Storia del cinema... Storia del cinema

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Storia del cinema... Storia del cinema
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Rosa Viscardi
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Glossario tecnic
enziale
Bibliografia ess
a colori
Tavole illustrate
SIMONE
EDIZIONI
Estratto della pubblicazione
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Estratto della pubblicazione
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l’editore è a disposizione degli aventi diritto. L’editore provvederà, altresì, alle
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Prima edizione: ottobre 2007
PK9/1
ISBN 88-244-7132-9
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2007
2008
2009
2010
Questo volume è stato stampato presso
Legoprint Campania s.r.l.
Via Vicinale Murate, 1/B - Napoli
Per informazioni, suggerimenti, proposte: [email protected]
Grafica e copertina:
Gianfranco De Angelis
Impaginazione:
Salvatore Pagano
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Gli antenati del cinema sono la camera oscura, della quale anche Leonardo descrive precisamente le caratteristiche, e le lanterne magiche.
Partono da queste antichissime “scatole ottiche” la storia del cinematografo — che, intrecciandosi con quella della fisica, della chimica,
della meccanica e con i progressi della fotografia, arriva fino ai Lumière e a Méliès — e la storia dell’industria cinematografica, dagli
albori a Hollywood.
Supporto indispensabile per chi debba preparare esami e concorsi,
questo testo agilissimo e di facile lettura si propone come un efficace
strumento per un rapido ripasso o per l’acquisizione di nozioni fondamentali. Di grande originalità, in particolare, la trattazione delle nuove
realtà produttive e delle recenti tendenze della cinematografia internazionale, con un’interessante e aggiornata rassegna sulle innovazioni
tecnologiche (l’alta definizione; la ripresa, il montaggio e il doppiaggio elettronici; gli effetti speciali digitali) e sulle nuove modalità di
fruizione del film: dalla programmazione televisiva all’Home-Video,
dalle multisala al D-Cinema.
L’uso del neretto, le tavole cronologiche e il ricchissimo glossario
permettono al lettore di focalizzare facilmente i concetti fondamentali,
le date più importanti e la terminologia specialistica. La bibliografia
essenziale offre, infine, interessanti spunti di approfondimento alla
materia. A corredo del volume, una selezione di immagini in bianco
e nero e a colori evoca, attraverso foto di scena, locandine e ritratti,
le tappe fondamentali della storia del cinema.
Estratto della pubblicazione
Estratto della pubblicazione
1. Le origini
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La nascita del cinema è fissata per convenzione al 28 dicembre
1895, data della prima proiezione pubblica dell’apparecchio inventato
dai fratelli Lumière. Il periodo precedente, che abbraccia molteplici
tentativi di proiettare immagini in movimento, è comunemente definito pre-cinema. L’umanità ha sempre sentito l’esigenza di raffigurare
su una superficie immagini in movimento, per riprodurre la realtà o
inventarla a proprio piacimento. Già l’uomo primitivo dipinge animali
in corsa sulle pareti delle caverne. Fin dall’antichità vengono utilizzati
specchi parabolici per proiettare vedute, figure, messaggi cifrati.
I pittori del Rinascimento, paesaggisti e vedutisti in particolare,
adoperano la camera oscura per risolvere sul piano figurativo alcuni
problemi prospettici. Leonardo da Vinci ne descrive le caratteristiche
spiegando come, attraverso un piccolo foro rotondo, la camera oscura
possa proiettare un’immagine su una parete o una superficie bianca in
una stanza buia. Dagli inizi del Cinquecento le immagini vengono
proiettate attraverso congegni ottici di vario tipo, ispirati al principio
degli specchi parabolici e della camera oscura. Questo è anche il secolo d’oro per le ricerche e le applicazioni della lanterna magica, diretta
discendente della camera oscura, descritta per la prima volta nel 1646
dal gesuita e matematico tedesco Athanasius Kircher (1601-1680).
La lanterna magica è una piccola scatola, fornita di un obiettivo.
All’interno vi sono sistemati uno specchio concavo, una serie di lenti,
una lastra di vetro dipinta con immagini dai colori trasparenti ed una
fonte di luce costituita da una candela o da una lampada ad olio. I
raggi luminosi, raccolti dallo specchio, vengono riflessi sulle lenti e
concentrati sulla lastra di vetro. Le immagini dipinte sono catturate
dall’obiettivo, che le ingrandisce e le proietta sulla parete bianca di
una stanza buia.
A partire dalla seconda metà del Seicento migliaia di lanternisti
ambulanti con una lanterna magica a tracolla, un organetto o un
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Estratto della pubblicazione
1. Le origini
1) Il pre-cinema
1. Le origini
tamburo, girano per le più remote località europee. Il loro luogo per
eccellenza è la piazza, specialmente in occasione di festività religiose,
sagre, mercati, fiere. I loro repertori mescolano pratiche religiose e
spiritiche, elementi magici e fantastici, rievocazioni di figure e di fatti
del passato, viaggi immaginari in città mai viste e in terre avvolte nel
mito. I gesuiti si servono delle lanterne magiche per mostrare nelle
chiese immagini dell’oltretomba, diavoli e spettri, apparizioni della morte
e visioni di anime all’inferno. Detta “magica” per l’immaterialità delle
immagini generate, in questo periodo viene chiamata anche lanterna
di paura. Nei secoli successivi la lanterna magica e i suoi derivati
diventano apparecchi maneggevoli e tuttofare, tecnicamente sempre
più sofisticati, dotati di obiettivi multipli che consentono di creare
movimenti, metamorfosi e dissolvenze attraverso lastre di vetro dipinte a mano (e, più tardi, trattate fotograficamente), in grado di riprodurre ogni tematica: animali, piante, insetti, giochi per bambini, raffigurazioni teatrali.
Verso la metà del Settecento gli ambulanti cominciano a portare in
giro anche la scatola ottica, detta in Italia mondo nuovo o niovo e,
in Inghilterra, peep-show: una scatola buia che, opportunamente illuminata sul retro da una candela o da una lucerna a olio, mostra immagini di città, monumenti, figure umane. Lo spettatore, accostando l’occhio ad un foro dotato di una lente d’ingrandimento, percepisce l’immagine dipinta su un vetro. Lentamente, alle luci si aggiunge la dinamica: vetri rotanti e specchi inclinati permettono di muovere le immagini, accrescendo lo stupore del pubblico a mano a mano che la macchina si perfeziona.
In piena Rivoluzione francese, il fisico belga Étienne-Gaspard
Robertson (1763-1837) mette a punto una lanterna magica perfezionata: il fantascopio. Apparecchio che combina le più recenti acquisizioni tecniche alle più antiche pratiche magiche, come una reazione
alchemica ottenuta mescolando sangue, vetriolo e alcune gocce di
“acqua forte” per rievocare l’anima dei trapassati. Dal 1798, facendo
volare nello spazio diavoli e scheletri, Robertson atterrisce i parigini
che assistono ai suoi spettacoli di Fantasmagorie. Le ombre si animano su uno schermo, sistemato di fronte agli spettatori. Nell’ambien6
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Estratto della pubblicazione
1. Le origini
te, buio e silenzioso, si diffondono suoni e rumori inquietanti che
accompagnano la proiezione. La lanterna, dietro lo schermo, è montata su binari che le permettono di avanzare e di retrocedere. Gli spettatori, per la prima volta, non vedono l’apparecchio da proiezione e ne
ricevono l’impressione che le figure si muovano.
Nella prima metà dell’Ottocento Joseph-Nicéphore Niépce (17651833) e Louis-Jacques Mandé Daguerre (1787-1851), associando la
tecnica tradizionale della camera oscura ai nuovi procedimenti chimici
che consentono il fissaggio di tracce luminose su un supporto opportunamente trattato, fanno progredire le sperimentazioni sulla fotografia. Cresce in questi anni l’interesse scientifico per l’animazione delle
immagini fisse e, talvolta, diversi ricercatori pervengono nello stesso
periodo a risultati analoghi. Sulla strada che conduce all’invenzione
del cinema, s’incrociano esperimenti scientifici e miglioramenti fotografici: lo studio della persistenza dell’immagine sulla retina, i fenomeni astronomici, l’articolazione del linguaggio, la locomozione umana e
animale.
I tanti apparecchi messi a punto per studiare la sintesi dei movimenti, riscuotono grande successo nei salotti ottocenteschi come giocattoli ottici. Si basano tutti sullo stesso principio di un gioco per
bambini, ancora diffuso, che consiste in un blocchetto di fogli di carta:
ogni pagina ha un disegno e ogni disegno uno scarto minimo dall’altro; sfogliando rapidissimamente le pagine nella sequenza predisposta, i disegni si animano in un’unica scena.
Nel 1829 il fisico belga Joseph Plateau (1801-1883) enuncia la
prima teoria della persistenza delle immagini, secondo la quale la
retina ha la proprietà di trattenere le immagini per un determinato
periodo di tempo. Grazie a questo fenomeno, l’occhio umano riesce a
fondere in un flusso continuo le singole stimolazioni visive che riceve.
Nel 1830, per verificare questa teoria, Plateau costruisce il fenachistoscopio. Nel 1853, combinando fenachistoscopio e lanterna magica,
l’austriaco Franz von Uchatius (1811-1881) riesce per primo a proiettare delle immagini sopra uno schermo.
Il punto di partenza comune a tutte le sperimentazioni condotte
nel corso dell’Ottocento, resta la scomposizione del movimento in una
1. Le origini
serie di istantanee fotografiche. Étienne-Jules Marey (1830-1904), fisiologo e professore di semiotica cardiologica alla Scuola Normale di
Parigi, che utilizza la fotografia per i suoi studi sul movimento degli
animali, ha l’intuizione di non registrare più le immagini di un soggetto in movimento su lastre fotografiche separate e, nel 1882, inventa il
cronofotografo a lastra fissa. Grazie ai consigli del fisico inglese Eadweard Muybridge (1830-1904), Marey mette a punto il revolver fotografico: una sorta di fucile che, al posto dei proiettili, contiene pellicola e, invece di sparare una serie di colpi, scatta una serie di fotografie in successione. Riesce così a fotografare e cronometrare i movimenti di un uccello in volo, scattando dodici pose al secondo su una
lastra fotografica circolare. Nel 1887 lo trasforma in cronofotografo a
pellicola, rimpiazzando la lastra circolare con una lunga striscia di
carta fotografica che si srotola davanti all’obiettivo. Realizza, così, uno
schema grafico della composizione del movimento nel corpo umano.
Ma lo scorrimento all’interno dell’apparecchio della striscia di carta
fotografica, che non è perforata, manca di regolarità.
Su richiesta del senatore statunitense Leland Stanford, proprietario di un’importante scuderia, nel 1872 Muybridge intraprende studi
sulla locomozione dei cavalli. Nel 1877 registra fotograficamente l’andatura di un cavallo in corsa schierando una fila di 12, poi 24, infine 40
apparecchi a otturatore elettromagnetico. Riesce così a dimostrare che,
al galoppo e al trotto, le quattro zampe dell’animale restano contemporaneamente sollevate dal suolo. Nel 1881 mette a punto lo zooprassinoscopio, che proietta su uno schermo le istantanee del cavallo in corsa raccolte su un’unica striscia di carta fotografica.
Nel 1876, ispirandosi al fenachistoscopio di Plateau, il disegnatore
francese Émile Reynaud (1844-1918) mette a punto il prassinoscopio. In seguito lo perfeziona, costruendo il teatro ottico o prassinoscopico e, abbinato ad una lanterna magica, il prassinoscopio da
proiezione. I due apparecchi si reggono sullo stesso principio: una
striscia di carta di una determinata lunghezza si arrotola su una bobina
che avanza grazie ad un ingranaggio che, a sua volta, s’incastra nelle
perforazioni. Lo stesso Reynaud illustra a colori le strisce di carta con
brevi storie, comiche o patetiche.
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Dal 1892 al 1900 le pantomime luminose del “teatro ottico” di
Reynaud attirano folle entusiaste al Cabinet Fantastique, piccola sala di
giochi illusionistici al Museo delle cere Grévin di Parigi. Le immagini
eseguono movimenti di danza sottolineati da un accompagnamento
musicale strumentale e cantato, anticipando il sincronismo tra i disegni
e il sonoro del futuro cinema d’animazione. Reynaud riesce, inoltre, a
mettere a punto un procedimento in grado di far produrre alla striscia
stessa i rumori di scena necessari a sottolineare l’azione al momento
opportuno. Il supporto si rivela, però, irrimediabilmente fragile: la gelatina stesa sulla carta si screpola, il calore altera i colori dei disegni e
le perforazioni si strappano.
Sul finire dell’Ottocento si fanno innumerevoli tentativi di mettere
a punto un apparecchio per la registrazione delle immagini (la cinepresa). La difficoltà principale consiste nel riuscire a sincronizzare
l’avanzamento della striscia fotografica con le aperture dell’otturatore
dell’obiettivo. Quanto all’apparecchio per la riproduzione del movimento (il proiettore), gli studi sono poco avanzati e deludenti i risultati.
È, oramai, assodato che sia necessario far scorrere la striscia impressionata davanti ad una fonte di luce. Ma il meccanismo di scorrimento delle immagini, fondamentale affinché l’impressione del movimento sia corretta, risulta ancora imperfetto. Per una corretta proiezione, il numero delle immagini illuminate ogni secondo deve coincidere
con il numero delle immagini registrate nello stesso arco di tempo.
Intanto, si comincia a mettere a punto il supporto materiale delle
immagini in movimento (la pellicola di celluloide).
L’inventore francese Louis-Aimé-Auguste Le Prince (1841-1890)
intuisce con largo anticipo le soluzioni tecniche che condurranno i
fratelli Lumière alla messa a punto del cinematografo. Nel 1886 brevetta una macchina da presa a sedici obiettivi, dietro ai quali scorrono a
intermittenza due pellicole. Nel 1889 sperimenta alcune riprese con
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Estratto della pubblicazione
1. Le origini
2) I pionieri
1. Le origini
una macchina da presa munita di un obiettivo unico, un sistema d’avanzamento della pellicola a croce di Malta (meccanismo che fa spostare
la pellicola con rapidi scatti e la fa girare sopra un rullo dentato, i cui
ingranaggi s’innestano nei fori laterali dei fotogrammi) ed una pellicola di celluloide perforata.
Nel 1888 lo statunitense Thomas Alva Edison (1847-1931), considerato dai propri connazionali l’inventore del cinema, in seguito ad
una visita di Muybridge nei suoi laboratori di West Orange, nel New
Jersey, concepisce il principio del fonografo ottico per fissare le immagini fotografiche. Edison affida al suo collaboratore William Kennedy Laurie Dickson (1860-1935), un inventore inglese esperto di
fotografia, la messa a punto di due apparecchi: uno per la registrazione delle immagini, l’altro per la loro proiezione.
Nel 1891 Edison, grazie ai suggerimenti di Étienne-Jules Marey, sostituisce al cilindro adoperato dal fonografo ottico un nastro di celluloide
perforato ai due lati che può scorrere regolarmente attraverso una ruota
dentata. Nello stesso anno Edison e Dickson brevettano il cinetografo,
una macchina da presa; e il cinetoscopio, un apparecchio per la visione
individuale di film. Quest’ultimo, che funziona a 48 immagini al secondo,
s’ispira chiaramente al meccanismo del peep-show. Per il costo di un
nickel lo spettatore può girare una manovella e guardare dentro una cassa
in legno, alta un metro e mezzo, con in cima un oculare. Attraverso il
quale vede su un piccolo schermo una scenetta animata, la cui durata non
supera i 15 secondi, registrata su una pellicola chiusa ad anello.
Nel 1893 Acmé Le Roy (1854-1944) e Augustin Eugène Lauste
(1856-1935), collaboratori di Edison, mettono a punto un proiettore
per i film del cinetoscopio: The Marvellous Cinematograph. Ma
Edison, che non crede alla possibilità di proiettare i film al di fuori
dell’apparecchio, non ne prosegue la sperimentazione.
Il 7 gennaio 1894 viene apposto il copyright a Lo starnuto di
Fred Ott (Record of a Sneeze), il primo film della storia, in cui un
dipendente di Edison è ritratto nell’atto di starnutire. Il 14 aprile 1894
viene inaugurata a New York la prima sala di visione pubblica del
cinetoscopio di Edison, il Kinetoscope Parlor. Altre sale vengono aperte nelle principali città americane, a Londra, Parigi, Città del Messico.
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Estratto della pubblicazione
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Estratto della pubblicazione
1. Le origini
La vendita degli apparecchi e dei film viene affidata ad agenti esclusivisti che ne riforniscono negozi specializzati, fiere e luna-park. Nel
1895 Thomas Armat (1866-1948) e Charles Francis Jenkins (18671934) mettono a punto il fantascopio, proiettore per i film del cinetoscopio. L’anno seguente Edison, che ne ha acquistato il brevetto, lo
presenta come Vitascopio al Koster and Bial’s Music-hall di New York.
Nel 1895 Dickson, lasciati i laboratori di Edison a West Orange, si
associa a Elias Koopman, Henry Norton Marvin ed Herman Casler,
impegnati nella messa a punto del mutoscopio. Girando una manovella, il mutoscopio anima una serie di fotografie sistemate all’interno
di un cilindro. Per la registrazione delle immagini l’American Mutoscope Company lavora al mutografo, una macchina da presa assai simile
al cinetografo di Edison.
Tra il 1894 e il 1895 si giunge ai risultati migliori nel campo della
sperimentazione delle immagini in movimento. Per ammissione dello
stesso Louis Lumière, “era tutto nell’aria”.
Il 1° novembre 1895, al teatro di varietà Wintergarten di Berlino, si
tiene la prima proiezione pubblica a pagamento con il bioscopio
messo a punto in tre anni di lavoro da Max Skladanowsky (18631939): un proiettore a due obiettivi utilizza due strisce di celluloide
perforata con occhielli metallici, impressionata con 48 immagini in
serie, che scorrono al passo di 8 fotogrammi al secondo. Grazie ad una
lanterna magica, ogni film viene anticipato dalla proiezione del proprio titolo. Il programma, della durata di 15 minuti, è composto da
nove brevi film di 10 secondi ciascuno. L’accoglienza del pubblico è
trionfale e, per un anno e mezzo, Skladanowsky gira l’Europa col
fratello Emil in una tournée di presentazione dell’apparecchio. Poi la
delusione: a causa del successo del cinematografo Lumière, gli Skladanowsky si vedono improvvisamente annullare un contratto con le Folies Bergères.
In Italia, l’11 novembre 1895, Filoteo Alberini (1865-1937) brevetta il Kinetografo Alberini: un apparecchio per la ripresa, lo sviluppo e la proiezione analogo a quello dei Lumière. Non se ne conosce l’esistenza di prototipi e, inoltre, l’immediata fortuna del cinematografo Lumière impedisce che venga messo in produzione.
1. Le origini
3) La pellicola
Nel 1869 John W. Hyatt (1837-1920) mette a punto la celluloide,
materia plastica scoperta per caso durante le ricerche di un’alternativa
all’avorio per la costruzione delle palle da biliardo. Nel 1887 Hannibal Williston Goodwin (1822-1900) mette a punto una pellicola fotografica flessibile e trasparente, composta di nitrato di celluloide. Nel
1889 George W. Eastman (1854-1932) commercializza negli Stati Uniti la Eastman Kodak: una pellicola fotografica in nitrocellulosa, trasparente, sensibile e avvolgibile, adatta alla ripresa rapidissima di istantanee, detta film.
Nel 1891 Edison e Dickson, che stanno lavorando alla messa a punto del cinetografo e del cinetoscopio, ne ordinano alcuni nastri larghi 35
millimetri e li perforano ai bordi: la celluloide s’impone, così, come
supporto per la riproduzione delle immagini in movimento. La difficoltà
maggiore consiste nel creare, all’interno dell’apparecchio, un congegno
in grado di trascinare correttamente la pellicola di celluloide.
Nel 1894 Woodville Latham mette a punto un meccanismo per
evitare strappi alla pellicola. Nel 1896 la Nuova Compagnia Generale
dei cinematografi, fonografi e pellicole Pathé Frères, lancia sul mercato gli omonimi cinetografi: macchine da presa perfezionate con un
meccanismo di trascinamento della pellicola a “croce di Malta”,
ideato da Bunzli e Continsouza, che permette la massima precisione
nell’ottenere sedici immobilizzazioni di posa al secondo. La “croce di
Malta” — sia in fase di ripresa, sia in fase di proiezione — fa muovere
la pellicola con rapidi scatti e la fa girare sopra un rullo dentato, i cui
ingranaggi s’innestano nei fori laterali dei fotogrammi. Le componenti
fondamentali della pellicola cinematografica resteranno invariate per
qualche decennio: una “base” o “supporto”; un sottilissimo “substrato
adesivo” in gelatina; una “emulsione” sensibile alla luce, legata alla
base mediante il substrato adesivo e costituita solitamente da una sospensione di sali d’argento in gelatina, riconoscibile come il lato opaco
della pellicola.
L’ingrediente di base della maggior parte dei film prodotti fino al
1951 è in nitrato di cellulosa, sostanza altamente infiammabile e
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Estratto della pubblicazione
deperibile, quindi pericolosa e utilizzabile per un numero limitato di
proiezioni. Il processo irreversibile di decomposizione del nitrato inizia, infatti, al momento stesso della sua produzione. Nel 1901 Eichengrun e Becker mettono a punto pellicole cinematografiche in acetato
di cellulosa. Nel 1909 alcune società iniziano a sperimentare la produzione di film di sicurezza in acetato di cellulosa, o in nitrato rivestito da sostanze non infiammabili. Un supporto meno pericoloso, ma
egualmente deperibile. A partire dal 1951 il nitrato di cellulosa viene
sostituito dal più sicuro acetato di cellulosa, o dal poliestere. Dopo il
1956 entrerà in produzione un supporto più sottile a base di poliesteri,
dotato di buona trasparenza, resistenza all’usura e all’umidità.
Nel 1894 i fratelli Lumière, Auguste Marie (1862-1954) e Louis
Jean (1864-1948), che hanno già all’attivo diciassette brevetti nel campo della fotografia, osservano alcuni cinetoscopi nel negozio dei fratelli Werner, concessionari di Edison a Parigi. Ne copiano immediatamente l’idea della striscia di pellicola perforata da 35 millimetri, adattandola alla sperimentazione su un proprio apparecchio. La principale
difficoltà consiste nel dotare il dispositivo di un meccanismo in grado
di agganciare la pellicola ferma e trascinarla. Sul finire dell’anno, Louis
trova la soluzione per ottenere il trascinamento della pellicola: un “piedino”, analogo al congegno che fa avanzare la stoffa nella macchina
da cucire (prodotto, a sua volta, di una tecnologia raffinata).
Il 13 febbraio 1895 i fratelli Lumière brevettano col numero 245032
“un apparecchio che serve ad ottenere e a guardare prove cronofotografiche”. Soltanto in un secondo momento lo chiameranno cinematografo, ignari che sia Léon Bouly sia Le Roy e Lauste hanno brevettato con lo stesso nome i rispettivi apparecchi. Il cinematografo dei Lumière si basa sulla scomposizione del movimento in fotografie
fisse che, riprese successivamente e proiettate su uno schermo ad una
determinata velocità, creano l’illusione del movimento. Il prototipo
viene costruito a Lione da Charles Moisson, capo meccanico dell’of13
1. Le origini
4) Il cinematografo
1. Le origini
ficina fotografica di famiglia. Pratico e maneggevole, l’apparecchio dei
Lumière s’ispira alla lanterna magica nel formato e nelle caratteristiche. È dotato di triplice funzione: ripresa, sviluppo e proiezione.
Funziona a 16 immagini al secondo e utilizza la stessa pellicola del
cinetoscopio di Edison, un nastro perforato di celluloide della larghezza di 35 millimetri.
A differenza della pellicola di Edison, però, che ha quattro perforazioni rettangolari ai lati di ciascun fotogramma, quella dei Lumière ha
un’unica perforazione rotonda. Il meccanismo di trascinamento della
pellicola ne provoca l’avanzamento a scatti, facendo coincidere ogni
pausa con l’apertura dell’otturatore e la proiezione dell’immagine ingrandita. La pellicola adoperata dai Lumière si distingue per la notevole qualità fotografica, grazie ad una speciale emulsione al bromuro
d’argento inventata da Louis per le lastre fotografiche “Etichetta Blu”
prodotte dalla ditta di famiglia, che conferisce al supporto una particolare sensibilità alla luce.
Il 22 marzo 1895, a Parigi, durante una conferenza di Louis sugli studi
e i prodotti industriali della Società Lumière presso la sede della Società
Francese per il Progresso dell’Industria Nazionale, alla presenza di trecento addetti ai lavori viene proiettato in prima assoluta il film L’uscita degli
operai dalle Officine Lumière a Lione (La sortie des ouvriers de l’Usine Lumière à Lyon). In questa occasione l’ingegnere Jules Carpentier chiede ai fratelli Lumière di costruire il cinematografo nei suoi laboratori,
dov’è stato appena prodotto un ottimo apparecchio fotografico.
Il 28 dicembre 1895 i primi spettatori paganti del cinematografo
riempiono trentatré delle cento sedie sistemate nel Salon Indien, saletta sotterranea del Gran Café al numero 14 del Boulevard des Capucines a Parigi. Antoine Lumière (1840-1906), fotografo e imprenditore,
vi ha organizzato la presentazione ufficiale dell’invenzione dei figli.
Clément Maurice, impiegato di fiducia della ditta Lumière, ha preso in
affitto il Salon Indien attrezzandolo con un piccolo schermo di tela ed
un proiettore sopra uno sgabello. All’entrata, campeggia la scritta: Cinematografo Lumière. Ingresso, un franco. La stampa, che è stata invitata, è assente. Così come i fratelli Lumière, che hanno già presentato
la loro novità in numerose occasioni private tra Parigi e Lione.
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1. Le origini
Alle nove di sera lo schermo s’illumina con una prima immagine fissa,
non particolarmente innovativa, della piazza Bellecour di Lione. Seguono
i cinquanta secondi di pellicola, l’equivalente di ottocento fotogrammi
senza soluzione di continuità, de L’uscita degli operai dalle Officine Lumière a Lione. Il programma comprende altri nove film: La pappa del
pupo (Le déjeuner du bébé), La pesca ai pesci rossi (La pêche aux poissons
rouges), Il fabbro (Le forgeron), L’arrivo del treno alla stazione di La Ciotat (L’arrivée d’un train à la gare de La Ciotat), La demolizione di un muro
(La démolition d’un mur), Soldati alle manovre (Soldats au manège), La
partita a carte del signor Lumière e del prestigiatore Trewey (M. Lumière et
le jongleur Trewey jouant aux cartes), Via della Repubblica a Lione (La rue
de la République à Lyon), Per mare con la burrasca (En mer par gros
temps), L’innaffiatore innaffiato (L’arroseur arrosé), La distruzione delle
erbacce (La destruction des mauvaises herbes).
Ogni film è lungo diciassette metri, misura imposta dalla capacità
delle scatole in cui si raccoglie il negativo durante le riprese, e la sua
proiezione dura circa un minuto. Per camuffare il rumore del proiettore, le note di un pianoforte si diffondono nella sala buia. In pochi
secondi i sentimenti del pubblico passano dallo scetticismo allo stupore, dall’ammirazione al divertimento. Fino al terrore suscitato da L’arrivo del treno alla stazione di La Ciotat, in cui il treno proveniente
da Marsiglia incombe sulla platea e minaccia di travolgere gli spettatori
atterriti prima di tirare dritto, attraversando diagonalmente lo schermo.
All’inizio del 1896 Jules Carpentier consegna ai Lumière i primi
dieci apparecchi. Tra il 10 marzo 1895 e il 18 novembre 1896 i fratelli
Lumière apporteranno al loro apparecchio quattro modifiche, finalizzate per lo più a migliorare le funzioni di svolgimento e di riavvolgimento della pellicola. Ma il meccanismo del prototipo si dimostrerà
soddisfacente al punto da restare invariato fino al 1927, anno dell’avvento del sonoro. Il cinematografo Lumière si rivela da subito la formula vincente per lo spettacolo delle immagini in movimento perché
le propone in visione collettiva, destinate ad un pubblico composto da
una piccola folla riunita comodamente in un ambiente spazioso. Già
dalla prima proiezione al Gran Café, il suono di un pianoforte accompagna le immagini in sottofondo.
1. Le origini
L’accompagnamento musicale offre numerosi vantaggi, tecnici
e artistici: oltre a coprire il fastidioso crepitio del proiettore, contribuisce a creare l’atmosfera adatta ed evita che lo spettatore si senta abbandonato a se stesso nel buio della sala. La scelta dei brani è affidata
di solito al pianista, il quale attinge alla musica d’intrattenimento delle
feste, dei balli, dei music-hall e dei caffè-concerto. È soltanto un sottofondo e il pubblico non la riconosce ma, senza, si sentirebbe a disagio.
In seguito i pianisti verranno incaricati di vivacizzare lo spettacolo, di
suonare negli intervalli tra una proiezione e l’altra, di esibirsi anche
fuori delle sale per invitare i clienti ad entrare.
All’indomani della prima proiezione pubblica del cinematografo
Lumière, la polizia è costretta ad organizzare un servizio d’ordine all’entrata del Salon Indien (che funzionerà come sala fino al 1901) preso d’assalto da più di duemila spettatori al giorno. Nelle settimane e
nei mesi seguenti, con un successo sempre crescente, lo spettacolo si
ripete con poche varianti. Gli operatori dei Lumière, inserendo per
errore i film avvolti alla rovescia nell’apparecchio da proiezione, scoprono gli effetti comici di uno dei primissimi trucchi cinematografici: in La demolizione di un muro (La démolition d’un mur) si ottiene
l’impressione che il muro demolito sorga da una nuvola di polvere, ne
I bagni di Diana a Milano si vede un tuffatore uscire dall’acqua con i
piedi all’insù e tornare sul trampolino.
Le proiezioni diventano sempre più numerose nei music-hall, dove
i film fungono da intermezzo alle esibizioni di cantanti, ballerine e
attori di varietà. Il trasformista Leopoldo Fregoli (1867-1936), che ha
conosciuto Louis Lumière e ha ottenuto di poterne utilizzare i film nei
suoi spettacoli, nel 1898 comincia ad effettuare riprese cinematografiche di alcuni numeri del proprio repertorio. Allestisce, così, il Fregoligraph: un’apposita sezione dello spettacolo che porta in tournée nelle
principali città europee riservata alla proiezione di una serie di brevi
scenette, delle quali è l’unico interprete, girate dal fotografo milanese
Luca Comerio. Nel 1899 Fregoli riesce ad assemblare anche due lungometraggi, programmati in Italia per alcuni anni.
Nel 1897, per far fronte alla commercializzazione degli apparecchi
concorrenti, i Lumière rinunciano al sistema delle concessioni e inizia16
Estratto della pubblicazione
no a vendere gli apparecchi e i film. Tra il 1898 e il 1899, nel loro
consueto stile documentaristico, girano i primi due filmati pubblicitari della storia: il primo per il sapone da bucato Sunlight e il secondo
per lo champagne Moët et Chandon. Nel 1905, persa l’attenzione del
pubblico malgrado la varietà delle tematiche proposte, sospendono
definitivamente l’attività produttiva. Di lì a poco, cessano anche la
fabbricazione di materiale cinematografico e l’esercizio delle sale. Gli
interessi di Louis Lumière sono esclusivamente di natura tecnica e, per
sua stessa ammissione, non s’interessa alla “messa in scena” cinematografica. Eppure Louis, già disegnatore e fotografo, si rivela da subito
cineasta di talento e si distingue nella realizzazione di decine di pellicole dal taglio documentaristico. Familiari e amici sono tra i protagonisti dei suoi film, scenette spontanee di vita quotidiana. In pochi
anni il Catalogo Lumière conta più di milleduecento titoli, girati nei
cinque continenti dagli operatori istruiti da Louis.
Il cinema s’impone presto come valido e insostituibile strumento
d’indagine e, grazie alle sue capacità divulgatrici e didattiche, trova
numerose applicazioni nel campo della scienza. Già nel 1898 EugèneLouis Doyen, stimato chirurgo francese, fa riprendere all’operatore
Clément Maurice alcuni interventi nella sua clinica parigina. Persuaso
delle possibilità scientifiche e didattiche del cinematografo, Doyen studia le pellicole per individuare i movimenti inutili compiuti dai medici
durante gli interventi chirurgici. Doyen proietta i film in occasione
di un congresso medico a Edimburgo, ma i colleghi ne sono scandalizzati e gli proibiscono di presentarli in occasioni ufficiali. Nel 1902 fa
filmare un suo spettacolare intervento, la separazione di due sorelline
siamesi. La pellicola circola nei baracconi da fiera e Doyen, favorevole
alla diffusione dei documentari ma contrario al loro sfruttamento commerciale, scoperto che il suo assistente-operatore Parnaland ne riproduce copie per venderle, lo cita in giudizio e vince la prima causa
nella storia del cinema.
17
Estratto della pubblicazione
1. Le origini
5) Cinematografia scientifica e attualità filmate
1. Le origini
Le prime pellicole istruttive ed educative vengono realizzate in
Francia nel 1911 e, in seguito, in Germania e in Svezia. Al 1914
risalgono le prime pellicole a carattere prettamente scientifico, tra cui
una serie di film biologici. La proprietà cinematografica di effettuare
riprese accelerate o rallentate, variando così sullo schermo la durata
reale dei fenomeni, ha permesso all’occhio umano di vedere l’invisibile. Grazie ad apparecchi e dispositivi speciali si è reso possibile
studiare il movimento nell’uomo (nello sport e nel lavoro), negli
animali (il volo degli uccelli, il salto del cavallo, la caduta del gatto), in
apparecchi meccanici (il movimento dell’orologio), in esseri infinitamente piccoli (la microcinematografia). Numerose le applicazioni
scientifiche alla metallurgia, alla medicina, alla biologia, alla microbiologia (la germinazione delle piante e lo sbocciare dei fiori) e, infine, alle ricerche spaziali.
La ripresa cinematografica, in origine, è in tutto simile alla ripresa
fotografica. L’operatore si limita a piazzare la macchina da presa in
un punto strategico per ottenere un’inquadratura unitaria, lasciando
che l’apparecchio riprenda quello che può. La macchina da presa è
fissa, priva di qualsiasi movimento. È la realtà circostante a muoversi
nella capacità di campo dell’obiettivo: passanti, treni, carrozze, automobili e così via. Le immagini proiettate sullo schermo offrono, quindi, all’osservatore una visione analoga a quella di un palcoscenico sul
quale si stia svolgendo una rappresentazione teatrale.
Sono gli operatori dei fratelli Lumière a creare, con effetti particolarmente interessanti, i primi movimenti di macchina. Eugenio Promio, ad esempio, nel 1897 inventa a Venezia i carrelli acquatici riprendendo da una gondola inquadrature in movimento dei palazzi del
Canal Grande. Già a fine Ottocento i Cataloghi Lumière, sotto la
categoria “panorami”, abbondano di carrellate girate a bordo di treni,
navi, palloni, automobili, ascensori.
Le attualità filmate — o documentari — nascono nel giugno
del 1895 quando, in occasione del Congresso delle Società Fotografiche francesi a Lione, Louis Lumière filma una gita dei congressisti sulle rive del fiume Saône. La famiglia Lumière è convinta che il
cinematografo sia “un’invenzione senza futuro”, ma crede nel potere
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documentaristico del mezzo e sguinzaglia i suoi operatori in giro per il
mondo.
Nel 1896 gli operatori dei Lumière Charles Moisson e Francis
Doublier sono in Russia per riprendere l’incoronazione dello zar Nicola II. Il 17 maggio all’Aquarium, teatro estivo di San Pietroburgo, ha
luogo la prima proiezione. Lo zar e la sua corte sono conquistati dal
cinematografo. I fratelli Arthur e Ivan Grünewald ne ottengono la
concessione per la Russia.
Le prime attualità filmate raccontano grandi avvenimenti, ritraggono personaggi importanti nella loro ufficialità o nella loro vita quotidiana, descrivono ambienti sociali urbani e industriali. Il cinema rappresenta con compiacimento il tempo e la civiltà cui appartiene, esibendo i prodotti più innovativi della civiltà industriale: le automobili, i
treni, le fabbriche. Di conseguenza, ignora la campagna e prende a
modello la vita di città. Il pubblico mostra di gradire, e si diverte in
maniera particolare quando ha modo di riconoscere sullo schermo
volti e luoghi familiari.
A fine Ottocento vengono realizzate attualità filmate “ricostruite”: falsi documentari molto accurati di eventi che, per i motivi più
disparati, non è stato possibile riprendere. Il loro successo decreta la
fine di altre forme spettacolari, finora molto popolari. È, ad esempio, il
caso di Émile Reynaud, che, malgrado abbia sostituito i disegni del suo
“teatro ottico” con immagini filmate e colorate per tentare di arginare
la concorrenza di cinematografo e cinetoscopio, nel 1900 viene definitivamente scalzato dalle attualità filmate. E scaraventa nella Senna la
maggior parte delle sue opere.
Molto presto il pubblico, prima quello popolare delle proiezioni
estemporanee e poi quello borghese delle sale permanenti, non si
accontenta più di scenette documentaristiche e frammentarie ma esige
vere rappresentazioni spettacolari. Georges Méliès (1861-1938), già
illusionista e prestigiatore, scenografo e caricaturista, è, per definizio19
1. Le origini
6) Il cinema
1. Le origini
ne dello stesso Louis Lumière, “il creatore dello spettacolo cinematografico”: ovvero della capacità artistica d’intrattenere il pubblico con il
cinematografo. Méliès, a differenza dei fratelli Lumière, utilizza le immagini filmiche non soltanto per registrare la realtà e riprodurla sullo
schermo. Ma — rifacendosi alla capacità narrativa del teatro e della
letteratura — inventa con la fantasia immagini attraenti ed elaborate,
capaci di colpire l’immaginazione e di catturare l’attenzione degli spettatori.
Il montaggio è la forma più elementare e più antica di trucco
cinematografico. La sua invenzione è dovuta ad un inconveniente tecnico occorso a Méliès durante le riprese di uno dei suoi primi film, in
piazza dell’Opéra a Parigi: la pellicola si blocca per circa un minuto
all’interno della macchina da presa, per poi sbloccarsi da sola e riprendere normalmente a girare. Durante quel minuto i passanti, gli omnibus, le carrozze, ovviamente, si spostano. Per cui, proiettando la pellicola, Méliès vede un omnibus diventato carro funebre e gli uomini
trasformati in donne. In La signora fatta sparire (L’escamotage d’une
dame chez Robert Houdin, 1896) Méliès adopera per la prima volta
questo nuovo “trucco per sostituzione”, prima applicazione tecnica
del montaggio. In seguito riesce a meglio collegare le inquadrature tra
loro attraverso i fondu, una sorta di dissolvenze già adoperate nelle
proiezioni con la lanterna magica, che ottiene aprendo e chiudendo il
diaframma dell’apparecchio in fase di ripresa.
Méliès adopera il montaggio come una soluzione tecnica, utile a
perfezionare i suoi trucchi teatrali ed adattarli al nuovo mezzo cinematografico. Ma la possibilità di usare il montaggio per meglio sfruttare le
capacità narrative del mezzo cinematografico viene scoperta gradualmente, e perfezionata tra il 1900 e il 1914. I primi tentativi di
ottenere inquadrature di dimensioni diverse, per poi unirle tra loro
secondo un ordine logico, risalgono all’inizio del Novecento. L’inglese
George Albert Smith (1864-1959) è il primo regista che, ispirandosi
alle illustrazioni dei libri e ai vetrini delle lanterne magiche, riprende
inquadrature in campi e in piani diversi. Utilizzandoli, in fase di montaggio, come elementi narrativi per creare nessi logici all’interno di
singole scene.
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Estratto della pubblicazione
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Estratto della pubblicazione
1. Le origini
Il primo regista a sfruttare il montaggio in funzione drammatica,
affidando a ogni piano di ripresa un preciso compito narrativo, è lo
statunitense David Wark Griffith (1875-1948), già attore per la Mutoscope & Biograph Company. A Griffith si deve l’invenzione del
découpage, sistema di ripresa con cui, prima ancora di essere girate,
le scene previste per la realizzazione del film vengono scomposte in
piani diversi. Le scene risultano, così, frazionate in numerose inquadrature: il campo largo per descrivere un ambiente, il primo piano
per comunicare allo spettatore i sentimenti provati dal personaggio,
il dettaglio per attirare l’attenzione su un elemento specifico della
scena. Griffith crea intere sequenze composte da scene che si svolgono alternativamente in ambienti diversi, con un procedimento detto montaggio alternato. Adotta l’uso del flashback, ricavandolo
dalla tecnica letteraria usata quando un personaggio torna con la
memoria ad avvenimenti passati, facendone una forma di montaggio
che interrompe l’ordine cronologico del racconto. Sperimenta queste
novità in Nascita di una nazione (The Birth of a Nation, 1914) e
Intolerance (id., 1916), due capisaldi nell’evoluzione del linguaggio
cinematografico.
Le soluzioni tecniche introdotte da Griffith influenzano in modo
particolare i cineasti sovietici Sergej Michajlovič Ejzenštejn (18981948), Lev Vladimirovič Kulešov (1899-1970) e Vsevolod Ilarionovič Pudovkin (1893-1953). I quali, tra il 1924 e il 1930, rappresentano l’avanguardia del film muto. In particolare, Kulešov teorizza l’importanza creativa del montaggio. Per dimostrare come
un’inquadratura cambi significato a seconda del rapporto in cui viene a trovarsi con le altre, nel 1920 conduce un esperimento rimasto
celebre. Monta tre brevi film sperimentali, riciclando vecchi spezzoni
di pellicola. In ogni film inserisce uno stesso primo piano, collocandolo in tre contesti completamente diversi, e ottenendo tre diversi
effetti. Dimostra così che la pellicola, impressionata e sviluppata,
non è altro che la materia prima per costruire il film. Al quale, attraverso le opportune giustapposizioni, è possibile attribuire significati
infiniti.
1. Le origini
7) Circuiti distributivi e apparati spettacolari
Lo spettacolo cinematografico eredita dalle proiezioni con la lanterna magica l’intervento di un commentatore al quale, tra il 1897 e il
1909, è affidato il compito d’introdurre il tema del film per facilitarne la
comprensione al pubblico e d’indicare di volta in volta le parti dello
schermo su cui concentrare l’attenzione. Figura, questa del commentatore, in seguito sostituita dalle didascalie: commenti scritti inseriti nel
flusso delle immagini per anticipare l’argomento di una sequenza o
sottolinearne la drammaticità, che si vanno ad aggiungere alle scritte
iniziali con il titolo del film e il nome della casa di produzione. Con la
graduale scomparsa dei cinema ambulanti e la diffusione di sale permanenti, nasce la distribuzione cinematografica. Per le case di produzione diventa assai più conveniente, infatti, dare in noleggio i film
all’esercente della sala piuttosto che venderglieli un tanto al metro.
Il cinema delle origini è costretto ad adattarsi a luoghi che non
sempre gli risultano congeniali, poiché, tra Otto e Novecento, non
esistono ambienti appositamente concepiti allo scopo di ospitare le
proiezioni. I locali più eterogenei come sale da gioco, caffè-concerto,
teatrini di infimo ordine e, più raramente, capannoni di luna-park e
tendoni di circhi equestri, si prestano a diventare sale estemporanee.
Questo stato di cose comporta una duplice conseguenza: forme più
antiche e più popolari di spettacolo, ospitando il cinema, finiscono per
influenzarlo al punto da farlo diventare a sua volta una forma di spettacolo popolare; allo stesso tempo lo spettacolo cinematografico impone alcune modifiche, specialmente nell’illuminazione e nell’arredamento, agli ambienti che lo ospitano. Vengono allestiti anche spettacoli ambulanti che raggiungono città grandi e piccole, paesi e borghi, magari in occasione di manifestazioni locali come fiere, mercati,
feste civili o religiose.
Le prime sale permanenti sono appariscenti baracche in legno,
decorate con gusto vagamente Liberty, fuori delle quali gli imbonitori
richiamano con slogan a effetto l’attenzione dei passanti. Ai primi del
Novecento le sale permanenti si moltiplicano nelle città, sorgendo prevalentemente all’interno degli agglomerati urbani. Spesso le proiezioni
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Estratto della pubblicazione
1. Le origini
sono accompagnate da un programma di canzonette e da numeri di
varietà, tanto che si arriva a parlare di cinema-chantant. Nei primi
tempi, lo spazio adibito a luogo di proiezione pubblica assolve ad una
duplice funzione: sala di sera e, nel corso della giornata, teatro di
posa. La macchina da presa, piazzata in posizione centrale sul pavimento della platea, riprende gli attori che recitano sul set allestito in
palcoscenico. L’inquadratura fissa riproduce il punto di vista di uno
spettatore ideale, seduto in una delle prime file al centro della platea.
I film finiscono, così, con l’essere proiettati negli stessi ambienti in cui
sono stati girati. Una corrispondenza che, curiosamente, si ritrova nelle caratteristiche tecniche del cinematografo Lumière, apparecchio capace di fungere da cinepresa e da proiettore.
Dalla metà dell’Ottocento, con l’avvento della moderna industria
meccanica, si organizzano nelle principali città grandi Esposizioni Universali. In queste occasioni vengono presentati ad un pubblico vastissimo — composto da addetti ai lavori, turisti provenienti da tutto il mondo, ma anche semplici cittadini — i più recenti progressi dell’arte e
dell’industria. Per stupire i visitatori e valorizzare le merci esposte, vengono allestite apposite strutture architettoniche. Una di queste è la Tour
Eiffel, costruita a Parigi in occasione dell’Esposizione Universale del 1889.
La dichiarata ambizione dell’Esposizione Universale di Parigi del 1900 è
di essere il testamento del secolo appena finito e l’oracolo del secolo
appena iniziato, in cui il cinema si riserva un posto d’onore. Émile Picar,
responsabile dell’Esposizione, chiede ai fratelli Lumière d’intrattenere i
visitatori anche di sera. Louis si concentra sulla possibilità d’ingrandire
lo schermo cinematografico, anche per far sì che il “gigantismo” delle
immagini corrisponda alle proporzioni “universali” della manifestazione. Il progetto iniziale prevede d’installare sulla Tour Eiffel uno schermo enorme, visibile da vari punti della città, ma alcune difficoltà tecniche fanno rinunciare all’idea del cinema all’aperto. Il “cinema gigante”
viene allora allestito nel salone dei ricevimenti della manifestazione, già
padiglione delle macchine in occasione dell’Esposizione del 1889, che
può ospitare quindicimila spettatori. Lo schermo, largo ventuno metri e
alto diciotto, è disteso in una vasca piena d’acqua costruita sotto il pavimento e ogni sera viene issato da potenti argani.
1. Le origini
L’Esposizione del ’900 ospita anche il cineorama di Raoul GrimoinSanson: una costruzione circolare dalla circonferenza di cento metri,
dotata all’interno di un’unica parete bianca che funge da schermo continuo. Al centro della costruzione, un’immensa navicella da aerostato
con i relativi accessori. Il soffitto tappezzato con un drappeggio, in
tutto simile all’involucro del pallone. Sotto la navicella dieci apparecchi sincronizzati proiettano nel buio della sala filmati di viaggi in pallone, ascensioni e atterraggi (ottenuti, questi ultimi, facendo scorrere
la pellicola a rovescio). Grimoin-Sanson li ha girati nei cieli delle capitali europee con il suo cinecosmorama, apparecchio inventato nel
1897, composto da dieci cineprese disposte a raggiera per poter filmare e proiettare a 360 gradi. Ma l’eccessivo calore emanato dai proiettori
infastidisce gli spettatori e dopo quattro rappresentazioni la polizia, di
fronte al rischio d’incendio, ordina la chiusura della sala.
Negli Stati Uniti, George C. Hale riscatta il brevetto di un’attrazione inventata da William J. Keefe: un vagone ferroviario marcia su un
binario circolare all’interno di un padiglione a forma di tunnel, mentre
filmati con paesaggi vengono proiettati sulle sue pareti trasparenti.
Rispetto al progetto originario di Keefe, il treno-cinema o Hale’s
Tour — presentato all’Esposizione Universale di St. Louis del 1904 —
è stato semplificato: il vagone nel quale prendono posto gli spettatori
non è più mobile, la parte anteriore ospita uno schermo sul quale
scorrono le immagini che un operatore ha girato dallo scacciapietre di
una locomotiva, mentre un dispositivo nascosto sotto la vettura riproduce le scosse e i rumori tipici di un treno.
Nel 1905 gli Hale’s Tour diventano Nickelodeon, dal costo del
biglietto (un nickel) e da odeon (teatro). Negli Stati Uniti se ne contano
cinquecento, quasi tutti nei luna-park, e costituiscono una prima rete
di sale cinematografiche permanenti. Tra i suoi promotori si annoverano alcuni dei maggiori, futuri produttori hollywoodiani: Carl Laemmle, Sam Warner, Adolph Zukor. A quest’ultimo, futuro presidente
della Paramount Pictures, si deve l’apertura del primo Nickelodeon di
New York: la facciata imita una stazione ferroviaria e alcuni impiegati
in uniforme accompagnano gli spettatori in sala per un viaggio di
trenta minuti. I film di viaggio sono un genere presente nel catalogo
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Estratto della pubblicazione