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M i n i s t e r o
p e r
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B e n i
e
l e
A t t i v i t à
C u l t u r a l i
Vestimenti antichi
e contemporanei.
Scheda VeAC e Lemmario
Strumenti di catalogazione
per la conoscenza
e la tutela di un Patrimonio
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI
DIREZIONE GENERALE PER IL PAESAGGIO, LE BELLE ARTI,
L’ARCHITETTURA E L’ARTE CONTEMPORANEE
Direttore Generale
Roberto Cecchi
ISTITUTO CENTRALE PER IL CATALOGO E LA DOCUMENTAZIONE
Direttore
Laura Moro
La Scheda VeAC e il Lemmario sono il risultato di un progetto promosso
dalla Commissione nazionale per la tutela e la valorizzazione delle arti
decorative, della moda e del costume, presieduta
da Cristina Aschengreen Piacenti e costituita da Bonizza Giordani Aragno,
Alessandra Mottola Molfino, Bianca Alessandra Pinto,
Maria Luisa Polichetti, Laura Ximenes (segreteria).
Hanno fatto parte del gruppo di lavoro: Grazietta Butazzi,
Giovanna Damiani, Elisabetta Giffi, Roberta Orsi Landini,
Gianna Piantoni, Thessy Schoenholzer Nichols.
Coordinamento generale: Laura Ximenes
Coordinamento delle metodologie catalografiche: Sandra Vasco Rocca
con la collaborazione di Maria Letizia Mancinelli
Scheda VeAC
A cura di: Grazietta Butazzi, Giovanna Damiani, Elisabetta Giffi,
Roberta Orsi Landini, Thessy Schoenholzer Nichols
Rilievi grafici: Thessy Schoenholzer Nichols
Allineamento delle normative: Maria Letizia Mancinelli
Lemmario
Progettazione e coordinamento: Elisabetta Giffi
Testi: Grazietta Butazzi, Roberta Orsi Landini,
Thessy Schoenholzer Nichols
Rilievi grafici: Thessy Schoenholzer Nichols
Elaborazione immagini e assistenza tecnica: Fabio Ascenzi,
Marco Di Giulio
Realizzazione multimediale: Pride Cultura srl
Redazione: Stefania Segarelli
Progetto editoriale: La mela verde snc ([email protected])
©Proprietà letteraria riservata
Ministero per i beni
e le attività culturali
Nessuna parte di questa
pubblicazione può essere
memorizzata, fotocopiata o
comunque riprodotta senza
le dovute autorizzazioni.
ISBN 978-88-901813-7-5
In copertina: abiti di proprietà della Galleria del costume
di Palazzo Pitti, Firenze
Si ringraziano: Cristina Acidini, Maria Grazia Benini, Enrica Brunetti,
Marco Cavalli, Luisa Granata, Eugenia Imperatori, Maria Assunta Lorrai,
Maria Vittoria Marini Clarelli, Joel Nichols, Maria Rosaria Salvatore e,
inoltre, Susanna Soldi che, nella prima fase, ha collaborato alle attività
redazionali svolte presso l’Ufficio catalogo della Soprintendenza
per i beni artistici e storici di Firenze.
Si ringraziano tutti coloro che in qualche misura hanno contribuito
alla realizzazione di questo progetto; un ringraziamento particolare
ad Antonio Paolucci che ha promosso iniziative rilevanti per la tutela
e la valorizzazione delle arti decorative, della moda e del costume
e a Mario Serio che ha sostenuto negli anni le attività
della Commissione e del Gruppo di lavoro.
DIREZIONE GENERALE
PaBA
AC
Paesaggio Belle Arti
Architettura e Arte
Contemporanee
Vestimenti antichi
e contemporanei.
Scheda VeAC e Lemmario
Strumenti di catalogazione
per la conoscenza
e la tutela di un Patrimonio
Con questo volume il Ministero presenta la scheda di catalogazione dei vestimenti antichi
e contemporanei ed il relativo lemmario, risultati di un progetto promosso dalla
Commissione nazionale per la tutela e la valorizzazione delle arti decorative della moda e
del costume, istituita nel 1996, per volontà dell’allora Ministro Antonio Paolucci,
nell’ambito dell’Ufficio centrale per i beni archeologici, architettonici, artistici e storici, e
presieduta da Cristina Aschengreen Piacenti.
L’Istituto centrale per il catalogo e la documentazione, quale organo competente ad
emanare le norme e gli strumenti per la catalogazione del patrimonio culturale e quale
soggetto promotore di un impegno che si è protratto negli anni, ha affiancato la
Direzione generale per il paesaggio, le belle arti l’architettura e l’arte contemporanee
anche nella delicata fase conclusiva.
Si è trattato di un lavoro di grande complessità cui hanno prestato un apporto
fondamentale specialisti di chiara fama; tale contributo tecnico-scientifico è stato “calato”
nel sistema definito dalle esigenze della prassi della conservazione, della catalogazione,
della gestione museale di una specifica e delicata tipologia di beni ed in ciò si è
concretato l’apporto dei tecnici dell’Amministrazione: dell’ICCD, dell’allora
Soprintendenza per i beni artistici e storici per le province di Firenze, attraverso l’attività
congiunta dell’Ufficio catalogo e della Galleria del costume di palazzo Pitti e della Galleria
nazionale di arte moderna.
Quanto realizzato – un insieme articolato di strumenti affinatissimi di ausilio a quel
lavoro di ricognizione conoscitiva sistematica in cui si concreta il processo di
catalogazione che è alla base dell’azione di tutela – viene ora reso finalmente disponibile.
Se ne auspica la massima diffusione ed il pieno utilizzo.
Dopo tanti anni dall’avvio di questa iniziativa la pubblicazione della scheda per la
catalogazione dei vestimenti antichi e contemporanei assume motivi d’interesse ulteriore
ed attuale, alla luce anche dell’evoluzione delle tecnologie web-oriented che consentono
un più ampio accesso alla conoscenza. Un affondo nella conoscenza dello straordinario
patrimonio presente nei musei statali così come – ci si augura – in quelli privati, mediante
l’utilizzo degli importanti, affinati strumenti che si pubblicano, consentirà di restituire una
vista storica su quella che ancora oggi è riconosciuta come un’eccellenza artigianale e
produttiva del nostro Paese.
Ed è anche questo uno dei contributi che la nostra Amministrazione può e deve dare al
Paese, mostrando di saper ampliare al massimo l’ottica degli interventi istituzionali.
Sandro Bondi
MINISTRO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI
Presentazione
5
Ha un aspetto quasi minaccioso, dice Roberta Orsi Landini nel suo contributo a questo
volume, la presentazione della scheda di catalogazione dei vestimenti antichi e moderni
(VeAC). E in effetti, non lascia completamente rilassati uno strumento complesso come
questo che sfoggia i toni del rigore e della complessità e si propone di dare sistematicità,
per la prima volta, allo studio di temi come la moda, le arti decorative ed il costume, che
siamo abituati a guardare attraverso la lente deformante delle categorie dell’effimero e del
superfluo: “Le mode sono una medicina destinata a compensare, sul piano collettivo, gli
effetti fatali della dimenticanza. Quanto più un’epoca è effimera, tanto più si orienta
secondo la moda” (Walter Benjamin).
Lo stesso uso del termine ‘vestimenti’ frappone un certo distacco dall’idea che
generalmente si ha di un settore come questo, che tutto par d’essere meno che
sussiegoso, riflessivo, strutturato. Perché “[…] il vero fascino, stimolante e piccante, della
moda sta nel contrasto tra la sua diffusione ampia e onnicomprensiva e la sua rapida,
fondamentale caducità, nel diritto all’infedeltà nei suoi confronti”, suggerisce Georg
Simmel; mettendo in luce tutte le difficoltà di comprensione di un genus complesso, che
per sua intima e sfuggente natura si sottrae a qualsiasi tentativo di ridurlo a ragione.
Per usare ancora le sue parole e comprendere la complessità del lavoro che è stato fatto,
bisogna considerare che “La moda appartiene […] a quel tipo di fenomeni che tendono ad
un’estensione illimitata e a una realizzazione perfetta, ma che con il conseguimento di
questa meta assoluta si contraddirebbero distruggendosi da sé”.
E in effetti, con questo poderoso lavoro di sistematizzazione della conoscenza non si vuol
catalogare il bello. Si vogliono individuare i caratteri del fenomeno e si vuole strutturare il
sapere sulla base di strumenti d’analisi che consentano ad una comunità scientifica,
estremamente ampia come questa – che va dalla sociologia alla semiologia, dalla storia
dell’arte alla psicologia, ecc. – di sperimentare un linguaggio comune. E di poter
dialogare.
Quanto ai valori artistici, mi pare che valgano ancora le parole di Giulio Carlo Argan, che
per la prima volta introduce il tema della moda in quel mondo, ma riconnettendo questo
possibile status al solo riconoscimento dell’intenzionalità: “Come intenzionale
determinazione d’immagine, il costume rientra nell’ordine dei fenomeni estetici, anche se
soltanto le sue forme più elevate attingono a vero valore d’arte”.
In conclusione, va detto che grande merito di tutto ciò va a chi come l’allora Ministro
Antonio Paolucci istituì, nel 1996, la Commissione nazionale per la tutela e la
valorizzazione delle arti decorative della moda e del costume, presieduta da Cristina
Aschengreen Piacenti.
Roberto Cecchi
DIRETTORE GENERALE PER IL PAESAGGIO,
LE BELLE ARTI, L’ARCHITETTURA E L’ARTE CONTEMPORANEE
Presentazione
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Per comprendere la necessità di una nuova scheda di catalogo riferita ai Vestimenti antichi
e contemporanei è necessario far riferimento al concetto di bene culturale così come si è
andato configurando negli ultimi 40 anni: bene culturale inteso non più e non solo come
cosa d’arte, come cioè manufatto di intenzionale valore artistico, ma piuttosto quale
testimonianza materiale avente valore di civiltà.
Un concetto molto ampio, dunque, che non fa più riferimento esclusivamente ad un’idea di
bene d’eccellenza in grado di esprimere l’Arte e la Storia al sommo grado; un’idea piuttosto
legata alla cultura di una società che si fonda e si sostanzia su ciò che quella stessa società
produce.
In questo processo evolutivo il Codice dei beni culturali ha introdotto nell’ambito della
tutela diverse nuove categorie di beni culturali tra i quali spiccano quelli di interesse
etnoantropologico. I costumi e gli abiti antichi, come verrà meglio analizzato nei saggi che
introducono il volume, sono documento storico e testimonianza della volontà d’arte di
determinati contesti culturali, ma anche dato antropologico in senso pieno, specchio di
civiltà, indice di appartenenza, prodotto finale di sistemi di produzione oggi indagati con
attenzione.
Da qui scaturisce la necessità di aggiornare gli strumenti di conoscenza messi a punto negli
anni a partire dalle opere d’arte, per poter scientificamente indagare un patrimonio
culturale che si presenta a questo spunto sterminato quanto eterogeneo.
In questa ottica l’ICCD, Istituto centrale per il catalogo e la documentazione, ha volentieri
accolto il progetto di elaborazione di una scheda per la catalogazione dell’abito antico e
contemporaneo, partito dalla Commissione nazionale per la tutela delle arti decorative,
istituita nel 1996 dal Ministro Antonio Paolucci. Nel corso degli anni, con il coordinamento
scientifico della Galleria del costume di palazzo Pitti e quello metodologico dell’ICCD,
sopravvivendo a svariate riforme dell’amministrazione centrale e periferica del Ministero, il
lavoro si è andato via via articolando e viene oggi pubblicato in forma ricca e completa.
Alla tradizionale scheda di catalogo e relative norme di compilazione si affianca un
Lemmario per la schedatura dell’abito e degli elementi vestimentari, prodotto su CD per
una rapida ed efficace consultazione, che costituisce la guida lessicale per la compilazione
delle voci specifiche del tracciato schedografico allegato a questa pubblicazione.
Uno strumento complesso, che non poteva prescindere da un originale apparato di illustrazioni
messo a punto dai massimi specialisti del settore, per poter conoscere e valorizzare un
patrimonio singolare e diffuso che solo in minima parte è mostrato nei nostri musei.
Laura Moro
DIRETTORE DELL’ISTITUTO CENTRALE
PER IL CATALOGO
E LA DOCUMENTAZIONE
Presentazione
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Vestimenti antichi
e contemporanei.
Scheda VeAC e Lemmario
Strumenti di catalogazione
per la conoscenza
e la tutela di un Patrimonio
Tutelare e valorizzare un abito
Caterina Chiarelli
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I progetti della Commissione nazionale
per la tutela e la valorizzazione
delle arti decorative,
della moda e del costume
Cristina Aschengreen Piacenti
La collezione di abiti del Museo Boncompagni
Ludovisi: un esempio di collezionismo pubblico
nell’ambito del costume e della moda
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Mariastella Margozzi
L’esperienza dei musei
Tessuti, costumi e ori: intrecci tra cultura
popolare e artigianato.
La collezione del Museo nazionale
delle arti e tradizioni popolari
Stefania Massari
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L’elaborazione
della scheda VeAC
Dalla prassi al metodo
Giovanna Damiani
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Per una condivisione delle conoscenze
Elisabetta Giffi
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La nuova scheda di catalogazione
dei vestimenti antichi e contemporanei
Roberta Orsi Landini
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Scheda VeAC
Vestimenti antichi
e contemporanei
versione 3.01
Scheda VeAC
Vestimenti antichi
e contemporanei
versione 3.01
Schema della struttura
dei dati
Norme per la compilazione
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I progetti
della Commissione
nazionale per la tutela
e la valorizzazione
delle arti decorative,
della moda
e del costume
Cristina Aschengreen
Piacenti
DIRETTORE DEL MUSEO STIBBERT
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Nel 1996 Antonio Paolucci, Ministro per i beni culturali, istituì una Commissione
nazionale per la tutela e la valorizzazione delle arti decorative, della moda e del costume,
da me presieduta. I componenti della Commissione – Alessandra Mottola Molfino, Sandra
Pinto, Maria Luisa Polichetti e Bonizza Giordani Aragno – designati per la loro specifica
competenza, avevano il compito di studiare i criteri relativi alla progettazione e alla
realizzazione di un archivio informatizzato di immagini e di dati anche anagrafici, su tali
beni. La raccolta dei dati doveva permettere, tramite il collegamento in rete, lo scambio
ed il confronto di informazioni fra istituzioni italiane e straniere. La Commissione inoltre
poteva promuovere iniziative a carattere culturale e normativo, d'intesa con le
Soprintendenze e l’Istituto centrale per il catalogo e la documentazione, per lo sviluppo
delle attività connesse alla tutela di questa particolare tipologia di beni. Laura Ximenes
curava la segreteria della Commissione, che operava presso l’Ufficio centrale per i beni
archeologici, architettonici, artistici e storici diretto da Mario Serio.
Era il momento in cui l’attenzione del Ministero era rivolta in particolare al restauro delle
residenze sabaude in Piemonte e al riallestimento in chiave filologica dei palazzi reali a
cominciare da Palazzo Pitti in Firenze. Inoltre l’emergere di musei del costume e la
produzione di studi inerenti la storia della moda ponevano il problema di un
coordinamento nazionale per la catalogazione di un patrimonio rilevante soprattutto nel
nostro Paese.
La Commissione, a seguito di quanto emerse nelle prime sedute, individuò due aspetti
prioritari e propose la nomina di due gruppi di lavoro esperti nei due settori.
Il primo gruppo doveva interessarsi ai palazzi reali, dei cui inventari patrimoniali e
topografici redatti in Italia dalla metà del Cinquecento si era già avviato lo studio,
facendo emergere l’importanza assunta dal lavoro svolto dai funzionari delle corti del
passato. Attraverso la catena inventariale è stato possibile, infatti, seguire durante i secoli
ogni oggetto, ogni mobile e soprammobile, e determinarne l’appartenenza e la storia. La
raccolta e la sistemazione di queste preziose informazioni, basata essenzialmente sugli
inventari stilati fino al 1911, data in cui le ex residenze reali passarono allo Stato italiano,
ha consentito al gruppo di lavoro presieduto da Enrico Colle e formato da Marco Lattanzi,
Luca Leoncini, Linda Martino e Monica Pignatti, funzionari del Ministero, di presentare al
pubblico, nel 2004, i risultati nel volume Gli inventari delle corti, le guardarobe reali in
Italia dal XVI al XX secolo.
L’altro gruppo di lavoro era formato da tre esperte esterne, Grazietta Butazzi, Roberta Orsi
Landini, Thessy Schoenholzer Nichols e dai funzionari del Ministero Giovanna Damiani,
dell’Ufficio catalogo dell’allora Soprintendenza per i beni artistici e storici di Firenze,
Pistoia e Prato, Elisabetta Giffi, dell’Istituto centrale per il catalogo e la documentazione e
Gianna Piantoni, della Galleria nazionale d’arte moderna. Il gruppo aveva il compito di
predisporre una scheda di catalogazione dell’abito antico e moderno, per la quale era
necessario definire una serie di indicazioni normative di riferimento specifiche e lessici
normalizzati per consentirne un corretto uso da parte dei diversi soggetti interessati,
nonché dizionari terminologici di base per l’individuazione univoca delle varie tipologie di
vestiari, forge e parti componenti l’abito.
Gli esperti, dopo alterne vicende, legate anche alle varie riorganizzazioni del Ministero che
si sono succedute in questi anni, hanno concluso il proprio lavoro con la pubblicazione
dell’attuale volume, che contiene la scheda e la relativa normativa, e al quale è allegato
un CD contenente il dizionario terminologico non soltanto descrittivo ma anche illustrato
da più di 700 disegni. Si tratta della prima scheda ministeriale per la catalogazione di
costumi delle varie epoche e rappresenta un lavoro di grande utilità per gli operatori del
settore. Già da tempo la scheda è stata richiesta da istituzioni pubbliche e private in Italia
e all’estero, dove il progetto è stato apprezzato in modo particolare.
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
Vorrei esprimere la mia grande soddisfazione e anche quella degli altri componenti della
Commissione, che purtroppo non opera più da qualche anno, per i risultati raggiunti,
sottolineando l’entusiasmo di tutti coloro che con il proprio costante impegno hanno
portato a compimento un progetto che si è rivelato in corso d’opera più complesso del
previsto. E vorrei in particolare ringraziare Laura Ximenes che ha tenuto il coordinamento
di entrambi i gruppi di lavoro: senza la sua tenacia e professionalità non si sarebbe mai
arrivato a questo risultato.
Introduzione
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L’esperienza dei musei
Tutelare e valorizzare
un abito
Caterina Chiarelli
DEL
DIRETTORE DELLA GALLERIA
COSTUME DI PALAZZO PITTI
Cosa significa conservare, tutelare e promuovere le opere custodite in un museo dedicato alla
storia della moda, ovvero gli abiti e i loro accessori?
E prima di tutto, cosa comportano queste operazioni?
Talvolta può voler dire salvare in extremis un capo d’abbigliamento dopo che è stato modificato,
riadattato, magari per lasciarsi indossare a distanza di anni dalla stessa persona che nel frattempo ha cambiato le misure, così come è cambiata la moda, e ancora dopo che lo stesso
capo è stato indossato dagli eredi, magari in occasione di qualche festa di carnevale, da cui
l’abito esce guarnito di macchie e/o di strappi.
Salvare un abito può significare toglierlo da una cassa dove giaceva da decenni e, scoperto
che il tessuto di seta impregnata di sali minerali si degrada trinciandosi al solo sollevarlo,
trovarsi a decidere se e come intervenire: portarlo nel Laboratorio di restauro e sottoporlo ad
una attenta valutazione per recuperare il più possibile, magari ricostruendolo parzialmente
dopo aver realizzato un cartamodello, oppure optare per la sua fine, lasciandolo così come è
stato trovato. Su una decisione del genere influiscono naturalmente molti fattori che insieme
possono contribuire a identificare il capo in un’opera d’arte: la preziosità e la singolarità del
manufatto, nonché la storia dell’abito, la conoscenza della persona cui è appartenuto, l’eventuale circostanza in cui è stato indossato.
Selezione espositiva 2000
“Le collezioni. Costumi e accessori
dal XVIII al XX secolo”
Abiti femminili dal 1780 ca. al 1837-38
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Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
Altra decisione importante è quella di acquisire un capo d’abbigliamento in condizioni pessime,
pur consapevoli di una quasi totale improbabilità di esporlo se non come frammento, avendone
constatato la rarità o l’unicità sia per le sue peculiarità tecnico-esecutive, sia per la qualità
dei materiali, sia infine, per la già sottolineata storia dell’abito.
Trovo interessante fare alcune considerazioni in merito alla conflittualità insita nel concetto
di conservare. Quando l’abito o l’accessorio hanno ritrovato il loro originario splendore, al
termine di un restauro, o quando un capo d’abbigliamento si trova già in condizioni perfette
e magari è pure cronologicamente vicino a noi, musealizzarlo costituisce un’operazione difficile
che comporta alcune riflessioni. Prendere infatti un abito che vive di una tridimensionalità in
movimento, assecondando il corpo in azione, e bloccarlo su un manichino caratterizzato da
una tridimensionalità statica, per di più isolandolo all’interno di una vetrina, significa snaturare
l’abito; fare un’operazione equivalente a chiudere entro una teca di cristallo una statua posta
al centro di un giardino, impedendo così che venga bagnata dalla pioggia o che ci si avvicinino
gli uccelli.
Allontanare l’abito dal corpo che lo indossa significa quindi togliergli la vita, ma attuando
un’altra operazione che compensa la prima di questa perdita: si toglie infatti l’abito alla vita
per consegnarlo alla storia, ed è a questo punto che si presentano le innumerevoli problematiche
relative alla sua conservazione.
Completo femminile in tre pezzi (Tailleur)
Manifattura italiana (Firenze), 1912 ca.
Etichetta: "E.Brunetti / Robes et
Confetions / Florence"
Proprietà: Galleria del costume
di Palazzo Pitti, Firenze
Inventario: T.A. 8583-5
Provenienza: Emilia Falorni Balotta
Acquisizione: dono Liliana Balotta
Foto: Paolo Bacherini
L’esperienza dei musei
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È a questo punto che ha inizio il compito del curatore di un museo, che consiste nel tutelare
e valorizzare il patrimonio che esso stesso contiene, patrimonio che, pur rimanendo nell’ambito
di manufatti tessili, si configura alquanto eterogeneo e richiede l’adozione di metodologie di
intervento diversificate.
Quando un’opera si appresta ad entrare in un museo le fasi operative che la vedono protagonista
sono le seguenti: acquisizione, manutenzione, restauro (se necessario), ed infine esposizione e
successivo collocamento in deposito, o viceversa. Terminato questo ciclo la stessa opera può
esser sottoposta nuovamente ad intervento di manutenzione e ancora esposta per periodi più
o meno brevi da valutare di volta in volta in relazione al suo stato di conservazione.
Assumiamo come campione di queste operazioni la Galleria del costume di Palazzo Pitti, le cui
collezioni di abiti e accessori raccontano la storia della moda dal XVIII secolo a oggi1.
Il primo passo è il procedimento di acquisizione che vede l’opera offerta in dono o in vendita
entrare in Galleria il più delle volte preceduta da una documentazione fotografica, per essere
esaminata, soprattutto nei casi più problematici, da una commissione di esperti. A questo
proposito è opportuno far presente che per la Galleria del costume, così come per la maggior
Giacchina femminile
Franco Moschino,
Collezione Primavera-Estate 1993
Etichetta: "Moschino / Couture /
Moschino Cruise / Me / Baby /
Made in Italy".
Proprietà: Galleria del costume
di Palazzo Pitti, Firenze
Inv. G.G.C. 2521
Provenienza: Moschino S.p.a.
Acquisizione: dono Cecilia Torricelli
Foto: Paolo Bacherini
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Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
1. Le collezioni della Galleria del costume di
Palazzo Pitti comprendono abiti e
accessori di moda dal XVIII secolo ad oggi,
costumi teatrali e oggetti legati alla cura
della persona; a questi si aggiungono gli
abiti funebri restaurati di Cosimo I de’
Medici, don Garzia ed Eleonora di Toledo,
ed infine figurini e bozzetti per costumi e
tessuti; indumenti di manifattura
orientale e gioielli. Sono annesse alla
suddetta Galleria anche altre raccolte di
manufatti tessili, parte delle quali legate
storicamente a Palazzo Pitti, quali i parati
liturgici provenienti dalla Cappella
Palatina, parati, galloni e passamanerie
del “Fondaco di Palazzo Pitti” (rimanenze
di tappezzerie ancora in opera nelle sale
del Palazzo e di altre residenze medicee);
il deposito degli arazzi della
Soprintendenza speciale P.S.A.E. e per il
Polo museale fiorentino che include gran
parte dell’arazzeria medicea; i tappeti di
Palazzo Pitti.
2. Sulla sinergia delle attività che si
svolgono nei tre spazi vedi: C. Chiarelli,
Dal guardaroba al museo. Dinamismo e
metamorfosi della Galleria del Costume,
Livorno, Sillabe, 2009.
3. Nei depositi di altri musei, quali ad
esempio il Musée de la Mode de la Ville
de Paris, a Palais Galliera.
parte dei musei italiani e stranieri, le donazioni sono una fonte essenziale di sostentamento,
essendo gli acquisti comprensibilmente ben più sporadici; è tuttavia assolutamente indispensabile vagliare attentamente ogni proposta.
Sulla decisione di accettare o respingere l’offerta incide la rilevanza di quest’ultima sotto il
profilo storico, artistico, tecnico, merceologico, nonché l’esistenza di un apparato documentario
a corredo dell’opera, fra cui etichette o disegni, oltre a note storiche relative ai proprietari
dell’abito e alla manifattura; di fondamentale importanza sono la verifica dello stato di conservazione e una prima valutazione dell’entità di eventuali danni subiti dall’oggetto, in previsione di interventi di restauro. Uno stato di conservazione precario e l’esistenza accertata di
esemplari analoghi all’interno della stessa collezione, precedentemente acquisiti e già inventariati, possono precludere l’accettazione dell’offerta in dono o in vendita.
Nel caso di valutazione positiva, la pratica, corredata da una relazione e da documentazione
fotografica, viene inoltrata alla Direzione generale del Ministero per l’accettazione. Nel frattempo essa viene trattenuta nel laboratorio di restauro e messa in sicurezza sottoponendola
ad un primo intervento di manutenzione per asportarne eventuali tarme o larve di insetti e
muffe.
Con l’arrivo dell’accettazione ministeriale e pertanto ratificata l’appartenenza dell’opera allo
Stato, con destinazione nel nostro caso alla Galleria del costume, l’abito o l’accessorio riceve
un numero di inventario, ne viene collocata la documentazione in archivio e viene registrato
nel programma di precatalogazione informatizzato della Galleria che precede una possibile
schedatura dell’ICCD (scheda VeAC), con la quale peraltro il suddetto programma è compatibile.
Arrivata a questo punto l’opera può seguire due percorsi: se la prospettiva di esposizione è
imminente e necessita di un intervento di restauro, essa rimane all’interno del laboratorio per
il tempo richiesto dall’operazione, per poi venire indossata da un manichino e collocata all’interno di una vetrina espositiva, altrimenti passa al deposito.
Laboratorio di restauro, spazi espositivi e deposito sono i tre ambienti all’interno dei quali si
attuano gli articolati procedimenti di conservazione e valorizzazione degli abiti e degli accessori2; nel primo si prendono le decisioni più risolutive sempre nell’intento e nel tentativo di ricondurre il capo il più possibile vicino a come si presentava in origine.
Per spazi espositivi si intendono le sale interne al museo così come le sedi espositive esterne
allestite in occasione di mostre; sono spazi dedicati alla valorizzazione e alla promozione, ma
dove è indispensabile non allontanarsi mai dall’ottica della conservazione, sia durante il procedimento di vestizione e svestizione dell’abito su manichino – che non deve comportare
alcuno stress per l’abito, avendo cura di scegliere un manichino idoneo per forma e misure –
sia nel corso della permanenza in vetrina durante la quale il manufatto tessile deve godere di
un microclima ideale e deve essere investito da deboli fasci di luce.
Ma è nel deposito che l’opera è destinata a trascorrere la maggior parte del suo tempo;
questo è il luogo dove si effettua una continua manutenzione, soprattutto mantenendo
umidità e temperatura costanti, in assenza di luce. Fondamentalmente si risolve nell’ambiente
più confortevole per l’abito: almeno per quanto riguarda i depositi, dove si è optato per una
collocazione in orizzontale, indiscriminatamente per i capi più antichi come pure per i più recenti, come si verifica nella stessa Galleria del costume. In economia di spazio, come accade
nel deposito di questo museo, l’abito viene disteso all’interno di scatole appositamente
costruite in cartone non acido e imbottito di carta velina e altri materiali non acidi, onde
evitare il formarsi di pieghe. Altrove3 le opere più preziose e delicate vengono alloggiate in
grandi cassettiere dopo esser state avvolte in teli di ghinea lavata, mentre i capi più moderni
permangono per lo più appesi su gruccia.
Ed ecco che il nostro abito, quello moderno da cui siamo partiti, che, se avesse continuato a
essere indossato, sarebbe ormai logoro e démodé, passerà invece alla storia come testimonianza
culturale espressa in un determinato periodo attraverso forme d’arte, quali l’abbigliamento.
L’esperienza dei musei
17
La collezione
di abiti del Museo
Boncompagni Ludovisi:
un esempio
di collezionismo
pubblico nell’ambito
del Costume
e della Moda
Mariastella Margozzi
DIRETTORE DEL MUSEO BONCOMPAGNI LUDOVISI
PER LE ARTI DECORATIVE, IL COSTUME
E LA MODA DEI SECOLI XIX E XX
Il Museo Boncompagni Ludovisi, aperto nel 1995 e dedicato alle arti decorative, al costume e
alla moda dei secoli XIX e XX, ha acquisito per dono fin dalla sua istituzione una serie cospicua
di abiti e accessori di moda, realizzati sia nella prima metà del secolo, e quindi prodotti da
sartorie specializzate, sia dagli anni Cinquanta in avanti, ossia realizzati dagli atelier d’alta
moda, italiani ma soprattutto romani: Sorelle Fontana, Gattinoni, Carosa, Antonelli, De Luca,
Sorelle Botti, Battilocchi, Marella Ferrera, Germana Marucelli, Angelo Litrico, Lorenzo Riva,
Zecca, Sarli, Mila Schön, Curiel, Capucci, Valentino, Lancetti, Balestra.
A mano a mano che la collezione cresceva, arrivando a raggiungere cinquecento manufatti, la
allora direttrice Gianna Piantoni avviò una campagna di catalogazione dei pezzi, coadiuvata
dall’Accademia d’alta moda di Roma, che in mancanza di un riferimento puntuale nelle normative di catalogazione dell’ICCD, si basava su un’analisi minuziosa di ogni componente dell’abito e dell’accessorio, sia per quanto riguardava i materiali utilizzati sia per le modalità di
confezionamento e, infine, per quanto concerneva lo stato di conservazione e l’indicazione di
eventuali restauri. Indubbiamente il lavoro, raccolto in schede cartacee improvvisate per l’occasione, è stato estremamente lento e faticoso, ma ha significato un approccio importante in
fase di conoscenza del materiale acquisito, indispensabile per stabilire, al di là dello stile dell’abito, le sue caratteristiche costitutive.
Che ci fosse necessità di normare con una scheda specifica dell’ICCD questa tipologia di manufatti è testimoniato dalla partecipazione al gruppo di ricerca ministeriale di Gianna Piantoni,
che durante la direzione del Museo Boncompagni ha dato ampio spazio all’abito d’alta moda,
esponendone in diverse occasioni e ritenendolo la tipologia “principe” del Museo stesso.
Tuttavia, nel corso degli anni e dopo la scomparsa di Gianna Piantoni, ci si è resi conto di
Veduta del Salone del Museo
Boncompagni Ludovisi con esposizione
di abiti e accessori di moda
della Collezione
del Museo Boncompagni Ludovisi.
Foto: Archivio fotografico
Galleria nazionale d’arte moderna
e contemporanea
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Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
quanto fosse necessaria un’attenzione ancora più puntuale al manufatto sia dal punto di
vista dell’appartenenza storica e sociale sia da quello, imprescindibile, della corretta conservazione dei materiali. I tessuti, come si sa, sono oltremodo fragili, come lo sono le cuciture, gli
elementi di aggancio (bottoni, chiusure, automatici, gancetti); pertanto la corretta conservazione è strettamente connessa con la possibilità di intervenire a ‘sanare’ (leggi restaurare) le
parti a rischio di perdita. Inoltre, l’aspetto conservativo non può prescindere da una accurata
e periodica pulizia dei pezzi, che come si sa deve poter prevedere interventi specializzati e
non correnti. Sarà, pertanto, necessario nel tempo approntare anche una scheda relativa sia
alle modalità di conservazione degli abiti (e non solo considerando la loro accezione di manufatti in tessuto) che alle metodologie di intervento di restauro vero e proprio delle parti eventualmente danneggiatesi.
Questa scheda specifica dedicata ai vestimenti antichi e contemporanei, messa a punto dalla
Commissione nazionale per la tutela e la valorizzazione delle arti decorative, della moda e del
costume e dal gruppo di ricerca dell’ICCD, riapre pertanto un capitolo importantissimo nella
storia del Museo Boncompagni che riguarda la collezione degli abiti. La scheda VeAC permette,
infatti, di ripercorrere l’analisi dei singoli pezzi con maggiore precisione, consente di colmare
molti campi conoscitivi prima trascurati, quindi di giungere a una comprensione dei manufatti
a tutto tondo. Infine, è possibile relazionare i vari campi e sistematizzare la conoscenza per categorie di interesse che via via si rendono necessarie. L’uso del vocabolario chiuso permette di
avere sempre terminologie esatte e soprattutto sintetiche per individuare e identificare morfologie,
specifiche tecniche di esecuzione, tessuti impiegati, motivi decorativi, gruppi di omogeneità.
Si tratterà di rimetterci al lavoro, ma per chi opera sul campo e ha a che fare con la gestione
Abiti di Capucci, Sarli e Sorelle Fontana
della Collezione
del Museo Boncompagni
Ludovisi.
Foto: Archivio fotografico
Galleria nazionale d’arte moderna
e contemporanea
L’esperienza dei musei
19
di un patrimonio così singolare, delicato e complesso, la scheda catalografica scaturita dal
gruppo di ricerca consente di ‘aggiustare il tiro’ su molti dei dati acquisiti e di poter forse affrontare in maniera sistematica non solo la conoscenza, ma anche la tutela e la conservazione
di tali particolari materiali, che finalmente con questo riconoscimento entrano a far parte
della categoria dei beni individuati come patrimonio culturale della nazione.
Abiti di Mila Schön, Sarli e Gattinoni
della Collezione
del Museo Boncompagni Ludovisi.
Foto: Archivio fotografico
Galleria nazionale d’arte moderna
e contemporanea
20
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
Tessuti, costumi e ori:
intrecci tra cultura
popolare e artigianato.
La collezione del Museo
nazionale delle arti
e tradizioni popolari
Stefania Massari
DIRETTORE DELL’ISTITUTO CENTRALE
PER LA DEMOETNOANTROPOLOGIA
L’abbigliarsi è uno dei temi centrali della ricerca etnografica pertanto il Museo nazionale delle
arti e tradizioni popolari che fa parte dell’Istituto centrale per la demoetnoantropologia ha
sempre riservato a questo tema un’attenzione particolare e da alcuni anni, attraverso esposizioni ad esso dedicate, ha analizzato gli aspetti e i fattori che ne hanno determinato la fortuna
nel tempo, convinti come scriveva nel 1909 Maffio Maffi che “la storia del costume e dell’abbigliamento … è straordinariamente importante per la rappresentazione ideale di ciò che una
gente volle, amò desiderò sognò e produsse”1. Com’è noto, la raccolta dei costumi conservati
nel Museo fu realizzata in occasione della Mostra di etnografia italiana tenutasi nell’ambito
dell’Esposizione internazionale del 1911 per celebrare il Cinquantenario dell’Unità d’Italia, dall’etnologo Lamberto Loria (1855-1913) che lavorò alacremente per la sua realizzazione e ne fu
l’artefice sia sul piano ideale che materiale. Nel quadro delle celebrazioni romane l’esposizione
fu certamente la manifestazione di maggior richiamo con i vestiti della fine dell’Ottocento e
dei primi del Novecento delle ‘itale genti’ che rappresentavano l’elemento più spettacolare,
una sintesi, secondo le intenzioni degli organizzatori delle tradizioni, del gusto, dei modi di essere del popolo italiano essendo questo materiale etnografico, sulla soglia dell’epoca industriale,
“testimonianza del passato, fissatore del fuggitivo presente… poiché inesauribile, o quasi è la
bellezza che dal fondo dell’anima e delle tradizioni… sono la veste tangibile della poesia d’Italia,
questi costumi luminosi e gaudiosi che si alternano a manti nobilissimi oscuri… in ognuno di
questi rossi e pur mirabili gioielli, in queste fibbie d’argento che rialzano una veste o serrano
una cintura… in queste balze di seta o di merletto… c’è una affermazione di bellezza regionale
che è anche una affermazione di coscienza nazionale”2.
Concetti che ritroveremo qualche decennio dopo in occasione dell’ Esposizione universale di
Roma (E42), che si sarebbe dovuta tenere per celebrare il ventennale del fascismo quando verrà
ipotizzata la creazione di un ‘Museo del costume italiano’ che, partendo dall’abito popolare
avrebbe permesso di riconoscere “le lontane e perenni fonti arcaiche del costume italiano dimostrando come correnti artistiche si perpetuino nell’arte popolare”3.
Mostra Costumi. Gli abiti sardi
dell’Esposizione Internazionale del 1911
(18 maggio – 18 settembre 2005)
L’esperienza dei musei
21
Nella mostra del 1911 il dato etnografico, rappresentato dal costume, diventa il nodo di tutte
le questioni unitamente al ruolo determinante assunto dai raccoglitori nel veicolare le informazioni che sono a corredo degli abiti. In questo senso va sottolineato e messo in evidenza il
rapporto tra l’antropologo e i suoi raccoglitori, che, sul territorio, sono tra i più solerti colla-
Mostra Costumi. Gli abiti sardi
dell’Esposizione Internazionale del 1911
(18 maggio – 18 settembre 2005)
22
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
boratori come Alessandro Roccavilla (1865-1929) Athos Mainardi (1874-1943) Francesco Baldasseroni (1878-1923) o Raffaele Corso (1883-1965). Loria non è soltanto il promotore della
prima Mostra di etnografia italiana e il fondatore insieme a Aldobrandino Mochi (1874-1931)
del Museo di etnografia di Firenze è anche colui che si batterà per la costituzione di un Museo
nazionale di etnografia italiana sogno che, con alterne e complesse vicende, si avvererà solo
in data 20 aprile 1956 quando sarà inaugurato a Roma, nel quartiere Eur, il Museo nazionale
delle arti e tradizioni popolari, dove verranno esposti i manufatti tradizionali del popolo italiano.
Le origini di questa collezione etnografica di costumi tradizionali sono dunque antiche e significative per la storia stessa del Museo che li ospita e parte integrante di una vicenda che è
rappresentativa di un modo di pensare e di essere.
Dal punto di vista etnografico, il numero dei costumi e degli ornamenti tradizionali raccolti e
attualmente conservati – oltre 1.000 abiti e più di 4000 oggetti di oreficeria a corredo degli
abiti – la qualità, i modi e le attenzioni riservati alla loro esposizione, hanno costituito e ancora
costituiscono uno degli aspetti più interessanti della raccolta come osserva la Bernardy “la
quantità e la qualità delle gioie popolari è tale, che da una illuminata considerazione di esse
quasi si potrebbe ricostruire la storia delle invasioni e delle denominazioni, delle influenze estetiche e delle importazioni straniere subite da ciascuna regione nel corso dei secoli” 4.
Il vestito è uno degli elementi chiave della cultura per l’ampia casistica di funzioni, una sorta
di carta di identità di colui che l’indossa un messaggio sociale che produce e determina atteggiamenti e comportamenti: rituali, attività, specializzazioni. L’abito ha costituito, quindi, esempio eccellente per la riflessione sulle differenti culture, caratterizzando le diverse epoche
puntualmente registrate nelle diverse fogge del vestire, il passaggio da abito a costume è esempio eclatante delle trasformazioni generate dalla dinamica sociale la cui origine si può individuare, tra il XVII e il XVIII secolo, nel contesto delle differenziazioni sociali dell’epoca5. Un
processo di differenziazione al quale non è stato secondario il divario che si è formato tra città
Mostra Costumi. Gli abiti sardi
dell’Esposizione Internazionale del 1911
(18 maggio – 18 settembre 2005)
L’esperienza dei musei
23
e campagna a scapito della tradizione per l’indebolimento dei fattori rituali, economici, giuridici
con la conseguenza che l’abito ha cessato di essere l’espressione dell’appartenenza al luogo, al
gruppo sociale e allo status ricoperto. Infatti il costume definisce tali differenze, rappresentandone l’espressione più immediata, così come il materiale con cui nel tempo era stato realizzato, gli stessi tessuti, stoffe, decorazioni, ori, erano e sono ancor oggi indicatori di altrettante
vicende storiche, sociali ed economiche si pensi, per fare un solo esempio, all’importanza rivestita dalla seta come materia preziosa che per suo tramite ha ‘intessuto’ significativi rapporti
tra Oriente ed Occidente.
Un insieme di ornamenti e di accessori completano l’abito tradizionale, indicatori a loro volta
delle trasformazioni culturali, delle differenti interpretazioni della tradizione, di diversificate
questioni collegate alle identità individuali e collettive, significative per la dinamica sociale
del tempo che ancor oggi costituiscono nelle politiche di sviluppo per il nuovo paese, una
risorsa economica fondamentale del made in Italy 6.
1. M. Maffi, L’Esposizione etnografica
del 1911, in “La Tribuna”, 28 giugno 1909,
XXVII, n. 178.
2. A. A. Bernardy, La storia e la gloria
d’Italia dall’Alpe al Mare. Impressioni e
visioni della Mostra Etnografica, in “Il
Giornale d’Italia”, 16 luglio 1911, n. 196.
3. Per la storia dell’Istituzione cfr. S. Massari,
Arti e tradizioni. Il Museo nazionale
dell’Eur, Roma, De Luca editore, 2004.
4. A. A. Bernardy, op. cit.
5. Cfr. G. Sanga (a cura di), L’abbigliamento
popolare italiano, in “La Ricerca
Folklorica”, 1986, n. l4. Per la distinzione
tra abito e costume cfr. G. Bogatyrev,
Semiotica della cultura popolare, Verona ,
Bertani, 1982
6. In Italia il fenomeno moda viene
prevalentemente datato intorno agli anni
settanta del Novecento, ma ci sono
sostenitori della affermazione del made
in Italy a partire dagli anni venti
(Ferragamo). Cfr. E. Merlo, Le origini del
sistema moda, in La Moda, Annali della
Storia d’Italia, n. 19, Torino, Einaudi
[2003], pp. 667-671
24
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
L’elaborazione della scheda VeAC
Dalla prassi al metodo
Giovanna Damiani
SOPRINTENDENZA SPECIALE
ARTISTICO
E ETNOANTROPOLOGICO E PER IL POLO MUSEALE
DELLA CITTÀ DI FIRENZE
PER IL PATRIMONIO STORICO
Quando, nell’ormai lontano 1996, all’allora Soprintendenza per i beni storici e artistici di
Firenze, Prato e Pistoia, si presentò l’occasione, organizzativa e finanziaria, di promuovere un
articolato programma di formazione sulla catalogazione dell’abito inteso nella più ampia accezione del termine, l’impegno si presentò immediatamente oltremodo complesso ma anche
ricco di spunti per la messa a fuoco di una serie di considerazioni di vasta comprensione su
tale patrimonio culturale. L’opportunità si presentava quanto mai propizia potendo contare
su speciali finanziamenti provenienti dall’Amministrazione provinciale di Firenze per progetti
di formazione di alto livello e estremamente qualificati e qualificanti sia sul piano didattico
che per i contenuti scelti. La Soprintenza si orientò sul rilevante patrimonio di abiti antichi e
contemporanei conservati presso la Galleria del costume, oggi facente parte del sistema dei
musei della Soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico e etnoantropologico e
per il Polo museale della città di Firenze, materiale che per la sua specificità e complessità di
approccio non era mai stato analizzato in modo sistematico e approfondito sotto il profilo
catalografico.
Il corso promosso venne articolato in modo interdisciplinare, coinvolgendo docenti di diversa
formazione, non solo storica ma anche tecnica, tecnologica, merceologica e scientifica per
quanto atteneva alle discipline legate alla conservazione e al restauro di manufatti complessi
sia sotto il profilo strutturale che conservativo e avvalendosi non solo del personale tecnicoscientifico della Soprintendenza di riferimento ma anche dell’Opificio delle pietre dure, di
esperti scelti in ambito universitario e della collaborazione dell’Istituto centrale per il catalogo
e la documentazione.
Inoltre venne rivolto ad una tipologia di discenti già laureati in Storia dell’arte e interessati ad
acquisire una specifica e approfondita competenza in materia e quanto più possibile allargata
sul territorio nazionale per fornire su ampio raggio uno strumento nuovo per l’indagine e la
raccolta di informazioni, e la loro sistematica e razionale organizzazione, su una classe di beni
nei confronti della quale era mancata fino a quel momento una specifica attenzione catalografica.
La volontà di coinvolgere giovani provenienti da varie parti d’Italia, in taluni casi già inseriti
in strutture lavorative interessate al tema, si rivelò premiante, ed i frequentatori del Corso intensivo, durato un intero anno per un monte ore giornaliero davvero rilevante, fece sì che al
termine dell’insegnamento essi potessero riportare nelle sedi di provenienza una competenza
specifica da investire o da spendere nei confronti di Amministrazioni e Enti che necessitassero
di catalogatori dotati di un’alta competenza nel settore.
A fronte di ciò si rivelò imprescindibile approntare anche strumenti informatici adeguati alla
registrazione e al recupero di informazioni tanto numerose e complesse che non avrebbero
permesso una diversa e altrettanto agile gestione.
Ma tale esperienza fu determinante per comprendere nell’ottica di una ulteriore riflessione,
gli innumerevoli elementi di specificità e di criticità per affrontare, dai più diversi punti di
vista, manufatti che, già ad un primo elementare approccio, richiedevano competenze non
comuni: conoscenza della storia del costume e del tessuto, della funzione d’uso, nozioni
legate alla corretta conservazione ed esposizione, alla gestione e direzione del restauro, e via
L’elaborazione della scheda VeAC
25
dicendo. Tanto che di lì a seguire la Commissione nazionale per la tutela e la valorizzazione
delle arti decorative, della moda e del costume promosse uno specifico progetto per la messa
a punto di una scheda catalografica elettronica in grado di raccogliere e organizzare, secondo
gli standard stabiliti dall’Istituto centrale per il catalogo e la documentazione, un materiale
informativo tanto variamente articolato.
Il gruppo di lavoro incaricato di definire il modello di scheda per l’abito antico e contemporaneo
si è avvalso, oltre che di personale interno all’Amministrazione, di specialisti del settore di livello
nazionale e internazionale che mettendo a disposizione professionalità e competenze hanno
condotto alla elaborazione di uno strumento catalografico specifico e duttile al tempo stesso.
Partendo dall’esperienza sviluppata nell’ambito del corso di formazione ricordato, il gruppo di
lavoro ha esteso ulteriormente l’indagine, rivolgendo l’attenzione a tutte le categorie potenzialmente rientranti nella definizione di ‘abito’, con una visione a tutto campo a cui la scheda
oggetto della presente pubblicazione fa riferimento. Il lavoro condotto dagli specialisti ha
portato alla predisposizione di vocabolari terminologici relativi alle diverse categorie di abiti,
secondo una progressione dal generale al particolare organizzata per generi e funzioni; si è
concentrato sul riconoscimento e definizione della struttura sartoriale, definendo anche criteri
omogenei per il rilevamento dei relativi dati, ha dato sistematica coerenza alla identificazione
di particolari costruttivi, ma anche di rifinitura e decorativi che concorrono, questi ultimi, alla
migliore definizione dei manufatti in relazione all’ambito sia cronologico che topografico di
produzione.
La complessità di questa particolare tipologia di beni culturali ha reso necessario anche un
lungo e laborioso lavoro di predisposizione di apparati grafici che sintetizzano visivamente
larga parte dei contenuti compresi sia nelle norme di compilazione che nella terminologia
normalizzata, utilizzata nella valorizzazione dei campi in cui la scheda si articola, e dei quali
viene dotata quale strumento didattico agile ed estremamente efficace per facilitare l’identificazione del bene e delle sue componenti e garantire la compilazione del modello di rilevamento dei dati in modo quanto più aderente, corretto e specifico.
26
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
Per una condivisione
delle conoscenze
Elisabetta Giffi
ISTITUTO NAZIONALE PER LA GRAFICA
Creare un archivio elettronico dell’abito antico e moderno per rendere disponibili informazioni
sui caratteri morfologici, tipologici, sartoriali dell’abito, sulla sua funzione d’uso, sulla sua
storia: tale era l’obiettivo fissato nel 1996 dalla Commissione nazionale per la tutela e la valorizzazione delle arti decorative, della moda e del costume. La realizzazione di tale obiettivo
passava necessariamente attraverso la messa a punto di un modello di scheda da utilizzare per
la ricognizione sistematica di detto patrimonio di beni considerato nella sua più ampia
estensione, sì da poter trattare il costume teatrale così come l’uniforme militare, l’abito popolare
tradizionale e quello di sartoria, fino al costume di bambola e a quello di travestimento.
Dietro la definizione di ciascuna tipologia di scheda di catalogo c’è una riflessione approfondita
sulla natura di ciascuna determinata tipologia di beni, le cui caratteristiche peculiari devono
trovare piena evidenza nel modello di rilevamento dati che lo rappresenta, per guidare il catalogatore nella ricognizione secondo un criterio prestabilito e restituire in fase di fruizione i
dati qualificanti per la descrizione del bene e quindi significativi per la sua conoscenza. Ciò
che è interpretativo sfugge alla gestione automatica e, se il dato non è normalizzato secondo
determinati parametri, con difficoltà viene recuperato in fase di ricerca; così la descrizione
del bene culturale è ‘strutturata’ all’interno di uno schema dato e il lessico descrittivo è ‘normalizzato’ mediante l’utilizzo di vocabolari controllati. La scheda di catalogo rappresenta,
dunque, il bene al livello di astrazione necessario per la gestione automatica dei dati che lo
descrivono; la sua definizione pone di fronte a scelte tanto necessarie quanto faticose e
difficili, soprattutto nel caso di beni di natura complessa.
Il caso dei vestimenti antichi e contemporanei è certamente dei più difficili e l’insieme
articolato degli strumenti messi a punto - modello di rilevamento dati, normativa, lemmariocorredati di un amplissimo corredo di grafici illustrativi, evidenzia l’impegno del gruppo di
lavoro a trovare soluzioni di livello alto, tali da garantire l’esito scientifico delle attività di catalogazione, ma non solo. La ricaduta di tale impegno è stata in realtà ben più ampia: è stato
generato infatti una sorta di valore aggiunto dato dall’insieme complessivo delle indicazioni
contenute nelle pieghe della normativa ICCD che, nel definire per la prima volta una metodologia di approccio a tali beni, individuano una serie di passi operativi che possono essere finalmente condivisi con benefici di carattere generale: si pensi ad esempio alle tavole che
esemplificano le modalità di rilevamento delle misure dei diversi elementi, modalità per le
quali non esiste alcuno standard generato dalla prassi.
E non si tratta di aspetti secondari perché anche solo il corretto rilevamento delle misure di
ciascun elemento, o del suo ingombro, interessa la comunicazione tra operatori ed istituzioni
museali per quanto riguarda la gestione dei pezzi per il restauro, per la movimentazione e
l’allestimento espositivo, per il prestito esterno.
La scheda VeAC, già da tempo diffusa in fase di sperimentazione, viene infine pubblicata allineata all’ultima versione delle norme ICCD: per la tipologia considerata ciò realizza alcuni indubbi vantaggi a partire dalla possibilità di gestire, trasferire e condividere quale allegato
multimediale alla scheda di catalogo, oltre alla documentazione fotografica e grafica in
formato digitale, anche la documentazione filmica relativa a sfilate, a documentari d’attualità,
a spettacoli teatrali e cinematografici, fissando così l’immagine viva di un bene che, anche in
quanto catalogato, è riconosciuto parte del patrimonio culturale della collettività.
L’elaborazione della scheda VeAC
27
La nuova scheda
di catalogazione
dei vestimenti antichi
e contemporanei
Roberta Orsi Landini
STORICA DEL TESSUTO E DEL COSTUME
28
Il compito di predisporre una scheda informatica per i costumi non è stato facile. Il costume
o gli oggetti tessili d’abbigliamento sono spesso complessi, non di rado costituiti da differenti
materiali, e confezionati per varie categorie di persone e diverse funzioni. Competenze diverse
occorrono, per esempio, per dare definizioni tecniche corrette di merletti e tessuti operati,
che molto spesso formano la materia prima o una parte importante del capo. Inoltre il linguaggio commerciale o quello fantasioso dei figurini di moda dall’Ottocento ad oggi propone
miriadi di definizioni per le fogge, i colori, i capi che rischiano di rendere impossibile ogni
normalizzazione, se si lascia lo schedatore libero di attingere a suo piacimento in questa
messe sterminata di notizie.
Occorreva dunque mettere ordine e semplificare, basi necessarie per ogni futuro confronto e
ricerca; in pratica studiare un metodo con cui guardare questo particolare tipo di oggetti, non
dimenticando di prevedere nella scheda spazi specifici dove ogni possibile particolarità potesse
trovare adeguata collocazione.
Lo schedatore doveva essere guidato all’osservazione e non trovare possibilità per interventi
personali di fantasia. Si dovevano predisporre campi in cui, una volta entrato nel sistema, egli
potesse dare risposte concrete e semplici.
La scheda, così come si è venuta strutturando in anni di studio ha, a prima vista, un aspetto
quasi minaccioso, con la molteplicità delle sue ‘richieste’; in realtà, una volta compreso il
metodo e seguendo la normativa, il compito è molto più facile e relativamente veloce. Del
resto non è obbligatorio riempire tutti i campi, molti dei quali rispondono a casi particolari.
Tuttavia l’articolazione di ogni parte della scheda non può non prevedere tutte le possibilità
che una collezione di abiti, museale o privata, può presentare. Nella parte relativa all’identificazione dell’oggetto, per esempio, è stato stilato un elenco dei diversi capi o parti di essi che
possono essere stati conservati (da una manica ad un bottone); lo schedatore ha a disposizione
nella normativa le definizioni fra cui scegliere in un vocabolario chiuso. Poiché gli abiti
possono avere diverse finalità, per esempio essere uniformi civili o militari, costumi per il
teatro o per Carnevale, è stata individuata la categoria cui va ascritto il capo da analizzare e
la sua funzione o l’occasione specifica per cui è stato confezionato, all’interno di definizioni
anch’esse preordinate. Ancora: poiché capi particolari hanno avuto storicamente nomi specifici,
e analogamente capi moderni hanno trovato definizioni commerciali d’uso comune, è stato
previsto anche un campo in cui queste definizioni possano trovare luogo, senza essere ristrette
in un elenco predisposto, cioè in un vocabolario chiuso.
L’individuazione, per certi tipi di oggetti, come abito, sopravveste, sottabito, manica, pantaloni,
etc., di alcune tipologie sartoriali, cioè di forme chiaramente riconoscibili - spesso tipiche di
determinate mode o periodi storici -, permette inoltre un’immediata individuazione che rende
superflua una descrizione discorsiva, favorendo invece una ricerca specifica, che può risultare
particolarmente interessante anche fra oggetti di epoche diverse.
La scelta di quali definizioni accreditare e di quali relegare nel campo di quelle storiche e
commerciali non è stata naturalmente facile; in alcuni casi potrà parere arbitraria o quantomeno
discutibile; tuttavia il criterio-guida con cui sono state selezionate corrisponde prima di tutto
alla necessità di utilizzare un vocabolario comune, spesso frutto di una scelta convenzionale;
in ogni caso quanto di più ‘comprensivo’ quella definizione può permettere. È fondamentale
e indispensabile per ogni ricerca che tutti coloro che analizzano gli abiti antichi e moderni
usino le stesse definizioni e gli stessi vocaboli. Nello studio della strutturazione della scheda,
il problema della creazione di un vocabolario comune è apparso subito come l’aspetto fondamentale, ma più arduo da affrontare.
Alla normativa per la compilazione corretta dei campi individuati, è stato dunque affiancato
un vocabolario, presentato in veste informatica, frutto di lunghi mesi di lavoro a cui ha
prestato il suo prezioso contributo scientifico Grazietta Butazzi: ogni termine è descritto, illustrato graficamente e fornito dei links necessari; viene indicato inoltre il campo in cui può
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
o deve essere eventualmente usato. È possibile per lo schedatore verificare o fare una ricerca
per conoscere la definizione ‘corretta’ che deve obbligatoriamente utilizzare.
La scheda viene dunque alla luce, corredata di uno strumento di lavoro in più, che è indubbiamente quello più utile e innovativo. E quello, naturalmente, che ha richiesto lo sforzo più
impegnativo e le scelte più difficili.
Anche nelle regole per la compilazione della scheda sono inseriti chiari disegni esplicativi, di
mano, come gli altri, di Thessy Schoenholzer Nichols. Essi sono necessari per mostrare, per
esempio, come si prendono le misure di capi complessi, ma forniscono anche esempi di come
redigere correttamente i campi di alcune tipologie storiche, soprattutto quelli che riguardano
la struttura sartoriale. La struttura sartoriale di certi abiti, infatti, sia di particolari periodi,
antichi e moderni, risulta di difficile descrizione, per la complessità del taglio e degli elementi
costitutivi. La distinzione fra abiti semplici e abiti complessi e l’aumento, per questi ultimi, del
numero dei campi, in modo da analizzare ogni singola parte di essi, si è rivelata, alle verifiche
pratiche, funzionale e meglio rispondente alla comprensione, anche visiva, dell’oggetto stesso.
In pratica si tratta di verificare come è stato costruito il modello, tagliando e assemblando
quanti teli o parti diverse di tessuto, dando di ognuna conto della posizione e delle misure
fondamentali che possono caratterizzare il risultato finale. Per maniche, tasche, colli o scolli,
allacciature sono previsti campi particolari e tipologie cui fare riferimento, evitando anche in
questo caso l’intervento descrittivo ed arbitrario dello schedatore.
Un altro settore di difficile compilazione per la varietà e molteplicità di possibili soluzioni è
quella della descrizione dei motivi decorativi delle stoffe o delle applicazioni, cui si è cercato
di fornire una linea logica, nell’ordine di individuazione – sfondo, tema principale - e nella
scelta del vocabolario da utilizzare, raggruppando le forme decorative per grandi gruppi di riferimento.
Per concludere: il risultato ottenuto, la scheda di catalogo informatizzata dei vestimenti
antichi e moderni, risponde alla necessità di educare i compilatori nel loro compito, costringendoli a seguire piste già tracciate, procedendo per gradi in un ordine logico e utilizzando
un vocabolario comune. Solo così sarà possibile costruire una banca dati che agevoli ricerche
e confronti, utili e necessari per delineare il panorama di questa particolare attività artigianale
e artistica insieme. Adottata dalle istituzioni museali, permetterà un confronto fra i singoli
pezzi delle diverse collezioni, rivelando sicuramente aspetti che nella frammentarietà degli
studi attuali sono rimasti in ombra; fornirà elementi necessari per delineare in modo più
corretto ed esaustivo la conoscenza delle diverse sartorie e particolarità di lavorazione, italiane
ed estere. Possiamo quindi augurarci che la sua adozione sul territorio nazionale e nell’ambito
di particolari progetti, come quello degli Archivi di moda del Novecento, confermi la sua
validità nell’assolvere la funzione per la quale è stata concepita e realizzata.
L’elaborazione della scheda VeAC
29
Strutturazione dei dati delle schede di catalogo
Scheda VeAC
Vestimenti antichi e contemporanei
versione 3.01
Schema della struttura dei dati
LEGENDA
CD
32
PARAGRAFO
NCT
CAMPO STRUTTURATO
NCTR
ESC
*
(*)
Sottocampo
Campo semplice
Obbligatorietà assoluta
Obbligatorietà di contesto
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
Lung
CD
CODICI
TSK
LIR
Tipo scheda
Livello ricerca
NCT
CODICE UNIVOCO
NCTR
Codice regione
NCTN
NCTS
ESC
ECP
EPR
Numero catalogo generale
Suffisso numero catalogo generale
Ente schedatore
Ente competente
Ente proponente
RELAZIONI
RVE
STRUTTURA COMPLESSA
RVEL
RVER
Livello
Codice bene radice
RSE
RELAZIONI DIRETTE
RSER
RSET
RSEC
ROZ
RSP
Tipo relazione
Tipo scheda
Codice bene
Altre relazioni
Codice scheda pregressa
Obbl.
Voc
*
4
5
*
*
si
si
*
2
*
si
8
2
25
25
25
*
si
si
si
si
si
Lung
RV
Rip
*
*
Rip
25
25
Obbl.
Voc
(*)
si
70
10
25
25
25
(*)
(*)
(*)
si
si
si
si
Scheda VeAC 3.01 Struttura dati
33
AC
ALTRI CODICI
ACC
ACI
Altro codice
Codice internazionale
ACS
SCHEDE CORRELATE
ACSE
ACSC
ACSS
Ente
Codice
Specifiche
Lung
Rip
150
25
si
PVC
PVCS
PVCR
PVCP
PVCC
PVCL
PVCE
PVL
PVE
Rip
Obbl.
*
LOCALIZZAZIONE GEOGRAFICO AMMINISTRATIVA ATTUALE
*
LDC
COLLOCAZIONE SPECIFICA
LDCT
LDCQ
LDCN
LDCU
LDCM
LDCS
Tipologia
Qualificazione
Denominazione
Denominazione spazio viabilistico
Denominazione raccolta
Specifiche
34
(*)
(*)
LOCALIZZAZIONE
GEOGRAFICO
– AMMINISTRATIVA
Stato
Regione
Provincia
Comune
Località
Località estera
Altra località
Diocesi
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
Voc
si
25
25
100
Lung
LC
Obbl.
50
25
3
50
50
250
250
50
*
*
*
*
Voc
si
si
si
si
si
si
si
*
50
50
80
250
70
250
si
si
Lung
LA
ALTRE LOCALIZZAZIONI
GEOGRAFICO
– AMMINISTRATIVE
TCL
Tipo di localizzazione
PRV
LOCALIZZAZIONE GEOGRAFICO
- AMMINISTRATIVA
PRVS
PRVR
PRVP
PRVC
PRVL
PRVE
PRL
PRE
Stato
Regione
Provincia
Comune
Località
Località estera
Altra località
Diocesi
PRC
COLLOCAZIONE SPECIFICA
PRCT
PRCQ
PRCD
PRCU
PRCM
PRCS
Tipologia
Qualificazione
Denominazione
Denominazione spazio viabilistico
Denominazione raccolta
Specifiche
PRD
DATA
PRDI
PRDU
Data ingresso
Data uscita
Rip
Obbl.
Voc
(*)
si
si
40
50
25
3
50
50
250
250
50
50
50
80
250
70
250
si
si
si
si
si
si
si
si
si
25
25
Scheda VeAC 3.01 Struttura dati
35
Lung
UB
Obbl
Voc
UBICAZIONE
E DATI PATRIMONIALI
INV
INVENTARIO
INVA
INVD
Denominazione
Data
500
50
INVC
INVN
INVP
Collocazione
Numero
Riferimento alla parte
50
100
500
STI
STIMA
STIS
STID
STIM
Stima
Data stima
Motivo della stima
si
CS
Tipo di localizzazione
CTS
LOCALIZZAZIONE CATASTALE
CTSC
CTSF
CTSN
Comune
Foglio/Data
Particelle
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
(*)
25
50
100
LOCALIZZAZIONE
CATASTALE
CTL
(*)
si
Lung
36
Rip
(*)
si
Rip
Obbl.
Voc
(*)
si
si
40
50
25
500
si
(*)
si
si
(*)
(*)
(*)
Lung
GP
GEOREFERENZIAZIONE
TRAMITE PUNTO
GPL
Tipo di localizzazione
Rip
Obbl.
Voc
(*)
si
si
40
GPD
DESCRIZIONE DEL PUNTO
(*)
GPDP
PUNTO
(*)
GPDPX
GPDPY
Coordinata X
Coordinata Y
GPC
CARATTERISTICHE DEL PUNTO
GPCT
GPCL
GPM
GPT
GPP
Tipo
Quota s.l.m.
Metodo di georeferenziazione
Tecnica di georeferenziazione
Proiezione e Sistema di riferimento
GPB
BASE DI RIFERIMENTO
GPBB
GPBT
GPBO
Descrizione sintetica
Data
Note
12
12
(*)
(*)
50
12
70
70
12
(*)
(*)
(*)
si
si
si
(*)
20
10
250
(*)
(*)
Scheda VeAC 3.01 Struttura dati
37
Lung
OG
OGGETTO
OGGETTO
OGTD
OGTC
OGTE
Definizione
Categoria
Componenti esistenti
70
70
100
OGTF
OGTG
OGTT
OGTS
OGTN
OGTA
OGTR
OGTQ
OGTV
OGTL
Funzione / occasione
Genere
Tipologia del modello
Definizione storica / commerciale
Nome del modello
Appartenenza
Grado
Qualifica
Soggetto del personaggio / travestimento
Finalità del costume / travestimento
70
70
100
100
100
70
70
70
100
100
QNT
QUANTITÀ
QNTN
QNTC
QNTS
Numero
Complementi
Quantità non rilevata
CRONOLOGIA
DTZ
CRONOLOGIA GENERICA
DTZG
DTZS
Fascia cronologica di riferimento
Frazione cronologica
DTS
CRONOLOGIA SPECIFICA
DTSI
DTSV
DTSF
DTSL
DTM
ADT
Da
Validità
A
Validità
Motivazione cronologia
Altre datazioni
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
*
Voc
si
si
si
si
si
si
si
25
100
2
Lung
DT
Obbl.
*
*
OGT
38
Rip
si
Rip
Obbl.
Voc
*
*
50
25
*
15
4
15
4
250
250
(*)
si
si
(*)
si
si
*
si
si
Lung
AU
Rip
Obbl.
Voc
DEFINIZIONE CULTURALE
AUT
AUTORE/RESPONSABILITÀ
AUTR
NCUN
AUTN
Ruolo
Codice univoco ICCD
Autore/Nome scelto
50
8
150
AUTA
AUTH
AUTM
AUTO
Dati anagrafici/Periodo di attività
Sigla per citazione
Motivazione dell’attribuzione
Modello di riferimento
100
8
50
250
ATB
AMBITO SARTORIALE / PRODUZIONE
ATBD
ATBM
AAT
Denominazione
Motivazione dell’attribuzione
Altre Attribuzioni
CMM
COMMITTENTE / ACQUIRENTE
CMMN
CMMD
CMMC
CMMF
Nome
Data
Circostanza
Motivazione
FRU
FRUITORE
FRUN
FRUD
FRUC
FRUF
Nome
Data
Circostanza
Fonte
si
si
(*)
si
(*)
(*)
(*)
si
(*)
(*)
si
si
150
250
100
si
si
si
100
50
250
250
si
(*)
si
si
100
50
100
100
(*)
Scheda VeAC 3.01 Struttura dati
39
Lung
MT
DATI TECNICI
MATERIA
MTCF
MTCT
MTCA
Fibra/ materia
Tecnica
Analisi
50
50
50
MTCC
MTCD
MTCN
MTCP
Colore
Decorazione
Tecnica di produzione
Posizione
70
100
70
100
MTF
FODERA/ STRUTTURA INTERNA
MTFO
MTFF
MTFT
MTFC
MTFP
Tipologia
Fibra / Materia
Tecnica
Colore
Posizione
MII
MISURE INGOMBRO
MIIA
MIIL
MIIP
Lunghezza totale massima
Larghezza totale massima
Profondità / Altezza
MIS
MISURE BASE
MISR
MISD
MISS
MISP
MISV
MISF
MISO
Lunghezza totale parte anteriore
Lunghezza totale parte posteriore
Larghezza dorso
Circonferenza petto
Circonferenza vita
Circonferenza fianchi
Circonferenza orlo
MIM
MISURA MANICHE
MIMA
MIML
Lunghezza esterna / interna
Larghezza massima / minima
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
Obbl.
Voc
*
MTC
40
Rip
si
(*)
(*)
si
si
si
50
50
50
70
100
50
59
50
(*)
(*)
si
si
si
70
70
70
70
70
70
70
70
70
si
Lung
DA
Obbl.
Voc
DATI ANALITICI
/ STRUTTURA SARTORIALE
DES
DESCRIZIONE
DESO
Oggetto
STS
STRUTTURA SEMPLICE
STSU
STSD
Struttura oggetti bidimensionali
Parte anteriore indumenti
tridimensionali semplici
Parte posteriore indumenti
tridimensionali semplici
STSV
Rip
SRC
STRUTTURA COMPLESSA
SRCR
SRCV
SRCI
SRCD
Parte superiore davanti abiti complessi
Parte superiore retro abiti complessi
Parte inferiore avanti abiti complessi
Parte inferiore retro abiti complessi
SRM
STRUTTURA MANICA
SRMT
SRMS
SRMF
Tipologia manica
Struttura manica
Parte terminale manica
4000
250
250
250
250
250
250
250
250
250
250
si
250
250
250
250
250
250
250
500
si
si
SRE
STRUTTURA ELEMENTI
SREC
SRET
SREP
SREA
SREZ
SREB
SREM
SREU
Tipologia collo/ scollo
Tipologia tasche
Posizione tasche
Tipologia chiusura/ allacciatura
Posizione chiusura/ allacciatura
Tipologia bottone
Forma/ Materia/bottone
Cuciture
EDA
ELEMENTI DECORATIVI
E/O APPLICATI
EDAT
Tipologia
70
EDAM
EDAC
EDAV
EDAP
Materia / Colore
Tecnica
Motivi
Posizione
70
70
70
250
si
si
(*)
si
si
➥ segue
Scheda VeAC 3.01 Struttura dati
41
Lung
ISR
ISCRIZIONI
ISRT
ISRP
ISRI
Tipo di caratteri
Posizione
Trascrizione
STM
STEMMI, EMBLEMI, MARCHI
STMC
STMQ
STMI
STMP
STMD
NSC
Classe di appartenenza
Qualificazione
Identificazione
Posizione
Descrizione
Notizie storico-critiche
CO
CONSERVAZIONE
STC
STATO DI CONSERVAZIONE
STCP
STCD
STCC
STCS
STCM
Riferimento alla parte
Data
Stato di conservazione
Indicazioni specifiche
Modalità di conservazione
RIADATTAMENTO/MODIFICA
RIAD
RIAP
RIAM
Data
Riferimento alla parte
Descrizione intervento
42
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
Obbl.
Voc
si
50
100
2000
si
(*)
si
50
50
100
100
500
5000
Lung
RIA
Rip
(*)
(*)
Rip
Obbl.
si
*
*
500
25
50
500
500
*
si
25
500
500
si
si
Voc
si
Lung
RS
Rip
Voc
RESTAURI
RST
RESTAURI
RSTP
RSTD
RSTT
Riferimento alla parte
Data
Descrizione intervento
500
25
250
RSTE
RSTN
RSTR
RSTO
Ente responsabile
Nome operatore
Ente finanziatore
Note
250
250
250
1000
si
si
Lung
Rip
TU
Obbl.
si
(*)
CONDIZIONE GIURIDICA
E VINCOLI
ACQ
ACQUISIZIONE
ACQT
ACQN
ACQD
ACQL
Tipo acquisizione
Nome
Data acquisizione
Luogo acquisizione
CDG
CONDIZIONE GIURIDICA
CDGG
CDGS
CDGI
Indicazione generica
Indicazione specifica
Indirizzo
NVC
PROVVEDIMENTI DI TUTELA
NVCT
NVCE
NVCD
NVCI
Tipo provvedimento
Estremi provvedimento
Data notificazione
Estremi provvedimento in itinere
ALN
MUTAMENTI POSSESSO/
DETENZIONE/CONDIZIONE MATERIALE
ALNT
ALND
ALNN
Tipo evento
Data evento
Note
ESP
ESPORTAZIONI
ESPT
ESPU
ESPD
Tipo licenza
Ufficio
Data emissione
Obbl.
Voc
*
50
70
25
50
(*)
si
(*)
*
50
250
250
*
si
si
si
z
si
50
25
25
25
(*)
si
(*)
si
(*)
(*)
(*)
si
si
si
25
25
250
si
50
25
25
Scheda VeAC 3.01 Struttura dati
43
Lung
DO
Rip
FONTI E DOCUMENTI
DI RIFERIMENTO
DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA
FTAX
FTAP
Genere
Tipo
25
50
FTAA
FTAD
FTAE
FTAC
FTAN
FTAT
FTAF
FTAS
Autore
Data
Ente proprietario
Collocazione
Codice identificativo
Note
Formato
Specifiche
50
25
250
50
25
250
25
250
DOCUMENTAZIONE GRAFICA
DRAX
DRAT
DRAO
DRAS
DRAE
DRAC
DRAN
DRAA
DRAD
Genere
Tipo
Note
Scala
Ente proprietario
Collocazione
Codice identificativo
Autore
Data
VDC
DOCUMENTAZIONE
VIDEO-CINEMATOGRAFICA
Voc
*
FTA
DRA
Obbl.
si
*
*
*
si
si
*
si
25
50
250
25
250
50
25
50
25
(*)
(*)
si
si
(*)
si
VDCX
Genere
25
(*)
si
VDCP
VDCR
VDCD
VDCE
VDCA
VDCC
VDCN
VDCT
Tipo
Autore
Data
Ente proprietario
Titolo
Collocazione
Codice identificativo
Note
50
50
25
250
50
50
25
250
(*)
si
(*)
➥ segue
44
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
Lung
REG
DOCUMENTAZIONE AUDIO
REGX
REGP
REGA
REGD
REGE
REGZ
REGC
REGN
REGT
Genere
Tipo
Autore
Data
Ente proprietario
Titolo
Collocazione
Codice identificativo
Note
FNT
FONTI E DOCUMENTI
FNTX
FNTP
FNTA
FNTT
FNTD
FNTF
FNTN
FNTS
FNTI
Genere
Tipo
Autore
Denominazione
Data
Foglio/Carta
Nome archivio
Posizione
Codice identificativo
ADM
ALTRA DOCUMENTAZIONE
MULTIMEDIALE
Rip
Obbl.
Voc
(*)
(*)
si
si
si
25
50
50
25
250
250
50
25
250
(*)
si
25
50
50
250
25
25
250
50
25
(*)
(*)
si
si
(*)
(*)
(*)
(*)
si
ADMX
ADMP
Genere
Tipo
25
50
ADMA
ADMD
ADME
ADMC
ADMN
ADMT
Autore
Data
Ente proprietario
Collocazione
Codice identificativo
Note
50
25
250
50
25
250
(*)
(*)
si
si
(*)
Scheda VeAC 3.01 Struttura dati
45
Lung
BIB
BIBLIOGRAFIA
BIBX
NCUN
BIBA
BIBD
Genere
Codice univoco ICCD
Autore
Anno di edizione
25
8
250
10
BIBH
BIBN
BIBI
BIL
Sigla per citazione
V., pp., nn.
V., tavv., figg.
Citazione completa
8
50
50
500
BSE
BIBLIOGRAFIA SU SUPPORTO
ELETTRONICO
BSEX
BSES
BSEA
BSET
BSEL
BSEE
BSED
BSEN
BSER
BSEC
BSEK
BSEI
Genere
Tipo di supporto
Autore/Curatore dell’opera
Titolo dell’opera
Luogo di edizione
Editore/Produttore/Distributore
Data di edizione
Edizione
Autore del contributo
Titolo del contributo/parte componente
Specifiche
Indirizzo di rete
MST
MOSTRE
MSTT
MSTL
MSTS
Titolo
Luogo, sede espositiva, data
Specifiche
46
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
Rip
Obbl.
Voc
(*)
si
si
(*)
(*)
(*)
si
si
25
50
150
250
250
150
25
25
150
250
50
250
(*)
si
500
500
500
si
(*)
(*)
Lung
AD
Rip
ACCESSO AI DATI
ADS
SPECIFICHE DI ACCESSO AI DATI
ADSP
ADSM
ADSD
Profilo di accesso
Motivazione
Indicazioni sulla data di scadenza
Obbl.
*
*
1
70
25
Lung
Rip
*
*
si
si
Obbl.
Voc
CM
COMPILAZIONE
*
CMP
COMPILAZIONE
*
CMPD
CMPN
RSR
FUR
Data
Nome
Referente scientifico
Funzionario responsabile
RVM
TRASCRIZIONE
PER INFORMATIZZAZIONE
RVMD
RVMN
RVME
Data
Nome
Ente
AGG
AGGIORNAMENTO – REVISIONE
AGGD
AGGN
AGGE
Data
Nome
Ente
4
70
70
AGGR
AGGF
Referente scientifico
Funzionario responsabile
70
70
ISP
ISPEZIONI
ISPD
ISPN
Data
Funzionario responsabile
4
70
70
70
ANNOTAZIONI
OSS
Osservazioni
*
*
si
si
si
*
4
70
70
(*)
(*)
si
(*)
(*)
(*)
si
si
(*)
si
4
70
Lung
AN
Voc
(*)
(*)
Rip
Obbl.
Voc
5000
Scheda VeAC 3.01 Struttura dati
47
Strutturazione dei dati delle schede di catalogo
Scheda VeAC
Vestimenti antichi e contemporanei
versione 3.01
Norme per la compilazione
* CD - CODICI
In questo paragrafo vengono forniti i dati che permettono di individuare
la scheda negli archivi costituiti dalle Istituzioni preposte alla catalogazione
e di risalire all’Ente che l’ha prodotta ed all’Ente che ha la competenza
sul bene schedato. In particolare, il codice univoco serve da ‘chiave’
per identificare univocamente un bene a livello nazionale.
La compilazione del paragrafo è obbligatoria.
*TSK
Tipo scheda
Indicare la sigla che contraddistingue il modello di scheda previsto per il bene
catalogato. La compilazione del campo è obbligatoria.
Vocabolario chiuso
VeAC [Vestimenti Antichi e Contemporanei]
*LIR
Livello ricerca
Indicare la sigla che individua il livello di indagine effettuato nel processo
catalografico: inventario (I), precatalogo (P), catalogo (C). La compilazione del
campo è obbligatoria.
Vocabolario chiuso
I [Inventario]
P [Precatalogo]
C [Catalogo]
*NCT
CODICE UNIVOCO
Indicare, in forma univoca, il codice di collegamento tra la scheda e il bene. Il
codice univoco si genera dalla concatenazione dei due sottocampi Codice Regione
(NCTR) e Numero catalogo generale (NCTN), che viene assegnato dall’ICCD, ed
eventualmente del Suffisso numero catalogo generale (NCTS). La concatenazione
dei tre sottocampi Codice Regione (NCTR), Numero di Catalogo generale (NCTN), e
Suffisso del numero di catalogo generale (NCTS) (qualora ne ricorra la necessità)
determina un valore univoco associato all’oggetto. La compilazione del campo è
obbligatoria.
*NCTR Codice Regione
Indicare il numero di codice che individua la Regione in cui ha sede l’Ente
competente sul bene catalogato. La compilazione del sottocampo è obbligatoria.
Vocabolario chiuso
Codici di Regione (v. Lista Codici Regioni)
50
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
*NCTN Numero catalogo generale
Indicare il numero, composto da otto cifre, assegnato dall’ICCD a ciascuna scheda di
catalogo, secondo l’ordine progressivo relativo ad una determinata Regione. La
compilazione del sottocampo è obbligatoria.
Vocabolario chiuso
serie di numeri da 00000001 a 99999999
Es.: 00005438
NCTS
Suffisso numero catalogo generale
Codice costituito da lettera dell’alfabeto maiuscola.
Questo sottocampo va utilizzato per l’eventuale riassestamento dei numeri di
catalogo generale già assegnati, in occasione della revisione di schede di catalogo
pregresse, quando sia necessario modificare le modalità di schedatura dei dati.
Qualora più schede di catalogo pregresse vadano ricondotte ad un unico bene
identificato come bene complesso, si deve creare ex novo una scheda di insieme, alla
quale dovrà essere attribuito un numero di catalogo, necessario per identificare
univocamente il bene complesso. La scheda di insieme del bene complesso
conserverà lo stesso numero di catalogo generale già assegnato ad uno dei beni
componenti, al quale numero andrà aggiunta la lettera dell’alfabeto ‘A’ (suffisso), da
inserire in questo sottocampo. Qualora, invece, si debba ‘scomporre’ una scheda già
utilizzata per catalogare impropriamente più beni, il numero di catalogo generale
identificativo delle nuove schede elaborate per i singoli beni dovrà essere attribuito
come segue: si utilizzerà per la scheda del singolo bene scelta convenzionalmente il
numero di catalogo generale già attribuito alla scheda elaborata per catalogare
insieme tutti i beni, mentre per le altre schede il numero di catalogo generale sarà
costituito dal concatenamento del sottocampo NCTN (che resterà lo stesso della
scheda preesistente) e di questo sottocampo NCTS, digitando per ogni scheda una
lettera dell’alfabeto, in progressione (A, B, C, ecc.).
Vocabolario chiuso
lettere dell’alfabeto dalla A alla Z
*ESC
Ente schedatore
Indicare in codice l’Ente che ha curato la compilazione della scheda. Per
Soprintendenze e altri Istituti si utilizza il codice, facendolo precedere dalla lettera
‘S’ (fatta eccezione per ICCD e ICR, per i quali si deve indicare la sola sigla). Per le
Regioni si utilizza il codice, facendolo precedere dalla lettera ‘R’; per le Province si
utilizzano le sigle; per le Diocesi si utilizza il codice, facendolo precedere dalla
lettera ‘D’; per i Comuni si utilizzano i codici ISTAT, facendoli precedere dalla lettera
‘C’. Nel caso di campagne di catalogazione condotte da soggetti privati a seguito di
atto di concessione, il soggetto schedatore deve essere contrassegnato dalla lettera
‘C’ e dal numero di progetto indicato sulla Gazzetta Ufficiale, seguiti entro parentesi
dal numero e anno della legge relativa.
Scheda VeAC Norme per la compilazione
51
Per soggetti diversi da quelli evidenziati, i codici e le relative definizioni andranno
concordati con l’ICCD. La compilazione del campo è obbligatoria.
Vocabolario aperto
Codici Enti (v. Lista Enti) con prefisso S
Codici di Regione (v. Lista Regioni) con prefisso R
Sigle delle Province (v. Lista Province)
Codici delle Diocesi (v. Lista Diocesi) con prefisso D
ecc.
Es.: S08 [Soprintendenza per il patrimonio storico, artistico ed
etnoantropologico per le province di Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena,
Ravenna e Rimini]
R08 [regione Emilia-Romagna]
NA [provincia di Napoli]
D576 [diocesi di Castellaneta]
C9052021 [comune di Pienza]
C3 (L. n. 84/1990)
*ECP
Ente competente
Indicare in codice l’Ente sotto la cui competenza ricade la tutela o la delega alla
tutela del bene catalogato. Per Soprintendenze e altri Istituti si utilizza il codice,
facendolo precedere dalla lettera ‘S’ (fatta eccezione per ICCD e ICR, per i quali si
deve indicare la sola sigla); per le Regioni si utilizza il codice, facendolo precedere
dalla lettera ‘R’. Per soggetti diversi da quelli evidenziati, i codici e le relative
definizioni andranno concordati con l’ICCD. La compilazione del campo è
obbligatoria.
Vocabolario aperto
Codici Enti (v. Lista Enti) con prefisso S
Codici di Regione (v. Lista Regioni) con prefisso R
ecc.
Es.: S08 [Soprintendenza per il patrimonio storico, artistico ed
etnoantropologico per le province di Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena,
Ravenna e Rimini]
R08 [regione Emilia-Romagna]
EPR
52
Ente proponente
Indicare, per i beni di proprietà privata sottoposti a vincolo, l’Ente (Soprintendenze,
Uffici Esportazione o altri Enti) che ha proposto il provvedimento amministrativo.
Per Soprintendenze e altri Istituti si utilizza il codice, facendolo precedere dalla
lettera S (fatta eccezione per ICCD e ICR, per i quali si deve indicare la sola sigla).
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
Es.: S08 [Soprintendenza per il patrimonio storico, artistico ed
etnoantropologico per le province di Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena,
Ravenna e Rimini]
Nel caso di Ufficio Esportazione si usa la sigla UE seguita dal nome della città in cui
ha sede l’ufficio stesso.
Es.: UE Verona [Ufficio esportazione di Agrigento]
UE Roma [Ufficio esportazione di Perugia]
Scheda VeAC Norme per la compilazione
53
RV - RELAZIONI
In questo paragrafo vengono date le informazioni che individuano la struttura
del bene catalogato e che consentono quindi di porre in relazione il bene con
altri beni della stessa o di diversa natura. È possibile analizzare in dettaglio un
‘bene complesso’, suddividendo l’analisi in più schede, tutte collegate alla
principale. Le motivazioni delle relazioni selezionate, i cui dati sono registrati
in questo paragrafo, potranno essere esplicitate nel campo DRZ-Specifiche
relazionali del paragrafo DA-DATI ANALITICI.
RVE
STRUTTURA COMPLESSA
Il campo struttura una relazione gerarchico-verticale del tipo ‘insieme-componenti’,
che si crea se il bene complesso viene trattato come tale: la scheda viene a tal fine
articolata in una scheda principale, cui si riferisce il numero di catalogo generale e
che contiene le informazioni comuni al bene, e in schede derivate, aventi lo stesso
numero di catalogo della principale, con le informazioni relative a ciascun
componente del bene complesso.
RVEL
Livello
Il sottocampo indica, in forma numerica, la posizione di ciascuna scheda all’interno
del sistema relazionale definito dalla strutturazione complessa:
• nel caso di scheda principale il sottocampo viene compilato sempre con valore 0
• nel caso delle schede derivate il sottocampo viene compilato con valori numerici
progressivi 1, 2, 3 ecc.
• nel caso di schede derivate da altre schede derivate, la numerazione rimanda al
numero di livello attribuito alla scheda derivata cui si riferisce, seguito da un
punto e quindi dal numero che indica il livello della scheda dipendente (2.1, 2.2,
2.3, ecc.)
Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto.
Es.: completo 0
soprabito 1
gonna
2
camicetta 3
RVER
Codice bene radice
Questo sottocampo va compilato solo nelle schede dei beni componenti. Indicare il
codice univoco della scheda principale della gerarchia descrivente un oggetto
complesso. La struttura di questo sottocampo è la stessa di ‘Codice univoco NCT’,
ma i valori dei sottocampi NCTR, NCTN, NCTS vanno trascritti di seguito.
Es.: 0200000378
1100002539A
54
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
RSE
RELAZIONI DIRETTE
Insieme di relazioni che indicano alcuni collegamenti privilegiati tra il bene
catalogato ed altri beni catalogati di diversa natura. Vanno quindi registrati nei
sottocampi che seguono il tipo di relazione (sottocampo RSER), il tipo di scheda con
cui è stato catalogato il bene posto in rapporto con quello in esame (sottocampo
RSET), il codice univoco di tale scheda (sottocampo RSEC). Il campo è ripetitivo.
RSER
Tipo relazione
Indicare il tipo di relazione che intercorre tra il bene catalogato ed un altro bene di
diversa natura, ovviamente anch’esso già catalogato. Il vocabolario si riferisce al bene
con cui l’oggetto della scheda viene posto in rapporto. Il sottocampo presenta
un’obbligatorietà di contesto.
Vocabolario chiuso
luogo di collocazione/localizzazione
sede di provenienza
esecuzione/evento di riferimento
sede di realizzazione
Es.:
- un museo costituisce attualmente il luogo di
collocazione/localizzazione di un bene;
- un palazzo (o un altro museo) costituisce la sede di provenienza di un
bene, prima della sua attuale collocazione;
- un avvenimento (catalogato come bene culturale) costituisce motivo di
esecuzione/evento di riferimento per la realizzazione di un bene;
- un edificio monumentale (ad es. l’edificio sede di una fabbrica) è sede di
realizzazione di un bene;
RSET
Tipo scheda
Indicare il tipo di scheda con cui è catalogato il bene posto in relazione con il bene
in esame. Va indicata la sola sigla della scheda (la definizione fra parentesi quadre è
per memoria del catalogatore). Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di
contesto.
Vocabolario aperto
A [Architettura]
BDI [Bene Demoetnoantropologico Immateriale]
BDM [Bene Demoetnoantropologico Materiale]
CA [Complesso Archeologico]
D [Disegno]
F [Fotografia]
MA [Monumento Archeologico]
MI [Matrice d’Incisione]
NU [Beni Numismatici]
OA [Opera e oggetto d’Arte]
OAC [Opere di Arte Contemporanea]
Scheda VeAC Norme per la compilazione
55
PG [Parchi e Giardini]
RA [Reperto Archeologico]
S [Stampa]
SI [SIto Archeologico]
ecc.
Es.: se in RSER si è optato per il primo esempio (luogo di
collocazione/localizzazione), in RSET valorizzare A.
RSEC
Codice bene
Indicare il codice univoco che individua il bene con cui il bene in esame è posto in
relazione. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto.
Es.: 1200003527 (nel caso in cui il bene sia individuato con i codici NCTRNCTN);
1200003527A (nel caso in cui il bene sia individuato con i codici
NCTR-NCTN + NCTS);
1200003527-2 (nel caso di un bene componente, per il quale va
indicato anche il valore del RVEL).
ROZ
Altre relazioni
Campo ripetitivo che struttura le relazioni non definibili a priori tra beni di
tipologie diverse, catalogati singolarmente e contrassegnati dunque da numeri di
catalogo generale (NCT) differenti. Preso a riferimento un determinato bene, tutti
gli altri beni che si intendono correlare fanno a loro volta riferimento all’NCT di
quel bene che, a sua volta però, manterrà la connessione solo con se stesso. Tale
numero deve essere inserito nel campo ROZ di tutti i beni da correlare. Il campo è
ripetitivo.
Es.: se il primo bene catalogato, di tre diverse schede correlate, ha il
seguente Codice univoco:
NCT
NCTR: 12
NCTN: 00005432
il valore del campo ROZ sarà: 1200005432;
gli stessi campi, per gli altri due beni correlati, saranno così definiti:
NCT
NCT
NCTR: 12
NCTR: 12
NCTN: 00005433
NCTN: 00005441
ROZ: 1200005432
ROZ: 1200005432.
Nel caso in cui si volesse creare una relazione non con un bene semplice, ma con un
bene complesso, strutturato quindi in una scheda madre e n. schede figlie, nel ROZ
andrà indicato:
• nel caso in cui si voglia creare la relazione con la scheda madre, l’NCT con il valore
del RVEL ‘0’, separati da un trattino:
ROZ: 1200005432-0 (scheda madre);
56
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
• nel caso, invece, si voglia stabilire la relazione con una o più schede figlie, andrà
indicato nel ROZ l’NCT con il valore del RVEL ‘1’, ‘2’, ‘3’, ecc., separati da un
trattino:
ROZ: 1200005432-1 (scheda figlia)
ROZ: 1200005432-2 (scheda figlia)
RSP
Codice scheda pregressa
Questo campo viene utilizzato nel corso di operazioni di revisione di schede pregresse.
Quando schede pregresse, identificate ciascuna con il proprio codice univoco (NCT),
descrivono beni componenti di un bene complesso e quindi, nella revisione, viene
creata una struttura di bene complesso (con ‘scheda-madre’ e ‘schede-figlie’), in questo
campo viene registrato, in ciascuna delle schede figlie, per conservarne memoria, il
numero di catalogo pregresso (Codice univoco NCT, trascrivendo di seguito i valori dei
sottocampi). Quando una scheda pregressa descrive più beni da trattare, invece, come
oggetti semplici, e quindi da identificare nell’operazione di revisione ciascuno con il
proprio codice univoco (NCT), in questo campo viene registrato in ciascuna nuova
scheda il numero di catalogo della scheda pregressa. Il sottocampo è ripetitivo, nel caso
si debbano registrare i codici di più schede.
Es.: 1100002539 (NTCR 11 + NTCN 00002539)
Scheda VeAC Norme per la compilazione
57
AC - ALTRI CODICI
Il paragrafo va compilato nel caso in cui gli Enti schedatori abbiano l’esigenza
di assegnare alle schede di catalogo un codice identificativo all’interno
della propria banca dati, oppure nel caso in cui sia necessario evidenziare
la presenza di schede di altro tipo (di vulnerabilità, di restauro, ecc.)
contenute in altre banche dati, correlate alla scheda catalografica.
ACC
Altro codice
Altro codice che identifica la stessa scheda di catalogo nell’ambito di un sistema
locale, provinciale, regionale, ecc. Il codice identificativo (numerico o alfanumerico)
dovrà essere seguito dalla specifica dell’ente cui si riferisce, separato da
quest’ultimo da una barra. Il campo è ripetitivo.
ACI
Codice internazionale
Numero di codice internazionale che identifica eventualmente il bene.
ACS
SCHEDE CORRELATE
Informazioni sui codici identificativi di schede di altro tipo, correlate a quella
catalografica. Il campo è ripetitivo.
ACSE
Ente
Nome per esteso o in acronimo dell’Ente che ha prodotto la scheda. Il sottocampo
presenta un’obbligatorietà di contesto.
Es.: ICR
ACSC
Codice
Codice identificativo della scheda da correlare. Il sottocampo presenta
un’obbligatorietà di contesto.
Es.: 14965
ACSS
Specifiche
Indicare in maniera non strutturata informazioni utili all’individuazione o alla
specificazione della scheda che viene collegata a quella catalografica ICCD.
58
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
* LC – LOCALIZZAZIONE GEOGRAFICO-AMMINISTRATIVA
In questo paragrafo vengono registrati i dati relativi alla localizzazione
geografico-amministrativa del bene nel momento in cui viene compilata
la scheda. La compilazione del paragrafo è obbligatoria.
*PVC
LOCALIZZAZIONE GEOGRAFICO – AMMINISTRATIVA ATTUALE
Informazioni sulla localizzazione geografico-amministrativa del bene al momento in
cui viene compilata la scheda, relativa al territorio italiano oppure ad organizzazioni
amministrativo-territoriali di Paesi esteri. La compilazione del campo è obbligatoria.
*PVCS Stato
Indicare il nome dello Stato nel quale si trova il bene catalogato, secondo la lista
alfabetica dei nomi dei Paesi secondo la Norma UNI-ISO 3166-1, 1997 (I). La
compilazione del sottocampo è obbligatoria.
Es.: Francia
Italia
Lussemburgo
*PVCR Regione
Indicare il nome della regione nella quale si trova il bene catalogato, secondo le
denominazioni ufficiali delle regioni italiane (v. Lista Regioni). La compilazione del
sottocampo è obbligatoria. Qualora il bene non si trovi in Italia, al momento della
catalogazione valorizzare il campo con la dizione ‘non rilevabile’; in questo caso,
verranno compilati i sottocampi Stato (PVCS) e Altra ripartizione amministrativa o
località estera (PVCE).
Es.: Toscana
Lazio
Sicilia
non rilevabile
*PVCP Provincia
Indicare la sigla corrispondente alla provincia nella quale si trova il bene catalogato
(v. Lista Province). La compilazione del sottocampo è obbligatoria. Qualora il bene
non si trovi in Italia, al momento della catalogazione valorizzare il campo con ‘00’;
in questo caso, verranno compilati i sottocampi Stato (PVCS) e Altra ripartizione
amministrativa o località estera (PVCE).
Es.: RM
NA
TN
00
Scheda VeAC Norme per la compilazione
59
*PVCC Comune
Indicare il comune nel quale si trova il bene catalogato, senza abbreviazioni,
secondo le denominazioni ISTAT dei comuni italiani. La compilazione del
sottocampo è obbligatoria. Qualora il bene non si trovi in Italia, al momento della
catalogazione valorizzare il campo con la dizione ‘non rilevabile’; in questo caso,
verranno compilati i sottocampi Stato (PVCS) e Altra ripartizione amministrativa o
località estera (PVCE).
Es.: Reggio di Calabria
Reggio nell’Emilia
Pago del Vallo di Lauro
San Giuliano Terme
non rilevabile
PVCL
Località
Indicare la località in cui è situato il bene catalogato, senza abbreviazioni, secondo
le denominazioni delle località abitate dei fascicoli ISTAT.
Es.: Ponticello
PVCE
Località estera
Questo sottocampo, a testo libero, viene compilato in abbinamento al sottocampo
Stato (PVCS) e in alternativa ai sottocampi PVCR, PVCP, PVCC, PVCL, quando il bene
catalogato si trovi in località estera. Indicare se necessario le ripartizioni
amministrative interne allo stato, seguite dal nome della località, utilizzando per
quanto possibile le forme italianizzate. Qualora queste non esistano o siano cadute
in disuso, si adotterà la lingua ufficiale dello stato di appartenenza, traslitterata se
necessario.
Es.: Parigi
Mosca
Amsterdam
Westem States, Ibadan
PVL
Altra località
Indicare eventuali altre denominazioni del luogo in cui si trova il bene catalogato,
specificando tra parentesi la fonte utilizzata per l’individuazione del toponimo e,
dopo una barra (‘/’), la sua datazione. Il campo può essere utilizzato anche per
memorizzare il contenuto, presente in versioni precedenti della scheda, del
sottocampo ‘PVCF-Frazione’ (le frazioni sono state soppresse dall’ISTAT in occasione
del censimento 1991), facendo seguire al nome della località la specifica ‘frazione
ISTAT’ fra parentesi tonde. Il campo è ripetitivo.
Es.: Colle Curino (IGM/ 1949)
Gramiccia (mappa catastale/ 1934)
Zappolino (frazione ISTAT)
60
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
PVE
Diocesi
Indicare la diocesi nel cui territorio ricade il bene catalogato, secondo la
denominazione ufficiale delle diocesi italiane (v. Lista Denominazioni Diocesi).
Es: Latina-Terracina-Sezze
LDC
COLLOCAZIONE SPECIFICA
Informazioni specifiche sulla collocazione del bene catalogato. I dati registrati nei
campi LDCT ed LDCN devono coincidere con le informazioni inserite nella scheda
relativa all’immobile contenitore, al fine di garantire il collegamento fra i due beni
(contenuto/contenitore). La compilazione del campo è obbligatoria (va compilato
almeno uno dei sottocampi).
LDCT
Tipologia
Indicare la tipologia funzionale, architettonica o di destinazione del contenitore del
bene catalogato.
Vocabolario aperto
abbazia
biblioteca
istituto museale
istituto di credito
istituto religioso
istituto universitario
palazzo
ecc.
LDCQ
Qualificazione
Aggettivo o locuzione che precisa, integra o caratterizza il contenitore dal punto di
vista della condizione giuridico-amministrativa o funzionale.
Vocabolario aperto
LDCT
LDCQ
palazzo gentilizio
ecc.
LDCN
Denominazione
Indicare il nome proprio completo o la denominazione corrente o il titolo del
contenitore, anche se comprende lo stesso termine usato nel precedente
sottocampo Tipologia (LDCT). Per la denominazione degli edifici si farà riferimento,
ove possibile, a fonti ufficiali (ad esempio gli Annuari Diocesani per gli edifici
ecclesiastici).
Es.: Palazzo Pitti
Scheda VeAC Norme per la compilazione
61
LDCU
Denominazione spazio viabilistico
Dati riguardanti gli spazi viabilistici, pubblici o di uso pubblico, che consentono di
individuare la collocazione dell’immobile contenitore. Il sottocampo dovrà
contenere il nome della via o piazza e relativo numero civico, se esiste, oppure
l’indicazione della progressione chilometrica nel caso di viabilità extraurbana.
Es.: Piazza de’ Pitti, 1
LDCM Denominazione raccolta
Nome ufficiale per esteso della raccolta o tipologia e denominazione della
collezione. In caso di beni di proprietà privata va indicato il cognome ed il nome del
proprietario, detentore o possessore, preceduto dalla dizione ‘collezione privata’.
Es.: LDCN: Palazzo Pitti
LDCM: Galleria del Costume
LDCS
Specifiche
Informazioni peculiari sulla localizzazione dell’oggetto all’interno del contenitore.
La descrizione deve procedere dal generale al particolare, indicando,
prioritariamente, ove esista, la denominazione.
Es.: primo piano - Sala V
62
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
LA - ALTRE LOCALIZZAZIONI GEOGRAFICO-AMMINISTRATIVE
Informazioni relative a localizzazioni geografico-amministrative
del bene diverse dall’attuale, registrata nel paragrafo LC, oltre ad eventuali
informazioni che riguardano il luogo dove il bene è stato realizzato,
il luogo dove è stato reperito, dove è stato esposto nel caso di opere
recuperate, in asta ecc. Il paragrafo è ripetitivo e segue la stessa logica
del paragrafo LC.
TCL
Tipo di localizzazione
Indicare il tipo di localizzazione del bene che viene descritto nel paragrafo.
Il campo presenta un’obbligatorietà di contesto.
Vocabolario chiuso
luogo di esecuzione/fabbricazione
luogo di provenienza
luogo di deposito
luogo di esposizione
PRV
LOCALIZZAZIONE GEOGRAFICO-AMMINISTRATIVA
Informazioni sulla localizzazione geografico-amministrativa, relativa al territorio
italiano oppure ad organizzazioni amministrativo-territoriali di paesi esteri.
PRVS
Stato
Indicare il nome dello Stato nel quale si trovava il bene, secondo la lista alfabetica
dei nomi dei Paesi secondo la Norma UNI-ISO 3166-1, 1997 (I).
Es.: Francia
Italia
Lussemburgo
PRVR
Regione
Indicare il nome della regione nella quale si trovava il bene, secondo le
denominazioni ufficiali delle regioni italiane (v. Lista Regioni).
Es.: Toscana
Lazio
Sicilia
PRVP
Provincia
Indicare la sigla corrispondente alla provincia nella quale si trovava il bene (v. Lista
Province).
Es.: RM
NA
TN
Scheda VeAC Norme per la compilazione
63
PRVC
Comune
Indicare il comune nel quale si trovava il bene, senza abbreviazioni, secondo le
denominazioni ISTAT dei comuni italiani. Per le aree bilingue si adotta la
denominazione in lingua italiana.
Es.: Reggio di Calabria
Reggio nell’Emilia
Pago del Vallo di Lauro
San Giuliano Terme
PRVL
Località
Indicare la località nella quale si trovava il bene, senza abbreviazioni, secondo le
denominazioni delle località abitate dei fascicoli ISTAT.
Es.: Ponticello
PRVE
Località estera
Questo sottocampo, a testo libero, viene compilato in abbinamento al sottocampo
Stato (PRVS) e in alternativa ai sottocampi PRVR, PRVP, PRVC, PRVL, quando il bene
catalogato si trovi in località estera. Indicare se necessario le ripartizioni
amministrative interne allo stato, seguite dal nome della località, utilizzando per
quanto possibile le forme italianizzate. Qualora queste non esistano, o siano cadute
in disuso, si adotterà la lingua ufficiale dello stato di appartenenza, traslitterata se
necessario.
Es.: Parigi
Mosca
Amsterdam
Westem States, Ibadan
PRL
Altra località
Indicare eventuali altri toponimi, specificando tra parentesi la fonte utilizzata per
l’individuazione del toponimo e, dopo una barra (‘/’), la sua datazione. Il campo può
essere utilizzato anche per memorizzare il contenuto, presente in versioni
precedenti della scheda, del sottocampo ‘PRVF-Frazione’ (le frazioni sono state
soppresse dall’ISTAT in occasione del censimento 1991), facendo seguire al nome
della località la specifica ‘frazione ISTAT’ fra parentesi tonde. Il campo è ripetitivo.
Es.: Colle Curino (IGM/ 1949)
Gramiccia (mappa catastale/ 1934)
Zappolino (frazione ISTAT)
PRE
64
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
PRC
Diocesi
Indicare la diocesi, secondo la denominazione ufficiale delle diocesi italiane (v. Lista
denominazioni Diocesi).
Es: Latina-Terracina-Sezze
COLLOCAZIONE SPECIFICA
Informazioni specifiche sulla collocazione del bene catalogato. I dati registrati nei
campi PRCT e PRCN devono coincidere con le informazioni inserite nella scheda
relativa al bene contenitore.
PRCT
Tipologia
Indicare la tipologia funzionale e/o architettonica del contenitore del bene
catalogato.
Vocabolario aperto
abbazia
biblioteca
casa privata
istituto di credito
istituto museale
istituto religioso
istituto universitario
palazzo
ecc.
PRCQ
Qualificazione
Aggettivo o locuzione che precisa, integra o caratterizza il contenitore dal punto di
vista della condizione giuridico-amministrativa o funzionale.
Vocabolario aperto
Es.: LDCT
palazzo
LDCQ
gentilizio
PRCD
Denominazione
Indicare il nome proprio completo, o la denominazione corrente, o il titolo del
contenitore, anche se comprende lo stesso termine usato nel precedente
sottocampo Tipologia (PRCT). Per la denominazione degli edifici si farà riferimento,
ove possibile, a fonti ufficiali (ad esempio gli Annuari Diocesani per gli edifici
ecclesiastici).
Es.: Palazzo Pitti
Palazzo Vecchio
Scheda VeAC Norme per la compilazione
65
PRCU
Denominazione spazio viabilistico
Dati riguardanti gli spazi viabilistici, pubblici o di uso pubblico, che consentono di
individuare la collocazione dell’immobile contenitore. Il sottocampo dovrà
contenere il nome della via o piazza e relativo numero civico, se esiste, oppure
l’indicazione della progressione chilometrica nel caso di viabilità extraurbana.
Es. Piazza Pitti
Piazza della Signoria
PRCM Denominazione raccolta
Nome ufficiale per esteso della raccolta, o tipologia e denominazione della
collezione. In caso di beni di proprietà privata va indicato il cognome ed il nome del
proprietario, detentore o possessore, preceduto dalla dizione ‘collezione privata’.
Es.: Collezione medicea
PRCS
Specifiche
Informazioni peculiari sulla localizzazione del bene all’interno del contenitore. La
descrizione deve procedere dal generale al particolare, indicando, prioritariamente, ove
esista, la denominazione.
Es.: Guardaroba
PRD
DATA
Indicazioni cronologiche relative alla provenienza o al deposito del bene. Per la
provenienza si specificheranno, quando possibile, gli estremi cronologici relativi ad
ogni passaggio del bene.
PRDI
Data ingresso
Data iniziale di presenza del bene nel luogo di provenienza o di deposito. La
datazione può essere espressa in anni, in secoli o frazioni di secolo, eventualmente
accompagnati, dopo una barra (‘/’), dalle precisazioni che seguono:
ante
post
inizio
fine
metà
prima metà
seconda metà
primo quarto
secondo quarto
terzo quarto
ultimo quarto
ca.
66
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
Es.: 1730/ante
sec. XVIII/fine
sec. XX/ante
PRDU
Data Uscita
Data finale della presenza del bene nel luogo di provenienza. La datazione può
essere espressa sia in anni che in secoli o frazioni di secolo, eventualmente seguiti,
dopo una barra (‘/’), dalle seguenti precisazioni:
ante
post
inizio
fine
metà
prima metà
seconda metà
primo quarto
secondo quarto
terzo quarto
ultimo quarto
ca.
Es.: 1632/post
1895/ca.
Scheda VeAC Norme per la compilazione
67
UB – UBICAZIONE E DATI PATRIMONIALI
Informazioni relative alla posizione patrimoniale del bene, all’inventario
e alla stima, nonché all’appartenenza di un bene a una specifica collezione
poi confluita all’interno di una raccolta. I campi relativi all’inventario
e alla stima contengono i dati ‘amministrativi-patrimoniali’ del bene;
il campo relativo alle collezioni contiene i dati ‘storico-culturali’ relativi
alle collezioni delle quali ha fatto parte o fa ancora parte nell’ambito
della raccolta attuale.
INV
INVENTARIO
Informazioni relative all’inventario.
Va riportato il numero di inventario del bene, eventualmente preceduto dal nome o
dalla sigla del museo, Soprintendenza ecc.; nel caso di collezioni di proprietà privata
il bene può essere individuato con il semplice numero progressivo, talvolta
preceduto dalla sigla della collezione. Qualora nel tempo il bene sia stato
inventariato più volte, è bene ripetere i dati (utilizzando la ripetitività del campo
strutturato), riportando per primo l’inventario attuale seguito dagli inventari storici,
in ordine cronologico dal più recente al più antico. Poiché ad un bene complesso
con parti distinte, o con parti di reimpiego, oppure frammentato e successivamente
ricomposto, possono essere stati attribuiti più numeri di inventario per le singole
componenti, è necessario riportare tutti i numeri. In assenza del numero
d’inventario, il bene può essere identificato con il numero del Registro cronologico
di entrata (o del Registro d’ingresso). Il campo è ripetitivo.
INVA
Denominazione
Indicare la denominazione dell’inventario.
Es.: Inventario Corsini
Inventario corrente
INVD
Data
Riportare l’anno o l’arco cronologico di compilazione dell’inventario eventualmente
seguita dalle seguenti precisazioni: ante, post, inizio, fine, metà, prima metà,
seconda metà, ca. , secondo gli esempi indicati di seguito. Il sottocampo presenta
un’obbligatorietà di contesto.
Es.: 2002
1900 ante
1900 post
1840 ca.
XX sec., seconda metà
1950-1975
68
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
Nel caso di inventari in corso, si può indicare la sola data di inizio, seguita da un
trattino.
Es.: 1995INVC
Collocazione
Luogo in cui è conservato l’inventario, se diverso da quello della raccolta museale o
dalla Soprintendenza di pertinenza; per le Soprintendenze e altri Istituti si utilizza
la sigla corrispondente (v. Lista Enti).
Es. : SBA NA
INVN
Numero
Numero di inventario nella forma numerica o alfanumerica adottata dalla
Soprintendenza o dal museo; nel caso di collezioni il numero può essere preceduto
dalla sigla relativa. Nel caso di più numeri, questi vanno separati da una barra (‘/’).
Qualora il numero si riferisca non all’inventario, ma al registro d’ingresso, va fatto
precedere dalla dizione ‘Reg. Ingr.’; qualora il numero di riferisca al Registro
cronologico d’entrata, va fatto precedere dalla sigla ‘RCE’. Il sottocampo presenta
un’obbligatorietà di contesto.
Es.: 35.000
G 193
Reg. Ingr. 4693
RCE 800
20317/1
1452/A
M.2002.12.124
INVP
Riferimento alla parte
Specificare, se utile nel caso di un bene complesso con parti distinte, o con parti di
reimpiego, oppure frammentato e successivamente ricomposto, a quale parte del
bene si riferisce il numero di inventario indicato nel campo INVN.
STI
STIMA
Riportare le informazioni inerenti la stima del bene.
La stima del bene risponde a specifiche esigenze delle Soprintendenze o dell’ente di
pertinenza. Poiché il bene può subire nel tempo rivalutazioni o deprezzamento si
possono riportare tutte le stime, dalla più recente alla più antica, preceduta
dall’indicazione della valuta. Il campo è ripetitivo.
STIS Stima
Per i beni di proprietà statale e di altri enti pubblici la stima è proposta dall’Ente
competente oppure può essere desunta dall’inventario o dal Registro cronologico
d’entrata. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto.
Scheda VeAC Norme per la compilazione
69
Es.: Euro 500,00
Lire 1.000.000
STID
Data della stima
Indicare l’anno della stima.
Es.: 2002
STIM
Motivo della stima
Indicare il motivo della stima.
Vocabolario aperto
acquisto
alienazione
assicurazione
compilazione dell’inventario generale
donazione
importazione
premio di rinvenimento
restauro
ecc.
70
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
CS – LOCALIZZAZIONE CATASTALE
Informazioni relative alla localizzazione del bene sulla base della ripartizione
catastale nazionale. Il paragrafo è ripetitivo.
CTL
Tipo di localizzazione
Indicare il tipo di localizzazione che viene descritto nel paragrafo. Il campo presenta
un’obbligatorietà di contesto.
Vocabolario chiuso
luogo di esecuzione/fabbricazione
CTS
LOCALIZZAZIONE CATASTALE
Indicazioni necessarie per identificare il luogo nell’ambito della ripartizione
catastale. Il campo presenta un’obbligatorietà di contesto; si utilizza la ripetitività
nel caso in cui l’area ricada nel territorio di più Comuni.
CTSC
Comune
Indicare il nome del Comune a cui è intestato il foglio di mappa, riportato senza
alcuna abbreviazione. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto.
Es.: Allumiere
CTSF
Foglio/Data
Indicare il numero del foglio di mappa catastale in cui ricadono la particella o le
particelle. Nel caso in cui sia leggibile la data di formazione del foglio e/o quella di
eventuali aggiornamenti, indicare la più recente separandola dal numero di foglio
mediante una barra (‘/’). Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto ed è
ripetitivo nel caso di più fogli catastali ricadenti in un medesimo Comune.
Es.: 41
35/1947
CTSN
Particelle
Indicare il numero o la lettera che individua la particella catastale; se le particelle
sono più di una, dividere i numeri e/o le lettere con una virgola. Il sottocampo
presenta un’obbligatorietà di contesto; si utilizza la ripetitività per registrare
particelle che appartengono a fogli catastali diversi pertinenti ad un medesimo
Comune: in questo caso indicare il numero del foglio e quindi, dopo una barra (‘/’),
la/le particella/e (divise da una virgola quando sono più di una).
Es.: 15
24, 25, 25, E
41/112, 113
Scheda VeAC Norme per la compilazione
71
GP – GEOREFERENZIAZIONE TRAMITE PUNTO
In questo paragrafo vengono registrati i dati che permettono di
georeferenziare il bene catalogato mediante la definizione di un punto,
individuato da una coppia di coordinate agganciate al sistema di riferimento
specificato. Il paragrafo è ripetitivo, in relazione alla possibilità di
georeferenziare un bene con metodi e tecniche diverse, su basi differenti.
GPL
Tipo di localizzazione
Indicare il tipo di localizzazione che viene descritto nel paragrafo. Il campo presenta
un’obbligatorietà di contesto.
Vocabolario chiuso
localizzazione fisica
luogo di esecuzione/fabbricazione
GPD
DESCRIZIONE DEL PUNTO
Informazioni necessarie per la definizione del punto. Il campo presenta
un’obbligatorietà di contesto.
GPDP
PUNTO
Informazioni per la definizione del punto tramite coordinate agganciate al sistema
di riferimento specificato nel campo GPP. Il campo presenta un’obbligatorietà di
contesto.
GPDPX Coordinata X
Indicare la coordinata ‘x’ del punto. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di
contesto.
Es.: 665789
GPDPY Coordinata Y
Indicare la coordinata ‘y’ del punto. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di
contesto.
Es.: 4321458
GPC
72
CARATTERISTICHE DEL PUNTO
Indicazioni sulle caratteristiche del punto
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
GPCT
Tipo
Indicare, in forma libera, il tipo di punto che georeferenzia il bene catalogato, se si
tratta cioè del punto che individua in modo preciso il luogo dove si trova il bene o il
luogo dove il bene è stato prodotto.
Es.: baricentro dell’area che rappresenta il luogo di produzione del bene
GPCL
Quota s.l.m.
Indicare un valore di quota associato al punto. La quota, riferita al livello del mare,
è espressa in metri; si possono utilizzare i decimali, separati da numero intero
mediante una virgola. Nel caso di valori negativi e per i siti sommersi, premettere il
segno ‘-’.
Es.: 135,4
-5,5
GPM
Metodo di georeferenziazione
Indicare il metodo utilizzato per l’acquisizione del punto, se cioè sia stato
individuato in modo esatto o approssimato. Il campo presenta un’obbligatorietà di
contesto.
Vocabolario chiuso
punto esatto
punto approssimato
GPT
Tecnica di georeferenziazione
Indicare la tecnica utilizzata per l’acquisizione delle coordinate del punto. Il campo
presenta un’obbligatorietà di contesto.
Vocabolario chiuso
rilievo tradizionale
rilievo da cartografia con sopralluogo
rilievo da cartografia senza sopralluogo
rilievo da foto aerea con sopralluogo
rilievo da foto aerea senza sopralluogo
rilievo tramite GPS
rilievo tramite punti d’appoggio fiduciari o trigonometrici
stereofotogrammetria
Scheda VeAC Norme per la compilazione
73
GPP
Proiezione e sistema di riferimento
Informazioni necessarie per individuare la proiezione ed il sistema di riferimento cui
sono agganciate le coordinate del punto specificate nel campo Punto (GPDP). Il
campo presenta un’obbligatorietà di contesto.
Lista di valori
UTM 32
UTM 33
GB1
GB2
GPB
BASE DI RIFERIMENTO
Informazioni necessarie per identificare la base cartografica impiegata per la
georeferenziazione. Il campo presenta un’obbligatorietà di contesto. Nel caso in cui
le coordinate vengano acquisite tramite GPS, quindi senza l’ausilio di una base
cartografica, è possibile non rispettare le obbligatorietà richieste per questo campo.
GPBB
Descrizione sintetica
Indicazioni che consentono di descrivere sinteticamente la base di riferimento
utilizzata (l’ICCD fornirà indicazioni sulle modalità di descrizione delle basi
cartografiche, in modo da renderle il più possibile omogenee). Il sottocampo
presenta un’obbligatorietà di contesto.
Es.: IGMI 144 INE
CTR Toscana 1:10.000
GPBT
Data
Indicare la data di redazione della base cartografica utilizzata. Nel caso si tratti di
una foto aerea, indicare la data della ripresa. Il sottocampo presenta
un’obbligatorietà di contesto.
Es.: 1939
GPBO Note
Eventuali informazioni che non è possibile inserire altrove: ulteriori indicazioni sulla
base di riferimento o sul procedimento seguito per l’acquisizione del punto, ecc.
74
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
* OG – OGGETTO
Il paragrafo contiene le informazioni essenziali per una immediata identificazione
del bene catalogato. La compilazione del paragrafo è obbligatoria.
*OGT
OGGETTO
Il campo contiene indicazioni che consentono la corretta e precisa individuazione,
sia tipologica che terminologica, del bene catalogato (indicato sempre al singolare,
ad eccezione dei casi in cui la definizione è convenzionalmente al plurale, oppure
per paia di oggetti). La compilazione del campo è obbligatoria.
*OGTD Definizione
In questo campo si definiscono oggetti singoli (es: abito, pantaloni), parti superstiti
di essi (es: manica), oggetti composti di più elementi (es: uniforme), insiemi di
oggetti che formano un’unità (es: corredo). L’oggetto da schedare può essere
completo - nel qual caso non si aggiunge nessuna specificazione - o incompleto,
caso nel quale la specifica “incompleto” va aggiunta alla definizione. Esempio di un
abito giunto privo di una manica o di un’uniforme priva di qualche pezzo: OGTD:
abito incompleto, uniforme incompleta.
La definizione coeva dell’oggetto trattato è da riportare nel campo specifico
previsto “OGTS definizione storica/commerciale”. La compilazione del sottocampo è
obbligatoria; per il vocabolario cfr. anche il lemmario.
Vocabolario chiuso
abito
accappatoio
bottone
bretella
bretelle
busto
calza
calze
calzoni
camice
camicia
camicia da notte
cappuccio
cintura
colletto
collo
combinazione
completo
copribusto
copricostume
corpino
corredo
corredino
costume
costume da bagno
cravatta
cuffia
fascia
fasce
fibbia
gabbia
ghetta
ghette
giacca
giarrettiera
giarrettiere
gilè
giubba
giubbone
gonna
grembiule
livrea
maglia
manica
maniche
mantello
mutande
pagliaccetto
pantaloni
pettorina
portinfante
reggicalze
reggiseno
scialle
sciarpa
soprabito
sopravveste
sottabito
sottogonna
sottomarsina
tuta
uniforme
velo
vestaglia da camera
Scheda VeAC Norme per la compilazione
75
OGTC
Categoria
Categoria di appartenenza dell’oggetto.
Vocabolario aperto
militare
regale
ecclesiastica
costume storico
costume di
costume di travestimento
costume di ente
costume di associazione
costume di ordine
cavalleresco o civile
costume di confraternita
costume teatrale
costume cinematografico
costume di bambola
costume di statua
costume di statuina
costume di manichino
costume di marionette
sportiva
costume popolare
costume tradizionale
intimo
ecc.
L’abbigliamento di corte rientra nella definizione di “civile”; la specificazione “di corte”
si inserisce in questo caso in “OGTF funzione/occasione”. Si definisce “regale”
l’abbigliamento o le parti di abbigliamento di un sovrano usato per cerimonie di
incoronazione o per occasioni ufficiali documentate.
Si definisce “costume storico” o “di travestimento” la categoria di un costume
confezionato per fini di rievocazione storica (giostra, torneo, palio di Siena, ecc.).
La definizione della categoria “ente, associazione, ordine cavalleresco o civile,
confraternita” riguarda le uniformi di enti e associazioni diverse, che possono essere
paramilitari, ricreative, sportive o altro.
“Sportiva” è la categoria di un capo di abbigliamento nato per uno sport particolare
(es: tuta da sci), che non viene usato nell’abbigliamento civile; dopo la definizione
“sportiva”, va specificato quindi il tipo di sport (es. calzoni da equitazione). Da non
confondere con capi confezionati per un uso genericamente ‘sportivo’ o piuttosto
ricreativo (es: calzoni alla zuava).
La categoria “popolare/tradizionale” viene applicata agli abiti tipici di alcune aree
geografiche.
“Intimo” è ovviamente l’abbigliamento indossato sotto i capi esterni e che non appare
alla vista se non per parti minime o in casi particolari (es. mutande, reggiseno,
reggicalze, ecc.)
OGTE
Componenti esistenti
Viene specificato il numero delle componenti esistenti, quando l’oggetto non è
costituito da un unico pezzo, seguito dalla specifica delle stesse. Esempi nella figura
seguente:
76
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
2 pezzi: corpino, gonna
3 pezzi: giacca, gilè, pantaloni
OGTF
Funzione/occasione
Indicare la funzione dell’oggetto o l’occasione.
Vocabolario aperto
da ballo
da battesimo
da casa
da cerimonia
da cocktail
di corte
da corteo
da cresima/prima
comunione
da festa
estivo
da equitazione
funebre
da giorno
da gravidanza
da lavoro
da letto
da lutto
invernale
da mattino
da montagna
da nascita
da notte
da nozze
da ordinazione religiosa
da parata
da passeggio
da pomeriggio
da professione
da ricreazione
da sera
da spiaggia
da viaggio
da visita
ecc.
Per le uniformi:
di gala
d’ordinanza
da campo
da campagna
OGTG Genere
Indicare il genere dell’oggetto. Per quanto riguarda la definizione “infantile”, questa
va associata all’indicazione maschile/femminile; quella di “animale” è da riferirsi ad
esemplari che possono trovarsi in collezioni di costumi indumenti storici, utilizzati
per animali come, per esempio, scimmiette.
Scheda VeAC Norme per la compilazione
77
Vocabolario aperto
maschile
femminile
infantile
unisex
animale
ecc.
OGTT
Tipologia del modello
Il campo va utilizzato per definire tutte le caratteristiche formali del modello – scelte
soprattutto fra le tipologie dei secoli XIX e XX e alcune del secolo XVIII - che ne
permettono l’individuazione immediata. Per gli altri periodi storici, come i rari abiti dei
secoli XVI e XVII, che non trovano riscontro nelle tipologie individuate, il campo non va
compilato. Il campo quindi non è obbligatorio. Per le tipologie si vedano i termini
contenuti nel lemmario, che definiscono un vocabolario aperto, alle voci: abito,
bottone, busto, calza/calze, calzoni, camicia, camicia da notte, cintura, collo/colletto,
completo, corpino, costume da bagno, gabbia, giacca, gilè, gonna, maglia, manica,
mantello, mutande, pantaloni, pettorina, reggiseno, scialle, sciarpa, soprabito,
sopravveste, sottabito, sottogonna, velo, vestaglia da camera.
Alla definizione della tipologia si fa seguire, per pantaloni, camicie e maniche, la
specificazione della lunghezza; ugualmente per indumenti femminili, per gli abiti,
soprabiti, sottabiti, pantaloni, gonne, sottogonne soprabiti, mantelli -non per altrisi definisce la lunghezza, che può essere:
cortissima,
quando la lunghezza
arriva appena sotto
l’inguine
78
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
corta,
quando
la lunghezza
al ginocchio
lunga,
quando la lunghezza arriva
dal ginocchio a terra,
specificando il punto di arrivo
con strascico
Esempi:
OGTD: abito
OGTF: da sera
OGTG: femminile
OGTT: a crinolina,
lungo sotto il polpaccio
OGTD: sopravveste
OGTF: da corte
OGTG: femminile
OGTT: mantò con strascico
OGTD: giacca
OGTF: da cresima/prima comunione
OGTG: infantile, maschile
OGTT: doppiopetto
OGTS
Definizione storica/commerciale
Il campo deve essere riempito solo quando c’è certezza assoluta del termine storico
o commerciale che qualifica l’oggetto. La certezza viene data da documenti o fonti
che riguardano specificamente l’oggetto analizzato.
Esempi di denominazioni storiche: robe à la polonaise, bautta, pellegrina, pigiamapalazzo, pelisse, ecc.; di denominazione commerciale: bomber, hot pants, shorts,
parka, perfecto, ecc. Si vedano i termini contenuti nel lemmario –campo OGTS- che
definiscono la base di un vocabolario aperto.
OGTN Nome del modello
Il campo riguarda solo i modelli del XX secolo o contemporanei; va riempito solo
quando si conosce precisamente, in modo documentato, il nome assegnato al modello
durante la sfilata.
OGTA
Appartenenza
I campi OGTA, OGTR, OGTQ vanno riempiti, quando possibile, in successione, in
presenza di livree, uniformi, civili, militari o anche di ordini monastici o di
associazioni varie, indicando, nell’ordine, il corpo/ordine/associazione/casata di
appartenenza, il grado e/o la qualifica.
Es.: OGTD: uniforme; OGTA: Banda Musicale del Comune di Montalto;
OGTQ: trombettiere.
OGTD: uniforme; OGTA: Arma dei Carabinieri; OGTR: generale.
OGTD: livrea; OGTA: Casa Rucellai; OGTQ: staffiere.
Scheda VeAC Norme per la compilazione
79
OGTR
Grado
Si vedano le indicazioni riportate al campo OGTA.
OGTQ Qualifica
Si vedano le indicazioni riportate al campo OGTA.
OGTV
Soggetto/personaggio del travestimento
Riguarda gli oggetti definiti come costumi. Si definisce il periodo storico o più
specificamente, quando è riconoscibile o noto, il personaggio storico o d’invenzione
per cui il capo d’abbigliamento è stato confezionato.
Es.: Rinascimento, antico Egitto, Medea, Madonna, Peter Pan, cavaliere
medievale, farfalla, ecc.
OGTL
Finalità del travestimento
Indicare la finalità del travestimento, individuata fra le seguenti.
Vocabolario aperto
carnevale
festa in maschera
festa religiosa
festa popolare
giostra
rievocazione storica
spettacolo teatrale
spettacolo cinematografico
ecc.
QNT
QUANTITÀ
Quantità degli esemplari, quando il loro numero sia diverso da 1, per oggetti uguali
(trattati al singolare nel campo OGTD) o di tipo seriale.
QNTN Quantità esemplari
Il campo deve essere compilato con l’indicazione del numero degli esemplari
esistenti solo quando l’oggetto fa parte di una serie di cui si posseggono esemplari
uguali, come nel caso di uniformi militari o civili e di un prodotto di serie
industriale o di un identico oggetto realizzato in più esemplari, come nel caso di
corredi nuziali o neonatali.
QNTC
Complementi
I complementi sono in genere accessori confezionati insieme al capo, spesso per una
circostanza precisa. Possono essere costruiti con gli stessi materiali del capo, ma non
necessariamente. Possono essere scarpe, cinture, acconciature, guanti, manicotti,
borsette, veli, altro.
Es.: OGTD: abito; OGTF: da nozze; QNTC: velo, scarpe, guanti, bouquet.
80
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
QNTS
Quantità non rilevata
Sigla NR (quantità Non rilevata) indicante che il numero dei pezzi è maggiore di
uno, ma non è stata rilevata per motivi pratici l’esatta quantità. Questo caso può
presentarsi nella fase di revisione delle schede cartacee già compilate.
Vocabolario chiuso
NR
Scheda VeAC Norme per la compilazione
81
* DT – CRONOLOGIA
Informazioni sugli estremi cronologici del bene catalogato, nella forma più
precisa possibile. La compilazione del paragrafo è obbligatoria.
*DTZ
CRONOLOGIA GENERICA
Indicazione della fascia cronologica di riferimento. La compilazione del campo è
obbligatoria.
*DTZG Fascia cronologica di riferimento
Indicare la fascia cronologica di riferimento, o il secolo/i in numeri romani. È
preferibile utilizzare un’espressione numerica. Se non si può specificare la fascia
cronologica con un’espressione univoca, è possibile utilizzare più definizioni
separate da un trattino. La compilazione del sottocampo è obbligatoria.
Es.: sec. XIX
DTZS
Frazione cronologica
Specifiche che permettono di circoscrivere maggiormente la fascia cronologica.
Quando è possibile indicare gli estremi cronologici precisi nel campo Cronologia
specifica (DTS), non è necessario compilare questo sottocampo.
Vocabolario chiuso
inizio
fine
metà
prima metà
seconda metà
primo quarto
secondo quarto
terzo quarto
ultimo quarto
fine/inizio
DTS
CRONOLOGIA SPECIFICA
Datazione specifica in anni, eventualmente anche a cavallo di secoli. Nel caso in cui
la data sia un anno preciso, si compilano i due sottocampi “DTSI da” e "DTSF a” con
lo stesso valore. Qualora si conosca solo il termine ante quem o post quem si
compilerà solo il primo dei due sottocampi.
DTSI
Da
Indicazione in anni della data iniziale del bene. Il sottocampo presenta
un’obbligatorietà di contesto.
Es.: 1701
82
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
DTSV
Validità
Precisazioni relative alla data iniziale.
Vocabolario chiuso
ante
post
ca.
(?)
DTSF
A
Indicazione in anni della data finale del bene. Il sottocampo presenta
un’obbligatorietà di contesto.
Es.: 1835
DTSL
Validità
Precisazioni relative alla data finale.
Vocabolario chiuso
ante
post
ca.
(?)
*DTM
Motivazione cronologia
Indicare le motivazioni della datazione proposta. Il campo è ripetitivo e la sua
compilazione è obbligatoria.
Vocabolario chiuso
analisi stilistica
analisi storica
arme
bibliografia
ADT
bollo
contesto
data
documentazione
foggia sartoriale
iscrizione
tradizione orale
Altre datazioni
Datazioni superate, alternative o tradizionali. Il campo è ripetitivo. La data può
essere espressa sia in anni che in secoli o frazioni di secolo, eventualmente seguiti
dalle seguenti precisazioni.
ante
post
inizio
fine
metà
prima metà
Scheda VeAC Norme per la compilazione
83
seconda metà
primo quarto
secondo quarto
terzo quarto
ultimo quarto
ca.
84
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
AU – DEFINIZIONE CULTURALE
Informazioni che consentono di collocare il bene nel contesto culturale
e di produzione.
AUT
AUTORE/RESPONSABILITA’
Dati relativi all’autore (singolo o ente collettivo) del bene catalogato oppure, se l’autore
non è noto, alla cerchia cui esso è riferibile. Nel caso di più attribuzioni si riporterà
quella maggiormente accreditata o convincente, registrando le altre nel campo “AAT
Altre attribuzioni” Per quanto riguarda le norme di dettaglio per la compilazione dei
sottocampi si rimanda a Strutturazione dei dati delle schede di catalogo. Archivio
controllato Autore/Bibliografia. Il campo è ripetitivo, per poter registrare i dati relativi
a più autori (persone singole o enti collettivi) eventualmente coinvolti, con ruoli diversi,
nella realizzazione del bene.
AUTR
Ruolo
Informazione che indica la natura dell’intervento o il ruolo svolto dall’autore nella
realizzazione del bene catalogato.
Vocabolario chiuso
disegnatore
esecutore sartoriale
ideatore del modello
NCUN Codice univoco ICCD
Indicare il numero di codice che individua la scheda relativa all’autore (singolo o
ente collettivo) in modo univoco a livello nazionale; il numero è assegnato
dall’ICCD.
AUTN Autore/nome scelto
Indicare il nome dell’autore, nella forma ‘cognome nome’. Il nome può
eventualmente essere seguito dall’aggettivo sostantivato e/o da ‘detto’ e quindi, se
esistente, dallo pseudonimo e/o sigla. Per i patronimici e i nomi convenzionali si
adotta la forma piana; in caso di ambiguità indicare la forma più nota utilizzata nei
repertori e nella bibliografia più recente. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà
di contesto.
Es.: Lagerfeld Karl Otto
AUTA
Dati anagrafici/Periodo di attività
Indicare la data di nascita e la data di morte o il periodo noto di attività. Quando
non sia possibile rilevare alcun dato anagrafico, si riporterà la cronologia del bene
catalogato. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto.
Es.: 1897/1982
Scheda VeAC Norme per la compilazione
85
AUTH
Sigla per citazione
Indicare il codice univoco, costituito da un numero di otto cifre, che individua la
scheda relativa all’autore nell’ambito di un archivio locale; il numero è assegnato a
cura dell’Ente schedatore ed ha valenza esclusivamente locale. Il sottocampo presenta
un’obbligatorietà di contesto.
Es.: 00000123
AUTM Motivazione dell’attribuzione
Indicazione della fonte dell’attribuzione. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà
di contesto e può essere ripetitivo se si vogliono dare più motivazioni per
l’attribuzione.
Vocabolario aperto
etichetta
fonti documentarie
fotografie
tradizione orale
analisi stilistica
analisi di lavorazione
ecc.
Es.: AUTN: Lagerfeld Karl Otto; AUTA: 1938/ ; AUTR: ideatore; AUTM:
fonti documentarie: “Vogue” 1999, n. 10, p. 57
AUTO
Modello di riferimento
Il campo viene riempito nel caso in cui il capo sia una copia di un modello originale
di cui si ha conoscenza. In questo caso se ne cita la fonte.
Es.: AUTN: Ombretta; AUTR: esecutore sartoriale; AUTM: etichetta; AUTO:
Coll. Dior primavera-estate, 1998, in “Vogue” febbraio 1999, n. 2, p.
15
ATB
AMBITO SARTORIALE/PRODUZIONE
Indicazioni di carattere generale riguardo al contesto sartoriale (oppure alla
manifattura, alla maestranza, ecc.) a cui può essere ricondotta la realizzazione del
bene catalogato.
Il presente campo è da valorizzare in alternativa al campo “AUT Autore”, oppure può
essere considerato integrativo rispetto a quest’ultimo, quando si tratta di opera alla
cui realizzazione hanno concorso più soggetti. Il campo è ripetitivo nel caso di
opere riferibili in parte a un contesto sartoriale, in parte ad altro contesto.
ATBD
Denominazione
Indicazione dell’ambito culturale cui può essere riferita la realizzazione dell’opera. Si
riporta il nome della ditta produttrice oppure la manifattura, seguita dall’ambito
86
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
nazionale o regionale in cui l’oggetto è stato lavorato. Il sottocampo presenta
un’obbligatorietà di contesto.
Es.: Christian Dior
manifattura torinese
ATBM Motivazione dell’attribuzione
Indicazione della fonte dell’attribuzione. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà
di contesto e può essere ripetitivo se si vogliono dare più motivazioni per
l’attribuzione.
Vocabolario aperto
fonti archivistiche
tradizione orale
stampa coeva
analisi stilistica
analisi di lavorazione
ecc.
AAT
Altre attribuzioni
Indicazioni relative ad attribuzioni vecchie, alternative o tradizionali. Il campo è
ripetitivo per registrare diverse attribuzioni. Per la sua compilazione si veda il
campo “AUT Autore”, sottocampo “AUTN Nome” o il campo “ATB Ambito culturale”,
sottocampo
“ATBD Denominazione” a seconda del caso.
Es.: Yves Saint Laurent
manifattura tedesca
CMM
COMMITTENTE/ ACQUIRENTE
Il campo, con i relativi sottocampi è da valorizzare solo nel caso l’acquirente o il
committente del capo sia diverso da colui che l’ha indossato o per il quale era
destinato. È il caso di abiti infantili o di doni. Tali notizie sono di solito ricavate da
memorie famigliari orali o scritte, cui si farà riferimento nel sottocampo CMMF.
Il caso consueto è quello in cui l’acquirente/committente del capo si identifica con
colui che l’ha indossato: le notizie relative valorizzano allora il solo campo FRU.
Il campo è ripetitivo.
CMMN Nome
Nome del committente/acquirente. Il sottocampo è ripetitivo e presenta
un’obbligatorietà di contesto.
CMMD Data
Indicazione cronologica relativa alla commissione/acquisto.
Scheda VeAC Norme per la compilazione
87
CMMC Circostanza
Circostanza in occasione della quale il capo è stato commissionato o acquistato.
CMMF Motivazione
Fonte delle notizie date. Il sottocampo è ripetitivo.
FRU
Fruitore
Notizie relative delle persone che hanno o effettivamente indossato il capo oggetto
di catalogazione, sia perché ad esse destinato sia perché, ad esse pervenuto, hanno
potuto riadattarlo a loro nuove esigenze. Nel caso, consueto, in cui
l’acquirente/committente del capo si identifichi con colui che l’ha indossato si
valorizza solo il presente campo tralasciando il campo CMM. Il campo è ripetitivo.
FRUN
Nome
Nome del fruitore. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto.
FRUD
Data
Indicazione cronologica relativa all’utilizzo del capo.
FRUC
Circostanza
Circostanza in cui l’abito è stato indossato
FRUF
Fonte
Fonte delle notizie date.
Esempi CMM-FRU:
OGTD: completo; OGTC: civile; OGTE: 3 pezzi: portainfante, camicia, cuffia; OGTF:
Battesimo; OGTG: infantile; ATBD: manifattura bolognese; ATBM: informazioni orali
del donatore, Giorgio Sgaravatti; CMMN: Sig.ra Letizia Sgaravatti; CMMD: 1901;
CMMC: battesimo del figlio; CMMF: informazione orale del nipote Giorgio
Sgaravatti; FRUN: Paolo Sgaravatti; FRUD: 06/02/1902; FRUC: Battesimo; FRUF:
informazione del donatore Sig. Giorgio Sgaravatti.
OGTD: abito; OGTT: a crinolina; OGTC: civile; OGTF: ballo; OGTG: femminile; DTZG:
sec. XIX; DTZS: terzo quarto; DTSI: 1855; DTSF: 1860; DTM: foggia sartoriale; ATBD:
manifattura italiana; ATBM: caratteristiche sartoriali; CMMN: Sig.ra Letizia Caproni;
CMMD: 08/05/1856; CMMC: ballo da debuttante; CMMF: “L’eco di Treviso”, anno
1856, n. 33, p. 4; FRUN: Sig.ra Paola Caproni Fiorilli; FRUD: 15/09/1898; FRUC: ballo
in maschera; FRUF: diario della Sig.ra Paola Caproni Fiorilli.
88
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
* MT – DATI TECNICI
Informazioni relative agli aspetti materici e tecnici del bene in esame. La
compilazione del paragrafo è obbligatoria.
MTC
Materia
Un oggetto d’abbigliamento può essere costituito da molte materie; si prendono in
considerazione le due o al massimo tre materie impiegate in modo significativo,
ripetendo i campi. La materia di singoli particolari va invece specificata nell’ambito
della descrizione della “Struttura sartoriale”, quando è significativa. Il campo è
pertanto ripetitivo.
MTCF Fibra/materia
Indicazione del tipo di materia usata. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di
contesto.
Vocabolario aperto
lana
lino
cotone
canapa
seta
fibre artificiali [viscosa]
fibre sintetiche [definizioni
più specifiche solo se si
conoscono con certezza, di
solito attraverso le etichette
presenti sul capo]
metallo
paglia
pelle
pelliccia
piume
plastica
vetro
ecc.
MTCT
Tecnica
Indicazione della tecnica usata. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di
contesto.
Es.: tessuto, merletto, feltro, maglia, uncinetto, intreccio, filet, altro
MTCA Analisi
Viene indicata la definizione tecnica completa dei tessuti, secondo le norme fornite
dal C.I.E.T.A., o dei merletti, soltanto se si è in grado di individuarla con esattezza e
se si tratta di oggetti particolarmente significativi. Negli altri casi o in situazione di
impossibilità o incertezza si deve distinguere semplicemente fra tessuto unito
(specificando eventualmente “tela o taffetas, saia, raso, garza, velluto”) e tessuto
operato. In questo caso si può eventualmente specificare anche il tipo di intreccio di
fondo (es. raso operato).
Per i merletti si distingue fra quelli manuali e quelli meccanici. Per quelli manuali
definire possibilmente se realizzati ad ago o a fuselli o altre tecniche (es. merletto
meccanico; merletto a mano a fuselli).
Per la maglia distinguere se lavorata a mano o a macchina e definire le principali
tipologie.
Scheda VeAC Norme per la compilazione
89
Es.: MTCF: seta; MTCT: tessuto; MTCA: raso operato
MTCF: cotone; MTCT: tessuto; MTCA: velluto unito
MTCF: lana; MTCT: maglia; MTCA: a macchina, rasata
MTCC Colore
In questo campo viene specificato il colore dominante, di solito quello del fondo del
tessuto, o quello risultante dall’intreccio. In un tessuto operato con più colori,
questi vengono elencati in ordine di importanza, specificando prima il colore di
fondo, poi quello dei motivi se in numero limitato; se invece sono numerosi si
utilizza la definizione “policromo”.
Es.: fondo azzurro, motivo policromo
rosso granato
fondo verde a righe bianche e gialle
fondo blu, a pois rosa
MTCD Decorazione
Riguarda i motivi del tessuto, o della materia strutturale dell’oggetto, non quelli
delle decorazioni aggiunte.
Si individuano nell’ordine: la tipologia generale della decorazione, quindi se
naturalistica o astratta, il soggetto del motivo, la disposizione.
Per le tipologie si usano le seguenti categorie: floreale/vegetale,
geometrica/astratta, animale, figurata, ad oggetti, araldica. Quando la
decorazione è doppia, cioè si staglia su di un fondo con un altro motivo, si descrive
prima la decorazione del fondo, poi quella del motivo vero e proprio. Generalmente
i fondi hanno piccoli decori di gusto geometrico o astratto.
Es: fondo a decorazione geometrica a piccoli motivi seminati; motivo
floreale naturalistico, con cestini con fiori, disposti a meandro.
MTCN Tecnica decorazione
Deve essere indicata la tecnica usata per la decorazione. Fra le più comuni
individuabili: tessitura a mano, tessitura meccanica, stampa, tintura, impressione,
batik, finissaggio, altro.
Es.:
90
es. 1:
MTCF
seta
MTCT
tessuto
MTCA
raso
operato
MTCD
floreale
stilizzata
es. 2:
cotone
tessuto
velluto
unito
a peonie
e garofani
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
MTCN
MTCP
tessitura corpino
meccanica e gonna
sopragonna,
colletto,
paramani
MTCP Posizione decorazione
Si specifica la posizione sull’oggetto dei motivi quando sono piazzati in posizioni
particolari, come accade per esempio in completi maschili del secolo XVIII.
Es: MTCF: seta; MTCT: taffetas broccato; MTCC: fondo rosa carico, motivi
policromi; MTVD: floreale stilizzata; MTVT: tessitura a mano; MTVP:
lungo l’apertura anteriore, lo scollo, i paramani, le patte delle tasche.
MTF
Fodere/strutture interne
Il campo è ripetitivo in caso il capo presenti diverse tipologie di fodere o strutture
interne.
MTFO Tipologia
Indicare le tipologie della fodera/struttura interna; nel caso di stecche, specificare di
seguito il numero. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto.
Vocabolario aperto
fodera
imbottitura
teletta
stecche, 2.
ecc.
MTFF
Fibra/Materia
Indicare i tessuti costitutivi delle fodere (per il vocabolario aperto cfr. campo MTCF)
e i materiali delle strutture interne, se sono visibili e riconoscibili.
MTFT
Tecnica
Le norme di riferimento per la compilazione sono le stesse del campo MTCN.
MTFC Colore
Le norme di riferimento per la compilazione sono le stesse del campo MTCC.
MTFP
Posizione
Indicare la posizione della fodera, se è parziale; delle varie fodere, quando la
foderatura è costituita da tessuti diversi. Deve essere indicata anche la posizione
delle strutture interne.
Es.:
MTFO
fodera
fodera
fodera
stecche
MTFF
lino
seta
lino o canapa
balena
MTFT
tela
raso
tela
MTFC
bianco
azzurro
naturale
MTFP
al corpino
alle maniche
al busto
6 davanti, 4 dietro
Scheda VeAC Norme per la compilazione
91
MII
MISURE INGOMBRO
Le misure ingombro determinano l’ingombro per l’immagazzinaggio. In pratica, si
possono considerare le coordinate ortogonali dell’oggetto.
Per molti tipi di oggetti bidimensionali come scialli, sciarpe, calze, reggicalze ecc., le
misure di ingombro si identificano con le misure base (MIS), i cui campi non
vengono quindi compilati.
MIIA
Lunghezza totale massima
La misura si calcola ad indumento disteso, in verticale fra i punti più distanti.
Per calzamaglie e collant, spesso privi della forma del piede, si calcola dal punto vita
alla punta del piede disteso.
Per calze, calzini, calzettoni, invece, che meglio seguono la linea anatomica, la
lunghezza massima viene calcolata dal bordo superiore al tallone.
Esempi di rilevamento nelle figure seguenti:
92
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
Scheda VeAC Norme per la compilazione
93
MIIL
Larghezza totale massima
In orizzontale nel punto più largo.
a) Per abiti interi, capispalla, soprabiti: la misura corrisponde spesso al punto sotto
le ascelle. Vanno calcolate anche le maniche distese a piatto. Nel caso di abiti con
la gonna larga, la misura si calcola evidentemente all’orlo.
b) Per i calzoni: si misura il punto più largo che corrisponde in genere ai fianchi.
c) Per busti steccati tridimensionali (spesso costituiti da due metà): si misura la
circonferenza petto di una metà del busto.
d) Per calze, calzini, calzettoni: la misura corrisponde alla lunghezza del piede.
Esempi di rilevamento nelle figure seguenti:
94
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
Scheda VeAC Norme per la compilazione
95
MIIP
Profondità/altezza
La misura viene fornita nel caso di oggetti rigidi e tridimensionali (busti, steccati
rigidi, accessori).
MIS
MISURE BASE
Le misure base individuano l’oggetto e la conformazione fisica del proprietario.
Sono fondamentali per l’allestimento museale, per individuare i tipi di supporti
necessari per l’esposizione.
MISR
Lunghezza totale parte anteriore
Per abiti interi, capispalla, soprabiti, busti:
a) dalla spalla in verticale fino al fondo. Se è presente un taglio orizzontale che
determina la vita (anche se si posiziona sotto il seno o sui fianchi) fornire la
misura dalla spalla al taglio, quindi quella totale.
Esempi nelle figure seguenti:
96
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
b) dallo scollo nel centro davanti in verticale fino al fondo. Se è presente un taglio
orizzontale procedere come sopra. In presenza di un colletto montante che
aumenta la lunghezza dell’oggetto, aggiungere l’altezza del colletto (o solino o
cinturino), specificandola. In caso di cappuccio si prende la misura sull’oggetto
steso a piatto e schiacciato a metà: si aggiunge all’altezza dell’oggetto la misura
presa dall’attaccatura al collo al punto più alto sopra la testa.
Esempi nelle figure seguenti:
Scheda VeAC Norme per la compilazione
97
Per calzoni e gonne:
sul fianco, dalla vita all’orlo in fondo
98
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
MISD
Lunghezza totale parte posteriore
Per abiti interi, capispalla, soprabiti:
a) dalla spalla in verticale fino al fondo o dalla spalla al taglio orizzontale, al fondo,
come per MISR punto a).
b) dallo scollo nel centro dietro in verticale fino al fondo, come per MIBR punto b).
Scheda VeAC Norme per la compilazione
99
Per abiti e gonne con strascico:
• dal centro del collo all’orlo in verticale
• dal mezzo del punto vita dietro all’orlo in fondo
100
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
MISS
Larghezza dorso
Si misura la distanza degli scalfi posteriori della manica presa al centro degli stessi.
Corrisponde in genere a cm 10 sotto la nuca.
Esempi nelle figure seguenti:
MISP
Circonferenza petto
Tutte le misure che individuano circonferenze dell’oggetto vengono prese all’esterno.
Possono essere prese ad oggetto a piatto e quindi raddoppiate. Vengono prese anche
all’interno dell’indumento quando esistono strutture interne portanti (es. cinturini,
bustini) che presentano misure diverse da quelle esterne, o forme sartoriali
soprammesse (es. falso bolero). In questo caso si riportano anche le misure interne,
specificando dove sono state prese.
Scheda VeAC Norme per la compilazione
101
a) La circonferenza del petto si prende all’altezza dell’ascella sartoriale nel caso di
abiti sfoderati o con fodera leggera priva di supporti. Nel caso di un capo
abbottonato si calcola dalla metà del bottone all’inizio dell’asola corrispondente.
Lo stesso criterio si applica ai ganci.
b) Nel caso di capi abbottonati, agganciati o con apertura soprammessa si fornisce
anche la misura totale comprensiva delle soprammettiture.
102
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
c) Nel caso di chiusura con lacci o altri sistemi regolabili, si fornisce solo la misura
totale dall’estremo di un bordo all’altro.
Nel caso di struttura interna portante (es. bustino) si fornisce la misura presa
all’interno con gli stessi criteri dei punti a) e b).
MISV
Circonferenza vita
a) La circonferenza della vita si misura nel punto più stretto, seguendo gli stessi
criteri dei punti MISP a) e MISP b) per le soprammettiture.
Scheda VeAC Norme per la compilazione
103
b) Nel caso di chiusura con lacci o con altri sistemi regolabili, si procede come nel
punto MISP b)
c) Nel caso della presenza di un cinturino interno di misura diversa dalla
circonferenza vita esterna, viene riportata anche la misura di quest’ultimo con
specificazione.
MISF
Circonferenza fianchi
La circonferenza dei fianchi si misura nel punto più largo, procedendo come nei casi
precedenti.
MISO
Circonferenza orlo
La circonferenza dell’orlo si misura nei modi seguenti:
a) per le gonne, si calcola all’orlo che corrisponde in genere al punto più largo,
comprensivo dell’eventuale strascico.
104
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
b) per i calzoni, si misura la larghezza di una gamba al fondo, specificando che si
tratta di una gamba. In caso di modelli particolari (es. calzoni alla cavallerizza) la
misura si prende nel punto più largo, indicando quale.
MIM
MISURA MANICHE
MIMA Lunghezza esterna/ interna
Vengono rilevate due misure: la lunghezza totale esterna e la lunghezza totale
interna. Dal centro della pala al fondo, comprensiva di paramani e polsi; dal punto
più basso della pala al fondo per la lunghezza interna. Nel caso di maniche raglan,
chimono e pipistrello si fornisce una sola misura: dallo scollo al fondo.
Esempi nelle figure seguenti:
Scheda VeAC Norme per la compilazione
105
MIML Larghezza massima/ minima
Si rilevano due misure: la prima nel punto più largo, presa a piatto e raddoppiata,
indicando quale (es. al bicipite); la stessa operazione per la seconda misura relativa al
punto più stretto.
Modalità di rilevamento delle misure analitiche
In questo ambito sono descritte anche i criteri e le modalità di rilevamento delle
misure analitiche dell’oggetto, che individuano il modello e danno indicazioni sulla
data di confezionamento dello stesso.
Le misure analitiche devono essere riportate nei campi, più avanti descritti, SRCR,
SRCV, SRCI, SRCD, a corredo delle informazioni relative alla struttura sartoriale del
capo, ivi registrate.
A. Il busto
Per abiti o indumenti non apribili e generalmente per quelli del XX secolo, le misure
si calcolano all’esterno con l’oggetto a piatto.
1. Spalla: dallo scollo al centro dell’attaccatura della manica.
2. Fianco: dall’ascella sartoriale al taglio orizzontale posto generalmente all’altezza
della vita.
106
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
B. I calzoni e i pantaloni
1. Cavallo. Si calcola senza cinturino.
Dal centro davanti (o centro patta) alla cucitura,
dalla cucitura al centro dietro
2. Gamba interna. Dalla cucitura del cavallo all’orlo,
senza cinturino
3. Larghezza gamba. Si prende a piatto all’altezza
dell’incrocio delle cuciture
4. Altezza cintura inserita in vita. Si prende nel mezzo
davanti e nel mezzo dietro
Scheda VeAC Norme per la compilazione
107
5. Altezza risvolto al fondo
o cinturino al ginocchio
6. Patta. Altezza per larghezza per quelle a ribalta; lunghezza dell’apertura
verticale per calzoni chiusi da bottoni o cerniere
C. Le maniche
1. Altezza polso, paramano, gala. Misura esterna ed interna nel caso che differiscano
2. Larghezze diverse. Si calcolano a piatto a metà. Nel caso di forti differenze di larghezza nel modello, si forniscono
quelle più larghe e più strette, indicando il punto di rilevazione
D. I colli e i risvolti
108
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
1. Altezza cinturino. Davanti e dietro se le misure differiscono
2. Altezza del colletto. Dalla punta davanti all’attaccatura del collo; dall’orlo all’attaccatura del collo nel mezzo dietro
3. Risvolto, rever. Due misure: dal bottone che chiude lo scollo alla punta; dalla punta all’attaccatura del colletto in
perpendicolare
4. Colli sciallati. Due misure: dal bottone che chiude il capo al centro dietro; larghezza massima
Scheda VeAC Norme per la compilazione
109
E. Le tasche
1. Posizione sul capo. Dalla spalla al punto superiore della tasca,
sia tagliata che applicata
2. Nel caso di gonne, calzoni
o pantaloni, abiti interi con taglio in
vita, si aggiunge anche o si rileva la
misura della distanza dalla vita
3. Patte e tasche applicate. Altezza e larghezza massima della patta o della tasca applicata
110
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
F. Capispalla particolari
• Marsine , giacche e casacche femminili (secolo XVIII e revivals)
a. Lunghezza fianco. Dall’ascella allo spacco laterale.
b. Lunghezza spacco posteriore
c. Lunghezza spacchi laterali
d. Distanza fra gli spacchi
e. Profondità pieghe. Si calcola introducendo in ogni piega una stecca morbida con
il fondo stondato e raddoppiando la misura ricavata nel caso di piega doppia.
• Frac e capi militari con falde e taglio orizzontale in vita
a. Lunghezza fianco. Come in A2
b. Lunghezza spacco posteriore. Come in
c. Larghezza falde. Si calcola la larghezza massima dall’attaccatura anteriore al
centro dietro all’altezza della vita.
d. Larghezza al fondo. Si calcola quella di una falda, specificandolo.
Esempi nelle figure seguenti:
Lunghezza fianco
Distanza fra gli spacchi
Lunghezza spacchi laterali
Spacco posteriore
Larghezza al fondo
Scheda VeAC Norme per la compilazione
111
DA DATI ANALITICI - STRUTTURA SARTORIALE
Informazioni di dettaglio sul bene catalogato.
DES
DESCRIZIONE
Descrizione del bene in forma sintetica, evitando duplicazioni di informazioni già
presenti in altre voci.
DESO
Oggetto
Descrizione tipologica e morfologica dell’oggetto.
STS
STRUTTURA SEMPLICE
Gli oggetti o indumenti da schedare possono essere strutturalmente semplici, cioè
costituiti da un unico o pochi elementi uniti fra loro, come una sciarpa, o molto
complessi, come un abito femminile degli anni 1870/1880, che richiedeva un lavoro
di taglio e montaggio dei singoli pezzi molto complicato. È stato quindi necessario
predisporre campi diversi in funzione del tipo di oggetto da schedare. In essi
vengono enumerate le varie parti in cui un oggetto è stato tagliato (o lavorato, nel
caso di una maglia) per creare il modello, cioè la forma sartoriale.
Per gli oggetti bidimensionali o che possono aprirsi a piatto, è sufficiente il campo
STSU; per gli indumenti tridimensionali semplici, che hanno un davanti e un dietro,
come un busto o una sottoveste e non presentano tagli strutturali in vita, che
separino nettamente una parte superiore da una inferiore dell’oggetto, si
riempiranno i campi STSD e STSV.
I campi SRCR, SRCV, SRCI, SRCD sono riservati agli abiti, di solito femminili, di
struttura complessa, che prevedono un corpino tagliato separatamente da una
gonna e quindi ad essa cucito, e che presentano quindi una parte superiore molto
diversa da quella inferiore, tagliata e confezionata a parte.
Il taglio, per tutti i campi, si intende in dritto filo; in caso contrario si specifica in
sbieco.
In questo ambito trovano localizzazione anche le misure analitiche dell’oggetto, da
registrare nei suddetti campi SRCR, SRCV, SRCI, SRCD, a corredo delle informazioni
ivi riportate, e la definizione del tipo di cuciture, a mano o a macchina, le rifiniture
delle cuciture (quando rivestono una qualche importanza), gli orli. Quando il capo è
completamente foderato, non si vedono né le cuciture, né le loro rifiniture, né il
sistema di fissare gli orli, che non possono quindi essere descritti.
Le misure analitiche sono quelle che individuano il modello e possono fornire
indicazioni sulla data di confezione. Sono quindi particolarmente utili in sede di
ricerca. Per i criteri e le modalità di rilevamento delle misure analitiche si vedano le
indicazioni date al paragrafo MI, pagg. 92-96
STSU
Struttura oggetti bidimensionali
Il campo viene riempito per gli oggetti bidimensionali, come scialli, sciarpe,
grembiuli, pettorine, o che si aprono e possono essere analizzati a piatto, come
reggicalze, reggiseni, bretelle, cinture, fasce, giarrettiere, colletti ecc.
112
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
Si indica in quanti pezzi strutturali è tagliato l’oggetto, specificandoli.
Esempi nella figura seguente:
OGTD: scialle
STSU: in un pezzo
(in seguito, EDAT: frangia sui 4 lati,
cm17)
OGTD: grembiule
STSU: in un pezzo con arricciatura
in vita; fascetta in vita che si prolunga
in lacci (estensione totale cm 120)
OGTD: reggiseno
STSU: fascia (lunghezza cm 92),
2 coppe (cm 20 x 18), 2 bretelle
regolabili (massima estensione:
cm 32)
STSD
Parte anteriore indumenti tridimensionali semplici
Questo campo e il seguente (STSV) vengono compilati quando si tratta di indumenti
che hanno un davanti e un dietro, ma non presentano tagli strutturali che separano
la parte superiore da quella inferiore del capo. STSD e STSV riguardano quindi i
seguenti indumenti: abiti senza tagli in vita, busti, camicie, calzoni, casacche,
combinazioni, corpetti, copribusti, giacche, gilet, gonne, maglie, mantelli, marsine,
mutande, pantaloni, soprabiti, sottostrutture, sottabiti, tute non tagliate in vita.
Giacche o giacchine con piccole falde interno alla vita, camicie o abiti con sproni,
vanno comunque fatti rientrare in questa categoria.
Quando il capo presenta un taglio strutturale solo sulla parte posteriore del capo,
mentre quella anteriore risulta costituita con uno o più teli della stessa lunghezza
del capo, come accade talvolta per gli abiti femminili degli anni Settanta
dell’Ottocento, si riempiono i campi “STSD davanti indumenti tridimensionali
semplici”, “SRCV parte superiore dietro abiti complessi” e “SRCD parte inferiore
dietro abiti complessi”. Quando è la parte anteriore a presentare un taglio
orizzontale, che manca invece sul dietro, si riempiono i campi
“STSV dietro indumenti tridimensionali semplici”, “SRCR parte superiore davanti
abiti complessi” e “SRCI parte inferiore davanti abiti complessi”.
In STSD si indica in quanti pezzi è stata tagliata la parte anteriore del capo,
indicando quali e fornendo le misure significative. Si intende che i teli di cui
l’oggetto è costituito hanno tagli che seguono la lunghezza del capo, cioè verticali;
in caso contrario occorre specificare la forma del pezzo.
Lo sprone può avere tagli diversi: quadrato, rotondo, a punte ecc. Dalle punte
possono partire soffietti. Si definiscono tagli particolari o pinces e la loro posizione.
Nel caso siano importanti, anche la loro lunghezza.
Le fianchette vanno specificate in questo campo, anche se possono arrivare a
coprire parte dell’area posteriore. Si specifica eventualmente anche la forma,
sagomata o diritta.
Esempi nelle figure seguenti:
Scheda VeAC Norme per la compilazione
113
Abiti femminili
In un telo, con due pinces intere alla vita (cm 15)
e sprone diritto (lunghezza dalla spalla cm 18.
Spalla cm 14; fianco cm 82)
In due teli, destro (larghezza al seno cm 34) e sinistro
(larghezza al seno cm 20), con apertura laterale a sinistra.
Spalla cm 15; fianco cm 87
Gonne
In un telo in sbieco, con due gheroni al fondo,
alti cm 40
Pantaloni
In due teli corrispondenti a ciascuna gamba;
apertura anteriore cm 18; cavallo cm 80.
Cinturino cm 2,5. Risvolto cm 3
114
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
In due teli pieghettati diritti,
con pieghe fermate per cm 15. Cinturino alto cm 3
Giacche
In due teli con apertura centrale,
due pinces all’altezza della vita di cm 18
STSV
Parte posteriore indumenti tridimensionali semplici
Si procede come nel precedente campo STSD – Parte anteriore indumenti
tridimensionali semplici.
SRC
STRUTTURA COMPLESSA
Descrizione analitica degli abiti di struttura complessa.
SRCR
Parte superiore davanti abiti complessi
I campi “SRCR parte superiore avanti dabiti complessi”, “SRCV parte superiore dietro
abiti complessi”, “SRCI parte inferiore davanti abiti complessi” e “SRCD parte inferiore
dietro abiti complessi” sono specifici per indumenti complessi, specificamente abiti
femminili, di solito costruiti separando il corpino dalla gonna. Questi campi devono
quindi essere compilati anche nel caso di corpini molto piccoli, come quelli del periodo
Impero, o molto lunghi come quelli degli Anni Venti. Talvolta i corpini hanno sproni,
che vanno ovviamente specificati.
Si definisce in SRCR in quanti pezzi è costituita la parte superiore davanti del capo,
quindi il taglio invita, che può essere: diritto, a punta, con cintura inserita, altro.
Esempi nelle figure seguenti:
In 2 pezzi; apertura centrale;
taglio inferiore diritto; 2 mezze pinces
(cm 6) sotto il seno per ogni pezzo.
Spalla cm 24; fianco cm 20
In 3 pezzi: centrale a V sino al taglio
in vita; 2 pezzi laterali con 4 pieghe
oblique a ventaglio che dalla spalla
si restringono verso la vita. Taglio
inferiore diritto con fascetta alta cm 4).
Spalla cm 5; fianco cm 27
In 2 pezzi soprammessi;
taglio inferiore diritto con
fascetta (cm 3); apertura in
sbieco dal girocollo al fianco.
Spalla cm 12; fianco cm 7
Scheda VeAC Norme per la compilazione
115
In 3 pezzi, uno inferiore sagomato con taglio a punta
in vita; 2 superiori orizzontali, destro e sinistro,
con 4 pieghe a ventaglio che si allargano verso il seno
e si ricongiungono sulla spalla.
Congiunzione coperta al centro da un listino (cm 10 x 2).
Spalla cm 13; fianco cm 32
In un pezzo. Taglio diritto al fondo
con lieve arricciatura ottenuta con una doppia filza.
Spalle che si prolungano sul dorso.
Spalla cm 13; fianco cm 32
SRCV
Parte superiore retro abiti complessi
Si procede come in “SRCR Parte superiore davanti abiti complessi”
Esempio nella figura seguente:
In 2 pezzi trapezioidali congiunti al centro con taglio ai fianchi sagomato; taglio in vita diritto (cm 13);
taglio obliquo sul dorso all’attacco della spallina (cm 10). Attacco al giromanica cm 2
SRCI
Parte inferiore avanti abiti complessi
Se si tratta di una gonna, si individua dapprima la tipologia (es. gonna); si indica
quindi il numero di pezzi o teli di cui è costituita la parte anteriore; come in “STSD
davanti indumenti tridimensionali semplici” si comprendono in questo campo anche
i teli che formano i fianchi.
Si indicano i sistemi usati per donarle eventuale ampiezza.
Nel caso di una gonna costruita nello stesso modo davanti e dietro, come una
gonna arricciata, plissettata o pieghettata in modo uniforme, oppure sagomata in
modo che risulta artificioso fare una distinzione fra un davanti e un dietro si
riempie solo questo campo e non “SRCD parte inferiore dietro abiti complessi”.
116
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
SRCD Parte inferiore retro abiti complessi
Si procede come in “SRCI parte inferiore davanti abiti complessi”
Esempi nelle figure seguenti:
SRCI: gonna a calice; 2 teli
svasati (ogni telo: alla vita cm
15, all’orlo cm 50)
SRCD: due teli svasati (alla vita
cm 14, all’orlo cm 50)
SRCI: gonna arricciata, in 6 teli diritti in totale
(larghezza di ogni telo cm 54); arricciatura in vita
con tripla filza a mano
SRCI: gonna a ruota in un unico telo, con due gheroni
semicircolari ai lati alti cm 45
SRM
SRCI: gonna a pieghe
in 4 teli diritti in totale,
ciascuno di cm 104;
cinturino in vita alto cm 3
SRCI: gonna con parte anteriore in 3 teli; uno centrale
svasato (in vita cm 15, al fondo cm 54), due laterali in
sbieco con due gheroni triangolari ai lati (alti cm 44)
SRCD: in 2 teli che formano strascico con fitta
pieghettatura in piedi in vita formata da tripla filza
STRUTTURA MANICA
Descrizione della struttura della manica.
SRMT Tipologia manica
Si enuncia la tipologia di manica, quindi la lunghezza.
Per la definizione della tipologia, scegliere fra i seguenti termini, che definiscono un
vocabolario aperto (cfr. lemmario ad vocem): arricciata, blusante, diritta, diritta
a camicia, fantasia, ad imbuto, a palloncino, a prosciutto, raglan, rettangolare,
sagomata, svasata, a chimono, a pipistrello, a princesse-chimono.
Scheda VeAC Norme per la compilazione
117
Per indicare la lunghezza della manica va utilizzata una delle seguenti definizioni:
cortissima, quando il giro manica si estende oltre la spalla o copre soltanto la parte
superiore del braccio non oltrepassando il taglio inferiore del giro
corta, quando copre la parte superiore del braccio ma non arriva al gomito
al gomito, quando la lunghezza della manica arriva al gomito
tre quarti, quando la lunghezza si estende oltre il gomito, ma non arriva al polso
lunga, quando arriva al polso
lunghissima, quando arriva a coprire la mano e oltre
SRMS Struttura manica
La manica classica è solitamente tagliata per il lungo, con il diritto filo del tessuto
posizionato al centro della parte esterna; può essere tagliata in uno, due o anche
più pezzi.
Nel caso di maniche tagliate in più pezzi, se non c’è specificazione, si intende che i
tagli sono longitudinali, cioè lungo il braccio. In caso contrario si specifica che sono
trasversali. I tagli orizzontali o sagomati in modo decorativo sono propri delle
maniche fantasia.
Va specificato se a pala alta o a pala bassa, quando questa caratteristica è molto
evidente. Si specificano le cuciture quando sono visibili dal rovescio, cioè quando
manca la fodera.
SRMF Parte terminale manica
In questo campo viene specificato il tipo di decorazione terminale della manica, se
esiste (polsino, paramano, risvolto, spacco ecc. Cfr. lemmario alla voce: manica,
parte terminale), con le misure e il tipo di materiale e il colore se è diverso da quello
dell’insieme.
Esempi nella figura seguente:
SRMT: manica diritta lunga
SRMS: in due pezzi
SRMF: spacco (cm 8)
118
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
SRMT: manica arricciata
blusante lunga
SRMS: in un pezzo
SRMF: polsino alto cm 4,5
SRMT: manica sagomata lunga
SRMS: in due pezzi, a pala bassa
SRMF: paramano aperto sotto,
alto cm 14
SRE
STRUTTURA ELEMENTI
Informazioni descrittive degli elementi componenti.
SREC
Tipologia collo/scollo
In questo campo si enunciano nell’ordine:
• la tipologia generale del collo, colletto o dello scollo
• il numero dei pezzi che lo costruiscono
• le misure che lo caratterizzano
• le caratteristiche di taglio e delle cuciture se visibili
• il materiale e il colore se diverso da quello dell’insieme
Per le tipologie di collo o colletto sono da scegliere i seguenti termini, che
definiscono un vocabolario aperto (cfr. lemmario ad vocem): bavero, colletto
semplice, colletto ad anello, collo a camicia, colletto a cinturino, collo su alta
fascia, colletto ad imbuto, colletto alla marinara, colletto piatto, collo con
risvolti, colletto a ruche, collo sciallato.
Nella compilazione si enuncia di quanti pezzi è costituito prima il collo nel suo
insieme, quindi le singole parti.
Esempi nella figura seguente:
Collo a cinturino, in un pezzo (cm 3), aperto davanti,
con sottocollo analogo
Collo con risvolti ad un petto. Colletto, in un pezzo a
punta, cm 12,7, con sottocollo analogo in fustagno
nocciola; due risvolti a lancia, cm 25-18. Occhiello sul
risvolto a sinistra. Presenza di telette interne
Nella definizione dello scollo si enunciano, nell’ordine:
• la posizione
• la tipologia generale
• la profondità
• il tipo di rifinitura
• la larghezza della bretella o altre eventuali misure se significative
La posizione dello scollo viene precisata solo se è posteriore; se non esiste questa
precisazione, si intende uno scollo anteriore.
Per le tipologie di scollo scegliere fra i seguenti termini, che definiscono un
vocabolario aperto (cfr. lemmario ad vocem): a barca, a coulisse, a cuore, diritto,
a goccia, fantasia, girocollo, orizzontale, rotondo, ovale, a punta, quadrato,
rettangolare, asimmetrico, a prendisole, a sottabito, a V.
Per definire la profondità dello scollo si usano i seguenti termini: contenuto,
profondo, totale.
Scheda VeAC Norme per la compilazione
119
Lo scollo contenuto riguarda un’apertura anteriore o posteriore che arriva
mediamente fino alla metà fra l’attaccatura del seno e la fontanella della gola
davanti e fino a metà scapole dietro.
Quando lo scollo arriva all’attaccatura del seno e oltre anteriormente, alle scapole e
oltre posteriormente, lo si qualifica come profondo. In questo caso dobbiamo
specificare il punto di arrivo. Lo scollo totale è quello degli abiti privi di spalla, ma
che possono essere sorretti da spalline o lacci.
Esempi nella figura seguente:
Scollo diritto totale; spalline larghe cm 1,5
Scollo anteriore a barca contenuto, posteriore ovale
profondo, fino in vita
SRET
Tipologia tasche
Si enunciano nell’ordine:
• la tipologia e la forma
• le misure
• le caratteristiche specifiche, il tipo di rifinitura e di chiusura, se presenti
• il numero delle tasche.
Per le tipologie della tasca, scegliere fra i seguenti termini, che definiscono un
vocabolario aperto (cfr. lemmario ad vocem): tagliata, applicata, inserita.
Per la forma: tagliata orizzontale, verticale, obliqua, a mezzaluna, a cuore;
applicata quadrata, rettangolare (eventualmente con angoli inferiori stondati), a
cuore, fantasia, con risvolto; inserita orizzontale, verticale, diagonale.
Si aggiunge la misura dell’apertura per le tasche tagliate o inserite, oppure le misure
dell’altezza per la larghezza nel caso di tasca applicata.
Le caratteristiche specifiche delle tasche applicate sono di solito soffietti o cannoni
centrali; per tutte le tasche possono essere indicati i sistemi di rifinitura
dell’apertura, che si specificano in: a filetto, a due filetti, a pattina cucita, a
patta, a filetto con patta.
Nel caso di tasca con patta, si aggiungono le misure della patta. Se la tasca è una
sola, non occorre specificare il numero.
SREP Posizione tasche
Si specifica la posizione della tasca sull’indumento, quindi eventualmente si
forniscono la misura o le misure che ne determinano la posizione, secondo i criteri
forniti in misure analitiche. Talvolta, oltre quella della distanza dalla spalla, può
essere utile fornire altre misure, specialmente per i capi più antichi o se la tasca
assume particolare valore decorativo.
120
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
Esempi nelle figure seguenti:
SRET: tasca tagliata, a mezzaluna, (cm 16),
con patta sagomata a tre punte (cm 10-7 x 20)
con tre occhielli verticali ricamati decorativi. 2
SREP: sui fianchi, distanza dalla spalla cm 48,
dall’apertura anteriore cm 8
SRET: tasca applicata rettangolare (cm 25 x 18)
con patta diritta (cm 6 x 18) in velluto di cotone rosso
e soffietto centrale
SREP: sui fianchi, distanza dalla spalla cm 45,
dall’orlo cm 4.
SRET: tasca tagliata diagonale (cm 12)
con pattina cucita (cm 2,5)
SREP: sui fianchi, distanza dalla spalla cm 30
SREA
Tipologia chiusura/allacciatura
Il sistema di chiusura di un capo può essere, in molti casi, non solo funzionale, ma
anche soprattutto o puramente decorativo, in particolare nel caso di bottoni, fibbie,
ganci, alamari.
Nel riempire il campo si specificano, nell’ordine:
• la tipologia di chiusura
• la materia
• il colore
• la tecnica
• eventuali misure significative
• il numero degli elementi, solo se più di uno
Nel caso di bottoni la materia, il colore, la tecnica ed eventuali misure devono
essere inseriti nei campi specifici “SREB tipologia bottoni” e “SREM forma/materia
bottoni).
Scheda VeAC Norme per la compilazione
121
Per definire la tipologia di chiusura scegliere fra i seguenti termini, che definiscono
un vocabolario aperto (cfr. lemmario ad vocem ): bottoni,lacci, ganci, fibbie,
cinturini con fibbie, automatici, alamari, gemelli, chiusure lampo, altro (es.
velcro).
SREZ
Posizione chiusura/allacciatura
Per la posizione, indicare prima se l’apertura è anteriore, posteriore, sul fianco o
l’area su cui è posizionata (es.: spalla destra); nei primi due casi, cioè anteriore o
posteriore, aggiungere se centrale, laterale o altro; quindi se è accostata o
soprammessa.
L’apertura di un capo può infatti essere accostata o soprammessa. Richiedono
soprammettiture le chiusure con bottoni, automatici, velcro; possono riscontrarsi,
ma non necessariamente, negli altri casi.
La misura dell’apertura non si indica se corrisponde alla lunghezza del capo, come
in una giacca, un soprabito, uno chemisier.
Esempi nelle figure seguenti:
SREA: alamari in cordoncino di seta
nero (ciascuno cm 4) con bottone, 3
SREZ: apertura anteriore laterale a
destra, soprammessa
SREA: bottoni, 3 (cfr. campi specifici:
SREB e SREM)
SREZ: apertura sulla spalla destra,
cm 10, soprammessa
SREA: chiusura con cerniera in metallo
SREZ: apertura posteriore centrale
sovrammessa, cm 55
122
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
SREA: Automatici in metallo, 6
SREZ: Apertura sul fianco destro
soprammessa., cm 24
SREA: laccetti in nastrino di seta gialla,
ciascuno cm 25,5
SREZ: apertura anteriore centrale,
prolungamento dello scollo, cm 15, accostata
SREB
Tipologia bottoni
Il campo viene riempito sia nel caso di bottoni funzionali, sia nel caso di bottoni
applicati per pura decorazione.
Si specificano, nell’ordine:
• la tipologia
• la misura
• se il bottone è funzionale o decorativo
• il tipo di asola o occhiello corrispondente
• la posizione sul capo, se diversa da “SREZ posizione chiusura/allacciatura”.
Il numero dei bottoni risulta specificato nel campo “SREA tipologia
chiusura/allacciatura” che viene ripetuto in caso sia necessaria una distinzione fra
bottoni decorativi e bottoni funzionali, come nelle marsine settecentesche.
Per la tipologia, sono da usare i seguenti termini che definiscono un vocabolario
aperto (cfr. lemmario ad vocem): rivestito, forato (a 2 o 4 fori), con peduncolo.
Per la misura si intende il diametro del bottone se è rotondo; in caso di forme
fantasia, quella di massimo ingombro.
Esempi nelle figure seguenti:
Rivestito con peduncolo, cm 0,5,
funzionale, con occhiello
corrispondente a macchina
Forato a 4 fori, cm 1, funzionale,
con occhiello a punto occhiello
Rivestito con peduncolo,
cm 0,6, funzionale, con asole
del tessuto dell’abito
Rivestito con peduncolo, cm 2; 4 funzionali (il primo allo scollo, l’undicesimo, il dodicesimo, il tredicesimo dall’alto),
16 decorativi (tot. 20), con occhielli a punto occhiello, di cui quelli corrispondenti ai bottoni decorativi risultano chiusi,
lungo l’apertura anteriore destra. 3 decorativi all’orlo superiore di ciascun paramano (tot. 6). 3 decorativi al taglio
delle tasche parzialmente sotto la patta (tot. 6). 2 decorativi all’attaccatura delle pieghe posteriori;
2 decorativi in fondo alle pieghe posteriori. Totale 36
Scheda VeAC Norme per la compilazione
123
SREM Forma/materia bottone
Vengono specificati, nell’ordine:
• la forma del bottone
• la materia di cui è costituito
• il colore
• eventuali tecniche particolari
• eventuali motivi decorativi
Per la forma sono da utilizzare le seguenti definizioni: piatto rotondo, piatto
quadrato, piatto triangolare, piatto lobato, piatto fantasia, semisferico, sferico,
figurato, fantasia
La materia con cui sono costituiti i bottoni può essere molto varia: madreperla,
osso, plastica, vetro ecc. I bottoni rivestiti hanno di solito un’anima di legno con
peduncolo in metallo; il rivestimento è spesso costituito dallo stesso tessuto
dell’abito, eventualmente ricamato; oppure da cordoncini, fili intrecciati, anche
metallici, passamaneria.
Es.: piatto rotondo, di madreperla
sferico di vetro rivestito di pellicola madreperlacea
piatto rotondo di legno rivestito di fili d’oro filato intrecciati a
motivo di stella
piatto rotondo di legno rivestito di raso giallo ricamato con sete
policrome a motivo di ghirlanda
figurato a forma di nanetto di plastica rosa dipinto di verde e nero
SREU
Cuciture
Si definisce prima il tipo di cucitura, eventualmente specificando i punti più
significativi e la loro posizione; si specifica eventualmente, se significativi, i sistemi
di rifiniture delle cuciture (cfr. lemmario).
Si distinguono due tipi di cuciture: a mano, a macchina.
Es.: a mano per gli orli (sottopunto) e le rifiniture delle cuciture
(sopraggitto); a macchina per tutte le altre
a mano per tutto il capo (punto indietro); filze triple per creare
l’arricciatura della gonna; sottopunto agli orli; rifiniture delle
cuciture ricoperte con nastrino sbieco
a macchina per tutto il capo; orli a punto strega
EDA
ELEMENTI DECORATIVI E/O APPLICATI
Informazioni descrittive degli elementi decorativi e /o applicati.
EDAT
Tipologia
Si indica in questo campo quale decorazione è usata, quindi la sua tipologia ed
eventuali misure significative (cfr. lemmario). Il sottocampo presenta
un’obbligatorietà di contesto.
124
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
Vocabolario aperto
ricamo
applicazione
inserto
ecc.
Per applicazione – che non deve essere confusa con la tipologia di ricamo ad
applicazione o a riporto – e inserto si intende la decorazione del capo con
l’aggiunta o l’inserzione di altri materiali o tessuti che hanno esclusivamente una
funzione decorativa, non strutturale.
Per le tipologie di ricamo:
• ad ago
• meccanico
• ad uncinetto
• in bianco
• in filo metallico
• a riporto
• ad intaglio
• a tambour
• tecniche miste
• bande di tessuto (lisce,
increspate, pieghettate)
• frange
• cordoncini
• soutache
• passamaneria
• bordi
• altro
Per le applicazioni:
• merletti
• nastri
• gale
• ruches
Per gli inserti:
• merletti
• tessuti
• bande (lisce, increspate, pieghettate)
Es. ricamo ad uncinetto
applicazione di bande di tessuto pieghettate
inserto di merletti
EDAM Materia/colore
Si indica il colore predominante del materiale usato; nel caso di molti colori si usa il
termine policromo. Per il ricamo, le applicazioni e gli inserti i materiali più usati
sono:
Vocabolario aperto
• seta, cotone, viscosa, lana, lino, rafia, filati metallici (oro e argento filato,
canutiglia d’oro e d’argento, laminetta d’oro e d’argento)
• tessuto (taffetas, raso, velluto ecc.) in seta, cotone, viscosa, lana, lino
• merletto in seta, lino, cotone, filati metallici
• paillettes, perle, perline, cannucce di vetro/ jais/ plastica, strass
• pelliccia
• altro (es.: conchiglie, piume)
Scheda VeAC Norme per la compilazione
125
Es.: raso in seta rosso
oro filato
cannucce di vetro policromo
EDAC
Tecnica
I principali punti di ricamo vengono individuati se sicuramente riconosciuti; in caso
di incertezza, meglio nessuna specificazione. Nel caso di ricamo con applicazione di
materiali come perline e paillettes, indicare possibilmente se applicate con ago o ad
uncinetto.
Quando si usano paillettes o perline a coprire completamente e in modo uniforme il
loro supporto, che non appare mai alla vista, queste diventano la vera materia
dell’abito, non più la decorazione; il campo da riempire è dunque in questo caso
“MTC materia”. Quando paillettes e perline coprono il supporto, ma sono disposte a
formare motivi attraverso il cambiamento di forma o colore, si compila il campo
“EDA elementi decorativi e/o applicati”.
Possono essere specificati i punti che fissano l’inserto o l’applicazione se hanno
funzione decorativa. Per i merletti, occorre specificare se manuali o meccanici: nel
caso di merletti a mano aggiungere “ad ago, a fuselli, a chiacchierino, a filet,
macramè, a tecniche miste”, quando si è in grado di fornire una corretta
individuazione.
EDAV
Motivi
Si indicano i soggetti della decorazione seguendo i criteri forniti in “MTCD
decorazione”, cfr. animale, araldica, composizione con oggetti, figurata,
floreale/vegetale, geometrica/astratta, in stile. La disposizione del motivo, a campita
continua, a motivi singoli con la definizione a scacchiera, a bande, a tralcio
continuo ecc., specificata in questa voce del vocabolario, si riferisce soprattutto ai
motivi dei tessuti, non tanto a quella dei ricami che sono liberi di strutturarsi a
seconda del taglio sartoriale; comunque alcune specificazioni possono essere
utilizzate, come “a festone, a ghirlanda, a bordo”.
Per il colore si indica quello predominante; nel caso di molti colori si usa il termine
“policromo”.
126
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
EDAP
Posizione
Si specifica la posizione sul capo dell’elemento decorativo, ripetendo il campo, se
necessario.
Esempi nelle figure seguenti:
EDAT: applicazione, gala, cm18
EDAM: merletto di seta bianca
EDAC: a mano, fuselli
EDAV: stelle e bordo a festone
EDAP: allo scollo
EDAT: applicazione, banda (cm 3)
EDAM: pelliccia di volpe rossa
EDAP: all’orlo delle maniche
e in fondo
ISR
EDAT: applicazione, cordoncini
EDAM: seta beige
EDAV: in triplo ordine
EDAP: all’orlo del bavero,
dei polsi e della gonna
EDAT: ricamo a tambour
EDAM: perline di vetro
colore madreperla
EDAV: floreale
stilizzata (rose)
EDAP: alla parte
inferiore della gonna
EDAT: inserto in tessuto (cm 7x5)
EDAM: raso rosso
EDAV: a forma di cuore
EDAP: sul seno sinistro
EDAT: ricamo ad ago
EDAM: sete policrome
EDAC: punto erba, punto piatto, nodini francesi
EDAV: floreale naturalistico, peonie, viole, fiordalisi
EDAP: lungo le aperture, intorno allo scollo,
sui paramani, le patte delle tasche,
lo spacco posteriore
ISCRIZIONI
Indicazioni relative alle iscrizioni presenti sull’opera. Il campo è quindi ripetitivo.
ISRT
Tipologia iscrizioni
Tipologia delle iscrizioni che è possibile trovare su di un capo di abbigliamento.
Scheda VeAC Norme per la compilazione
127
Vocabolario aperto
etichetta
iscrizione
timbro
ecc.
Le etichette sono in genere tessute o, in indumenti recenti, stampate. Le etichette
tessute contengono di solito il nome della sartoria e spesso l’indirizzo o la città. Le
etichette stampate riguardano anche le istruzioni per il lavaggio, la composizione
del tessuto, la taglia. Quando si definisce l’etichetta, quindi, si specifica di seguito se
è tessuta o stampata, quindi se è un’etichetta “d’autore”, “di taglia”, “di materiali”.
Le iscrizioni a mano o stampate, come i timbri, possono essere state eseguite
direttamente sul capo o su carta, cartoncini o altro applicati sul capo.
Le iscrizioni possono essere ricamate, come le cifre, o far parte della decorazione del
capo; in questo caso si riempiono i campi “EDAM materia/colore elementi
decorativi” e “EDAC tecnica elementi decorativi”.
ISRP
Posizione
Posizione dell’iscrizione sull’oggetto. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di
contesto.
ISRI
Trascrizione
Trascrizione del testo dell’iscrizione.
Es.:
ISRT: etichetta tessuta d’autore; ISRP: al cinturino dietro; ISRI: PARIS J.
WORTH
ISRT: iscrizione a mano a matita su cartoncino cucito; ISRP: all’orlo della
falda anteriore destra; ISRI: N. 18 PROVENIENTE DALLA FAMIGLIA
ALTOVITI
ISRT: etichetta stampata di taglia; ISRP: alla cucitura della spalla; ISRI: 48
ISRT: cifre ricamate; ISRP: sul taschino sul petto sinistro; ISRI: IRF
STM
STEMMI, EMBLEMI, MARCHI
Indicazioni su stemmi, emblemi, marchi, ecc. che compaiono sull’oggetto. Il campo è
ripetitivo.
STMC Classe di appartenenza
Classe a cui appartiene lo stemma, marchio ecc. Il sottocampo presenta
un’obbligatorietà di contesto.
Vocabolario aperto
stemma
emblema
simbolo
128
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
motto
arme
ecc.
STMQ Qualificazione
Attributo che specifica la classe.
Vocabolario aperto
gentilizio
ecclesiastico
militare
sportivo
scolastico
di ordine
fantasia
civile
religioso
ecc.
STMI
Identificazione
Identificazione del nome della fabbrica, della cava, dell’argentiere, della famiglia cui
appartiene l’arme, il marchio, il bollo o altro.
Es.: STMC: arme; STMQ: gentilizia; STMI: Lambertini
STMC: emblema; STMQ: militare; STMI: Arma dei Carabinieri
STMP Posizione
Posizione sul capo dello stemma, dell’emblema, del simbolo o altro. Il sottocampo
presenta un’obbligatorietà di contesto.
STMD Descrizione
Descrizione sintetica a testo libero o rinvio alla fotografia, purché questa permetta
un’agevole lettura. Per la descrizione degli stemmi attenersi ai criteri adottati nel
campo dell’araldica.
Es.: STMC: emblema; STMQ: sportivo; STMD: due sciabole incrociate
STMC: arme; STMQ: gentilizia; STMD: d’oro a quattro pali d’azzurro
Scheda VeAC Norme per la compilazione
129
NSC
NOTIZIE STORICO-CRITICHE
Inquadramento storico-critico del bene con motivazioni giustificative di quanto
affermato in altri campi o, per oggetti smembrati, notizie sulle parti perdute o
conservate altrove. Citazione dei testi essenziali di riferimento con indicazione di
quelli comprensivi di ragguaglio bibliografico esaustivo.
130
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
* CO - CONSERVAZIONE
Indicazioni sullo stato di conservazione del bene catalogato come si evince
dall’osservazione autoptica. La compilazione del paragrafo è obbligatoria.
*STC
STATO DI CONSERVAZIONE
Informazioni sullo stato di integrità, considerato in rapporto alla condizione
originaria. Il campo è obbligatorio e ripetitivo.
STCP
Riferimento alla parte
Specificare, se utile, a quale parte del bene si riferiscono le informazioni sullo stato
di conservazione.
STCD
Data
Indicare l’anno in cui è stato rilevato lo stato di conservazione specificato nel
campo STCC. Nel caso sia necessario indicare un arco di anni, i due estremi
andranno separati da una barra (‘/’).
Es.: 1989
1963/1965
*STCC Stato di conservazione
Indicare con un singolo termine lo stato generale di conservazione dell’oggetto e
principalmente dei materiali che lo compongono. Il sottocampo è obbligatorio.
Vocabolario chiuso
ottimo
buono
cattivo
discreto
mediocre
NR (recupero pregresso)
STCS
Indicazioni specifiche
Indicare eventuali modifiche macroscopiche dello stato di conservazione, della
forma e della consistenza del bene catalogato o di sue singole parti.
Es.: STCC:
STCS:
mediocre
macchie sul davanti della gonna.
STCM Modalità di conservazione
Indicare le eventuali modalità specifiche di conservazione del bene, con particolare
riguardo a componenti del bene che siano eventualmente da sostituire o
reintegrare.
Scheda VeAC Norme per la compilazione
131
RIA
RIADATTAMENTO/MODIFICA
Indicazione degli interventi di riadattamento/modifica rilevati. Poiché l’oggetto può
aver subito diverse manipolazioni, il campo è ripetitivo.
RIAD
Data
Indicazioni cronologiche relative all’intervento di riadattamento/modifica. La
datazione può essere espressa sia in anni che in secoli o frazioni di secolo,
eventualmente accompagnati dalle seguenti precisazioni:
ante
post
inizio
fine
metà
prima metà
seconda metà
primo quarto
secondo quarto
terzo quarto
ultimo quarto
ca.
Es.: sec. XIX/metà
RIAP
Riferimento alla parte
Indicazione relativa alla parte dell’oggetto su cui sono intervenuti modifiche e/o
riadattamenti.
Es.: manica, applicazione
RIAM
Descrizione intervento
Descrizione dell’intervento di adattamento/modifica
Es.: corpino allargato per gravidanza
applicazione di fascia con motivi floreali sull’orlo della gonna per
allungarlo
132
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
RS – RESTAURI
Informazioni sugli interventi di restauro e le analisi di laboratorio.
RST
RESTAURI
Informazioni sugli interventi di restauro noti. Il campo è ripetitivo.
RSTP
Riferimento alla parte
Specificare, se utile, a quale parte del bene si riferiscono le informazioni sugli
interventi di restauro.
RSTD
Data
Indicare l’anno in cui è stato effettuato il restauro. Nel caso sia necessario indicare
un arco di anni, i due estremi andranno separati da una barra (‘/’). Il sottocampo
presenta un’obbligatorietà di contesto.
Es.: 1944
1963/1965
RSTT
Descrizione intervento
Descrizione sintetica degli interventi conservativi o di restauro effettuati sul bene.
Nel caso in cui l’opera, al momento della schedatura, sia sottoposta a restauro non
ancora concluso, si registrerà ‘in corso di restauro’ con l’eventuale indicazione del
luogo presso cui si stia effettuando l’intervento.
RSTE
Ente responsabile
Indicazione dell’Ente sotto la cui responsabilità è stato restaurato il bene
catalogato. Nel caso di Soprintendenze e altri Istituti si può utilizzare la sigla
corrispondente (v. Lista Enti).
Es: SBA BO
SBAPPSAD PI
ICR
RSTN
Nome operatore
Indicare il nome dell’operatore nella forma ‘cognome, nome’ oppure il nome
dell’impresa’. Il sottocampo è ripetitivo.
Es.: Marchi, Giuseppe
RSTR
Ente finanziatore
Nome dell’Ente che ha finanziato il restauro. Il sottocampo è ripetitivo.
Es.: Banco San Paolo di Torino
Scheda VeAC Norme per la compilazione
133
RSTO
Note
Eventuali ulteriori informazioni sugli interventi di restauro.: per esempio, si può
segnalare la presenza di relazioni o documenti, che possono essere collegati alla
scheda di catalogo mediante il campo strutturato FNT (paragrafo DO-Fonti e
documenti di riferimento).
134
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
* TU – CONDIZIONE GIURIDICA E VINCOLI
Indicazioni relative alla proprietà del bene, ai provvedimenti di tutela, ai
mutamenti di proprietà. La compilazione del paragrafo è obbligatoria.
ACQ
ACQUISIZIONE
Informazioni relative alla circostanza e/o al titolo in base a cui il bene è pervenuto e
si trova nelle attuali condizioni di proprietà o di detenzione.
ACQT
Tipo acquisizione
Indicare le modalità secondo le quali il bene è stato acquisito. Le specifiche tra
parentesi sono per memoria del catalogatore. Il sottocampo presenta
un’obbligatorietà di contesto.
Vocabolario aperto
acquisto
alienazione
aggiudicazione ( a seguito di atto giudiziario)
assegnazione
compravendita
confisca
deposito
donazione
esercizio di diritto di prelazione
permuta
prelazione
restituzione postbellica
ritrovamento fortuito
sequestro
scavo
soppressione
successione
ecc.
ACQN Nome
Nome della persona o dell’ente fonte dell’acquisizione nella forma ‘cognome, nome’
o in forma aggettivata.
Es.: ACQT: acquisto ACQN: Bianchi, Mario
ACQT: soppressione
ACQN: napoleonica
ACQD Data acquisizione
Indicare la data di acquisizione in anni, in secoli o in frazioni di secolo,
eventualmente seguiti dalle seguenti precisazioni:
Scheda VeAC Norme per la compilazione
135
ante
post
inizio
fine
metà
prima metà
seconda metà
primo quarto
secondo quarto
terzo quarto
ultimo quarto
ca.
Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto.
Es.: 1900/ante
sec. XVIII/inizio
sec. XVII ca.
ACQL
Luogo acquisizione
Indicare il luogo in cui è avvenuta la transazione nella forma ‘sigla della
provincia/Comune/occasione per esteso’.
Es.: FI/ Firenze/asta
*CDG
CONDIZIONE GIURIDICA
Informazioni relative all’attuale proprietà o detenzione del bene catalogato. La
compilazione del campo è obbligatoria.
*CDGG Indicazione generica
Indicare la personalità giuridica della proprietà o, qualora essa non sia accertabile,
quella del detentore o del possessore. La compilazione del sottocampo è
obbligatoria.
Vocabolario chiuso
proprietà Stato
proprietà Ente pubblico territoriale
proprietà Ente pubblico non territoriale
proprietà privata
proprietà Ente religioso cattolico
proprietà Ente religioso non cattolico
proprietà Ente straniero in Italia
proprietà mista pubblica/privata
proprietà mista pubblica/ecclesiastica
proprietà mista privata/ecclesiastica
detenzione Stato
detenzione Ente pubblico territoriale
136
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
detenzione Ente pubblico non territoriale
detenzione privata
detenzione Ente religioso cattolico
detenzione Ente religioso non cattolico
detenzione Ente straniero in Italia
detenzione mista pubblica/privata
detenzione mista pubblica/ecclesiastica
detenzione mista privata/ecclesiastica
NR (recupero pregresso)
CDGS
Indicazione specifica
Indicare l’esatta denominazione dell’Amministrazione, dell’Ente, del privato che
hanno la proprietà del bene. Qualora questi non siano noti, va indicata la
denominazione del detentore o del possessore. Il sottocampo è ripetitivo.
Per i beni di proprietà dello Stato indicare l’Istituzione che ne ha l’uso.
Es.: Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Per i beni di proprietà degli Enti pubblici territoriali indicare le specifiche
precedute dalle denominazioni: Regione, Provincia, Comune.
Es.: Regione Marche
Provincia di Novara
Comune di Tivoli
Per i beni di proprietà degli Enti pubblici non territoriali indicare la
denominazione (Università, Banca d’Italia ecc.) seguita dalle eventuali specifiche.
Es.: Università degli Studi di Roma ‘La Sapienza’
Politecnico di Torino
Per i beni di proprietà degli Enti religiosi di confessione cattolica o di proprietà
degli Enti di altra confessione religiosa, indicare la denominazione (Diocesi,
Confraternita, Istituto religioso, Istituto secolare, Congregazione, Ordine religioso,
Comunità ebraica, Comunità valdese, ecc.), seguita da eventuali specifiche.
Es. : Ordine benedettino
Comunità valdese di Roma
Confraternita del SS. Sacramento
Per i beni di Stati o Enti stranieri in Italia indicare la denominazione con
eventuali specifiche.
Es.: Stato Città del Vaticano
Ambasciata del Brasile
Sovrano Ordine Militare di Malta
Scheda VeAC Norme per la compilazione
137
Per i beni di proprietà privata indicare il nome del proprietario nella forma
‘cognome, nome’, o la denominazione della persona giuridica, specificando di
seguito, entro parentesi, se trattasi di persona fisica o giuridica straniera.
Es.: Bianchi, Giulio
Società Generale Immobiliare
Fondazione Peggy Guggenheim (persona giuridica straniera)
CDGI
Indirizzo
Indicare l’indirizzo del proprietario del bene di cui al sottocampo precedente,
qualora il bene stesso risulti vincolato. Nel caso di più proprietari, vanno indicati in
successione gli indirizzi dei singoli proprietari elencati nel sottocampo precedente,
utilizzando la ripetitività del sottocampo.
NVC
PROVVEDIMENTI DI TUTELA
Dati relativi ai provvedimenti di tutela che interessano beni di proprietà privata o di
Ente o Istituto legalmente riconosciuto. Il campo è ripetitivo per registrare i diversi
atti amministrativi.
NVCT
Tipo di provvedimento
Indicare il tipo di provvedimento amministrativo relativo al bene di proprietà
privata o di Ente o Istituto legalmente riconosciuto con specifica, entro parentesi,
delle leggi e degli articoli in base ai quali è stato imposto il vincolo. Il sottocampo
presenta un’obbligatorietà di contesto.
Vocabolario aperto
Notificazione (L. n. 364/1909)
DM (L. n. 1089/1939, art.3)
DM (L. n. 1089/1939, art.5)
DLgs n. 490/1999, art. 6, comma 1
DLgs n. 490/1999, art. 6, comma 2
Revoca notificazione (L. n. 364/1909)
Revoca DM (L. n. 1089/1939, art. 3)
Revoca DM (L. n. 1089/1939, art. 5)
Revoca DLgs n. 490/1999, art. 6, comma 1
Revoca DLgs n. 490/1999, art. 6, comma 2
Rinnovo Notificazione (L. n. 364/1909)
Rinnovo DM (L. n. 1089/1939, art. 3)
Rinnovo DM (L. n. 1089/1939, art. 5)
DLgs n. 42/2004, art. 13, comma 1
ecc.
NVCE
Estremi provvedimento
Indicare la data di emissione del provvedimento amministrativo nella forma
‘anno/mese/giorno’ (aaaa/mm/gg). Tale sottocampo dovrà essere obbligatoriamente
138
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
compilato solo se nel sottocampo precedente (NVCT) sia indicato un provvedimento
di tipo amministrativo (DM, revoca DM, rinnovo DM, ecc.).
Es.: 1988/02/15
NVCD Data notificazione
Indicare la data della notificazione del decreto al proprietario, nella forma
‘anno/mese/giorno’(aaaa/mm/gg).
Es.: 1965/07/13
NVCI
Estremi provvedimento in itinere
Data di comunicazione di avvio del procedimento di dichiarazione di interesse al
proprietario, possessore o detentore, nella forma ‘anno/mese/giorno’.
Es.: 2002/10/24
ALN
MUTAMENTI POSSESSO/DETENZIONE/CONDIZIONE MATERIALE
Informazioni relative ad eventi che abbiano determinato mutamenti di titolarità
(possesso o detenzione) del bene catalogato o che abbiano inciso sulla sua
condizione naturale (danneggiamento, distruzione). Il campo è ripetitivo e viene
compilato e aggiornato d’ufficio.
ALNT
Tipo evento
Indicare il tipo di evento che ha determinato le variazioni del possesso, della
detenzione o i mutamenti della sua condizione materiale. Il sottocampo presenta
un’obbligatorietà di contesto.
Vocabolario aperto
distruzione
furto
ipoteca
pegno
perdita
recupero
ecc.
ALND
Data evento
Indicare la data dell’evento nella forma anno/mese/giorno (aaaa/mm/gg).
Es.: 1970/11/01
1984/05/12
ALNN Note
Informazioni supplementari ad integrazione di quelle precedenti (sui contraenti e
sul luogo di vendita, sulle cause della distruzione, ecc.).
Scheda VeAC Norme per la compilazione
139
Es.: alluvione
terremoto
ESP
ESPORTAZIONI
Informazioni relative all’attestato di libera circolazione, al tipo ed estremi di licenze
di esportazione, importazione o reimportazione del bene catalogato, indicando
anche la sede dell’Ufficio Esportazione che ha rilasciato la licenza o posto il veto. Il
campo è ripetitivo.
ESPT
Tipo licenza
Indicare il tipo di attestato o licenza. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di
contesto.
Vocabolario aperto
attestato di libera circolazione
licenza comunitaria
licenza importazione temporanea
licenza importazione definitiva
licenza esportazione temporanea
licenza esportazione definitiva
licenza reimportazione
veto all’attestato di libera circolazione
ecc.
ESPU
Ufficio
Indicare l’Ufficio Esportazione che ha rilasciato la documentazione, utilizzando la
sigla UE seguita dal nome della città in cui ha sede l’ufficio stesso. Il sottocampo
presenta un’obbligatorietà di contesto.
Es.: UE Bari
UE Milano
ESPD
Data emissione
Indicare la data di emissione della licenza o del veto nella forma anno/mese/giorno
(aaaa/mm/gg). Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto.
Es.: 1975/08/04
140
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
* DO – FONTI E DOCUMENTI DI RIFERIMENTO
Informazioni sulle fonti documentarie e sui riferimenti fotografici, grafici,
multimediali e bibliografici che si ritiene utile allegare alla scheda o
semplicemente citare.
*FTA
DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA
Informazioni sulla documentazione fotografica, anche in formato digitale, del bene
catalogato, sia essa allegata alla scheda di catalogo, o esistente e depositata presso
l’Ente schedatore o in altre raccolte. Nel caso di manufatti nei quali l’immagine si
presenta in negativo (conii, matrici, ecc.), va allegata la documentazione
dell’impronta. Il campo è ripetitivo perché ogni documento va indicato
singolarmente, elencando nell’ordine quelli relativi a riprese generali del bene, e
quindi quelli relativi a particolari e/o componenti dell’opera. La compilazione del
campo è obbligatoria.
*FTAX Genere
Indicare se si tratta di documentazione allegata alla scheda di catalogo o di altra
documentazione nota relativa al bene in esame. La compilazione del sottocampo è
obbligatoria.
Vocabolario chiuso
documentazione allegata
documentazione esistente
*FTAP Tipo
Indicare il tipo di documentazione allegata e/o esistente. La compilazione del
sottocampo è obbligatoria.
Vocabolario aperto
fotografia b/n
diapositiva b/n
diapositiva colore
fotografia colore
fotografia a raggi infrarossi
ecc.
FTAA
Autore
Indicare l’autore della documentazione nella forma ‘cognome, nome’ o la
denominazione dello studio fotografico.
FTAD
Data
Indicare la data della documentazione, espressa nella forma anno/mese/giorno. Nel
caso in cui si conosca solo l’anno, il giorno e il mese andranno indicati con due zeri.
Scheda VeAC Norme per la compilazione
141
Es.: 1994/05/04
1915/00/00
FTAE
Ente proprietario
Indicare l’Ente proprietario della documentazione fotografica, se diverso dall’Ente
schedatore.
Es.: SA BO
FTAC
Collocazione
Indicare il luogo in cui è conservata la documentazione, se diverso dall’Ente
schedatore.
*FTAN Codice identificativo
Indicare il codice identificativo della documentazione allegata o esistente; ai singoli
codici identificativi è da premettere (senza spazi o segni d’interpunzione) la sigla
delle Soprintendenze o Istituti competenti (v. Lista Enti) o il nome di altri enti o
privati. È possibile comprendere in una stessa fotografia più di un oggetto, purché
esista un riferimento univoco tra immagine e bene, ad esempio segnalando con una
lettera dell’alfabeto oppure con un numero ciascuno dei singoli beni. Tali riferimenti
dovranno comparire sulla foto e andranno riportati nel sottocampo FTAS. La
compilazione del sottocampo è obbligatoria.
Es.: PSAEPR32525
SBASBO7776
Alinari3280
MART25372.
FTAT
Note
Indicare le specifiche di ripresa.
Es: particolare
prima del restauro
FTAF
Formato
Indicare il formato della fotografia.
Es.: 6x6
13x18
35 mm
21x27
FTAS
Specifiche
Indicare le specifiche sulla fonte di origine dell’immagine, qualora non sia stato
fotografato l’originale, ma una sua riproduzione (ad es. un disegno). È possibile
registrare in questo sottocampo i riferimenti che consentono l’individuazione
142
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
univoca dell’immagine del bene, quando questo è documentato in una stessa
fotografia insieme ad altri manufatti (cfr. quanto indicato in proposito per il
sottocampo FTAN).
DRA
DOCUMENTAZIONE GRAFICA
Informazioni sulla documentazione grafica dell’opera catalogata, allegata alla
scheda di catalogo, o esistente e depositata presso l’Ente schedatore o in altre
raccolte. Il campo è ripetitivo.
DRAX Genere
Indicare se si tratta di documentazione allegata alla scheda di catalogo o di altra
documentazione nota relativa al bene catalogato. Il sottocampo presenta
un’obbligatorietà di contesto.
Vocabolario chiuso
documentazione allegata
documentazione esistente
DRAT
Tipo
Indicare il tipo di documentazione esistente. Il sottocampo presenta
un’obbligatorietà di contesto.
Es.: disegno
DRAO Note
Indicare le specifiche di documentazione.
Es.: particolare
DRAS
Scala
Indicare la scala adottata per il disegno.
Es.: 1:1
DRAE
Ente proprietario
Indicare l’Ente proprietario della documentazione grafica, se diverso dall’Ente
schedatore.
Es.: SBA BO
DRAC Collocazione
Indicare il luogo in cui è conservata la documentazione, se diverso dall’Ente
schedatore.
DRAN Codice identificativo
Indicare il codice identificativo della documentazione allegata o esistente; ai singoli
Scheda VeAC Norme per la compilazione
143
codici identificativi è da premettere (senza spazi o segni d’interpunzione) la sigla
delle Soprintendenze o Istituti competenti (v. Lista Enti) o il nome di altri enti o
privati. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto.
DRAA Autore
Indicare l’autore della documentazione nella forma ‘cognome, nome’.
DRAD Data
Indicare la data di esecuzione della documentazione grafica, nella forma ‘anno’.
VDC
DOCUMENTAZIONE VIDEO-CINEMATOGRAFICA
Indicazione della documentazione video, anche in formato digitale, del bene
catalogato, allegata alla scheda di catalogo o esistente e depositata presso l’Ente
schedatore o in altre raccolte. Il campo è ripetitivo.
VDCX
Genere
Indicare se si tratta di documentazione allegata alla scheda di catalogo o di altra
documentazione nota relativa al bene in esame. Il sottocampo presenta
un’obbligatorietà di contesto.
Vocabolario chiuso
documentazione allegata
documentazione esistente
VDCP
Tipo
Indicare il tipo di documentazione originale. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di
contesto.
Vocabolario aperto
film 35 mm.
film 16 mm.
film super 8
video VHS
video super VHS
video U-MATIC
video BVU
video Betacam
video 1 pollice
ecc.
VDCR
Autore
Indicare l’autore della documentazione nella forma ‘cognome, nome’.
VDCD Data
Indicare la data della documentazione, espressa nella forma ‘anno/mese/giorno’. Nel
caso si conosca solo l’anno, il giorno ed il mese saranno indicati da due zeri.
144
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
Es.: 2002/09/12
1971/00/00
VDCE
Ente proprietario
Indicare l’Ente proprietario della documentazione, se diverso dall’Ente schedatore.
VDCA Titolo
Indicare il titolo del documento videocinematografico.
VDCC
Collocazione
Indicare il luogo in cui è conservata la documentazione, se diverso dall’Ente
schedatore.
VDCN Codice identificativo
Indicare il codice identificativo della documentazione allegata o esistente; ai singoli
codici identificativi è da premettere (senza spazi o segni d’interpunzione) la sigla
delle Soprintendenze o Istituti competenti (v. Lista Enti) o il nome di altri enti o
privati. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto.
Es.: SBAS PR 32525
GNAM 25372
VDCT
Note
Indicare eventuali specifiche sulla ripresa.
REG
DOCUMENTAZIONE AUDIO
Indicazione della documentazione audio, anche in formato digitale, del bene
catalogato, allegata alla scheda di catalogo o esistente e depositata presso l’Ente
schedatore o in altre raccolte. Il campo è ripetitivo.
REGX
Genere
Indicare se si tratta di documentazione allegata alla scheda di catalogo o di altra
documentazione nota relativa al bene in esame. Il sottocampo presenta
un’obbligatorietà di contesto.
Vocabolario chiuso
documentazione allegata
documentazione esistente
REGP
Tipo
Indicare il tipo di documentazione originale. Il sottocampo presenta
un’obbligatorietà di contesto.
Vocabolario aperto
cassetta audio
cassetta DAT
Scheda VeAC Norme per la compilazione
145
CD Rom
compact disc
disco 33 giri
disco 45 giri
disco 78 giri
disco LP
file digitale
mini compact disc
MiniDisc
nastro magnetico in bobina
ecc.
REGA
Autore
Indicare l’autore della documentazione nella forma ‘cognome, nome’.
REGD
Data
Indicare la data della documentazione, espressa nella forma ‘anno/mese/giorno’. Nel
caso si conosca solo l’anno, il giorno ed il mese saranno indicati da due zeri.
Es.: 2002/09/22
1971/00/00
REGE
Ente proprietario
Indicare l’Ente proprietario della documentazione, se diverso dall’Ente schedatore.
REGZ
Titolo
Indicare il titolo del documento audio.
REGC
Collocazione
Indicare il luogo in cui è conservata la documentazione, se diverso dall’Ente
schedatore.
REGN Codice identificativo
Indicare il codice identificativo della documentazione allegata o esistente; ai singoli
codici identificativi è da premettere (senza spazi o segni d’interpunzione) la sigla
delle Soprintendenze o Istituti competenti (sulla base della ‘Lista Enti’ definita
dall’ICCD) o il nome di altri enti o privati. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà
di contesto.
Es.: SBAS PR 32525
MART 25372
REGT
Note
Indicare eventuali specifiche sulla registrazione audio.
146
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
FNT
FONTI E DOCUMENTI
Informazioni, in ordine cronologico, su fonti e documenti in cui il bene è
menzionato. Il campo va utilizzato anche per registrare le eventuali schede storiche
che riguardano il bene. Il campo è ripetitivo.
FNTX
Genere
Indicare se si tratta di documentazione allegata alla scheda di catalogo o di altra
documentazione nota relativa al bene in esame. Il sottocampo presenta
un’obbligatorietà di contesto.
Vocabolario chiuso
documentazione allegata
documentazione esistente
FNTP
Tipo
Indicare la categoria di appartenenza della fonte o del documento. Il sottocampo
presenta un’obbligatorietà di contesto.
Vocabolario aperto
libro mastro
atto notarile
scheda storica
ecc.
FNTA
Autore
Indicare l’autore della fonte o del documento.
Es.: Ugonio P.
FNTT
Denominazione
Indicare il titolo della fonte o del documento.
Es.: Diario ordinario
FNTD
Data
Indicare la data della fonte o del documento, ad annum o per più ampio periodo
cronologico. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto.
Es.: 1588
sec. XVII
FNTF
Foglio/Carta
Indicare il numero di foglio o di carta del documento che interessa il bene.
Es.: fol. 1251 v.
Scheda VeAC Norme per la compilazione
147
FNTN
Nome archivio
Indicare il nome dell’Archivio e/o dell’Istituzione, separato dal nome del fondo,
quando presente, mediante una barra. La compilazione del sottocampo presenta
un’obbligatorietà di contesto.
Es.: Biblioteca Apostolica Vaticana/Vat.Lat.
ASC - ICCD
FNTS
Posizione
Indicare la posizione inventariale o l’identificativo numerico della fonte o del
documento. La compilazione del sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto.
FNTI
Codice identificativo
Indicare il codice identificativo della documentazione. Tale codice alfanumerico
deve avere carattere di univocità a livello locale e potrà essere determinato, ad
esempio, dalla sigla dell’Archivio e/o dell’Istituzione di cui al sottocampo FNTN più il
valore numerico (senza spazi o segni d’interpunzione) indicato al sottocampo FNTS.
Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto.
Es.: AGS25382
ADM
ALTRA DOCUMENTAZIONE MULTIMEDIALE
Indicazioni sulla documentazione multimediale in formato digitale relativa al bene
catalogato, realizzata in formati non compresi dalle norme ICCD, allegata alla
scheda di catalogo o esistente e depositata presso l’Ente schedatore o in altre
raccolte. Il campo è ripetitivo in quanto ogni documento va indicato singolarmente.
La trasmissione di allegati informatizzati di questa tipologia deve essere
preventivamente concordata con l’ICCD.
ADMX Genere
Indicare se si tratta di documentazione allegata alla scheda di catalogo, o di altra
documentazione nota relativa al bene in esame. Il sottocampo presenta
un’obbligatorietà di contesto.
Vocabolario chiuso
documentazione allegata
documentazione esistente
ADMP Tipo
Indicare il tipo di documentazione allegata e/o esistente ed il tipo di formato utilizzato per
la sua produzione e memorizzazione. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto.
Vocabolario aperto
Realtà virtuale (VRLM)
File musicale (MID)
ecc.
148
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
ADMA Autore
Indicare l’autore della documentazione nella forma ‘cognome, nome’ o la
denominazione dello studio fotografico.
ADMD Data
Indicare la data in cui è stata effettuata la documentazione, espressa nella forma
‘anno, mese, giorno’ (aaaa/mm/gg). Nel caso in cui si conosca solo l’anno, il giorno e
il mese andranno indicati con due zeri.
ADME Ente/proprietario
Indicare l’Ente proprietario della documentazione, se diverso dall’Ente schedatore.
ADMC Collocazione
Indicare il luogo in cui è conservata la documentazione, se diverso dall’Ente
schedatore.
ADMN Codice identificativo
Indicare il codice identificativo della documentazione allegata o esistente; ai singoli
codici identificativi è da premettere (senza spazi o segni d’interpunzione) la sigla
delle Soprintendenze o Istituti competenti (v. Lista Enti) o il nome di altri enti o
privati. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto.
ADMT Note
Indicazioni specifiche sulla ripresa.
BIB
BIBLIOGRAFIA
Informazioni relative alla bibliografia riguardante specificatamente il bene
catalogato, e/o alla bibliografia essenziale di confronto, riportata in ordine
cronologico ed in forma abbreviata. Le informazioni bibliografiche fanno
riferimento ad Authority Files, con l’eccezione di quanto contenuto nel campo
Citazione completa (BIL) da utilizzarsi nel caso di pubblicazioni riguardanti
esclusivamente il bene catalogato. Il campo è ripetitivo.
BIBX
Genere
Indicare se si tratta di bibliografia specifica sul bene catalogato oppure di
bibliografia di confronto. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto.
Vocabolario chiuso
bibliografia specifica
bibliografia di confronto
NCUN Codice univoco ICCD
Indicare il numero di codice che individua il testo in modo univoco a livello
nazionale; il numero è assegnato dall’ICCD.
Scheda VeAC Norme per la compilazione
149
BIBA
Autore
Indicare l’autore del testo nella forma ‘cognome, iniziali nome’; nel caso di più
autori, i nomi vanno separati da una barra (‘/’) In presenza di più di tre autori o in
totale assenza, si riportano le prime due parole del titolo (senza articoli e
preposizioni). Nel caso di repertori comunemente noti con una sigla, indicare questa
in luogo del nome dell’autore. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto.
Es.: Giessen A.
Head B.V./Le Rider G.
RIC
BIBD
Anno di edizione
Indicare l’anno di edizione dell’opera o del contributo. Il sottocampo presenta
un’obbligatorietà di contesto.
Es.: 1990
BIBH
Sigla per citazione
Indicare il codice univoco che individua il testo nell’ambito di un repertorio locale;
il numero è assegnato a cura dell’Ente schedatore ed ha valenza esclusivamente
locale. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto.
BIBN
V., pp., nn.
Indicare l’eventuale volume in numeri romani, le pagine e/o i numeri di catalogo nei
quali è stata fatta specifica menzione del bene in esame o dei confronti citati, nella
forma redazionale indicata dagli esempi.
Es.: v. I pp. 35-36
v. II p. 41 n. 50
BIBI
V., tavv., ff.
Indicare l’eventuale volume in numeri romani e il riferimento alle tavole o figure
che riproducono il bene catalogato o i confronti citati, nella forma redazionale
indicata dagli esempi.
Es.: v. I tav. V ff. 6-8
BIL
Citazione completa
Indicare la citazione completa del testo. Questo campo va utilizzato solo nel caso in cui
una specifica pubblicazione tratti esclusivamente del bene catalogato e non menzioni o
descriva altri beni culturali; non va quindi utilizzato nel caso di bibliografia di confronto.
Il campo è ripetitivo.
BSE
BIBLIOGRAFIA SU SUPPORTO ELETTRONICO
Dati relativi alla bibliografia (specifica o di confronto) su supporto elettronico, sia
che si tratti di opere pubblicate, sia che si tratti di informazioni in rete. Il campo è
150
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
ripetitivo per poter riportare, in ordine cronologico, tutti i diversi riferimenti
bibliografici. A differenza del campo BIB, nel quale i testi sono citati in forma
abbreviata (in quanto si richiede di compilare, per ognuno di essi, la scheda BIB per
l’Archivio controllato ‘Bibliografia’) il campo BSE registrerà tutti i dati essenziali per
l’individuazione del contributo bibliografico che si vuole citare.
BSEX
Genere
Indicare se si tratta di bibliografia specifica sul bene catalogato oppure di
bibliografia di confronto. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto.
Vocabolario chiuso
bibliografia specifica
bibliografia di confronto
BSES
Tipo di supporto
Indicare il tipo di supporto/risorsa elettronica sul quale sono memorizzati i dati. Nel
caso di risorsa elettronica con accesso locale (supporto fisico inserito in una unità
periferica collegata ad un computer), si riporta l’indicazione del supporto; nel caso
di indicazione di una risorsa elettronica con accesso remoto (una risorsa in rete), se
ne dà l’indicazione.
Vocabolario aperto
CD-ROM
DVD
Floppy disk
Photo-CD
risorsa elettronica con accesso remoto
ecc.
BSEA
Autore/curatore dell’opera
Indicare l’autore (nella forma ‘cognome iniziali nome’) o l’ente responsabile
dell’opera che si vuole citare o della pubblicazione principale contenente il
contributo che si vuole citare. In presenza di diversi autori responsabili dell’opera, si
riporteranno tutti (fino a tre autori), separati dal segno ‘/’. In presenza di più di tre
autori o in totale assenza, si riporteranno le prime due parole del titolo dell’opera
(senza articoli e preposizioni).
BSET
Titolo dell’opera
Indicare il titolo proprio della pubblicazione principale che si vuole citare o che
comprende l’eventuale parte componente (il contributo specifico) da citare (cfr.
sottocampo BSEC). Il titolo sarà desunto dall’etichetta esterna del supporto o dalla
schermata interna (secondo il criterio di completezza delle informazioni), per le
risorse elettroniche con accesso locale; dalla schermata interna, per le risorse
elettroniche con accesso remoto.
Scheda VeAC Norme per la compilazione
151
BSEL
Luogo di edizione
Indicare il nome della città o altra località nella quale il documento elettronico è
stato pubblicato. Si riporta così come appare sul documento elettronico. Il nome
dello Stato, Regione o simili sarà eventualmente aggiunto tra parentesi in forma
abbreviata, se possibile, quando sia necessario per evitare omonimie oppure per
meglio identificare un luogo poco conosciuto.
Es.: Roma
Cambridge (Mass.)
Cassina de’ Pecchi (Milano)
BSEE
Editore/Produttore/Distributore
Indicare il nome della persona o ente responsabile della pubblicazione e diffusione
del documento elettronico. Il nome dell’editore può essere dato in forma
abbreviata, purché non dia luogo ad ambiguità. Prenomi o iniziali saranno dati solo
se necessario. Frasi come ‘and company’, ‘e figli’, ‘S.p.a.’, ecc., saranno omesse.
Es.: SEI
Wiley [e non : John Wiley & Sons]
Microapplication
BSED
Data di edizione
Indicare l’anno di pubblicazione, così come appare e trascritto in numeri arabi.
Quando non vi è la data di pubblicazione/produzione o distribuzione, si dà in suo
luogo la data di copyright o di manifattura.
Es.: 1997
c1995
manifattura 1996
BSEN
Edizione
Specificare l’edizione, nella forma con cui è indicata sul documento elettronico.
Es.: 12 ed.
Versione 1.5
Release 1.A
BSER
Autore del contributo
Indicare l’autore (nella forma ‘cognome iniziali nome’) o l’ente responsabile del
contributo specifico/parte componente che si intende citare (contenuto all’interno
dell’opera riportata al sottocampo BSET). In presenza di diversi autori responsabili
del contributo, si riporteranno tutti (fino a tre autori), separati dal segno ‘/’. In
presenza di più di tre autori o in totale assenza, si riporteranno le prime due parole
del titolo del contributo/parte componente (senza articoli e preposizioni).
152
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
BSEC
Titolo del contributo/parte componente
Indicare il titolo proprio del contributo/parte componente che si intende citare (es.:
capitolo, articolo, rubrica, ecc.).
BSEK
Specifiche
Dati relativi alle indicazioni numeriche e/o cronologiche del periodico (numero,
mese, anno). Le cifre arabe sostituiscono le altre cifre o la numerazione in lettere.
Abbreviazioni normalizzate sono utilizzate al posto delle parole.
Es.: N.1 (mar. 1982)
1973/dic. 1997
BSEI
Indirizzo di rete
Per le risorse elettroniche con accesso remoto, indicare l’indirizzo di rete (protocollo,
nome del server, percorso, nome del file, ecc.) che consente di localizzare una risorsa
elettronica.
Es.: http://www.iccd.beniculturali.it/standard/index.html
MST
MOSTRE
Elenco delle mostre in cui è stato esposto il bene catalogato, anche se già riportate
in bibliografia. Il campo è ripetitivo.
MSTT
Titolo
Indicare il titolo della mostra. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto.
Es.: Pedalando nel tempo
Cieli Medicei, XII Settimana della Cultura Scientifica in Toscana
MSTL
Luogo, sede espositiva, data
Indicare la città in cui la mostra è stata allestita, seguita dalla sede espositiva e dalla
data, espressa o con una cronologia specifica (aaaa; aaaa-aaaa; aaaa/mm/gg aaaa/mm/gg; gg mese per esteso aaaa – gg mese per esteso aaaa) oppure con una
fascia cronologica generica di riferimento (sec. XX; seconda metà XIX secolo). Le diverse
informazioni vanno separate da virgole. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di
contesto ed è ripetitivo, nel caso in cui la mostra sia stata allestita in luoghi diversi, o
nel caso in cui ad uno stesso luogo corrispondano sedi espositive diverse, o ancora nel
caso in cui vadano registrati più riferimenti cronologici in relazione al luogo e alla sede.
Es.: Firenze, Istituto e Museo di Storia della Scienza, 2004
Firenze, Istituto e Museo di Storia della Scienza, 8 Aprile - 31 Agosto
2002
MSTS Specifiche
Indicare eventuali specifiche relative alla mostra o al luogo/ai luoghi in cui essa è
stata allestita.
Scheda VeAC Norme per la compilazione
153
* AD - ACCESSO AI DATI
In questo paragrafo vengono registrate le indicazioni relative all’accesso
ai dati, secondo le indicazioni dell’Ente fornitore, per l’utenza generica.
La compilazione del paragrafo è obbligatoria per l’acquisizione della scheda
nel Sistema Informativo Generale del Catalogo.
* ADS
SPECIFICHE DI ACCESSO AI DATI
Indicazioni relative al profilo di accesso ai dati, alla motivazione che ha portato alla
scelta di tale profilo, ad eventuali date di scadenza previste per consentire la
visibilità completa delle informazioni sul bene. La compilazione del campo è
obbligatoria.
* ADSP Profilo di accesso
Indicare il profilo di accesso in cui ricade la scheda con il numero al quale si
riferisce la definizione scelta (le indicazioni fra parentesi sono per memoria del
catalogatore). La compilazione del sottocampo è obbligatoria.
Lista di valori
1 [intera scheda visibile]
2 [limitazione per privacy e tutela]
* ADSM Motivazione
Indicare la motivazione che ha determinato l’adozione del profilo di accesso
specificato nel precedente sottocampo ADSP. La compilazione del sottocampo è
obbligatoria.
Vocabolario aperto
scheda contenenti dati personali
beni non adeguatamente sorvegliabili
dati pubblicabili
ecc.
ADSD
Indicazioni sulla data di scadenza
Indicare l’eventuale data di scadenza per il profilo di accesso specificato nel
sottocampo ADSP, nella forma ‘anno/mese/giorno’ (aaaa/mm/gg). Nel caso in cui si
voglia indicare solo l’anno, il giorno e il mese andranno indicati con due zeri. Se
questo sottocampo viene compilato, la modifica del profilo deve essere gestita
manualmente in seguito e la scheda dovrà essere aggiornata e validata.
154
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
* CM - COMPILAZIONE
In questo paragrafo vengono registrate le informazioni relative
all’elaborazione e alla validazione scientifica della scheda, ad eventuali
successive operazioni di trascrizione, di aggiornamento, di revisione.
Le informazioni riguardano le date in cui tali operazioni sono state svolte
e le persone intervenute e/o responsabili.
La compilazione del paragrafo è obbligatoria.
* CMP
COMPILAZIONE
Informazioni sulla redazione della scheda di catalogo. La compilazione del campo è
obbligatoria.
* CMPD Data
Indicare l’anno di redazione della scheda, espresso in cifre. La compilazione del
sottocampo è obbligatoria.
Es.: 1999
* CMPN Nome
Indicare il nome del/dei compilatore/i della scheda nella forma ‘cognome, nome’. Il
sottocampo è ripetitivo nel caso di più autori e la sua compilazione è obbligatoria.
Es.: Bianchi, Giulio
RSR
Referente scientifico
Indicare il referente scientifico dell’attività di catalogazione che ha prodotto la
scheda, quando questi non coincide con il funzionario responsabile, nella forma
‘cognome, nome’. Il campo è ripetitivo.
* FUR
Funzionario responsabile
Indicare il funzionario responsabile della campagna di catalogazione nella forma
‘cognome, nome’. Il campo è ripetitivo nel caso di avvicendamenti di funzionari
nelle varie fasi di lavoro di catalogazione e la sua compilazione è obbligatoria.
RVM
TRASCRIZIONE PER INFORMATIZZAZIONE
Informazioni relative al trasferimento dei dati della scheda dal formato cartaceo
tradizionale a quello strutturato per l’informatizzazione.
RVMD Data
Indicare l’anno della trascrizione della scheda, espresso in cifre. La compilazione del
sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto.
Scheda VeAC Norme per la compilazione
155
RVMN Nome
Indicare il nome di chi ha effettuato la trascrizione della scheda nella forma
‘cognome, nome’.
RVME Ente
Indicare in codice l’Ente che ha curato la trascrizione per informatizzazione della
scheda. Per Soprintendenze e altri Istituti si utilizza il codice, facendolo precedere
dalla lettera ‘S’ (fatta eccezione per ICCD e ICR, per i quali si deve indicare la sola
sigla). Per le Regioni si utilizza il codice, facendolo precedere dalla lettera ‘R’. Per le
Province si utilizzano le sigle. Per le Diocesi si utilizza il codice, facendolo precedere
dalla lettera ‘D’. Per i Comuni si utilizzano i codici ISTAT, facendoli precedere dalla
lettera ‘C’. Per soggetti diversi da quelli evidenziati, i codici e le relative definizioni
andranno concordati con l’ICCD. La compilazione del sottocampo presenta
un’obbligatorietà di contesto.
Vocabolario aperto
Codici Enti (v. Lista Enti) con prefisso S
Codici di Regione (v. Lista Regioni) con prefisso R
Sigle delle Province (v. Lista Province)
Codici delle Diocesi (v. Lista Diocesi) con prefisso D
ecc.
Es.: S08
R08
NA
D576
AGG
AGGIORNAMENTO - REVISIONE
Informazioni sulla revisione del contenuto della scheda a seguito di sopralluoghi, di
studi storico-critici, di ricerche bibliografiche, di eventi (es.: passaggi di proprietà) o
altro, oppure per indicare il passaggio da una scheda di precatalogazione ad una
scheda di catalogazione. Il campo è ripetitivo per registrare i successivi
aggiornamenti della scheda.
AGGD Data
Indicare l’anno di aggiornamento - revisione della scheda, espresso in cifre. La
compilazione del sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto.
AGGN Nome
Indicare il nome di chi ha eseguito l’aggiornamento - revisione della scheda, nella
forma ‘cognome, nome’. La compilazione del sottocampo presenta un’obbligatorietà
di contesto.
AGGE Ente
Indicare in codice l’Ente che ha curato l’aggiornamento-revisone della scheda. Per
Soprintendenze e altri Istituti si utilizza il codice, facendolo precedere dalla lettera
156
Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
‘S’ (fatta eccezione per ICCD e ICR, per i quali si deve indicare la sola sigla). Per le
Regioni si utilizza il codice, facendolo precedere dalla lettera ‘R’. Per le Province si
utilizzano le sigle. Per le Diocesi si utilizza il codice, facendolo precedere dalla
lettera ‘D’. Per i Comuni si utilizzano i codici ISTAT, facendoli precedere dalla lettera
‘C’. Per soggetti diversi da quelli evidenziati, i codici e le relative definizioni
andranno concordati con l’ICCD. La compilazione del sottocampo presenta
un’obbligatorietà di contesto.
Vocabolario aperto
Codici Enti (v. Lista Enti) con prefisso S
Codici di Regione (v. Lista Regioni) con prefisso R
Sigle delle Province (v. Lista Province)
Codici delle Diocesi (v. Lista Diocesi) con prefisso D
ecc.
Es.: S08
R08
NA
D576
AGGR Referente scientifico
Indicare l’eventuale referente scientifico che ha seguito e/o coordinato l’attività di
aggiornamento relativamente a settori specifici, nella forma ‘cognome, nome’. Il
sottocampo è ripetitivo.
AGGF Funzionario responsabile
Indicare il funzionario responsabile dell’aggiornamento, nella forma ‘cognome,
nome’. Il sottocampo è ripetitivo e la sua compilazione presenta un’obbligatorietà di
contesto.
ISP
ISPEZIONI
Ispezioni effettuate per constatare lo stato del bene catalogato. Il campo è
ripetitivo.
ISPD
Data
Indicare l’anno dell’ispezione. La compilazione del sottocampo presenta
un’obbligatorietà di contesto.
ISPN
Funzionario responsabile
Indicare il funzionario responsabile dell’ispezione, nella forma ‘cognome, nome’. La
compilazione del sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto.
Scheda VeAC Norme per la compilazione
157
AN - ANNOTAZIONI
In questo paragrafo vengono registrate eventuali notizie supplementari sul
bene catalogato.
OSS
Osservazioni
Informazioni sul bene catalogato per le quali non è stato possibile utilizzare gli altri
campi della scheda.
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Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario
FINITO DI STAMPARE
FEBBRAIO 2010
DIREZIONE GENERALE
PaBA
AC
Paesaggio Belle Arti
Architettura e Arte
Contemporanee
Vestimenti antichi e contemporanei, pubblicato a cura della Direzione generale PaBAAC e dell’ICCD, raccoglie il frutto del
lavoro congiunto di esperti e funzionari dell’Amministrazione che, attraverso un lungo e approfondito lavoro di riflessione
sulle caratteristiche morfologiche e funzionali degli ‘oggetti tessili d’abbigliamento’ hanno definito, con la scheda di catalogo
e il lemmario di riferimento, un modello descrittivo e di metodo per avviare un percorso di raccolta, analisi, sistematizzazione
di informazioni e dati. Gran parte del volume è dedicato alla Scheda VeAC e al Lemmario, risultati di un progetto promosso
dalla Commissione nazionale per la tutela e la valorizzazione delle arti decorative, della moda e del costume. Il Lemmario,
su CD allegato al volume, è costituito da un database di oltre 400 schede e 600 immagini che offrono alle attività di
catalogazione un utile supporto per l’individuazione delle diverse tipologie vestimentali, considerate lungo l’arco di tre secoli,
e per il corretto uso del lessico di settore. Anche la scheda è corredata da un apparato di grafici illustrativi che guidano il
catalogatore lungo l’intero percorso conoscitivo.
Nella prima parte del volume sono inoltre raccolti saggi che presentano metodi e soluzioni adottati nelle realtà museali
italiane per una corretta conservazione e fruizione di tale straordinario patrimonio culturale.
La pubblicazione non è necessariamente rivolta agli ‘addetti ai lavori’ della tutela, conservazione e restauro, ma offre occasioni
e spunti d’interesse a tutto quel pubblico che vive e lavora nel mondo del design, della moda e delle grandi sartorie.