Col termine “Agro Pontino”, l`antico Pometinus ager, si intende il

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Col termine “Agro Pontino”, l`antico Pometinus ager, si intende il
L’EVOLUZIONE GEOLOGICA DEL TERRITORIO PONTINO
“All’alba ci ritrovammo tra le Paludi Pontine,che non hanno poi quel triste aspetto
col quale sono descritte, comunemente, a Roma”
J.W. Goethe
“Paludi Pontine” di Pierre Auguste Brunet Houard
Col termine “Agro Pontino”, l’antico Pometinus ager, si intende il territorio compreso tra i monti Lepini e gli Ausoni, il Mar Tirreno e il promontorio del Circeo, un territorio
che si spinge sino all’Agro romano dal quale non è possibile individuare un vero e proprio confine fisico anche per le caratteristiche fisiche e geologiche del suolo. Come limite puramente convenzionale, si può assumere il corso medio e inferiore dell’Astura e una linea immaginaria che, dai piedi della collina su cui sorge Cori, si spinge sino ai piedi
dell’altura su cui è posta Lanuvio, mantenendosi sulla quota di 120 m.
L’agro si presenta come una piana di origine alluvionale ed eolica, con zone più depresse alla base dei Monti Lepini—Ausoni e aree più elevate ubicate tra Latina, Sabaudia e
San Felice Circeo, in corrispondenza della “duna antica” pliocenica, dove si raggiungono quote prossime ai 50 metri s.l.m.
In questa seconda porzione la morfologia è relativamente più articolata e, tra essa e il mare, è presente una fascia di territorio depresso e pianeggiante, coperto in parte
dai quattro laghi costieri (Fogliano, Monaci, Caprolace e Paola) e dalle limitrofe aree palustri, oltre al cordone dunale attuale.
La pianura pontina è situata in corrispondenza di un’antica “Zona di Transizione”, quindi un’area che agiva da passaggio tra un ambiente tropicale di acque basse della
“Piattaforma Carbonatica” (gli attuali Monti Lepini) e una zona di mare più profondo posta in corrispondenza dell’attuale fascia litorale sino al mar Tirreno. In essa vennero
a depositarsi sedimenti e rocce di transizione, completamente diverse rispetto a quelle tipiche della piattaforma. Sono depositi, questi, che oggi ritroviamo a grandi profondità, al di sotto della fascia costiera tirrenica.
Nel Pliocene e nel Pleistocene
Inferiore l’ambiente oggi
occupato dalla Piana Pontina è un
grande golfo e il Circeo un’isola
ad esso prospiciente separata da
un ampio tratto di mare
Alle regressioni del Pleistocene superiore è legata la formazione dei laghi costieri. Quando il mare, che invadeva la pianura, cominciò a ritirarsi, il suo naturale deflusso fu ostacolato e lasciò parte delle sue acque a ristagnare, creando, così, una zona lagunare interrotta dai depositi alluvionali dei
diversi corsi d’acqua che scorrevano nella pianura. Tali laghi
hanno una morfologia rettilinea verso la costa, determinata
dallo sbarramento della duna recente, e frastagliata verso
l’entroterra, dovuta alle paleo valli dell’antico reticolo idrografico. Gli alvei di questi fiumi, ormai non più esistenti,
continuano oltre il Circeo per alcuni chilometri sulla piattaforma continentale, sottoforma di avvallamenti del fondale
non ancora appianati dalle correnti marine.
Nel Pleistocene Medio-Superiore una fase di regressione marina
favorisce la formazione di un ambiente lagunare – palustre. L’isola del
Circeo viene, progressivamente, a saldarsi alla terraferma tramite la
formazione di secche e dune sabbiose. Intanto si va formando
l’edificio vulcanico dei Colli Albani (Vulcano Laziale) e la piana pontina
riceve le vulcaniti riferibili alla prima fase dell’attività.
Arctica islandica
L’abbassamento del livello marino, legato all’instaurarsi delle
fasi climatiche fredde del Pleistocene porta ad un avanzamento
dell’attuale linea di costa nell’ordine di una decina di km.
L’intera area si trasformò in una vera e propria zona palustre,
con corsi d’acqua che raggiungevano il mare formando valli
fortemente incise.
Durante il Pleistocene lunghi periodi freddi, alternati a brevi periodi caldi, si sono ripetuti più volte, interessando soprattutto
l’emisfero settentrionale. I periodi freddi, detti glaciazioni, erano
caratterizzati da una marcata diminuzione della temperatura, che
causò l’estendersi dei ghiacciai, delle calotte polari e il conseguente abbassamento del livello marino, favorendo, così, l’emersione di
ampie fasce costiere e dando luogo a temperature medie annuali inferiori di 10° - 15° C rispetto alle attuali.
Nei periodi caldi, interglaciali, l’innalzamento della temperatura determinò lo scioglimento di parte delle masse glaciali e l’aumento del
livello dei mari disegnò linee di costa più alte di quelle attuali. Come
conseguenza di questi profondi cambiamenti climatici, le flore e le
faune marine e continentali più sensibili alle variazioni termiche, si
spostarono seguendo le avanzate e le regressioni glaciali e i fossili,
che oggi troviamo nel Ns. territorio, ci danno precise indicazioni sui
diversi climi succedutisi.
Nell’Olocene, da 10.00 anni fa ad oggi, fenomeni di subsidenza
consentono una nuova invasione del mare , creando nella regione
quell’ambiente paludoso che, in tempi storici, subisce più o meno
vistosi cambiamenti in estensione, sino a scomparire, quasi
totalmente, in seguito agli interventi della Grande Bonifica.
Strombus bubonius