23 luglio LIBERO - Palazzo della Ragione Fotografia

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23 luglio LIBERO - Palazzo della Ragione Fotografia
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CULTURA
__Sabato 23 luglio 2016__
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Il romanzo di Corsi
«Una piccola patria»
Ritorno a un’Itaca
del Settentrione
Immaginate un patriottismo concentrico.
Il primo cerchio prende il nome di Heimat, vale a dire il luogo in cui sono nato, in
cui sono cresciuto ma anche il foro interiore, il proprium religioso ed etnico, l’animo
identitario. Viene poi un secondo cerchio,
più ampio, ed è la Vaterland, la Nazione,
la terra dei padri. C’è infine la Grossevaterland, la Grande Patria e cioè l’Europa, la
comunità di destino continentale. Le due
ultime Stefano Corsi, scrittore classe 1964,
insegnante nei licei, non disdegna di percorrerle, ulissicamente, alla ricerca del
kainós, del nuovo, dell’insolito, dell’inatteso, dell’impensato. Durante il viaggio, tuttavia, insorge in lui fatale la nostalgia della
propria piccola patria, della sua Itaca.
E il topos dell’anima, il luogo dove tornare
di tanto in tanto per riassaporare profumi, sapori, ricordi, emozioni per Corsi è
Bergamo, sua città natale dove ha trascorso l’infanzia e a cui dedica il suo ultimo
romanzo, Una piccola patria (Blosi Edizioni, pp. 104, euro 12). Per Corsi si torna
a casa a fare il pieno di senso così da poter
affrontare la durezza del nonsense che naviga nel vasto mondo. La piccola patria è
la risposta al bisogno di attingere al passato da cui (ri)partire, è lo scorcio su cui gettare l’ultimo sguardo mentre ci si allontana. Perché la prosa, nemmeno la migliore, non sarà mai poesia.
WILLIAM KLEIN
::: NICOLETTA ORLANDI POSTI
■■■ Milano, palazzo della
Ragione. Davanti a me c’è il
maestro William Klein.
Non ci penso un attimo: tiro fuori il cellulare e lo fotografo. Lui di tutta risposta prende
la macchinetta che porta appesa al collo e a sua volta mi
scatta una foto. Interessato al
gesto, attore e spettatore, il rivoluzionario Klein a ottantotto anni suonati non smette di
sorprendersi e provocare. Curioso delle persone, audace,
pronto a essere frainteso fa
quello che ha fatto per una vita: scatta foto a me, ai giornalisti, ai fotoreporter e alla maggiorparte degli invitatialla preview della mostra Il mondo a
modo suo che celebra il suo
ritorno nella città che sessant’anni fa accolse la sua prima
esposizione.Il ribelle,anticonformista, antiperbenista che
volle,fortissimamente volle infrangere le regole assiomatiche della fotografia, (come lo
definisce il direttore di Palazzo della Ragione Domenico
Piraina), arrivò a Milano nel
1952 invitato da Giorgio
Streheler per una mostra al
Piccolo Teatro. A quel tempo
Klein non era un fotografo:
espose una serie di opere
astratte realizzate su suggerimento del suo mentore Fernand Léger per alcuniarchitetti italiani. Per Angelo Mangiarotti creò dei murales in bianco e nero. Li dipinse su pannelli girevoli. «Ho fotografato i
dipinti geometrici astratti che
avevo fatto su quei pannelli e
c’era una persona che li faceva girare durante un tempo di
esposizione molto lungo, in
modo che le linee si confondessero», racconta Klein. «E
ho capito che avrei potuto riprodurre l’effetto sfocato nella
camera oscura. Quello fu il
mio primo vero approccio alla fotografia».
La mostra a Palazzo della
Ragione inizia da qui, da quei
lavori astratti caratterizzati da
bruschi e netti contrasti geometrici (hard-edge) che raccontano di un artista sperimentale e concettuale che inizia a usare la fotografia per documentare l’allestimento delle sue mostre. Cogliendo l’effetto sfocato dei pannelli rotanti, la pittura si trasforma in
scultura cinetica, i bordi e i
contrasti netti diventano fluidi. Nascono fotogrammi impressionanti che Giò Ponti
usa come copertine per la sua
rivista di architettura e design
Domus. La svolta, però, arriva
due anni dopo con l’ingaggio
Al Vittoriano
Ilvirtuoso delgrandangolo
che trasformò Milano in New York
Dopo 60 anni il grande fotografo Usa torna con una mostra in Italia
E omaggia Strehler, l’astrattismo, la sua Leica, la moda come bersaglio
L’ARTE DIETRO IL CLIC
In alto la foto “Kids with gun” scattata da Klein a
New York. Sotto l’autoritratto. A fianco le modelle di
Vogue fatte sfilare da Klein sulle strisce pedonali di
piazza di Spagna immortalate in “Moda”
da parte di Vogue che lo vuole
per la strada a fotografare la
scena urbana. Così Klein a Parigi va all’Agenzia Magnum e
compra dallo stesso fondatore Henri Cartier-Bresson
una sua Leica per un reportage da New York dove torna dopo anni di assenza. Una Leica
che ammette di non saper
usare, alla quale monta un
grandangolo per annullare le
distanze tra lui e le persone
che vuole fotografare. Ecco le
immagini della sezione New
York: un diario fotografico del
suo ritorno a casa, «con un occhio americano e uno europeo», dal quale viene fuori
una Big Apple brutta, violenta, disordinata, squallida.
Klein non si fa remore a raccontarla così perché è così
che la vede, a modo suo. Klein
non ha paura di interagire
con i suoi soggetti, è sfacciato,
subdolo, provocatore, tagliente.È luistesso un cattivo ragazzo di strada, al pari di quelli
che immortala mentre mostrano spavaldi una pistola.
Niente buone maniere. Distorsioni da grandangolo. Effetto sfocato. Messe a fuoco
non convenzionali. Sovra e
sottoesposizioni. «Quello che
i professionisti avrebbero gettato nel cestino, per me era un
eccitante materiale da rilavorare», puntualizza Klein. Il reportage nel 1957 diventa il libro Life is Good & Good for
You in New York. Il primo di
una serie di volumi dedicati a
città come Mosca, Tokyo,Parigi e Roma dove va in ricogni-
ALBERTO FRAJA
zione in compagnia di Fellini, Pasolini e Moravia. La
mostra prosegue con la sezione Moda. Klein inventa un
modo tutto suo per aggirare il
mondo imbalsamato dell’haute couture. «Quando mi
mostrarono gli abiti mi fu immediatamente chiaro che le
modelle avrebbero attraversato Piazza di Spagna sulle strisce pedonali», racconta. «Sfilando avanti e indietro, si sarebbero incrociate e avrebbero reagito l’una all’altra.
Per appiattire la prospettiva, progettai di salire sulla scalinata della piazza e usare un
teleobiettivo. Le ragazze passeggiarono avanti e indietro fino a quando iniziarono a catturare l’attenzione dei passanti. Ero in cima alla scalinata
con la mia macchina fotografica, all’insaputa della gente.
Gliuomini iniziarono a pensare che fossero prostitute impazzite e si avvicinarono, cercando di palparle. La direttrice diVogue iniziò a innervosirsi temendo se non uno stupro
di gruppo, un blocco del traffico.(...) Forse una delle più belle fotografie di moda mai realizzate». Cosa altro fare? Cinema, fu la risposta di Klein. Nel
1958 realizza Broadway by Light, il primo film pop. Seguiranno le saghe dei “superneri”(Muhammad Alì The Greatest, 1964-1974, Eldridge Cleaver, Black Panther, 1970, e
The Little Richard Story,
1980), i documentari politici
(Loin du Vietnam, 1967) e le
pellicole sperimentali (Qui
êtes-vous Polly Maggoo?,
1966, Le couple témoin, 1976,
e In and Out of Fashion,
1994), fino al visionario Le
Messie del 1999, ispirato al
Messiah di Händel. Negli anni ’90 Klein riprende in mano
i suoi provini soffermandosi
sulle annotazioni rosse e nere
che segnano ifotogrammi.Comincia a ingrandirli, a stamparli nel formato dei primi dipinti.Su queste stampe/murales la matita demografica viene sostituita da pennellate.
«Consapevolmente o no»,
scrive David Campany nel volume della mostra edito da
Contrasto, «questo lavoro fa
rivivere quell’istante del 1952
in cui tutto è cominciato,
quando un colpo di pennello
e una macchina fotografica si
incontrarono per caso in quell’appartamento milanese».
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Lo strano caso
della foto rubata
diLucio Dalla
■■■ È stata inaugurata ieri al
Vittoriano di Roma Lucio Dalla, immagini e suoni, prima
mostra monografica dedicata
all’artista scomparso da due anni, tanto che quotidiani e siti
web non si sono risparmiati
dal darne, giustamente, ampia
eco. Non si risparmiano i ringraziamenti a tal Ministro della
cultura, ai musicisti, al regista,
al curatore, ai fotografi ecc.
Ma, il nome di «Renzo Chiesa» non dovrebbe essere tra
questi? Eppure, la sua, è la foto
apripista della mostra... Vi starete chiedendo: e chi è? Perché
mai dovrebbe comparire il suo
nome? Breve nota biografica:
Renzo Chiesa è tra i fotografi
più celebri del Belpaese, da 40
anni ha a che fare con obiettivi
e flash. Nel suo curriculum, tra
le altre, le foto di Paolo Conte,
Bob Marley, Renzo Piano, ecc.
Renzoperò è anche autore della
copertina
del disco
Dalla
(quella di
Balla balla ballerino per in- La foto di Chiesa
tenderci).
Chi non l’ha mai vista? Bianco
e nero, occhiali tondi sulla coppolina e gli occhi vispi di Lucio
che guardano in su. Anche
Renzo avrà probabilmente
guardato in su, domandando
al cielo per quale motivo la sua
foto campeggia tra gli articoli di
presentazione della mostra di
tutti i media, senza che lui lo
sapesse? Questa, è il manifesto
dell’esposizione, la più rappresentativa del personaggio e,
quindi, dell’evento. Ma non v’è
credito alcuno. Quelli che i filobritannici amano definire credits, il riconoscimento dell’autore di un’opera. E che sono,
per legge, obbligatori quando
sitratta diuna fotografia «creativa». «Dopo averlo scoperto,
amici e fan si sono scatenati,
mihanno dimostrato tanta solidarietà» racconta Renzo «di
questi tempisono cose che succedono: non ti chiedono nulla,
prendono la foto e ne fannoquel che vogliono». Poi continua: «Dicono gli organizzatori
che non cihanno riflettuto,avevano fretta. Le scuse non bastano,sarò rimborsato». E della foto, il cui originale è ora esposto
alla galleria Headquarter a Milano,ricorda: «Era l’ultimo scatto del rullino, ma ho capito subito che sarebbe stata “la” foto.
Chiamai Lucio gli dissi:se tipiace è questa la copertina del tuo
disco». Si minaccia querela?
FABRIZIA MIRABELLA
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