La gestione dei sistemi forestali nel Parco Nazionale della Sila

Transcript

La gestione dei sistemi forestali nel Parco Nazionale della Sila
La gestione dei sistemi forestali
nel Parco Nazionale della Sila
GIULIANO MENGUZZATO
1. Premessa: la composizione forestale
Il Parco Nazionale della Sila è stato istituito con D.P.R. del 14.11.2002 (G.U.
n°63, 2003) e per la posizione che occupa al centro del Mediterraneo e la superficie
che interessa, per la grande varietà di specie vegetali e animali che lo caratterizzano,
tipiche di ambienti fra loro molto diversi come quelli dell‟Europa Centrale e
dell‟area caucaso-turanica dell‟Asia Occidentale e la grande importanza che i boschi
hanno sempre avuto dal punto di vista storico-culturale, economico-sociale e
paesaggistico-ambientale, è certamente uno dei più importanti. Si sviluppa
prevalentemente nel settore orientale dell‟altopiano silano oltre i 1000 m di quota e
interessa una superficie di poco superiore a 77000 ettari. È un parco quasi
esclusivamente montano, dominato da boschi e da pascoli che interessano l‟81 e il
4% della superficie totale (Barreca et al., 2007).
È caratterizzato dalla presenza massiccia del faggio (35% della superficie a
bosco) che interessa prevalentemente le aree più in quota e dalle pinete di laricio
(43% dei boschi) nelle vaste aree pianeggianti o in leggero pendio che
contraddistinguono l‟altipiano. In Sila Piccola particolarmente importanti dal punto
di vista storico-culturale e vegetazionale sono i boschi misti faggio-abete di Monte
Gariglione e Monte Femminamorta, resti di quello che nella descrizione di Norman
Douglas (1915) all‟inizio del secolo, appariva come “un autentico Urwald, […] una
foresta vergine mai sfiorata da mano umana: una macchia scura ed ondulata,
visibile da lontano, un impenetrabile groviglio di alberi costituito dai garigli
(Quercus cerris) da cui deriva il suo nome, da migliaia di pini e abeti barbuti e da
quell’antica vegetazione indigena che spunta faticosamente dal terreno umido in cui
i suoi progenitori marciscono da secoli. […] Ricordava le giungle russe che però
[…] inducono alla malinconia, mentre quelle meridionali […] sono piene di
luminosa bellezza, i loro punti più oscuri essendo rallegrati da un senso di benigno
mistero”.
Inoltre, in Sila Greca assumono rilevanza i popolamenti di querce (soprattutto,
cerro e farnetto), localmente misti con aceri e frassini e altre latifoglie. Nella Presila
di Catanzaro, dove il territorio del Parco scende a quote modeste, si hanno cedui e

Ordinario di Assestamento forestale e Selvicoltura - Università Mediterranea di Reggio
Calabria
e-mail: [email protected]
sinergie, rapporti di ricerca
n. 37, Maggio 2013, pp. 111-119
ISSN 0393-5108
112
LA GESTIONE DEI SISTEMI FORESTALI NEL PARCO NAZIONALE DELLA SILA
castagneti da frutto, soprassuoli di leccio, localmente misto a sughera e
rimboschimenti di pini mediterranei. Tipici di tutta l‟area del Parco sono anche i
pioppeti di tremolo, soprattutto nelle zone percorse da incendi, e le formazioni di
ontano nero lungo i corsi d‟acqua (Ciancio, 1971).
2. Gestione sostenibile e programmazione: le strategie
Quindi il Parco Nazionale della Sila racchiude una molteplicità di specie e di
boschi, frutto delle differenti condizioni climatiche e pedologiche, della morfologia
dei luoghi e dell‟azione diretta e indiretta dell‟uomo che nel corso dei secoli ha
condizionato la presenza di molte specie (ARSSA, 2003). Si tratta di un patrimonio
che, nonostante le forti utilizzazioni effettuate fino a pochi decenni fa, è stato in
grado, grazie alle favorevoli condizioni ecologiche e alla sapiente azione dell‟uomo,
di rigenerarsi in tempi molto più brevi rispetto alle aspettative (Iovino e
Menguzzato, 1996a). Oggi è una splendida realtà che richiede grande attenzione per
la sua gestione in modo da assecondare ed esaltare le dinamiche evolutive in atto. È
un patrimonio di tutta la collettività, la cui valenza va al di là del valore mercantile
del legno e interessa molteplici aspetti, con ricadute importanti sulla qualità della
vita dell‟uomo, sul paesaggio e sull‟ambiente nel suo complesso, sulla qualità
dell‟aria e dell‟acqua, sulla difesa e conservazione della biodiversità, sulla difesa del
suolo e la lotta alla desertificazione, per il contrasto dei cambiamenti climatici, ecc.
(Iovino e Menguzzato, 1996; 1999).
La gestione di questo patrimonio deve fare riferimento alle “Linee guida di
programmazione forestale” (D.M. 255/05), alla Legge quadro sulle aree Protette
(Legge 394/91), alle Prescrizioni di Massima e di Polizia Forestale (PMPF)
attualmente in vigore nella Regione Calabria (Regione Calabria, 2007; 2010). In
particolare le “Linee guida di programmazione forestale” evidenziano come sia
necessario inserire la conservazione e la valorizzazione delle foreste e dei prodotti
forestali nell‟ambito di un contesto di gestione sostenibile delle risorse naturali
rinnovabili e più genericamente del territorio, tenendo conto di tutte le componenti
ecologiche, socio-culturali ed economiche nel rispetto degli impegni internazionali e
comunitari. La gestione sostenibile delle risorse forestali nell‟ambito dei Parchi
nazionali deve fare riferimento agli obiettivi generali definiti dalla Legge quadro
sulle aree protette e agli strumenti di pianificazione previsti da questa normativa
(Ciancio e Nocentini, 1996a; Ciancio, 2002; Corona, 2009). In tutti i casi le attività
che si possono svolgere all‟interno di un Parco nazionale devono rispettare le
caratteristiche naturali, paesistiche, antropologiche, storiche e culturali locali proprie
di ogni parco. Gli obiettivi possono essere sintetizzati nella:
a) conservazione di entità naturali nel loro valore naturalistico, ecologico, scenico e
panoramico;
b) applicazione di metodi di gestione o di restauro ambientale e nella salvaguardia
di valori antropologici, archeologici, storici e architettonici e delle attività agrosilvo-pastorali tradizionali;
GIULIANO MENGUZZATO
113
c) promozione di attività di educazione, formazione, ricerca scientifica e ricreative
compatibili;
d) difesa e ricostituzione degli equilibri idraulici e idrogeologici (Barbati et al.,
2002).
La gestione sostenibile delle risorse forestali all‟interno del Parco è conseguente
agli obiettivi di tutela previsti dalla legge e fa riferimento a valori diversi, da quelli
di uso diretto delle risorse (legno, prodotti diversi dal legno, ricreazione), a quelli di
uso indiretto (funzioni ecologiche indispensabili per il sostegno alle attività
economiche delle popolazioni locali e per il benessere sociale, ecc.), al valore
d’opzione (possibilità di effettuare scelte d‟uso in grado di garantire per il futuro la
disponibilità dei servizi prima indicati), al valore d’esistenza, che non ha alcuna
connessione con i valori d‟uso, ma fa riferimento al “valore intrinseco” del bosco,
cioè alla volontà da parte della società che il bosco esista. Rientrano in questa
categoria la diversità biologica, gli aspetti storico-culturali connessi alle tradizioni
locali, ecc. (Nocentini, 2000; 2002; 2006).
2.1 Preservazione e conservazione
Le strategie di gestione variano dalla preservazione alla conservazione e all’uso
delle risorse (Ciancio, 2002; Corona e Scotti, 2011; Iovino, 2011; Nocentini, 2011,
Portoghesi, 2011). La preservazione rappresenta una scelta di gestione che tende a
non interferire con i processi in atto. È una forma di conservazione passiva. In senso
stretto la preservazione riconosce il valore intrinseco del bene da tutelare in una
visione rigorosamente biocentrica. Esclude l‟intervento diretto dell‟uomo che
rimane osservatore dei processi naturali.
Nelle zone dove è prescritta la preservazione, la gestione si concreta
nell‟intangibilità del bosco. Lo scopo è quello di non modificare, danneggiare o
bloccare i processi in atto. Si lascia il sistema alla libera e indisturbata evoluzione.
Per tale motivo è necessario verificare e, se possibile, quantificare i contenuti e i
ritmi della dinamica evolutiva. In questo caso il monitoraggio e l‟analisi
appartengono alla gestione e servono ad acquisire nuove conoscenze.
La pianificazione serve a definire e applicare tali norme; a monitorare, verificare
e qualificare l‟andamento delle reazioni e retroazioni del sistema; ad analizzare e
quantificare l‟ontogenesi del bosco. Tutto il resto non è permesso, e quindi è
rigorosamente vietato: come ad esempio, l‟apertura e la manutenzione di piste, tagli
di qualsiasi tipo, operazioni colturali e di ricostituzione boschiva, ecc. (Corona e
Scotti, 2011).
Invece, la conservazione dei valori ambientali, naturalistici, paesaggistici,
antropologici, storici e culturali è una forma di gestione attiva in quanto prevede
interventi diretti dell‟uomo nell‟ecosistema per conservare i valori oggetto di tutela.
Essa fa riferimento al valore strumentale della natura, nelle sue categorie di servizi,
informazione e risorsa psico-spirituale. La visione ecocentrica consente di ampliare
lo spettro dei valori in gioco e di fondare l‟azione di conservazione sul valore
intrinseco della natura e degli ecosistemi forestali in particolare. In questa
114
LA GESTIONE DEI SISTEMI FORESTALI NEL PARCO NAZIONALE DELLA SILA
interpretazione, l‟uomo, in quanto componente essenziale del sistema, ha il diritto di
intervenire entro i limiti di funzionalità del sistema stesso, cioè senza alterarne
l‟organizzazione e senza pregiudicarne la resilienza e la capacità di auto perpetuarsi
(Ciancio, 2009; 2011).
Nelle zone dove l‟obiettivo è la conservazione dei sistemi forestali si prescrivono
interventi che non indeboliscano le retroazioni tra i componenti del sistema e tra
questi e l‟ambiente. In pratica, si opera entro e non oltre i limiti di flessibilità del
sistema. E ciò perché, ogniqualvolta si interviene a fini non conservativi, si
provocano turbative irreversibili.
Poiché anche nelle aree protette i boschi primigeni sono rari, la conservazione
consiste nella gestione consapevole e mirata del bosco antropizzato. Essa consente
di conoscere e mantenere i dinamismi interni e di innescarli qualora la
semplificazione strutturale abbia raggiunto livelli intollerabili. In questi casi la
rinaturalizzazione del bosco attuale diviene una forma di conservazione attiva.
Qualora vi siano particolari interessi sociali (lavoro, usi civici e quant‟altro) la
rinaturalizzazione consente un prelievo mirato e consapevole di legno, come
prodotto dell‟azione svolta dall‟uomo in favore del bosco.
La conservazione di particolari valori paesaggistici, storici e culturali può
dipendere anche dal mantenimento di particolari forme tradizionali di uso delle
risorse forestali. In questi casi occorre individuare quali siano le caratteristiche
specifiche di tali forme di gestione (tecniche colturali, periodicità degli interventi,
coerenza con altre attività sul territorio, impatto ecologico globale ecc.) ed,
eventualmente, prevedere correttivi per mantenere coerenti gli obiettivi generali del
Parco con l‟effetto di queste specifiche forme di uso delle risorse.
Quindi l‟uso delle risorse forestali può fare riferimento anche al valore
strumentale del bosco. La legge quadro sulle aree protette richiama le attività agrosilvo-pastorali tradizionali come forme di uso del territorio compatibili con gli
obiettivi della zona B e della zona C (Barbati et al., 2002). Essa riconosce anche il
valore antropologico, storico e paesaggistico, oltre a quello economico, delle forme
di uso tradizionale. Attualmente vi è una riscoperta in campo scientifico e anche
pratico del «sapere ecologico tradizionale» - il cosiddetto TEK, Traditional
Ecological Knowledge (Berkes et al., 2000).
La conservazione dei sistemi forestali, in presenza di sistemi poco alterati nella
loro funzionalità dall‟azione antropica, si concretizza nella selvicoltura sistemica,
mentre nel caso di sistemi forestali fortemente semplificati nella composizione e
nella struttura, tende alla rinaturalizzazione. La selvicoltura sistemica parte dalla
concezione del bosco come sistema biologico complesso, e ha come obiettivo la
costituzione di silvosistemi autopoietici in equilibrio dinamico con l‟ambiente. Si
basa sul principio dell‟autopoiesi. Si opera in favore del bosco con l‟intento di
favorire la complessità biologica del sistema assecondando la disomogeneità, la
diversificazione strutturale e compositiva in modo da accrescere la capacità di
autorganizzazione e di integrazione di tutti i suoi componenti, biotici e abiotici.
Quindi, non fa riferimento a un trattamento predefinito, ma opera con l‟obiettivo di
accrescere l’efficienza funzionale dell’ecosistema. Tende alla coltivazione di boschi
GIULIANO MENGUZZATO
115
misti che non presentano strutture definite nello spazio e nel tempo, coetanee o
disetanee. La struttura e la composizione derivano dall‟interazione fra interventi
colturali e retroazioni del sistema. Gli interventi sono a basso impatto ambientale e
mirano a conservare e ad aumentare la diversità biologica del sistema, assecondando
la disomogeneità, la diversificazione strutturale e compositiva. Gli interventi
debbono essere cauti, continui e capillari e si effettuano in relazione alle necessità
del popolamento in modo da facilitare la rinnovazione naturale continua e diffusa. Il
monitoraggio bioecologico della reazione dei popolamenti agli interventi effettuati è
la guida per apportare eventuali correttivi (Ciancio, 1999; 2011; Ciancio e
Nocentini, 1996b).
2.2 Pianificazione e rinaturalizzazione
La pianificazione serve a organizzare nel tempo e nello spazio gli interventi in
relazioni alle necessità di ogni popolamento e a monitorare le retroazioni del sistema
agli interventi. La rinaturalizzazione, invece, si applica quando il bosco presenta
forti semplificazioni nella composizione e nella struttura, con l‟obiettivo di
aumentare gradualmente la complessità del sistema, in particolare la diversità
specifica e la funzionalità dei meccanismi di rinnovazione in modo da costituire un
sistema che sia in grado di organizzarsi e di perpetuarsi in modo autonomo
(Nocentini, 2000; 2002; 2006).
L‟uomo si pone al servizio del sistema e interviene per favorire i meccanismi
naturali, senza la pretesa di dirigerli o di condizionarli oltre misura. L‟opera del
selvicoltore dovrà mirare ad assecondare l‟evoluzione naturale del soprassuolo
attraverso un‟azione a sostegno dei processi di autorganizzazione del sistema stesso.
Anche in questo caso gli interventi dovranno essere cauti, continui e capillari. La
necessità di procedere con cautela deriva dal fatto che si opera in un sistema che, per
quanto semplificato, reagirà agli interventi adattandosi alle nuove condizioni e
modificando a sua volta le proprie relazioni interne ed esterne. La continuità
consente di verificare le reazioni del sistema e di calibrare costantemente gli
interventi. Quest‟ultimi dovranno essere modulati caso per caso, sulla base delle
diverse situazioni strutturali presenti, individuate e localizzate attraverso la “lettura”
del bosco, evitando di operare in modo uniforme su vaste superfici. Il sistema e le
tecniche colturali coevolvono. La gestione dovrà verificare continuamente la
risposta del sistema per valutare l‟efficacia dell‟azione colturale in termini di
aumento della complessità e dell‟efficienza generale. L‟attenzione è rivolta più ai
processi che agli stati (Ciancio, 2011).
La pianificazione si deve basare su strumenti flessibili, aperti e, pertanto,
modificabili in seguito alle verifiche effettuate. Il monitoraggio costituisce la base
per la verifica. In alcuni casi è possibile anche adottare forme di gestione tipiche
della selvicoltura tradizionale (o classica) qualora sia opportuno il mantenimento di
attività tradizionali legate ad alcuni aspetti particolari come quelli: a) faunistici
(conservazione di habitat, possibilità di fornire cibo ai selvatici ecc.); b) agronomici
(produzione di particolari assortimenti o prodotti collegati all‟azienda agraria ecc.);
116
LA GESTIONE DEI SISTEMI FORESTALI NEL PARCO NAZIONALE DELLA SILA
c) paesaggistici (mantenimento di particolari caratteri di diversità nel paesaggio
ecc.); d) storico-culturali (collegamento a particolari forme di proprietà ecc.); e)
didattici. In questo caso si tratta di rivedere alcune esasperazioni legate più
strettamente agli aspetti produttivi e adottare tutte le fasi colturali previste dal
modello di riferimento (Barbati et al., 2002; Ciancio, 2002).
Da sempre la Calabria è stata famosa per la vastità e la ricchezza dei suoi boschi.
La Silva brutia che, fin dai tempi dei Greci e dei romani costituiva uno dei boschi
più vasti e più ricchi dell‟Italia, forniva legname in abbondanza per costruzioni di
ogni tipo (navi, palazzi, chiese, ecc.), ha sempre suscitato nei visitatori grande
ammirazione, nonostante le intense utilizzazioni effettuate nei secoli che, a partire
dall‟inizio del XIX secolo, hanno portato a una significativa riduzione della
superficie e, soprattutto, a una perdita di biodiversità. Una biodiversità che
nonostante la forte riduzione è ancora una delle più significative a livello italiano ed
europeo (Gambi, 1978).
Per la sua conservazione e valorizzazione è necessaria una adeguata e puntuale
azione di protezione e di gestione delle aree dove si è meglio conservata. In questo
senso il Parco Nazionale della Sila, che racchiude alcuni esempi fra i ricchi di
biodiversità della foresta calabrese, può svolgere un ruolo fondamentale per la
conservazione di questo grande patrimonio biologico e per la salvaguardia dei valori
culturali a essa associati, frutto dell‟interazione tra l‟uomo e il territorio in cui vive.
In questo contesto assumono grande rilevanza dal punto di vista scientifico,
storico-culturale, biologico, alcuni tratti di bosco che hanno conservato alcuni aspetti
tipici delle foreste vetuste. Sono localizzati prevalentemente in zone difficilmente
accessibili e interessano superfici piuttosto limitate. In essi gli interventi colturali,
sono stati molto limitati o nulli negli ultimi 60/70 anni e il soprassuolo è
caratterizzato da piante con caratteristiche di vetustà, da esemplari secchi in piedi e
da abbondante necromassa a terra, elementi molto favorevoli per la presenza di una
grande biodiversità (Ciancio e Nocentini, 2004; Lombardi et al., 2010), come
appunto è stato evidenziato in occasione della redazione del piano di gestione del
Parco.
Particolarmente importanti sono i popolamenti di pino laricio, alcuni dei quali
recentemente descritti da Ciancio et al. (2010) in Sila Grande nella zona del Cupone
e della Fossiata, mentre nei boschi misti abete-faggio del Gariglione e di Monte
Femminamorta sono in atto rilievi di dettaglio. In entrambi i casi si tratta di
soprassuoli caratterizzati da un grado di complessità strutturale superiore a quello
riscontrabile nei boschi coltivati dove sono state applicate le tradizionali forme di
trattamento che hanno portato a una eccessiva semplificazione strutturale con
conseguente perdita di biodiversità. Inoltre, per le pinete di laricio, confrontando
strutture disetanee, frutto dell‟applicazione di una forma di trattamento tradizionale
sviluppata localmente - il taglio a scelta a piccoli gruppi (Ciancio et al., 2004) - con
boschi con caratteristiche di vetustà è stata provata la possibilità di mantenere nel
tempo la pineta pura con caratteristiche strutturali simili a quelle che si riscontrano
in popolamenti in abbandono colturale da parecchi decenni e con caratteristiche di
vetustà. Con tale modalità di intervento è possibile adattare il trattamento a quelle
GIULIANO MENGUZZATO
117
che sono le risposte del soprassuolo e alle richieste del mercato, e garantire un
sostanziale equilibrio fra le esigenze economico finanziarie del proprietario e gli
aspetti bioecologici della coltura forestale. Al tempo stesso si salvaguarda
l‟efficienza del bosco attraverso la rinnovazione naturale e si mantiene sull‟unità di
superficie una provvigione minima, garanzia contro i rischi di degrado del suolo e di
depauperamento dell‟ecosistema.
La gestione sostenibile del territorio così come è proposta nel piano del parco
della Sila, vede coinvolte direttamente le popolazioni locali e può dare un contributo
importante per la conservazione e l‟uso sostenibile delle risorse naturali,
contribuendo ad accrescere la sensibilità ambientale nei confronti di un bene
comune, qual è il bosco. Inoltre, può costituire un sito privilegiato per la ricerca in
un ambiente difficile qual è appunto quello mediterraneo, gravemente minacciato
dai cambiamenti ambientali che stanno interessando il pianeta e rappresentare un
polo di azione nel quadro delle politiche di sviluppo regionale e di pianificazione del
territorio per tutta la regione.
Bibliografia citata
ARSSA - Agenzia Regionale per lo Sviluppo e per i Servizi in Agricoltura (2003), “I suoli
della Calabria”, Carta dei suoli in Scala 1:250.000 della Regione Calabria.
BARBATI A., CORONA P., FERRARI B., MARCHETTI M., NOCENTINI S. (2002),
“Indicazioni operative per la gestione delle risorse forestali nei Parchi Nazionali”, in
Ciancio O., Corona P., Marchetti M., Nocentini S. (a cura di ) “Linee guida per la
gestione sostenibile delle risorse forestali e pastorali nei Parchi Nazionali”, Ministero
dell‟Ambiente e della Tutela del Territorio, Direzione Conservazione della Natura Accademia Italiana di Scienze Forestali.
BARRECA L., BOTTALICO F., BRUNDU P., CIANCIO O., MENGUZZATO G.,
MARZILIANO P.A., MOROSI C., PELLE L., RUELLO G., SCUDERI A.,
TRAVAGLINI D. (2007), “Le risorse forestali nel Parco Nazionale della Sila, I
vincoli ambientali, La gestione sostenibile delle risorse forestali nel Parco Nazionale
della Sila”, Parco Nazionale della Sila.
BERKES F., COLDING J., FOLKE C. (2000), “Rediscovery of traditional ecological
knowledge as adaptive management”, Ecological Applications, vol. 10, n. 5.
CIANCIO O. (1971), “Sul clima e sulla distribuzione altimetrica della vegetazione forestale
in Calabria”, Annali dell‟Istituto Sperimentale per la Selvicoltura, vol. 2, Arezzo.
CIANCIO O. (1999), “Gestione forestale e sviluppo sostenibile”, Secondo Congresso
Nazionale di Selvicoltura. Per il miglioramento e la conservazione dei boschi italiani.
Venezia, 24-27 giugno, vol. 3, Consulta Nazionale per le Foreste ed il Legno;
Direzione Generale per le Risorse Forestali, Montane ed Idriche; Accademia Italiana
di scienze Forestali.
CIANCIO O. (2002), “Teoria della gestione sostenibile delle risorse ambientali forestali”, in
Ciancio O., Corona P., Marchetti M., Nocentini S., (a cura di) “Linee guida per la
gestione sostenibile delle risorse forestali e pastorali nei Parchi Nazionali”, Ministero
dell‟Ambiente e della Tutela del Territorio, Direzione Conservazione della Natura Accademia Italiana di Scienze Forestali.
118
LA GESTIONE DEI SISTEMI FORESTALI NEL PARCO NAZIONALE DELLA SILA
CIANCIO O. (2009), “Selvicoltura naturalistica e selvicoltura sistemica. Teorie, Assiomi,
Stati e Processi”, l’Italia Forestale e Montana, vol. LXIV, n. 6.
CIANCIO O. (2011), “Systemic silviculture: philosopical, epistemological and
methodological aspects - La selvicoltura sistemica: aspetti filosofici, epistemologici,
metodologici”, l’Italia Forestale e Montana, Anno LXVI, n. 3.
CIANCIO O., IOVINO F., MENGUZZATO G., NICOLACI A., NOCENTINI S. (2004), “Il
taglio a scelta a piccoli gruppi nelle pinete di laricio in Sila”, l’Italia Forestale e
Montana, vol. LIX, n. 2.
CIANCIO O., IOVINO F., MENGUZZATO G., NICOLACI A., VELTRI A. (2010), “Stand
structure of a Calabrian pine old-growth forest: indications for forest management and
landscape conservation - Struttura di un bosco vetusto di pino laricio: indicazioni per
la gestione delle pinete e la salvaguardia del paesaggio forestale”, l’Italia Forestale e
Montana, vol. LXV, n. 5.
CIANCIO O., NOCENTINI S. (1996a), “La selvicoltura sistemica: conseguenze scientifiche
e tecniche”, l’Italia Forestale e Montana, vol. LI, n. 2.
CIANCIO O., NOCENTINI S. (1996b), “La gestione forestale tra ecologia, economia ed
etica”, in Ciancio O. (a cura di) Il bosco e l’uomo, Accademia Italiana di Scienze
Forestali, Firenze.
CIANCIO O., NOCENTINI S. (2004), “La gestione forestale sistemica: una ipotesi per la
conservazione della biodiversità”, XIV Congresso della Società Italiana di Ecologia,
4-6 ottobre, Siena.
COMMISSIONE EUROPEA (2000), “La gestione dei siti della Rete Natura 2000. Guida
all‟interpretazione dell‟articolo 6 della direttiva “Habitat” 93/43/CEE”.
CORONA P. (2009), “Gestione sostenibile delle risorse forestali nelle aree protette”, SILVÆ,
Anno V, n. 12.
CORONA P., SCOTTI R. (2011), “Systemic silvicolture, adaptive management and forest
monitoring perspectives - Selvicoltura sistemica, gestione adattativa e prospettive di
monitoraggio forestale”, l’Italia Forestale e Montana, vol. LXVI.
DOUGLAS N. (1915), Old Calabria, Secker, Londra.
GAMBI L. (1978), Le regioni d’Italia. Calabria, UTET, Torino.
IOVINO F. (2011), “Classic silviculture, local knowledge and sistemi silvicolture Selvicoltura classica, saperi locali e selvicoltura sistemica”, l’Italia Forestale e
Montana, vol. LXVI.
IOVINO F., MENGUZZATO G. (1996), “La gestione forestale per il ritorno alle formazioni
complesse”, in Ciancio O. (a cura di) Il bosco e l’uomo, Accademia Italiana di
Scienze Forestali, Firenze.
IOVINO F., MENGUZZATO G. (1999), “La gestione delle pinete di laricio nelle aree
protette”, in “Selvicoltura e arboricoltura da legno: quale gestione?”, Azienda Foreste
Demaniali - Università degli Studi di Palermo, pp. 25-34.
LOMBARDI F., CHIRICI G., MARCHETTI M., TOGNETTI R., LASSERRE B., CORONA
P., BARBATI A., FERRARI B., DI PAOLO S., GIULIARELLI D., MASON F.,
IOVINO F., NICOLACI A., BIANCHI L., MALTONI A., TRAVAGLINI D. (2010),
“Deadwood in forest stands close to old-growthness under Mediterranean conditions
in the Italian Peninsula - Caratterizzazione del legno morto in popolamenti forestali
prossimi alla vetustà in ambiente mediterraneo nella penisola italiana”, l’Italia
Forestale e Montana, vol. LXV, n. 5.
NOCENTINI S. (2000), “La rinaturalizzazione dei sistemi forestali: aspetti concettuali”,
l’Italia Forestale e Montana, Firenze.
GIULIANO MENGUZZATO
119
NOCENTINI S. (2002), “Inquadramento etico”, in Ciancio O., Corona P., Marchetti M.,
Nocentini S. (a cura di ) “Linee guida per la gestione sostenibile delle risorse forestali
e pastorali nei Parchi Nazionali”, Ministero dell‟Ambiente e della Tutela del
Territorio, Direzione Conservazione della Natura - Accademia Italiana di Scienze
Forestali.
NOCENTINI S. (2006), “La rinaturalizzazione dei sistemi forestali: è necessario un modello
di riferimento?”, in Lingua E., Marzano R.,. Minotta G., Motta R., Nosenzo A., Bovio
G.
(a cura di) “Atti V Congresso SISEF: “Foreste e Società - Cambiamenti, Conflitti,
Sinergie”, SISEF - Italian Society of Silviculture and Forest Ecology.
NOCENTINI S. (2011), “The forest as a complex biological system: theoretical and practical
consequences - Il bosco sistema biologico complesso: ricadute teoriche e applicative”,
l’Italia Forestale e Montana, vol. LXVI.
PORTOGHESI L. (2011), “Managing complexity: a new challenge for forest planning Pianificare la la complessità: una nuova sfida per l‟assestamento forestale”, l’Italia
Forestale e Montana, vol. LXVI.
REGIONE CALABRIA - Assessorato Agricoltura foreste e forestazione - Dipartimento 6
(2007), “Piano forestale regionale 2007-2013”.
REGIONE CALABRIA - Assessorato Agricoltura foreste e forestazione (2010),
“Prescrizioni di Massima e di Polizia Forestale”.
Bibliografia consultata
CIANCIO O. (2006), “La gestione forestale nelle regione mediterranea”, Linea ecologica,
vol. 38, n. 6.
IOVINO F., MENGUZZATO G. (1999c), “Problematiche e prospettive della gestione
forestale in Calabria”, in Ciancio O. (a cura di), “Nuove frontiere nella gestione
forestale”, Accademia Italiana di Scienze Forestali, Firenze.
IOVINO F., MARZILIANO P.A., MENGUZZATO G., NICOLACI A., VELTRI A. (2010a),
“Stand structure of a Calabrian pine old-growth forest: indications for forest
management and landscape conservation - Struttura di un bosco vetusto di pino
laricio: indicazioni per la gestione delle pinete e la salvaguardia del paesaggio
forestale”, l’Italia Forestale e Montana, vol. LXV, n. 5.
IOVINO F., MARZILIANO P.A., MENGUZZATO G., NICOLACI A. (2010b), “Strutture
delle faggete vetuste del Cilento e del Pollino”, l’Italia Forestale e Montana, vol.
LXV, n. 6.
MIPAAF - CORPO FORESTALE DELLO STATO; Consiglio per la Ricerca e la
sperimentazione in Agricoltura, Unità di ricerca per il Monitoraggio e la
Pianificazione Forestale (CRA-MPF) (2005), “Inventario Nazionale delle Foreste e
dei Serbatoi di Carbonio (INFC)”.