Studio Preliminare Ambientale

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Studio Preliminare Ambientale
PREDISPOSIZIONE DI UNO STUDIO PRELIMINARE
AMBIENTALE RELATIVO AGLI INTERVENTI DI DIFESA
DELLA COSTA IN AREE PROTETTE, PER LA
RICOSTRUZIONE E LA DIFESA DEL LITORALE
COSTIERO TRA CAPO PORTIERE E TORRE PAOLA
NELLA PROVINCIA DI LATINA
Attività C3: Predisposizione di documentazione per lo Studio
Preliminare Ambientale
Novembre 2009
Responsabile del Programma:
Dott.ssa Luisa Nicoletti
Redazione dello studio:
Dott.ssa Silvia Bellacicco
INDICE
1
INTRODUZIONE
4
2
INQUADRAMENTO NORMATIVO, APPROCCIO E FINALITA’
5
3
STRUTTURA DELLO STUDIO PRELIMINARE AMBIENTALE
6
4
QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO
9
4.1
ISTITUZIONE DELL'ENTE PARCO NAZIONALE DEL CIRCEO (DPCM 04.04.2005)
10
4.2
PIANO DI GESTIONE DEL PARCO NAZIONALE DEL CIRCEO (IN ITINERE)
10
4.3
PIANO ANTINCENDI BOSCHIVI DEL PARCO NAZIONALE DEL CIRCEO (VALIDITÀ 2006/2010)
10
4.4
PTP – PIANO TERRITORIALE PAESISTICO (DGR 2280/87 E L.R. 24/98)
15
4.5
PTPR – PIANO TERRITORIALE PAESAGGISTICO REGIONALE
17
4.6
VINCOLO IDROGEOLOGICO (R.D.L N. 3267/23 E R.D. N. 1126/26)
21
4.7
PAI – PIANO STRALCIO PER L'ASSETTO IDROGEOLOGICO (DEL. REG. N. 5 DEL 13/12/2005)
22
4.8
PTPG – PIANO TERRITORIALE PROVINCIALE GENERALE DELLA PROVINCIA DI LATINA (IN ITINERE)25
4.9
PRG – PIANO REGOLATORE GENERALE DEL COMUNE DI SABAUDIA
25
4.10
PUA – PIANO UTILIZZO ARENILI DEL COMUNE DI SABAUDIA
25
QUADRO DI RIFERIMENTO PROGETTUALE
26
5.1
FASE DI CANTIERIZZAZIONE
28
5.1.1
Componenti progettuali - Fase di cantierizzazione
31
5.2
FASE DI FUNZIONAMENTO
33
5.3
FASE DI MANUTENZIONE
34
5.3.1
Componenti progettuali - Fase di manutenzione
37
5.4
NATURA E ORIGINE DEI SEDIMENTI
37
QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE
40
INQUADRAMENTO AMBIENTALE
40
5
6
6.1
2
6.1.1
Il Parco del Circeo
42
6.1.2
I siti di Importanza Comunitaria e le Zone di Protezione Speciale
50
6.1.3
Important Bird Areas
51
6.1.4
Le biocenosi bentoniche
51
6.1.5
I popolamenti ittici demersali
51
6.2
IDENTIFICAZIONE DELLE COMPONENTI AMBIENTALI
53
INDIVIDUAZIONE DEGLI IMPATTI
55
7.1
DESCRIZIONE DEGLI IMPATTI
59
7.1.1
Impatto sull’idrodinamica costiera
59
7.1.2
Impatti derivanti dalle componenti progettuali
61
MANUTENZIONE DI FOCE CATERATTINO
65
7
8
3
1
INTRODUZIONE
L’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), già ICRAM, nell’ambito della
Convenzione di Ricerca per la salvaguardia del tratto di costa della Provincia di Latina compreso tra Capo
Portiere e Torre Paola (rif. prot. ICRAM n. 6413/08), è stato incaricato di predisporre uno “Studio Preliminare
Ambientale relativo agli interventi di difesa della costa in aree protette, per la ricostruzione e la difesa del
litorale compreso tra Capo Portiere e Torre Paola nella Provincia di Latina”.
Tale convenzione ha previsto l’esecuzione di diverse attività con l’obiettivo di individuare le criticità ambientali
e valutare la fattibilità di diversi scenari di intervento di difesa costiera. Queste attività sono state articolate in
diversi studi:
-
Caratterizzazione ambientale (analisi critica dei dati bibliografici relativamente ai principali parametri
ambientali - Attività A1);
-
Campagne operative in mare per la verifica dei molluschi bivalvi di interesse commerciale presenti sulla
fascia costiera (Attività A2);
-
Caratterizzazione dell’apparato dunale (Attività B);
-
Climatologia, morfologia e dinamica litoranea, completa di simulazione degli scenari evolutivi con diverse
tipologie di intervento e valutazione economica comparativa (Attività C1 e C2);
-
Predisposizione di documentazione per lo Studio Preliminare Ambientale (Attività C3).
Il presente studio riporta i risultati dell’Attività C3, corrispondente alla predisposizione di uno schema di Studio
Preliminare Ambientale (SPA) relativo agli scenari preliminari di intervento di difesa costiera che sono emersi
dalla precedente fase modellistica C2, riferiti al tratto di litorale antistante il lago Monaci formalmente indicato
dalla Provincia di Latina con lettera prot. ISPRA 024959 del 11/06/09 (litorale tra Rio Martino e Idrovora
Lavorazione per circa 3400 m, all’interno del Parco del Circeo).
Gli scenari di intervento (oltre all’opzione zero) sono i seguenti:
- scenario 1: intervento morbido con solo ripascimento;
- scenario 2: intervento con ripascimento protetto da pennelli;
- scenario 3: intervento con ripascimento protetto da barriera sommersa.
Tutti gli scenari proposti prevedono anche la ricostruzione della duna, con ripascimento a sua protezione.
4
2
INQUADRAMENTO NORMATIVO, APPROCCIO E FINALITA’
Lo studio prevede la definizione di uno schema specifico, personalizzato e originale per il supporto alla
predisposizione di uno SPA in un’area costiera protetta riferito a 3 scenari preliminari di interventi per la difesa
della costa. Il relativo SPA potrà essere successivamente predisposto e presentato all’Autorità competente
sulla base di tale schema, qualora il proponente decida di intraprendere la procedura di autorizzazione
ambientale VIA. Lo schema di SPA oggetto di questo studio, infatti, è coerente con quanto disposto dal D.Lgs
n. 4 del 16.01.2008 (che disciplina la procedura di Valutazione di Impatto Ambientale aggiornando le
disposizioni del precedente D.Lgs. 152 del 3 aprile 2006), e in particolare con le prescrizioni dell’art. 20 e degli
allegati IV e V che definiscono le tipologie di interventi soggetti alla verifica di assoggettabilità alla procedura di
VIA e i criteri per la redazione del relativo studio preliminare ambientale, con specifico riferimento a
caratteristiche e localizzazione del progetto e caratteristiche degli impatti potenziali. L’intervento, in tutte le 3
ipotesi progettuali, rientra infatti in quelli inclusi nell’elenco di cui all’allegato IV del suddetto decreto legislativo
che al punto n) riporta: “opere costiere destinate a combattere l’erosione e lavori marittimi volti a modificare la
costa, mediante la costruzione di dighe, moli ed altri lavori di difesa del mare”. Poiché inoltre l’eventuale
intervento si colloca in area protetta (Parco Nazionale del Circeo, zona SIC e ZPS), lo stesso ricade
direttamente sotto la procedura di VIA regionale, nonché di Valutazione di Incidenza.
Lo schema di SPA di seguito presentato, inoltre, è coerente anche con i contenuti dello Studio di Prefattibilità
Ambientale, uno dei documenti componenti il progetto preliminare così come previsto dalla normativa in
materia di lavori pubblici. Per gli interventi ricadenti sotto la procedura di valutazione di impatto ambientale
(come in questo caso), lo Studio di Prefattibilità Ambientale contiene le informazioni necessarie allo
svolgimento della fase di selezione preliminare dei contenuti dello studio di impatto ambientale. Nel caso di
interventi per i quali si rende necessaria la procedura di selezione prevista dalle direttive comunitarie (esempio
la Valutazione di Incidenza), lo Studio di Prefattibilità Ambientale consente di verificare che questi non
possono causare impatto ambientale significativo ovvero deve consentire di identificare misure prescrittive tali
da mitigare tali impatti.
Pertanto, il presente schema di SPA si configura come uno strumento di supporto indispensabile per la
predisposizione opportuna di diversi documenti necessari all’iter autorizzativo del progetto.
5
3
STRUTTURA DELLO STUDIO PRELIMINARE AMBIENTALE
Al fine di rendere lo schema di seguito presentato uno strumento più valido per la predisposizione dello SPA, e
del successivo Studio di Impatto Ambientale (SIA), si è convenuto di strutturare lo schema già come richiesto
dal D.Lgs. 04/2008 per il SIA. Il decreto legislativo, all’allegato VII, dispone infatti che il SIA debba contenere le
seguenti informazioni:
PARTE INTRODUTTIVA
-
Descrizione del progetto con informazioni relative alle sue caratteristiche, alla sua localizzazione ed alle sue
dimensioni;
-
Rapporti del progetto con la pianificazione di settore specifico, dei piani territoriali di riferimento, degli altri piani di
settore potenzialmente interessati e con i vincoli normativi.
DESCRIZIONE DEL PROGETTO
-
Contenuti tecnici generali dell’opera;
-
Descrizione delle caratteristiche fisiche dell’insieme del progetto e delle esigenze di utilizzazione del suolo durante
le fasi di costruzione e funzionamento;
-
Descrizione delle principali caratteristiche dei processi produttivi, con l’indicazione, della natura e delle quantità dei
materiali impegnati;
-
-
Valutazione del tipo e della quantità dei residui e delle emissioni previsti risultanti dall’attività del progetto proposto:
•
inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo;
•
rumore;
•
vibrazione;
•
luce;
•
calore;
•
radiazioni.
Descrizione della tecnica prescelta, con riferimento alle migliori tecniche disponibili a costi non eccessivi e delle
altre tecniche previste per prevenire le emissioni degli impianti e per ridurre l’utilizzo delle risorse naturali,
confrontando le tecniche prescelte con le migliori tecniche disponibili.
6
DESCRIZIONE DELLE MISURE PREVISTE
-
Descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e possibilmente compensare gli impatti negativi rilevanti;
-
Descrizione delle misure previste per il monitoraggio.
INDIVIDUAZIONE DELLE ALTERNATIVE
-
Descrizione delle principali alternative prese in esame dal proponente, ivi compresa la cosiddetta opzione zero, con
indicazione delle principali ragioni della scelta, sotto il profilo dell'impatto ambientale;
-
Motivazione della scelta progettuale, sotto il profilo dell'impatto ambientale;
-
Comparazione delle alternative prese in esame con il progetto presentato, sotto il profilo dell'impatto ambientale.
INDIVIDUAZIONE DEGLI IMPATTI
-
Descrizioni delle componenti dell’ambiente potenzialmente soggette ad un impatto importante del progetto
proposto con particolare riferimento:
-
•
alla popolazione;
•
alla fauna;
•
alla flora;
•
al suolo;
•
all’acqua;
•
all’aria;
•
ai fattori climatici;
•
ai beni materiali, compreso il patrimonio architettonico e archeologico;
•
al patrimonio agroalimentare;
•
al paesaggio;
•
all’interazione tra tutti i vari fattori.
Descrizione dei probabili impatti rilevanti (diretti ed eventualmente indiretti, secondari, cumulativi, a breve e lungo
termine, permanenti e temporanei, positivi e negativi) del progetto proposto sull’ambiente dovuti:
•
all’esistenza del progetto
•
all’utilizzazione delle risorse naturali
•
all’emissione di inquinanti
•
alla creazione di sostanze nocive
•
allo smaltimento dei rifiuti
7
-
Descrizione dei metodi di previsione utilizzati per valutare gli impatti sull’ambiente.
-
Descrizione degli elementi culturali e paesaggistici eventualmente presenti, dell’impatto su di essi delle
trasformazioni proposte e delle misure di mitigazione e compensazione necessarie.
SINTESI NON TECNICA
-
Sintesi non tecnica delle caratteristiche dimensionali e funzionali del progetto e dei dati ed informazioni contenuti
nello studio stesso inclusi elaborati grafici. La documentazione dovrà essere predisposta al fine consentirne
un'agevole comprensione da parte del pubblico ed un'agevole riproduzione.
SOMMARIO DELLE EVENTUALI DIFFICOLTÀ
-
Sommario delle eventuali difficoltà, lacune tecniche o mancanza di conoscenze) incontrate dal proponente nella
raccolta dei dati richiesti e nella previsione degli impatti.
Pertanto lo schema di SPA è stato costruito rispettando la seguente struttura, che garantisce la declinazione
dei punti sopra citati:
-
Quadro di riferimento Programmatico;
-
Quadro di riferimento Progettuale;
-
Quadro di riferimento Ambientale;
-
Individuazione degli Impatti.
8
4
QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO
Il Quadro di riferimento Programmatico dello SPA deve fornire le relazioni tra l’opera progettata e gli atti di
pianificazione e programmazione territoriale, e in particolare:
- la descrizione del progetto in relazione agli stati di attuazione degli strumenti pianificatori di settore e
territoriali;
- la descrizione dei rapporti di coerenza del progetto con gli obiettivi perseguiti dagli strumenti pianificatori.
Il tratto costiero oggetto di studio ricade completamente nel territorio amministrato dal Comune di Sabaudia, in
Provincia di Latina. Inoltre l’area ricade completamente all’interno del Parco Nazionale del Circeo. Di
conseguenza, qui insistono diversi atti di pianificazione e programmazione territoriale e ambientale, e in
particolare è stata individuata la gerarchia dei piani territoriali che regolano questo tratto:
-
Vincolo Ente Parco Nazionale del Circeo (DPCM 04.04.2005), Piani di tutela, Piano del Parco Nazionale
del Circeo (in itinere);
-
Piani Paesaggistici (Vincolo Paesaggistico ex Legge 149/39): PTP – Piano Territoriale Paesaggistico,
PTPR – Piano Territoriale Paesaggistico Regionale, PTPG – Piano Territoriale Provinciale Generale (in
itinere);
-
Vincolo Idrogeologico R.D.L. n. 3267/23 e R.D. n. 1126/26: PAI – Piano Stralcio per la Difesa dal Rischio
Idrogeologico;
-
PRG – Piano Regolatore Generale Comunale;
-
Piani attuativi: PUA – Piano di Utilizzo Arenili.
Lo SPA dovrà confermare la coerenza e la corrispondenza dell’intervento di difesa costiera progettata con le
previsioni e le indicazioni contenute negli atti di pianificazione citati.
Durante la predisposizione dello SPA, andranno infine identificati eventuali vincoli territoriali che possono
influenzare nei tempi e nei modi l’esecuzione delle opere di difesa costiera, come ad esempio aree vincolate
(poligoni militari, cavi marini, oleodotti, etc.), condotte a mare (depuratori, scarichi, etc..), etc.
Di seguito si riporta una sintesi degli obiettivi degli strumenti pianificatori individuati al fine di individuare le
sezioni o gli articoli che potrebbero interessare un intervento di difesa costiera nel tratto oggetto di studio. Si
invita comunque a verificare l’esistenza di nuovi ulteriori piani, o aggiornamenti e adozioni di quelli esistenti,
nel momento in cui verrà progettato l’intervento e quindi redatto lo SPA o direttamente il SIA.
9
4.1
Istituzione dell'Ente Parco Nazionale del Circeo (DPCM 04.04.2005)
Il Decreto istituisce l'Ente Parco Nazionale del Circeo, allo scopo di conservare, tutelare e valorizzare il
patrimonio naturalistico e per la promozione e lo sviluppo del turismo e delle attività compatibili. Nel territorio
del Parco, fino all'approvazione del piano di gestione di cui all'art. 12 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, e
successive modificazioni, si applicano le norme di tutela previste dai Piani territoriali paesistici Ambito 10
«Latina», Ambito 13 «Terracina, Ceprano, Fondi» e Ambito 14 «Cassino, Gaeta, Ponza», approvati dalla
legge regionale 6 luglio 1998, n. 24, ovvero, a decorrere dalla data della sua approvazione, dal Piano
territoriale paesistico regionale di cui all'art. 21 della legge regionale n. 24 del 1998.
L’art. 2 lettera e) dell’Allegato A “Disciplina di Tutela del Parco Nazionale del Circeo” indica che nell’ambito del
territorio del parco sono assicurate, tra le altre, la difesa e ricostituzione degli equilibri idraulici ed idrogeologici.
4.2
Piano di Gestione del Parco Nazionale del Circeo (in itinere)
Il Piano di Gestione del parco è previsto dalla Legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive modificazioni. Al
momento il piano è in fase di redazione, perciò si raccomanda di verificare l’approvazione dello stesso quando
verrà progettato l’intervento di difesa costiera e si dovrà quindi procedere alla redazione dello SPA o del SIA.
Si ricorda che nella gerarchia della pianificazione territoriale il Piano del Parco è il primo strumento
pianificatorio.
4.3
Piano Antincendi Boschivi del Parco Nazionale del Circeo (Validità 2006/2010)
Il piano è stato introdotto dalla Legge 21 novembre 2000, n. 353 "Legge-quadro in materia di incendi boschivi"
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 280 del 30 novembre 2000.
La necessità di diversificare la pianificazione AIB nelle aree protette da quelle del rimanente territorio è stata
sottolineata dal legislatore con la legge 353/2000, che prevede la predisposizione di un apposito piano per le
aree protette statali (art. 8 comma 2).
Il Piano individua le aree omogenee per gravità, pericolosità e rischio di incendi e impatto atteso.
Il comune di Sabaudia ha un profilo di gravità basso e uno di pericolosità di pericolosità caratterizzato da
incendi molto frequenti ma solitamente piccoli. Il rischio d’incendi prevalente è medio come altrettanto lo è
l’impatto atteso. Vanno segnalati tre casi che si discostano dall’andamento generale:
10
•
La Cerreta, “ La Selva” che a fronte di un Rischio d’incendio basso presenta un impatto atteso molto alto;
•
Boschi aperti di cerro e farneto con nuclei di pre-bosco che presentano un rischi d’incendi medio ma con
un impatto atteso molto alto;
•
Le aree lungo la costa sulla duna coperte da Ginepro fenicio e da Ginepro coccolone hanno un rischio
d’incendio alto così come l’impatto atteso.
Si evidenzia di seguito la diversa classificazione delle aree del Parco, attraverso gli elaborati cartografici di
piano (Fig. 4.1, 4.2, 4.3).
11
Figura 4.1.Mappatura del rischio d’incendio all’interno del Parco.
12
Figura 4.2.Mappatura dell’impatto degli incendi all’interno del Parco.
13
Figura 4.3.Mappatura dell’intensità lineare degli incendi all’interno del Parco.
14
4.4
PTP – Piano Territoriale Paesistico (Dgr 2280/87 e L.R. 24/98)
La Pianificazione paesistica e la tutela dei beni e delle aree sottoposte a vincolo paesistico sono regolate dalla
L.R. 24/98 che ha introdotto il criterio della tutela omogenea, sull'intero territorio regionale, delle aree e dei
beni previsti dalla Legge Galasso n. 431/85 e di quelli dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi della
L.1497/39, da perseguire anche attraverso la redazione di un nuovo strumento di pianificazione. Con la L.R.
24/98 sono stati contestualmente approvati i Piani Territoriali Paesistici (PTP) in precedenza adottati
limitatamente alle aree ed ai beni dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi della L.1497/39 (Decreti
Ministeriali e provvedimenti regionali) e a quelli sottoposti a vincolo paesistico ai sensi dell'articolo 1 della
L.431/85: fasce costiere marine, fasce costiere lacuali, corsi delle acque pubbliche, montagne sopra i 1200
m.t. s.l.m., parchi e riserve naturali, aree boscate, aree delle università agrarie e di uso civico, zone umide,
aree di interesse archeologico.
L’Ambito territoriale del PTP che interessa l’area oggetto di studio è il n° 13 “Terracina Ceprano Fondi”.
Le norme tecniche del PTP, in questa zone, indicano il livello di pianificazione come all’Art. 27 – Zona I/b
“Lago Monaci, Lago di Caprolace, riserva naturale Pantani e aree adiacenti costiere e interne comprese tra
Rio Martino e lo sbocco al mare delle Nocchia” (Fig. 4.4): in questa zona sono consentite dal punto di vista
edilizio solo le opere di manutenzione ordinaria della viabilità e dei fabbricati esistenti. La viabilità deve
assumere carattere locale. Nelle zone umide e lungo le coste marittime e dei laghi devono essere preservate
le caratteristiche sabbiose e torbose dei luoghi senza alterazione della duna e della vegetazione autoctona.
Gli attraversamenti della duna devono essere realizzati con passerelle in legno o simili. E’ vietata
l’installazione di chioschi e la creazione di aree di parcheggio. Nel Rio Martino sono vietate la navigazione e
l’installazione di attrezzature d’attracco; è consentita l’installazione di piccoli pontili in legno ed è ammesso
l’adeguamento della bocca d’accesso.
Nel Rio Martino e nei laghi adiacenti dei Monaci e di Caprolace è consentita la pesca con l’esclusione di reti e
bilance. Le colture agricole possono essere consentite. La tutela integrale si intende estesa ad una fascia
marittima di protezione esterna di 500 m dalla linea di costa, e in tale spazio è vietato il transito di natanti a
motore e la pesca, compresa quella subacquea.
Sono consentite tutte le opere inerenti la valorizzazione dei beni archeologici di iniziativa della
Soprintendenza.
15
Figura 4.4 Stralcio del PTP – Piano Territoriale Paesistico vigente
16
4.5
PTPR – Piano Territoriale Paesaggistico Regionale
Il PTPR è lo strumento di pianificazione attraverso cui, nel Lazio, la Pubblica Amministrazione disciplina le
modalità di governo del paesaggio, indicando le relative azioni volte alla conservazione, valorizzazione, al
ripristino o alla creazione di paesaggi. Il PTPR è stato adottato dalla Giunta Regionale con atti n. 556 del 25
luglio 2007 e n. 1025 del 21 dicembre 2007, ma non è ancora stato approvato poiché in controdeduzione.
Dopo l'approvazione, il PTPR sostituirà sia nella parte normativa che in quella cartografica i piani territoriali
paesistici vigenti (PTP).
Il PTPR prevede i seguenti elaborati di piano:
-
Sistemi ed ambiti di paesaggio - Tavola A da 1 a 42 redatte sulla Carta Tecnica Regionale alla scala
1:10.000 e riprodotte per la stampa alla scala 1:25.000 e Quadro sinottico con la legenda;
-
Beni paesaggistici - Tavola B da 1 a 42 redatte sulla Carta Tecnica Regionale alla scala 1:10.000 e
riprodotte per la stampa alla scala 1:25.000 e Quadro sinottico con la legenda;
Nello specifico, gli articoli che normano la parte di territorio oggetto di studio sono:
Sistemi ed ambiti di paesaggio - Tavola A – tavola 39
CAPO II (Disciplina di Tutela, d'uso dei paesaggi)
art.16 (I sistemi di paesaggio – individuazione)
art.21 (paesaggio naturale)
Tab. A Paesaggio Naturale – Definizione delle componenti del paesaggio e degli obiettivi di qualità paesistica
Tab. C Paesaggio Naturale – Norma regolamentare
art.22 (paesaggio naturale agrario)
art.23 (paesaggio naturale di continuità)
CAPO III (Modalità di tutela delle aree tutelate per legge)
art.33 (protezione delle fasce costiere marittime)
CAPO VI (Attuazione)
art.55 (strumenti di attuazione del PTPR e misure incentivanti)
Beni Paesaggistici - Tavola B – tavola 39
CAPO I (Disposizioni generali)
art.8 (beni paesaggistici art.134 co 1 lett a del Codice)
CAPO III (Modalità di tutela delle aree tutelate per legge)
art.33 (protezione delle fasce costiere marittime)
art.34 (protezione delle coste dei laghi)
art.35 (protezione dei corsi delle acque pubbliche)
art.37 (protezione dei parchi e delle riserve naturali)
art.40 (protezione delle zone umide)
CAPO VI (Modalità di tutela degli immobili e le aree tipizzati ed individuati nel PTPR)
art.45 (beni puntuali e lineari diffusi testimonianza dei caratteri identitari archeologici e storici e territori contermini)
17
Fig. 4.5 Stralcio e legenda della tavola 39 / Tavola A – Sistemi e Ambiti del Paesaggio (PTPR)
18
Figura 4.6 Stralcio Tabella A Paesaggio Naturale – Definizione delle componenti del paesaggio e degli obiettivi di qualità paesistica
(PTPR)
Figura 4.7 Stralcio Tabella C Paesaggio Naturale – Norma regolamentare (PTPR)
19
Fig. 4.8 Stralcio e legenda della tavola 39 / Tavola B – Beni Paesaggistici (PTPR)
20
4.6
Vincolo idrogeologico (R.D.L n. 3267/23 e R.D. n. 1126/26)
S’intende per Vincolo Idrogeologico l’assoggettamento a determinati controlli allo scopo di limitare l’uso di
“terreni di qualsiasi natura e destinazione che, per effetto di determinate forme d’utilizzazione, possono con
danno pubblico subire denudazioni, perdere stabilità o turbare il regime delle acque”. Il Vincolo Idrogeologico è
disciplinato dagli articoli 1-16 del R.D.Legge 30.12.1923 n. 3267.
Si intende per Vincolo Forestale le limitazioni all’utilizzazione cui sono sottoposti i boschi, “che per la loro
speciale ubicazione, difendono terreni o fabbricati dalla caduta di valanghe, dal rotolamento di sassi, dal
sorrenamento e dalla furia dei venti, e quelli ritenuti utili per le condizioni igieniche locali”. Il Vincolo Forestale è
disciplinato dagli articoli 17-23 del R.D.Legge 30.12.1923 n. 3267.
In merito all’iter istruttorio relativo al vincolo idrogeologico, si riporta il seguente articolo del R.D. n. 1126/26:
Art. 3 - Riferimenti normativi in materia di uso del suolo: la documentazione tecnica progettuale deve
dimostrare l’avvenuto rispetto oltreché degli indirizzi e delle prescrizioni espressi dalla normativa specifica in
materia di vincolo idrogeologico, Legge Forestale, Regolamento Forestale e Prescrizioni di Massima e Polizia
Forestale (di seguito indicate con P.M.P.F.), anche della successiva normativa che abbia come obiettivi la
difesa del suolo e la prevenzione di dissesti del territorio. In particolare:
Disciplina delle aree protette
Legge del 08.08.85 n°431 di conversione con modificazioni del D.L. n°312/85 “Disposizioni urgenti per la
tutela delle zone di particolare interesse ambientale”, comprende tra le zone di particolare interesse
ambientale i territori coperti da foreste e boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti
a vincolo di rimboschimento. Per questa categoria di beni, e più in generale nell’ambito della disciplina dell’uso
delle risorse e difesa del suolo, la regione Lazio ha introdotto, con Deliberazione di G.R. n° 4340, una direttiva
in merito alle modalità di progettazione e realizzazione degli interventi in materia di difesa del suolo.
Per effetto di tale direttiva, sono vietati:
•
manufatti in calcestruzzo (muri di sostegno, briglie, traverse). Sono ammessi se adiacenti ad opere d’arte
purché sia minimizzato l’impatto visivo;
•
scogliere in pietrame o gabbionate non rinverdite;
•
rivestimenti di alvei e di sponde fluviali in calcestruzzo;
•
tombinamenti di corsi d’acqua;
•
rettificazioni o modifiche dei tracciati naturali dei corsi d’acqua;
21
•
eliminazione completa della vegetazione riparia arbustiva e arborea.
Disciplina per il governo delle acque
R.D. del 25.07.1904 n°523 “Testo unico sulle opere idrauliche”;
R.D. del 11.12.33 n°1775 “Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici”;
Legge del 05.01.94 n°36 “Disposizioni in materia di risorse idriche”;
D.P.R. del 18.02.99 n°238 “Regolamento recante norme per l’attuazione di talune disposizioni della Legge 5
gennaio 1994 n. 36, in materia di risorse idriche”;
L.R. del 11.12.98 n°53 “Organizzazione regionale della difesa del suolo in applicazione della legge 18 maggio
1989, n. 183”;
Del. Reg. n°5817 del 14.12.99 “… Direttive per l’individuazione delle aree di salvaguardia delle acque
destinate al consumo umano”;
Queste Leggi stabiliscono quali “lavori ed atti sono vietati in modo assoluto sulle acque pubbliche, loro alvei,
sponde e difese”. In particolare, l’art. 1 della Legge 36/94 considera pubbliche “tutte le acque superficiali e
sotterranee ancorché non estratte dal sottosuolo e costituiscono una risorsa che è salvaguardata ed utilizzata
secondo i criteri di solidarietà”.
L’art. 31 della L.R. n. 53/98 disciplina la manutenzione dei corsi d’acqua.
Le autorizzazioni ad operare in ambiti sottoposti a Vincolo Idrogeologico ed i Nulla Osta in sanatoria sono
individuati secondo quattro diverse tipologie e quindi quattro sono le procedure da seguire per la loro richiesta:
Tab.A "Tipologie degli interventi in zone boscate e non" art. 21 R.D.L. 1126/26
Tab.B "Tipologie degli interventi in zone boscate" art. 21 R.D.L. 1126/26
Tab.B "Tipologie degli interventi in zone non boscate" art. 20 R.D.L.1126/26
Tab.C "Tipologie degli interventi in zone non boscate" art. 20 R.D.L.1126/26
4.7
PAI – Piano Stralcio per l'Assetto Idrogeologico (Del. Reg. n. 5 del 13/12/2005)
Il Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico ha valore di piano territoriale di settore e rappresenta lo strumento
conoscitivo, normativo e tecnico-operativo mediante il quale l’Autorità dei Bacini Regionali del Lazio,
nell’ambito del territorio di propria competenza, pianifica e programma le azioni e le norme d’uso finalizzate
22
alla tutela e alla difesa delle popolazioni, degli insediamenti, delle infrastrutture, del suolo e del sottosuolo.
Con il PAI l’Autorità svolge, ai sensi del Dlgs. 152/2006 e delle Leggi Regionali 53/98 e 39/96, le attività di
pianificazione, programmazione e coordinamento degli interventi attinenti la difesa del suolo. In particolare, il
PAI riguarda sia l'assetto geomorfologico, relativo alla dinamica dei versanti e al pericolo d'erosione e di frana,
sia l'assetto idraulico, relativo alla dinamica dei corsi d'acqua e al pericolo d'inondazione, nonché la definizione
delle esigenze di manutenzione, completamento ed integrazione dei sistemi di difesa esistenti in funzione del
grado di sicurezza compatibile e del loro livello di efficienza ed efficacia.
Il PAI è costituito dai seguenti elaborati:
a) relazione tecnica;
b) norme di attuazione;
c) cartografie:
• Tavola 1: Carta di sintesi del PAI – scala 1:100.000;
• Tavola 2: Aree sottoposte a tutela per dissesto Idrogeologico – scala 1:25.000 (su base C.T.R. 1:10.000);
• Tavola 3: Catasto delle opere di difesa - scala 1:175.000 (su base C.T.R. 1:100.000);
d) schede degli interventi previsti per le aree a rischio:
• Schede intervento relative a situazioni di rischio per movimenti franosi disponibili per la consultazione
presso l’ABR Lazio;
Nella fattispecie, l’area oggetto di studio ricade all’interno della Tavola 2.08 SUD (Aggiornamento: 30/06/08)
(Fig. 4.9). I seguenti articoli normano quest’area:
ART. 9 (Aree di attenzione);
ART. 19 (Disciplina e aggiornamento delle carte di pericolosità nelle aree di attenzione per pericolo di frana);
ART. 27 (Disciplina delle aree d'attenzione idraulica).
23
Figura. 4.9 Stralcio della tavola 2.08 SUD (Aggiornamento: 30/06/08) PAI – Aree Sottoposte a Tutela per Pericolo e Rischio di Frana e d’Inondazione
24
4.8
PTPG – Piano Territoriale Provinciale Generale della Provincia di Latina (in itinere)
La Provincia di Latina ha redatto il "Piano Territoriale Provinciale Generale (PTPG)" come previsto dalla Legge
Regionale n. 38 del 1999, quale strumento finalizzato a delineare gli indirizzi per il governo del territorio. Al
momento il piano non è ancora stato approvato, perciò si raccomanda di verificare l’approvazione dello stesso
quando verrà progettato l’intervento di difesa costiera e si dovrà quindi procedere alla redazione dello SPA o
del SIA.
4.9
PRG – Piano Regolatore Generale del Comune di Sabaudia
Il Piano Regolatore Generale è lo strumento che regola l'attività edificatoria nel territorio comunale. È uno
strumento redatto da un singolo comune o da più comuni limitrofi e contiene indicazioni sul possibile utilizzo o
tutela delle porzioni del territorio cui si riferisce.
Si raccomanda di verificare i contenuti delle norme tecniche del PRG del Comune di Sabaudia relativamente
agli articoli che normano questo tratto di territorio.
4.10 PUA – Piano Utilizzo Arenili del Comune di Sabaudia
I piani regolatori possono prevedere l'utilizzo di strumenti più dettagliati per definire i nuovi interventi previsti,
come il Piano Utilizzo Arenili che norma la fascia demaniale marittima utilizzabile ai fini turistico-balneari.
Nel PUA del Comune di Sabaudia il tratto oggetto di studio è indicato come “Area a verde pubblico”. Si
raccomanda di verificare i contenuti delle relative norme tecniche.
25
5
QUADRO DI RIFERIMENTO PROGETTUALE
Il Quadro di riferimento Progettuale dello SPA deve fornire la descrizione dell’opera progettata in tutte le sue
fasi e nelle sue componenti progettuali, nei limiti della definizione possibile dato lo stato preliminare (scenari di
intervento) del progetto stesso.
Dal punto di vista procedurale, quindi, l’intervento deve essere scomposto nelle fasi di realizzazione,
funzionamento ed eventuale smantellamento, al fine di individuare le caratteristiche, i processi e i prodotti che
possono influenzare l’ambiente.
Nel caso specifico oggetto del presente studio, i tre scenari di intervento per la difesa costiera possono
essere suddivisi in una fase di cantierizzazione, una di funzionamento (che coincide con l’azione di difesa
dell’ambiente costiero esercitata dall’intervento stesso rispetto alle forzanti meteomarine) e una di
manutenzione (ripascimenti periodici non strutturali e rifioriture di pennelli e barriere).
I 3 scenari prefigurati nel rapporto di Fase C2 sono i seguenti:
Scenario 1: intervento morbido con solo ripascimento (Fig. 5.1)
Scenario 2: intervento con ripascimento protetto da pennelli (Fig. 5.2)
Scenario 3: intervento con ripascimento protetto da barriera sommersa (Fig. 5.3)
Figura 5.1. Scenario 1: intervento morbido con solo ripascimento.
26
Figura 5.2. Scenario 2: intervento con ripascimento protetto da pennelli.
Figura 5.3. Scenario 3: intervento con ripascimento protetto da barriera sommersa.
27
5.1
Fase di cantierizzazione
Lo SPA dovrà includere la descrizione delle attività di cantiere previste dal progetto preliminare, distinte sia
operativamente sia temporalmente, col maggior dettaglio possibile:
-
la costruzione dei pennelli o della barriera, ove previsti;
-
il ripascimento del litorale;
-
la ricostruzione della duna.
Lo SPA inoltre dovrà descrivere lo scenario evolutivo del tratto di costa in assenza degli interventi proposti
(opzione zero). Tale descrizione è riportata in modo esaustivo nel rapporto di Fase C2, a cui si rimanda.
In questo stadio, le informazioni fornite dal rapporto della Fase C2 in merito agli scenari di intervento non sono
sufficienti a descrivere in modo esaustivo le attività di cantierizzazione; si riportano, di conseguenza, delle
considerazioni sugli elementi a disposizione, indicando poi gli aspetti e le caratteristiche progettuali che
dovranno essere prese in considerazione durante la redazione dello SPA nel momento in cui si disporrà di un
progetto almeno preliminare.
Scenario 1: Ripascimento morbido
Lo scenario 1 prevede un ripascimento morbido con avanzamento della linea di riva di circa 20 m rispetto alla
posizione rilevata a ottobre 2008, con funzione di protezione della duna retrostante che verrà a sua volta
ricostruita. Verranno posti infatti volumi di sabbia a protezione del piede della duna, scelta obbligata per
garantire una maggiore sicurezza rispetto al rischio di collasso della duna e inondazione della piana
retrostante. La larghezza della spiaggia emersa, quindi, verrà mantenuta approssimativamente uguale a
quella attuale, avanzando la duna ricostruita verso la nuova linea di riva. Il materiale posto in opera,
ovviamente, subirà delle graduali perdite a vantaggio dei fondi antistanti o delle spiagge adiacenti.
Risorse naturali impiegate:
- sabbia per un volume pari a 560.000 m3.
Scenario 2: Ripascimento protetto da pennelli
Lo scenario 2 prevede un ripascimento protetto da una batteria di 10 pennelli emersi con interasse di circa 300
m e lunghezza verso il largo di circa 100 m. I pennelli sono intestati nella duna esistente e parzialmente
ricoperti dalla duna ricostruita.
28
Risorse naturali impiegate:
- sabbia per un volume pari a 560.000 m3.
- pietrame e massi naturali per un volume pari a 69.750 m3.
Scenario 3: Ripascimento protetto da barriera soffolta
Lo scenario 3 prevede un ripascimento protetto da una barriera soffolta parallela alla costa per tutta la
lunghezza del tratto in esame (circa 3400 m), su fondi compresi tra -3.0 e -4.0 m, con coronamento di
larghezza pari a 20 m, pendenza della mantellata è pari a 1:2 e sommergenza di 1.0 m rispetto al medio mare.
In fase di studio è stata valutata anche una variante, meno impattante sotto il profilo idrodinamico,
caratterizzata da una barriera interrotta da varchi (lunghi 50 m) ogni 250 m circa; lo studio di questa soluzione
potrà essere eventualmente approfondito in fase progettuale.
Risorse naturali impiegate:
- sabbia per un volume pari a 560.000 m3
- pietrame e massi naturali per un volume pari a 163.200 m3
Ricostruzione della duna
Tutti e tre gli scenari sopradescritti prevedono la ricostruzione e il ripristino della duna lungo il tratto di litorale
interessato, secondo le seguenti modalità:
-
ricostruzione dell’apparato dunale (antiduna) per un’ampiezza di circa 20 m a partire dal piede della duna
esistente, operato con sabbie di riporto, con un innalzamento medio del piano di spiaggia emersa di 2.0 m
(complessivamente 40 m3/m di litorale);
Nonostante i dati bibliografici indichino che per la formazione della duna sia ottimale una larghezza della
spiaggia emersa compresa tra i 30 e i 40 m, si è scelto di mantenere invariata l’attuale distanza tra il piede
della duna e la linea di riva, avanzando la duna verso mare parallelamente all’avanzamento della linea di
riva ottenuto con il ripascimento artificiale. Questa scelta potrà ovviamente essere ponderata e rivalutata
in fase di progettazione, quando dovranno essere inserite anche tutte le particolari configurazioni locali
che la duna dovrà assumere in corrispondenze delle infrastrutture presenti.
-
Installazione di rete frangivento sulla prima fascia di antiduna (primi 10 m verso la riva);
-
installazione di schermo frangivento a scacchiera per la protezione della seconda fascia di antiduna
29
(fascia di 10 m retrostante la precedente);
-
installazione di recinzione per la protezione della duna dal calpestio incontrollato e per ridurre il trasporto
eolico verso le aree restrostanti (perimetro interno della fascia dunale);
-
preparazione alla vegetalizzazione del substrato e successiva vegetalizzazione con semi e talee (seconda
fascia di antiduna);
-
realizzazione ex novo o ripristino di passerelle sopraelevate per l’accesso alla spiaggia, una ogni 300 m
(10 accessi);
-
realizzazione di accessi per i disabili alle due estremità dell’area di intervento raggiungibili con automezzi;
-
realizzazione di accessi per la manutenzione alle due estremità dell’area di intervento raggiungibili dai
mezzi.
Risorse naturali impiegate:
- sabbia per un volume pari a 136.000 m3.
- materiale vegetale (telee, semi) e naturale (legno, cannucciato o simil, etc.).
Figura 5.4. Schema tipo di ricostruzione dell’apparato dunale.
30
5.1.1
Componenti progettuali - Fase di cantierizzazione
L’identificazione delle componenti progettuali che possono provocare degli effetti sull'ambiente costiero
necessita di una descrizione piuttosto dettagliata delle attività di realizzazione delle opere costiere. Come
sopra indicato, quindi, nel momento in cui sarà redatto il progetto preliminare, sicuramente più definito rispetto
agli scenari di intervento qui disponibili, lo SPA dovrebbe meglio descrivere le seguenti attività di cantiere, al
fine di individuare con precisione le componenti progettuali:
-
la morfologia e la struttura del ripascimento, dei pennelli, della barriera e della duna ricostruita:
⇒ al fine di individuare e stimare le superfici e la natura del suolo che verrà occupato dalle opere;
-
i volumi e il tipo di materiale da costruzione (sabbia, massi naturali, pietrame, piante, legname, etc…):
⇒ al fine di stimare i volumi e la natura delle risorse impiegate per la realizzazione delle opere;
-
la modalità di trasporto (es. via mare su draga/chiatta e/o via terra su gomma), di scarico dei materiali
(refluimento, versamento con mezzi meccanici):
⇒ al fine di individuare e stimare le superfici di suolo che verranno occupate durante il trasporto e
l’eventuale stoccaggio in cantiere del materiale da costruzione (es. trasporto via terra: necessità di
creare o adattare i varchi di accesso dei mezzi all’area di cantiere), la produzione di emissioni,
l’aumento del traffico veicolare, e la produzione in generale di interferenze con l’ambiente marinocostiero (es. trasporto via mare: torbidità allo scarico, ancoraggi su fondi sensibili, etc.);
-
i mezzi da cantiere previsti:
⇒ al fine di prevederne i percorsi (occupazione di suolo), la produzione di residui o emissioni e
qualsiasi altra interferenza con l’ambiente marino-costiero (es. danni al piede della duna);
-
la modalità e la tecnica di ripascimento e di costruzione delle opere:
⇒ al fine di stimarne l’opportunità in termini di scelta della migliore tecnologia e tecnica per
minimizzare gli effetti sull’ambiente (occupazione di suolo, emissioni, utilizzo delle risorse naturali,
etc.) e per individuare con precisione tutte le attività di cantiere;
-
i tempi previsti per le diverse fasi di cantiere:
⇒ al fine di stimare la durata e quindi la persistenza delle attività di cantiere, nonché dei relativi effetti
sull’ambiente marino-costiero.
31
Al momento, quindi, si possono individuare in linea generale le seguenti componenti progettuali, invitando a
sviluppare i punti sopraindicati in fase di redazione dello SPA sulla base di un progetto preliminare:
Scenario 1:
1. Opere di cantierizzazione (posa tubazioni, messa in sicurezza, creazione/adattamento accessi ai
mezzi, etc..)
2. Versamento/refluimento della sabbia sulla spiaggia
3. Stoccaggio (eventuale) della sabbia
4. Movimentazione dei mezzi di cantiere
5. Modellazione della spiaggia
6. Modellazione della duna
7. Protezione della duna (incannucciate, frangivento, passerelle, etc.)
8. Posa della vegetazione di duna
Scenario 2:
1. Opere di cantierizzazione (posa tubazioni, messa in sicurezza, creazione/adattamento accessi ai
mezzi, etc..)
2. Costruzione dei pennelli
3. Versamento/refluimento della sabbia sulla spiaggia
4. Stoccaggio (eventuale) della sabbia
5. Movimentazione dei mezzi di cantiere
6. Modellazione della spiaggia
7. Modellazione della duna
8. Protezione della duna (incannucciate, frangivento, passerelle, etc.)
9. Posa della vegetazione di duna
32
Scenario 3:
1. Opere di cantierizzazione (posa tubazioni, messa in sicurezza, creazione/adattamento accessi ai
mezzi, etc..)
2. Costruzione della barriera sommersa
3. Versamento/refluimento della sabbia sulla spiaggia
4. Stoccaggio (eventuale) della sabbia
5. Movimentazione dei mezzi di cantiere
6. Modellazione della spiaggia
7. Modellazione della duna
8. Protezione della duna (incannucciate, frangivento, passerelle, etc.)
9. Posa della vegetazione di duna
È evidente che la definizione di dettaglio delle componenti di progetto riassunte nelle voci “Costruzione dei
pennelli” e “Costruzione della barriera sommersa” sono legate alle dimensioni, ai materiali utilizzati e alle
tecniche di realizzazione delle opere rigide che si sceglierà di progettare.
Nel capitolo 7, per l’individuazione degli impatti, si farà riferimento a opere in pietrame e massi naturali, con le
dimensioni precedentemente riportate (par. 5.1). La realizzazione di tali opere prevede l’utilizzo di mezzi di
cantiere a terra e a mare (pontone) per consentire il modellamento della struttura. In realtà, la barriera
sommersa potrebbero essere realizzata sia interamente da terra che interamente da mare, mentre la
realizzazione dei pennelli non può prescindere dall’utilizzo, totale o parziale, di mezzi terrestri.
5.2
Fase di funzionamento
La fase di funzionamento dell’opera coincide con l’azione di difesa dell’ambiente costiero esercitata
dall’intervento stesso rispetto alle forzanti meteo marine, compensando la perdita di superficie emersa e
rallentando il fenomeno erosivo, ma anche svolgendo una funzione di mitigazione degli effetti di eventi
eccezionali (la spiaggia bordata dal cordone dunale ha un comportamento resiliente nei confronti ti tali eventi.
Tale fase, di conseguenza, non prevede produzione di residui, emissioni e consumo di risorse, per tutti gli
scenari.
33
Ciò nonostante, la progressiva ed attesa perdita di sedimento da parte della spiaggia oggetto del ripascimento
può essere considerata una componente progettuale di funzionamento degna di nota, in quanto, oltre ad
indebolire il sistema spiaggia-duna, i volumi rimossi e trasportati dalla corrente lungo costa potrebbero venire
intercettati da foci, canali o eventuali opere marittime sottoflutto al ripascimento, provocando un accumulo di
sedimenti a ridosso o all'interno di tali strutture (es. occlusione delle foci dei laghi costieri sottoflutto). A questo
proposito, nel rapporto di Fase C2, a cui si rimanda, sono riportate delle indicazioni gestionali al fine di
ottimizzare l'efficacia dell'intervento di difesa costiera e minimizzare questo tipo di impatto (sistemi di bypass
del materiale intercettato da moli, canali, porti, etc..).
5.3
Fase di manutenzione
Si premette che gli interventi necessari alla manutenzione del tratto di litorale Rio Martino-Idrovora
Lavorazione è stata pianificata in un ambito più esteso rispetto al tratto stesso, prendendo in considerazione
tutto il tratto influenzato dall’intervento. Le simulazioni del modello matematico utilizzato in Fase C2, infatti,
evidenziano che la realizzazione delle nuove opere influenza la dinamica litoranea sia del litorale sopraflutto
che sottoflutto all’area di intervento, soprattutto nel caso degli scenari che prevedono opere rigide (scenario 2
e 3). Ne consegue la necessità di considerare, in termini di manutenzione, l’intero tratto di litorale compreso
tra la foce nuova di Fogliano e la foce di Caprolace (definita “area di interesse” nel rapporto di Fase C2), al
fine di fornire considerazioni esaustive e complete, nonché rispondenti alle reali esigenze di gestione del
litorale.
Manutenzione Scenario 1: Ripascimento morbido
Nel caso dello scenario 1, dal modello evolutivo emerge che la posizione della linea di riva raggiunge solo
dopo 10 anni un arretramento medio superiore ai 10 m (assunto come arretramento “critico” per la spiaggia, in
relazione al quale la manutenzione diventa necessaria), richiedendo così l’intervento manutentivo consistente
in un nuovo ripascimento. I tratti in crisi si trovano a cavallo di Rio Martino (circa 350 m) e immediatamente a
Nord di Idrovora Lavorazione (circa 100 m).
L’omogeneità del trend evolutivo e il considerevole intervallo temporale prevedibile tra successivi interventi di
manutenzione consentono di prevedere gli interventi con ampio margine di anticipo e di pianificare ogni volta
interventi con volumi piuttosto elevati, realizzabili con cave a mare e mezzi marittimi.
Per ripristinare la situazione post-ripascimento è necessario versare circa 200.000 m3 di sabbia tra la foce
34
Nuova di Fogliano e la foce di Caprolace, di cui il 60% circa (120.000 m3) all’interno del litorale del Lago dei
Monaci (tra Rio Martino e Idrovora Lavorazione).
Risorse naturali impiegate:
- sabbia per un volume pari a circa 200.000 m3 per manutenzione (decennale).
Scadenze manutenzione
5 anni
Ripascimento manutentivo
-
10 anni
200.000 m3
Manutenzione Scenario 2: Ripascimento protetto da pennelli
Nello scenario 2, la “condizione di manutenzione necessaria” viene raggiunta già dopo 5 anni; il tratto di
litorale in crisi è quello a Nord dell’armatura di foce di Idrovora Lavorazione (circa 350 m). Dopo 10 anni il
fenomeno si estende verso Nord e anche a Sud dell’Idrovora, interessando un tratto di litorale dello sviluppo
complessivo di circa 900 m.
Nello scenario 2 l’arretramento risulta localizzato nella zona sottoflutto alla batteria di pennelli.
Questa situazione è analoga a quella riscontrata nel tratto di litorale a Nord di Capo Portiere, dove la
realizzazione della barriera soffolta di Foce Verde e dei pennelli ha comportato una situazione di crisi nel
litorale a Sud della difesa.
Per ripristinare la situazione post-ripascimento è necessario versare, tra la foce Nuova di Fogliano e la foce di
Caprolace, un quantitativo di sabbia maggiore rispetto a quello previsto per lo scenario 1 (circa 260.000 m3).
Anche in questo caso la maggior parte del quantitativo (circa il 64%) andrà a ripristinare la spiaggia compresa
tra Idrovora Lavorazione e Rio Martino. Come accennato in precedenza, il litorale sopraflutto alle opere di
difesa non necessita di grandi quantitativi di sabbia (circa il 6%), mentre il tratto sottoflutto risulta più
penalizzato (circa il 30 %).
Risorse naturali impiegate:
- sabbia per un volume pari a 260.000 m3 per manutenzione decennale, ma la gestione degli interventi
manutentivi deve prevedere che il versamento di tale quantitativo debba avvenire almeno in due riprese, onde
risolvere le criticità che intervengono già dopo 5 anni; ipotizzando di recuperare circa 60.000 m3 dai tratti in
avanzamento, il fabbisogno scenderebbe a 200.000 m3;
35
- massi naturali per rifiorire i pennelli, attualmente stimabili in circa 355 t/anno; gli interventi di manutenzione
potrebbero essere effettuati su base quinquennale, contestualmente al ripascimento manutentivo.
Scadenze manutenzione
5 anni
10 anni
Ripascimento manutentivo
100.000 ÷130.000 m3
100.000 ÷130.000 m3
Ricarica pennelli
7300 t
7300 t
Manutenzione Scenario 3: Ripascimento protetto da barriera soffolta
Dalle simulazioni dell’evoluzione, emerge che nello scenario 3, la “condizione di manutenzione necessaria”
viene raggiunta già dopo il primo anno, sia in corrispondenza di Idrovora Lavorazione che a ridosso della foce
di Rio Martino.
Il fenomeno, dapprima molto localizzato e contenuto, si estende col passare degli anni, interessando nel lungo
termine tratti di litorale piuttosto estesi (circa 730 m a Rio Martino e circa 1300 m nei pressi di Idrovora
Lavorazione). In questo caso, rispetto agli altri due scenari, le spiagge in corrispondenza delle due estremità
della barriera si presentano notevolmente arretrate e l’erosione va ad interessare anche la duna retrostante.
Risulterebbe pertanto necessario procedere con interventi di ripascimento localizzati nelle zone più critiche;
tali interventi dovrebbero essere eseguiti con cadenza annuale o al massimo biennale per evitare di mettere a
repentaglio la stabilità dell’apparato dunale retrostante.
Per ripristinare la situazione post-ripascimento è necessario versare, tra la foce Nuova di Fogliano e la foce di
Caprolace, un quantitativo di sabbia di gran lunga maggiore rispetto a quelli previsti per gli altri due scenari
(circa 850'000 m3).
Come nel caso dei pennelli (scenario 2) il tratto maggiormente in crisi risulta essere quello tra Idrovora
Lavorazione e la foce di Caprolace, sottoflutto al sistema di difesa, dove andranno versati per manutenzione
circa 400.000 m3 di materiale, quasi il 50% del quantitativo iniziale previsto.
Risorse naturali impiegate:
- sabbia per un volume pari a 850.000 m3 per manutenzione, ma la gestione degli interventi manutentivi deve
prevedere che il versamento di tale quantitativo debba avvenire con cadenza annuale, onde risolvere le
criticità che intervengono già dopo un anno;
36
- massi naturali per rifiorire la barriera, attualmente stimabili in circa 730 t/anno; gli interventi di manutenzione
potrebbero essere effettuati su base quinquennale.
Scadenze manutenzione
Ogni anno
5 anni
Ripascimento manutentivo
85.000 m3
-
-
17.100 t
17.100 t
Ricarica barrierai
5.3.1
10 anni
Componenti progettuali - Fase di manutenzione
Le componenti di questa fase sono le stesse della fase di cantierizzazione, ma si presuppone che quantitativi,
processi e tempi siano di grandezza, scala e durata inferiori.
L’unica sostanziale differenza consiste nella possibilità di prelevare i sedimenti necessari per la manutenzione
dai tratti di spiaggia in avanzamento, movimentando essenzialmente i sedimenti presenti nella spiaggia
emersa: la movimentazione avverrebbe ovviamente con mezzi meccanici operanti lungo la riva.
Questa soluzione potrebbe ridurre il differenziale tra i costi di manutenzione corrispondenti ai diversi scenari,
ma aumenterebbe considerevolmente l’impatto degli interventi di manutenzione per gli scenari 2 e 3. Tale
opportunità è stata valutata solo nel caso dei pennelli, dove si stima che potrebbero essere movimentati lungo
la spiaggia complessivamente circa 60.000 m3 ogni 10 anni, intervenendo però ogni 5 anni. Nel caso della
barriera la movimentazione di materiale sarebbe talmente elevata e frequente che nel contesto in esame non
si è nemmeno ritenuto di doverla prendere in considerazione.
5.4
Natura e origine dei sedimenti
Uno degli aspetti fondamentali che deve essere considerato in sede di predisposizione dello SPA, è la scelta
della natura della sabbia che dovrà essere utilizzata per il ripascimento e la ricostruzione della duna: la sabbia
di prestito, infatti, sia per questioni idrodinamiche che ambientali e paesaggistiche, dovrebbe avere
caratteristiche granulometriche e mineralogiche compatibili con quelle della sabbia nativa, e comunque
granulometrie non inferiori a quest’ultime allo scopo di rallentare il trasporto lungo costa e quindi l’arretramento
37
della linea di riva. Si consiglia, quindi, di effettuare uno studio sulla compatibilità granulometrica dei sedimenti
che caratterizzano le spiagge oggetto degli interventi e dei sedimenti che verranno utilizzati per il
ripascimento, quando identificati. Lo studio dovrebbe tendere all’ottimizzazione della stima dei volumi di
progetto del ripascimento e alla valutazione dei fenomeni di overfill (migrazione delle componenti più fini verso
il largo con una relativa diminuzione dei volumi di sabbia presenti sulla battigia nel periodo successivo
all’intervento di ripascimento). In particolare, lo studio dovrebbe prevedere la determinazione del fuso
granulometrico che meglio rappresenti le caratteristiche della sabbia nativa presente sull’unità fisiografica
d’interesse per l’intera fascia attiva di spiaggia (limite di influenza del moto ondoso). Si auspica, infatti, che a
fine ripascimento, trascorso il periodo di tempo necessario alla modellazione del profilo di versamento della
spiaggia ad opera del moto ondoso secondo un profilo di equilibrio dinamico, il volume totale di sabbia di
versamento subisca un frazionamento in porzioni di valore proporzionale alle caratteristiche granulometriche
della sabbia di prestito. L’obiettivo dello studio, quindi dovrebbe essere la stima di tali valori in corrispondenza
di ciascuna fascia di profondità prescelta, onde evitare che una scelta sbagliata delle caratteristiche
granulometriche della sabbia di prestito possa causare una dispersione dei sedimenti nelle fasce di litorale di
maggiore profondità.
È disponibile un modello di distribuzione dei sedimenti, sviluppato nell’ambito del progetto europeo
BEACHMED-e e già utilizzato dalla Regione Lazio nella progettazione di interventi di ripascimento, che
potrebbe essere di supporto allo studio sulla compatibilità granulometrica, perché consentirebbe anche di
determinare le caratteristiche granulometriche dei sedimenti che saranno presenti in ciascuna fascia di
profondità successivamente all’intervento di ripascimento. Va comunque sottolineato che, nel caso del litorale
in esame, c’è una precisa controindicazione all’uso di materiale molto grossolano, ed è quella che in tale modo
verrebbe a ridursi l’alimentazione eolica della duna costiera accentuandone le condizioni di degrado.
Non di meno, la scelta dell’origine delle sabbie da utilizzare è fondamentale in termini di effetti sull’ambiente
marino-costiero. L’utilizzo di sabbia di cava terrestre o di deposito marino, per esempio, cambia drasticamente
il tipo di azioni che ne conseguono (es. trasporto e versamento), e quindi gli impatti sull’ambiente. In generale
il materiale di ripascimento può essere distinto in funzione della “fonte” di approvvigionamento:
- sedimenti prelevati a mare su alti fondi;
- sedimenti provenienti da cave a terra;
- sedimenti prelevati dal dragaggio di strutture marittime (porti, canali, etc…)
In questa sede si esprime la preferenza per l’impiego di sabbie prelevate da fondi marini per l’intervento
strutturale (560.000 m3 ripascimento + 136.000 m3 ricostruzione dune), previa verifica della “sostenibilità”
38
tecnica, economica e della compatibilità ambientale (DM 24 gennaio 1996 e succ mod.), e prevedendo uno
studio per la verifica di assoggettabilità a VIA anche per l’operazione di dragaggio marino ai sensi del DLgs 16
gennaio 2008, n. 4, All. IV punto 2 lettera h).
Il prelievo da mare è preferibile perché consente l’apporto di elevati quantitativi di sabbia in tempi brevi e
senza richiedere interventi da terra (traffico di automezzi, emissioni, apertura di piste di accesso dal sistema
viario litoraneo verso la spiaggia) che potrebbero incontrare condivisibili divieti da parte dell’Ente del Parco.
Per gli interventi di manutenzione, nel caso in cui si scelga di intervenire con una frequenza tale da non
superare quantitativi pari a circa 500.000 m3 (vedi studio C2 “Strategie di manutenzione”), si consiglia di
considerare la disponibilità dei sedimenti provenienti dalla pulizia di canali e porti del litorale pontino, previa
verifica della compatibilità come sopra riportato. Nel caso di volumi superiori ai 500.000 m3, la fonte di
materiale più opportuna, sia economicamente che sotto il profilo ambientale, sembra ancora essere quella a
mare. Sotto il profilo meramente ambientale, la manutenzione con frequenza minore (e quindi utilizzo di
maggiori volumi di sabbia) è preferibile rispetto ad azioni frequenti, che comunque determinano delle
perturbazioni dell’ambiente marino-costiero in esame, salvo valutazioni puntuali per cui una frequenza di
manutenzione maggiore è indispensabile per salvaguardare la duna ricostruita e le infrastrutture retrostanti la
spiaggia.
39
6
QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE
Secondo lo schema di SPA, anche l’ambiente che caratterizza il tratto di costa oggetto di studio deve essere
scomposto in componenti ambientali (ovvero devono essere identificati i recettori delle possibili perturbazioni
causate dalle componenti progettuali individuate) le quali vengono caratterizzate e ne viene stimata la qualità
ambientale e l’importanza ecologica corrente.
La Fase A1 “Caratterizzazione ambientale”, A2 “Campagne operative in mare per la verifica dei molluschi
bivalvi di interesse commerciale presenti sulla fascia costiera” e B “Caratterizzazione dell’apparato dunale”
sono un valido supporto alla predisposizione di uno SPA, in quanto i relativi rapporti forniscono una
caratterizzazione esauriente dell'ambiente emerso e sommerso nel tratto oggetto di studio.
Nel presente schema di SPA, quindi, non si riporta quanto già disponibile in versione estesa nei rapporti delle
fasi citate, ai quali si rimanda, ma si presenta una sintesi ragionata degli stessi con l'obiettivo di individuare le
componenti ambientali da prendere in considerazione nella successiva fase di identificazione degli impatti
(Cap. 7).
6.1
Inquadramento ambientale
È inequivocabile che l’area di studio sia caratterizzata da un’elevata sensibilità ambientale cui si devono
diversi livelli di tutela ambientale (Fig. 6.1). Di seguito si riporta una sintesi delle principali criticità e valenze
ambientali, presentate, ove possibile, nel contesto dei livelli di tutela a cui sono soggette.
40
Figura 6.1. Mappatura dei livelli di tutela ambientale dell’area del Parco del Circeo.
41
6.1.1
Il Parco del Circeo
Il tratto oggetto di studio, compreso tra la foce di Rio Martino e Idrovora lavorazione, ricade completamente
all’interno del Parco Nazionale del Circeo (Fig. 6.2).
Istituito nel 1934, il Parco è nato per tutelare un ricco insieme di biomi caratteristici con una conseguente
estrema ricchezza di specie definita come biodiversità. Ubicato lungo la costa tirrenica del Lazio meridionale,
circa 100 km a sud di Roma, nel tratto di litorale compreso tra Anzio e Terracina, il Parco Nazionale del Circeo
si estende per circa 8.500 Ha interamente in provincia di Latina nell'ambito dei territori comunali di Latina,
Sabaudia, San Felice Circeo e, per la parte insulare dell'Isola di Zannone, Ponza. È l'unico Parco nazionale
italiano ed europeo a estendersi completamente in pianura e in un ambiente marino.
Figura 6.2. Territorio del Parco Nazionale del Circeo (esclusa Isola di Zannone). Fonte www.parks.it
42
Grazie alla sua istituzione, avvenuta quando l'intera area pontina era sottoposta ai radicali interventi di
prosciugamento e appoderamento della Bonifica Integrale, venne evitato il totale disboscamento dell'antica e
inospitale "Selva di Terracina", di cui una piccola porzione risparmiata dal taglio costituì, insieme al Lago di
Sabaudia, alla Duna Litoranea ed al Promontorio del Circeo, la prima configurazione territoriale del Parco; con
vari successivi provvedimenti, poi, il Parco del Circeo ha via via modificato la quantità (variazioni territoriali) e
la qualità (istituzione Riserve Naturali e riconoscimenti internazionali di valore ambientale) della sua base
territoriale.
Per le sue particolari caratteristiche, ad esempio, la Foresta del Circeo nel 1977 è stata dichiarata "riserva
della biosfera" dell'UNESCO ed inserita nel programma "MAB" (Man And Biosphere).
Il territorio del Parco, in virtù di un equilibrio dinamico tra flora, fauna e le altre componenti ambientali, può
essere sommariamente suddiviso in 5 ambienti:
-
la Foresta
-
il Promontorio
-
la Duna
-
le Zone Umide
-
l'Isola di Zannone
Il Parco del Circeo, sia per la dislocazione geografica coincidente con le principali rotte migratorie, sia per
l'estrema varietà di habitat integri che offre, ha nell'avifauna la principale e più rilevante componente
faunistica: in particolare, tra le specie osservate, si evidenziano le numerosissime presenze di Folaghe e
Cormorani e le pregevoli presenze di specie rare come il Falco Pellegrino, il Falco Pescatore, l'Aquila di Mare,
la Gru, il Fenicottero, la Spatola, ecc. Minore è la ricchezza, con circa 20 specie, dei mammiferi.
Particolarmente interessanti, inoltre, sono le presenze di numerosissimi insetti, rettili (cervone, natrice, biacco,
orbettino, vipera comune, testuggine d'acqua, testuggine greca), anfibi (rospo, rana, tritone) e Pesci (nei laghi
cefalo, anguilla, spigola, orata, sarago, sogliola - nei canali carpa, tinca, gambusia, persico sole).
43
Fonte www.parks.it
Fonte www.parks.it
44
Fonte www.parks.it
Per quanto riguarda la flora, nell’ambiente della Foresta predominano le varie specie quercine, dal cerro alla
farnia, dal leccio alla sughera, che ricoprono un ricco sottobosco con abbondanza di edera e di ricche fioriture
di ciclamino; Il versante nord del Promontorio è ammantato da una lussureggiante foresta termofila di Leccio
con abbondante presenza di corbezzolo mentre sul lato opposto verso il mare spiccano le presenze del
ginepro fenicio, con il suo contorto portamento dovuto al vento marino, e la palma nana; Nell'ambiente di Duna
il consolidamento del substrato sabbioso contro gli agenti erosivi è opera di numerosissime specie tra cui
spiccano il ginepro coccolone, massima espressione vegetazionale della duna, e il giglio marino, capace di
dare splendide e durature fioriture estive nonostante le proibitive temperature che si raggiungono; Nelle Zone
Umide, accanto ad alcune specie alofile e palustri che circondano le sponde dei laghi e delle aree impaludate,
le ampie distese a pascolo che completano l'area sono caratterizzate dalla presenza dei caratteristici ciuffi del
giunco; Nell'Isola di Zannone, tra le specie mediterranee tipiche della macchia che conferiscono al paesaggio
dell'isola un aspetto lussureggiante con intense fioriture multicolori, spiccano le presenze di alcuni endemismi
e di un esemplare di quercia castagnara, unica specie caducifoglia dell'isola. (fonte: sito web www.parks.it)
Il tratto oggetto di studio è caratterizzato in particolare dall’ambiente di Duna costiera e alle sue spalle si
estende la zona umida del lago dei Monaci (Fig. 6.3).
45
Figura 6.3. Tratto di litorale tra la foce di Rio Martino (in basso) e Idrovora Lavorazione (in alto) (giugno 2009, Regione Lazio)
46
L'ambiente costiero dunale, qui più di altrove, è un ambiente particolarmente difficile: come riportato nel
rapporto di Fase B “Caratterizzazione dell’apparato dunale”, in questo tratto il versante marino della duna
litoranea, e la spiaggia antistante, va progressivamente restringendosi: il cordone dunale appare inoltre
estremamente frammentato e con vegetazione rada che, quando presente, è di tipo arbustivo. Questo tratto,
infatti, è reduce da un indebolimento ormai strutturale causato in origine dalla forte mareggiata dei primi anni
ottanta che ha distrutto la strada litoranea in più tratti (Fig 6.4a-b), costringendo l’interruzione del traffico
veicolare lungo la strada stessa. Pur beneficiando di tale condizione di isolamento, il sistema dunale non è più
riuscito a ristabilire completamente la sua integrità, ed è soggetto durante le forti mareggiate a continui
sbancamenti del piede della duna (Fig 6.5). Una nota particolare merita la presenza della strada litoranea che
solca profondamente tutto il cordone dunale in senso longitudinale: il naturale equilibrio dinamico del sistema
di dune, e quindi la sua funzione di difesa della costa, non può che soffrire l’imbrigliamento e l’irrigidimento del
corpo dunale. Perciò, in considerazione della situazione di interruzione al traffico prolungata, di degrado della
struttura stradale lungo tutto il tratto, e considerato che il manto d’asfalto è già stato rimosso lungo tutto il tratto
interrotto in occasione di un progetto LIFE nel periodo 1996-1999 “Completamento del programma di ripristino
delle dune costiere nel Parco Nazionale del Circeo” (LIFE95 NAT/IT/000739), si consiglia di completare
l’intervento con la rimozione degli strati di stabilizzato, ciottolame, ed eventualmente del tessuto non tessuto
armato che in genere costituiscono la sezione tipica di una strada. Tale intervento dovrebbe essere
concertato, nell’opportunità, modi e tempi, con l’Ente Parco, in quanto la vegetazione di duna ha negli anni
invaso i bordi della strada riappropriandosi di parte dei propri spazi. Dovrebbe quindi essere verificata
l’eventuale presenza di radici consolidate dentro o sotto il corpo stradale.
47
Figura 6.4a. Tratto della strada interrotta danneggiato dalle mareggiate (novembre 2008, ISPRA)
Figura 6.4b. Tratto della strada interrotta danneggiato dalle mareggiate (novembre 2008, ISPRA)
48
Figura 6.5. Duna nel tratto oggetto di studio danneggiata dalle mareggiate (marzo 2009, ISPRA)
Nonostante tutto, in questo tratto di litorale si ritrovano le associazioni vegetazionali tipiche dell’ambiente di
duna, come l’ammofila, il giglio marino, la camomilla marittima, il carpobroto, l’unghia di strega, ecc.. ovvero le
piante pioniere che con la loro stessa presenza attenuano la forza del vento; procedendo dal mare verso
l'interno si riconoscono, man mano, specie sempre più sviluppate, come il ginepro coccolone e il lentisco. Sul
retroduna le condizioni cambiano: l'azione del vento, schermata, si attenua progressivamente e il suolo
diventa più profondo e più fertile. Possono così crescere veri e propri alberi: il pino marittimo e il leccio, per
esempio, che vengono però sostituiti, sulle sponde del lago dei Monaci, da ontani, frassini, pioppi e salici.
La zona umida che si estende alle spalle del tratto litoraneo oggetto di studio è quindi il lago di Monaci, che
insieme agli altri tre laghi costieri (Paola, Caprolace, Fogliano) rappresenta quello che resta delle antiche
"paludi pontine", piccoli bacini d'acqua salmastra e ideale rifugio per molte specie di uccelli acquatici. I laghi
sono in realtà degli stagni costieri, con acque poco profonde (in media circa due metri) ad elevata salinità che
comunicano con il mare attraverso una serie di canali che ne assicurano il ricambio idrico, tranne proprio il
Lago dei Monaci. Oltre che per gli uccelli, tali zone sono fondamentali per tutta una serie di specie, che, anche
se meno visibili e conosciute, rivestono un ruolo determinante per l'equilibrio ecologico. Nei canali di acqua
dolce, ad esempio, troviamo la testuggine palustre, specie a rischio d'estinzione in Italia, oltre a una serie di
pesci considerati importanti indicatori della qualità dell'ambiente. Altri animali di cui facilmente si trovano le
49
tracce sono il tasso e l'istrice, oltre a volpe, donnola, cinghiale e riccio. Le sponde dei laghi ospitano una
vegetazione composta prevalentemente da salicornie, inule e tamerici. Data la rilevanza delle zone umide del
Circeo, nel 1976 queste vennero dichiarate "Zona Umida di Interesse Internazionale" (Zone Umide Ramsar).
6.1.2
I siti di Importanza Comunitaria e le Zone di Protezione Speciale
Il tratto litoraneo oggetto di studio, come tutto il territorio del Parco del Circeo, è inserito nella rete Natura 2000
ai sensi della Direttiva 92/43/CEE "Habitat" (Siti di Importanza Comunitaria-SIC) e della Direttiva 79/409/CEE
"Uccelli" (Zone di Protezione Speciale-ZPS).
In particolare, il tratto di litorale tra la foce di Rio Martino e Idrovora Lavorazione è interessato dalla presenza
dei seguenti SIC:
•
IT6040012 “Laghi Fogliano, Monaci, Caprolace e Pantani dell'Inferno”:
Habitat prioritari: Lagune costiere e Depressioni umide interdunari.
•
IT6040018 “Dune del Circeo”
Habitat prioritari: Dune costiere con Juniperus spp., Dune con foreste di Pinus pinea e/o Pinus pinaster,
Dune fisse del litorale del Crucianellion maritimae, Dune mobili del cordone litorale con presenza di
Ammophila arenaria («dune bianche»), Dune mobili embrionali, Dune con prati dei Malcolmietalia, Dune
con prati dei Brachypodietalia e vegetazione annua
•
IT6000012 “Fondi tra Capo Portiere e Lago di Caprolace (foce)”
Habitat prioritari: prateria di Posidonia oceanica, fanerogama endemica del Mediterraneo con importanti
funzioni ecologiche, oggi soggetta a fenomeni di forte regressione in tutto il bacino.
e della seguente ZPS:
•
IT6040015 “Parco Nazionale del Circeo”
Habitat prioritari: Dune costiere con Juniperus spp., Dune con foreste di Pinus pinea e/o Pinus pinaster,
Dune costiere fisse a vegetazione erbacea («dune grigie»), Praterie di posidonie (Posidonion oceanicae),
Depressioni umide interdunari, Dune fisse del litorale del Crucianellion maritimae, Dune mobili del
cordone litorale con presenza di Ammophila arenaria («dune bianche»), Dune mobili embrionali, Dune
con prati dei Brachypodietalia e vegetazione annua.
50
6.1.3
Important Bird Areas
Il tratto costiero oggetto di studio ricade in due Important Bird Areas-IBA (Programma di Conservazione
Birdlife International), ovvero nel sito IBA 211 (Parco Nazionale del Circeo e Isole Pontine), caratterizzato da
una superficie terrestre di 12.162 Ha, e nel sito IBA 211M con superficie marina di 29.683 ha. Questi siti sono
importanti per l’avifauna acquatica migratrice e svernante, quale canapiglia, fischione, oca selvatica, chiurlo
maggiore, tarabusino, chiurlottello, falco pellegrino, beccapesci, gruccione e passero solitario. Sono, inoltre,
tra i principali siti italiani per la migrazione dei rapaci, in particolare per il falco di palude. Risultano essere,
infine, aree importanti come luogo di nidificazione per uccelli marini e specie rupicole e di macchia e come
luogo di passo per migratori, in particolare rapaci e passeriformi.
6.1.4
Le biocenosi bentoniche
Le comunità bentoniche, costituite dall’insieme degli organismi che popolano il fondo marino e che sono ad
esso strettamente legati, grazie alla loro scarsa vagilità, agli stretti rapporti con il fondo e ai cicli vitali
relativamente lunghi, forniscono informazioni complete e a lungo termine circa le condizioni globali
dell’ambiente. Esse, mantenendo una “memoria” storica e spaziale dei fenomeni naturali e di perturbazione
avvenuti nell’ambiente, possono descrivere efficacemente specifiche condizioni ambientali e sono
generalmente considerate la “memoria biologica” degli ecosistemi marini ed i più adeguati descrittori sintetici
dell’ambiente (Rapporto di Fase A1). Nel tratto costiero oggetto di studio, inserito nella falcata Nettuno-San
Felice Circeo, sono stati rilevati popolamenti bentonici piuttosto eterogenei e diversificati con una distribuzione
batimetrica in funzione della granulometria dei sedimenti. In particolare, a profondità comprese tra 5 e 10 m il
popolamento bentonico è caratterizzato da specie ascrivibili alla biocenosi delle Sabbie Fini Ben Calibrate
(SFBC). Si rinvengono, infatti, organismi caratteristici di questa biocenosi, come i policheti Nephthys
hombergi, Owenia fusiformis, Sigalion mathildae, i molluschi Nassarius mutabilis, Spisula subtruncata, Donax
semistriatus e Mactra stultorum e il crostaceo Urothoe pulchella. A profondità maggiori si riscontra una
biocenosi HP (prateria di Posidonia oceanica) fino al limite inferiore della stessa.
6.1.5
I popolamenti ittici demersali
Nell’ambito di un recente studio effettuato da ICRAM (2005) nel tratto di costa compreso tra Nettuno e San
Felice Circeo sono stati analizzati i popolamenti ittici demersali campionati mediante cale sperimentali di
pesca a strascico in 3 diverse stagioni. Per quanto riguarda le specie ittiche demersali, sono state rinvenute
51
nel complesso specie strettamente costiere, tipiche di fondi sabbiosi (Bothus podas, Mullus barbatus,
Lithognathus mormyrus, Octopus vulgaris, O. macropus) o sabbio-fangosi (Citharus macrolepidotus, Trigla
lucerna, Eledone cirrhosa), ricchi di organismi macrobentonici di cui si nutrono (Balistes carolinensis) oppure
si tratta di specie nectobentoniche (Merluccius merluccius, Pagellus erythrinus, Trisopterus minutus
capelanus).
La diversa abbondanza di queste specie nel corso dell’anno è legata alla stagione (per esempio la seppia
Sepia officinalis prevale in inverno, la triglia di fango M. barbatus in estate). A queste specie di elevato valore
commerciale si aggiunge un alto numero di specie che singolarmente (Illex condroitii, Loligo vulgaris, Spicara
flexuosa, Mullus surmuletus, Parapenaeus longirostris) o insieme costituiscono il pesce da “zuppa” o “frittura”
(Cepola macrophthalma, Citharus linguatula, Aspitrigla obscura, Pagellus acarne, Trachurus mediterraneus,
Boops boops, B. carolinensis), rappresentando un importante reddito per la pesca locale.
Da rilevare, inoltre, la presenza di due specie, sardine e alici, importanti non solo dal punto di vista economico
in quanto oggetto di pesca specifica, ma anche per il loro ruolo trofico all’interno della rete alimentare
costituendo il cibo per numerose altre specie predatrici.
Infine, il tratto di costa compreso tra Capo d’Anzio ed il promontorio del Circeo costituisce anche un’importante
area di riproduzione della triglia di fango Mullus barbatus e del calamaro Loligo vulgaris nel periodo
primaverile, del merluzzetto bianco Trisopterus minutus, del fragolino Pagellus erythrinus e dello zerro Spicara
flexuosa in inverno-primavera. In autunno, quest’area è una delle più importanti aree di nursery di tutta la
costa laziale della triglia M. barbatus, del fragolino P. erythrinus e del calamaro L. vulgaris.
52
6.2
Identificazione delle componenti ambientali
L’analisi critica degli studi ambientali e delle informazioni disponibili relativamente al tratto costiero compreso
tra la foce di Rio Martino e Idrovora Lavorazione, consente di selezionare le seguenti componenti ambientali
che, data la loro esposizione e suscettibilità ad interventi sulla costa, potrebbero essere i recettori degli effetti
delle opere di difesa del litorale (attualmente allo stato di scenario) elaborati nella fase C2:
Ambiente emerso
-
-
Spiaggia emersa
•
Morfologia
•
Chimica-fisica
Ambiente dunale
•
Morfologia
•
Chimica-fisica
•
vegetazione
•
fauna
-
Avifauna
-
Aria
-
Paesaggio costiero
Ambiente sommerso
-
Fondo
•
Morfologia
•
Chimica-fisica
-
Chimica-fisica della colonna d’acqua (torbidità)
-
Popolamento bentonico
-
Popolamento ittico
-
Posidonia oceanica
Si fa presente che l’area oggetto di studio è caratterizzata anche da altre componenti ambientali sensibili o
importanti sotto il profilo ecologico, come ad esempio quelle tipiche dell’ambiente ipersalino del Lago dei
Monaci, che si estende alle spalle del tratto costiero in esame. Tali componenti sono state prese in
considerazione, ma non si ritiene che possano essere influenzate dalla realizzazione degli interventi previsti
53
dagli scenari.
Un eventuale progetto preliminare, o meglio ancora definitivo, potrebbe richiedere lo studio di queste
componenti e l’identificazione dei relativi impatti ambientali, qualora si prevedessero delle componenti di
progetto determinanti degli effetti specifici su di esse.
Nel capitolo seguente, le componenti ambientali sopra elencate verranno confrontate con le componenti
progettuali precedentemente identificate (Capitolo 5) e/o ipotizzate per i tre scenari di intervento, al fine di
fornire delle indicazioni sugli eventuali impatti potenziali. Tali indicazioni, insieme allo schema di redazione
dello SPA, che coincide con il presente studio, saranno di supporto alla predisposizione dello SPA nel
momento in cui sarà disponibile un progetto per la difesa del tratto in esame almeno in forma preliminare.
54
7
INDIVIDUAZIONE DEGLI IMPATTI
In questo capitolo si identificano e descrivono (in forma discorsiva e qualitativa ma comunque esauriente,
considerato il livello di scenario dei tre interventi proposti) i probabili effetti delle componenti progettuali
identificate e/o ipotizzate nel Capitolo 5 sulle componenti ambientali identificate nel Capitolo 6. Il confronto
contemporaneo degli effetti attesi per tutti e tre gli scenari di intervento fornirà, insieme alle considerazioni
tecniche riportate nel rapporto di Fase C2, una guida per la scelta della soluzione progettuale più idonea e
conseguentemente un supporto specifico per la predisposizione del relativo SPA.
Preme tuttavia sottolineare che, poiché il tratto costiero oggetto di studio ricade completamente in un’area
protetta a livello nazionale (Parco del Circeo) ed è per di più sottoposta ad altre forme di tutela ambientale,
anche di carattere europeo, è evidente che il tipo di intervento di difesa incoraggiato è quello che non provoca
modifiche nell’assetto fisico e nei caratteri di naturalità e paesaggio tipici di questo ambiente costiero, ma che
garantisce il ripristino delle funzionalità dinamiche del sistema spiaggia-duna senza la realizzazione di nuove
strutture naturalmente non presenti, come pennelli e barriere. A supporto di questa considerazione,
comunque, vengono di seguito ipotizzati tutti gli impatti che la realizzazione dei tre interventi proposti dagli
scenari emersi dal rapporto di Fase C2 potrebbero produrre sull’area, ove si osserva inevitabilmente un
maggior peso a carico dell’ambiente costiero nel caso si realizzino strutture rigide.
Per quanto riguarda la stima degli impatti, infine, si consiglia, al momento della predisposizione dello SPA, di
adottare un sistema di valutazione che sia il più possibile quantitativo. Spesso, infatti, la stima degli impatti
viene effettuata a livello qualitativo, o al massimo semi-quantitativo, basandosi sull’esperienza e la sensibilità
personale dell’esperto che predispone lo studio di impatto ambientale. Per una stima quantitativa, quindi, si
consiglia ad esempio la scelta e l’utilizzo di un set di indicatori opportuni, ovvero significativi ed esaustivi per la
determinazione della qualità di ogni componente ambientale individuata (legati ad esempio alla funzionalità
ecologica delle componenti ambientali). La stima/misura/previsione delle variazioni degli indicatori causate
dalla realizzazione dell’intervento (e in ogni sua fase operativa) rispetto all’opzione zero/stato iniziale consente
di quantificare il grado dell’impatto ambientale. L’utilizzo di indicatori misurabili consente, inoltre, di attuare
efficacemente il piano di monitoraggio, strumento di controllo che deve essere predisposto contestualmente
allo SPA. Il piano di monitoraggio, infatti, consente di confermare le previsioni di impatto durante (per alcune
componenti progettuali) e dopo la realizzazione dell’intervento, ed eventualmente predisporre azioni di
mitigazione di effetti ambientali non previsti nello SPA.
55
Nel presente studio l’individuazione degli impatti e il confronto tra gli scenari di intervento viene presentato in
forma tabellare, ritenuta la più adatta ora per una valutazione immediata delle opportunità progettuali rispetto
agli effetti ambientali, e poi di supporto nella successiva fase di redazione dello SPA.
Si riporta di seguito l’elenco delle componenti progettuali individuate e/o ipotizzate nel Capitolo 5 per tutti e tre
gli scenari, e le componenti ambientali presenti nel tratto oggetto di studio identificate nel Capitolo 6. Tali
informazioni sono state incrociate e confrontate criticamente per l’individuazione degli impatti (Tab. 7.1), la cui
descrizione è riportata nel paragrafo successivo:
56
COMPONENTI PROGETTUALI
Fase di cantierizzazione (e manutenzione)
-
Opere di cantierizzazione (posa tubazioni, messa in sicurezza, creazione/adattamento accessi ai mezzi,
etc..)
-
Versamento/refluimento della sabbia sulla spiaggia
-
Stoccaggio della sabbia
-
Movimentazione dei mezzi di cantiere
-
Modellazione della spiaggia
-
Modellazione della duna
-
Protezione della duna (incannucciate, frangivento, passerelle, etc.)
-
Posa della vegetazione di duna
-
Costruzione dei pennelli / Costruzione della barriera sommersa
Fase di funzionamento
-
Perdita progressiva di sedimento da parte della spiaggia oggetto del ripascimento
COMPONENTI AMBIENTALI
Ambiente emerso
-
-
Spiaggia emersa
•
Morfologia
•
Chimica-fisica
Ambiente dunale
•
Morfologia
•
Chimica-fisica
•
vegetazione
•
fauna
-
Avifauna
-
Aria
-
Paesaggio costiero
Ambiente sommerso
-
Fondo
•
Morfologia
•
Chimica-fisica
-
Chimica-fisica della colonna d’acqua (torbidità)
-
Popolamento bentonico
-
Popolamento ittico
-
Posidonia oceanica
57
Tabella 7.1 Individuazione degli impatti ambientali
Fase di
funzionam.
Fase di cantierizzazione (e manutenzione)
Preparaz.
cantiere
Ambiente emerso
Spiaggia
Ambiente dunale
Versam.
sabbia
Stock
sabbia
Mezzi
cantiere
Modellaz.
spiaggia
Modellaz.
duna
Protez.
duna
Vegetaz.
duna
Costruz.
pennelli /
barriera
Perdita
sabbia
Morfologia
Chimica-fisica
Morfologia
Chimica-fisica
Vegetazione
Fauna
Avifauna
Aria
Paesaggio
Ambiente
sommerso
Fondo
Colonna acqua
Popol. bentonico
Popolamento ittico
Posidonia oceanica
Morfologia
Chimica-fisica
Chimica-fisica
58
7.1
Descrizione degli impatti
Gli impatti potenziali sopra tabellati vengono descritti di seguito in riferimento alle componenti
progettuali individuate, allo scopo di fornire maggiori indicazioni utili alla scelta dell’intervento più
opportuno e alla successiva progettazione.
7.1.1
Impatto sull’idrodinamica costiera
Si premette che il presente schema di SPA non riporta considerazioni sull’efficacia tecnica e
ingegneristica dei tre tipi di intervento, e quindi in merito all’impatto delle opere sull’idrodinamica
costiera, già ampliamente argomentati nel rapporto di Fase C2. Si ricorda, inoltre, che nella stima
dell’efficacia dell’intervento vengono anche considerate le alterazioni provocate dagli interventi stessi
sull’ambiente costiero circostante, in particolare sopraflutto e sottoflutto al tratto difeso, definita nel
rapporto di Fase C2 “Area di interesse” (foce nuova di Fogliano – foce di Caprolace). Per
completezza, comunque, si riporta una sintesi delle considerazioni in merito all’efficacia dei tre
interventi proposti, indispensabili per acquisire un quadro completo sull’opportunità tecnica, oltre che
ambientale degli interventi proposti negli scenari:
SCENARIO 1: intervento morbido con solo ripascimento
L’evoluzione morfologica del litorale in seguito alla realizzazione del ripascimento mostra una
sostanziale stabilità del tratto di litorale compreso tra Capo Portiere e Torre Paola, sia in termini di
variazioni della linea di riva che in termini di andamento del trasporto solido. Non si riscontrano
sostanziali variazioni nella dinamica litoranea rispetto alla simulazione precedente in assenza di
interventi. Il tratto di litorale di lago dei Monaci beneficia del ripascimento anche nel medio termine
(10 anni): la linea di riva finale risulta infatti stabilmente più avanzata di quella rilevata nel 2008.
L’avanzamento della linea di riva e la sua stabilità nel tempo garantiscono una maggiore protezione
delle dune retrostanti nei confronti delle mareggiate incidenti sul litorale.
SCENARIO 2: intervento con ripascimento protetto da pennelli
L’obiettivo dei pennelli sarà quello di “modulare” il trasporto longitudinale del sedimento, trattenendo
parte del materiale versato con il ripascimento senza bloccare totalmente il trasporto solido. Nelle
applicazioni modellistiche si osserva come la realizzazione dei pennelli modifichi il regime litoraneo
nel tratto di litorale oggetto di intervento, sia con riferimento all’andamento del trasporto solido che
per quanto riguarda l’evoluzione della linea di riva. Il tratto di litorale sottoflutto alle opere di difesa (a
Sud di Idrovora Lavorazione) presenta una tendenza all’arretramento, dovuta alla riduzione
dell’apporto solido proveniente dal tratto sopraflutto.
In generale, lo scenario 1 (ripascimento morbido) è un intervento compatibile con la “naturalità” della
zona di interesse, mentre l’intervento misto (scenario 2) oltre ad essere più oneroso comporta
sicuramente un maggior impatto sul litorale. Ciò che viene modificato non è infatti il bilancio globale
del litorale, ma la distribuzione dei sedimenti al suo interno, con benefici nel tratto protetto
accompagnata da una contestuale accelerazione della crisi sottoflutto alle opere rigide.
SCENARIO 3: intervento con ripascimento protetto da barriera sommersa
La conseguenza della realizzazione di questo genere di opera (oltre agli ingenti costi capitali) è
quello di uno sconvolgimento totale della dinamica del trasporto sedimentario che, in linea di
massima, comporterà un accumulo di sabbia sopraflutto all’intervento ed una forte erosione
sottoflutto allo stesso. Tale circostanza, perfettamente nota in letteratura, ha un significativo riscontro
con l’intervento a Foce Verde che attualmente richiede continui interventi sottoflutto (peraltro previsti
in progetto e mai attuati). Si rimarca, infatti, che l’interruzione o comunque la radicale modifica della
dinamica sedimentaria ha come conseguenza la modifica dell’assetto della linea di riva, con tutte le
ovvie conseguenze in termini di impatto sulla duna e sulle infrastrutture litoranee. L’eventuale
introduzione di barriere sommerse con elementi di particolari caratteristiche idrauliche (Tecnoreef®,
Reefball®, etc.) non risolve il problema poiché non modifica il principio di funzionamento della
barriera; la barriera riduce il trasporto solido agendo sull’attenuazione del moto ondoso incidente. La
modellistica mette in evidenza, in termini di variazioni della linea di riva, un notevole accrescimento
della spiaggia nel tratto protetto dalla barriera, mentre il tratto di litorale sottoflutto al sistema di
difesa si presenta molto arretrato, come pure le zone in prossimità delle foci di Idrovora Lavorazione
e Rio Martino. A titolo di esempio, è stata eseguita una simulazione “più realistica”, con la barriera
soffolta interrotta ogni 250 m da dei varchi lunghi 50 m; tale configurazione riduce l’impatto della
barriera sul trasporto solido e, probabilmente, migliora la circolazione e la qualità delle acque nello
specchio acqueo protetto. Pur trattandosi di un risultato più ragionevole rispetto a quello della
simulazione senza varchi, anche in questo caso si peggiora la situazione sia del litorale sottoflutto
alla barriera che, parzialmente, di quello sopraflutto. Sembra quindi particolarmente sconsigliabile
attuare gli interventi previsti nello scenario 3.
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7.1.2
Impatti derivanti dalle componenti progettuali
Impatti derivanti dalle opere di cantierizzazione:
consistono in tutte quelle azioni accessorie alla realizzazione dell’intervento svolte sull’area costiera,
quali ad esempio la posa di tubazioni per il versamento della sabbia (se proveniente da depositi
marini), la creazione o l’adattamento di varchi o piste per l’accesso sulla spiaggia ai mezzi di
cantiere, la creazione di spazi logistici, la messa in sicurezza del cantiere stesso, etc.
Tali opere spesso provocano più alterazioni sull’ambiente costiero rispetto all’esecuzione
dell’intervento stesso, ad esempio modificazioni della morfologia della spiaggia emersa o della duna
causate dal passaggio dei mezzi di cantiere, danneggiamento della vegetazione specialmente nella
zona del piede della duna, disturbo della fauna emersa e sommersa, aumento della torbidità della
colonna d’acqua nel caso di posa di tubazioni non galleggianti per lo scarico della sabbia, e
ovviamente occupazione di suolo (emerso e sommerso) dovuto a tutte queste attività. Infine, la
presenza e l’attività di veicoli provoca un temporaneo aumento dell’inquinamento dell’aria.
Si raccomanda pertanto di prevedere, in sede di progettazione e in sede di realizzazione, le tecniche
e gli accorgimenti operativi tali da minimizzare questi effetti. In particolare si raccomanda di non
creare nuovi varchi per l’accesso al cantiere ma di individuare accessi naturali o non naturali già
esistenti, e di prevedere eventuali interventi di ripristino ambientale degli stessi al termine
dell’utilizzo. Le operazioni a mare, inoltre, non dovranno interessare i fondi occupati da biocenosi
sensibili, in particolare Posidonia oceanica. Infine si raccomanda di concentrare le operazioni di
cantierizzazione nel più breve lasso di tempo possibile e comunque di escludere i periodi di
nidificazione e riproduzione della fauna presente in questo ambiente.
Impatti derivanti dal versamento e/o refluimento della sabbia sulla spiaggia:
il versamento (da terra) o il refluimento (da mare) della sabbia sul litorale provoca inevitabilmente,
ma intenzionalmente, una modificazione della morfologia della spiaggia emersa e sommersa ed
eventualmente, un’alterazione della granulometria e mineralogia (e quindi del colore) delle sabbie,
se queste sono molto diverse da quelle native. Un’attenta analisi a priori della natura delle sabbie da
utilizzare può limitare questo tipo di impatto, dato tuttavia per assodato che sabbie di cava, terrestre
o marina che sia, non possono equivalere quelle in posto che hanno subito nel tempo processi di
ossidazione, selezione e classamento tipici dell’ambiente costiero emerso e infralitorale.
Dal punto di vista operativo, il versamento delle sabbie provoca un temporaneo aumento della
torbidità lungo la fascia costiera dato dalla componente più fine (pelite) in sospensione. Ai fini di
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minimizzare il fenomeno di risospensione di sedimento fine, quindi, si raccomanda di utilizzare una
sabbia la cui componente fine non supera il 5%.
Per quanto riguarda il rischio di seppellimento di biocenosi sensibili a mare (es. Posidonia oceanica)
e del piede della duna a terra durante le operazioni di versamento della sabbia, si raccomanda di
prevedere già in sede di progettazione il comportamento delle sabbia versate, sia verso mare
(profondità di chiusura) che verso terra, e successivamente di attenersi scrupolosamente alle
indicazioni progettuali.
Impatti derivanti dallo stoccaggio della sabbia:
a volte le sabbie versate sulla spiaggia non vengono completamente e immediatamente utilizzate,
ma vengono temporaneamente stoccate in cumuli come “riserva” per successivi interventi. In questi
casi, l’impatto sull’ambiente costiero coincide con l’alterazione della morfologia di spiaggia; inoltre tali
volumi, se non ben protetti, possono minacciare gli ambienti adiacenti, in particolare le dune, oltre ad
occupare ovviamente suolo.
Impatti derivanti dalla movimentazione dei mezzi di cantiere:
l’attività dei mezzi di cantiere, generalmente escavatori e pale meccaniche, provocano
inevitabilmente, ma intenzionalmente, una modificazione della morfologia della spiaggia emersa. Il
passaggio dei mezzi, come nel caso delle opere di cantierizzazione, può provocare impatti sulla
morfologia e la vegetazione della spiaggia e della duna, oltre a recare disturbo alla fauna. Infine, la
presenza e l’attività di veicoli provoca un temporaneo aumento dell’inquinamento dell’aria.
Le raccomandazioni al fine di limitare gli impatti sono le stesse indicate per gli impatti derivanti dalle
opere di cantierizzazione.
In specifiche condizioni operative, come nel caso di fondi piuttosto inclinati, i mezzi da terra sono
coadiuvati da pontoni a mare che, ad esempio, forniscono assistenza nella posa dei massi durante
la costruzione dei pennelli o delle barriere. I pontoni, evidentemente, possono provocare impatti
sull’ambiente marino come aumento della torbidità e ancoraggi su fondi sensibili, per cui si
raccomanda di prevedere percorsi e posizionamenti in mare opportuni.
Impatti derivanti dalla modellazione della spiaggia:
la modellazione della spiaggia emersa e sommersa, e quindi la variazione della sua morfologia, è un
effetto atteso dell’intervento di ripascimento. Onde evitare alterazioni della morfologia della spiaggia
che snaturino forme ed equilibri ecologici della stessa, si raccomanda di prevedere, in fase di
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progettazione, il raggiungimento di un profilo di equilibrio opportuno a partire da un ben definito
profilo di posa creato dai mezzi meccanici. Il profilo di posa stesso, comunque, non dovrà interferire
nelle forme e dimensioni con le componenti ambientali presenti.
Impatti derivanti dalla modellazione della duna:
come nel caso della modellazione della spiaggia, l’operazione di modellazione della duna a partire
dalla sabbia accumulata a tale scopo dovrà rispettare le forme e le caratteristiche del sistema dunale
presente, evitando di seppellire o danneggiare la vegetazione presente, soprattutto al piede della
duna. Si raccomanda quindi di rinforzare il piede della duna modellando un accumulo di sabbia
davanti allo stesso in modo tale da far avanzare il corpo dunale non vegetato da piante pioniere.
Impatti derivanti dalla protezione della duna:
Il rapporto di Fase C2 riporta in modo piuttosto esaustivo il tipo di azioni che possono essere messe
in campo per proteggere la duna ricostruita, e di conseguenza tutto il sistema dunale.
In particolare, si propone la posa di reti frangivento e schermi frangivento costruiti con materiali
naturali nonché la sistemazione di passerelle in legno esistenti e/o realizzazione di nuove passerelle
in legno. La realizzazione di passerelle ex novo comporta un impatto, seppure localizzato, sulla
morfologia della duna e sulla vegetazione costiera presente, ed è legato essenzialmente alle
operazioni di realizzazione dell’opera (ad es. infissione dei pali nel terreno) oltre al calpestamento
accidentale della vegetazione presente e il disturbo alla fauna, facilmente mitigabili da una condotta
attenta e professionale. In particolare, gli accessi per i disabili (previsti nel Rapporto di Fase C2 alle
due estremità dell’area di intervento) devono essere realizzati in conformità alle norme nazionali ed
europee in materia, che prevedendo una rampa ampia a pendenza ridotta (che non può superare il
5%) e, conseguentemente, uno sviluppo lineare sensibilmente superiore a quello di una comune
passerella. Alla luce di quanto detto si raccomanda, ove possibile, di preferire interventi di restauro e
manutenzione delle passerelle già presenti lungo questo tratto di litorale e, in caso di costruzione di
nuovi accessi, se ne consiglia la realizzazione in corrispondenza di “tracciati” già esistenti, per
minimizzare l’impatto sulla vegetazione.
Impatti derivanti dalla posa della vegetazione di duna:
la vegetalizzazione della duna, così come la protezione della stessa, non induce effetti
particolarmente importanti. Si raccomanda di utilizzare piante tipiche della duna mediterranea,
meglio se reperite in vivai del loco o autonomamente prodotte, onde evitare contaminazioni con
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specie alloctone.
Impatti derivanti dalla costruzione dei pennelli o dalla costruzione della barriera sommersa:
sotto il profilo ambientale, la realizzazione di opere rigide come pennelli, barriere o altre strutture,
nelle loro forme e dimensioni più varie, consistono sempre nell’immissione in ambiente marinocostiero di corpi non presenti in condizione di naturalità. Dato per assunto il notevole impatto delle
opere rigide sull’idrodinamica costiera (le cui variazioni hanno comunque un peso anche sulle
componenti ambientali), gli impatti diretti prevedibili sulle componenti ambientali coincidono
sostanzialmente con un’alterazione definitiva della morfologia di spiaggia e del paesaggio marittimo
(nel caso dei pennelli), con l’occupazione di suolo emerso e sommerso, con il disturbo delle
biocenosi marine se presenti sui fondi occupati, e con tutte le possibili alterazioni temporanee dovute
alla realizzazione dell’opera (disturbo della fauna, aumento dell’inquinamento dell’aria, aumento
della torbidità, possibile danneggiamento del piede della duna e della sua vegetazione se la radice
del pennello si innesta a ridosso della duna stessa).
Impatti derivanti dalla perdita progressiva di sedimento da parte della spiaggia oggetto del
ripascimento:
gli interventi di ripascimento con sabbia dei litorali, poiché non risolvono a monte il problema del
deficit sedimentario (causato dall’estrazione di inerti da alveo, cattura dei sedimenti da parte di
dighe, briglie, etc..) ma mirano a tamponare il naturale processo di erosione delle coste, ultimamente
inasprito dagli effetti del cambiamento climatico (risalita del livello marino ma soprattutto aumento
della frequenza degli eventi estremi), prevedono una perdita di sabbia fisiologica e progressiva in
direzione in direzione del trasporto solido litoraneo prevalente e, in misura minore, verso mare.
Tali perdite ovviamente creano degli effetti negativi su tutte quasi tutte le componenti ambientali
identificate. Tutti gli interventi di ripascimento, infatti, dovrebbero prevedere delle operazioni di
manutenzione, con ricariche di sabbia da programmare in modo opportuno a partire dalle previsioni
dei modelli di evoluzione costiera e dai risultati dei monitoraggi, e devono essere effettuate con
continuità nel tempo. Va infine sottolineato che gli interventi di manutenzione periodici non
manifestano l’inefficacia dell’intervento di ripascimento, bensì coincidono con le opere accessorie
previste da un intervento a basso impatto ambientale, particolarmente incoraggiato in un’area
protetta come il Parco Nazionale del Circeo.
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8
MANUTENZIONE DI FOCE CATERATTINO
Il tema della criticità erosiva localizzata alla foce del canale Caterattino è stata affrontata sotto il
profilo ingegneristico nel rapporto di Fase C2, a cui si rimanda per gli approfondimenti. In merito agli
aspetti ambientali, si rileva il degrado della duna e della spiaggia sopraflutto a ridosso della foce (Fig.
8.1), situazione aggravata da interventi d’urgenza effettuati con massi naturali scaricati sulla duna da
difendere (Fig. 8.2a/b). Ribadendo l’inefficacia di questo tipo di intervento, o peggio ancora la
dannosità dello stesso, si suggerisce di associare ad un intervento di difesa costiera puntuale e
specifico, da progettare in altra sede e basato sui risultati di modelli idrodinamici a grande scala,
alcuni interventi di ricostruzione della duna con sabbia e successiva vegetalizzazione e protezione
della stessa con opere di ingegneria naturalistica appropriata.
Figura 8.1. Ripristino del piede della duna con massi naturali a nord della foce del Caterattino (marzo 2009, Hydrosoil)
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Figura 8.2a. Particolare della situazione di crisi a nord della foce del canale Caterattino (giugno 2009, Regione Lazio)
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Figura 8.2b. Particolare della situazione di crisi a nord della foce del canale Caterattino (giugno 2009, Regione Lazio)
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