali vi erano immagini sexy di una
giovanissima ragazza che assomigliava tanto alla rapita più famosa d’Austria. Il commissario
Kröll era convinto che qualcosa non combaciasse con la versione ufficiale e, in particolare
credeva che la testimonianza di Ischtar A, fosse quella decisiva per arrivare alla verità. Con un
interrogatorio che poi sarà smentito negli anni successivi la versione della ragazza venne però
cambiata, una pressione che Franz Kröll ha percepito fin da subito. Agli amici confidò di volersi
dimettere, perché la procura di Vienna si frapponeva continuamente al suo lavoro, impedendogli
di indagare materialmente. Nel gennaio del 2010 i magistrati e i vertici della polizia convocano
una conferenza stampa per confermare ufficialmente la chiusura del caso Kampusch senza nuovi
risultati, ma il commissario Kröll non partecipò all’evento e il 25 giugno 2010 si tolse la vita. Un
suicidio sospetto, secondo suo fratello Karl, e anche secondo l’ex presidente della Cassazione
austriaca, Johann Rzesut. L’ex magistrato scriverà il suo appello sugli errori degli inquirenti nel
caso Kampusch proprio dopo quella morte così strana di una persona da lui molta stimata come
il commissario Kröll. Karl Kröll, invece, mai convinto del suicidio di suo fratello, provò a
portare avanti le sue personali indagini, rubando alcuni documenti dalla casa del commissario;
un furto motivato dall’amore per Franz, ma anche perché Karl Kröll credeva che la morte di
Franz fosse inossidabilmente legata al caso Kampusch.
“Sono convinto che hanno eliminato Franz perché lui sapeva troppo, e si stava avvicinando alla
verità. Aveva scoperto dopo la chiusura anticipata delle indagini che alcuni politici erano legati
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ad alcune scene potenzialmente collegabili al rapimento di Natascha. Lui annotava tutto sul suo
quaderno, e questo è sparito dopo la sua morte”.143
8.1.
Anni 2010 – 2012: la conclusione del caso
Il caso di Natascha Kampusch è stato chiuso l’8 Gennaio 2010, le indagini delle commissioni
sono state archiviate senza risultati, le autorità competenti sentenziarono che non vi erano
complici: si stabilì che Wolfgang Prikopil agì completamente da solo.
Johann Rzeszut, ex presidente della Cassazione austriaca, ha supervisionato le indagini del caso
Kampusch, e il 29 settembre del 2010 scrisse una lettera pubblica nella quale elencò alcuni nodi
cruciali ancora avvolti nella nebbia, nonostante la riapertura del caso nel 2009. Egli sottolineò
pubblicamente come la polizia e gli inquirenti avessero trascurato la testimonianza di Ischtar A.,
e come non avessero mai formalmente interrogato una seconda testimone: Bettina H. Rzeszut
denunciò come la procura di Vienna e i vertici della polizia avessero sostanzialmente rallentato,
e in alcuni casi anche completamente trascurato, le nuove rivelazioni sul caso raccolte dalla
commissione speciale di inchiesta guidata da Franz Kröll, sulle cui indagini è sempre stata
esercitata una forte pressione e costrizione; a quest’ultimo inoltre avevano impedito di consultare
fondamentali elementi di valutazione per proseguire nel suo lavoro, così da facilitare la chiusura
delle sue indagini nel dicembre del 2009. Infine come il mancato controllo delle dichiarazioni,
ufficiali e non, ai mezzi di comunicazione (forse voluto?), avesse contribuito alla diffusione
mediatica di informazioni che contraddicevano la verità, allo scopo di danneggiare qualsiasi
diversa valutazione del caso Kampusch fornita da chi indagava sul caso
L’appello di Johann Rzesut si rivelò parzialmente efficace. Werner Pleischl, Thomas
Mühlebacher, Otto Schneider, Hans-Peter Kronawetter und Gerhard Jarosch, i magistrati
viennesi responsabili dell’inchiesta sul rapimento di Natascha Kampusch, vennero indagati per
abuso d’ufficio nel 2010, anche se un anno dopo il loro procedimento fu cancellato. Sulla base
della denuncia dell’ex alto magistrato, nel 2012 si aprì una commissione parlamentare sul caso
Kampusch, per chiarirne tutti i punti ancora oscuri. Per la commissione, gli inquirenti non hanno
compiuto il loro dovere con professionalità; i membri della commissione affermarono:
".. la commissione raccomanda ai ministeri della Giustizia e dell'Interno di far valutare il lavoro
degli inquirenti nel caso Kampusch da specialisti, con una partecipazione straniera”144, come
l'Fbi americana.
“Non c’è solo il diritto individuale di Natascha Kampusch, anche la società ha il diritto di
sapere tutta la verità su quanto è successo. Ecco perché bisogna chiarire tutte le contraddizioni
presenti in questo caso”.145 sostiene il presidente della commissione Werner Amon.
143
http://www.giornalettismo.com/archives/210941/natascha-kampusch-e-un-suicidio-misterioso/
(data di accesso e consultazione: 19/02/2015).
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http://www.giornalettismo.com/archives/210941/natascha-kampusch-e-un-suicidio-misterioso/
(data di accesso e consultazione: 19/02/2015).
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Werner Amon, presidente della commissione parlamentare
http://www.giornalettismo.com/archives/210941/natascha-kampusch-e-un-suicidio-misterioso/
(data di accesso e consultazione: 19/02/2015).
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Il parlamentare dei Verdi Peter Pilz aggiunge che lo Stato di diritto austriaco deve funzionare.
“Non si possono fare pressioni indebite sulla polizia, bisogna fare di tutto per chiare il caso
Kampusch ed aiutare eventuali vittime finora trascurate.”146
Anche questa volta però, il caso venne chiuso senza alcun risultato tangibile e riconfermata
l’ipotesi del rapimento ad opera del solo Wolfgang Priklopil.
“Quella dell’investigazione è, o dovrebbe essere, una scienza esatta e, quindi dovrebbe essere
trattata in maniera fredda e distaccata”
Sherlock Holmes
Anche Sir Arthur Conan Doyle, sapeva che l’investigazione è una scienza. Una scienza che
dovrebbe essere esatta, ma che, in realtà è solo umana, quindi soggetta ai limiti dell’essere
umano e cioè all’errore, se non addirittura all’inganno. L’errore, sia esso investigativo che
peritale, non produce effetti solo nella fase in cui viene commesso, ma si ripercuote a cascata su
tutte le altre fasi successive fino all’eventuale processo. Occorrerebbe che questo non diventasse
una componente dell’indagine poiché falserebbe ogni successiva possibilità e ogni successivo
risultato, senza contare che la lunghezza dei processi è spesso direttamente proporzionale ai
ritardi, ai tentennamenti, al numero di errori di metodo commessi in fase di indagine. L’indagine
pronta ed efficace abbrevia i tempi e mira a raggiungere l’obbiettivo principe, costituito dalla
sicurezza e dalla repressione dei reati, ma anche quello di garanzia dell’indagato.
Assume perciò un’importanza cruciale il modo in cui conduce l’attività investigativa, il caso di
Natascha Kampusch ne costituisce un emblema.
Nell’introduzione ho descritto come, secondo il mio parere, la scomparsa di persona sia la
situazione più difficile sulla quale svolgere un’investigazione: mancano un eventuale reo, le
motivazioni sono da accertare per ipotesi, la scena del crimine non gode di una circoscrizione
contenuta e soprattutto, manca la vittima. A disposizione si ha quindi solo uno sviluppo logico
delle attività operative da rispettare:
a) allarme e fase informativa;
b) attivazione delle ricerche;
c) coordinamento generale del piano;
d) direzione operativa delle ricerche;
e) pianificazione in loco delle operazioni di ricerca;
f) gestione dell'intervento;
g) sospensione o chiusura delle ricerche;
h) rapporto finale.
146
Ivi nota 145 pag. 90.
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Ma questo non basta: a fronte di una corretta procedura, importanza rilevante assume la cultura
personale, la preparazione, l’intuito, l’esperienza, la scrupolosità e tutte quelle caratteristiche
dell’investigatore (criminologo) che comprendono l’essere capace di relazionarsi verso il mondo
esterno per poter sfruttare ogni risorsa, al fine di raggiungere gli obbiettivi fissati.
Non solo l’indagine sul caso Natascha Kanmpusch è stata connotata da confusione e decisioni
superficiali, ma ancora oggi presenta risvolti oscuri e misteri irrisolti: perché diverse
testimonianze (anonime e non) non sono state prese in considerazione? Perché è stato negato il
risarcimento a una vittima che poteva essere liberata dopo pochi mesi ed invece, a causa delle
inadempienze delle forze dell’ordine, è stata tenuta segregata per otto lunghissimi anni?
Natascha è tornata in libertà grazie alla sua incredibile forza d’animo, la sua personalità è stata
definita e temprata non dall’esperienza, ma è la conseguenza degli errori commessi durante la
fase delle indagini relative al suo caso.
Le decisioni scorrette prese durante le investigazioni sulla sua scomparsa, non solo hanno
impedito il ritrovamento della ragazza austriaca, ma le sono costate l’infanzia e tutta la sua
adolescenza.
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9. Bibliografia
-
AA.VV., Compendio di Criminologia, Gruppo editoriale Esselibri, Edizioni Simone,
Napoli, 2010.
-
Carillo Biagio Fabrizio, Investigare il crimine d'autore con la psicologia e
criminologia investigativa, Roma, Laurus Robuffo, 2012.
-
Carrillo Biagio Fabrizio, L’investigatore criminologo. Analisi e intervento nella
comprensione dei fenomeni criminali, Centro Scientifico Editore, Torino, 2012.
-
Carillo Biagio Fabrizio, Ricostruire il delitto. Dal sopralluogo al profilo criminale,
Espress Edizioni, Torino, 2011.
-
Cremonini Francesca, Strumenti e Tecniche per l’indagine criminologica, Franco
Angeli, Milano, 2007.
-
De Luca Ruben, Anatomia del Serial Killer. Nuove prospettive per un’analisi psicosocio-criminologica dell’omicidio seriale, Giuffrè Editore, Milano, 1998.
-
Hazelwood Roy / Michaud Stephen G., Ossessioni Criminali, Edizioni
Mediterranee, Roma, 2001.
-
Kampusch Natascha, 3096 giorni, Bompiani, Milano, 2010.
-
Lozzi Gilberto, Lezioni di procedura penale, VI edizione, Giappichelli, Torino,
2004.
-
Malizia Nicola, Criminologia ed elementi di criminalistica, Firera & Liuzzo, Roma,
2010.
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Merzagora Betsos Isabella / Ponti Gianluigi, Compendio di criminologia, Cortina
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wnload%2F604%2F584&ei=Zf88VY62OsXsUpKGgvgD&usg=AFQjCNHcuRnjqyZ3xd
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APPENDICE - IN CASO DI SCOMPARSA147
Da diversi anni l’attenzione del pubblico e dei media per il fenomeno dei “bambini scomparsi” è
cresciuta enormemente, anche a causa di tristi episodi che ancora non hanno trovato una
soluzione. Da un lato, l’aumentato interesse per tale tematica, che coinvolge una delle categorie
più indifese della popolazione, è da considerarsi positivamente perché ha sollecitato una serie di
iniziative che, probabilmente, per venire alla luce, avrebbero avuto una incubazione più lunga e
faticosa.
Il nostro ordinamento giuridico, sino a qualche anno fa, non dava una definizione di “persona
scomparsa”, pur esistendo disposizioni specifiche, sia di tipo penalistico (per i casi in cui la
“scomparsa” è la conseguenza di un reato) sia di tipo civilistico (per quanto attiene al regime
della cessazione o successione in alcune situazioni giuridiche soggettive) riconducibili alla
persona di cui non si hanno più notizie da numerosi anni
La legge 14 novembre 2012, n. 203, “Disposizioni per la ricerca delle persone scomparse”,
colma questo vuoto normativo introducendo il concetto di “persona scomparsa”: è tale il
soggetto che si allontana, costretto o volontariamente, dal luogo ove dimora stabilmente o
temporaneamente. Nella definizione vi sono, pertanto, comprese tutte le categorie nelle quali le
forze di polizia, per finalità statistiche, o per altri scopi, suddividono le persone scomparse e i
minorenni.
La suddivisione in categorie delle “motivazioni” della scomparsa, è stata introdotta dalla
Direzione centrale della Polizia criminale del Ministero dell’interno (Dipartimento della pubblica
sicurezza) responsabile della tenuta della Banca dati interforze delle forze di polizia.
Riassumendo, le categorie entro cui suddividere i minori scomparsi sono sei:
1. allontanamento volontario (riguarda la maggior parte delle denunce);
2. allontanamento da istituto/comunità, le fughe vengono messe in atto generalmente da
ragazzi stranieri appena sbarcati sulle coste italiane che vengono accompagnati nei centri
di prima accoglienza, oppure da bambini trovati da soli a chiedere l’elemosina e portati
all’interno di istituti. Gli allontanamenti dalle comunità di recupero interessano anche una
piccola fascia di adolescenti italiani, i quali vivono spesso all’interno di famiglie
problematiche e per questo affidati ai servizi sociali;
3. sottrazione da coniuge o altro congiunto, un fenomeno preoccupante e in crescita è quello
relativo alle denunce di sottrazione dei figli da parte di uno dei coniugi; per contrastare i
casi di sottrazione internazionale già dal 2009 è stata creata un’apposita task force148
Le informazioni contenute nell’appendice sono state rilevate e riassunte dai seguenti siti Internet:
http://116-000.it/wp-content/uploads/2012/07/guida-minori-scomparsi.pdf
http://116-000.it/wp-content/uploads/2012/07/guida-minori-scomparsi.pdf
http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=4&ved=0CDEQFjAD&url=http%3A%2
F%2Fojs.pensamultimedia.it%2Findex.php%2Fric%2Farticle%2Fdownload%2F604%2F584&ei=Zf88VY62
OsXsUpKGgvgD&usg=AFQjCNHcuRnjqyZ3xdeb4-qY1BAHZUFU8A&bvm=bv.91665533,d.d24
http://www.poliziadistato.it/poliziamoderna/articolo.php?cod_art=3073
http://www.pompierisenzafrontiere.org/manuale-operativo-ricerca-persone-scomparse.html
(data di consultazione e accesso 12/04/2015).
148
Vedere pagina n.109.
147
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interministeriale di cui fanno parte il Servizio centrale operativo, l’Interpol, il Ministero
della Giustizia e quello degli Affari Esteri;
4. possibile vittima di reato;.
5. possibili disturbi psicologici;
6. non conosciuta (utilizzata quando non è in alcun modo possibile ipotizzare una delle
precedenti motivazioni).
Attualmente in Italia non esiste una legge capace di prevenire e contrastare in maniera capillare il
fenomeno della scomparsa dei minori ed i reati ad essa collegati. Pertanto, risulta essere
indispensabile promuovere e valorizzare gli istituti, gli strumenti, le azioni e le strategie, anche
con la partecipazione dei soggetti privati interessati, per una collaborazione in sinergia tra le parti
ed arginare, così, questo fenomeno.
L’art. 605 c.p. rende responsabile del reato di sequestro di persona, chiunque priva taluno della
libertà personale. L’interesse tutelato dalla norma in esame è costituito dalla libertà di agire
(fisica o esterna) ossia la libertà della persona di spaziare o di muoversi nello spazio. La legge
94/2009 ha aumentato le pene nel caso di sequestro di minore e di persona trattenuta all’estero,
ma ha anche previsto riduzioni della pena fino alla metà nel caso in cui l’imputato si adoperi
affinché il minore riacquisti la libertà ed eviti ulteriori eventi drammatici e di pericolo in danno
del minore.149
Italia: percorso di attivazione degli strumenti a tutela dei minori scomparsi
A livello nazionale, le attività del Ministero dell’Interno volte a contrastare il fenomeno della
scomparsa dei minori cominciano nel 1996, con la creazione di appositi “Uffici Minori” presso
le Divisioni Anticrimine di ogni Questura.
Nel 1998, con la legge n. 269/1998 sono state istituite le Sezioni specializzate nelle indagini sui
reati in danno di minori presso le Squadre Mobili mentre, a livello centrale, è stata istituita una
apposita unità organizzativa, collocata nell’ambito della Direzione Centrale Anticrimine della
Polizia di Stato, che ha il compito di monitorare le fenomenologie criminali nelle quali sono
coinvolti i minori, sia vittime che autori di reato, le violenze sessuali e domestiche, la scomparsa
e la tratta di minori ed altri, con lo scopo di elaborare, successivamente, incisive strategie di
contrasto.
Ad oggi, oltre all’attività di analisi, la Sezione Minori si occupa della formazione specialistica
del personale della Polizia di Stato inserito negli uffici territoriali che si occupano di minori e
gestisce il sito www.bambiniscomparsi.it per la pubblicazione delle foto di bambini scomparsi,
dietro richiesta dei o del genitore (o di chi ne fa le veci) e l’autorizzazione dell’Autorità
Giudiziaria. Tale sito internet è collegato ad un network internazionale (del quale fanno parte
altri siti dedicati al ritrovamento dei bambini scomparsi), coordinato dal National Centre for
Missing and Exploited Children (NCMEC150) americano. Infine, in collaborazione con il Servizio
149
http://116-000.it/wp-content/uploads/2012/07/guida-minori-scomparsi.pdf
(data di accesso e consultazione: 12/04/2015).
150
Vedi pagina 110.
107
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Polizia Scientifica, da tempo viene effettuata una rielaborazione dell’immagine del viso, con una
particolare tecnica, denominata “Age Progression”151.
Nel 2007 viene istituito un altro ufficio preposto alla gestione dei casi di minorenni scomparsi:
l’ufficio del “Commissario Straordinario per le Persone scomparse”,152 facente parte del
Ministero dell’Interno e che lavora in sinergia con l’Ufficio Centrale Legislativo, con il
Dipartimento della Pubblica Sicurezza, in particolare, con la Direzione Centrale della Polizia
Criminale e, per essa, con il Servizio di Polizia Scientifica, con la Sezione Minori, con il
Servizio Analisi e Valutazione e con il Servizio di Cooperazione Internazionale.
La missione istituzionale di tale organo è finalizzata all’azione di coordinamento delle iniziative
pubbliche volte alla ricerca di soggetti scomparsi, nonché il monitoraggio e a gestione dei dati
riguardanti il fenomeno degli scomparsi (a cadenza semestrale)153, nel coordinamento operativo
“L’age progression (letteralmente sviluppo o evoluzione di un volto causata dall’età) è una procedura di
arte forense, applicata prevalentemente nei casi di persone scomparse, che permette di ipotizzare le
modifiche subite dal viso di un soggetto nel corso degli anni e produrre un’immagine che, con ragionevole
probabilità, rappresenti l’aspetto attuale di una persona di cui si hanno immagini datate.
I cambiamenti morfologici nel volto di un bambino influiscono in misura rilevante sulla sua fisionomia e
sulle proporzioni del volto modificando in misura rilevante la percezione globale del volto stesso, e quindi la
sua riconoscibilità. Tecnicamente, nella Polizia di Stato, la procedura richiede dei passaggi ben definiti, in
primo luogo è essenziale l’acquisizione di tutto il materiale necessario (quante più immagini possibili del
bambino al momento della scomparsa; immagini di persone imparentate e soprattutto somiglianti anche solo
parzialmente, segnalazione di segni caratteristici, eventuali malattie contratte o congenite, eventuali
incidenti subiti dal soggetto, eventuali ortopanoramiche delle arcate dentarie ecc.). Rilevante è la
conoscenza di possibili notizie sugli incidenti che hanno interessato la zona del volto, in particolare quelle
relative a fratture o cicatrici, fondamentali per valutare l’evoluzione dei danni nel tempo e l’influenza di
questi sulla crescita del cranio o della pelle del volto. È anche essenziale raccogliere elementi
comportamentali del soggetto o particolari abitudini, perché crescendo è probabile che il bambino abbia
mantenuto alcune caratteristiche ed è quindi possibile formulare ipotesi sufficientemente attendibili sulla
struttura corporea (soprappeso, sottopeso, normopeso). Grazie ai materiali e dati raccolti, ed avvalendosi di
parametri statistici sulla crescita cranio-facciale, viene svolto uno studio minuzioso a cui seguirà la
determinazione di una sintesi rappresentativa di uno o più modelli probabili della fisionomia che
caratterizza espressivamente la unicità di quel volto. L’age progression viene concretizzata per mezzo di
applicativi professionali di grafica e scultura digitale anche se il risultato dipende in misura rilevante dalle
informazioni a disposizione e dall’abilità dell’operatore di polizia ed artista forense.”
http://www.poliziadistato.it/poliziamoderna/articolo.php?cod_art=3073 (data di consultazione e accesso
12/04/2015).
152
Il Commissario straordinario del Governo per le persone scomparse è l’autorità che gestisce e monitora
il fenomeno della scomparsa di persona avvalendosi di un Ufficio istituito con decreto del ministro
dell’Interno. Svolge un ruolo di raccordo tra istituzioni, associazioni, organismi internazionali e familiari
delle persone scomparse. Tratta, inoltre, personalmente i casi nuovi per sollecitare maggiori possibilità di
incidere sulla loro rapida risoluzione. Al Commissario straordinario sono anche affidati i compiti di favorire
il confronto tra le informazioni contenute nel Sistema d’indagine interforze (Sdi) e nel sistema informativo
ricerca scomparsi (Ri.Sc.) della ps, assicurandone l’aggiornamento continuo; coordinare le ricerche con
tutte le strutture specialistiche del Dipartimento ps (Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia dia di Finanza,
Vigili del Fuoco, Forestale e Penitenziaria) le procure della Repubblica, gli istituti di medicina legale, i
comuni, gli obitori e le strutture sanitarie che fanno capo alle Unità sanitarie locali; rilevare
periodicamente i dati sui rinvenimenti di cadaveri non identificati.”
http://www.poliziadistato.it/poliziamoderna/articolo.php?cod_art=3073 (data di consultazione e accesso
12/04/2015).
153
“Il monitoraggio dei dati relativi al fenomeno della scomparsa nel nostro Paese, esse forniscono un
dettagliato compendio sulla problematica in oggetto, unitamente ad una sintesi delle attività operative
svolte dall’Ufficio nell’ambito delle missioni istituzionali affidate al Commissario.”
151
108
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tra le Amministrazioni dello Stato con una supervisione sulle attività dei soggetti impegnati nella
ricerca delle persone scomparse, sia con riguardo all’azione investigativa, sia a quella
assistenziale e sociale. Lo stesso anno ha visto l’avvio del sistema informativo integrato “Ricerca
Scomparsi” (Ri.Sc.)154, finalizzato all’acquisizione dei dati relativi alle persone scomparse e ai
cadaveri non identificati, la cui attivazione, era stata preceduta dalla sottoscrizione di appositi
Protocolli d’Intesa condivisi con interlocutori istituzionali come Procure della Repubblica,
Istituti di Medicina Legale, obitori comunali e ospedalieri, allo scopo di acquisire i reperti
biologici necessari all’estrazione del relativo profilo genetico. Nel medesimo contesto, si
inserisce l’attività di censimento dei cadaveri non identificati che consente il continuo
aggiornamento delle posizioni senza identità all’interno dell’archivio telematico “Sistema
d’Indagine” (SDI)155.
Un’altra importante iniziativa è stata l’attivazione, in Italia, del servizio denominato «116000 Linea telefonica diretta per i minori scomparsi», previsto dalla decisione del 15 febbraio 2007
della Commissione europea: la linea è gratuita ed è ormai, presente in quasi tutti i Paesi
dell’Unione Europea. In Italia l’Autorità garante per le comunicazioni, nel qualificarla “servizio
di pubblica utilità”, l’ha assegnata al Ministero dell’interno; il 116000 è un servizio rivolto a
chiunque intenda segnalare la scomparsa, il rintraccio o ogni utile informazione relativa alla
scomparsa di un minorenne. L’associazione gerente (il Telefono Azzurro) vaglia le informazioni
ricevute e attiva le istituzioni volta per volta competenti.
Data la mancanza di procedure standardizzate, a livello nazionale, per la gestione di casi di
scomparsa di persona, l’Ufficio del Commissario Straordinarie ha predisposto verso la fine del
2009 un Protocollo Operativo con lo scopo di uniformare le procedure da utilizzare dalla fase di
segnalazione di persona scomparsa alla fase di indagine e ricerca di bambini e adolescenti.
Tale protocollo operativo è nato dopo il riscontro positivo che si è avuto dalle esperienze pilota
di diverse Prefetture del centro nord quali Biella, Varese e Lucca, le quali per prime, e in
maniera sperimentale, avevano adottato un protocollo per la ricerca degli scomparsi. L’obiettivo
del protocollo è quello di uniformare le attività di ricerca che vengono poste in atto con il
coinvolgimento di più soggetti territoriali quali:
- Il Prefetto e l’Ufficio Territoriale del Governo.
http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=4&ved=0CDEQFjAD&url=http%3A
%2F%2Fojs.pensamultimedia.it%2Findex.php%2Fric%2Farticle%2Fdownload%2F604%2F584&ei=Zf8
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http://www.poliziadistato.it/poliziamoderna/articolo.php?cod_art=3073
(data di consultazione e accesso 12/04/2015).
154
Vedere pag. 113.
155
“L’acronimo S.D.I. identifica il Sistema di Indagine ovvero il patrimonio informativo degli Schedari
Informatici del C.E.D. Interforze strumento indispensabile per assolvere ai compiti istituzionali nel corso
dell’attività di Polizia Giudiziaria e di Polizia Amministrativa. La piena conoscenza delle informazioni memorizzate in Banca Dati sul conto di soggetti sottoposti a
provvedimenti di polizia (indagati, arrestati/fermati o semplicemente accompagnati per identificazione)
rappresenta una preziosissima fonte per le unità operative sul territorio.”
http://www.uglpoliziadistatomilano.it/component/option,com_content/Itemid,7/catid,1/id,206/view,article
/ (data di accesso e consultazione 12/04/2015).
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- L’Autorità giudiziaria competente.
- Le Forze di Polizia.
- Il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.
- Il Sindaco.
- La Polizia locale.
- I Servizi Socio-assistenziali.
- Il Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico.
- Le Aziende Sanitarie Locali/La Centrale Operativa – “118”.
- Le Associazioni di volontariato (quelle inserite negli appositi elenchi provinciali e quelle
operanti anche su base regionale e/o nazionale, quali, ad esempio, l’Associazione “Penelope”,
“Telefono Azzurro”, “Alzheimer Uniti”).
- Il Sistema locale di Protezione Civile.
È stata anche creata una Task Force Interministeriale per intervenire in materia di sottrazioni
internazionali di minori, costituita da funzionari del Ministeri degli Affari Esteri, dell’Interno e
della Giustizia poiché il fenomeno di sottrazione internazionale di minore è in crescita,
soprattutto a causa dell’aumento di unioni tra persone di diversa nazionalità e la crescente
mobilità degli individui. Obiettivi della task force sono:
 coordinare e velocizzare i meccanismi di intervento nei casi di sottrazione internazionale
di minore;
 favorire un’immediata ed omogenea reazione da parte delle istituzioni competenti;
 trattare in maniera prioritaria i casi di minori italiani trasferiti illecitamente all’estero.
La task force si riunisce mensilmente presso la Direzione Generale per gli Italiani all’Estero e le
Politiche Migratorie del Ministero degli Affari Esteri. La predisposizione di tecniche
investigative sempre più affinate è stata indubbiamente favorita dall’applicazione di standard
operativi omogenei per la ricerca di persone scomparse e la task force si è dimostrata assai
efficace anche mediante l’attivazione di procedure concertate con i servizi di polizia degli stati
stranieri coinvolti. Gli obbiettivi vengono raggiunti attraverso lo scambio di informazioni,
sempre nel rispetto del segreto di indagine per i casi in cui è stato instaurato un procedimento
penale
È in fase di attuazione, infine, il progetto europeo “Italian child abduction alert system”, un
dispositivo, già adottato in altri Paesi156, finalizzato all’attivazione di un sistema di allerta
immediato nei casi di scomparsa di minorenne, qualora si temi per la sua incolumità. La
Commissione Parlamentare per l’Infanzia, il 18 luglio 2007, aveva adottato una risoluzione con
la quale impegnava il Governo italiano all’attivazione di un sistema di «Allerta Integrato», già
attivo con buoni risultati in altri Stati, consistente in un dispositivo che permette di diffondere
rapidamente, su tutto o parte del territorio nazionale, un messaggio di allarme contenente
informazioni per il ritrovamento di minori scomparsi, affinché chiunque sia in possesso di
notizie utili possa immediatamente avvisare le autorità, attraverso un numero di telefono
all’occorrenza fornito. La Commissione Parlamentare per l’Infanzia ha, così, preceduto l’invito
156
Vedi Icmec pag 111.
110
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formulato dal Parlamento Europeo con la dichiarazione sulla cooperazione d’emergenza per il
ritrovamento di bambini smarriti adottata il 2 settembre 2008 (n. 2009/C 295 E/07) con la quale
“invita gli Stati membri a introdurre un sistema di allerta in caso di scomparsa di bambini, la
cui attivazione comporterebbe l’immediata trasmissione agli organi d’informazione, alle
autorità di frontiera e alle autorità doganali e preposte al mantenimento dell’ordine pubblico”157
di tutte le informazioni relative alla scomparsa. Con la medesima dichiarazione il Parlamento
Europeo invita, altresì, gli stati membri a raggiungere accordi di cooperazione con tutti gli stati
confinanti in modo da poter rapidamente diffondere l’allarme in tutti i territori interessati. In
Italia, l’8 marzo 2011 è stata siglata una convenzione tra le forze di polizia, il Ministero della
giustizia e gli «organi di diffusione dell’allerta»158 per diffondere un breve messaggio di allarme
dal contenuto prestabilito, immediatamente comprensibile, contenente gli elementi utili per
identificare la vittima o il presunto rapitore, indicando un numero di telefono da chiamare. Si
auspica una veloce attivazione di questo dispositivo che, in altri Paesi, ha dato risultati positivi
consentendo la soluzione del caso in poche ore.
Centri e Network internazionali
NCMEC - Centro Nazionale per Bambini Scomparsi e Sfruttati è un’organizzazione privata
non-profit creata nel 1984 negli Stati Uniti d’America.
Tale centro è nato a seguito di un tragico evento: nel 1979 un bambino di sei anni, Etan Patz,
scomparve all’angolo di una strada di New York durante il tragitto per andare a scuola e non
venne mai più ritrovato; nel medesimo anno, ventinove bambini vennero rapiti ed uccisi ad
Atlanta, Georgia. Nel 1981 un altro bambino di sei anni, Adam Walsh, venne rapito in un centro
commerciale della Florida e trovato assassinato. Grazie a questi casi fu chiaro che la polizia
americana poteva inserire informazioni su auto rubate, armi rubate e persino cavalli rubati nei
database dell’FBI, ma non sui bambini scomparsi. Lo stesso anno, dunque, il Congresso degli
Stati Uniti approvò la legge sull’ ”Assistenza ai Bambini Scomparsi” istituendo il NCMEC: il
13 giugno 1984, il Centro veniva aperto dal presidente Ronald Reagan in una cerimonia alla
Casa Bianca.
L’organizzazione fornisce ancora oggi informazioni e supporto a Forze dell’Ordine, genitori,
figli, i minori vittime e numerosi professionisti. Il call center - che riceve chiamate 24 ore al
giorno, 7 giorni alla settimana, 365 giorni all’anno - è stato creato con l’obiettivo di costituire un
sistema nazionale per la segnalazione dei bambini scomparsi: gestisce segnalazioni di
scomparsa, di avvistamento o richieste di risorse per assistere i casi di sottrazione o sfruttamento
sessuale e può gestire chiamate in più di 180 lingue. NCMEC accoglie le notizie di scomparsa, si
occupa della distribuzione di foto e poster del bambino al fine di sensibilizzare l’attenzione
pubblica, opera attraverso il suo sito www.missingkids.com e con i suoi partner per diffondere
più informazioni possibili ed in tempo reale a tutta la nazione.
157
http://www.minori.it/sites/default/files/cic_2_2012.pdf
(data di consultazione e accesso 12/04/2015).
158
Per «organi di diffusione dell’allarme» si intendono, in particolare, le forze di polizia, le reti
radiotelevisive, i gestori delle reti stradali e autostradali, le società di trasporto, gli avvisatori marittimi,
gli editori di siti internet, i gestori telefonici, gli operatori nei servizi di ristorazione e delle reti
autostradali.
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Nel 1997 il Consiglio di Amministrazione di NCMEC autorizzò la creazione del ICMEC International Centre for Missing & Exploited Children, a cui funzione è quella di identificare e
coordinare un network globale di organizzazioni che combattono la sottrazione e lo sfruttamento
sessuale dei minori. ICMEC fu lanciato ufficialmente nell’aprile del 1999 presso l’Ambasciata
Britannica a Washington, DC.
Gli obiettivi di questo movimento internazionale sono:
 individuare risorse destinate a trovare un bambino scomparso e a prevenire le situazioni
di abuso e disagio;
 promuovere la creazione di centri operativi a livello nazionale secondo il modello della
partnership pubblico-privato;
 organizzare percorsi formativi rivolti a Forze dell’Ordine, operatori del sistema giuridico,
ecc …;
 proporre modifiche normative, accordi e convenzioni a livello internazionale;
 guidare una coalizione finanziaria per contrastare la pedo-pornografia in Internet;
 organizzare conferenze di esperti per accrescere la consapevolezza del fenomeno e
incoraggiare la collaborazione tra paesi.
Il 15 marzo del 2000 l’Italia ha aderito all’Icmec, di cui fanno parte, allo stato attuale Albania,
Argentina, Australia, Bielorussia, Belgio, Brasile, Canada, Corea del Sud, Federazione Russa,
Germania, Gran Bretagna, Grecia, Irlanda, Messico, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Polonia,
Romania, Spagna, Sudafrica e Stati Uniti. L’adesione a questa rete ha portato all’attivazione del
sito italiano dedicato ai bambini scomparsi, consultabile agli indirizzi web
www.bambiniscomparsi.it e www.missingkids.it . Questi ultimi sono gestiti direttamente dal
servizio centrale operativo della polizia di Stato, che provvede a pubblicare le foto dei bambini
scomparsi, dietro richiesta del o dei genitori con l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria.
Ovviamente non vi sono pubblicati tutti i casi di minorenni scomparsi in Italia, ma solo quelli per
i quali vi è stata una esplicita richiesta. Nelle relative schede vengono inserite le principali
informazioni sul caso, la riproduzione fotografica del minore, l’ufficio di polizia al quale
rivolgersi in caso di notizie pertinenti e ogni altra indicazione utile al rintraccio.
La spinta della diffusione di Icmec in Europa è legata al tragico “caso Dutroux”: un uomo
arrestato in Belgio nel 1996 che, nell’arco di 11 anni, aveva sequestrato e abusato di sei ragazze
dagli 8 ai 19 anni, uccidendone quattro, con la complicità di altre tre persone. In quegli anni
l’organizzazione americana fu presa come esempio da altri Paesi, che chiesero un supporto per la
realizzazione di attività di formazione e sensibilizzazione su un terreno difficile, come quello
degli abusi in pregiudizio di minorenni.
2001 – Missing Children Europe, nei mesi successivi altri stati europei decisero di creare un
proprio centro che potesse operare in questi casi in collaborazione con le forze di polizia. La
creazione ufficiale di Missing Children Europe ebbe luogo nel 2001 presso il Parlamento
Europeo; oggi rappresenta 28 Organizzazioni Non Governative (ONG) attive in 19 Stati membri
dell’Unione Europea e in Svizzera.
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Uno degli obiettivi principali di Missing Children Europe è dunque di contribuire allo sviluppo
di politiche e progetti europei efficaci sul tema dei minori scomparsi. La sua missione generale è quella
di:




garantire che in ogni Stato membro dell’Unione Europea siano soddisfatti i requisiti fondamentali
in materia di bambini scomparsi e sessualmente sfruttati;
stimolare la cooperazione europea e transnazionale per affrontare la crescente natura
transfrontaliera del problema;
portare le attività dei suoi Membri ad un livello operativo altamente standardizzato;
assistere i propri Membri nei loro rapporti con le autorità nazionali per il raggiungimento di una
rapida, efficiente ed accurata implementazione della vincolante legislazione europea.
Le banche dati
Il tema della scomparsa a livello europeo origina anche dal trattato di Schengen del 1985
(firmato dall’Italia nel 1990), che ha l’obiettivo di eliminare progressivamente i controlli alle
frontiere comuni e introdurre un regime di libera circolazione per i cittadini degli Stati firmatari,
degli altri Stati membri della Comunità o di paesi terzi, rafforzando d’altra parte i controlli alle
frontiere esterne dello spazio Schengen, effettuati secondo procedure identiche dai vari Paesi. Al
fine di garantire un coordinamento degli Stati nella lotta alla criminalità organizzata di rilevanza
internazionale (come mafia, traffico d’armi, droga, immigrazione clandestina), il trattato prevede
una collaborazione delle forze di polizia, che hanno in alcuni casi la possibilità di intervenire
anche oltre i propri confini nazionali.
Per consentire il coordinamento tra i vari Stati è stato istituito il SIS (Sistema di Informazione
Schengen), un’integrazione delle banche dati delle forze di polizia che consente alle autorità
nazionali di effettuare controlli alle frontiere, di coordinare tali controlli, nonché di ottenere
informazioni su persone o oggetti. Gli Stati membri alimentano il SIS attraverso reti nazionali
(N-SIS) collegate a un sistema centrale (C-SIS) con sede a Strasburgo. I vari sistemi nazionali
sono collegati on-line con il sistema centrale mediante una rete di comunicazione protetta.
Ogni Stato collegato al SIS è tenuto a designare un’autorità competente per la parte nazionale del
sistema, l’ufficio S.I.Re.N.E. (Supplementary Information REquest at the National Entry), che
consente lo scambio tra gli Stati di informazioni aggiuntive o supplementari sulle segnalazioni e
garantisce l’adozione delle misure appropriate, anche nei casi di persone scomparse.
Per realizzare tale sistema di interscambio sono indispensabili una stretta collaborazione tra
pubblico e privato. Gli organismi che devono collaborare apparterranno infatti a differenti
ambiti: autorità giudiziarie, Forze dell’Ordine, media, agenzie stampa, radio, televisioni,
compagnie di telefonia mobile, providers di Internet, compagnie di trasporti, autorità portuali e
aeroportuali …
Ciò alla luce del fatto che il sistema di allerta risulta essere tanto più funzionale quanto più è
presente e ramificato nei diversi contesti; un consistente aiuto può essere fornito dalle nuove
tecnologie e dalla penetrazione che esse hanno sia a livello di infrastrutture urbane, sia a livello
di diffusione nella popolazione. Infatti, se le prime esperienze di allerta facevano largo utilizzo di
materiali cartacei legati ad esempio all’affissione di manifesti o alla distribuzione di volantini, le
possibilità fornite dai nuovi mezzi di comunicazione risultano essere più veloci ed economiche.
Oltre ai mezzi di comunicazione tradizionali, quali ad esempio le televisioni e le radio, esistono
importanti “reti tecnologiche” che possono configurarsi come efficaci: ne sono un esempio i
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terminali video presenti nelle Stazioni ferroviarie, i monitor sempre più diffusi all’interno dei
veicoli per il trasporto urbano, i siti web, fino ad arrivare alle piccole realtà private e locali
rappresentate dalle catene di ipermercati o da singoli negozi che sempre più spesso fanno uso di
monitor LCD o televisori per reclamizzare prodotti o attività. I concetti di diffusione capillare
dell’informazione e di rapidità sono gli elementi vincenti di questa strategia di contrasto per
intervenire nei casi di scomparsa.
Il sistema Ri.Sc., realizzato grazie alla collaborazione tra il Commissario straordinario del
Governo per le persone scomparse, il Dipartimento della pubblica sicurezza ed il ministero della
Giustizia, è un’applicazione informatica che fa parte della complessa ed articolata struttura di
banche dati di cui si compone il Sistema informativo interforze. Il Ri.Sc permette di catalogare e
gestire, in modo completo ed interconnesso con il Sistema di indagine (Sdi), le informazioni
relative alle persone scomparse ed ai cadaveri rinvenuti che non è stato possibile identificare. Le
informazioni desunte dalle denunce di persone scomparse e dai rinvenimenti di cadaveri non
identificati, inserite nello Sdi, vanno ad alimentare automaticamente anche il sistema Ri.Sc.
Successivamente, le ulteriori informazioni relative ai dati biometrici, descrittivi e medico-legali
delle persone scomparse e dei cadaveri non identificati vengono inserite dagli operatori
specializzati dei Gabinetti di polizia scientifica della Polizia di Stato, dei Nuclei investigativi
dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. (Il Corpo Forestale dello Stato e la Polizia
Penitenziaria, in attesa della costituzione di specifici uffici di polizia scientifica, si avvalgono
della collaborazione della Polizia di Stato e dell’Arma dei Carabinieri). La funzionalità più
importante del sistema è la possibilità di effettuare un incrocio dei dati biometrici e descrittivi
contenuti nelle schede persona scomparsa (che contengono i dati ante mortem) e cadavere non
identificato (che contengono invece i dati post mortem), al fine di poter individuare, attraverso
una scala di valori di compatibilità, eventuali casi di corrispondenza tra soggetti scomparsi e
cadaveri non identificati.
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