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M i n i s t e r o p e r i B e n i e l e A t t i v i t à C u l t u r a l i Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario Strumenti di catalogazione per la conoscenza e la tutela di un Patrimonio MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI DIREZIONE GENERALE PER IL PAESAGGIO, LE BELLE ARTI, L’ARCHITETTURA E L’ARTE CONTEMPORANEE Direttore Generale Roberto Cecchi ISTITUTO CENTRALE PER IL CATALOGO E LA DOCUMENTAZIONE Direttore Laura Moro La Scheda VeAC e il Lemmario sono il risultato di un progetto promosso dalla Commissione nazionale per la tutela e la valorizzazione delle arti decorative, della moda e del costume, presieduta da Cristina Aschengreen Piacenti e costituita da Bonizza Giordani Aragno, Alessandra Mottola Molfino, Bianca Alessandra Pinto, Maria Luisa Polichetti, Laura Ximenes (segreteria). Hanno fatto parte del gruppo di lavoro: Grazietta Butazzi, Giovanna Damiani, Elisabetta Giffi, Roberta Orsi Landini, Gianna Piantoni, Thessy Schoenholzer Nichols. Coordinamento generale: Laura Ximenes Coordinamento delle metodologie catalografiche: Sandra Vasco Rocca con la collaborazione di Maria Letizia Mancinelli Scheda VeAC A cura di: Grazietta Butazzi, Giovanna Damiani, Elisabetta Giffi, Roberta Orsi Landini, Thessy Schoenholzer Nichols Rilievi grafici: Thessy Schoenholzer Nichols Allineamento delle normative: Maria Letizia Mancinelli Lemmario Progettazione e coordinamento: Elisabetta Giffi Testi: Grazietta Butazzi, Roberta Orsi Landini, Thessy Schoenholzer Nichols Rilievi grafici: Thessy Schoenholzer Nichols Elaborazione immagini e assistenza tecnica: Fabio Ascenzi, Marco Di Giulio Realizzazione multimediale: Pride Cultura srl Redazione: Stefania Segarelli Progetto editoriale: La mela verde snc ([email protected]) ©Proprietà letteraria riservata Ministero per i beni e le attività culturali Nessuna parte di questa pubblicazione può essere memorizzata, fotocopiata o comunque riprodotta senza le dovute autorizzazioni. ISBN 978-88-901813-7-5 In copertina: abiti di proprietà della Galleria del costume di Palazzo Pitti, Firenze Si ringraziano: Cristina Acidini, Maria Grazia Benini, Enrica Brunetti, Marco Cavalli, Luisa Granata, Eugenia Imperatori, Maria Assunta Lorrai, Maria Vittoria Marini Clarelli, Joel Nichols, Maria Rosaria Salvatore e, inoltre, Susanna Soldi che, nella prima fase, ha collaborato alle attività redazionali svolte presso l’Ufficio catalogo della Soprintendenza per i beni artistici e storici di Firenze. Si ringraziano tutti coloro che in qualche misura hanno contribuito alla realizzazione di questo progetto; un ringraziamento particolare ad Antonio Paolucci che ha promosso iniziative rilevanti per la tutela e la valorizzazione delle arti decorative, della moda e del costume e a Mario Serio che ha sostenuto negli anni le attività della Commissione e del Gruppo di lavoro. DIREZIONE GENERALE PaBA AC Paesaggio Belle Arti Architettura e Arte Contemporanee Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario Strumenti di catalogazione per la conoscenza e la tutela di un Patrimonio Con questo volume il Ministero presenta la scheda di catalogazione dei vestimenti antichi e contemporanei ed il relativo lemmario, risultati di un progetto promosso dalla Commissione nazionale per la tutela e la valorizzazione delle arti decorative della moda e del costume, istituita nel 1996, per volontà dell’allora Ministro Antonio Paolucci, nell’ambito dell’Ufficio centrale per i beni archeologici, architettonici, artistici e storici, e presieduta da Cristina Aschengreen Piacenti. L’Istituto centrale per il catalogo e la documentazione, quale organo competente ad emanare le norme e gli strumenti per la catalogazione del patrimonio culturale e quale soggetto promotore di un impegno che si è protratto negli anni, ha affiancato la Direzione generale per il paesaggio, le belle arti l’architettura e l’arte contemporanee anche nella delicata fase conclusiva. Si è trattato di un lavoro di grande complessità cui hanno prestato un apporto fondamentale specialisti di chiara fama; tale contributo tecnico-scientifico è stato “calato” nel sistema definito dalle esigenze della prassi della conservazione, della catalogazione, della gestione museale di una specifica e delicata tipologia di beni ed in ciò si è concretato l’apporto dei tecnici dell’Amministrazione: dell’ICCD, dell’allora Soprintendenza per i beni artistici e storici per le province di Firenze, attraverso l’attività congiunta dell’Ufficio catalogo e della Galleria del costume di palazzo Pitti e della Galleria nazionale di arte moderna. Quanto realizzato – un insieme articolato di strumenti affinatissimi di ausilio a quel lavoro di ricognizione conoscitiva sistematica in cui si concreta il processo di catalogazione che è alla base dell’azione di tutela – viene ora reso finalmente disponibile. Se ne auspica la massima diffusione ed il pieno utilizzo. Dopo tanti anni dall’avvio di questa iniziativa la pubblicazione della scheda per la catalogazione dei vestimenti antichi e contemporanei assume motivi d’interesse ulteriore ed attuale, alla luce anche dell’evoluzione delle tecnologie web-oriented che consentono un più ampio accesso alla conoscenza. Un affondo nella conoscenza dello straordinario patrimonio presente nei musei statali così come – ci si augura – in quelli privati, mediante l’utilizzo degli importanti, affinati strumenti che si pubblicano, consentirà di restituire una vista storica su quella che ancora oggi è riconosciuta come un’eccellenza artigianale e produttiva del nostro Paese. Ed è anche questo uno dei contributi che la nostra Amministrazione può e deve dare al Paese, mostrando di saper ampliare al massimo l’ottica degli interventi istituzionali. Sandro Bondi MINISTRO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI Presentazione 5 Ha un aspetto quasi minaccioso, dice Roberta Orsi Landini nel suo contributo a questo volume, la presentazione della scheda di catalogazione dei vestimenti antichi e moderni (VeAC). E in effetti, non lascia completamente rilassati uno strumento complesso come questo che sfoggia i toni del rigore e della complessità e si propone di dare sistematicità, per la prima volta, allo studio di temi come la moda, le arti decorative ed il costume, che siamo abituati a guardare attraverso la lente deformante delle categorie dell’effimero e del superfluo: “Le mode sono una medicina destinata a compensare, sul piano collettivo, gli effetti fatali della dimenticanza. Quanto più un’epoca è effimera, tanto più si orienta secondo la moda” (Walter Benjamin). Lo stesso uso del termine ‘vestimenti’ frappone un certo distacco dall’idea che generalmente si ha di un settore come questo, che tutto par d’essere meno che sussiegoso, riflessivo, strutturato. Perché “[…] il vero fascino, stimolante e piccante, della moda sta nel contrasto tra la sua diffusione ampia e onnicomprensiva e la sua rapida, fondamentale caducità, nel diritto all’infedeltà nei suoi confronti”, suggerisce Georg Simmel; mettendo in luce tutte le difficoltà di comprensione di un genus complesso, che per sua intima e sfuggente natura si sottrae a qualsiasi tentativo di ridurlo a ragione. Per usare ancora le sue parole e comprendere la complessità del lavoro che è stato fatto, bisogna considerare che “La moda appartiene […] a quel tipo di fenomeni che tendono ad un’estensione illimitata e a una realizzazione perfetta, ma che con il conseguimento di questa meta assoluta si contraddirebbero distruggendosi da sé”. E in effetti, con questo poderoso lavoro di sistematizzazione della conoscenza non si vuol catalogare il bello. Si vogliono individuare i caratteri del fenomeno e si vuole strutturare il sapere sulla base di strumenti d’analisi che consentano ad una comunità scientifica, estremamente ampia come questa – che va dalla sociologia alla semiologia, dalla storia dell’arte alla psicologia, ecc. – di sperimentare un linguaggio comune. E di poter dialogare. Quanto ai valori artistici, mi pare che valgano ancora le parole di Giulio Carlo Argan, che per la prima volta introduce il tema della moda in quel mondo, ma riconnettendo questo possibile status al solo riconoscimento dell’intenzionalità: “Come intenzionale determinazione d’immagine, il costume rientra nell’ordine dei fenomeni estetici, anche se soltanto le sue forme più elevate attingono a vero valore d’arte”. In conclusione, va detto che grande merito di tutto ciò va a chi come l’allora Ministro Antonio Paolucci istituì, nel 1996, la Commissione nazionale per la tutela e la valorizzazione delle arti decorative della moda e del costume, presieduta da Cristina Aschengreen Piacenti. Roberto Cecchi DIRETTORE GENERALE PER IL PAESAGGIO, LE BELLE ARTI, L’ARCHITETTURA E L’ARTE CONTEMPORANEE Presentazione 7 Per comprendere la necessità di una nuova scheda di catalogo riferita ai Vestimenti antichi e contemporanei è necessario far riferimento al concetto di bene culturale così come si è andato configurando negli ultimi 40 anni: bene culturale inteso non più e non solo come cosa d’arte, come cioè manufatto di intenzionale valore artistico, ma piuttosto quale testimonianza materiale avente valore di civiltà. Un concetto molto ampio, dunque, che non fa più riferimento esclusivamente ad un’idea di bene d’eccellenza in grado di esprimere l’Arte e la Storia al sommo grado; un’idea piuttosto legata alla cultura di una società che si fonda e si sostanzia su ciò che quella stessa società produce. In questo processo evolutivo il Codice dei beni culturali ha introdotto nell’ambito della tutela diverse nuove categorie di beni culturali tra i quali spiccano quelli di interesse etnoantropologico. I costumi e gli abiti antichi, come verrà meglio analizzato nei saggi che introducono il volume, sono documento storico e testimonianza della volontà d’arte di determinati contesti culturali, ma anche dato antropologico in senso pieno, specchio di civiltà, indice di appartenenza, prodotto finale di sistemi di produzione oggi indagati con attenzione. Da qui scaturisce la necessità di aggiornare gli strumenti di conoscenza messi a punto negli anni a partire dalle opere d’arte, per poter scientificamente indagare un patrimonio culturale che si presenta a questo spunto sterminato quanto eterogeneo. In questa ottica l’ICCD, Istituto centrale per il catalogo e la documentazione, ha volentieri accolto il progetto di elaborazione di una scheda per la catalogazione dell’abito antico e contemporaneo, partito dalla Commissione nazionale per la tutela delle arti decorative, istituita nel 1996 dal Ministro Antonio Paolucci. Nel corso degli anni, con il coordinamento scientifico della Galleria del costume di palazzo Pitti e quello metodologico dell’ICCD, sopravvivendo a svariate riforme dell’amministrazione centrale e periferica del Ministero, il lavoro si è andato via via articolando e viene oggi pubblicato in forma ricca e completa. Alla tradizionale scheda di catalogo e relative norme di compilazione si affianca un Lemmario per la schedatura dell’abito e degli elementi vestimentari, prodotto su CD per una rapida ed efficace consultazione, che costituisce la guida lessicale per la compilazione delle voci specifiche del tracciato schedografico allegato a questa pubblicazione. Uno strumento complesso, che non poteva prescindere da un originale apparato di illustrazioni messo a punto dai massimi specialisti del settore, per poter conoscere e valorizzare un patrimonio singolare e diffuso che solo in minima parte è mostrato nei nostri musei. Laura Moro DIRETTORE DELL’ISTITUTO CENTRALE PER IL CATALOGO E LA DOCUMENTAZIONE Presentazione 9 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario Strumenti di catalogazione per la conoscenza e la tutela di un Patrimonio Tutelare e valorizzare un abito Caterina Chiarelli 14 I progetti della Commissione nazionale per la tutela e la valorizzazione delle arti decorative, della moda e del costume Cristina Aschengreen Piacenti La collezione di abiti del Museo Boncompagni Ludovisi: un esempio di collezionismo pubblico nell’ambito del costume e della moda 18 Mariastella Margozzi L’esperienza dei musei Tessuti, costumi e ori: intrecci tra cultura popolare e artigianato. La collezione del Museo nazionale delle arti e tradizioni popolari Stefania Massari 12 11 21 L’elaborazione della scheda VeAC Dalla prassi al metodo Giovanna Damiani 25 Per una condivisione delle conoscenze Elisabetta Giffi 27 La nuova scheda di catalogazione dei vestimenti antichi e contemporanei Roberta Orsi Landini 28 Scheda VeAC Vestimenti antichi e contemporanei versione 3.01 Scheda VeAC Vestimenti antichi e contemporanei versione 3.01 Schema della struttura dei dati Norme per la compilazione 31 49 I progetti della Commissione nazionale per la tutela e la valorizzazione delle arti decorative, della moda e del costume Cristina Aschengreen Piacenti DIRETTORE DEL MUSEO STIBBERT 12 Nel 1996 Antonio Paolucci, Ministro per i beni culturali, istituì una Commissione nazionale per la tutela e la valorizzazione delle arti decorative, della moda e del costume, da me presieduta. I componenti della Commissione – Alessandra Mottola Molfino, Sandra Pinto, Maria Luisa Polichetti e Bonizza Giordani Aragno – designati per la loro specifica competenza, avevano il compito di studiare i criteri relativi alla progettazione e alla realizzazione di un archivio informatizzato di immagini e di dati anche anagrafici, su tali beni. La raccolta dei dati doveva permettere, tramite il collegamento in rete, lo scambio ed il confronto di informazioni fra istituzioni italiane e straniere. La Commissione inoltre poteva promuovere iniziative a carattere culturale e normativo, d'intesa con le Soprintendenze e l’Istituto centrale per il catalogo e la documentazione, per lo sviluppo delle attività connesse alla tutela di questa particolare tipologia di beni. Laura Ximenes curava la segreteria della Commissione, che operava presso l’Ufficio centrale per i beni archeologici, architettonici, artistici e storici diretto da Mario Serio. Era il momento in cui l’attenzione del Ministero era rivolta in particolare al restauro delle residenze sabaude in Piemonte e al riallestimento in chiave filologica dei palazzi reali a cominciare da Palazzo Pitti in Firenze. Inoltre l’emergere di musei del costume e la produzione di studi inerenti la storia della moda ponevano il problema di un coordinamento nazionale per la catalogazione di un patrimonio rilevante soprattutto nel nostro Paese. La Commissione, a seguito di quanto emerse nelle prime sedute, individuò due aspetti prioritari e propose la nomina di due gruppi di lavoro esperti nei due settori. Il primo gruppo doveva interessarsi ai palazzi reali, dei cui inventari patrimoniali e topografici redatti in Italia dalla metà del Cinquecento si era già avviato lo studio, facendo emergere l’importanza assunta dal lavoro svolto dai funzionari delle corti del passato. Attraverso la catena inventariale è stato possibile, infatti, seguire durante i secoli ogni oggetto, ogni mobile e soprammobile, e determinarne l’appartenenza e la storia. La raccolta e la sistemazione di queste preziose informazioni, basata essenzialmente sugli inventari stilati fino al 1911, data in cui le ex residenze reali passarono allo Stato italiano, ha consentito al gruppo di lavoro presieduto da Enrico Colle e formato da Marco Lattanzi, Luca Leoncini, Linda Martino e Monica Pignatti, funzionari del Ministero, di presentare al pubblico, nel 2004, i risultati nel volume Gli inventari delle corti, le guardarobe reali in Italia dal XVI al XX secolo. L’altro gruppo di lavoro era formato da tre esperte esterne, Grazietta Butazzi, Roberta Orsi Landini, Thessy Schoenholzer Nichols e dai funzionari del Ministero Giovanna Damiani, dell’Ufficio catalogo dell’allora Soprintendenza per i beni artistici e storici di Firenze, Pistoia e Prato, Elisabetta Giffi, dell’Istituto centrale per il catalogo e la documentazione e Gianna Piantoni, della Galleria nazionale d’arte moderna. Il gruppo aveva il compito di predisporre una scheda di catalogazione dell’abito antico e moderno, per la quale era necessario definire una serie di indicazioni normative di riferimento specifiche e lessici normalizzati per consentirne un corretto uso da parte dei diversi soggetti interessati, nonché dizionari terminologici di base per l’individuazione univoca delle varie tipologie di vestiari, forge e parti componenti l’abito. Gli esperti, dopo alterne vicende, legate anche alle varie riorganizzazioni del Ministero che si sono succedute in questi anni, hanno concluso il proprio lavoro con la pubblicazione dell’attuale volume, che contiene la scheda e la relativa normativa, e al quale è allegato un CD contenente il dizionario terminologico non soltanto descrittivo ma anche illustrato da più di 700 disegni. Si tratta della prima scheda ministeriale per la catalogazione di costumi delle varie epoche e rappresenta un lavoro di grande utilità per gli operatori del settore. Già da tempo la scheda è stata richiesta da istituzioni pubbliche e private in Italia e all’estero, dove il progetto è stato apprezzato in modo particolare. Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario Vorrei esprimere la mia grande soddisfazione e anche quella degli altri componenti della Commissione, che purtroppo non opera più da qualche anno, per i risultati raggiunti, sottolineando l’entusiasmo di tutti coloro che con il proprio costante impegno hanno portato a compimento un progetto che si è rivelato in corso d’opera più complesso del previsto. E vorrei in particolare ringraziare Laura Ximenes che ha tenuto il coordinamento di entrambi i gruppi di lavoro: senza la sua tenacia e professionalità non si sarebbe mai arrivato a questo risultato. Introduzione 13 L’esperienza dei musei Tutelare e valorizzare un abito Caterina Chiarelli DEL DIRETTORE DELLA GALLERIA COSTUME DI PALAZZO PITTI Cosa significa conservare, tutelare e promuovere le opere custodite in un museo dedicato alla storia della moda, ovvero gli abiti e i loro accessori? E prima di tutto, cosa comportano queste operazioni? Talvolta può voler dire salvare in extremis un capo d’abbigliamento dopo che è stato modificato, riadattato, magari per lasciarsi indossare a distanza di anni dalla stessa persona che nel frattempo ha cambiato le misure, così come è cambiata la moda, e ancora dopo che lo stesso capo è stato indossato dagli eredi, magari in occasione di qualche festa di carnevale, da cui l’abito esce guarnito di macchie e/o di strappi. Salvare un abito può significare toglierlo da una cassa dove giaceva da decenni e, scoperto che il tessuto di seta impregnata di sali minerali si degrada trinciandosi al solo sollevarlo, trovarsi a decidere se e come intervenire: portarlo nel Laboratorio di restauro e sottoporlo ad una attenta valutazione per recuperare il più possibile, magari ricostruendolo parzialmente dopo aver realizzato un cartamodello, oppure optare per la sua fine, lasciandolo così come è stato trovato. Su una decisione del genere influiscono naturalmente molti fattori che insieme possono contribuire a identificare il capo in un’opera d’arte: la preziosità e la singolarità del manufatto, nonché la storia dell’abito, la conoscenza della persona cui è appartenuto, l’eventuale circostanza in cui è stato indossato. Selezione espositiva 2000 “Le collezioni. Costumi e accessori dal XVIII al XX secolo” Abiti femminili dal 1780 ca. al 1837-38 14 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario Altra decisione importante è quella di acquisire un capo d’abbigliamento in condizioni pessime, pur consapevoli di una quasi totale improbabilità di esporlo se non come frammento, avendone constatato la rarità o l’unicità sia per le sue peculiarità tecnico-esecutive, sia per la qualità dei materiali, sia infine, per la già sottolineata storia dell’abito. Trovo interessante fare alcune considerazioni in merito alla conflittualità insita nel concetto di conservare. Quando l’abito o l’accessorio hanno ritrovato il loro originario splendore, al termine di un restauro, o quando un capo d’abbigliamento si trova già in condizioni perfette e magari è pure cronologicamente vicino a noi, musealizzarlo costituisce un’operazione difficile che comporta alcune riflessioni. Prendere infatti un abito che vive di una tridimensionalità in movimento, assecondando il corpo in azione, e bloccarlo su un manichino caratterizzato da una tridimensionalità statica, per di più isolandolo all’interno di una vetrina, significa snaturare l’abito; fare un’operazione equivalente a chiudere entro una teca di cristallo una statua posta al centro di un giardino, impedendo così che venga bagnata dalla pioggia o che ci si avvicinino gli uccelli. Allontanare l’abito dal corpo che lo indossa significa quindi togliergli la vita, ma attuando un’altra operazione che compensa la prima di questa perdita: si toglie infatti l’abito alla vita per consegnarlo alla storia, ed è a questo punto che si presentano le innumerevoli problematiche relative alla sua conservazione. Completo femminile in tre pezzi (Tailleur) Manifattura italiana (Firenze), 1912 ca. Etichetta: "E.Brunetti / Robes et Confetions / Florence" Proprietà: Galleria del costume di Palazzo Pitti, Firenze Inventario: T.A. 8583-5 Provenienza: Emilia Falorni Balotta Acquisizione: dono Liliana Balotta Foto: Paolo Bacherini L’esperienza dei musei 15 È a questo punto che ha inizio il compito del curatore di un museo, che consiste nel tutelare e valorizzare il patrimonio che esso stesso contiene, patrimonio che, pur rimanendo nell’ambito di manufatti tessili, si configura alquanto eterogeneo e richiede l’adozione di metodologie di intervento diversificate. Quando un’opera si appresta ad entrare in un museo le fasi operative che la vedono protagonista sono le seguenti: acquisizione, manutenzione, restauro (se necessario), ed infine esposizione e successivo collocamento in deposito, o viceversa. Terminato questo ciclo la stessa opera può esser sottoposta nuovamente ad intervento di manutenzione e ancora esposta per periodi più o meno brevi da valutare di volta in volta in relazione al suo stato di conservazione. Assumiamo come campione di queste operazioni la Galleria del costume di Palazzo Pitti, le cui collezioni di abiti e accessori raccontano la storia della moda dal XVIII secolo a oggi1. Il primo passo è il procedimento di acquisizione che vede l’opera offerta in dono o in vendita entrare in Galleria il più delle volte preceduta da una documentazione fotografica, per essere esaminata, soprattutto nei casi più problematici, da una commissione di esperti. A questo proposito è opportuno far presente che per la Galleria del costume, così come per la maggior Giacchina femminile Franco Moschino, Collezione Primavera-Estate 1993 Etichetta: "Moschino / Couture / Moschino Cruise / Me / Baby / Made in Italy". Proprietà: Galleria del costume di Palazzo Pitti, Firenze Inv. G.G.C. 2521 Provenienza: Moschino S.p.a. Acquisizione: dono Cecilia Torricelli Foto: Paolo Bacherini 16 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario 1. Le collezioni della Galleria del costume di Palazzo Pitti comprendono abiti e accessori di moda dal XVIII secolo ad oggi, costumi teatrali e oggetti legati alla cura della persona; a questi si aggiungono gli abiti funebri restaurati di Cosimo I de’ Medici, don Garzia ed Eleonora di Toledo, ed infine figurini e bozzetti per costumi e tessuti; indumenti di manifattura orientale e gioielli. Sono annesse alla suddetta Galleria anche altre raccolte di manufatti tessili, parte delle quali legate storicamente a Palazzo Pitti, quali i parati liturgici provenienti dalla Cappella Palatina, parati, galloni e passamanerie del “Fondaco di Palazzo Pitti” (rimanenze di tappezzerie ancora in opera nelle sale del Palazzo e di altre residenze medicee); il deposito degli arazzi della Soprintendenza speciale P.S.A.E. e per il Polo museale fiorentino che include gran parte dell’arazzeria medicea; i tappeti di Palazzo Pitti. 2. Sulla sinergia delle attività che si svolgono nei tre spazi vedi: C. Chiarelli, Dal guardaroba al museo. Dinamismo e metamorfosi della Galleria del Costume, Livorno, Sillabe, 2009. 3. Nei depositi di altri musei, quali ad esempio il Musée de la Mode de la Ville de Paris, a Palais Galliera. parte dei musei italiani e stranieri, le donazioni sono una fonte essenziale di sostentamento, essendo gli acquisti comprensibilmente ben più sporadici; è tuttavia assolutamente indispensabile vagliare attentamente ogni proposta. Sulla decisione di accettare o respingere l’offerta incide la rilevanza di quest’ultima sotto il profilo storico, artistico, tecnico, merceologico, nonché l’esistenza di un apparato documentario a corredo dell’opera, fra cui etichette o disegni, oltre a note storiche relative ai proprietari dell’abito e alla manifattura; di fondamentale importanza sono la verifica dello stato di conservazione e una prima valutazione dell’entità di eventuali danni subiti dall’oggetto, in previsione di interventi di restauro. Uno stato di conservazione precario e l’esistenza accertata di esemplari analoghi all’interno della stessa collezione, precedentemente acquisiti e già inventariati, possono precludere l’accettazione dell’offerta in dono o in vendita. Nel caso di valutazione positiva, la pratica, corredata da una relazione e da documentazione fotografica, viene inoltrata alla Direzione generale del Ministero per l’accettazione. Nel frattempo essa viene trattenuta nel laboratorio di restauro e messa in sicurezza sottoponendola ad un primo intervento di manutenzione per asportarne eventuali tarme o larve di insetti e muffe. Con l’arrivo dell’accettazione ministeriale e pertanto ratificata l’appartenenza dell’opera allo Stato, con destinazione nel nostro caso alla Galleria del costume, l’abito o l’accessorio riceve un numero di inventario, ne viene collocata la documentazione in archivio e viene registrato nel programma di precatalogazione informatizzato della Galleria che precede una possibile schedatura dell’ICCD (scheda VeAC), con la quale peraltro il suddetto programma è compatibile. Arrivata a questo punto l’opera può seguire due percorsi: se la prospettiva di esposizione è imminente e necessita di un intervento di restauro, essa rimane all’interno del laboratorio per il tempo richiesto dall’operazione, per poi venire indossata da un manichino e collocata all’interno di una vetrina espositiva, altrimenti passa al deposito. Laboratorio di restauro, spazi espositivi e deposito sono i tre ambienti all’interno dei quali si attuano gli articolati procedimenti di conservazione e valorizzazione degli abiti e degli accessori2; nel primo si prendono le decisioni più risolutive sempre nell’intento e nel tentativo di ricondurre il capo il più possibile vicino a come si presentava in origine. Per spazi espositivi si intendono le sale interne al museo così come le sedi espositive esterne allestite in occasione di mostre; sono spazi dedicati alla valorizzazione e alla promozione, ma dove è indispensabile non allontanarsi mai dall’ottica della conservazione, sia durante il procedimento di vestizione e svestizione dell’abito su manichino – che non deve comportare alcuno stress per l’abito, avendo cura di scegliere un manichino idoneo per forma e misure – sia nel corso della permanenza in vetrina durante la quale il manufatto tessile deve godere di un microclima ideale e deve essere investito da deboli fasci di luce. Ma è nel deposito che l’opera è destinata a trascorrere la maggior parte del suo tempo; questo è il luogo dove si effettua una continua manutenzione, soprattutto mantenendo umidità e temperatura costanti, in assenza di luce. Fondamentalmente si risolve nell’ambiente più confortevole per l’abito: almeno per quanto riguarda i depositi, dove si è optato per una collocazione in orizzontale, indiscriminatamente per i capi più antichi come pure per i più recenti, come si verifica nella stessa Galleria del costume. In economia di spazio, come accade nel deposito di questo museo, l’abito viene disteso all’interno di scatole appositamente costruite in cartone non acido e imbottito di carta velina e altri materiali non acidi, onde evitare il formarsi di pieghe. Altrove3 le opere più preziose e delicate vengono alloggiate in grandi cassettiere dopo esser state avvolte in teli di ghinea lavata, mentre i capi più moderni permangono per lo più appesi su gruccia. Ed ecco che il nostro abito, quello moderno da cui siamo partiti, che, se avesse continuato a essere indossato, sarebbe ormai logoro e démodé, passerà invece alla storia come testimonianza culturale espressa in un determinato periodo attraverso forme d’arte, quali l’abbigliamento. L’esperienza dei musei 17 La collezione di abiti del Museo Boncompagni Ludovisi: un esempio di collezionismo pubblico nell’ambito del Costume e della Moda Mariastella Margozzi DIRETTORE DEL MUSEO BONCOMPAGNI LUDOVISI PER LE ARTI DECORATIVE, IL COSTUME E LA MODA DEI SECOLI XIX E XX Il Museo Boncompagni Ludovisi, aperto nel 1995 e dedicato alle arti decorative, al costume e alla moda dei secoli XIX e XX, ha acquisito per dono fin dalla sua istituzione una serie cospicua di abiti e accessori di moda, realizzati sia nella prima metà del secolo, e quindi prodotti da sartorie specializzate, sia dagli anni Cinquanta in avanti, ossia realizzati dagli atelier d’alta moda, italiani ma soprattutto romani: Sorelle Fontana, Gattinoni, Carosa, Antonelli, De Luca, Sorelle Botti, Battilocchi, Marella Ferrera, Germana Marucelli, Angelo Litrico, Lorenzo Riva, Zecca, Sarli, Mila Schön, Curiel, Capucci, Valentino, Lancetti, Balestra. A mano a mano che la collezione cresceva, arrivando a raggiungere cinquecento manufatti, la allora direttrice Gianna Piantoni avviò una campagna di catalogazione dei pezzi, coadiuvata dall’Accademia d’alta moda di Roma, che in mancanza di un riferimento puntuale nelle normative di catalogazione dell’ICCD, si basava su un’analisi minuziosa di ogni componente dell’abito e dell’accessorio, sia per quanto riguardava i materiali utilizzati sia per le modalità di confezionamento e, infine, per quanto concerneva lo stato di conservazione e l’indicazione di eventuali restauri. Indubbiamente il lavoro, raccolto in schede cartacee improvvisate per l’occasione, è stato estremamente lento e faticoso, ma ha significato un approccio importante in fase di conoscenza del materiale acquisito, indispensabile per stabilire, al di là dello stile dell’abito, le sue caratteristiche costitutive. Che ci fosse necessità di normare con una scheda specifica dell’ICCD questa tipologia di manufatti è testimoniato dalla partecipazione al gruppo di ricerca ministeriale di Gianna Piantoni, che durante la direzione del Museo Boncompagni ha dato ampio spazio all’abito d’alta moda, esponendone in diverse occasioni e ritenendolo la tipologia “principe” del Museo stesso. Tuttavia, nel corso degli anni e dopo la scomparsa di Gianna Piantoni, ci si è resi conto di Veduta del Salone del Museo Boncompagni Ludovisi con esposizione di abiti e accessori di moda della Collezione del Museo Boncompagni Ludovisi. Foto: Archivio fotografico Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea 18 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario quanto fosse necessaria un’attenzione ancora più puntuale al manufatto sia dal punto di vista dell’appartenenza storica e sociale sia da quello, imprescindibile, della corretta conservazione dei materiali. I tessuti, come si sa, sono oltremodo fragili, come lo sono le cuciture, gli elementi di aggancio (bottoni, chiusure, automatici, gancetti); pertanto la corretta conservazione è strettamente connessa con la possibilità di intervenire a ‘sanare’ (leggi restaurare) le parti a rischio di perdita. Inoltre, l’aspetto conservativo non può prescindere da una accurata e periodica pulizia dei pezzi, che come si sa deve poter prevedere interventi specializzati e non correnti. Sarà, pertanto, necessario nel tempo approntare anche una scheda relativa sia alle modalità di conservazione degli abiti (e non solo considerando la loro accezione di manufatti in tessuto) che alle metodologie di intervento di restauro vero e proprio delle parti eventualmente danneggiatesi. Questa scheda specifica dedicata ai vestimenti antichi e contemporanei, messa a punto dalla Commissione nazionale per la tutela e la valorizzazione delle arti decorative, della moda e del costume e dal gruppo di ricerca dell’ICCD, riapre pertanto un capitolo importantissimo nella storia del Museo Boncompagni che riguarda la collezione degli abiti. La scheda VeAC permette, infatti, di ripercorrere l’analisi dei singoli pezzi con maggiore precisione, consente di colmare molti campi conoscitivi prima trascurati, quindi di giungere a una comprensione dei manufatti a tutto tondo. Infine, è possibile relazionare i vari campi e sistematizzare la conoscenza per categorie di interesse che via via si rendono necessarie. L’uso del vocabolario chiuso permette di avere sempre terminologie esatte e soprattutto sintetiche per individuare e identificare morfologie, specifiche tecniche di esecuzione, tessuti impiegati, motivi decorativi, gruppi di omogeneità. Si tratterà di rimetterci al lavoro, ma per chi opera sul campo e ha a che fare con la gestione Abiti di Capucci, Sarli e Sorelle Fontana della Collezione del Museo Boncompagni Ludovisi. Foto: Archivio fotografico Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea L’esperienza dei musei 19 di un patrimonio così singolare, delicato e complesso, la scheda catalografica scaturita dal gruppo di ricerca consente di ‘aggiustare il tiro’ su molti dei dati acquisiti e di poter forse affrontare in maniera sistematica non solo la conoscenza, ma anche la tutela e la conservazione di tali particolari materiali, che finalmente con questo riconoscimento entrano a far parte della categoria dei beni individuati come patrimonio culturale della nazione. Abiti di Mila Schön, Sarli e Gattinoni della Collezione del Museo Boncompagni Ludovisi. Foto: Archivio fotografico Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea 20 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario Tessuti, costumi e ori: intrecci tra cultura popolare e artigianato. La collezione del Museo nazionale delle arti e tradizioni popolari Stefania Massari DIRETTORE DELL’ISTITUTO CENTRALE PER LA DEMOETNOANTROPOLOGIA L’abbigliarsi è uno dei temi centrali della ricerca etnografica pertanto il Museo nazionale delle arti e tradizioni popolari che fa parte dell’Istituto centrale per la demoetnoantropologia ha sempre riservato a questo tema un’attenzione particolare e da alcuni anni, attraverso esposizioni ad esso dedicate, ha analizzato gli aspetti e i fattori che ne hanno determinato la fortuna nel tempo, convinti come scriveva nel 1909 Maffio Maffi che “la storia del costume e dell’abbigliamento … è straordinariamente importante per la rappresentazione ideale di ciò che una gente volle, amò desiderò sognò e produsse”1. Com’è noto, la raccolta dei costumi conservati nel Museo fu realizzata in occasione della Mostra di etnografia italiana tenutasi nell’ambito dell’Esposizione internazionale del 1911 per celebrare il Cinquantenario dell’Unità d’Italia, dall’etnologo Lamberto Loria (1855-1913) che lavorò alacremente per la sua realizzazione e ne fu l’artefice sia sul piano ideale che materiale. Nel quadro delle celebrazioni romane l’esposizione fu certamente la manifestazione di maggior richiamo con i vestiti della fine dell’Ottocento e dei primi del Novecento delle ‘itale genti’ che rappresentavano l’elemento più spettacolare, una sintesi, secondo le intenzioni degli organizzatori delle tradizioni, del gusto, dei modi di essere del popolo italiano essendo questo materiale etnografico, sulla soglia dell’epoca industriale, “testimonianza del passato, fissatore del fuggitivo presente… poiché inesauribile, o quasi è la bellezza che dal fondo dell’anima e delle tradizioni… sono la veste tangibile della poesia d’Italia, questi costumi luminosi e gaudiosi che si alternano a manti nobilissimi oscuri… in ognuno di questi rossi e pur mirabili gioielli, in queste fibbie d’argento che rialzano una veste o serrano una cintura… in queste balze di seta o di merletto… c’è una affermazione di bellezza regionale che è anche una affermazione di coscienza nazionale”2. Concetti che ritroveremo qualche decennio dopo in occasione dell’ Esposizione universale di Roma (E42), che si sarebbe dovuta tenere per celebrare il ventennale del fascismo quando verrà ipotizzata la creazione di un ‘Museo del costume italiano’ che, partendo dall’abito popolare avrebbe permesso di riconoscere “le lontane e perenni fonti arcaiche del costume italiano dimostrando come correnti artistiche si perpetuino nell’arte popolare”3. Mostra Costumi. Gli abiti sardi dell’Esposizione Internazionale del 1911 (18 maggio – 18 settembre 2005) L’esperienza dei musei 21 Nella mostra del 1911 il dato etnografico, rappresentato dal costume, diventa il nodo di tutte le questioni unitamente al ruolo determinante assunto dai raccoglitori nel veicolare le informazioni che sono a corredo degli abiti. In questo senso va sottolineato e messo in evidenza il rapporto tra l’antropologo e i suoi raccoglitori, che, sul territorio, sono tra i più solerti colla- Mostra Costumi. Gli abiti sardi dell’Esposizione Internazionale del 1911 (18 maggio – 18 settembre 2005) 22 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario boratori come Alessandro Roccavilla (1865-1929) Athos Mainardi (1874-1943) Francesco Baldasseroni (1878-1923) o Raffaele Corso (1883-1965). Loria non è soltanto il promotore della prima Mostra di etnografia italiana e il fondatore insieme a Aldobrandino Mochi (1874-1931) del Museo di etnografia di Firenze è anche colui che si batterà per la costituzione di un Museo nazionale di etnografia italiana sogno che, con alterne e complesse vicende, si avvererà solo in data 20 aprile 1956 quando sarà inaugurato a Roma, nel quartiere Eur, il Museo nazionale delle arti e tradizioni popolari, dove verranno esposti i manufatti tradizionali del popolo italiano. Le origini di questa collezione etnografica di costumi tradizionali sono dunque antiche e significative per la storia stessa del Museo che li ospita e parte integrante di una vicenda che è rappresentativa di un modo di pensare e di essere. Dal punto di vista etnografico, il numero dei costumi e degli ornamenti tradizionali raccolti e attualmente conservati – oltre 1.000 abiti e più di 4000 oggetti di oreficeria a corredo degli abiti – la qualità, i modi e le attenzioni riservati alla loro esposizione, hanno costituito e ancora costituiscono uno degli aspetti più interessanti della raccolta come osserva la Bernardy “la quantità e la qualità delle gioie popolari è tale, che da una illuminata considerazione di esse quasi si potrebbe ricostruire la storia delle invasioni e delle denominazioni, delle influenze estetiche e delle importazioni straniere subite da ciascuna regione nel corso dei secoli” 4. Il vestito è uno degli elementi chiave della cultura per l’ampia casistica di funzioni, una sorta di carta di identità di colui che l’indossa un messaggio sociale che produce e determina atteggiamenti e comportamenti: rituali, attività, specializzazioni. L’abito ha costituito, quindi, esempio eccellente per la riflessione sulle differenti culture, caratterizzando le diverse epoche puntualmente registrate nelle diverse fogge del vestire, il passaggio da abito a costume è esempio eclatante delle trasformazioni generate dalla dinamica sociale la cui origine si può individuare, tra il XVII e il XVIII secolo, nel contesto delle differenziazioni sociali dell’epoca5. Un processo di differenziazione al quale non è stato secondario il divario che si è formato tra città Mostra Costumi. Gli abiti sardi dell’Esposizione Internazionale del 1911 (18 maggio – 18 settembre 2005) L’esperienza dei musei 23 e campagna a scapito della tradizione per l’indebolimento dei fattori rituali, economici, giuridici con la conseguenza che l’abito ha cessato di essere l’espressione dell’appartenenza al luogo, al gruppo sociale e allo status ricoperto. Infatti il costume definisce tali differenze, rappresentandone l’espressione più immediata, così come il materiale con cui nel tempo era stato realizzato, gli stessi tessuti, stoffe, decorazioni, ori, erano e sono ancor oggi indicatori di altrettante vicende storiche, sociali ed economiche si pensi, per fare un solo esempio, all’importanza rivestita dalla seta come materia preziosa che per suo tramite ha ‘intessuto’ significativi rapporti tra Oriente ed Occidente. Un insieme di ornamenti e di accessori completano l’abito tradizionale, indicatori a loro volta delle trasformazioni culturali, delle differenti interpretazioni della tradizione, di diversificate questioni collegate alle identità individuali e collettive, significative per la dinamica sociale del tempo che ancor oggi costituiscono nelle politiche di sviluppo per il nuovo paese, una risorsa economica fondamentale del made in Italy 6. 1. M. Maffi, L’Esposizione etnografica del 1911, in “La Tribuna”, 28 giugno 1909, XXVII, n. 178. 2. A. A. Bernardy, La storia e la gloria d’Italia dall’Alpe al Mare. Impressioni e visioni della Mostra Etnografica, in “Il Giornale d’Italia”, 16 luglio 1911, n. 196. 3. Per la storia dell’Istituzione cfr. S. Massari, Arti e tradizioni. Il Museo nazionale dell’Eur, Roma, De Luca editore, 2004. 4. A. A. Bernardy, op. cit. 5. Cfr. G. Sanga (a cura di), L’abbigliamento popolare italiano, in “La Ricerca Folklorica”, 1986, n. l4. Per la distinzione tra abito e costume cfr. G. Bogatyrev, Semiotica della cultura popolare, Verona , Bertani, 1982 6. In Italia il fenomeno moda viene prevalentemente datato intorno agli anni settanta del Novecento, ma ci sono sostenitori della affermazione del made in Italy a partire dagli anni venti (Ferragamo). Cfr. E. Merlo, Le origini del sistema moda, in La Moda, Annali della Storia d’Italia, n. 19, Torino, Einaudi [2003], pp. 667-671 24 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario L’elaborazione della scheda VeAC Dalla prassi al metodo Giovanna Damiani SOPRINTENDENZA SPECIALE ARTISTICO E ETNOANTROPOLOGICO E PER IL POLO MUSEALE DELLA CITTÀ DI FIRENZE PER IL PATRIMONIO STORICO Quando, nell’ormai lontano 1996, all’allora Soprintendenza per i beni storici e artistici di Firenze, Prato e Pistoia, si presentò l’occasione, organizzativa e finanziaria, di promuovere un articolato programma di formazione sulla catalogazione dell’abito inteso nella più ampia accezione del termine, l’impegno si presentò immediatamente oltremodo complesso ma anche ricco di spunti per la messa a fuoco di una serie di considerazioni di vasta comprensione su tale patrimonio culturale. L’opportunità si presentava quanto mai propizia potendo contare su speciali finanziamenti provenienti dall’Amministrazione provinciale di Firenze per progetti di formazione di alto livello e estremamente qualificati e qualificanti sia sul piano didattico che per i contenuti scelti. La Soprintenza si orientò sul rilevante patrimonio di abiti antichi e contemporanei conservati presso la Galleria del costume, oggi facente parte del sistema dei musei della Soprintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico e etnoantropologico e per il Polo museale della città di Firenze, materiale che per la sua specificità e complessità di approccio non era mai stato analizzato in modo sistematico e approfondito sotto il profilo catalografico. Il corso promosso venne articolato in modo interdisciplinare, coinvolgendo docenti di diversa formazione, non solo storica ma anche tecnica, tecnologica, merceologica e scientifica per quanto atteneva alle discipline legate alla conservazione e al restauro di manufatti complessi sia sotto il profilo strutturale che conservativo e avvalendosi non solo del personale tecnicoscientifico della Soprintendenza di riferimento ma anche dell’Opificio delle pietre dure, di esperti scelti in ambito universitario e della collaborazione dell’Istituto centrale per il catalogo e la documentazione. Inoltre venne rivolto ad una tipologia di discenti già laureati in Storia dell’arte e interessati ad acquisire una specifica e approfondita competenza in materia e quanto più possibile allargata sul territorio nazionale per fornire su ampio raggio uno strumento nuovo per l’indagine e la raccolta di informazioni, e la loro sistematica e razionale organizzazione, su una classe di beni nei confronti della quale era mancata fino a quel momento una specifica attenzione catalografica. La volontà di coinvolgere giovani provenienti da varie parti d’Italia, in taluni casi già inseriti in strutture lavorative interessate al tema, si rivelò premiante, ed i frequentatori del Corso intensivo, durato un intero anno per un monte ore giornaliero davvero rilevante, fece sì che al termine dell’insegnamento essi potessero riportare nelle sedi di provenienza una competenza specifica da investire o da spendere nei confronti di Amministrazioni e Enti che necessitassero di catalogatori dotati di un’alta competenza nel settore. A fronte di ciò si rivelò imprescindibile approntare anche strumenti informatici adeguati alla registrazione e al recupero di informazioni tanto numerose e complesse che non avrebbero permesso una diversa e altrettanto agile gestione. Ma tale esperienza fu determinante per comprendere nell’ottica di una ulteriore riflessione, gli innumerevoli elementi di specificità e di criticità per affrontare, dai più diversi punti di vista, manufatti che, già ad un primo elementare approccio, richiedevano competenze non comuni: conoscenza della storia del costume e del tessuto, della funzione d’uso, nozioni legate alla corretta conservazione ed esposizione, alla gestione e direzione del restauro, e via L’elaborazione della scheda VeAC 25 dicendo. Tanto che di lì a seguire la Commissione nazionale per la tutela e la valorizzazione delle arti decorative, della moda e del costume promosse uno specifico progetto per la messa a punto di una scheda catalografica elettronica in grado di raccogliere e organizzare, secondo gli standard stabiliti dall’Istituto centrale per il catalogo e la documentazione, un materiale informativo tanto variamente articolato. Il gruppo di lavoro incaricato di definire il modello di scheda per l’abito antico e contemporaneo si è avvalso, oltre che di personale interno all’Amministrazione, di specialisti del settore di livello nazionale e internazionale che mettendo a disposizione professionalità e competenze hanno condotto alla elaborazione di uno strumento catalografico specifico e duttile al tempo stesso. Partendo dall’esperienza sviluppata nell’ambito del corso di formazione ricordato, il gruppo di lavoro ha esteso ulteriormente l’indagine, rivolgendo l’attenzione a tutte le categorie potenzialmente rientranti nella definizione di ‘abito’, con una visione a tutto campo a cui la scheda oggetto della presente pubblicazione fa riferimento. Il lavoro condotto dagli specialisti ha portato alla predisposizione di vocabolari terminologici relativi alle diverse categorie di abiti, secondo una progressione dal generale al particolare organizzata per generi e funzioni; si è concentrato sul riconoscimento e definizione della struttura sartoriale, definendo anche criteri omogenei per il rilevamento dei relativi dati, ha dato sistematica coerenza alla identificazione di particolari costruttivi, ma anche di rifinitura e decorativi che concorrono, questi ultimi, alla migliore definizione dei manufatti in relazione all’ambito sia cronologico che topografico di produzione. La complessità di questa particolare tipologia di beni culturali ha reso necessario anche un lungo e laborioso lavoro di predisposizione di apparati grafici che sintetizzano visivamente larga parte dei contenuti compresi sia nelle norme di compilazione che nella terminologia normalizzata, utilizzata nella valorizzazione dei campi in cui la scheda si articola, e dei quali viene dotata quale strumento didattico agile ed estremamente efficace per facilitare l’identificazione del bene e delle sue componenti e garantire la compilazione del modello di rilevamento dei dati in modo quanto più aderente, corretto e specifico. 26 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario Per una condivisione delle conoscenze Elisabetta Giffi ISTITUTO NAZIONALE PER LA GRAFICA Creare un archivio elettronico dell’abito antico e moderno per rendere disponibili informazioni sui caratteri morfologici, tipologici, sartoriali dell’abito, sulla sua funzione d’uso, sulla sua storia: tale era l’obiettivo fissato nel 1996 dalla Commissione nazionale per la tutela e la valorizzazione delle arti decorative, della moda e del costume. La realizzazione di tale obiettivo passava necessariamente attraverso la messa a punto di un modello di scheda da utilizzare per la ricognizione sistematica di detto patrimonio di beni considerato nella sua più ampia estensione, sì da poter trattare il costume teatrale così come l’uniforme militare, l’abito popolare tradizionale e quello di sartoria, fino al costume di bambola e a quello di travestimento. Dietro la definizione di ciascuna tipologia di scheda di catalogo c’è una riflessione approfondita sulla natura di ciascuna determinata tipologia di beni, le cui caratteristiche peculiari devono trovare piena evidenza nel modello di rilevamento dati che lo rappresenta, per guidare il catalogatore nella ricognizione secondo un criterio prestabilito e restituire in fase di fruizione i dati qualificanti per la descrizione del bene e quindi significativi per la sua conoscenza. Ciò che è interpretativo sfugge alla gestione automatica e, se il dato non è normalizzato secondo determinati parametri, con difficoltà viene recuperato in fase di ricerca; così la descrizione del bene culturale è ‘strutturata’ all’interno di uno schema dato e il lessico descrittivo è ‘normalizzato’ mediante l’utilizzo di vocabolari controllati. La scheda di catalogo rappresenta, dunque, il bene al livello di astrazione necessario per la gestione automatica dei dati che lo descrivono; la sua definizione pone di fronte a scelte tanto necessarie quanto faticose e difficili, soprattutto nel caso di beni di natura complessa. Il caso dei vestimenti antichi e contemporanei è certamente dei più difficili e l’insieme articolato degli strumenti messi a punto - modello di rilevamento dati, normativa, lemmariocorredati di un amplissimo corredo di grafici illustrativi, evidenzia l’impegno del gruppo di lavoro a trovare soluzioni di livello alto, tali da garantire l’esito scientifico delle attività di catalogazione, ma non solo. La ricaduta di tale impegno è stata in realtà ben più ampia: è stato generato infatti una sorta di valore aggiunto dato dall’insieme complessivo delle indicazioni contenute nelle pieghe della normativa ICCD che, nel definire per la prima volta una metodologia di approccio a tali beni, individuano una serie di passi operativi che possono essere finalmente condivisi con benefici di carattere generale: si pensi ad esempio alle tavole che esemplificano le modalità di rilevamento delle misure dei diversi elementi, modalità per le quali non esiste alcuno standard generato dalla prassi. E non si tratta di aspetti secondari perché anche solo il corretto rilevamento delle misure di ciascun elemento, o del suo ingombro, interessa la comunicazione tra operatori ed istituzioni museali per quanto riguarda la gestione dei pezzi per il restauro, per la movimentazione e l’allestimento espositivo, per il prestito esterno. La scheda VeAC, già da tempo diffusa in fase di sperimentazione, viene infine pubblicata allineata all’ultima versione delle norme ICCD: per la tipologia considerata ciò realizza alcuni indubbi vantaggi a partire dalla possibilità di gestire, trasferire e condividere quale allegato multimediale alla scheda di catalogo, oltre alla documentazione fotografica e grafica in formato digitale, anche la documentazione filmica relativa a sfilate, a documentari d’attualità, a spettacoli teatrali e cinematografici, fissando così l’immagine viva di un bene che, anche in quanto catalogato, è riconosciuto parte del patrimonio culturale della collettività. L’elaborazione della scheda VeAC 27 La nuova scheda di catalogazione dei vestimenti antichi e contemporanei Roberta Orsi Landini STORICA DEL TESSUTO E DEL COSTUME 28 Il compito di predisporre una scheda informatica per i costumi non è stato facile. Il costume o gli oggetti tessili d’abbigliamento sono spesso complessi, non di rado costituiti da differenti materiali, e confezionati per varie categorie di persone e diverse funzioni. Competenze diverse occorrono, per esempio, per dare definizioni tecniche corrette di merletti e tessuti operati, che molto spesso formano la materia prima o una parte importante del capo. Inoltre il linguaggio commerciale o quello fantasioso dei figurini di moda dall’Ottocento ad oggi propone miriadi di definizioni per le fogge, i colori, i capi che rischiano di rendere impossibile ogni normalizzazione, se si lascia lo schedatore libero di attingere a suo piacimento in questa messe sterminata di notizie. Occorreva dunque mettere ordine e semplificare, basi necessarie per ogni futuro confronto e ricerca; in pratica studiare un metodo con cui guardare questo particolare tipo di oggetti, non dimenticando di prevedere nella scheda spazi specifici dove ogni possibile particolarità potesse trovare adeguata collocazione. Lo schedatore doveva essere guidato all’osservazione e non trovare possibilità per interventi personali di fantasia. Si dovevano predisporre campi in cui, una volta entrato nel sistema, egli potesse dare risposte concrete e semplici. La scheda, così come si è venuta strutturando in anni di studio ha, a prima vista, un aspetto quasi minaccioso, con la molteplicità delle sue ‘richieste’; in realtà, una volta compreso il metodo e seguendo la normativa, il compito è molto più facile e relativamente veloce. Del resto non è obbligatorio riempire tutti i campi, molti dei quali rispondono a casi particolari. Tuttavia l’articolazione di ogni parte della scheda non può non prevedere tutte le possibilità che una collezione di abiti, museale o privata, può presentare. Nella parte relativa all’identificazione dell’oggetto, per esempio, è stato stilato un elenco dei diversi capi o parti di essi che possono essere stati conservati (da una manica ad un bottone); lo schedatore ha a disposizione nella normativa le definizioni fra cui scegliere in un vocabolario chiuso. Poiché gli abiti possono avere diverse finalità, per esempio essere uniformi civili o militari, costumi per il teatro o per Carnevale, è stata individuata la categoria cui va ascritto il capo da analizzare e la sua funzione o l’occasione specifica per cui è stato confezionato, all’interno di definizioni anch’esse preordinate. Ancora: poiché capi particolari hanno avuto storicamente nomi specifici, e analogamente capi moderni hanno trovato definizioni commerciali d’uso comune, è stato previsto anche un campo in cui queste definizioni possano trovare luogo, senza essere ristrette in un elenco predisposto, cioè in un vocabolario chiuso. L’individuazione, per certi tipi di oggetti, come abito, sopravveste, sottabito, manica, pantaloni, etc., di alcune tipologie sartoriali, cioè di forme chiaramente riconoscibili - spesso tipiche di determinate mode o periodi storici -, permette inoltre un’immediata individuazione che rende superflua una descrizione discorsiva, favorendo invece una ricerca specifica, che può risultare particolarmente interessante anche fra oggetti di epoche diverse. La scelta di quali definizioni accreditare e di quali relegare nel campo di quelle storiche e commerciali non è stata naturalmente facile; in alcuni casi potrà parere arbitraria o quantomeno discutibile; tuttavia il criterio-guida con cui sono state selezionate corrisponde prima di tutto alla necessità di utilizzare un vocabolario comune, spesso frutto di una scelta convenzionale; in ogni caso quanto di più ‘comprensivo’ quella definizione può permettere. È fondamentale e indispensabile per ogni ricerca che tutti coloro che analizzano gli abiti antichi e moderni usino le stesse definizioni e gli stessi vocaboli. Nello studio della strutturazione della scheda, il problema della creazione di un vocabolario comune è apparso subito come l’aspetto fondamentale, ma più arduo da affrontare. Alla normativa per la compilazione corretta dei campi individuati, è stato dunque affiancato un vocabolario, presentato in veste informatica, frutto di lunghi mesi di lavoro a cui ha prestato il suo prezioso contributo scientifico Grazietta Butazzi: ogni termine è descritto, illustrato graficamente e fornito dei links necessari; viene indicato inoltre il campo in cui può Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario o deve essere eventualmente usato. È possibile per lo schedatore verificare o fare una ricerca per conoscere la definizione ‘corretta’ che deve obbligatoriamente utilizzare. La scheda viene dunque alla luce, corredata di uno strumento di lavoro in più, che è indubbiamente quello più utile e innovativo. E quello, naturalmente, che ha richiesto lo sforzo più impegnativo e le scelte più difficili. Anche nelle regole per la compilazione della scheda sono inseriti chiari disegni esplicativi, di mano, come gli altri, di Thessy Schoenholzer Nichols. Essi sono necessari per mostrare, per esempio, come si prendono le misure di capi complessi, ma forniscono anche esempi di come redigere correttamente i campi di alcune tipologie storiche, soprattutto quelli che riguardano la struttura sartoriale. La struttura sartoriale di certi abiti, infatti, sia di particolari periodi, antichi e moderni, risulta di difficile descrizione, per la complessità del taglio e degli elementi costitutivi. La distinzione fra abiti semplici e abiti complessi e l’aumento, per questi ultimi, del numero dei campi, in modo da analizzare ogni singola parte di essi, si è rivelata, alle verifiche pratiche, funzionale e meglio rispondente alla comprensione, anche visiva, dell’oggetto stesso. In pratica si tratta di verificare come è stato costruito il modello, tagliando e assemblando quanti teli o parti diverse di tessuto, dando di ognuna conto della posizione e delle misure fondamentali che possono caratterizzare il risultato finale. Per maniche, tasche, colli o scolli, allacciature sono previsti campi particolari e tipologie cui fare riferimento, evitando anche in questo caso l’intervento descrittivo ed arbitrario dello schedatore. Un altro settore di difficile compilazione per la varietà e molteplicità di possibili soluzioni è quella della descrizione dei motivi decorativi delle stoffe o delle applicazioni, cui si è cercato di fornire una linea logica, nell’ordine di individuazione – sfondo, tema principale - e nella scelta del vocabolario da utilizzare, raggruppando le forme decorative per grandi gruppi di riferimento. Per concludere: il risultato ottenuto, la scheda di catalogo informatizzata dei vestimenti antichi e moderni, risponde alla necessità di educare i compilatori nel loro compito, costringendoli a seguire piste già tracciate, procedendo per gradi in un ordine logico e utilizzando un vocabolario comune. Solo così sarà possibile costruire una banca dati che agevoli ricerche e confronti, utili e necessari per delineare il panorama di questa particolare attività artigianale e artistica insieme. Adottata dalle istituzioni museali, permetterà un confronto fra i singoli pezzi delle diverse collezioni, rivelando sicuramente aspetti che nella frammentarietà degli studi attuali sono rimasti in ombra; fornirà elementi necessari per delineare in modo più corretto ed esaustivo la conoscenza delle diverse sartorie e particolarità di lavorazione, italiane ed estere. Possiamo quindi augurarci che la sua adozione sul territorio nazionale e nell’ambito di particolari progetti, come quello degli Archivi di moda del Novecento, confermi la sua validità nell’assolvere la funzione per la quale è stata concepita e realizzata. L’elaborazione della scheda VeAC 29 Strutturazione dei dati delle schede di catalogo Scheda VeAC Vestimenti antichi e contemporanei versione 3.01 Schema della struttura dei dati LEGENDA CD 32 PARAGRAFO NCT CAMPO STRUTTURATO NCTR ESC * (*) Sottocampo Campo semplice Obbligatorietà assoluta Obbligatorietà di contesto Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario Lung CD CODICI TSK LIR Tipo scheda Livello ricerca NCT CODICE UNIVOCO NCTR Codice regione NCTN NCTS ESC ECP EPR Numero catalogo generale Suffisso numero catalogo generale Ente schedatore Ente competente Ente proponente RELAZIONI RVE STRUTTURA COMPLESSA RVEL RVER Livello Codice bene radice RSE RELAZIONI DIRETTE RSER RSET RSEC ROZ RSP Tipo relazione Tipo scheda Codice bene Altre relazioni Codice scheda pregressa Obbl. Voc * 4 5 * * si si * 2 * si 8 2 25 25 25 * si si si si si Lung RV Rip * * Rip 25 25 Obbl. Voc (*) si 70 10 25 25 25 (*) (*) (*) si si si si Scheda VeAC 3.01 Struttura dati 33 AC ALTRI CODICI ACC ACI Altro codice Codice internazionale ACS SCHEDE CORRELATE ACSE ACSC ACSS Ente Codice Specifiche Lung Rip 150 25 si PVC PVCS PVCR PVCP PVCC PVCL PVCE PVL PVE Rip Obbl. * LOCALIZZAZIONE GEOGRAFICO AMMINISTRATIVA ATTUALE * LDC COLLOCAZIONE SPECIFICA LDCT LDCQ LDCN LDCU LDCM LDCS Tipologia Qualificazione Denominazione Denominazione spazio viabilistico Denominazione raccolta Specifiche 34 (*) (*) LOCALIZZAZIONE GEOGRAFICO – AMMINISTRATIVA Stato Regione Provincia Comune Località Località estera Altra località Diocesi Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario Voc si 25 25 100 Lung LC Obbl. 50 25 3 50 50 250 250 50 * * * * Voc si si si si si si si * 50 50 80 250 70 250 si si Lung LA ALTRE LOCALIZZAZIONI GEOGRAFICO – AMMINISTRATIVE TCL Tipo di localizzazione PRV LOCALIZZAZIONE GEOGRAFICO - AMMINISTRATIVA PRVS PRVR PRVP PRVC PRVL PRVE PRL PRE Stato Regione Provincia Comune Località Località estera Altra località Diocesi PRC COLLOCAZIONE SPECIFICA PRCT PRCQ PRCD PRCU PRCM PRCS Tipologia Qualificazione Denominazione Denominazione spazio viabilistico Denominazione raccolta Specifiche PRD DATA PRDI PRDU Data ingresso Data uscita Rip Obbl. Voc (*) si si 40 50 25 3 50 50 250 250 50 50 50 80 250 70 250 si si si si si si si si si 25 25 Scheda VeAC 3.01 Struttura dati 35 Lung UB Obbl Voc UBICAZIONE E DATI PATRIMONIALI INV INVENTARIO INVA INVD Denominazione Data 500 50 INVC INVN INVP Collocazione Numero Riferimento alla parte 50 100 500 STI STIMA STIS STID STIM Stima Data stima Motivo della stima si CS Tipo di localizzazione CTS LOCALIZZAZIONE CATASTALE CTSC CTSF CTSN Comune Foglio/Data Particelle Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario (*) 25 50 100 LOCALIZZAZIONE CATASTALE CTL (*) si Lung 36 Rip (*) si Rip Obbl. Voc (*) si si 40 50 25 500 si (*) si si (*) (*) (*) Lung GP GEOREFERENZIAZIONE TRAMITE PUNTO GPL Tipo di localizzazione Rip Obbl. Voc (*) si si 40 GPD DESCRIZIONE DEL PUNTO (*) GPDP PUNTO (*) GPDPX GPDPY Coordinata X Coordinata Y GPC CARATTERISTICHE DEL PUNTO GPCT GPCL GPM GPT GPP Tipo Quota s.l.m. Metodo di georeferenziazione Tecnica di georeferenziazione Proiezione e Sistema di riferimento GPB BASE DI RIFERIMENTO GPBB GPBT GPBO Descrizione sintetica Data Note 12 12 (*) (*) 50 12 70 70 12 (*) (*) (*) si si si (*) 20 10 250 (*) (*) Scheda VeAC 3.01 Struttura dati 37 Lung OG OGGETTO OGGETTO OGTD OGTC OGTE Definizione Categoria Componenti esistenti 70 70 100 OGTF OGTG OGTT OGTS OGTN OGTA OGTR OGTQ OGTV OGTL Funzione / occasione Genere Tipologia del modello Definizione storica / commerciale Nome del modello Appartenenza Grado Qualifica Soggetto del personaggio / travestimento Finalità del costume / travestimento 70 70 100 100 100 70 70 70 100 100 QNT QUANTITÀ QNTN QNTC QNTS Numero Complementi Quantità non rilevata CRONOLOGIA DTZ CRONOLOGIA GENERICA DTZG DTZS Fascia cronologica di riferimento Frazione cronologica DTS CRONOLOGIA SPECIFICA DTSI DTSV DTSF DTSL DTM ADT Da Validità A Validità Motivazione cronologia Altre datazioni Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario * Voc si si si si si si si 25 100 2 Lung DT Obbl. * * OGT 38 Rip si Rip Obbl. Voc * * 50 25 * 15 4 15 4 250 250 (*) si si (*) si si * si si Lung AU Rip Obbl. Voc DEFINIZIONE CULTURALE AUT AUTORE/RESPONSABILITÀ AUTR NCUN AUTN Ruolo Codice univoco ICCD Autore/Nome scelto 50 8 150 AUTA AUTH AUTM AUTO Dati anagrafici/Periodo di attività Sigla per citazione Motivazione dell’attribuzione Modello di riferimento 100 8 50 250 ATB AMBITO SARTORIALE / PRODUZIONE ATBD ATBM AAT Denominazione Motivazione dell’attribuzione Altre Attribuzioni CMM COMMITTENTE / ACQUIRENTE CMMN CMMD CMMC CMMF Nome Data Circostanza Motivazione FRU FRUITORE FRUN FRUD FRUC FRUF Nome Data Circostanza Fonte si si (*) si (*) (*) (*) si (*) (*) si si 150 250 100 si si si 100 50 250 250 si (*) si si 100 50 100 100 (*) Scheda VeAC 3.01 Struttura dati 39 Lung MT DATI TECNICI MATERIA MTCF MTCT MTCA Fibra/ materia Tecnica Analisi 50 50 50 MTCC MTCD MTCN MTCP Colore Decorazione Tecnica di produzione Posizione 70 100 70 100 MTF FODERA/ STRUTTURA INTERNA MTFO MTFF MTFT MTFC MTFP Tipologia Fibra / Materia Tecnica Colore Posizione MII MISURE INGOMBRO MIIA MIIL MIIP Lunghezza totale massima Larghezza totale massima Profondità / Altezza MIS MISURE BASE MISR MISD MISS MISP MISV MISF MISO Lunghezza totale parte anteriore Lunghezza totale parte posteriore Larghezza dorso Circonferenza petto Circonferenza vita Circonferenza fianchi Circonferenza orlo MIM MISURA MANICHE MIMA MIML Lunghezza esterna / interna Larghezza massima / minima Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario Obbl. Voc * MTC 40 Rip si (*) (*) si si si 50 50 50 70 100 50 59 50 (*) (*) si si si 70 70 70 70 70 70 70 70 70 si Lung DA Obbl. Voc DATI ANALITICI / STRUTTURA SARTORIALE DES DESCRIZIONE DESO Oggetto STS STRUTTURA SEMPLICE STSU STSD Struttura oggetti bidimensionali Parte anteriore indumenti tridimensionali semplici Parte posteriore indumenti tridimensionali semplici STSV Rip SRC STRUTTURA COMPLESSA SRCR SRCV SRCI SRCD Parte superiore davanti abiti complessi Parte superiore retro abiti complessi Parte inferiore avanti abiti complessi Parte inferiore retro abiti complessi SRM STRUTTURA MANICA SRMT SRMS SRMF Tipologia manica Struttura manica Parte terminale manica 4000 250 250 250 250 250 250 250 250 250 250 si 250 250 250 250 250 250 250 500 si si SRE STRUTTURA ELEMENTI SREC SRET SREP SREA SREZ SREB SREM SREU Tipologia collo/ scollo Tipologia tasche Posizione tasche Tipologia chiusura/ allacciatura Posizione chiusura/ allacciatura Tipologia bottone Forma/ Materia/bottone Cuciture EDA ELEMENTI DECORATIVI E/O APPLICATI EDAT Tipologia 70 EDAM EDAC EDAV EDAP Materia / Colore Tecnica Motivi Posizione 70 70 70 250 si si (*) si si ➥ segue Scheda VeAC 3.01 Struttura dati 41 Lung ISR ISCRIZIONI ISRT ISRP ISRI Tipo di caratteri Posizione Trascrizione STM STEMMI, EMBLEMI, MARCHI STMC STMQ STMI STMP STMD NSC Classe di appartenenza Qualificazione Identificazione Posizione Descrizione Notizie storico-critiche CO CONSERVAZIONE STC STATO DI CONSERVAZIONE STCP STCD STCC STCS STCM Riferimento alla parte Data Stato di conservazione Indicazioni specifiche Modalità di conservazione RIADATTAMENTO/MODIFICA RIAD RIAP RIAM Data Riferimento alla parte Descrizione intervento 42 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario Obbl. Voc si 50 100 2000 si (*) si 50 50 100 100 500 5000 Lung RIA Rip (*) (*) Rip Obbl. si * * 500 25 50 500 500 * si 25 500 500 si si Voc si Lung RS Rip Voc RESTAURI RST RESTAURI RSTP RSTD RSTT Riferimento alla parte Data Descrizione intervento 500 25 250 RSTE RSTN RSTR RSTO Ente responsabile Nome operatore Ente finanziatore Note 250 250 250 1000 si si Lung Rip TU Obbl. si (*) CONDIZIONE GIURIDICA E VINCOLI ACQ ACQUISIZIONE ACQT ACQN ACQD ACQL Tipo acquisizione Nome Data acquisizione Luogo acquisizione CDG CONDIZIONE GIURIDICA CDGG CDGS CDGI Indicazione generica Indicazione specifica Indirizzo NVC PROVVEDIMENTI DI TUTELA NVCT NVCE NVCD NVCI Tipo provvedimento Estremi provvedimento Data notificazione Estremi provvedimento in itinere ALN MUTAMENTI POSSESSO/ DETENZIONE/CONDIZIONE MATERIALE ALNT ALND ALNN Tipo evento Data evento Note ESP ESPORTAZIONI ESPT ESPU ESPD Tipo licenza Ufficio Data emissione Obbl. Voc * 50 70 25 50 (*) si (*) * 50 250 250 * si si si z si 50 25 25 25 (*) si (*) si (*) (*) (*) si si si 25 25 250 si 50 25 25 Scheda VeAC 3.01 Struttura dati 43 Lung DO Rip FONTI E DOCUMENTI DI RIFERIMENTO DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA FTAX FTAP Genere Tipo 25 50 FTAA FTAD FTAE FTAC FTAN FTAT FTAF FTAS Autore Data Ente proprietario Collocazione Codice identificativo Note Formato Specifiche 50 25 250 50 25 250 25 250 DOCUMENTAZIONE GRAFICA DRAX DRAT DRAO DRAS DRAE DRAC DRAN DRAA DRAD Genere Tipo Note Scala Ente proprietario Collocazione Codice identificativo Autore Data VDC DOCUMENTAZIONE VIDEO-CINEMATOGRAFICA Voc * FTA DRA Obbl. si * * * si si * si 25 50 250 25 250 50 25 50 25 (*) (*) si si (*) si VDCX Genere 25 (*) si VDCP VDCR VDCD VDCE VDCA VDCC VDCN VDCT Tipo Autore Data Ente proprietario Titolo Collocazione Codice identificativo Note 50 50 25 250 50 50 25 250 (*) si (*) ➥ segue 44 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario Lung REG DOCUMENTAZIONE AUDIO REGX REGP REGA REGD REGE REGZ REGC REGN REGT Genere Tipo Autore Data Ente proprietario Titolo Collocazione Codice identificativo Note FNT FONTI E DOCUMENTI FNTX FNTP FNTA FNTT FNTD FNTF FNTN FNTS FNTI Genere Tipo Autore Denominazione Data Foglio/Carta Nome archivio Posizione Codice identificativo ADM ALTRA DOCUMENTAZIONE MULTIMEDIALE Rip Obbl. Voc (*) (*) si si si 25 50 50 25 250 250 50 25 250 (*) si 25 50 50 250 25 25 250 50 25 (*) (*) si si (*) (*) (*) (*) si ADMX ADMP Genere Tipo 25 50 ADMA ADMD ADME ADMC ADMN ADMT Autore Data Ente proprietario Collocazione Codice identificativo Note 50 25 250 50 25 250 (*) (*) si si (*) Scheda VeAC 3.01 Struttura dati 45 Lung BIB BIBLIOGRAFIA BIBX NCUN BIBA BIBD Genere Codice univoco ICCD Autore Anno di edizione 25 8 250 10 BIBH BIBN BIBI BIL Sigla per citazione V., pp., nn. V., tavv., figg. Citazione completa 8 50 50 500 BSE BIBLIOGRAFIA SU SUPPORTO ELETTRONICO BSEX BSES BSEA BSET BSEL BSEE BSED BSEN BSER BSEC BSEK BSEI Genere Tipo di supporto Autore/Curatore dell’opera Titolo dell’opera Luogo di edizione Editore/Produttore/Distributore Data di edizione Edizione Autore del contributo Titolo del contributo/parte componente Specifiche Indirizzo di rete MST MOSTRE MSTT MSTL MSTS Titolo Luogo, sede espositiva, data Specifiche 46 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario Rip Obbl. Voc (*) si si (*) (*) (*) si si 25 50 150 250 250 150 25 25 150 250 50 250 (*) si 500 500 500 si (*) (*) Lung AD Rip ACCESSO AI DATI ADS SPECIFICHE DI ACCESSO AI DATI ADSP ADSM ADSD Profilo di accesso Motivazione Indicazioni sulla data di scadenza Obbl. * * 1 70 25 Lung Rip * * si si Obbl. Voc CM COMPILAZIONE * CMP COMPILAZIONE * CMPD CMPN RSR FUR Data Nome Referente scientifico Funzionario responsabile RVM TRASCRIZIONE PER INFORMATIZZAZIONE RVMD RVMN RVME Data Nome Ente AGG AGGIORNAMENTO – REVISIONE AGGD AGGN AGGE Data Nome Ente 4 70 70 AGGR AGGF Referente scientifico Funzionario responsabile 70 70 ISP ISPEZIONI ISPD ISPN Data Funzionario responsabile 4 70 70 70 ANNOTAZIONI OSS Osservazioni * * si si si * 4 70 70 (*) (*) si (*) (*) (*) si si (*) si 4 70 Lung AN Voc (*) (*) Rip Obbl. Voc 5000 Scheda VeAC 3.01 Struttura dati 47 Strutturazione dei dati delle schede di catalogo Scheda VeAC Vestimenti antichi e contemporanei versione 3.01 Norme per la compilazione * CD - CODICI In questo paragrafo vengono forniti i dati che permettono di individuare la scheda negli archivi costituiti dalle Istituzioni preposte alla catalogazione e di risalire all’Ente che l’ha prodotta ed all’Ente che ha la competenza sul bene schedato. In particolare, il codice univoco serve da ‘chiave’ per identificare univocamente un bene a livello nazionale. La compilazione del paragrafo è obbligatoria. *TSK Tipo scheda Indicare la sigla che contraddistingue il modello di scheda previsto per il bene catalogato. La compilazione del campo è obbligatoria. Vocabolario chiuso VeAC [Vestimenti Antichi e Contemporanei] *LIR Livello ricerca Indicare la sigla che individua il livello di indagine effettuato nel processo catalografico: inventario (I), precatalogo (P), catalogo (C). La compilazione del campo è obbligatoria. Vocabolario chiuso I [Inventario] P [Precatalogo] C [Catalogo] *NCT CODICE UNIVOCO Indicare, in forma univoca, il codice di collegamento tra la scheda e il bene. Il codice univoco si genera dalla concatenazione dei due sottocampi Codice Regione (NCTR) e Numero catalogo generale (NCTN), che viene assegnato dall’ICCD, ed eventualmente del Suffisso numero catalogo generale (NCTS). La concatenazione dei tre sottocampi Codice Regione (NCTR), Numero di Catalogo generale (NCTN), e Suffisso del numero di catalogo generale (NCTS) (qualora ne ricorra la necessità) determina un valore univoco associato all’oggetto. La compilazione del campo è obbligatoria. *NCTR Codice Regione Indicare il numero di codice che individua la Regione in cui ha sede l’Ente competente sul bene catalogato. La compilazione del sottocampo è obbligatoria. Vocabolario chiuso Codici di Regione (v. Lista Codici Regioni) 50 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario *NCTN Numero catalogo generale Indicare il numero, composto da otto cifre, assegnato dall’ICCD a ciascuna scheda di catalogo, secondo l’ordine progressivo relativo ad una determinata Regione. La compilazione del sottocampo è obbligatoria. Vocabolario chiuso serie di numeri da 00000001 a 99999999 Es.: 00005438 NCTS Suffisso numero catalogo generale Codice costituito da lettera dell’alfabeto maiuscola. Questo sottocampo va utilizzato per l’eventuale riassestamento dei numeri di catalogo generale già assegnati, in occasione della revisione di schede di catalogo pregresse, quando sia necessario modificare le modalità di schedatura dei dati. Qualora più schede di catalogo pregresse vadano ricondotte ad un unico bene identificato come bene complesso, si deve creare ex novo una scheda di insieme, alla quale dovrà essere attribuito un numero di catalogo, necessario per identificare univocamente il bene complesso. La scheda di insieme del bene complesso conserverà lo stesso numero di catalogo generale già assegnato ad uno dei beni componenti, al quale numero andrà aggiunta la lettera dell’alfabeto ‘A’ (suffisso), da inserire in questo sottocampo. Qualora, invece, si debba ‘scomporre’ una scheda già utilizzata per catalogare impropriamente più beni, il numero di catalogo generale identificativo delle nuove schede elaborate per i singoli beni dovrà essere attribuito come segue: si utilizzerà per la scheda del singolo bene scelta convenzionalmente il numero di catalogo generale già attribuito alla scheda elaborata per catalogare insieme tutti i beni, mentre per le altre schede il numero di catalogo generale sarà costituito dal concatenamento del sottocampo NCTN (che resterà lo stesso della scheda preesistente) e di questo sottocampo NCTS, digitando per ogni scheda una lettera dell’alfabeto, in progressione (A, B, C, ecc.). Vocabolario chiuso lettere dell’alfabeto dalla A alla Z *ESC Ente schedatore Indicare in codice l’Ente che ha curato la compilazione della scheda. Per Soprintendenze e altri Istituti si utilizza il codice, facendolo precedere dalla lettera ‘S’ (fatta eccezione per ICCD e ICR, per i quali si deve indicare la sola sigla). Per le Regioni si utilizza il codice, facendolo precedere dalla lettera ‘R’; per le Province si utilizzano le sigle; per le Diocesi si utilizza il codice, facendolo precedere dalla lettera ‘D’; per i Comuni si utilizzano i codici ISTAT, facendoli precedere dalla lettera ‘C’. Nel caso di campagne di catalogazione condotte da soggetti privati a seguito di atto di concessione, il soggetto schedatore deve essere contrassegnato dalla lettera ‘C’ e dal numero di progetto indicato sulla Gazzetta Ufficiale, seguiti entro parentesi dal numero e anno della legge relativa. Scheda VeAC Norme per la compilazione 51 Per soggetti diversi da quelli evidenziati, i codici e le relative definizioni andranno concordati con l’ICCD. La compilazione del campo è obbligatoria. Vocabolario aperto Codici Enti (v. Lista Enti) con prefisso S Codici di Regione (v. Lista Regioni) con prefisso R Sigle delle Province (v. Lista Province) Codici delle Diocesi (v. Lista Diocesi) con prefisso D ecc. Es.: S08 [Soprintendenza per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico per le province di Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini] R08 [regione Emilia-Romagna] NA [provincia di Napoli] D576 [diocesi di Castellaneta] C9052021 [comune di Pienza] C3 (L. n. 84/1990) *ECP Ente competente Indicare in codice l’Ente sotto la cui competenza ricade la tutela o la delega alla tutela del bene catalogato. Per Soprintendenze e altri Istituti si utilizza il codice, facendolo precedere dalla lettera ‘S’ (fatta eccezione per ICCD e ICR, per i quali si deve indicare la sola sigla); per le Regioni si utilizza il codice, facendolo precedere dalla lettera ‘R’. Per soggetti diversi da quelli evidenziati, i codici e le relative definizioni andranno concordati con l’ICCD. La compilazione del campo è obbligatoria. Vocabolario aperto Codici Enti (v. Lista Enti) con prefisso S Codici di Regione (v. Lista Regioni) con prefisso R ecc. Es.: S08 [Soprintendenza per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico per le province di Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini] R08 [regione Emilia-Romagna] EPR 52 Ente proponente Indicare, per i beni di proprietà privata sottoposti a vincolo, l’Ente (Soprintendenze, Uffici Esportazione o altri Enti) che ha proposto il provvedimento amministrativo. Per Soprintendenze e altri Istituti si utilizza il codice, facendolo precedere dalla lettera S (fatta eccezione per ICCD e ICR, per i quali si deve indicare la sola sigla). Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario Es.: S08 [Soprintendenza per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico per le province di Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini] Nel caso di Ufficio Esportazione si usa la sigla UE seguita dal nome della città in cui ha sede l’ufficio stesso. Es.: UE Verona [Ufficio esportazione di Agrigento] UE Roma [Ufficio esportazione di Perugia] Scheda VeAC Norme per la compilazione 53 RV - RELAZIONI In questo paragrafo vengono date le informazioni che individuano la struttura del bene catalogato e che consentono quindi di porre in relazione il bene con altri beni della stessa o di diversa natura. È possibile analizzare in dettaglio un ‘bene complesso’, suddividendo l’analisi in più schede, tutte collegate alla principale. Le motivazioni delle relazioni selezionate, i cui dati sono registrati in questo paragrafo, potranno essere esplicitate nel campo DRZ-Specifiche relazionali del paragrafo DA-DATI ANALITICI. RVE STRUTTURA COMPLESSA Il campo struttura una relazione gerarchico-verticale del tipo ‘insieme-componenti’, che si crea se il bene complesso viene trattato come tale: la scheda viene a tal fine articolata in una scheda principale, cui si riferisce il numero di catalogo generale e che contiene le informazioni comuni al bene, e in schede derivate, aventi lo stesso numero di catalogo della principale, con le informazioni relative a ciascun componente del bene complesso. RVEL Livello Il sottocampo indica, in forma numerica, la posizione di ciascuna scheda all’interno del sistema relazionale definito dalla strutturazione complessa: • nel caso di scheda principale il sottocampo viene compilato sempre con valore 0 • nel caso delle schede derivate il sottocampo viene compilato con valori numerici progressivi 1, 2, 3 ecc. • nel caso di schede derivate da altre schede derivate, la numerazione rimanda al numero di livello attribuito alla scheda derivata cui si riferisce, seguito da un punto e quindi dal numero che indica il livello della scheda dipendente (2.1, 2.2, 2.3, ecc.) Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Es.: completo 0 soprabito 1 gonna 2 camicetta 3 RVER Codice bene radice Questo sottocampo va compilato solo nelle schede dei beni componenti. Indicare il codice univoco della scheda principale della gerarchia descrivente un oggetto complesso. La struttura di questo sottocampo è la stessa di ‘Codice univoco NCT’, ma i valori dei sottocampi NCTR, NCTN, NCTS vanno trascritti di seguito. Es.: 0200000378 1100002539A 54 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario RSE RELAZIONI DIRETTE Insieme di relazioni che indicano alcuni collegamenti privilegiati tra il bene catalogato ed altri beni catalogati di diversa natura. Vanno quindi registrati nei sottocampi che seguono il tipo di relazione (sottocampo RSER), il tipo di scheda con cui è stato catalogato il bene posto in rapporto con quello in esame (sottocampo RSET), il codice univoco di tale scheda (sottocampo RSEC). Il campo è ripetitivo. RSER Tipo relazione Indicare il tipo di relazione che intercorre tra il bene catalogato ed un altro bene di diversa natura, ovviamente anch’esso già catalogato. Il vocabolario si riferisce al bene con cui l’oggetto della scheda viene posto in rapporto. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Vocabolario chiuso luogo di collocazione/localizzazione sede di provenienza esecuzione/evento di riferimento sede di realizzazione Es.: - un museo costituisce attualmente il luogo di collocazione/localizzazione di un bene; - un palazzo (o un altro museo) costituisce la sede di provenienza di un bene, prima della sua attuale collocazione; - un avvenimento (catalogato come bene culturale) costituisce motivo di esecuzione/evento di riferimento per la realizzazione di un bene; - un edificio monumentale (ad es. l’edificio sede di una fabbrica) è sede di realizzazione di un bene; RSET Tipo scheda Indicare il tipo di scheda con cui è catalogato il bene posto in relazione con il bene in esame. Va indicata la sola sigla della scheda (la definizione fra parentesi quadre è per memoria del catalogatore). Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Vocabolario aperto A [Architettura] BDI [Bene Demoetnoantropologico Immateriale] BDM [Bene Demoetnoantropologico Materiale] CA [Complesso Archeologico] D [Disegno] F [Fotografia] MA [Monumento Archeologico] MI [Matrice d’Incisione] NU [Beni Numismatici] OA [Opera e oggetto d’Arte] OAC [Opere di Arte Contemporanea] Scheda VeAC Norme per la compilazione 55 PG [Parchi e Giardini] RA [Reperto Archeologico] S [Stampa] SI [SIto Archeologico] ecc. Es.: se in RSER si è optato per il primo esempio (luogo di collocazione/localizzazione), in RSET valorizzare A. RSEC Codice bene Indicare il codice univoco che individua il bene con cui il bene in esame è posto in relazione. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Es.: 1200003527 (nel caso in cui il bene sia individuato con i codici NCTRNCTN); 1200003527A (nel caso in cui il bene sia individuato con i codici NCTR-NCTN + NCTS); 1200003527-2 (nel caso di un bene componente, per il quale va indicato anche il valore del RVEL). ROZ Altre relazioni Campo ripetitivo che struttura le relazioni non definibili a priori tra beni di tipologie diverse, catalogati singolarmente e contrassegnati dunque da numeri di catalogo generale (NCT) differenti. Preso a riferimento un determinato bene, tutti gli altri beni che si intendono correlare fanno a loro volta riferimento all’NCT di quel bene che, a sua volta però, manterrà la connessione solo con se stesso. Tale numero deve essere inserito nel campo ROZ di tutti i beni da correlare. Il campo è ripetitivo. Es.: se il primo bene catalogato, di tre diverse schede correlate, ha il seguente Codice univoco: NCT NCTR: 12 NCTN: 00005432 il valore del campo ROZ sarà: 1200005432; gli stessi campi, per gli altri due beni correlati, saranno così definiti: NCT NCT NCTR: 12 NCTR: 12 NCTN: 00005433 NCTN: 00005441 ROZ: 1200005432 ROZ: 1200005432. Nel caso in cui si volesse creare una relazione non con un bene semplice, ma con un bene complesso, strutturato quindi in una scheda madre e n. schede figlie, nel ROZ andrà indicato: • nel caso in cui si voglia creare la relazione con la scheda madre, l’NCT con il valore del RVEL ‘0’, separati da un trattino: ROZ: 1200005432-0 (scheda madre); 56 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario • nel caso, invece, si voglia stabilire la relazione con una o più schede figlie, andrà indicato nel ROZ l’NCT con il valore del RVEL ‘1’, ‘2’, ‘3’, ecc., separati da un trattino: ROZ: 1200005432-1 (scheda figlia) ROZ: 1200005432-2 (scheda figlia) RSP Codice scheda pregressa Questo campo viene utilizzato nel corso di operazioni di revisione di schede pregresse. Quando schede pregresse, identificate ciascuna con il proprio codice univoco (NCT), descrivono beni componenti di un bene complesso e quindi, nella revisione, viene creata una struttura di bene complesso (con ‘scheda-madre’ e ‘schede-figlie’), in questo campo viene registrato, in ciascuna delle schede figlie, per conservarne memoria, il numero di catalogo pregresso (Codice univoco NCT, trascrivendo di seguito i valori dei sottocampi). Quando una scheda pregressa descrive più beni da trattare, invece, come oggetti semplici, e quindi da identificare nell’operazione di revisione ciascuno con il proprio codice univoco (NCT), in questo campo viene registrato in ciascuna nuova scheda il numero di catalogo della scheda pregressa. Il sottocampo è ripetitivo, nel caso si debbano registrare i codici di più schede. Es.: 1100002539 (NTCR 11 + NTCN 00002539) Scheda VeAC Norme per la compilazione 57 AC - ALTRI CODICI Il paragrafo va compilato nel caso in cui gli Enti schedatori abbiano l’esigenza di assegnare alle schede di catalogo un codice identificativo all’interno della propria banca dati, oppure nel caso in cui sia necessario evidenziare la presenza di schede di altro tipo (di vulnerabilità, di restauro, ecc.) contenute in altre banche dati, correlate alla scheda catalografica. ACC Altro codice Altro codice che identifica la stessa scheda di catalogo nell’ambito di un sistema locale, provinciale, regionale, ecc. Il codice identificativo (numerico o alfanumerico) dovrà essere seguito dalla specifica dell’ente cui si riferisce, separato da quest’ultimo da una barra. Il campo è ripetitivo. ACI Codice internazionale Numero di codice internazionale che identifica eventualmente il bene. ACS SCHEDE CORRELATE Informazioni sui codici identificativi di schede di altro tipo, correlate a quella catalografica. Il campo è ripetitivo. ACSE Ente Nome per esteso o in acronimo dell’Ente che ha prodotto la scheda. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Es.: ICR ACSC Codice Codice identificativo della scheda da correlare. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Es.: 14965 ACSS Specifiche Indicare in maniera non strutturata informazioni utili all’individuazione o alla specificazione della scheda che viene collegata a quella catalografica ICCD. 58 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario * LC – LOCALIZZAZIONE GEOGRAFICO-AMMINISTRATIVA In questo paragrafo vengono registrati i dati relativi alla localizzazione geografico-amministrativa del bene nel momento in cui viene compilata la scheda. La compilazione del paragrafo è obbligatoria. *PVC LOCALIZZAZIONE GEOGRAFICO – AMMINISTRATIVA ATTUALE Informazioni sulla localizzazione geografico-amministrativa del bene al momento in cui viene compilata la scheda, relativa al territorio italiano oppure ad organizzazioni amministrativo-territoriali di Paesi esteri. La compilazione del campo è obbligatoria. *PVCS Stato Indicare il nome dello Stato nel quale si trova il bene catalogato, secondo la lista alfabetica dei nomi dei Paesi secondo la Norma UNI-ISO 3166-1, 1997 (I). La compilazione del sottocampo è obbligatoria. Es.: Francia Italia Lussemburgo *PVCR Regione Indicare il nome della regione nella quale si trova il bene catalogato, secondo le denominazioni ufficiali delle regioni italiane (v. Lista Regioni). La compilazione del sottocampo è obbligatoria. Qualora il bene non si trovi in Italia, al momento della catalogazione valorizzare il campo con la dizione ‘non rilevabile’; in questo caso, verranno compilati i sottocampi Stato (PVCS) e Altra ripartizione amministrativa o località estera (PVCE). Es.: Toscana Lazio Sicilia non rilevabile *PVCP Provincia Indicare la sigla corrispondente alla provincia nella quale si trova il bene catalogato (v. Lista Province). La compilazione del sottocampo è obbligatoria. Qualora il bene non si trovi in Italia, al momento della catalogazione valorizzare il campo con ‘00’; in questo caso, verranno compilati i sottocampi Stato (PVCS) e Altra ripartizione amministrativa o località estera (PVCE). Es.: RM NA TN 00 Scheda VeAC Norme per la compilazione 59 *PVCC Comune Indicare il comune nel quale si trova il bene catalogato, senza abbreviazioni, secondo le denominazioni ISTAT dei comuni italiani. La compilazione del sottocampo è obbligatoria. Qualora il bene non si trovi in Italia, al momento della catalogazione valorizzare il campo con la dizione ‘non rilevabile’; in questo caso, verranno compilati i sottocampi Stato (PVCS) e Altra ripartizione amministrativa o località estera (PVCE). Es.: Reggio di Calabria Reggio nell’Emilia Pago del Vallo di Lauro San Giuliano Terme non rilevabile PVCL Località Indicare la località in cui è situato il bene catalogato, senza abbreviazioni, secondo le denominazioni delle località abitate dei fascicoli ISTAT. Es.: Ponticello PVCE Località estera Questo sottocampo, a testo libero, viene compilato in abbinamento al sottocampo Stato (PVCS) e in alternativa ai sottocampi PVCR, PVCP, PVCC, PVCL, quando il bene catalogato si trovi in località estera. Indicare se necessario le ripartizioni amministrative interne allo stato, seguite dal nome della località, utilizzando per quanto possibile le forme italianizzate. Qualora queste non esistano o siano cadute in disuso, si adotterà la lingua ufficiale dello stato di appartenenza, traslitterata se necessario. Es.: Parigi Mosca Amsterdam Westem States, Ibadan PVL Altra località Indicare eventuali altre denominazioni del luogo in cui si trova il bene catalogato, specificando tra parentesi la fonte utilizzata per l’individuazione del toponimo e, dopo una barra (‘/’), la sua datazione. Il campo può essere utilizzato anche per memorizzare il contenuto, presente in versioni precedenti della scheda, del sottocampo ‘PVCF-Frazione’ (le frazioni sono state soppresse dall’ISTAT in occasione del censimento 1991), facendo seguire al nome della località la specifica ‘frazione ISTAT’ fra parentesi tonde. Il campo è ripetitivo. Es.: Colle Curino (IGM/ 1949) Gramiccia (mappa catastale/ 1934) Zappolino (frazione ISTAT) 60 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario PVE Diocesi Indicare la diocesi nel cui territorio ricade il bene catalogato, secondo la denominazione ufficiale delle diocesi italiane (v. Lista Denominazioni Diocesi). Es: Latina-Terracina-Sezze LDC COLLOCAZIONE SPECIFICA Informazioni specifiche sulla collocazione del bene catalogato. I dati registrati nei campi LDCT ed LDCN devono coincidere con le informazioni inserite nella scheda relativa all’immobile contenitore, al fine di garantire il collegamento fra i due beni (contenuto/contenitore). La compilazione del campo è obbligatoria (va compilato almeno uno dei sottocampi). LDCT Tipologia Indicare la tipologia funzionale, architettonica o di destinazione del contenitore del bene catalogato. Vocabolario aperto abbazia biblioteca istituto museale istituto di credito istituto religioso istituto universitario palazzo ecc. LDCQ Qualificazione Aggettivo o locuzione che precisa, integra o caratterizza il contenitore dal punto di vista della condizione giuridico-amministrativa o funzionale. Vocabolario aperto LDCT LDCQ palazzo gentilizio ecc. LDCN Denominazione Indicare il nome proprio completo o la denominazione corrente o il titolo del contenitore, anche se comprende lo stesso termine usato nel precedente sottocampo Tipologia (LDCT). Per la denominazione degli edifici si farà riferimento, ove possibile, a fonti ufficiali (ad esempio gli Annuari Diocesani per gli edifici ecclesiastici). Es.: Palazzo Pitti Scheda VeAC Norme per la compilazione 61 LDCU Denominazione spazio viabilistico Dati riguardanti gli spazi viabilistici, pubblici o di uso pubblico, che consentono di individuare la collocazione dell’immobile contenitore. Il sottocampo dovrà contenere il nome della via o piazza e relativo numero civico, se esiste, oppure l’indicazione della progressione chilometrica nel caso di viabilità extraurbana. Es.: Piazza de’ Pitti, 1 LDCM Denominazione raccolta Nome ufficiale per esteso della raccolta o tipologia e denominazione della collezione. In caso di beni di proprietà privata va indicato il cognome ed il nome del proprietario, detentore o possessore, preceduto dalla dizione ‘collezione privata’. Es.: LDCN: Palazzo Pitti LDCM: Galleria del Costume LDCS Specifiche Informazioni peculiari sulla localizzazione dell’oggetto all’interno del contenitore. La descrizione deve procedere dal generale al particolare, indicando, prioritariamente, ove esista, la denominazione. Es.: primo piano - Sala V 62 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario LA - ALTRE LOCALIZZAZIONI GEOGRAFICO-AMMINISTRATIVE Informazioni relative a localizzazioni geografico-amministrative del bene diverse dall’attuale, registrata nel paragrafo LC, oltre ad eventuali informazioni che riguardano il luogo dove il bene è stato realizzato, il luogo dove è stato reperito, dove è stato esposto nel caso di opere recuperate, in asta ecc. Il paragrafo è ripetitivo e segue la stessa logica del paragrafo LC. TCL Tipo di localizzazione Indicare il tipo di localizzazione del bene che viene descritto nel paragrafo. Il campo presenta un’obbligatorietà di contesto. Vocabolario chiuso luogo di esecuzione/fabbricazione luogo di provenienza luogo di deposito luogo di esposizione PRV LOCALIZZAZIONE GEOGRAFICO-AMMINISTRATIVA Informazioni sulla localizzazione geografico-amministrativa, relativa al territorio italiano oppure ad organizzazioni amministrativo-territoriali di paesi esteri. PRVS Stato Indicare il nome dello Stato nel quale si trovava il bene, secondo la lista alfabetica dei nomi dei Paesi secondo la Norma UNI-ISO 3166-1, 1997 (I). Es.: Francia Italia Lussemburgo PRVR Regione Indicare il nome della regione nella quale si trovava il bene, secondo le denominazioni ufficiali delle regioni italiane (v. Lista Regioni). Es.: Toscana Lazio Sicilia PRVP Provincia Indicare la sigla corrispondente alla provincia nella quale si trovava il bene (v. Lista Province). Es.: RM NA TN Scheda VeAC Norme per la compilazione 63 PRVC Comune Indicare il comune nel quale si trovava il bene, senza abbreviazioni, secondo le denominazioni ISTAT dei comuni italiani. Per le aree bilingue si adotta la denominazione in lingua italiana. Es.: Reggio di Calabria Reggio nell’Emilia Pago del Vallo di Lauro San Giuliano Terme PRVL Località Indicare la località nella quale si trovava il bene, senza abbreviazioni, secondo le denominazioni delle località abitate dei fascicoli ISTAT. Es.: Ponticello PRVE Località estera Questo sottocampo, a testo libero, viene compilato in abbinamento al sottocampo Stato (PRVS) e in alternativa ai sottocampi PRVR, PRVP, PRVC, PRVL, quando il bene catalogato si trovi in località estera. Indicare se necessario le ripartizioni amministrative interne allo stato, seguite dal nome della località, utilizzando per quanto possibile le forme italianizzate. Qualora queste non esistano, o siano cadute in disuso, si adotterà la lingua ufficiale dello stato di appartenenza, traslitterata se necessario. Es.: Parigi Mosca Amsterdam Westem States, Ibadan PRL Altra località Indicare eventuali altri toponimi, specificando tra parentesi la fonte utilizzata per l’individuazione del toponimo e, dopo una barra (‘/’), la sua datazione. Il campo può essere utilizzato anche per memorizzare il contenuto, presente in versioni precedenti della scheda, del sottocampo ‘PRVF-Frazione’ (le frazioni sono state soppresse dall’ISTAT in occasione del censimento 1991), facendo seguire al nome della località la specifica ‘frazione ISTAT’ fra parentesi tonde. Il campo è ripetitivo. Es.: Colle Curino (IGM/ 1949) Gramiccia (mappa catastale/ 1934) Zappolino (frazione ISTAT) PRE 64 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario PRC Diocesi Indicare la diocesi, secondo la denominazione ufficiale delle diocesi italiane (v. Lista denominazioni Diocesi). Es: Latina-Terracina-Sezze COLLOCAZIONE SPECIFICA Informazioni specifiche sulla collocazione del bene catalogato. I dati registrati nei campi PRCT e PRCN devono coincidere con le informazioni inserite nella scheda relativa al bene contenitore. PRCT Tipologia Indicare la tipologia funzionale e/o architettonica del contenitore del bene catalogato. Vocabolario aperto abbazia biblioteca casa privata istituto di credito istituto museale istituto religioso istituto universitario palazzo ecc. PRCQ Qualificazione Aggettivo o locuzione che precisa, integra o caratterizza il contenitore dal punto di vista della condizione giuridico-amministrativa o funzionale. Vocabolario aperto Es.: LDCT palazzo LDCQ gentilizio PRCD Denominazione Indicare il nome proprio completo, o la denominazione corrente, o il titolo del contenitore, anche se comprende lo stesso termine usato nel precedente sottocampo Tipologia (PRCT). Per la denominazione degli edifici si farà riferimento, ove possibile, a fonti ufficiali (ad esempio gli Annuari Diocesani per gli edifici ecclesiastici). Es.: Palazzo Pitti Palazzo Vecchio Scheda VeAC Norme per la compilazione 65 PRCU Denominazione spazio viabilistico Dati riguardanti gli spazi viabilistici, pubblici o di uso pubblico, che consentono di individuare la collocazione dell’immobile contenitore. Il sottocampo dovrà contenere il nome della via o piazza e relativo numero civico, se esiste, oppure l’indicazione della progressione chilometrica nel caso di viabilità extraurbana. Es. Piazza Pitti Piazza della Signoria PRCM Denominazione raccolta Nome ufficiale per esteso della raccolta, o tipologia e denominazione della collezione. In caso di beni di proprietà privata va indicato il cognome ed il nome del proprietario, detentore o possessore, preceduto dalla dizione ‘collezione privata’. Es.: Collezione medicea PRCS Specifiche Informazioni peculiari sulla localizzazione del bene all’interno del contenitore. La descrizione deve procedere dal generale al particolare, indicando, prioritariamente, ove esista, la denominazione. Es.: Guardaroba PRD DATA Indicazioni cronologiche relative alla provenienza o al deposito del bene. Per la provenienza si specificheranno, quando possibile, gli estremi cronologici relativi ad ogni passaggio del bene. PRDI Data ingresso Data iniziale di presenza del bene nel luogo di provenienza o di deposito. La datazione può essere espressa in anni, in secoli o frazioni di secolo, eventualmente accompagnati, dopo una barra (‘/’), dalle precisazioni che seguono: ante post inizio fine metà prima metà seconda metà primo quarto secondo quarto terzo quarto ultimo quarto ca. 66 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario Es.: 1730/ante sec. XVIII/fine sec. XX/ante PRDU Data Uscita Data finale della presenza del bene nel luogo di provenienza. La datazione può essere espressa sia in anni che in secoli o frazioni di secolo, eventualmente seguiti, dopo una barra (‘/’), dalle seguenti precisazioni: ante post inizio fine metà prima metà seconda metà primo quarto secondo quarto terzo quarto ultimo quarto ca. Es.: 1632/post 1895/ca. Scheda VeAC Norme per la compilazione 67 UB – UBICAZIONE E DATI PATRIMONIALI Informazioni relative alla posizione patrimoniale del bene, all’inventario e alla stima, nonché all’appartenenza di un bene a una specifica collezione poi confluita all’interno di una raccolta. I campi relativi all’inventario e alla stima contengono i dati ‘amministrativi-patrimoniali’ del bene; il campo relativo alle collezioni contiene i dati ‘storico-culturali’ relativi alle collezioni delle quali ha fatto parte o fa ancora parte nell’ambito della raccolta attuale. INV INVENTARIO Informazioni relative all’inventario. Va riportato il numero di inventario del bene, eventualmente preceduto dal nome o dalla sigla del museo, Soprintendenza ecc.; nel caso di collezioni di proprietà privata il bene può essere individuato con il semplice numero progressivo, talvolta preceduto dalla sigla della collezione. Qualora nel tempo il bene sia stato inventariato più volte, è bene ripetere i dati (utilizzando la ripetitività del campo strutturato), riportando per primo l’inventario attuale seguito dagli inventari storici, in ordine cronologico dal più recente al più antico. Poiché ad un bene complesso con parti distinte, o con parti di reimpiego, oppure frammentato e successivamente ricomposto, possono essere stati attribuiti più numeri di inventario per le singole componenti, è necessario riportare tutti i numeri. In assenza del numero d’inventario, il bene può essere identificato con il numero del Registro cronologico di entrata (o del Registro d’ingresso). Il campo è ripetitivo. INVA Denominazione Indicare la denominazione dell’inventario. Es.: Inventario Corsini Inventario corrente INVD Data Riportare l’anno o l’arco cronologico di compilazione dell’inventario eventualmente seguita dalle seguenti precisazioni: ante, post, inizio, fine, metà, prima metà, seconda metà, ca. , secondo gli esempi indicati di seguito. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Es.: 2002 1900 ante 1900 post 1840 ca. XX sec., seconda metà 1950-1975 68 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario Nel caso di inventari in corso, si può indicare la sola data di inizio, seguita da un trattino. Es.: 1995INVC Collocazione Luogo in cui è conservato l’inventario, se diverso da quello della raccolta museale o dalla Soprintendenza di pertinenza; per le Soprintendenze e altri Istituti si utilizza la sigla corrispondente (v. Lista Enti). Es. : SBA NA INVN Numero Numero di inventario nella forma numerica o alfanumerica adottata dalla Soprintendenza o dal museo; nel caso di collezioni il numero può essere preceduto dalla sigla relativa. Nel caso di più numeri, questi vanno separati da una barra (‘/’). Qualora il numero si riferisca non all’inventario, ma al registro d’ingresso, va fatto precedere dalla dizione ‘Reg. Ingr.’; qualora il numero di riferisca al Registro cronologico d’entrata, va fatto precedere dalla sigla ‘RCE’. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Es.: 35.000 G 193 Reg. Ingr. 4693 RCE 800 20317/1 1452/A M.2002.12.124 INVP Riferimento alla parte Specificare, se utile nel caso di un bene complesso con parti distinte, o con parti di reimpiego, oppure frammentato e successivamente ricomposto, a quale parte del bene si riferisce il numero di inventario indicato nel campo INVN. STI STIMA Riportare le informazioni inerenti la stima del bene. La stima del bene risponde a specifiche esigenze delle Soprintendenze o dell’ente di pertinenza. Poiché il bene può subire nel tempo rivalutazioni o deprezzamento si possono riportare tutte le stime, dalla più recente alla più antica, preceduta dall’indicazione della valuta. Il campo è ripetitivo. STIS Stima Per i beni di proprietà statale e di altri enti pubblici la stima è proposta dall’Ente competente oppure può essere desunta dall’inventario o dal Registro cronologico d’entrata. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Scheda VeAC Norme per la compilazione 69 Es.: Euro 500,00 Lire 1.000.000 STID Data della stima Indicare l’anno della stima. Es.: 2002 STIM Motivo della stima Indicare il motivo della stima. Vocabolario aperto acquisto alienazione assicurazione compilazione dell’inventario generale donazione importazione premio di rinvenimento restauro ecc. 70 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario CS – LOCALIZZAZIONE CATASTALE Informazioni relative alla localizzazione del bene sulla base della ripartizione catastale nazionale. Il paragrafo è ripetitivo. CTL Tipo di localizzazione Indicare il tipo di localizzazione che viene descritto nel paragrafo. Il campo presenta un’obbligatorietà di contesto. Vocabolario chiuso luogo di esecuzione/fabbricazione CTS LOCALIZZAZIONE CATASTALE Indicazioni necessarie per identificare il luogo nell’ambito della ripartizione catastale. Il campo presenta un’obbligatorietà di contesto; si utilizza la ripetitività nel caso in cui l’area ricada nel territorio di più Comuni. CTSC Comune Indicare il nome del Comune a cui è intestato il foglio di mappa, riportato senza alcuna abbreviazione. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Es.: Allumiere CTSF Foglio/Data Indicare il numero del foglio di mappa catastale in cui ricadono la particella o le particelle. Nel caso in cui sia leggibile la data di formazione del foglio e/o quella di eventuali aggiornamenti, indicare la più recente separandola dal numero di foglio mediante una barra (‘/’). Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto ed è ripetitivo nel caso di più fogli catastali ricadenti in un medesimo Comune. Es.: 41 35/1947 CTSN Particelle Indicare il numero o la lettera che individua la particella catastale; se le particelle sono più di una, dividere i numeri e/o le lettere con una virgola. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto; si utilizza la ripetitività per registrare particelle che appartengono a fogli catastali diversi pertinenti ad un medesimo Comune: in questo caso indicare il numero del foglio e quindi, dopo una barra (‘/’), la/le particella/e (divise da una virgola quando sono più di una). Es.: 15 24, 25, 25, E 41/112, 113 Scheda VeAC Norme per la compilazione 71 GP – GEOREFERENZIAZIONE TRAMITE PUNTO In questo paragrafo vengono registrati i dati che permettono di georeferenziare il bene catalogato mediante la definizione di un punto, individuato da una coppia di coordinate agganciate al sistema di riferimento specificato. Il paragrafo è ripetitivo, in relazione alla possibilità di georeferenziare un bene con metodi e tecniche diverse, su basi differenti. GPL Tipo di localizzazione Indicare il tipo di localizzazione che viene descritto nel paragrafo. Il campo presenta un’obbligatorietà di contesto. Vocabolario chiuso localizzazione fisica luogo di esecuzione/fabbricazione GPD DESCRIZIONE DEL PUNTO Informazioni necessarie per la definizione del punto. Il campo presenta un’obbligatorietà di contesto. GPDP PUNTO Informazioni per la definizione del punto tramite coordinate agganciate al sistema di riferimento specificato nel campo GPP. Il campo presenta un’obbligatorietà di contesto. GPDPX Coordinata X Indicare la coordinata ‘x’ del punto. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Es.: 665789 GPDPY Coordinata Y Indicare la coordinata ‘y’ del punto. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Es.: 4321458 GPC 72 CARATTERISTICHE DEL PUNTO Indicazioni sulle caratteristiche del punto Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario GPCT Tipo Indicare, in forma libera, il tipo di punto che georeferenzia il bene catalogato, se si tratta cioè del punto che individua in modo preciso il luogo dove si trova il bene o il luogo dove il bene è stato prodotto. Es.: baricentro dell’area che rappresenta il luogo di produzione del bene GPCL Quota s.l.m. Indicare un valore di quota associato al punto. La quota, riferita al livello del mare, è espressa in metri; si possono utilizzare i decimali, separati da numero intero mediante una virgola. Nel caso di valori negativi e per i siti sommersi, premettere il segno ‘-’. Es.: 135,4 -5,5 GPM Metodo di georeferenziazione Indicare il metodo utilizzato per l’acquisizione del punto, se cioè sia stato individuato in modo esatto o approssimato. Il campo presenta un’obbligatorietà di contesto. Vocabolario chiuso punto esatto punto approssimato GPT Tecnica di georeferenziazione Indicare la tecnica utilizzata per l’acquisizione delle coordinate del punto. Il campo presenta un’obbligatorietà di contesto. Vocabolario chiuso rilievo tradizionale rilievo da cartografia con sopralluogo rilievo da cartografia senza sopralluogo rilievo da foto aerea con sopralluogo rilievo da foto aerea senza sopralluogo rilievo tramite GPS rilievo tramite punti d’appoggio fiduciari o trigonometrici stereofotogrammetria Scheda VeAC Norme per la compilazione 73 GPP Proiezione e sistema di riferimento Informazioni necessarie per individuare la proiezione ed il sistema di riferimento cui sono agganciate le coordinate del punto specificate nel campo Punto (GPDP). Il campo presenta un’obbligatorietà di contesto. Lista di valori UTM 32 UTM 33 GB1 GB2 GPB BASE DI RIFERIMENTO Informazioni necessarie per identificare la base cartografica impiegata per la georeferenziazione. Il campo presenta un’obbligatorietà di contesto. Nel caso in cui le coordinate vengano acquisite tramite GPS, quindi senza l’ausilio di una base cartografica, è possibile non rispettare le obbligatorietà richieste per questo campo. GPBB Descrizione sintetica Indicazioni che consentono di descrivere sinteticamente la base di riferimento utilizzata (l’ICCD fornirà indicazioni sulle modalità di descrizione delle basi cartografiche, in modo da renderle il più possibile omogenee). Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Es.: IGMI 144 INE CTR Toscana 1:10.000 GPBT Data Indicare la data di redazione della base cartografica utilizzata. Nel caso si tratti di una foto aerea, indicare la data della ripresa. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Es.: 1939 GPBO Note Eventuali informazioni che non è possibile inserire altrove: ulteriori indicazioni sulla base di riferimento o sul procedimento seguito per l’acquisizione del punto, ecc. 74 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario * OG – OGGETTO Il paragrafo contiene le informazioni essenziali per una immediata identificazione del bene catalogato. La compilazione del paragrafo è obbligatoria. *OGT OGGETTO Il campo contiene indicazioni che consentono la corretta e precisa individuazione, sia tipologica che terminologica, del bene catalogato (indicato sempre al singolare, ad eccezione dei casi in cui la definizione è convenzionalmente al plurale, oppure per paia di oggetti). La compilazione del campo è obbligatoria. *OGTD Definizione In questo campo si definiscono oggetti singoli (es: abito, pantaloni), parti superstiti di essi (es: manica), oggetti composti di più elementi (es: uniforme), insiemi di oggetti che formano un’unità (es: corredo). L’oggetto da schedare può essere completo - nel qual caso non si aggiunge nessuna specificazione - o incompleto, caso nel quale la specifica “incompleto” va aggiunta alla definizione. Esempio di un abito giunto privo di una manica o di un’uniforme priva di qualche pezzo: OGTD: abito incompleto, uniforme incompleta. La definizione coeva dell’oggetto trattato è da riportare nel campo specifico previsto “OGTS definizione storica/commerciale”. La compilazione del sottocampo è obbligatoria; per il vocabolario cfr. anche il lemmario. Vocabolario chiuso abito accappatoio bottone bretella bretelle busto calza calze calzoni camice camicia camicia da notte cappuccio cintura colletto collo combinazione completo copribusto copricostume corpino corredo corredino costume costume da bagno cravatta cuffia fascia fasce fibbia gabbia ghetta ghette giacca giarrettiera giarrettiere gilè giubba giubbone gonna grembiule livrea maglia manica maniche mantello mutande pagliaccetto pantaloni pettorina portinfante reggicalze reggiseno scialle sciarpa soprabito sopravveste sottabito sottogonna sottomarsina tuta uniforme velo vestaglia da camera Scheda VeAC Norme per la compilazione 75 OGTC Categoria Categoria di appartenenza dell’oggetto. Vocabolario aperto militare regale ecclesiastica costume storico costume di costume di travestimento costume di ente costume di associazione costume di ordine cavalleresco o civile costume di confraternita costume teatrale costume cinematografico costume di bambola costume di statua costume di statuina costume di manichino costume di marionette sportiva costume popolare costume tradizionale intimo ecc. L’abbigliamento di corte rientra nella definizione di “civile”; la specificazione “di corte” si inserisce in questo caso in “OGTF funzione/occasione”. Si definisce “regale” l’abbigliamento o le parti di abbigliamento di un sovrano usato per cerimonie di incoronazione o per occasioni ufficiali documentate. Si definisce “costume storico” o “di travestimento” la categoria di un costume confezionato per fini di rievocazione storica (giostra, torneo, palio di Siena, ecc.). La definizione della categoria “ente, associazione, ordine cavalleresco o civile, confraternita” riguarda le uniformi di enti e associazioni diverse, che possono essere paramilitari, ricreative, sportive o altro. “Sportiva” è la categoria di un capo di abbigliamento nato per uno sport particolare (es: tuta da sci), che non viene usato nell’abbigliamento civile; dopo la definizione “sportiva”, va specificato quindi il tipo di sport (es. calzoni da equitazione). Da non confondere con capi confezionati per un uso genericamente ‘sportivo’ o piuttosto ricreativo (es: calzoni alla zuava). La categoria “popolare/tradizionale” viene applicata agli abiti tipici di alcune aree geografiche. “Intimo” è ovviamente l’abbigliamento indossato sotto i capi esterni e che non appare alla vista se non per parti minime o in casi particolari (es. mutande, reggiseno, reggicalze, ecc.) OGTE Componenti esistenti Viene specificato il numero delle componenti esistenti, quando l’oggetto non è costituito da un unico pezzo, seguito dalla specifica delle stesse. Esempi nella figura seguente: 76 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario 2 pezzi: corpino, gonna 3 pezzi: giacca, gilè, pantaloni OGTF Funzione/occasione Indicare la funzione dell’oggetto o l’occasione. Vocabolario aperto da ballo da battesimo da casa da cerimonia da cocktail di corte da corteo da cresima/prima comunione da festa estivo da equitazione funebre da giorno da gravidanza da lavoro da letto da lutto invernale da mattino da montagna da nascita da notte da nozze da ordinazione religiosa da parata da passeggio da pomeriggio da professione da ricreazione da sera da spiaggia da viaggio da visita ecc. Per le uniformi: di gala d’ordinanza da campo da campagna OGTG Genere Indicare il genere dell’oggetto. Per quanto riguarda la definizione “infantile”, questa va associata all’indicazione maschile/femminile; quella di “animale” è da riferirsi ad esemplari che possono trovarsi in collezioni di costumi indumenti storici, utilizzati per animali come, per esempio, scimmiette. Scheda VeAC Norme per la compilazione 77 Vocabolario aperto maschile femminile infantile unisex animale ecc. OGTT Tipologia del modello Il campo va utilizzato per definire tutte le caratteristiche formali del modello – scelte soprattutto fra le tipologie dei secoli XIX e XX e alcune del secolo XVIII - che ne permettono l’individuazione immediata. Per gli altri periodi storici, come i rari abiti dei secoli XVI e XVII, che non trovano riscontro nelle tipologie individuate, il campo non va compilato. Il campo quindi non è obbligatorio. Per le tipologie si vedano i termini contenuti nel lemmario, che definiscono un vocabolario aperto, alle voci: abito, bottone, busto, calza/calze, calzoni, camicia, camicia da notte, cintura, collo/colletto, completo, corpino, costume da bagno, gabbia, giacca, gilè, gonna, maglia, manica, mantello, mutande, pantaloni, pettorina, reggiseno, scialle, sciarpa, soprabito, sopravveste, sottabito, sottogonna, velo, vestaglia da camera. Alla definizione della tipologia si fa seguire, per pantaloni, camicie e maniche, la specificazione della lunghezza; ugualmente per indumenti femminili, per gli abiti, soprabiti, sottabiti, pantaloni, gonne, sottogonne soprabiti, mantelli -non per altrisi definisce la lunghezza, che può essere: cortissima, quando la lunghezza arriva appena sotto l’inguine 78 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario corta, quando la lunghezza al ginocchio lunga, quando la lunghezza arriva dal ginocchio a terra, specificando il punto di arrivo con strascico Esempi: OGTD: abito OGTF: da sera OGTG: femminile OGTT: a crinolina, lungo sotto il polpaccio OGTD: sopravveste OGTF: da corte OGTG: femminile OGTT: mantò con strascico OGTD: giacca OGTF: da cresima/prima comunione OGTG: infantile, maschile OGTT: doppiopetto OGTS Definizione storica/commerciale Il campo deve essere riempito solo quando c’è certezza assoluta del termine storico o commerciale che qualifica l’oggetto. La certezza viene data da documenti o fonti che riguardano specificamente l’oggetto analizzato. Esempi di denominazioni storiche: robe à la polonaise, bautta, pellegrina, pigiamapalazzo, pelisse, ecc.; di denominazione commerciale: bomber, hot pants, shorts, parka, perfecto, ecc. Si vedano i termini contenuti nel lemmario –campo OGTS- che definiscono la base di un vocabolario aperto. OGTN Nome del modello Il campo riguarda solo i modelli del XX secolo o contemporanei; va riempito solo quando si conosce precisamente, in modo documentato, il nome assegnato al modello durante la sfilata. OGTA Appartenenza I campi OGTA, OGTR, OGTQ vanno riempiti, quando possibile, in successione, in presenza di livree, uniformi, civili, militari o anche di ordini monastici o di associazioni varie, indicando, nell’ordine, il corpo/ordine/associazione/casata di appartenenza, il grado e/o la qualifica. Es.: OGTD: uniforme; OGTA: Banda Musicale del Comune di Montalto; OGTQ: trombettiere. OGTD: uniforme; OGTA: Arma dei Carabinieri; OGTR: generale. OGTD: livrea; OGTA: Casa Rucellai; OGTQ: staffiere. Scheda VeAC Norme per la compilazione 79 OGTR Grado Si vedano le indicazioni riportate al campo OGTA. OGTQ Qualifica Si vedano le indicazioni riportate al campo OGTA. OGTV Soggetto/personaggio del travestimento Riguarda gli oggetti definiti come costumi. Si definisce il periodo storico o più specificamente, quando è riconoscibile o noto, il personaggio storico o d’invenzione per cui il capo d’abbigliamento è stato confezionato. Es.: Rinascimento, antico Egitto, Medea, Madonna, Peter Pan, cavaliere medievale, farfalla, ecc. OGTL Finalità del travestimento Indicare la finalità del travestimento, individuata fra le seguenti. Vocabolario aperto carnevale festa in maschera festa religiosa festa popolare giostra rievocazione storica spettacolo teatrale spettacolo cinematografico ecc. QNT QUANTITÀ Quantità degli esemplari, quando il loro numero sia diverso da 1, per oggetti uguali (trattati al singolare nel campo OGTD) o di tipo seriale. QNTN Quantità esemplari Il campo deve essere compilato con l’indicazione del numero degli esemplari esistenti solo quando l’oggetto fa parte di una serie di cui si posseggono esemplari uguali, come nel caso di uniformi militari o civili e di un prodotto di serie industriale o di un identico oggetto realizzato in più esemplari, come nel caso di corredi nuziali o neonatali. QNTC Complementi I complementi sono in genere accessori confezionati insieme al capo, spesso per una circostanza precisa. Possono essere costruiti con gli stessi materiali del capo, ma non necessariamente. Possono essere scarpe, cinture, acconciature, guanti, manicotti, borsette, veli, altro. Es.: OGTD: abito; OGTF: da nozze; QNTC: velo, scarpe, guanti, bouquet. 80 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario QNTS Quantità non rilevata Sigla NR (quantità Non rilevata) indicante che il numero dei pezzi è maggiore di uno, ma non è stata rilevata per motivi pratici l’esatta quantità. Questo caso può presentarsi nella fase di revisione delle schede cartacee già compilate. Vocabolario chiuso NR Scheda VeAC Norme per la compilazione 81 * DT – CRONOLOGIA Informazioni sugli estremi cronologici del bene catalogato, nella forma più precisa possibile. La compilazione del paragrafo è obbligatoria. *DTZ CRONOLOGIA GENERICA Indicazione della fascia cronologica di riferimento. La compilazione del campo è obbligatoria. *DTZG Fascia cronologica di riferimento Indicare la fascia cronologica di riferimento, o il secolo/i in numeri romani. È preferibile utilizzare un’espressione numerica. Se non si può specificare la fascia cronologica con un’espressione univoca, è possibile utilizzare più definizioni separate da un trattino. La compilazione del sottocampo è obbligatoria. Es.: sec. XIX DTZS Frazione cronologica Specifiche che permettono di circoscrivere maggiormente la fascia cronologica. Quando è possibile indicare gli estremi cronologici precisi nel campo Cronologia specifica (DTS), non è necessario compilare questo sottocampo. Vocabolario chiuso inizio fine metà prima metà seconda metà primo quarto secondo quarto terzo quarto ultimo quarto fine/inizio DTS CRONOLOGIA SPECIFICA Datazione specifica in anni, eventualmente anche a cavallo di secoli. Nel caso in cui la data sia un anno preciso, si compilano i due sottocampi “DTSI da” e "DTSF a” con lo stesso valore. Qualora si conosca solo il termine ante quem o post quem si compilerà solo il primo dei due sottocampi. DTSI Da Indicazione in anni della data iniziale del bene. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Es.: 1701 82 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario DTSV Validità Precisazioni relative alla data iniziale. Vocabolario chiuso ante post ca. (?) DTSF A Indicazione in anni della data finale del bene. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Es.: 1835 DTSL Validità Precisazioni relative alla data finale. Vocabolario chiuso ante post ca. (?) *DTM Motivazione cronologia Indicare le motivazioni della datazione proposta. Il campo è ripetitivo e la sua compilazione è obbligatoria. Vocabolario chiuso analisi stilistica analisi storica arme bibliografia ADT bollo contesto data documentazione foggia sartoriale iscrizione tradizione orale Altre datazioni Datazioni superate, alternative o tradizionali. Il campo è ripetitivo. La data può essere espressa sia in anni che in secoli o frazioni di secolo, eventualmente seguiti dalle seguenti precisazioni. ante post inizio fine metà prima metà Scheda VeAC Norme per la compilazione 83 seconda metà primo quarto secondo quarto terzo quarto ultimo quarto ca. 84 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario AU – DEFINIZIONE CULTURALE Informazioni che consentono di collocare il bene nel contesto culturale e di produzione. AUT AUTORE/RESPONSABILITA’ Dati relativi all’autore (singolo o ente collettivo) del bene catalogato oppure, se l’autore non è noto, alla cerchia cui esso è riferibile. Nel caso di più attribuzioni si riporterà quella maggiormente accreditata o convincente, registrando le altre nel campo “AAT Altre attribuzioni” Per quanto riguarda le norme di dettaglio per la compilazione dei sottocampi si rimanda a Strutturazione dei dati delle schede di catalogo. Archivio controllato Autore/Bibliografia. Il campo è ripetitivo, per poter registrare i dati relativi a più autori (persone singole o enti collettivi) eventualmente coinvolti, con ruoli diversi, nella realizzazione del bene. AUTR Ruolo Informazione che indica la natura dell’intervento o il ruolo svolto dall’autore nella realizzazione del bene catalogato. Vocabolario chiuso disegnatore esecutore sartoriale ideatore del modello NCUN Codice univoco ICCD Indicare il numero di codice che individua la scheda relativa all’autore (singolo o ente collettivo) in modo univoco a livello nazionale; il numero è assegnato dall’ICCD. AUTN Autore/nome scelto Indicare il nome dell’autore, nella forma ‘cognome nome’. Il nome può eventualmente essere seguito dall’aggettivo sostantivato e/o da ‘detto’ e quindi, se esistente, dallo pseudonimo e/o sigla. Per i patronimici e i nomi convenzionali si adotta la forma piana; in caso di ambiguità indicare la forma più nota utilizzata nei repertori e nella bibliografia più recente. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Es.: Lagerfeld Karl Otto AUTA Dati anagrafici/Periodo di attività Indicare la data di nascita e la data di morte o il periodo noto di attività. Quando non sia possibile rilevare alcun dato anagrafico, si riporterà la cronologia del bene catalogato. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Es.: 1897/1982 Scheda VeAC Norme per la compilazione 85 AUTH Sigla per citazione Indicare il codice univoco, costituito da un numero di otto cifre, che individua la scheda relativa all’autore nell’ambito di un archivio locale; il numero è assegnato a cura dell’Ente schedatore ed ha valenza esclusivamente locale. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Es.: 00000123 AUTM Motivazione dell’attribuzione Indicazione della fonte dell’attribuzione. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto e può essere ripetitivo se si vogliono dare più motivazioni per l’attribuzione. Vocabolario aperto etichetta fonti documentarie fotografie tradizione orale analisi stilistica analisi di lavorazione ecc. Es.: AUTN: Lagerfeld Karl Otto; AUTA: 1938/ ; AUTR: ideatore; AUTM: fonti documentarie: “Vogue” 1999, n. 10, p. 57 AUTO Modello di riferimento Il campo viene riempito nel caso in cui il capo sia una copia di un modello originale di cui si ha conoscenza. In questo caso se ne cita la fonte. Es.: AUTN: Ombretta; AUTR: esecutore sartoriale; AUTM: etichetta; AUTO: Coll. Dior primavera-estate, 1998, in “Vogue” febbraio 1999, n. 2, p. 15 ATB AMBITO SARTORIALE/PRODUZIONE Indicazioni di carattere generale riguardo al contesto sartoriale (oppure alla manifattura, alla maestranza, ecc.) a cui può essere ricondotta la realizzazione del bene catalogato. Il presente campo è da valorizzare in alternativa al campo “AUT Autore”, oppure può essere considerato integrativo rispetto a quest’ultimo, quando si tratta di opera alla cui realizzazione hanno concorso più soggetti. Il campo è ripetitivo nel caso di opere riferibili in parte a un contesto sartoriale, in parte ad altro contesto. ATBD Denominazione Indicazione dell’ambito culturale cui può essere riferita la realizzazione dell’opera. Si riporta il nome della ditta produttrice oppure la manifattura, seguita dall’ambito 86 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario nazionale o regionale in cui l’oggetto è stato lavorato. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Es.: Christian Dior manifattura torinese ATBM Motivazione dell’attribuzione Indicazione della fonte dell’attribuzione. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto e può essere ripetitivo se si vogliono dare più motivazioni per l’attribuzione. Vocabolario aperto fonti archivistiche tradizione orale stampa coeva analisi stilistica analisi di lavorazione ecc. AAT Altre attribuzioni Indicazioni relative ad attribuzioni vecchie, alternative o tradizionali. Il campo è ripetitivo per registrare diverse attribuzioni. Per la sua compilazione si veda il campo “AUT Autore”, sottocampo “AUTN Nome” o il campo “ATB Ambito culturale”, sottocampo “ATBD Denominazione” a seconda del caso. Es.: Yves Saint Laurent manifattura tedesca CMM COMMITTENTE/ ACQUIRENTE Il campo, con i relativi sottocampi è da valorizzare solo nel caso l’acquirente o il committente del capo sia diverso da colui che l’ha indossato o per il quale era destinato. È il caso di abiti infantili o di doni. Tali notizie sono di solito ricavate da memorie famigliari orali o scritte, cui si farà riferimento nel sottocampo CMMF. Il caso consueto è quello in cui l’acquirente/committente del capo si identifica con colui che l’ha indossato: le notizie relative valorizzano allora il solo campo FRU. Il campo è ripetitivo. CMMN Nome Nome del committente/acquirente. Il sottocampo è ripetitivo e presenta un’obbligatorietà di contesto. CMMD Data Indicazione cronologica relativa alla commissione/acquisto. Scheda VeAC Norme per la compilazione 87 CMMC Circostanza Circostanza in occasione della quale il capo è stato commissionato o acquistato. CMMF Motivazione Fonte delle notizie date. Il sottocampo è ripetitivo. FRU Fruitore Notizie relative delle persone che hanno o effettivamente indossato il capo oggetto di catalogazione, sia perché ad esse destinato sia perché, ad esse pervenuto, hanno potuto riadattarlo a loro nuove esigenze. Nel caso, consueto, in cui l’acquirente/committente del capo si identifichi con colui che l’ha indossato si valorizza solo il presente campo tralasciando il campo CMM. Il campo è ripetitivo. FRUN Nome Nome del fruitore. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. FRUD Data Indicazione cronologica relativa all’utilizzo del capo. FRUC Circostanza Circostanza in cui l’abito è stato indossato FRUF Fonte Fonte delle notizie date. Esempi CMM-FRU: OGTD: completo; OGTC: civile; OGTE: 3 pezzi: portainfante, camicia, cuffia; OGTF: Battesimo; OGTG: infantile; ATBD: manifattura bolognese; ATBM: informazioni orali del donatore, Giorgio Sgaravatti; CMMN: Sig.ra Letizia Sgaravatti; CMMD: 1901; CMMC: battesimo del figlio; CMMF: informazione orale del nipote Giorgio Sgaravatti; FRUN: Paolo Sgaravatti; FRUD: 06/02/1902; FRUC: Battesimo; FRUF: informazione del donatore Sig. Giorgio Sgaravatti. OGTD: abito; OGTT: a crinolina; OGTC: civile; OGTF: ballo; OGTG: femminile; DTZG: sec. XIX; DTZS: terzo quarto; DTSI: 1855; DTSF: 1860; DTM: foggia sartoriale; ATBD: manifattura italiana; ATBM: caratteristiche sartoriali; CMMN: Sig.ra Letizia Caproni; CMMD: 08/05/1856; CMMC: ballo da debuttante; CMMF: “L’eco di Treviso”, anno 1856, n. 33, p. 4; FRUN: Sig.ra Paola Caproni Fiorilli; FRUD: 15/09/1898; FRUC: ballo in maschera; FRUF: diario della Sig.ra Paola Caproni Fiorilli. 88 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario * MT – DATI TECNICI Informazioni relative agli aspetti materici e tecnici del bene in esame. La compilazione del paragrafo è obbligatoria. MTC Materia Un oggetto d’abbigliamento può essere costituito da molte materie; si prendono in considerazione le due o al massimo tre materie impiegate in modo significativo, ripetendo i campi. La materia di singoli particolari va invece specificata nell’ambito della descrizione della “Struttura sartoriale”, quando è significativa. Il campo è pertanto ripetitivo. MTCF Fibra/materia Indicazione del tipo di materia usata. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Vocabolario aperto lana lino cotone canapa seta fibre artificiali [viscosa] fibre sintetiche [definizioni più specifiche solo se si conoscono con certezza, di solito attraverso le etichette presenti sul capo] metallo paglia pelle pelliccia piume plastica vetro ecc. MTCT Tecnica Indicazione della tecnica usata. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Es.: tessuto, merletto, feltro, maglia, uncinetto, intreccio, filet, altro MTCA Analisi Viene indicata la definizione tecnica completa dei tessuti, secondo le norme fornite dal C.I.E.T.A., o dei merletti, soltanto se si è in grado di individuarla con esattezza e se si tratta di oggetti particolarmente significativi. Negli altri casi o in situazione di impossibilità o incertezza si deve distinguere semplicemente fra tessuto unito (specificando eventualmente “tela o taffetas, saia, raso, garza, velluto”) e tessuto operato. In questo caso si può eventualmente specificare anche il tipo di intreccio di fondo (es. raso operato). Per i merletti si distingue fra quelli manuali e quelli meccanici. Per quelli manuali definire possibilmente se realizzati ad ago o a fuselli o altre tecniche (es. merletto meccanico; merletto a mano a fuselli). Per la maglia distinguere se lavorata a mano o a macchina e definire le principali tipologie. Scheda VeAC Norme per la compilazione 89 Es.: MTCF: seta; MTCT: tessuto; MTCA: raso operato MTCF: cotone; MTCT: tessuto; MTCA: velluto unito MTCF: lana; MTCT: maglia; MTCA: a macchina, rasata MTCC Colore In questo campo viene specificato il colore dominante, di solito quello del fondo del tessuto, o quello risultante dall’intreccio. In un tessuto operato con più colori, questi vengono elencati in ordine di importanza, specificando prima il colore di fondo, poi quello dei motivi se in numero limitato; se invece sono numerosi si utilizza la definizione “policromo”. Es.: fondo azzurro, motivo policromo rosso granato fondo verde a righe bianche e gialle fondo blu, a pois rosa MTCD Decorazione Riguarda i motivi del tessuto, o della materia strutturale dell’oggetto, non quelli delle decorazioni aggiunte. Si individuano nell’ordine: la tipologia generale della decorazione, quindi se naturalistica o astratta, il soggetto del motivo, la disposizione. Per le tipologie si usano le seguenti categorie: floreale/vegetale, geometrica/astratta, animale, figurata, ad oggetti, araldica. Quando la decorazione è doppia, cioè si staglia su di un fondo con un altro motivo, si descrive prima la decorazione del fondo, poi quella del motivo vero e proprio. Generalmente i fondi hanno piccoli decori di gusto geometrico o astratto. Es: fondo a decorazione geometrica a piccoli motivi seminati; motivo floreale naturalistico, con cestini con fiori, disposti a meandro. MTCN Tecnica decorazione Deve essere indicata la tecnica usata per la decorazione. Fra le più comuni individuabili: tessitura a mano, tessitura meccanica, stampa, tintura, impressione, batik, finissaggio, altro. Es.: 90 es. 1: MTCF seta MTCT tessuto MTCA raso operato MTCD floreale stilizzata es. 2: cotone tessuto velluto unito a peonie e garofani Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario MTCN MTCP tessitura corpino meccanica e gonna sopragonna, colletto, paramani MTCP Posizione decorazione Si specifica la posizione sull’oggetto dei motivi quando sono piazzati in posizioni particolari, come accade per esempio in completi maschili del secolo XVIII. Es: MTCF: seta; MTCT: taffetas broccato; MTCC: fondo rosa carico, motivi policromi; MTVD: floreale stilizzata; MTVT: tessitura a mano; MTVP: lungo l’apertura anteriore, lo scollo, i paramani, le patte delle tasche. MTF Fodere/strutture interne Il campo è ripetitivo in caso il capo presenti diverse tipologie di fodere o strutture interne. MTFO Tipologia Indicare le tipologie della fodera/struttura interna; nel caso di stecche, specificare di seguito il numero. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Vocabolario aperto fodera imbottitura teletta stecche, 2. ecc. MTFF Fibra/Materia Indicare i tessuti costitutivi delle fodere (per il vocabolario aperto cfr. campo MTCF) e i materiali delle strutture interne, se sono visibili e riconoscibili. MTFT Tecnica Le norme di riferimento per la compilazione sono le stesse del campo MTCN. MTFC Colore Le norme di riferimento per la compilazione sono le stesse del campo MTCC. MTFP Posizione Indicare la posizione della fodera, se è parziale; delle varie fodere, quando la foderatura è costituita da tessuti diversi. Deve essere indicata anche la posizione delle strutture interne. Es.: MTFO fodera fodera fodera stecche MTFF lino seta lino o canapa balena MTFT tela raso tela MTFC bianco azzurro naturale MTFP al corpino alle maniche al busto 6 davanti, 4 dietro Scheda VeAC Norme per la compilazione 91 MII MISURE INGOMBRO Le misure ingombro determinano l’ingombro per l’immagazzinaggio. In pratica, si possono considerare le coordinate ortogonali dell’oggetto. Per molti tipi di oggetti bidimensionali come scialli, sciarpe, calze, reggicalze ecc., le misure di ingombro si identificano con le misure base (MIS), i cui campi non vengono quindi compilati. MIIA Lunghezza totale massima La misura si calcola ad indumento disteso, in verticale fra i punti più distanti. Per calzamaglie e collant, spesso privi della forma del piede, si calcola dal punto vita alla punta del piede disteso. Per calze, calzini, calzettoni, invece, che meglio seguono la linea anatomica, la lunghezza massima viene calcolata dal bordo superiore al tallone. Esempi di rilevamento nelle figure seguenti: 92 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario Scheda VeAC Norme per la compilazione 93 MIIL Larghezza totale massima In orizzontale nel punto più largo. a) Per abiti interi, capispalla, soprabiti: la misura corrisponde spesso al punto sotto le ascelle. Vanno calcolate anche le maniche distese a piatto. Nel caso di abiti con la gonna larga, la misura si calcola evidentemente all’orlo. b) Per i calzoni: si misura il punto più largo che corrisponde in genere ai fianchi. c) Per busti steccati tridimensionali (spesso costituiti da due metà): si misura la circonferenza petto di una metà del busto. d) Per calze, calzini, calzettoni: la misura corrisponde alla lunghezza del piede. Esempi di rilevamento nelle figure seguenti: 94 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario Scheda VeAC Norme per la compilazione 95 MIIP Profondità/altezza La misura viene fornita nel caso di oggetti rigidi e tridimensionali (busti, steccati rigidi, accessori). MIS MISURE BASE Le misure base individuano l’oggetto e la conformazione fisica del proprietario. Sono fondamentali per l’allestimento museale, per individuare i tipi di supporti necessari per l’esposizione. MISR Lunghezza totale parte anteriore Per abiti interi, capispalla, soprabiti, busti: a) dalla spalla in verticale fino al fondo. Se è presente un taglio orizzontale che determina la vita (anche se si posiziona sotto il seno o sui fianchi) fornire la misura dalla spalla al taglio, quindi quella totale. Esempi nelle figure seguenti: 96 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario b) dallo scollo nel centro davanti in verticale fino al fondo. Se è presente un taglio orizzontale procedere come sopra. In presenza di un colletto montante che aumenta la lunghezza dell’oggetto, aggiungere l’altezza del colletto (o solino o cinturino), specificandola. In caso di cappuccio si prende la misura sull’oggetto steso a piatto e schiacciato a metà: si aggiunge all’altezza dell’oggetto la misura presa dall’attaccatura al collo al punto più alto sopra la testa. Esempi nelle figure seguenti: Scheda VeAC Norme per la compilazione 97 Per calzoni e gonne: sul fianco, dalla vita all’orlo in fondo 98 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario MISD Lunghezza totale parte posteriore Per abiti interi, capispalla, soprabiti: a) dalla spalla in verticale fino al fondo o dalla spalla al taglio orizzontale, al fondo, come per MISR punto a). b) dallo scollo nel centro dietro in verticale fino al fondo, come per MIBR punto b). Scheda VeAC Norme per la compilazione 99 Per abiti e gonne con strascico: • dal centro del collo all’orlo in verticale • dal mezzo del punto vita dietro all’orlo in fondo 100 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario MISS Larghezza dorso Si misura la distanza degli scalfi posteriori della manica presa al centro degli stessi. Corrisponde in genere a cm 10 sotto la nuca. Esempi nelle figure seguenti: MISP Circonferenza petto Tutte le misure che individuano circonferenze dell’oggetto vengono prese all’esterno. Possono essere prese ad oggetto a piatto e quindi raddoppiate. Vengono prese anche all’interno dell’indumento quando esistono strutture interne portanti (es. cinturini, bustini) che presentano misure diverse da quelle esterne, o forme sartoriali soprammesse (es. falso bolero). In questo caso si riportano anche le misure interne, specificando dove sono state prese. Scheda VeAC Norme per la compilazione 101 a) La circonferenza del petto si prende all’altezza dell’ascella sartoriale nel caso di abiti sfoderati o con fodera leggera priva di supporti. Nel caso di un capo abbottonato si calcola dalla metà del bottone all’inizio dell’asola corrispondente. Lo stesso criterio si applica ai ganci. b) Nel caso di capi abbottonati, agganciati o con apertura soprammessa si fornisce anche la misura totale comprensiva delle soprammettiture. 102 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario c) Nel caso di chiusura con lacci o altri sistemi regolabili, si fornisce solo la misura totale dall’estremo di un bordo all’altro. Nel caso di struttura interna portante (es. bustino) si fornisce la misura presa all’interno con gli stessi criteri dei punti a) e b). MISV Circonferenza vita a) La circonferenza della vita si misura nel punto più stretto, seguendo gli stessi criteri dei punti MISP a) e MISP b) per le soprammettiture. Scheda VeAC Norme per la compilazione 103 b) Nel caso di chiusura con lacci o con altri sistemi regolabili, si procede come nel punto MISP b) c) Nel caso della presenza di un cinturino interno di misura diversa dalla circonferenza vita esterna, viene riportata anche la misura di quest’ultimo con specificazione. MISF Circonferenza fianchi La circonferenza dei fianchi si misura nel punto più largo, procedendo come nei casi precedenti. MISO Circonferenza orlo La circonferenza dell’orlo si misura nei modi seguenti: a) per le gonne, si calcola all’orlo che corrisponde in genere al punto più largo, comprensivo dell’eventuale strascico. 104 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario b) per i calzoni, si misura la larghezza di una gamba al fondo, specificando che si tratta di una gamba. In caso di modelli particolari (es. calzoni alla cavallerizza) la misura si prende nel punto più largo, indicando quale. MIM MISURA MANICHE MIMA Lunghezza esterna/ interna Vengono rilevate due misure: la lunghezza totale esterna e la lunghezza totale interna. Dal centro della pala al fondo, comprensiva di paramani e polsi; dal punto più basso della pala al fondo per la lunghezza interna. Nel caso di maniche raglan, chimono e pipistrello si fornisce una sola misura: dallo scollo al fondo. Esempi nelle figure seguenti: Scheda VeAC Norme per la compilazione 105 MIML Larghezza massima/ minima Si rilevano due misure: la prima nel punto più largo, presa a piatto e raddoppiata, indicando quale (es. al bicipite); la stessa operazione per la seconda misura relativa al punto più stretto. Modalità di rilevamento delle misure analitiche In questo ambito sono descritte anche i criteri e le modalità di rilevamento delle misure analitiche dell’oggetto, che individuano il modello e danno indicazioni sulla data di confezionamento dello stesso. Le misure analitiche devono essere riportate nei campi, più avanti descritti, SRCR, SRCV, SRCI, SRCD, a corredo delle informazioni relative alla struttura sartoriale del capo, ivi registrate. A. Il busto Per abiti o indumenti non apribili e generalmente per quelli del XX secolo, le misure si calcolano all’esterno con l’oggetto a piatto. 1. Spalla: dallo scollo al centro dell’attaccatura della manica. 2. Fianco: dall’ascella sartoriale al taglio orizzontale posto generalmente all’altezza della vita. 106 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario B. I calzoni e i pantaloni 1. Cavallo. Si calcola senza cinturino. Dal centro davanti (o centro patta) alla cucitura, dalla cucitura al centro dietro 2. Gamba interna. Dalla cucitura del cavallo all’orlo, senza cinturino 3. Larghezza gamba. Si prende a piatto all’altezza dell’incrocio delle cuciture 4. Altezza cintura inserita in vita. Si prende nel mezzo davanti e nel mezzo dietro Scheda VeAC Norme per la compilazione 107 5. Altezza risvolto al fondo o cinturino al ginocchio 6. Patta. Altezza per larghezza per quelle a ribalta; lunghezza dell’apertura verticale per calzoni chiusi da bottoni o cerniere C. Le maniche 1. Altezza polso, paramano, gala. Misura esterna ed interna nel caso che differiscano 2. Larghezze diverse. Si calcolano a piatto a metà. Nel caso di forti differenze di larghezza nel modello, si forniscono quelle più larghe e più strette, indicando il punto di rilevazione D. I colli e i risvolti 108 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario 1. Altezza cinturino. Davanti e dietro se le misure differiscono 2. Altezza del colletto. Dalla punta davanti all’attaccatura del collo; dall’orlo all’attaccatura del collo nel mezzo dietro 3. Risvolto, rever. Due misure: dal bottone che chiude lo scollo alla punta; dalla punta all’attaccatura del colletto in perpendicolare 4. Colli sciallati. Due misure: dal bottone che chiude il capo al centro dietro; larghezza massima Scheda VeAC Norme per la compilazione 109 E. Le tasche 1. Posizione sul capo. Dalla spalla al punto superiore della tasca, sia tagliata che applicata 2. Nel caso di gonne, calzoni o pantaloni, abiti interi con taglio in vita, si aggiunge anche o si rileva la misura della distanza dalla vita 3. Patte e tasche applicate. Altezza e larghezza massima della patta o della tasca applicata 110 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario F. Capispalla particolari • Marsine , giacche e casacche femminili (secolo XVIII e revivals) a. Lunghezza fianco. Dall’ascella allo spacco laterale. b. Lunghezza spacco posteriore c. Lunghezza spacchi laterali d. Distanza fra gli spacchi e. Profondità pieghe. Si calcola introducendo in ogni piega una stecca morbida con il fondo stondato e raddoppiando la misura ricavata nel caso di piega doppia. • Frac e capi militari con falde e taglio orizzontale in vita a. Lunghezza fianco. Come in A2 b. Lunghezza spacco posteriore. Come in c. Larghezza falde. Si calcola la larghezza massima dall’attaccatura anteriore al centro dietro all’altezza della vita. d. Larghezza al fondo. Si calcola quella di una falda, specificandolo. Esempi nelle figure seguenti: Lunghezza fianco Distanza fra gli spacchi Lunghezza spacchi laterali Spacco posteriore Larghezza al fondo Scheda VeAC Norme per la compilazione 111 DA DATI ANALITICI - STRUTTURA SARTORIALE Informazioni di dettaglio sul bene catalogato. DES DESCRIZIONE Descrizione del bene in forma sintetica, evitando duplicazioni di informazioni già presenti in altre voci. DESO Oggetto Descrizione tipologica e morfologica dell’oggetto. STS STRUTTURA SEMPLICE Gli oggetti o indumenti da schedare possono essere strutturalmente semplici, cioè costituiti da un unico o pochi elementi uniti fra loro, come una sciarpa, o molto complessi, come un abito femminile degli anni 1870/1880, che richiedeva un lavoro di taglio e montaggio dei singoli pezzi molto complicato. È stato quindi necessario predisporre campi diversi in funzione del tipo di oggetto da schedare. In essi vengono enumerate le varie parti in cui un oggetto è stato tagliato (o lavorato, nel caso di una maglia) per creare il modello, cioè la forma sartoriale. Per gli oggetti bidimensionali o che possono aprirsi a piatto, è sufficiente il campo STSU; per gli indumenti tridimensionali semplici, che hanno un davanti e un dietro, come un busto o una sottoveste e non presentano tagli strutturali in vita, che separino nettamente una parte superiore da una inferiore dell’oggetto, si riempiranno i campi STSD e STSV. I campi SRCR, SRCV, SRCI, SRCD sono riservati agli abiti, di solito femminili, di struttura complessa, che prevedono un corpino tagliato separatamente da una gonna e quindi ad essa cucito, e che presentano quindi una parte superiore molto diversa da quella inferiore, tagliata e confezionata a parte. Il taglio, per tutti i campi, si intende in dritto filo; in caso contrario si specifica in sbieco. In questo ambito trovano localizzazione anche le misure analitiche dell’oggetto, da registrare nei suddetti campi SRCR, SRCV, SRCI, SRCD, a corredo delle informazioni ivi riportate, e la definizione del tipo di cuciture, a mano o a macchina, le rifiniture delle cuciture (quando rivestono una qualche importanza), gli orli. Quando il capo è completamente foderato, non si vedono né le cuciture, né le loro rifiniture, né il sistema di fissare gli orli, che non possono quindi essere descritti. Le misure analitiche sono quelle che individuano il modello e possono fornire indicazioni sulla data di confezione. Sono quindi particolarmente utili in sede di ricerca. Per i criteri e le modalità di rilevamento delle misure analitiche si vedano le indicazioni date al paragrafo MI, pagg. 92-96 STSU Struttura oggetti bidimensionali Il campo viene riempito per gli oggetti bidimensionali, come scialli, sciarpe, grembiuli, pettorine, o che si aprono e possono essere analizzati a piatto, come reggicalze, reggiseni, bretelle, cinture, fasce, giarrettiere, colletti ecc. 112 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario Si indica in quanti pezzi strutturali è tagliato l’oggetto, specificandoli. Esempi nella figura seguente: OGTD: scialle STSU: in un pezzo (in seguito, EDAT: frangia sui 4 lati, cm17) OGTD: grembiule STSU: in un pezzo con arricciatura in vita; fascetta in vita che si prolunga in lacci (estensione totale cm 120) OGTD: reggiseno STSU: fascia (lunghezza cm 92), 2 coppe (cm 20 x 18), 2 bretelle regolabili (massima estensione: cm 32) STSD Parte anteriore indumenti tridimensionali semplici Questo campo e il seguente (STSV) vengono compilati quando si tratta di indumenti che hanno un davanti e un dietro, ma non presentano tagli strutturali che separano la parte superiore da quella inferiore del capo. STSD e STSV riguardano quindi i seguenti indumenti: abiti senza tagli in vita, busti, camicie, calzoni, casacche, combinazioni, corpetti, copribusti, giacche, gilet, gonne, maglie, mantelli, marsine, mutande, pantaloni, soprabiti, sottostrutture, sottabiti, tute non tagliate in vita. Giacche o giacchine con piccole falde interno alla vita, camicie o abiti con sproni, vanno comunque fatti rientrare in questa categoria. Quando il capo presenta un taglio strutturale solo sulla parte posteriore del capo, mentre quella anteriore risulta costituita con uno o più teli della stessa lunghezza del capo, come accade talvolta per gli abiti femminili degli anni Settanta dell’Ottocento, si riempiono i campi “STSD davanti indumenti tridimensionali semplici”, “SRCV parte superiore dietro abiti complessi” e “SRCD parte inferiore dietro abiti complessi”. Quando è la parte anteriore a presentare un taglio orizzontale, che manca invece sul dietro, si riempiono i campi “STSV dietro indumenti tridimensionali semplici”, “SRCR parte superiore davanti abiti complessi” e “SRCI parte inferiore davanti abiti complessi”. In STSD si indica in quanti pezzi è stata tagliata la parte anteriore del capo, indicando quali e fornendo le misure significative. Si intende che i teli di cui l’oggetto è costituito hanno tagli che seguono la lunghezza del capo, cioè verticali; in caso contrario occorre specificare la forma del pezzo. Lo sprone può avere tagli diversi: quadrato, rotondo, a punte ecc. Dalle punte possono partire soffietti. Si definiscono tagli particolari o pinces e la loro posizione. Nel caso siano importanti, anche la loro lunghezza. Le fianchette vanno specificate in questo campo, anche se possono arrivare a coprire parte dell’area posteriore. Si specifica eventualmente anche la forma, sagomata o diritta. Esempi nelle figure seguenti: Scheda VeAC Norme per la compilazione 113 Abiti femminili In un telo, con due pinces intere alla vita (cm 15) e sprone diritto (lunghezza dalla spalla cm 18. Spalla cm 14; fianco cm 82) In due teli, destro (larghezza al seno cm 34) e sinistro (larghezza al seno cm 20), con apertura laterale a sinistra. Spalla cm 15; fianco cm 87 Gonne In un telo in sbieco, con due gheroni al fondo, alti cm 40 Pantaloni In due teli corrispondenti a ciascuna gamba; apertura anteriore cm 18; cavallo cm 80. Cinturino cm 2,5. Risvolto cm 3 114 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario In due teli pieghettati diritti, con pieghe fermate per cm 15. Cinturino alto cm 3 Giacche In due teli con apertura centrale, due pinces all’altezza della vita di cm 18 STSV Parte posteriore indumenti tridimensionali semplici Si procede come nel precedente campo STSD – Parte anteriore indumenti tridimensionali semplici. SRC STRUTTURA COMPLESSA Descrizione analitica degli abiti di struttura complessa. SRCR Parte superiore davanti abiti complessi I campi “SRCR parte superiore avanti dabiti complessi”, “SRCV parte superiore dietro abiti complessi”, “SRCI parte inferiore davanti abiti complessi” e “SRCD parte inferiore dietro abiti complessi” sono specifici per indumenti complessi, specificamente abiti femminili, di solito costruiti separando il corpino dalla gonna. Questi campi devono quindi essere compilati anche nel caso di corpini molto piccoli, come quelli del periodo Impero, o molto lunghi come quelli degli Anni Venti. Talvolta i corpini hanno sproni, che vanno ovviamente specificati. Si definisce in SRCR in quanti pezzi è costituita la parte superiore davanti del capo, quindi il taglio invita, che può essere: diritto, a punta, con cintura inserita, altro. Esempi nelle figure seguenti: In 2 pezzi; apertura centrale; taglio inferiore diritto; 2 mezze pinces (cm 6) sotto il seno per ogni pezzo. Spalla cm 24; fianco cm 20 In 3 pezzi: centrale a V sino al taglio in vita; 2 pezzi laterali con 4 pieghe oblique a ventaglio che dalla spalla si restringono verso la vita. Taglio inferiore diritto con fascetta alta cm 4). Spalla cm 5; fianco cm 27 In 2 pezzi soprammessi; taglio inferiore diritto con fascetta (cm 3); apertura in sbieco dal girocollo al fianco. Spalla cm 12; fianco cm 7 Scheda VeAC Norme per la compilazione 115 In 3 pezzi, uno inferiore sagomato con taglio a punta in vita; 2 superiori orizzontali, destro e sinistro, con 4 pieghe a ventaglio che si allargano verso il seno e si ricongiungono sulla spalla. Congiunzione coperta al centro da un listino (cm 10 x 2). Spalla cm 13; fianco cm 32 In un pezzo. Taglio diritto al fondo con lieve arricciatura ottenuta con una doppia filza. Spalle che si prolungano sul dorso. Spalla cm 13; fianco cm 32 SRCV Parte superiore retro abiti complessi Si procede come in “SRCR Parte superiore davanti abiti complessi” Esempio nella figura seguente: In 2 pezzi trapezioidali congiunti al centro con taglio ai fianchi sagomato; taglio in vita diritto (cm 13); taglio obliquo sul dorso all’attacco della spallina (cm 10). Attacco al giromanica cm 2 SRCI Parte inferiore avanti abiti complessi Se si tratta di una gonna, si individua dapprima la tipologia (es. gonna); si indica quindi il numero di pezzi o teli di cui è costituita la parte anteriore; come in “STSD davanti indumenti tridimensionali semplici” si comprendono in questo campo anche i teli che formano i fianchi. Si indicano i sistemi usati per donarle eventuale ampiezza. Nel caso di una gonna costruita nello stesso modo davanti e dietro, come una gonna arricciata, plissettata o pieghettata in modo uniforme, oppure sagomata in modo che risulta artificioso fare una distinzione fra un davanti e un dietro si riempie solo questo campo e non “SRCD parte inferiore dietro abiti complessi”. 116 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario SRCD Parte inferiore retro abiti complessi Si procede come in “SRCI parte inferiore davanti abiti complessi” Esempi nelle figure seguenti: SRCI: gonna a calice; 2 teli svasati (ogni telo: alla vita cm 15, all’orlo cm 50) SRCD: due teli svasati (alla vita cm 14, all’orlo cm 50) SRCI: gonna arricciata, in 6 teli diritti in totale (larghezza di ogni telo cm 54); arricciatura in vita con tripla filza a mano SRCI: gonna a ruota in un unico telo, con due gheroni semicircolari ai lati alti cm 45 SRM SRCI: gonna a pieghe in 4 teli diritti in totale, ciascuno di cm 104; cinturino in vita alto cm 3 SRCI: gonna con parte anteriore in 3 teli; uno centrale svasato (in vita cm 15, al fondo cm 54), due laterali in sbieco con due gheroni triangolari ai lati (alti cm 44) SRCD: in 2 teli che formano strascico con fitta pieghettatura in piedi in vita formata da tripla filza STRUTTURA MANICA Descrizione della struttura della manica. SRMT Tipologia manica Si enuncia la tipologia di manica, quindi la lunghezza. Per la definizione della tipologia, scegliere fra i seguenti termini, che definiscono un vocabolario aperto (cfr. lemmario ad vocem): arricciata, blusante, diritta, diritta a camicia, fantasia, ad imbuto, a palloncino, a prosciutto, raglan, rettangolare, sagomata, svasata, a chimono, a pipistrello, a princesse-chimono. Scheda VeAC Norme per la compilazione 117 Per indicare la lunghezza della manica va utilizzata una delle seguenti definizioni: cortissima, quando il giro manica si estende oltre la spalla o copre soltanto la parte superiore del braccio non oltrepassando il taglio inferiore del giro corta, quando copre la parte superiore del braccio ma non arriva al gomito al gomito, quando la lunghezza della manica arriva al gomito tre quarti, quando la lunghezza si estende oltre il gomito, ma non arriva al polso lunga, quando arriva al polso lunghissima, quando arriva a coprire la mano e oltre SRMS Struttura manica La manica classica è solitamente tagliata per il lungo, con il diritto filo del tessuto posizionato al centro della parte esterna; può essere tagliata in uno, due o anche più pezzi. Nel caso di maniche tagliate in più pezzi, se non c’è specificazione, si intende che i tagli sono longitudinali, cioè lungo il braccio. In caso contrario si specifica che sono trasversali. I tagli orizzontali o sagomati in modo decorativo sono propri delle maniche fantasia. Va specificato se a pala alta o a pala bassa, quando questa caratteristica è molto evidente. Si specificano le cuciture quando sono visibili dal rovescio, cioè quando manca la fodera. SRMF Parte terminale manica In questo campo viene specificato il tipo di decorazione terminale della manica, se esiste (polsino, paramano, risvolto, spacco ecc. Cfr. lemmario alla voce: manica, parte terminale), con le misure e il tipo di materiale e il colore se è diverso da quello dell’insieme. Esempi nella figura seguente: SRMT: manica diritta lunga SRMS: in due pezzi SRMF: spacco (cm 8) 118 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario SRMT: manica arricciata blusante lunga SRMS: in un pezzo SRMF: polsino alto cm 4,5 SRMT: manica sagomata lunga SRMS: in due pezzi, a pala bassa SRMF: paramano aperto sotto, alto cm 14 SRE STRUTTURA ELEMENTI Informazioni descrittive degli elementi componenti. SREC Tipologia collo/scollo In questo campo si enunciano nell’ordine: • la tipologia generale del collo, colletto o dello scollo • il numero dei pezzi che lo costruiscono • le misure che lo caratterizzano • le caratteristiche di taglio e delle cuciture se visibili • il materiale e il colore se diverso da quello dell’insieme Per le tipologie di collo o colletto sono da scegliere i seguenti termini, che definiscono un vocabolario aperto (cfr. lemmario ad vocem): bavero, colletto semplice, colletto ad anello, collo a camicia, colletto a cinturino, collo su alta fascia, colletto ad imbuto, colletto alla marinara, colletto piatto, collo con risvolti, colletto a ruche, collo sciallato. Nella compilazione si enuncia di quanti pezzi è costituito prima il collo nel suo insieme, quindi le singole parti. Esempi nella figura seguente: Collo a cinturino, in un pezzo (cm 3), aperto davanti, con sottocollo analogo Collo con risvolti ad un petto. Colletto, in un pezzo a punta, cm 12,7, con sottocollo analogo in fustagno nocciola; due risvolti a lancia, cm 25-18. Occhiello sul risvolto a sinistra. Presenza di telette interne Nella definizione dello scollo si enunciano, nell’ordine: • la posizione • la tipologia generale • la profondità • il tipo di rifinitura • la larghezza della bretella o altre eventuali misure se significative La posizione dello scollo viene precisata solo se è posteriore; se non esiste questa precisazione, si intende uno scollo anteriore. Per le tipologie di scollo scegliere fra i seguenti termini, che definiscono un vocabolario aperto (cfr. lemmario ad vocem): a barca, a coulisse, a cuore, diritto, a goccia, fantasia, girocollo, orizzontale, rotondo, ovale, a punta, quadrato, rettangolare, asimmetrico, a prendisole, a sottabito, a V. Per definire la profondità dello scollo si usano i seguenti termini: contenuto, profondo, totale. Scheda VeAC Norme per la compilazione 119 Lo scollo contenuto riguarda un’apertura anteriore o posteriore che arriva mediamente fino alla metà fra l’attaccatura del seno e la fontanella della gola davanti e fino a metà scapole dietro. Quando lo scollo arriva all’attaccatura del seno e oltre anteriormente, alle scapole e oltre posteriormente, lo si qualifica come profondo. In questo caso dobbiamo specificare il punto di arrivo. Lo scollo totale è quello degli abiti privi di spalla, ma che possono essere sorretti da spalline o lacci. Esempi nella figura seguente: Scollo diritto totale; spalline larghe cm 1,5 Scollo anteriore a barca contenuto, posteriore ovale profondo, fino in vita SRET Tipologia tasche Si enunciano nell’ordine: • la tipologia e la forma • le misure • le caratteristiche specifiche, il tipo di rifinitura e di chiusura, se presenti • il numero delle tasche. Per le tipologie della tasca, scegliere fra i seguenti termini, che definiscono un vocabolario aperto (cfr. lemmario ad vocem): tagliata, applicata, inserita. Per la forma: tagliata orizzontale, verticale, obliqua, a mezzaluna, a cuore; applicata quadrata, rettangolare (eventualmente con angoli inferiori stondati), a cuore, fantasia, con risvolto; inserita orizzontale, verticale, diagonale. Si aggiunge la misura dell’apertura per le tasche tagliate o inserite, oppure le misure dell’altezza per la larghezza nel caso di tasca applicata. Le caratteristiche specifiche delle tasche applicate sono di solito soffietti o cannoni centrali; per tutte le tasche possono essere indicati i sistemi di rifinitura dell’apertura, che si specificano in: a filetto, a due filetti, a pattina cucita, a patta, a filetto con patta. Nel caso di tasca con patta, si aggiungono le misure della patta. Se la tasca è una sola, non occorre specificare il numero. SREP Posizione tasche Si specifica la posizione della tasca sull’indumento, quindi eventualmente si forniscono la misura o le misure che ne determinano la posizione, secondo i criteri forniti in misure analitiche. Talvolta, oltre quella della distanza dalla spalla, può essere utile fornire altre misure, specialmente per i capi più antichi o se la tasca assume particolare valore decorativo. 120 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario Esempi nelle figure seguenti: SRET: tasca tagliata, a mezzaluna, (cm 16), con patta sagomata a tre punte (cm 10-7 x 20) con tre occhielli verticali ricamati decorativi. 2 SREP: sui fianchi, distanza dalla spalla cm 48, dall’apertura anteriore cm 8 SRET: tasca applicata rettangolare (cm 25 x 18) con patta diritta (cm 6 x 18) in velluto di cotone rosso e soffietto centrale SREP: sui fianchi, distanza dalla spalla cm 45, dall’orlo cm 4. SRET: tasca tagliata diagonale (cm 12) con pattina cucita (cm 2,5) SREP: sui fianchi, distanza dalla spalla cm 30 SREA Tipologia chiusura/allacciatura Il sistema di chiusura di un capo può essere, in molti casi, non solo funzionale, ma anche soprattutto o puramente decorativo, in particolare nel caso di bottoni, fibbie, ganci, alamari. Nel riempire il campo si specificano, nell’ordine: • la tipologia di chiusura • la materia • il colore • la tecnica • eventuali misure significative • il numero degli elementi, solo se più di uno Nel caso di bottoni la materia, il colore, la tecnica ed eventuali misure devono essere inseriti nei campi specifici “SREB tipologia bottoni” e “SREM forma/materia bottoni). Scheda VeAC Norme per la compilazione 121 Per definire la tipologia di chiusura scegliere fra i seguenti termini, che definiscono un vocabolario aperto (cfr. lemmario ad vocem ): bottoni,lacci, ganci, fibbie, cinturini con fibbie, automatici, alamari, gemelli, chiusure lampo, altro (es. velcro). SREZ Posizione chiusura/allacciatura Per la posizione, indicare prima se l’apertura è anteriore, posteriore, sul fianco o l’area su cui è posizionata (es.: spalla destra); nei primi due casi, cioè anteriore o posteriore, aggiungere se centrale, laterale o altro; quindi se è accostata o soprammessa. L’apertura di un capo può infatti essere accostata o soprammessa. Richiedono soprammettiture le chiusure con bottoni, automatici, velcro; possono riscontrarsi, ma non necessariamente, negli altri casi. La misura dell’apertura non si indica se corrisponde alla lunghezza del capo, come in una giacca, un soprabito, uno chemisier. Esempi nelle figure seguenti: SREA: alamari in cordoncino di seta nero (ciascuno cm 4) con bottone, 3 SREZ: apertura anteriore laterale a destra, soprammessa SREA: bottoni, 3 (cfr. campi specifici: SREB e SREM) SREZ: apertura sulla spalla destra, cm 10, soprammessa SREA: chiusura con cerniera in metallo SREZ: apertura posteriore centrale sovrammessa, cm 55 122 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario SREA: Automatici in metallo, 6 SREZ: Apertura sul fianco destro soprammessa., cm 24 SREA: laccetti in nastrino di seta gialla, ciascuno cm 25,5 SREZ: apertura anteriore centrale, prolungamento dello scollo, cm 15, accostata SREB Tipologia bottoni Il campo viene riempito sia nel caso di bottoni funzionali, sia nel caso di bottoni applicati per pura decorazione. Si specificano, nell’ordine: • la tipologia • la misura • se il bottone è funzionale o decorativo • il tipo di asola o occhiello corrispondente • la posizione sul capo, se diversa da “SREZ posizione chiusura/allacciatura”. Il numero dei bottoni risulta specificato nel campo “SREA tipologia chiusura/allacciatura” che viene ripetuto in caso sia necessaria una distinzione fra bottoni decorativi e bottoni funzionali, come nelle marsine settecentesche. Per la tipologia, sono da usare i seguenti termini che definiscono un vocabolario aperto (cfr. lemmario ad vocem): rivestito, forato (a 2 o 4 fori), con peduncolo. Per la misura si intende il diametro del bottone se è rotondo; in caso di forme fantasia, quella di massimo ingombro. Esempi nelle figure seguenti: Rivestito con peduncolo, cm 0,5, funzionale, con occhiello corrispondente a macchina Forato a 4 fori, cm 1, funzionale, con occhiello a punto occhiello Rivestito con peduncolo, cm 0,6, funzionale, con asole del tessuto dell’abito Rivestito con peduncolo, cm 2; 4 funzionali (il primo allo scollo, l’undicesimo, il dodicesimo, il tredicesimo dall’alto), 16 decorativi (tot. 20), con occhielli a punto occhiello, di cui quelli corrispondenti ai bottoni decorativi risultano chiusi, lungo l’apertura anteriore destra. 3 decorativi all’orlo superiore di ciascun paramano (tot. 6). 3 decorativi al taglio delle tasche parzialmente sotto la patta (tot. 6). 2 decorativi all’attaccatura delle pieghe posteriori; 2 decorativi in fondo alle pieghe posteriori. Totale 36 Scheda VeAC Norme per la compilazione 123 SREM Forma/materia bottone Vengono specificati, nell’ordine: • la forma del bottone • la materia di cui è costituito • il colore • eventuali tecniche particolari • eventuali motivi decorativi Per la forma sono da utilizzare le seguenti definizioni: piatto rotondo, piatto quadrato, piatto triangolare, piatto lobato, piatto fantasia, semisferico, sferico, figurato, fantasia La materia con cui sono costituiti i bottoni può essere molto varia: madreperla, osso, plastica, vetro ecc. I bottoni rivestiti hanno di solito un’anima di legno con peduncolo in metallo; il rivestimento è spesso costituito dallo stesso tessuto dell’abito, eventualmente ricamato; oppure da cordoncini, fili intrecciati, anche metallici, passamaneria. Es.: piatto rotondo, di madreperla sferico di vetro rivestito di pellicola madreperlacea piatto rotondo di legno rivestito di fili d’oro filato intrecciati a motivo di stella piatto rotondo di legno rivestito di raso giallo ricamato con sete policrome a motivo di ghirlanda figurato a forma di nanetto di plastica rosa dipinto di verde e nero SREU Cuciture Si definisce prima il tipo di cucitura, eventualmente specificando i punti più significativi e la loro posizione; si specifica eventualmente, se significativi, i sistemi di rifiniture delle cuciture (cfr. lemmario). Si distinguono due tipi di cuciture: a mano, a macchina. Es.: a mano per gli orli (sottopunto) e le rifiniture delle cuciture (sopraggitto); a macchina per tutte le altre a mano per tutto il capo (punto indietro); filze triple per creare l’arricciatura della gonna; sottopunto agli orli; rifiniture delle cuciture ricoperte con nastrino sbieco a macchina per tutto il capo; orli a punto strega EDA ELEMENTI DECORATIVI E/O APPLICATI Informazioni descrittive degli elementi decorativi e /o applicati. EDAT Tipologia Si indica in questo campo quale decorazione è usata, quindi la sua tipologia ed eventuali misure significative (cfr. lemmario). Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. 124 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario Vocabolario aperto ricamo applicazione inserto ecc. Per applicazione – che non deve essere confusa con la tipologia di ricamo ad applicazione o a riporto – e inserto si intende la decorazione del capo con l’aggiunta o l’inserzione di altri materiali o tessuti che hanno esclusivamente una funzione decorativa, non strutturale. Per le tipologie di ricamo: • ad ago • meccanico • ad uncinetto • in bianco • in filo metallico • a riporto • ad intaglio • a tambour • tecniche miste • bande di tessuto (lisce, increspate, pieghettate) • frange • cordoncini • soutache • passamaneria • bordi • altro Per le applicazioni: • merletti • nastri • gale • ruches Per gli inserti: • merletti • tessuti • bande (lisce, increspate, pieghettate) Es. ricamo ad uncinetto applicazione di bande di tessuto pieghettate inserto di merletti EDAM Materia/colore Si indica il colore predominante del materiale usato; nel caso di molti colori si usa il termine policromo. Per il ricamo, le applicazioni e gli inserti i materiali più usati sono: Vocabolario aperto • seta, cotone, viscosa, lana, lino, rafia, filati metallici (oro e argento filato, canutiglia d’oro e d’argento, laminetta d’oro e d’argento) • tessuto (taffetas, raso, velluto ecc.) in seta, cotone, viscosa, lana, lino • merletto in seta, lino, cotone, filati metallici • paillettes, perle, perline, cannucce di vetro/ jais/ plastica, strass • pelliccia • altro (es.: conchiglie, piume) Scheda VeAC Norme per la compilazione 125 Es.: raso in seta rosso oro filato cannucce di vetro policromo EDAC Tecnica I principali punti di ricamo vengono individuati se sicuramente riconosciuti; in caso di incertezza, meglio nessuna specificazione. Nel caso di ricamo con applicazione di materiali come perline e paillettes, indicare possibilmente se applicate con ago o ad uncinetto. Quando si usano paillettes o perline a coprire completamente e in modo uniforme il loro supporto, che non appare mai alla vista, queste diventano la vera materia dell’abito, non più la decorazione; il campo da riempire è dunque in questo caso “MTC materia”. Quando paillettes e perline coprono il supporto, ma sono disposte a formare motivi attraverso il cambiamento di forma o colore, si compila il campo “EDA elementi decorativi e/o applicati”. Possono essere specificati i punti che fissano l’inserto o l’applicazione se hanno funzione decorativa. Per i merletti, occorre specificare se manuali o meccanici: nel caso di merletti a mano aggiungere “ad ago, a fuselli, a chiacchierino, a filet, macramè, a tecniche miste”, quando si è in grado di fornire una corretta individuazione. EDAV Motivi Si indicano i soggetti della decorazione seguendo i criteri forniti in “MTCD decorazione”, cfr. animale, araldica, composizione con oggetti, figurata, floreale/vegetale, geometrica/astratta, in stile. La disposizione del motivo, a campita continua, a motivi singoli con la definizione a scacchiera, a bande, a tralcio continuo ecc., specificata in questa voce del vocabolario, si riferisce soprattutto ai motivi dei tessuti, non tanto a quella dei ricami che sono liberi di strutturarsi a seconda del taglio sartoriale; comunque alcune specificazioni possono essere utilizzate, come “a festone, a ghirlanda, a bordo”. Per il colore si indica quello predominante; nel caso di molti colori si usa il termine “policromo”. 126 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario EDAP Posizione Si specifica la posizione sul capo dell’elemento decorativo, ripetendo il campo, se necessario. Esempi nelle figure seguenti: EDAT: applicazione, gala, cm18 EDAM: merletto di seta bianca EDAC: a mano, fuselli EDAV: stelle e bordo a festone EDAP: allo scollo EDAT: applicazione, banda (cm 3) EDAM: pelliccia di volpe rossa EDAP: all’orlo delle maniche e in fondo ISR EDAT: applicazione, cordoncini EDAM: seta beige EDAV: in triplo ordine EDAP: all’orlo del bavero, dei polsi e della gonna EDAT: ricamo a tambour EDAM: perline di vetro colore madreperla EDAV: floreale stilizzata (rose) EDAP: alla parte inferiore della gonna EDAT: inserto in tessuto (cm 7x5) EDAM: raso rosso EDAV: a forma di cuore EDAP: sul seno sinistro EDAT: ricamo ad ago EDAM: sete policrome EDAC: punto erba, punto piatto, nodini francesi EDAV: floreale naturalistico, peonie, viole, fiordalisi EDAP: lungo le aperture, intorno allo scollo, sui paramani, le patte delle tasche, lo spacco posteriore ISCRIZIONI Indicazioni relative alle iscrizioni presenti sull’opera. Il campo è quindi ripetitivo. ISRT Tipologia iscrizioni Tipologia delle iscrizioni che è possibile trovare su di un capo di abbigliamento. Scheda VeAC Norme per la compilazione 127 Vocabolario aperto etichetta iscrizione timbro ecc. Le etichette sono in genere tessute o, in indumenti recenti, stampate. Le etichette tessute contengono di solito il nome della sartoria e spesso l’indirizzo o la città. Le etichette stampate riguardano anche le istruzioni per il lavaggio, la composizione del tessuto, la taglia. Quando si definisce l’etichetta, quindi, si specifica di seguito se è tessuta o stampata, quindi se è un’etichetta “d’autore”, “di taglia”, “di materiali”. Le iscrizioni a mano o stampate, come i timbri, possono essere state eseguite direttamente sul capo o su carta, cartoncini o altro applicati sul capo. Le iscrizioni possono essere ricamate, come le cifre, o far parte della decorazione del capo; in questo caso si riempiono i campi “EDAM materia/colore elementi decorativi” e “EDAC tecnica elementi decorativi”. ISRP Posizione Posizione dell’iscrizione sull’oggetto. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. ISRI Trascrizione Trascrizione del testo dell’iscrizione. Es.: ISRT: etichetta tessuta d’autore; ISRP: al cinturino dietro; ISRI: PARIS J. WORTH ISRT: iscrizione a mano a matita su cartoncino cucito; ISRP: all’orlo della falda anteriore destra; ISRI: N. 18 PROVENIENTE DALLA FAMIGLIA ALTOVITI ISRT: etichetta stampata di taglia; ISRP: alla cucitura della spalla; ISRI: 48 ISRT: cifre ricamate; ISRP: sul taschino sul petto sinistro; ISRI: IRF STM STEMMI, EMBLEMI, MARCHI Indicazioni su stemmi, emblemi, marchi, ecc. che compaiono sull’oggetto. Il campo è ripetitivo. STMC Classe di appartenenza Classe a cui appartiene lo stemma, marchio ecc. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Vocabolario aperto stemma emblema simbolo 128 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario motto arme ecc. STMQ Qualificazione Attributo che specifica la classe. Vocabolario aperto gentilizio ecclesiastico militare sportivo scolastico di ordine fantasia civile religioso ecc. STMI Identificazione Identificazione del nome della fabbrica, della cava, dell’argentiere, della famiglia cui appartiene l’arme, il marchio, il bollo o altro. Es.: STMC: arme; STMQ: gentilizia; STMI: Lambertini STMC: emblema; STMQ: militare; STMI: Arma dei Carabinieri STMP Posizione Posizione sul capo dello stemma, dell’emblema, del simbolo o altro. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. STMD Descrizione Descrizione sintetica a testo libero o rinvio alla fotografia, purché questa permetta un’agevole lettura. Per la descrizione degli stemmi attenersi ai criteri adottati nel campo dell’araldica. Es.: STMC: emblema; STMQ: sportivo; STMD: due sciabole incrociate STMC: arme; STMQ: gentilizia; STMD: d’oro a quattro pali d’azzurro Scheda VeAC Norme per la compilazione 129 NSC NOTIZIE STORICO-CRITICHE Inquadramento storico-critico del bene con motivazioni giustificative di quanto affermato in altri campi o, per oggetti smembrati, notizie sulle parti perdute o conservate altrove. Citazione dei testi essenziali di riferimento con indicazione di quelli comprensivi di ragguaglio bibliografico esaustivo. 130 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario * CO - CONSERVAZIONE Indicazioni sullo stato di conservazione del bene catalogato come si evince dall’osservazione autoptica. La compilazione del paragrafo è obbligatoria. *STC STATO DI CONSERVAZIONE Informazioni sullo stato di integrità, considerato in rapporto alla condizione originaria. Il campo è obbligatorio e ripetitivo. STCP Riferimento alla parte Specificare, se utile, a quale parte del bene si riferiscono le informazioni sullo stato di conservazione. STCD Data Indicare l’anno in cui è stato rilevato lo stato di conservazione specificato nel campo STCC. Nel caso sia necessario indicare un arco di anni, i due estremi andranno separati da una barra (‘/’). Es.: 1989 1963/1965 *STCC Stato di conservazione Indicare con un singolo termine lo stato generale di conservazione dell’oggetto e principalmente dei materiali che lo compongono. Il sottocampo è obbligatorio. Vocabolario chiuso ottimo buono cattivo discreto mediocre NR (recupero pregresso) STCS Indicazioni specifiche Indicare eventuali modifiche macroscopiche dello stato di conservazione, della forma e della consistenza del bene catalogato o di sue singole parti. Es.: STCC: STCS: mediocre macchie sul davanti della gonna. STCM Modalità di conservazione Indicare le eventuali modalità specifiche di conservazione del bene, con particolare riguardo a componenti del bene che siano eventualmente da sostituire o reintegrare. Scheda VeAC Norme per la compilazione 131 RIA RIADATTAMENTO/MODIFICA Indicazione degli interventi di riadattamento/modifica rilevati. Poiché l’oggetto può aver subito diverse manipolazioni, il campo è ripetitivo. RIAD Data Indicazioni cronologiche relative all’intervento di riadattamento/modifica. La datazione può essere espressa sia in anni che in secoli o frazioni di secolo, eventualmente accompagnati dalle seguenti precisazioni: ante post inizio fine metà prima metà seconda metà primo quarto secondo quarto terzo quarto ultimo quarto ca. Es.: sec. XIX/metà RIAP Riferimento alla parte Indicazione relativa alla parte dell’oggetto su cui sono intervenuti modifiche e/o riadattamenti. Es.: manica, applicazione RIAM Descrizione intervento Descrizione dell’intervento di adattamento/modifica Es.: corpino allargato per gravidanza applicazione di fascia con motivi floreali sull’orlo della gonna per allungarlo 132 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario RS – RESTAURI Informazioni sugli interventi di restauro e le analisi di laboratorio. RST RESTAURI Informazioni sugli interventi di restauro noti. Il campo è ripetitivo. RSTP Riferimento alla parte Specificare, se utile, a quale parte del bene si riferiscono le informazioni sugli interventi di restauro. RSTD Data Indicare l’anno in cui è stato effettuato il restauro. Nel caso sia necessario indicare un arco di anni, i due estremi andranno separati da una barra (‘/’). Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Es.: 1944 1963/1965 RSTT Descrizione intervento Descrizione sintetica degli interventi conservativi o di restauro effettuati sul bene. Nel caso in cui l’opera, al momento della schedatura, sia sottoposta a restauro non ancora concluso, si registrerà ‘in corso di restauro’ con l’eventuale indicazione del luogo presso cui si stia effettuando l’intervento. RSTE Ente responsabile Indicazione dell’Ente sotto la cui responsabilità è stato restaurato il bene catalogato. Nel caso di Soprintendenze e altri Istituti si può utilizzare la sigla corrispondente (v. Lista Enti). Es: SBA BO SBAPPSAD PI ICR RSTN Nome operatore Indicare il nome dell’operatore nella forma ‘cognome, nome’ oppure il nome dell’impresa’. Il sottocampo è ripetitivo. Es.: Marchi, Giuseppe RSTR Ente finanziatore Nome dell’Ente che ha finanziato il restauro. Il sottocampo è ripetitivo. Es.: Banco San Paolo di Torino Scheda VeAC Norme per la compilazione 133 RSTO Note Eventuali ulteriori informazioni sugli interventi di restauro.: per esempio, si può segnalare la presenza di relazioni o documenti, che possono essere collegati alla scheda di catalogo mediante il campo strutturato FNT (paragrafo DO-Fonti e documenti di riferimento). 134 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario * TU – CONDIZIONE GIURIDICA E VINCOLI Indicazioni relative alla proprietà del bene, ai provvedimenti di tutela, ai mutamenti di proprietà. La compilazione del paragrafo è obbligatoria. ACQ ACQUISIZIONE Informazioni relative alla circostanza e/o al titolo in base a cui il bene è pervenuto e si trova nelle attuali condizioni di proprietà o di detenzione. ACQT Tipo acquisizione Indicare le modalità secondo le quali il bene è stato acquisito. Le specifiche tra parentesi sono per memoria del catalogatore. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Vocabolario aperto acquisto alienazione aggiudicazione ( a seguito di atto giudiziario) assegnazione compravendita confisca deposito donazione esercizio di diritto di prelazione permuta prelazione restituzione postbellica ritrovamento fortuito sequestro scavo soppressione successione ecc. ACQN Nome Nome della persona o dell’ente fonte dell’acquisizione nella forma ‘cognome, nome’ o in forma aggettivata. Es.: ACQT: acquisto ACQN: Bianchi, Mario ACQT: soppressione ACQN: napoleonica ACQD Data acquisizione Indicare la data di acquisizione in anni, in secoli o in frazioni di secolo, eventualmente seguiti dalle seguenti precisazioni: Scheda VeAC Norme per la compilazione 135 ante post inizio fine metà prima metà seconda metà primo quarto secondo quarto terzo quarto ultimo quarto ca. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Es.: 1900/ante sec. XVIII/inizio sec. XVII ca. ACQL Luogo acquisizione Indicare il luogo in cui è avvenuta la transazione nella forma ‘sigla della provincia/Comune/occasione per esteso’. Es.: FI/ Firenze/asta *CDG CONDIZIONE GIURIDICA Informazioni relative all’attuale proprietà o detenzione del bene catalogato. La compilazione del campo è obbligatoria. *CDGG Indicazione generica Indicare la personalità giuridica della proprietà o, qualora essa non sia accertabile, quella del detentore o del possessore. La compilazione del sottocampo è obbligatoria. Vocabolario chiuso proprietà Stato proprietà Ente pubblico territoriale proprietà Ente pubblico non territoriale proprietà privata proprietà Ente religioso cattolico proprietà Ente religioso non cattolico proprietà Ente straniero in Italia proprietà mista pubblica/privata proprietà mista pubblica/ecclesiastica proprietà mista privata/ecclesiastica detenzione Stato detenzione Ente pubblico territoriale 136 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario detenzione Ente pubblico non territoriale detenzione privata detenzione Ente religioso cattolico detenzione Ente religioso non cattolico detenzione Ente straniero in Italia detenzione mista pubblica/privata detenzione mista pubblica/ecclesiastica detenzione mista privata/ecclesiastica NR (recupero pregresso) CDGS Indicazione specifica Indicare l’esatta denominazione dell’Amministrazione, dell’Ente, del privato che hanno la proprietà del bene. Qualora questi non siano noti, va indicata la denominazione del detentore o del possessore. Il sottocampo è ripetitivo. Per i beni di proprietà dello Stato indicare l’Istituzione che ne ha l’uso. Es.: Ministero per i Beni e le Attività Culturali Per i beni di proprietà degli Enti pubblici territoriali indicare le specifiche precedute dalle denominazioni: Regione, Provincia, Comune. Es.: Regione Marche Provincia di Novara Comune di Tivoli Per i beni di proprietà degli Enti pubblici non territoriali indicare la denominazione (Università, Banca d’Italia ecc.) seguita dalle eventuali specifiche. Es.: Università degli Studi di Roma ‘La Sapienza’ Politecnico di Torino Per i beni di proprietà degli Enti religiosi di confessione cattolica o di proprietà degli Enti di altra confessione religiosa, indicare la denominazione (Diocesi, Confraternita, Istituto religioso, Istituto secolare, Congregazione, Ordine religioso, Comunità ebraica, Comunità valdese, ecc.), seguita da eventuali specifiche. Es. : Ordine benedettino Comunità valdese di Roma Confraternita del SS. Sacramento Per i beni di Stati o Enti stranieri in Italia indicare la denominazione con eventuali specifiche. Es.: Stato Città del Vaticano Ambasciata del Brasile Sovrano Ordine Militare di Malta Scheda VeAC Norme per la compilazione 137 Per i beni di proprietà privata indicare il nome del proprietario nella forma ‘cognome, nome’, o la denominazione della persona giuridica, specificando di seguito, entro parentesi, se trattasi di persona fisica o giuridica straniera. Es.: Bianchi, Giulio Società Generale Immobiliare Fondazione Peggy Guggenheim (persona giuridica straniera) CDGI Indirizzo Indicare l’indirizzo del proprietario del bene di cui al sottocampo precedente, qualora il bene stesso risulti vincolato. Nel caso di più proprietari, vanno indicati in successione gli indirizzi dei singoli proprietari elencati nel sottocampo precedente, utilizzando la ripetitività del sottocampo. NVC PROVVEDIMENTI DI TUTELA Dati relativi ai provvedimenti di tutela che interessano beni di proprietà privata o di Ente o Istituto legalmente riconosciuto. Il campo è ripetitivo per registrare i diversi atti amministrativi. NVCT Tipo di provvedimento Indicare il tipo di provvedimento amministrativo relativo al bene di proprietà privata o di Ente o Istituto legalmente riconosciuto con specifica, entro parentesi, delle leggi e degli articoli in base ai quali è stato imposto il vincolo. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Vocabolario aperto Notificazione (L. n. 364/1909) DM (L. n. 1089/1939, art.3) DM (L. n. 1089/1939, art.5) DLgs n. 490/1999, art. 6, comma 1 DLgs n. 490/1999, art. 6, comma 2 Revoca notificazione (L. n. 364/1909) Revoca DM (L. n. 1089/1939, art. 3) Revoca DM (L. n. 1089/1939, art. 5) Revoca DLgs n. 490/1999, art. 6, comma 1 Revoca DLgs n. 490/1999, art. 6, comma 2 Rinnovo Notificazione (L. n. 364/1909) Rinnovo DM (L. n. 1089/1939, art. 3) Rinnovo DM (L. n. 1089/1939, art. 5) DLgs n. 42/2004, art. 13, comma 1 ecc. NVCE Estremi provvedimento Indicare la data di emissione del provvedimento amministrativo nella forma ‘anno/mese/giorno’ (aaaa/mm/gg). Tale sottocampo dovrà essere obbligatoriamente 138 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario compilato solo se nel sottocampo precedente (NVCT) sia indicato un provvedimento di tipo amministrativo (DM, revoca DM, rinnovo DM, ecc.). Es.: 1988/02/15 NVCD Data notificazione Indicare la data della notificazione del decreto al proprietario, nella forma ‘anno/mese/giorno’(aaaa/mm/gg). Es.: 1965/07/13 NVCI Estremi provvedimento in itinere Data di comunicazione di avvio del procedimento di dichiarazione di interesse al proprietario, possessore o detentore, nella forma ‘anno/mese/giorno’. Es.: 2002/10/24 ALN MUTAMENTI POSSESSO/DETENZIONE/CONDIZIONE MATERIALE Informazioni relative ad eventi che abbiano determinato mutamenti di titolarità (possesso o detenzione) del bene catalogato o che abbiano inciso sulla sua condizione naturale (danneggiamento, distruzione). Il campo è ripetitivo e viene compilato e aggiornato d’ufficio. ALNT Tipo evento Indicare il tipo di evento che ha determinato le variazioni del possesso, della detenzione o i mutamenti della sua condizione materiale. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Vocabolario aperto distruzione furto ipoteca pegno perdita recupero ecc. ALND Data evento Indicare la data dell’evento nella forma anno/mese/giorno (aaaa/mm/gg). Es.: 1970/11/01 1984/05/12 ALNN Note Informazioni supplementari ad integrazione di quelle precedenti (sui contraenti e sul luogo di vendita, sulle cause della distruzione, ecc.). Scheda VeAC Norme per la compilazione 139 Es.: alluvione terremoto ESP ESPORTAZIONI Informazioni relative all’attestato di libera circolazione, al tipo ed estremi di licenze di esportazione, importazione o reimportazione del bene catalogato, indicando anche la sede dell’Ufficio Esportazione che ha rilasciato la licenza o posto il veto. Il campo è ripetitivo. ESPT Tipo licenza Indicare il tipo di attestato o licenza. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Vocabolario aperto attestato di libera circolazione licenza comunitaria licenza importazione temporanea licenza importazione definitiva licenza esportazione temporanea licenza esportazione definitiva licenza reimportazione veto all’attestato di libera circolazione ecc. ESPU Ufficio Indicare l’Ufficio Esportazione che ha rilasciato la documentazione, utilizzando la sigla UE seguita dal nome della città in cui ha sede l’ufficio stesso. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Es.: UE Bari UE Milano ESPD Data emissione Indicare la data di emissione della licenza o del veto nella forma anno/mese/giorno (aaaa/mm/gg). Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Es.: 1975/08/04 140 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario * DO – FONTI E DOCUMENTI DI RIFERIMENTO Informazioni sulle fonti documentarie e sui riferimenti fotografici, grafici, multimediali e bibliografici che si ritiene utile allegare alla scheda o semplicemente citare. *FTA DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA Informazioni sulla documentazione fotografica, anche in formato digitale, del bene catalogato, sia essa allegata alla scheda di catalogo, o esistente e depositata presso l’Ente schedatore o in altre raccolte. Nel caso di manufatti nei quali l’immagine si presenta in negativo (conii, matrici, ecc.), va allegata la documentazione dell’impronta. Il campo è ripetitivo perché ogni documento va indicato singolarmente, elencando nell’ordine quelli relativi a riprese generali del bene, e quindi quelli relativi a particolari e/o componenti dell’opera. La compilazione del campo è obbligatoria. *FTAX Genere Indicare se si tratta di documentazione allegata alla scheda di catalogo o di altra documentazione nota relativa al bene in esame. La compilazione del sottocampo è obbligatoria. Vocabolario chiuso documentazione allegata documentazione esistente *FTAP Tipo Indicare il tipo di documentazione allegata e/o esistente. La compilazione del sottocampo è obbligatoria. Vocabolario aperto fotografia b/n diapositiva b/n diapositiva colore fotografia colore fotografia a raggi infrarossi ecc. FTAA Autore Indicare l’autore della documentazione nella forma ‘cognome, nome’ o la denominazione dello studio fotografico. FTAD Data Indicare la data della documentazione, espressa nella forma anno/mese/giorno. Nel caso in cui si conosca solo l’anno, il giorno e il mese andranno indicati con due zeri. Scheda VeAC Norme per la compilazione 141 Es.: 1994/05/04 1915/00/00 FTAE Ente proprietario Indicare l’Ente proprietario della documentazione fotografica, se diverso dall’Ente schedatore. Es.: SA BO FTAC Collocazione Indicare il luogo in cui è conservata la documentazione, se diverso dall’Ente schedatore. *FTAN Codice identificativo Indicare il codice identificativo della documentazione allegata o esistente; ai singoli codici identificativi è da premettere (senza spazi o segni d’interpunzione) la sigla delle Soprintendenze o Istituti competenti (v. Lista Enti) o il nome di altri enti o privati. È possibile comprendere in una stessa fotografia più di un oggetto, purché esista un riferimento univoco tra immagine e bene, ad esempio segnalando con una lettera dell’alfabeto oppure con un numero ciascuno dei singoli beni. Tali riferimenti dovranno comparire sulla foto e andranno riportati nel sottocampo FTAS. La compilazione del sottocampo è obbligatoria. Es.: PSAEPR32525 SBASBO7776 Alinari3280 MART25372. FTAT Note Indicare le specifiche di ripresa. Es: particolare prima del restauro FTAF Formato Indicare il formato della fotografia. Es.: 6x6 13x18 35 mm 21x27 FTAS Specifiche Indicare le specifiche sulla fonte di origine dell’immagine, qualora non sia stato fotografato l’originale, ma una sua riproduzione (ad es. un disegno). È possibile registrare in questo sottocampo i riferimenti che consentono l’individuazione 142 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario univoca dell’immagine del bene, quando questo è documentato in una stessa fotografia insieme ad altri manufatti (cfr. quanto indicato in proposito per il sottocampo FTAN). DRA DOCUMENTAZIONE GRAFICA Informazioni sulla documentazione grafica dell’opera catalogata, allegata alla scheda di catalogo, o esistente e depositata presso l’Ente schedatore o in altre raccolte. Il campo è ripetitivo. DRAX Genere Indicare se si tratta di documentazione allegata alla scheda di catalogo o di altra documentazione nota relativa al bene catalogato. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Vocabolario chiuso documentazione allegata documentazione esistente DRAT Tipo Indicare il tipo di documentazione esistente. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Es.: disegno DRAO Note Indicare le specifiche di documentazione. Es.: particolare DRAS Scala Indicare la scala adottata per il disegno. Es.: 1:1 DRAE Ente proprietario Indicare l’Ente proprietario della documentazione grafica, se diverso dall’Ente schedatore. Es.: SBA BO DRAC Collocazione Indicare il luogo in cui è conservata la documentazione, se diverso dall’Ente schedatore. DRAN Codice identificativo Indicare il codice identificativo della documentazione allegata o esistente; ai singoli Scheda VeAC Norme per la compilazione 143 codici identificativi è da premettere (senza spazi o segni d’interpunzione) la sigla delle Soprintendenze o Istituti competenti (v. Lista Enti) o il nome di altri enti o privati. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. DRAA Autore Indicare l’autore della documentazione nella forma ‘cognome, nome’. DRAD Data Indicare la data di esecuzione della documentazione grafica, nella forma ‘anno’. VDC DOCUMENTAZIONE VIDEO-CINEMATOGRAFICA Indicazione della documentazione video, anche in formato digitale, del bene catalogato, allegata alla scheda di catalogo o esistente e depositata presso l’Ente schedatore o in altre raccolte. Il campo è ripetitivo. VDCX Genere Indicare se si tratta di documentazione allegata alla scheda di catalogo o di altra documentazione nota relativa al bene in esame. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Vocabolario chiuso documentazione allegata documentazione esistente VDCP Tipo Indicare il tipo di documentazione originale. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Vocabolario aperto film 35 mm. film 16 mm. film super 8 video VHS video super VHS video U-MATIC video BVU video Betacam video 1 pollice ecc. VDCR Autore Indicare l’autore della documentazione nella forma ‘cognome, nome’. VDCD Data Indicare la data della documentazione, espressa nella forma ‘anno/mese/giorno’. Nel caso si conosca solo l’anno, il giorno ed il mese saranno indicati da due zeri. 144 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario Es.: 2002/09/12 1971/00/00 VDCE Ente proprietario Indicare l’Ente proprietario della documentazione, se diverso dall’Ente schedatore. VDCA Titolo Indicare il titolo del documento videocinematografico. VDCC Collocazione Indicare il luogo in cui è conservata la documentazione, se diverso dall’Ente schedatore. VDCN Codice identificativo Indicare il codice identificativo della documentazione allegata o esistente; ai singoli codici identificativi è da premettere (senza spazi o segni d’interpunzione) la sigla delle Soprintendenze o Istituti competenti (v. Lista Enti) o il nome di altri enti o privati. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Es.: SBAS PR 32525 GNAM 25372 VDCT Note Indicare eventuali specifiche sulla ripresa. REG DOCUMENTAZIONE AUDIO Indicazione della documentazione audio, anche in formato digitale, del bene catalogato, allegata alla scheda di catalogo o esistente e depositata presso l’Ente schedatore o in altre raccolte. Il campo è ripetitivo. REGX Genere Indicare se si tratta di documentazione allegata alla scheda di catalogo o di altra documentazione nota relativa al bene in esame. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Vocabolario chiuso documentazione allegata documentazione esistente REGP Tipo Indicare il tipo di documentazione originale. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Vocabolario aperto cassetta audio cassetta DAT Scheda VeAC Norme per la compilazione 145 CD Rom compact disc disco 33 giri disco 45 giri disco 78 giri disco LP file digitale mini compact disc MiniDisc nastro magnetico in bobina ecc. REGA Autore Indicare l’autore della documentazione nella forma ‘cognome, nome’. REGD Data Indicare la data della documentazione, espressa nella forma ‘anno/mese/giorno’. Nel caso si conosca solo l’anno, il giorno ed il mese saranno indicati da due zeri. Es.: 2002/09/22 1971/00/00 REGE Ente proprietario Indicare l’Ente proprietario della documentazione, se diverso dall’Ente schedatore. REGZ Titolo Indicare il titolo del documento audio. REGC Collocazione Indicare il luogo in cui è conservata la documentazione, se diverso dall’Ente schedatore. REGN Codice identificativo Indicare il codice identificativo della documentazione allegata o esistente; ai singoli codici identificativi è da premettere (senza spazi o segni d’interpunzione) la sigla delle Soprintendenze o Istituti competenti (sulla base della ‘Lista Enti’ definita dall’ICCD) o il nome di altri enti o privati. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Es.: SBAS PR 32525 MART 25372 REGT Note Indicare eventuali specifiche sulla registrazione audio. 146 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario FNT FONTI E DOCUMENTI Informazioni, in ordine cronologico, su fonti e documenti in cui il bene è menzionato. Il campo va utilizzato anche per registrare le eventuali schede storiche che riguardano il bene. Il campo è ripetitivo. FNTX Genere Indicare se si tratta di documentazione allegata alla scheda di catalogo o di altra documentazione nota relativa al bene in esame. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Vocabolario chiuso documentazione allegata documentazione esistente FNTP Tipo Indicare la categoria di appartenenza della fonte o del documento. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Vocabolario aperto libro mastro atto notarile scheda storica ecc. FNTA Autore Indicare l’autore della fonte o del documento. Es.: Ugonio P. FNTT Denominazione Indicare il titolo della fonte o del documento. Es.: Diario ordinario FNTD Data Indicare la data della fonte o del documento, ad annum o per più ampio periodo cronologico. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Es.: 1588 sec. XVII FNTF Foglio/Carta Indicare il numero di foglio o di carta del documento che interessa il bene. Es.: fol. 1251 v. Scheda VeAC Norme per la compilazione 147 FNTN Nome archivio Indicare il nome dell’Archivio e/o dell’Istituzione, separato dal nome del fondo, quando presente, mediante una barra. La compilazione del sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Es.: Biblioteca Apostolica Vaticana/Vat.Lat. ASC - ICCD FNTS Posizione Indicare la posizione inventariale o l’identificativo numerico della fonte o del documento. La compilazione del sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. FNTI Codice identificativo Indicare il codice identificativo della documentazione. Tale codice alfanumerico deve avere carattere di univocità a livello locale e potrà essere determinato, ad esempio, dalla sigla dell’Archivio e/o dell’Istituzione di cui al sottocampo FNTN più il valore numerico (senza spazi o segni d’interpunzione) indicato al sottocampo FNTS. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Es.: AGS25382 ADM ALTRA DOCUMENTAZIONE MULTIMEDIALE Indicazioni sulla documentazione multimediale in formato digitale relativa al bene catalogato, realizzata in formati non compresi dalle norme ICCD, allegata alla scheda di catalogo o esistente e depositata presso l’Ente schedatore o in altre raccolte. Il campo è ripetitivo in quanto ogni documento va indicato singolarmente. La trasmissione di allegati informatizzati di questa tipologia deve essere preventivamente concordata con l’ICCD. ADMX Genere Indicare se si tratta di documentazione allegata alla scheda di catalogo, o di altra documentazione nota relativa al bene in esame. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Vocabolario chiuso documentazione allegata documentazione esistente ADMP Tipo Indicare il tipo di documentazione allegata e/o esistente ed il tipo di formato utilizzato per la sua produzione e memorizzazione. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Vocabolario aperto Realtà virtuale (VRLM) File musicale (MID) ecc. 148 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario ADMA Autore Indicare l’autore della documentazione nella forma ‘cognome, nome’ o la denominazione dello studio fotografico. ADMD Data Indicare la data in cui è stata effettuata la documentazione, espressa nella forma ‘anno, mese, giorno’ (aaaa/mm/gg). Nel caso in cui si conosca solo l’anno, il giorno e il mese andranno indicati con due zeri. ADME Ente/proprietario Indicare l’Ente proprietario della documentazione, se diverso dall’Ente schedatore. ADMC Collocazione Indicare il luogo in cui è conservata la documentazione, se diverso dall’Ente schedatore. ADMN Codice identificativo Indicare il codice identificativo della documentazione allegata o esistente; ai singoli codici identificativi è da premettere (senza spazi o segni d’interpunzione) la sigla delle Soprintendenze o Istituti competenti (v. Lista Enti) o il nome di altri enti o privati. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. ADMT Note Indicazioni specifiche sulla ripresa. BIB BIBLIOGRAFIA Informazioni relative alla bibliografia riguardante specificatamente il bene catalogato, e/o alla bibliografia essenziale di confronto, riportata in ordine cronologico ed in forma abbreviata. Le informazioni bibliografiche fanno riferimento ad Authority Files, con l’eccezione di quanto contenuto nel campo Citazione completa (BIL) da utilizzarsi nel caso di pubblicazioni riguardanti esclusivamente il bene catalogato. Il campo è ripetitivo. BIBX Genere Indicare se si tratta di bibliografia specifica sul bene catalogato oppure di bibliografia di confronto. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Vocabolario chiuso bibliografia specifica bibliografia di confronto NCUN Codice univoco ICCD Indicare il numero di codice che individua il testo in modo univoco a livello nazionale; il numero è assegnato dall’ICCD. Scheda VeAC Norme per la compilazione 149 BIBA Autore Indicare l’autore del testo nella forma ‘cognome, iniziali nome’; nel caso di più autori, i nomi vanno separati da una barra (‘/’) In presenza di più di tre autori o in totale assenza, si riportano le prime due parole del titolo (senza articoli e preposizioni). Nel caso di repertori comunemente noti con una sigla, indicare questa in luogo del nome dell’autore. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Es.: Giessen A. Head B.V./Le Rider G. RIC BIBD Anno di edizione Indicare l’anno di edizione dell’opera o del contributo. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Es.: 1990 BIBH Sigla per citazione Indicare il codice univoco che individua il testo nell’ambito di un repertorio locale; il numero è assegnato a cura dell’Ente schedatore ed ha valenza esclusivamente locale. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. BIBN V., pp., nn. Indicare l’eventuale volume in numeri romani, le pagine e/o i numeri di catalogo nei quali è stata fatta specifica menzione del bene in esame o dei confronti citati, nella forma redazionale indicata dagli esempi. Es.: v. I pp. 35-36 v. II p. 41 n. 50 BIBI V., tavv., ff. Indicare l’eventuale volume in numeri romani e il riferimento alle tavole o figure che riproducono il bene catalogato o i confronti citati, nella forma redazionale indicata dagli esempi. Es.: v. I tav. V ff. 6-8 BIL Citazione completa Indicare la citazione completa del testo. Questo campo va utilizzato solo nel caso in cui una specifica pubblicazione tratti esclusivamente del bene catalogato e non menzioni o descriva altri beni culturali; non va quindi utilizzato nel caso di bibliografia di confronto. Il campo è ripetitivo. BSE BIBLIOGRAFIA SU SUPPORTO ELETTRONICO Dati relativi alla bibliografia (specifica o di confronto) su supporto elettronico, sia che si tratti di opere pubblicate, sia che si tratti di informazioni in rete. Il campo è 150 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario ripetitivo per poter riportare, in ordine cronologico, tutti i diversi riferimenti bibliografici. A differenza del campo BIB, nel quale i testi sono citati in forma abbreviata (in quanto si richiede di compilare, per ognuno di essi, la scheda BIB per l’Archivio controllato ‘Bibliografia’) il campo BSE registrerà tutti i dati essenziali per l’individuazione del contributo bibliografico che si vuole citare. BSEX Genere Indicare se si tratta di bibliografia specifica sul bene catalogato oppure di bibliografia di confronto. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Vocabolario chiuso bibliografia specifica bibliografia di confronto BSES Tipo di supporto Indicare il tipo di supporto/risorsa elettronica sul quale sono memorizzati i dati. Nel caso di risorsa elettronica con accesso locale (supporto fisico inserito in una unità periferica collegata ad un computer), si riporta l’indicazione del supporto; nel caso di indicazione di una risorsa elettronica con accesso remoto (una risorsa in rete), se ne dà l’indicazione. Vocabolario aperto CD-ROM DVD Floppy disk Photo-CD risorsa elettronica con accesso remoto ecc. BSEA Autore/curatore dell’opera Indicare l’autore (nella forma ‘cognome iniziali nome’) o l’ente responsabile dell’opera che si vuole citare o della pubblicazione principale contenente il contributo che si vuole citare. In presenza di diversi autori responsabili dell’opera, si riporteranno tutti (fino a tre autori), separati dal segno ‘/’. In presenza di più di tre autori o in totale assenza, si riporteranno le prime due parole del titolo dell’opera (senza articoli e preposizioni). BSET Titolo dell’opera Indicare il titolo proprio della pubblicazione principale che si vuole citare o che comprende l’eventuale parte componente (il contributo specifico) da citare (cfr. sottocampo BSEC). Il titolo sarà desunto dall’etichetta esterna del supporto o dalla schermata interna (secondo il criterio di completezza delle informazioni), per le risorse elettroniche con accesso locale; dalla schermata interna, per le risorse elettroniche con accesso remoto. Scheda VeAC Norme per la compilazione 151 BSEL Luogo di edizione Indicare il nome della città o altra località nella quale il documento elettronico è stato pubblicato. Si riporta così come appare sul documento elettronico. Il nome dello Stato, Regione o simili sarà eventualmente aggiunto tra parentesi in forma abbreviata, se possibile, quando sia necessario per evitare omonimie oppure per meglio identificare un luogo poco conosciuto. Es.: Roma Cambridge (Mass.) Cassina de’ Pecchi (Milano) BSEE Editore/Produttore/Distributore Indicare il nome della persona o ente responsabile della pubblicazione e diffusione del documento elettronico. Il nome dell’editore può essere dato in forma abbreviata, purché non dia luogo ad ambiguità. Prenomi o iniziali saranno dati solo se necessario. Frasi come ‘and company’, ‘e figli’, ‘S.p.a.’, ecc., saranno omesse. Es.: SEI Wiley [e non : John Wiley & Sons] Microapplication BSED Data di edizione Indicare l’anno di pubblicazione, così come appare e trascritto in numeri arabi. Quando non vi è la data di pubblicazione/produzione o distribuzione, si dà in suo luogo la data di copyright o di manifattura. Es.: 1997 c1995 manifattura 1996 BSEN Edizione Specificare l’edizione, nella forma con cui è indicata sul documento elettronico. Es.: 12 ed. Versione 1.5 Release 1.A BSER Autore del contributo Indicare l’autore (nella forma ‘cognome iniziali nome’) o l’ente responsabile del contributo specifico/parte componente che si intende citare (contenuto all’interno dell’opera riportata al sottocampo BSET). In presenza di diversi autori responsabili del contributo, si riporteranno tutti (fino a tre autori), separati dal segno ‘/’. In presenza di più di tre autori o in totale assenza, si riporteranno le prime due parole del titolo del contributo/parte componente (senza articoli e preposizioni). 152 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario BSEC Titolo del contributo/parte componente Indicare il titolo proprio del contributo/parte componente che si intende citare (es.: capitolo, articolo, rubrica, ecc.). BSEK Specifiche Dati relativi alle indicazioni numeriche e/o cronologiche del periodico (numero, mese, anno). Le cifre arabe sostituiscono le altre cifre o la numerazione in lettere. Abbreviazioni normalizzate sono utilizzate al posto delle parole. Es.: N.1 (mar. 1982) 1973/dic. 1997 BSEI Indirizzo di rete Per le risorse elettroniche con accesso remoto, indicare l’indirizzo di rete (protocollo, nome del server, percorso, nome del file, ecc.) che consente di localizzare una risorsa elettronica. Es.: http://www.iccd.beniculturali.it/standard/index.html MST MOSTRE Elenco delle mostre in cui è stato esposto il bene catalogato, anche se già riportate in bibliografia. Il campo è ripetitivo. MSTT Titolo Indicare il titolo della mostra. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Es.: Pedalando nel tempo Cieli Medicei, XII Settimana della Cultura Scientifica in Toscana MSTL Luogo, sede espositiva, data Indicare la città in cui la mostra è stata allestita, seguita dalla sede espositiva e dalla data, espressa o con una cronologia specifica (aaaa; aaaa-aaaa; aaaa/mm/gg aaaa/mm/gg; gg mese per esteso aaaa – gg mese per esteso aaaa) oppure con una fascia cronologica generica di riferimento (sec. XX; seconda metà XIX secolo). Le diverse informazioni vanno separate da virgole. Il sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto ed è ripetitivo, nel caso in cui la mostra sia stata allestita in luoghi diversi, o nel caso in cui ad uno stesso luogo corrispondano sedi espositive diverse, o ancora nel caso in cui vadano registrati più riferimenti cronologici in relazione al luogo e alla sede. Es.: Firenze, Istituto e Museo di Storia della Scienza, 2004 Firenze, Istituto e Museo di Storia della Scienza, 8 Aprile - 31 Agosto 2002 MSTS Specifiche Indicare eventuali specifiche relative alla mostra o al luogo/ai luoghi in cui essa è stata allestita. Scheda VeAC Norme per la compilazione 153 * AD - ACCESSO AI DATI In questo paragrafo vengono registrate le indicazioni relative all’accesso ai dati, secondo le indicazioni dell’Ente fornitore, per l’utenza generica. La compilazione del paragrafo è obbligatoria per l’acquisizione della scheda nel Sistema Informativo Generale del Catalogo. * ADS SPECIFICHE DI ACCESSO AI DATI Indicazioni relative al profilo di accesso ai dati, alla motivazione che ha portato alla scelta di tale profilo, ad eventuali date di scadenza previste per consentire la visibilità completa delle informazioni sul bene. La compilazione del campo è obbligatoria. * ADSP Profilo di accesso Indicare il profilo di accesso in cui ricade la scheda con il numero al quale si riferisce la definizione scelta (le indicazioni fra parentesi sono per memoria del catalogatore). La compilazione del sottocampo è obbligatoria. Lista di valori 1 [intera scheda visibile] 2 [limitazione per privacy e tutela] * ADSM Motivazione Indicare la motivazione che ha determinato l’adozione del profilo di accesso specificato nel precedente sottocampo ADSP. La compilazione del sottocampo è obbligatoria. Vocabolario aperto scheda contenenti dati personali beni non adeguatamente sorvegliabili dati pubblicabili ecc. ADSD Indicazioni sulla data di scadenza Indicare l’eventuale data di scadenza per il profilo di accesso specificato nel sottocampo ADSP, nella forma ‘anno/mese/giorno’ (aaaa/mm/gg). Nel caso in cui si voglia indicare solo l’anno, il giorno e il mese andranno indicati con due zeri. Se questo sottocampo viene compilato, la modifica del profilo deve essere gestita manualmente in seguito e la scheda dovrà essere aggiornata e validata. 154 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario * CM - COMPILAZIONE In questo paragrafo vengono registrate le informazioni relative all’elaborazione e alla validazione scientifica della scheda, ad eventuali successive operazioni di trascrizione, di aggiornamento, di revisione. Le informazioni riguardano le date in cui tali operazioni sono state svolte e le persone intervenute e/o responsabili. La compilazione del paragrafo è obbligatoria. * CMP COMPILAZIONE Informazioni sulla redazione della scheda di catalogo. La compilazione del campo è obbligatoria. * CMPD Data Indicare l’anno di redazione della scheda, espresso in cifre. La compilazione del sottocampo è obbligatoria. Es.: 1999 * CMPN Nome Indicare il nome del/dei compilatore/i della scheda nella forma ‘cognome, nome’. Il sottocampo è ripetitivo nel caso di più autori e la sua compilazione è obbligatoria. Es.: Bianchi, Giulio RSR Referente scientifico Indicare il referente scientifico dell’attività di catalogazione che ha prodotto la scheda, quando questi non coincide con il funzionario responsabile, nella forma ‘cognome, nome’. Il campo è ripetitivo. * FUR Funzionario responsabile Indicare il funzionario responsabile della campagna di catalogazione nella forma ‘cognome, nome’. Il campo è ripetitivo nel caso di avvicendamenti di funzionari nelle varie fasi di lavoro di catalogazione e la sua compilazione è obbligatoria. RVM TRASCRIZIONE PER INFORMATIZZAZIONE Informazioni relative al trasferimento dei dati della scheda dal formato cartaceo tradizionale a quello strutturato per l’informatizzazione. RVMD Data Indicare l’anno della trascrizione della scheda, espresso in cifre. La compilazione del sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Scheda VeAC Norme per la compilazione 155 RVMN Nome Indicare il nome di chi ha effettuato la trascrizione della scheda nella forma ‘cognome, nome’. RVME Ente Indicare in codice l’Ente che ha curato la trascrizione per informatizzazione della scheda. Per Soprintendenze e altri Istituti si utilizza il codice, facendolo precedere dalla lettera ‘S’ (fatta eccezione per ICCD e ICR, per i quali si deve indicare la sola sigla). Per le Regioni si utilizza il codice, facendolo precedere dalla lettera ‘R’. Per le Province si utilizzano le sigle. Per le Diocesi si utilizza il codice, facendolo precedere dalla lettera ‘D’. Per i Comuni si utilizzano i codici ISTAT, facendoli precedere dalla lettera ‘C’. Per soggetti diversi da quelli evidenziati, i codici e le relative definizioni andranno concordati con l’ICCD. La compilazione del sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Vocabolario aperto Codici Enti (v. Lista Enti) con prefisso S Codici di Regione (v. Lista Regioni) con prefisso R Sigle delle Province (v. Lista Province) Codici delle Diocesi (v. Lista Diocesi) con prefisso D ecc. Es.: S08 R08 NA D576 AGG AGGIORNAMENTO - REVISIONE Informazioni sulla revisione del contenuto della scheda a seguito di sopralluoghi, di studi storico-critici, di ricerche bibliografiche, di eventi (es.: passaggi di proprietà) o altro, oppure per indicare il passaggio da una scheda di precatalogazione ad una scheda di catalogazione. Il campo è ripetitivo per registrare i successivi aggiornamenti della scheda. AGGD Data Indicare l’anno di aggiornamento - revisione della scheda, espresso in cifre. La compilazione del sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. AGGN Nome Indicare il nome di chi ha eseguito l’aggiornamento - revisione della scheda, nella forma ‘cognome, nome’. La compilazione del sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. AGGE Ente Indicare in codice l’Ente che ha curato l’aggiornamento-revisone della scheda. Per Soprintendenze e altri Istituti si utilizza il codice, facendolo precedere dalla lettera 156 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario ‘S’ (fatta eccezione per ICCD e ICR, per i quali si deve indicare la sola sigla). Per le Regioni si utilizza il codice, facendolo precedere dalla lettera ‘R’. Per le Province si utilizzano le sigle. Per le Diocesi si utilizza il codice, facendolo precedere dalla lettera ‘D’. Per i Comuni si utilizzano i codici ISTAT, facendoli precedere dalla lettera ‘C’. Per soggetti diversi da quelli evidenziati, i codici e le relative definizioni andranno concordati con l’ICCD. La compilazione del sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Vocabolario aperto Codici Enti (v. Lista Enti) con prefisso S Codici di Regione (v. Lista Regioni) con prefisso R Sigle delle Province (v. Lista Province) Codici delle Diocesi (v. Lista Diocesi) con prefisso D ecc. Es.: S08 R08 NA D576 AGGR Referente scientifico Indicare l’eventuale referente scientifico che ha seguito e/o coordinato l’attività di aggiornamento relativamente a settori specifici, nella forma ‘cognome, nome’. Il sottocampo è ripetitivo. AGGF Funzionario responsabile Indicare il funzionario responsabile dell’aggiornamento, nella forma ‘cognome, nome’. Il sottocampo è ripetitivo e la sua compilazione presenta un’obbligatorietà di contesto. ISP ISPEZIONI Ispezioni effettuate per constatare lo stato del bene catalogato. Il campo è ripetitivo. ISPD Data Indicare l’anno dell’ispezione. La compilazione del sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. ISPN Funzionario responsabile Indicare il funzionario responsabile dell’ispezione, nella forma ‘cognome, nome’. La compilazione del sottocampo presenta un’obbligatorietà di contesto. Scheda VeAC Norme per la compilazione 157 AN - ANNOTAZIONI In questo paragrafo vengono registrate eventuali notizie supplementari sul bene catalogato. OSS Osservazioni Informazioni sul bene catalogato per le quali non è stato possibile utilizzare gli altri campi della scheda. 158 Vestimenti antichi e contemporanei. Scheda VeAC e Lemmario FINITO DI STAMPARE FEBBRAIO 2010 DIREZIONE GENERALE PaBA AC Paesaggio Belle Arti Architettura e Arte Contemporanee Vestimenti antichi e contemporanei, pubblicato a cura della Direzione generale PaBAAC e dell’ICCD, raccoglie il frutto del lavoro congiunto di esperti e funzionari dell’Amministrazione che, attraverso un lungo e approfondito lavoro di riflessione sulle caratteristiche morfologiche e funzionali degli ‘oggetti tessili d’abbigliamento’ hanno definito, con la scheda di catalogo e il lemmario di riferimento, un modello descrittivo e di metodo per avviare un percorso di raccolta, analisi, sistematizzazione di informazioni e dati. Gran parte del volume è dedicato alla Scheda VeAC e al Lemmario, risultati di un progetto promosso dalla Commissione nazionale per la tutela e la valorizzazione delle arti decorative, della moda e del costume. Il Lemmario, su CD allegato al volume, è costituito da un database di oltre 400 schede e 600 immagini che offrono alle attività di catalogazione un utile supporto per l’individuazione delle diverse tipologie vestimentali, considerate lungo l’arco di tre secoli, e per il corretto uso del lessico di settore. Anche la scheda è corredata da un apparato di grafici illustrativi che guidano il catalogatore lungo l’intero percorso conoscitivo. Nella prima parte del volume sono inoltre raccolti saggi che presentano metodi e soluzioni adottati nelle realtà museali italiane per una corretta conservazione e fruizione di tale straordinario patrimonio culturale. La pubblicazione non è necessariamente rivolta agli ‘addetti ai lavori’ della tutela, conservazione e restauro, ma offre occasioni e spunti d’interesse a tutto quel pubblico che vive e lavora nel mondo del design, della moda e delle grandi sartorie.