La tela violata

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La tela violata
Progetto mostra
La tela violata
Fontana, Manzoni, Castellani, Bonalumi, Burri, Scheggi,
Simeti, Amadio e l'indagine fisica della terza dimensione
Mostra e catalogo a cura di
Maurizio Vanni
Organizzazione
Lu.C.C.A. – Lucca Center of Contemporary Art
Produzione e Coordinamento esecutivo
MVIVA Srl, Lucca
In collaborazione con
Massimo Ferrarotti
Spirale Milano
Progetto grafico e comunicazione 2.0
Antonio Parpinelli
Ufficio Stampa
Spaini&Partners
Lu.C.C.A., marzo-giugno 2016
La tela violata
Fontana, Manzoni, Castellani, Bonalumi, Burri, Scheggi,
Simeti, Amadio e l'indagine fisica della terza dimensione
Azimuth è una rivista fondata da Piero Manzoni e Enrico Castellani, uscita in solo
due numeri tra il 1959 e il 1960, che coinvolgeva intellettuali, critici d’arte e artisti nel
dibattito su cosa rappresentasse l’arte e quali fossero le modalità per esprimere un
pensiero più appropriato al momento storico internazionale. Azimuth non vuole rompere
con il passato, ma superarlo attraverso la consapevolezza e l’esperienza di alcuni artisti
unite alla velleità rivoluzionaria delle nuove generazioni.
Azimut, invece, è uno spazio espositivo, fondato sempre da Manzoni e Castellani, in
collaborazione con Agostino Bonalumi, che tra il 1959 e il 1960, in soli otto mesi di
attività, proporrà 13 mostre a iniziare da quella di Piero Manzoni. Sarà caratterizzato da
progetti espositivi che provocheranno uno “strappo” con il passato senza precedenti e
arriverà a sconcertare il mondo intero.
Azimut/h, rivista e spazio espositivo, pur avendo avuto una vita breve, avranno una eco
e un effetto domino quasi inimmaginabile per mezzo di una dirompente sperimentazione e
una dissacrazione degli strumenti del fare arte che proporranno allo spettatore un ruolo
del tutto inedito: quello di completare il lavoro dell’artista chiamato a violare la tela.
Potremmo cercare la genesi di questa terza rivoluzione percettiva – dopo quella di Giotto,
degli Impressionisti e delle Avanguardie storiche – nel manifesto per l'Arte integrale di
Lucio Fontana.
Il primo Manifesto dello Spazialismo, proposto da Fontana nel 1946, già preannunciava
alcuni cambiamenti in fieri anelando di andare oltre lo spazio fisico della tela e della
materia, espandendosi attraverso nuove forme espressive. La nuova arte, secondo
Fontana, avrebbe dovuto essere caratterizzata dallo studio fisico della materia, del colore e
del suono in movimento, del ritmo che poteva scaturire da un lavoro nuovo sul palinsesto
pittorico. L’obiettivo era quello di superare i limiti bidimensionali della tela per creare uno
spazio che fosse, al tempo stesso, fisico e concettuale. Una visione cosmica che l’artista
italo-argentino concretizzerà con i celeberrimi Concetti spaziali, Buchi, Tagli, Attese,
Ambienti, Nature e Teatrini.
Lo Spazialismo ha ispirato le generazioni successive formando i presupposti che hanno
portato molti artisti a basare la propria proposta artistica sul superamento dei confini
dell’opera, sulla violazione della tela, sulla necessità di ridiscutere i tempi e i modi del
dipingere, sul bisogno di rivedere il ruolo del pittore stesso e dello spettatore. Per questi
artisti, il supporto diventerà l’anima di tutto il lavoro, l’elemento portante e definitivo, la
tesi e l’antitesi, la scoperta di uno spazio nuovo che la tecnica tradizionale non avrebbe
potuto favorire.
Adesso acquistavano nuovi significati e nuovi valori le tematiche inerenti uno spazio che
non poteva più essere concepito in modo tradizionale: si cercavano nuovi codici espressivi
in grado di andare oltre le premesse razionalistiche e le cognizioni scientifiche legate
all’illusione prospettica. Fare pittura doveva significare superare l’abilità amanuense,
coagulare nell’opera d’arte l’energia e la forza in una visione che avrebbe dovuto
travalicare lo spazio tridimensionalmente percepibile, coinvolgendo concretamente
l’ambiente nel quale il lavoro si immetteva uscendo dai suoi limiti tradizionali. Ne
scaturirono ”gesti” che distruggevano la finzione spaziale della pittura mettendo in luce
una nuova realtà.
La mostra
La mostra, in linea con i presupposti di Azimut/h, vuole indagare quegli artisti che non
hanno come priorità quella di disegnare o dipingere una tela, ma coloro che hanno avuto il
coraggio di violarla per riscrivere la storia, costruendo su di essa qualcosa di inatteso e
rivoluzionario basato sull'utilizzo reale dello spazio, sull'indagine del tempo e sull'analisi del
ritmo delle strutture. L’intento di questi artisti era quello di dare forma inedita a energie
nuove che vibravano nel mondo, in un momento dove la presa di coscienza dell’esistenza
di nuove forze e inedite necessità portavano a considerare gli strumenti tradizionali in
modo altro, trasformando la tela da palinsesto a struttura portante e base di accadimenti.
Tutto ha inizio con Lucio Fontana e il suo Manifesto Blanco. A lui sarà dedicata la sala
principale al primo piano con 8/10 opere: i suoi celeberrimi Tagli, che compaiono nel
1957 e trovano la loro compiutezza in una serie di opere intitolate Concetto spaziale.
Attese, sono lavori caratterizzati da uno o più tagli verticali, netti, decisi, perentori, con cui
l’artista invade la tela monocroma. Il taglio è un gesto che attraversa la tela, che impiega
un tempo a percorrerla, ovvero un’attesa, e conferma una continuità tra lo spazio esterno
e quello interno del piano.
Lo Spazialismo si ricollegava direttamente all’Informale, pur non proponendo
l’esistenzialismo negativo di artisti come Jean Dubuffet, Jean Fautrier e Wols. Il Manifesto
Spazialista non poteva passare inosservato a tanti artisti italiani che sentivano l’esigenza di
andare oltre il palinsesto tradizionale utilizzato in pittura e Alberto Burri, che avrà 5
opere in mostra, fu tra questi. L’artista umbro, infatti, prende le distanze dalla superficie
pittorica tradizionale intervenendo sulle tele con azioni e stratificazioni che ne
riconcepivano l’aspetto – attraverso l’uso di materiali fino allora inediti – in grado di
trasformare in opera quello che in passato poteva essere definito supporto. I sacchi di
juta, le combustioni di plastiche industriali e i catrami creano uno strumento di dialogo
aperto con il pubblico.
Agostino Bonalumi e Enrico Castellani danno vita a un percorso di ricerca sulle
infinite possibilità spaziali fornite dall’estroflessione della tela che ormai aveva superato i
confini della cornice dialogando in modo diretto con lo spazio. Bonalumi, al quale
saranno dedicate due sale per un totale di circa 12 opere, si inserisce giovanissimo
nel clima artistico milanese frequentando lo studio di Enrico Baj dove conoscerà Lucio
Fontana, Piero Manzoni e Enrico Castellani. Nella sua collaborazione con la rivista Azimuth
partecipa il pensiero dell’azzeramento totale delle esperienze visive precedenti con l’utilizzo
di tele monocrome, per lo più bianche, estroflesse, con varie tecniche in modo da creare
effetti di luci e di ombra variabili a seconda dell’inclinazione della sorgente luminosa.
Quella di Bonalumi è una ricerca che tende a legarsi al design, con il “quadro-oggetto”
che, strutturandosi in superfici monocrome a rilievi articolate secondo una simmetria
assiale, tende a invadere lo spazio circostante arrivando a creare uno “spazio-ambiente”.
Anche Castellani, che avrà una sala con 4 opere, avvia un percorso rigoroso di studio
sulle possibilità di analisi dell’estroflessione delle tele mediante l’utilizzo di chiodi e centine
inserite dietro la tela. Nel 1959 realizza la sua prima superficie a rilievo dando vita a una
poetica che rimarrà vita natural durante la sua cifra stilistica e che sarà definita dalla
critica “ripetizione differente”: una reiterazione accuratamente scelta di pieni e di vuoti
creata dalle ritmiche estroflessioni della tela che, comunque, costituisce un percorso
sempre nuovo legato ai suoi temi prediletti: il tempo, il ritmo e, naturalmente, lo spazio. Il
supporto diventa l’anima del lavoro, la sua essenza, il suo respiro. La tela non è più uno
scheletro sopra il quale costruire una narrazione, ma l’architettura dell’idea che prende
possesso dello spazio nella ritmica ricerca del tempo.
Piero Manzoni, che sarà rappresentato da 4 lavori, sceglie caolino e cotone per i suoi
Achromes: opere totalmente monocrome, di un bianco assoluto, di una purezza radicale,
nelle quali l’espressione artistica non ha più riferimenti con nessun esito estetico e viene
percepita come concetto. La tela, imbevuta di caolino liquido e di colla, è lasciata ad
asciugare affidando la trasformazione del materiale in opera d’arte a un processo che
avviene naturalmente, per proprio conto. Il potere creativo di Manzoni, a differenza di
Fontana che lascia che un gesto cambi lo stato di quiete di una superficie, è volutamente
trattenuto; infatti permette all’immagine di essere libera di manifestarsi come lavoro autosignificante. Spazi totali, aperti a infiniti significati.
Paolo Scheggi, al quale sarà dedicata una sala con 4 opere, invece, comprende
l’importanza del dialogo tra ricerche artistiche e architettura attraverso un percorso
creativo che lo porterà a indagare lo spazio e a violare la tela attraverso una
“progettazione totale”. Ne scaturiscono delle “inter-superfici”, spazi indagati oltre la tela,
sopra e sotto il livello della materia-colore, sperimentando per la prima volta le relazioni tra
i diversi livelli di spazialità, dapprima sovrapponendo lamiere e successivamente utilizzando
tele monocrome assemblate le une sulle altre. Strutture diversamente forate in superficie,
in forme ellittiche irregolari, seppur con percorsi progettuali studiati. Anche il suo
spettatore è chiamato a diventare, al tempo stesso, fruitore e co-autore, scegliendo come
interagire con lo sguardo, con il corpo e con la mente.
Per Turi Simeti, che sarà presente in una sala con 8 opere, la ciclicità spaziale della
vita viene enfatizzata attraverso armonie plastiche ellittiche che affiorano, in modo
raffinato, sotto il supporto bidimensionale della tela. Simeti viola la tela per avere un
contatto fisico con la tridimensionalità: inizialmente con applicazioni a rilievo sopra la
superficie del supporto, successivamente con l’estroflessione che segna il suo primo passo
verso una pittura-oggetto. Una ideale dialettica tra la spinta di una struttura interna e le
forme scaturite all’esterno. Ne scaturiscono monocromie a rilievo che hanno come figura
emblematica e cifra iconica l’ellisse (probabile riferimento con le teorie di Keplero che
considera ellittiche le orbite dei pianeti), il principio sul quale si struttura la sua arte.
Rispetto ai predecessori dell’estroflessione, Giuseppe Amadio, che sarà inserito in
mostra con una sala con 4 lavori, viola la tela movimentandone la superficie in modo
più irregolare con punti, linee, curve, angoli e varie forme geometriche. Il suo è un lavoro
caratterizzato dalla plasticità del segno che si risolve in una sorta di labirinto di linee curve
enfatizzate da luci, ombre e tensioni interiori ed esteriori. Una plasticità che, ben presto, si
risolverà in una serie di arabeschi aggettanti, sensuali, sempre diversi e sempre magnetici.
Linee astratte che si dispongono nello spazio secondo uno schema prestabilito che,
comunque, lascia lo spettatore libero di interagire e di confrontarsi in modo personale con
ogni lavoro. Armoniche estroflessioni dalle linee musicali che si aprono a un indagine fisica
dello spazio circostante che trasforma la tela da superficie a volume.
Note biografiche del Prof. Dott. Maurizio Vanni
Museologo, storico dell’arte, specialista in art management, marketing emozionale e
nell’utilizzo della cultura come leva di marketing per territori, aziende private e musei.
Attualmente è Direttore Generale del Lu.C.C.A. - Lucca Center of Contemporary Art,
Professore Ordinario di Museologia e Marketing museale presso UMSA – Universidad del
Museo Social Argentino di Buenos Aires (Argentina), Docente di Marketing Emozionale alla
Facoltà di Economia di Roma Tor Vergata nel Master “Economia e Gestione della
Comunicazione e dei Media”, Docente di Marketing delle Arti e della Cultura presso il
Conservatorio Boccherini di Lucca.
Ha curato “Progetti Speciali” per la Biennale di Mosca 2011, per la Biennale UNIFOR
Plástica di Fortaleza 2011 ed è stato tra i Curatori del MIB – Momento Italia-Brasile
(Ottobre 2011/Ottobre 2012) e per La Bienal del Fin del Mundo – Mar del Plata-Santiago
del Cile (Dicembre 2014/Marzo 2015).
Nel settembre 2011 e nel giugno 2013 ha ricevuto la Medaglia di Rappresentanza del
Presidente della Repubblica Italiana per gli eventi “Carte rivelatrici. I tesori nascosti
della Collezione Peggy Guggenheim” e “IT’s Tissue. The Italian Technology Experience”.
Ha al suo attivo oltre 160 pubblicazioni. Tra i volumi legati a mostre curate: “Rifiuti
Preziosi. Il Nouveau Réalisme e la Cultura contemporanea”, “State of mind/Panza
Collection”, “Man Ray. The Fifty Faces of Juliet”, “Sandro Chia. Istruzioni per l’uso – La
supercacciata”, “Hsiao Chin. Viaggio In-finito”, “Un mondo visivo nuovo. Origine, Balla,
Kandinsky e le astrazioni degli anni Cinquanta”, “Andy Warhol. The Factory”, “Mitoraj.
Ferro”, “Niki de Saint Phalle. Joie de vivre”, “Joan Miró. Universi magici”, “Jean Dubuffet e
l’Italia”, “Ossessione Dalí. Passione, ribellione e lucida follia”, “Michel Comte. Not only
Women”, “Carte rivelatrici. I tesori nascosti della Collezione Peggy Guggenheim”, “Ordinary
World. Andy Warhol and the Factory artworks / Keith Haring and the Subway drawings”,
“David LaChapelle”, “Henri Cartier-Bresson. Photographer”, “Antonio Ligabue. Istinto,
genialità e follia”, “Inquieto Novecento. Vedova, Vasarely, Christo, Cattelan, Hirst e la
genesi del terzo millennio”, “Robert Capa. Retrospective”, “Ribelli si nasce. Fattori, Lega,
Signorini e i Macchiaioli del Caffè Michelangiolo”, “Elliott Erwitt. Retrospective” e “De
Chirico, Savinio e Les Italiens de Paris”.
Ha curato più di 500 eventi, tra mostre e progetti legati al marketing non convenzionale, in
oltre sessanta musei di trenta paesi del mondo e ha tenuto conferenze, seminari e corsi di
specializzazione legati alla museologia contemporanea, al rapporto arte-impresa e al
marketing emozionale e territoriale in oltre 40 università del mondo in città come: Seoul,
Pechino, Shanghai, Tokyo, Bangkok, New Delhi, Hong Kong, Taipei, Chicago, Toronto, Rio
de Janeiro, San Paolo, Città del Messico, Buenos Aires, Bogotà, Asunción, Mosca, San
Pietroburgo, Madrid, Barcellona, Istanbul, Parigi, Francoforte, ecc.