Affidamento condiviso T_VONA

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Affidamento condiviso T_VONA
1_La legge sull’affidamento condiviso.
I professionisti legali e della salute hanno riconosciuto che per affrontare questioni relazionali
complesse come l’affidamento dei figli occorrono forme di risoluzione delle controversie
alternative al vero e proprio procedimento legale. A tale proposito la legge matrimoniale è
riconosciuta in modo crescente come branca della legge, specializzata nei casi di divorzio nella
quale si possono riconoscere distinti processi legali e amministrativi. Questi cambiamenti hanno
aumentato le aspettative in tribunale riguardanti la credibilità e la rilevanza delle opinioni
dell’esperto, favorendo una professionalizzazione dei professionisti forensi della salute mentale. In
effetti la famiglia divorziante ha qualità distinte e i suoi membri sono soggetti a forze che non sono
state considerate nella ricerca sullo sviluppo (Galatzer-Levy et al., 2009). Il diritto che viene difeso
da parte di coloro che sono chiamati in diversi modi ad intervenire come terzi per” l’interesse del
minore” (Convenzione dei diritti dell’infanzia, New York, 1989, art 9) è quello per cui ogni figlio
separato da uno o entrambi i coniugi deve poter mantenere relazioni personali e contatti regolari con
entrambi, salvo quando ciò è considerato disfunzionale ( Cigoli, 1998). La diffusione di una
molteplicità di tipi di famiglia riguarda tutti i paesi industrializzati, compresa l’Italia, la natura della
stessa e del matrimonio è cambiata per cui la funzione della genitorialità è molto complessa (Rossi,
2012). Nella normativa nazionale, la legge numero 54 del 2006 sull’affido condiviso garantisce i
diritti relazionali biunivoci, ciascun genitore è posto in condizione di parità rispetto all’altro e
rispetto al minore. La posizione giuridica dei genitori è concepita soprattutto come responsabilità
comune nei confronti dei figli, mentre nel testo precedente (art.55 c.c.) l’affidamento legato
all’esercizio della potestà, definiva un rapporto unilaterale ed un mancato riconoscimento dei diritti
della personalità del minore (Volpini, 2011). Infatti, per quanto riguarda la potestà la legge del 2006
(art. 317, comma 2 c.c.) stabilisce la regola per la quale non solo la titolarità, ma anche l’esercizio,
spetta ad entrambi i genitori (Camerini, Sechi, 2010 ). Inoltre, la nuova normativa riconosce il
diritto fondamentale del bambino di sviluppare la propria personalità ed essere allevato all’interno
della propria famiglia, e il diritto-dovere dei genitori di mantenere, educare, istruire i figli anche se
nati fuori dal matrimonio. La legge del 2006 ha ricevuto critiche rispetto alle disarmonie presenti
nel testo sulla regolazione delle relazioni personali e patrimoniali tra genitori e figli in caso di
separazione, ma anche rispetto alla contraddittorietà dell’apparato giuridico concettuale della
potestà. Quindi, il giudice è chiamato a stabilire un regime di affidamento secondo il principio di
legalità e il principio di beneficità, tenendo conto del diritto del figlio minore alla bigenitorialità e
del concetto di responsabilità genitoriale. Quest’ultima è l’insieme dei diritti e doveri di cui è
investita una persona fisica o giuridica in seguito ad una decisione giudiziaria, dalla legge o da un
accordo in vigore riguardanti un minore (Volpini, 2011). Rispetto al diritto alla bi-genitorialità,
1 Dott.ssa Tatiana Vona -­‐ IPDM stabilito nel primo comma della legge 54/2006, le rivendicazioni di padri separati hanno giocato un
ruolo fondamentale nell’approccio della riforma in questione: è attribuito maggiore diritto
soggettivo al minore, anche in riferimento ai parenti di ciascun ramo genitoriale (Febbraio,
Tommaso, 2008). Il valore che ispira l’intera riforma è l’accordo tra le parti al fine di favorire la
responsabilizzazione dei genitori e la tutela del minore (Cigoli, Gulotta, Santi, 2007). In questo tipo
di affidamento la possibilità di affido ad entrambi i genitori che esercitano congiuntamente la
potestà genitoriale, da eccezione è divenuto quindi una regola. Un conflitto esasperato è motivo
sufficiente per disporre l’affidamento esclusivo. Esistono due modalità di affidamento condiviso; la
prima modalità è l’affidamento a residenza alternata che prevede periodi alternati con l’uno e con
l’altro genitore, in tal caso i figli si alternano nella casa dei genitori o viceversa (Volpini, 2011). La
seconda modalità è l’affido a residenza privilegiata: prevede che il minore risieda prevalentemente
presso l’abitazione di un ex coniuge; l’affido alternato è stato applicato raramente in quanto ritenuto
destabilizzante per l’equilibrio dello stile di vita del minore e in quanto richiede bassa conflittualità
tra gli ex coniugi. Scopo dell’affido condiviso è quello di garantire una continuità nella cura e
nell’educazione dei figli tra la situazione esistente durante il matrimonio e quella che si crea dopo la
separazione: i figli vengono affidati ad entrambi i genitori che si dividono i compiti accordandosi.
Per realizzarlo è necessario che essi superino i conflitti rispetto al loro fallimento come coppia
coniugale, focalizzandosi sui figli come coppia genitoriale. In effetti, l’affido condiviso è modulato
dal giudice anche sulla base degli accordi tra i genitori, in caso di disaccordo tra questi le decisioni
spettano direttamente al giudice e l’esercizio congiunto della potestà sarà limitato alle decisioni più
importanti (Volpini, 2011). Una certa ambiguità interpretativa è data dall’indeterminatezza del
riferimento ai procedimenti per i genitori non coniugati, che causa una “diversità di trattamento
delle persone ed un’incertezza normativa “(Camerini, Sechi, 2010). L’esperto deve verificare la
reale capacità di assolvere i compiti parentali nei confronti del minore e tracciare un progetto di
affido condiviso che soddisfi il diritto del bambino alla bi-genitorialità, e che comprende il
collocamento ripartito o principale del figlio, in tal caso stabilisce anche i tempi e le modalità della
presenza del bambino presso ciascun genitore, quanto e in che modo ciascun genitore deve
contribuire al mantenimento, alla cura all’istruzione e alla educazione del figlio ( Volpini, 2011). Il
ricorso al giudice per formalizzare il regime giuridico di affido non esclude un’incapacità che renda
impossibile l’esercizio della potestà; il pubblico ministero che agisce nel processo civile, potrà
nominare un consulente tecnico di parte (CTP) che parteciperà alle indagini del consulente tecnico
d’ufficio (CTU), le sue valutazioni potranno dimostrare i casi di conclamata incapacità genitoriale
che spesso determinano conflitti devastanti per l’equilibrio psicofisico del bambino, in letteratura
ricondotti spesso alla sindrome di alienazione parentale (Volpini, 2011). L’autonoma legittimazione
2 Dott.ssa Tatiana Vona -­‐ IPDM processuale che la legge attribuisce al pubblico ministero rimarca la tutela del minore a livello
giuridico, in quanto soggetto di diritti sostanziali e processuali, non più in quanto destinatario di
decisioni (Camerini, Sechi; 2010). Per quanto riguarda l’applicabilità dell’affidamento condiviso in
situazioni di alto conflitto, è noto che l’effetto deleterio del conflitto genitoriale sullo sviluppo dei
figli con genitori divorziati è uno dei risultati più consistenti nelle ricerche sulle interazioni di
famiglia (Galatzer-Levy et al., 2009).
2_Il conflitto genitoriale
Nella letteratura legata al criterio di accesso ad entrambi i genitori attraverso il co-parenting è stata
esplorata tra la popolazione generale del divorzio l’area del conflitto e della cooperazione. Sebbene
il numero maggiore di incontri con il genitore non residente col minore sono legati alla nozione di
affidamento condiviso, quanto e in cosa il contatto si sovrapponga con gli accordi di residenza
condivisa e gli accordi legali non è stato ancora ben compreso. I livelli di ostilità e conflitto non
differenziano quelli che mantengono i propri accordi da chi non lo fa, o chi ha un affidamento
condiviso di successo, da chi ne ha uno che fallisce o che è stressante. L’affidamento condiviso può
essere di successo in condizioni comprese da bassi a moderati livelli di conflitto, infatti non c’è
evidenza che ridurrà il conflitto: le ricerche non hanno ancora determinato se negli accordi tra
genitori in affidamento condiviso esso causerà più o meno problemi nei bambini di quello che
farebbero simili livelli di conflitto in situazioni di affido esclusivo. Si è generata un’intensa attività
di ricerca a riguardo, recenti studi supportano l’efficacia dell’affidamento condiviso per
l’adattamento del figlio in particolare e delle famiglie più in generale, ma c’è ancora da
approfondire quali tipi di famiglie ne beneficiano e in quali condizioni (Galatzer-Levy et al., 2009).
Le decisioni dei giudici hanno un impatto molto forte sui minori, il potenziale del contenzioso
inevitabilmente colpisce tutti gli attori nelle decisioni di affidamento; occorre integrare punti di
vista multipli più che applicare principi generali di sviluppo o di genitorialità. L’evidenza più forte è
che il conflitto tra i genitori in affidamento condiviso può avversamente influenzare l’adattamento.
Le relazioni con i genitori giocano un ruolo cruciale nel dare forma allo sviluppo sociale emotivo,
personale e cognitivo dei figli e c’è una vasta letteratura che documenta gli effetti avversi delle
relazioni genitore-figlio distrutte, sullo sviluppo e l’adattamento dei figli (Galatzer-Levy et al.,
2009).
3_Le conseguenze del conflitto sui figli
La separazione può rappresentare una fase critica di evoluzione familiare, ma l’adattamento dei figli
dipende molto dal modo in cui i genitori la vivono e dal modo in cui gestiscono i rapporti tra loro in
quanto genitori ( Volpini, 2011 ). La reazione dei figli può essere anche quella di approfittare dei
3 Dott.ssa Tatiana Vona -­‐ IPDM risvolti pratici, o di elaborazione di vissuti di iper-responsabilizzazione, o di iper-attaccamento,
oppure di iper-distacco nei confronti dell’uno o dell’altro genitore ( Volpini, 2011 ). Dalle ricerche
condotte da Francescato (1994) su figli di genitori separati/divorziati è emerso che sono
particolarmente capaci di superare positivamente queste esperienze tanto da migliorare le proprie
competenze relazionali e di assertività, inoltre è emerso che molte coppie riescono ad uscire dalla
relazione con competenza emotiva e comunicazionale. In un'altra ricerca di Francescato ( 1993) è
risultato che chi ricorre alla separazione giudiziale ne attribuisce all’altro partner tutta la
responsabilità e il procedimento giudiziario tende a rinforzare questo atteggiamento ( Volpini,
2011). Il Telefono Azzurro riceve il 18,6 % di segnalazioni su problematiche legate alla separazione
da parte di ragazzi come l’assenza di sostegno, la conflittualità tra gli ex coniugi. Questi ragazzi
riferiscono senso di inadeguatezza rispetto alle richieste dei genitori, difficoltà nell’esprimere il loro
disagio o ad individuare nei genitori un punto di riferimento (Dirani, 2010). I sentimenti
generalmente sono di rabbia, abbandono e confusione nei più piccoli; in adolescenza i ragazzi
manifestano problematicità caratteriale, si provocano tagli, bevono, usano droghe e attuano
comportamenti trasgressivi. Il decimo rapporto nazionale sulla condizione dell’infanzia e
dell’adolescenza rileva che la reazione alla separazione dipende da fattori ambientali e da una
predisposizione allo sviluppo di disturbi d’ansia, non direttamente collegati alla separazione. Uno
studio condotto dall’unità-salute san Raffaele di Milano ha dimostrato che gli eventi negativi vissuti
durante l’infanzia e il distacco da un genitore aumentano il rischio di sviluppare in seguito attacchi
di panico, sebbene anche il patrimonio genetico incide in questa probabilità (Dirani, 2010). I figli di
divorziati hanno con più probabilità risultati scolastici più scarsi, maggiori problemi emotivi, bassa
stima di sé, e maggiori difficoltà nelle relazioni interpersonali (Amato, 2001; Cherlin, 1999;
Heterington, 1999; Kelly, 2000; McLanahan, Sandefur, 1994; Morrison, Coiro, 1999). Il conflitto
genitoriale si definisce su vari continua, come il livello (da basso a alto) e l’apertura (segreto,
manifesto). In ogni caso la relazione tra conflitto e il suo effetto sul bambino non è semplice, ma è
mediata dall’interazione di caratteristiche individuali del bambino, come il temperamento e l’età, la
salute mentale del genitore, lo stile genitoriale, e la disciplina e fattori ambientali , come la stabilità
economica della famiglia e la disponibilità di supporti sociali ( Galatzer-Levy et al., 2009 ).
Per quanto riguarda l’impatto del conflitto pre-divorzio e post-divorzio la ricerca suggerisce che
l’elevato conflitto prima del divorzio è correlato con diversi problemi di interiorizzazione del
divorzio stesso (Jekielek, 1998), diminuite qualità e quantità di sonno ( El-Sheikh, Buckhalt, Mize
& Acebo, 2006), ansia, depressione e comportamento distruttivo ( Grych, 2005), problemi
complessivi di comportamento ( Kaczynski, Lindhal, Laurenceau, Malik, 2006; Morrison, Coiro,
4 Dott.ssa Tatiana Vona -­‐ IPDM 1999 ), specificamente aggressivo-distruttivo nei bambini più piccoli in età di scuola dell’infanzia (
Erath, Bierman, Condut problems Prevention Research Group, 2006 ).
Inoltre si verifica un effetto di ripercussione del conflitto coniugale sul comportamento genitoriale,
che poi influenza l’adattamento del bambino. Il conflitto generalmente è associato ad una pratica
genitoriale severa, coercitiva, e di rifiuto ( Heterington, Clingempeel, 1992) e a disciplina
incoerente o rigida ( Buehler, Gerard, 2002). I genitori con un elevato conflitto a volte diventano
perpetratori o destinatari di violenza in famiglia, in alcuni casi gli eventi di aggressione fisica sono
associati con la battaglia in corso ma non provocano gravi lesioni ( Johnston, 2006 ). Mentre per i
figli di genitori con un elevato conflitto il divorzio può essere “un sollievo”, per quelli con genitori
con più basso conflitto durante il matrimonio e che non divorziano ci sono conseguenze di
diminuzione della stima di sé, scarso benessere psicologico, minor soddisfazione di vita, stress
psicologico ( Booth, Amato, 2001). Nei casi in cui vi sia assenza di conflitto durante il matrimonio
il divorzio diviene un’esperienza più sconcertante, mentre l’elevato conflitto può, “essendo un
sollievo”, portare l’eventuale abbattimento di sintomi associati con la frequente esposizione a
qualsiasi tipo di conflitto genitoriale ( Galatzer-Levy et al., 2009). Inoltre il conflitto post-divorzio
influenza più negativamente i figli quando sono coinvolti direttamente ( Grych, 2005; Kelly, Emery,
2003 ), ad esempio quando vengono coinvolti in dispute ostili tra genitori. Tra i fattori collegati al
conflitto che influenzano l’adattamento del bambino vi è l’età alla separazione: i bambini
reagiscono diversamente in base all’età al divorzio e al conflitto ( Galatzer-Levy et al., 2009 ). Da
uno a tre anni e in età prescolare non hanno la capacità cognitiva di valutare accuratamente le cause
e le conseguenze del divorzio, per cui sono tipiche le risposte come l’auto-colpevolizzazione e la
paura di abbondono. In età scolare ci si focalizza sul sentimento di competenza e padronanza fisica
e intellettuale in situazioni sociali, per cui le relazioni con i pari fuori di casa assumono una nuova
importanza, le famiglie un ruolo differente, cioè quello di offrire supporto per queste nuove
relazioni. All’età di 10-12 anni sono più in sintonia con il contenuto del conflitto tra i genitori e
mostrano meno emozioni negative rispetto ai bambini più piccoli quando il conflitto è legato a loro.
Altri possono pensare di controllare tale conflitto, a questa età tendono a contare su sé stessi per
risolvere i problemi e sottovalutare il ricorso all’adulto, che invece potrebbe essere d’aiuto
(Johnston, Roseby, 1997). Gli adolescenti cercano di separarsi e individuarsi dai loro genitori,
pesano il rischio diversamente e possono controllare i loro impulsi in maniera inconsistente, in caso
di divorzio ad alto conflitto genitoriale sono in grado di usare e manipolare il conflitto a loro
vantaggio ( Galatzer-Levy et al., 2009 ).
Un altro dei fattori collegati al conflitto e che influenza l’adattamento del bambino è il genere. Le
ricerche sono diverse, Grych ( 1998) ha trovato che le ragazze hanno mostrato maggiore stress e
5 Dott.ssa Tatiana Vona -­‐ IPDM paura rispetto ai ragazzi di fronte ad elevato-intenso conflitto. Lo studio Virginia Longitudinal
Study ( Heterington, 1999 ) ha riscontrato che le ragazze sono più a rischio di incolpare sé stesse
per il conflitto dei genitori, sebbene i ragazzi siano più a rischio di prenderne distanza e di isolarsi.
In adolescenza i ragazzi con più probabilità tentano di intervenire nei conflitti fisici, ma in generale
sembrano avere più problemi a lungo termine con il divorzio, indipendentemente dai livelli di
conflitto tra i genitori ( Heterington, 1999 ).
È possibile considerare il conflitto pre-separazione e il conflitto generato dalla separazione come
predittori di adattamento. In generale i problemi di adattamento in questi casi sono associati con il
conflitto coniugale e il divorzio, inclusi disordini di esternalizzazione, mancanza di autoregolazione, bassa responsabilità sociale, bassi risultati cognitivi e relazioni interpersonali difficili (
Heterington, 1999 ). Il conflitto coniugale è un evento stressante, nella vita dei bambini ed è
associato a problemi di comportamento in adolescenza, difficoltà emotive nei giovani adulti
(Wallerstein, Lewis, Blakeslee, 2000) e matrimoni problematici in età adulta (Amato, Booth, 2001).
I minori esposti più spesso alle discussioni dei genitori sposati sono più preparati al conflitto
genitoriale post-divorzio; sebbene nella misura in cui fanno esperienza di ostilità e litigi a loro
riguardo, possono essere più a rischio di incolpare sé stessi dell’esperienza di diminuita sicurezza
emotiva ( Davies, Cummings, 1998).
Le variabili del processo di famiglia, incluse la qualità della relazione del bambino con ogni
genitore e la competenza genitoriale, in aggiunta al livello di conflitto genitoriale e al
coinvolgimento del figlio in questo conflitto, influenzano significativamente il funzionamento postdivorzio ( Ayoub, Deutsch, Maraganore, 1999; Johonston, 2006). Anni di ricerca hanno associato
la genitorialità autorevole, definita come comunicazione responsiva e accogliente e di monitoring,
allo sviluppo salutare del bambino. Heterington ( 1999) ha mostrato che tra i genitori che non
divorziano e che hanno alti livelli di conflitto, le madri asseriscono minor controllo e maggior
impegno in più attività coercitive e negative rispetto a quelle di famiglie con basso conflitto
coniugale. I padri divorziati mostrano diverse differenze dai padri sposati con basso conflitto, con
l’importante eccezione di minor coinvolgimento nei confronti dei loro figli. L’associazione tra il
conflitto genitoriale e il comportamento genitoriale è più forte nelle famiglie con genitori sposati
che in quelle di separati ( Krishnakumar, Buehler, 2000 ). Riguardo alle strategie di coping alcuni
dei figli esposti al conflitto dei loro genitori sono in grado di mantenere adeguate e buone relazioni
con entrambi, ma ciò richiede lo sviluppo di abilità di negoziazione e di monitoring ( GalatzerLevyet al., 2009 ). Rispetto ai fattori protettivi: i bambini che hanno genitori in grado di procurare
calore, supporto e pratiche disciplinari autorevoli hanno un migliore adattamento rispetto a quelli i
cui genitori sono meno attenti, supportivi e autorevoli ( Galatzer-Levy et al., 2009 ).
6 Dott.ssa Tatiana Vona -­‐ IPDM Le ricerche in generale hanno mostrato che i figli di genitori che divorziano sono più a rischio nelle
esperienze sociali, emotive, comportamentali e scolastiche rispetto a quelli con genitori sposati (
Hetherington, Kelly, 2002 ). A lungo termine gli effetti del conflitto sul bambino sono così potenti
che in uno studio di 297 genitori sposati e i loro figli, è stato trovato che il conflitto durante la
preadolescenza era associato significativamente con il conflitto dei figli nel proprio matrimonio,
con infelicità, minori interazioni e più problemi all’interno del loro matrimonio (Amato, Booth,
2001). Questa trasmissione intergenerazionale di conflitto coniugale era presente anche nei genitori
separati definitivamente. Grych (2005) ha trovato che i testimoni di conflitto genitoriale risultavano
con più alta probabilità essere abusanti nei confronti del proprio partner romantico in adolescenza,
avevano tassi di divorzio più alti, tassi di maladattamento più alti da adulti. Ciò significa che in
questo caso i figli imparano attraverso i genitori a trattare l’altro in maniera irrispettosa e
aggressiva, mentre se osservano adeguate risoluzioni di conflitto, cooperazione e ascolto rispettoso i
livelli di stress nei figli sono più bassi (Galatzer-Levyet al., 2009). Le conseguenze riscontrante a
lungo termine sono diverse, differenti scuole esistono a riguardo: alcune affermano che la
separazione è un fattore di rischio per lo sviluppo di psicopatologie sia in età infantile che adulta, in
forma di disturbi d’ansia e nella sfera depressiva, mentre le famiglie con entrambi i genitori sono
associate ad un rischio minore per la psicopatologia dei figli ( Dirani, 2010). Inoltre chi vive in
famiglia con un solo genitore corre il rischio di problemi comportamentali ed emotivi nel corso di
vita, ma la fase precedente il divorzio rimane quella più stressante e conflittuale per il bambino,
mentre la possibilità di continuare ad avere rapporti significativi con il genitore non residente con
lui è rassicurante per avere modelli adulti positivi con cui confrontarsi e costruire la propria identità
e future relazioni sentimentali (Dirani, 2010). Le ricerche dimostrano che non esiste un rapporto
lineare tra la carenza paterna e il comportamento deviante, occorre porre attenzione all’intero
sistema, la carenza paterna in sé può determinare varie modalità di riaggiustamento del sistema
familiare ( De Leo, Patrizi, 2002). Ciò che sembra rilevante, più della privazione paterna, sono i
rapporti perturbati disturbati o inesistenti in presenza della figura paterna. I Gluek (1968) hanno
trovato che l’affetto del figlio per il padre e la qualità del loro legame, rappresentano il fattore
complessivo che più discrimina i ragazzi che delinquono da quelli non delinquono ( De Leo, Patrizi,
2002 ). Nella loro famosa ricerca in quest’ultimo gruppo per l’80% veniva individuato un legame
affettivamente valido soltanto nel 40% della popolazione delinquenziale veniva trovato un rapporto
valido. Tra i giovani delinquenti è più frequentemente molto intenso il rapporto affettivo con la
madre, o invischiante, e vi è un’assenza, una perifericità della figura paterna, o un sentimento da
parte del ragazzo di essere respinto, di non essere accettato dal padri ( De Leo, Patrizi, 2002 ).
Aspetti particolarmente rilevanti e significativi come il rifiuto affettivo la trascuratezza da parte dei
7 Dott.ssa Tatiana Vona -­‐ IPDM genitori, hanno incidenza ancora più forte della loro assenza o separazione (De Leo, Patrizi, 2002 ).
Gli studi sulla separazione dei genitori hanno sottolineato che non è tanto il divorzio legale in sé ad
essere collegato con disadattamenti, disagi, devianze quanto il divorzio emotivo in cui c’è un
conflitto celato che può essere alla base di atteggiamenti confusivi e disorientanti ( De Leo, Patrizi,
2002). Negli ultimi anni sono avvenute profonde modificazioni nell’ambito, nuove forme familiari
in cui le famiglie sperimentano nuove forme di convivenza che a volte creano un equilibrio migliore
di quello della famiglia precedente, si parla attualmente di famiglia multiproblematica in cui più
membri manifestano sintomi di disagio psicosociale (Malagoli Togliatti, Rocchietta Tofani, 1987),
oppure si fa riferimento a configurazioni particolari di famiglia rigida, disfunzionale, che consente
e sostiene comportamenti sintomatici ( Andolfi et al. 1987). In conclusione non esiste una
configurazione familiare specifica a cui corrisponda necessariamente un comportamento deviante (
De Leo, Patrizi, 2002).
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