I “costi del ciclo di vita” nel nuovo codice degli appalti

Transcript

I “costi del ciclo di vita” nel nuovo codice degli appalti
Sinergie Grafiche srl
Riforme
Speciale Nuovo Codice appalti
Scelta del contraente
I “costi del ciclo di vita”
nel nuovo codice degli appalti
di Luca De Pauli
L’articolo analizza il tema dei “costi del ciclo di vita” negli appalti pubblici, assurti a vero e proprio elemento di valutazione nell’ambito dei criteri di individuazione della offerta economicamente più vantaggiosa, sia pure a scelta e discrezione delle Stazione appaltanti, e in base ai
quali poter tenere espressamente conto dell’onere effettivo di incidenza dei costi di un prodotto,
servizio o lavoro in un’ottica orientata alle tematiche e agli impatti ambientali.
Premessa: il riferimento comunitario
novativa (1) (analoghe disposizioni non erano in-
La Direttiva 2014/24/UE, del quale il D.Lgs. n.
50/2016 costituisce attuazione, in via del tutto in-
fatti presenti nella precedente Direttiva n.
2004/18/CE) e con previsione a recepimento obbli-
(1) Ci si riferisce, in particolare, ai considerando n. 92 (“Nel
valutare il miglior rapporto qualità/prezzo, le amministrazioni
aggiudicatrici dovrebbero determinare i criteri economici e
qualitativi connessi all’oggetto dell’appalto che applicheranno
a tal fine. Tali criteri dovrebbero pertanto permettere una valutazione comparativa del livello di prestazione che ciascuna offerta presenta rispetto all’oggetto dell’appalto quale definito
nelle specifiche tecniche. Nel contesto del miglior rapporto
qualità/prezzo, è riportato nella presente direttiva un elenco
non esaustivo di possibili criteri di aggiudicazione comprendenti aspetti ambientali e sociali. Le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero essere incoraggiate a scegliere criteri di aggiudicazione che consentano loro di ottenere lavori, forniture e
servizi di alta qualità che rispondano al meglio alle loro necessità. I criteri di aggiudicazione prescelti non dovrebbero conferire alle amministrazioni aggiudicatrici una libertà incondizionata di scelta e dovrebbero garantire la possibilità di una concorrenza effettiva e leale ed essere accompagnati da disposizioni che consentano l’efficace verifica delle informazioni fornite dagli offerenti. Al fine di determinare l’offerta economicamente più vantaggiosa, la decisione di aggiudicazione dell’appalto non dovrebbe basarsi solo su criteri che prescindono dai
costi. I criteri qualitativi dovrebbero pertanto essere accompagnati da un criterio basato sui costi che potrebbe, a scelta dell’amministrazione aggiudicatrice, basarsi sul prezzo o su un
approccio costo/efficacia, come ad esempio la determinazione
dei costi del ciclo di vita. Tuttavia, i criteri di aggiudicazione
non dovrebbero influire sull’applicazione delle disposizioni nazionali che determinano la remunerazione di taluni servizi o
che impongono un prezzo fisso per determinate forniture”), n.
95 (“È d’importanza fondamentale sfruttare pienamente il potenziale degli appalti pubblici al fine di realizzare gli obiettivi
della strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. In tale contesto, è opportuno ricordare che
gli appalti pubblici sono essenziali per promuovere l’innovazione, che è di primaria importanza per la futura crescita in Europa. Tenuto conto delle sensibili differenze tra i singoli settori e
mercati, non sarebbe tuttavia opportuno fissare requisiti obbligatori generali per gli appalti in materia ambientale, sociale e
di innovazione. Il legislatore dell’Unione ha già fissato requisiti
obbligatori in materia di appalti volti ad ottenere obiettivi specifici nei settori dei veicoli per il trasporto su strada (direttiva
2009/33/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e delle apparecchiature da ufficio (regolamento (CE) n. 106/2008 del
Parlamento europeo e del Consiglio. Inoltre, la definizione di
metodologie comuni per il calcolo dei costi del ciclo di vita ha
fatto grandi progressi. Pertanto, appare opportuno proseguire
su questa strada, lasciando che sia la normativa settoriale specifica a fissare obiettivi e prospettive vincolanti in funzione delle particolari politiche e condizioni vigenti nel settore pertinente, e promuovere lo sviluppo e l’utilizzazione di un approccio a
livello europeo per il calcolo dei costi del ciclo di vita in modo
da favorire ulteriormente il ricorso agli appalti pubblici a sostegno di una crescita sostenibile”) e n. 96 (“Tali misure settoriali
dovrebbero essere integrate da un adeguamento delle direttive
2004/17/CE e 2004/18/CE che consenta alle amministrazioni
aggiudicatrici di perseguire gli obiettivi della strategia Europa
2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva nelle
loro strategie di acquisto. Occorre pertanto chiarire che, tranne
se la valutazione è basata esclusivamente sul prezzo, le amministrazioni aggiudicatrici possono determinare l’offerta economicamente più vantaggiosa e il costo più basso ricorrendo a
un approccio basato sui costi del ciclo di vita. Il concetto di costo del ciclo di vita comprende tutti i costi che emergono durante il ciclo di vita dei lavori, delle forniture o dei servizi. Il
concetto abbraccia i costi interni, come le ricerche da realizzare, lo sviluppo, la produzione, il trasporto, l’uso e la manutenzione e i costi di smaltimento finale ma può anche abbracciare
costi imputabili a esternalità ambientali quali l’inquinamento
causato dall’estrazione delle materie prime utilizzate nel prodotto ovvero causato dal prodotto stesso o dalla sua fabbricazione, a condizione che possano essere monetizzati e controllati. I metodi impiegati dalle amministrazioni aggiudicatrici per
valutare i costi imputati alle esternalità ambientali dovrebbero
essere stabiliti anticipatamente in modo oggettivo e non discriminatorio ed essere accessibili a tutte le parti interessate. Siffatti metodi possono essere stabiliti a livello nazionale, regionale o locale ma, al fine di evitare distorsioni della concorrenza
attraverso metodologie ad hoc, dovrebbero rimanere generali
nel senso che non dovrebbero essere definiti in modo specifi-
Urbanistica e appalti 6/2016
625
Sinergie Grafiche srl
Riforme
Speciale Nuovo Codice appalti
gatorio (2), introduce il “costo del ciclo di vita” all’interno dei criteri di aggiudicazione dell’appalto,
ed in particolare all’interno degli elementi di valutazione per l’individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Il concetto di “ciclo di vita”, come definito a livello comunitario (3), prende in considerazione
tutti i vari flussi di risorse e gli interventi ambientali associati a un prodotto o a un’organizzazione dal punto di vista della catena di approvvigionamento; esso include tutte le fasi che vanno
dall’acquisizione delle materie prime alla trasformazione, alla distribuzione, all’utilizzo e ai processi di fine vita, nonché tutti gli impatti ambientali, gli effetti sulla salute, i rischi legati alle
risorse e gli oneri per la società associati pertinenti (4).
In quest’ottica, in forza dell’art. 67, par. 2 della
Dir. n. 2014/24/UE, “l’offerta economicamente
più vantaggiosa dal punto di vista dell’amministrazione aggiudicatrice è individuata sulla base
del prezzo o del costo, seguendo un approccio costo/efficacia, quale il costo del ciclo di vita conformemente all’articolo 68, e può includere il miglior
rapporto qualità/prezzo, valutato sulla base di criteri, quali gli aspetti qualitativi, ambientali e/o
sociali, connessi all’oggetto dell’appalto pubblico
in questione”.
L’obiettivo che si persegue è pertanto quello di
consentire la valutazione economica di una fornitura, di un lavoro o di un servizio tenendo conto
di tutti i costi derivanti dallo stesso, e legati al suo
ciclo di vita dall’acquisizione, all’utilizzo fino allo
smaltimento (5); così come evidenziato nel consi-
derando n. 96, il concetto di costo del ciclo di vita
“abbraccia i costi interni, come le ricerche da realizzare, lo sviluppo, la produzione, il trasporto, l’uso
e la manutenzione e i costi di smaltimento finale,
ma può anche abbracciare costi imputabili a esternalità ambientali quali l’inquinamento causato dall’estrazione delle materie prime utilizzate nel prodotto ovvero causato dal prodotto stesso o dalla
sua fabbricazione, a condizione che possano essere
monetizzati e controllati”.
L’art. 68 della direttiva prevede espressamente che
possano essere valutati fra i costi del ciclo di vita,
ove pertinenti:
a) costi sostenuti dall’amministrazione o da altri
utenti, quali:
- costi relativi all’acquisizione;
- costi connessi all’utilizzo, quali consumo di energia e di altre risorse;
- costi di manutenzione;
- costi relativi alla fine di vita, come i costi di raccolta e riciclaggio;
b) costi imputabili a esternalità ambientali legate
ai prodotti, ai servizi o lavori nel corso del ciclo di
vita a condizione che il loro valore monetario possa essere determinato o verificato. Tra tali costi
possono essere ricompresi i costi delle emissioni di
gas a effetto serra e di altre sostanze inquinanti
nonché altri costi legati all’attenuazione dei cambiamenti climatici.
La valutazione dei costi legati all’intero ciclo di vita di un prodotto, servizio o lavoro è in linea con
l’attenzione che la direttiva riserva alle tematiche
ambientali, nel solco della più recente e consapevole elaborazione del diritto comunitario (6) anche
co per una particolare procedura d’appalto. È necessario elaborare metodologie comuni a livello di Unione per il calcolo
dei costi del ciclo di vita per specifiche categorie di forniture o
servizi. In caso di elaborazione di siffatte metodologie comuni,
è opportuno renderne obbligatorio l’uso. Si dovrebbe inoltre
esaminare la possibilità di definire una metodologia comune
per la determinazione dei costi sociali del ciclo di vita, tenendo
conto delle metodologie esistenti come gli orientamenti per
l’analisi sociale del ciclo di vita dei prodotti adottati nel quadro
del programma delle Nazioni Unite per l’ambiente”).
(2) L’art. 68 della Dir. 2014/24/UE, espressamente dedicato
ai “costi del ciclo di vita”, non viene richiamato dall’art. 90, all’interno del quale si rinvengono le eccezioni e le deroghe consentite agli Stati membri.
(3) L’art. 2 della Dir. 2014/24/UE al n. 20 definisce “ciclo di
vita” “tutte le fasi consecutive e/o interconnesse, compresi la
ricerca e lo sviluppo da realizzare, la produzione, gli scambi e
le relative condizioni, il trasporto, l’utilizzazione e la manutenzione, della vita del prodotto o del lavoro o della prestazione
del servizio, dall’acquisizione della materia prima o dalla generazione delle risorse fino allo smaltimento, allo smantellamento
e alla fine del servizio o all’utilizzazione”.
(4) In questi termini si esprime la Raccomandazione della
Commissione, del 9 aprile 2013, relativa all’uso di metodologie
comuni per misurare e comunicare le prestazioni ambientali
nel corso del ciclo di vita dei prodotti e delle organizzazioni, in
GUUE 4 maggio 2013, L124; la Raccomandazione ha cura di
precisare, altresì, come l’approccio all’analisi del ciclo di vita
“è essenziale per illustrare i possibili compromessi tra vari tipi
di impatti ambientali legati a specifiche decisioni politiche e
gestionali e contribuire a evitare un trasferimento involontario
degli oneri”.
(5) Il legislatore europeo non guarda più solamente ai costi
iniziali, ma - anche e soprattutto - al futuro, essendosi reso
conto che nella realtà i costi sostenuti dalla collettività per
qualsiasi intervento non sono limitati a quelli di realizzazione,
ma ricomprendono anche quelli successivi di gestione e quelli
conseguenti agli effetti prodotti (F. Saitta, Appalti e contratti
pubblici: Commentario sistematico, Padova, 2016).
(6) Libro verde “Gli appalti pubblici - Spunti di riflessione
per il futuro” del 27 novembre 1996; Libro bianco del 1° marzo
1998; Comunicazione interpretativa della Commissione del 12
aprile 2000 e del 4 luglio 2001 (quest’ultima sul diritto comunitario degli appalti pubblici e le possibilità di integrare aspetti
sociali negli appalti pubblici); Programmi di azione ambientale
a partire dal quinto; Acquistare verde! Un manuale sugli appalti
pubblici ecocompatibili, Ufficio delle comunicazioni ufficiali delle Comunità Europee, 2005, 32, ove si rinviene una distinzione
626
Urbanistica e appalti 6/2016
Sinergie Grafiche srl
Riforme
Speciale Nuovo Codice appalti
a livello di Corte di Giustizia (7); inizialmente, infatti, la disciplina comunitaria degli appalti pubblici era limitata alla fase dell’aggiudicazione del contratto, interessandosi al solo perseguimento di
obiettivi di natura economica a garanzia della parità di condizioni tra le imprese partecipanti alla gara attraverso procedure di aggiudicazione trasparenti, non discriminatorie, e accessibili (8).
Ai fini della valutazione di tali costi (9), nei documenti di gara dovranno pertanto essere indicati i
dati che gli offerenti devono fornire e il metodo
che l’amministrazione impiegherà per determinare
i costi del ciclo di vita.
La direttiva non demanda però la valutazione alla
discrezionalità della amministrazione, ma a metodi
predefiniti.
In particolare, per la valutazione dei costi imputati
alle esternalità ambientali il metodo dovrà soddisfare le seguenti condizioni:
1. essere basato su criteri oggettivi, verificabili e
non discriminatori. Se il metodo non è stato previsto per una applicazione ripetuta o continua, lo
stesso non deve favorire né avvantaggiare indebitamente taluni operatori economici;
2. deve essere accessibile a tutti;
3. i dati richiesti possono essere forniti con ragionevole sforzo da operatori normalmente diligenti,
compresi operatori di paesi terze parti dell’APP (10) o di altri accordi internazionali che l’Unione deve rispettare.
La direttiva ha previsto la possibilità di definire
metodi a livello nazionale, regionale o locale, in
termini tali però - al fine di evitare distorsioni della concorrenza attraverso metodologie ad hoc - da
essere di tipo generale, e quindi non definiti per
una particolare procedura.
A tal fine, si è prevista la necessità di elaborare
metodologie comuni a livello di Unione, le quali
una volta approvate con atto legislativo, dovranno
Nel diritto interno, l’enfasi sulle tematiche legate
al cosiddetto “Green Public Procurement” è iniziata almeno una decina di anni fa, a partire dalla L.
27 dicembre 2006, n. 296 (Finanziaria 2007), il cui
art. 1, comma 1126 ha previsto l’introduzione di
un “Piano d’azione per la sostenibilità ambientale
dei consumi nel settore della pubblica amministra-
tra “whole life cost” o “costo totale di proprietà”, e “costo del
ciclo di vita”, precisando che “quest’ultima definizione spesso
corrisponde ad un concetto più ridotto che non sempre comprende alcuni costi quali quelli connessi alla fine del ciclo di vita e allo smaltimento”.
(7) Corte di Giustizia UE 10 maggio 2012, in causa C36810, Commissione c. Paesi Bassi: “ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2004/18, le specifiche tecniche possono essere formulate in termini di prestazioni o di requisiti funzionali, che possono includere caratteristiche ambientali” (n. 61 della motivazione).
(8) La nuova impostazione, basata su nuovi criteri e sulla
centralità del tema ambientale, rientra nella finalità più generale di uso strategico degli appalti pubblici. Si veda C. Lacava, Le
nuove procedure, la partecipazione e l’aggiudicazione, in Le
nuove direttive sugli appalti pubblici e le concessioni, in Giorn.
dir. amm., 2014, 1147.
(9) “Quando si acquista un prodotto, un servizio o un lavoro, si paga sempre un prezzo corrispondente. Ma il prezzo
d’acquisto è solo uno degli elementi di costo nell’intero processo di appalto, gestione e smaltimento. Per valutare il costo
complessivo di un appalto, occorre considerare tutte le diverse
fasi. Questo approccio è noto come ‘life-cycle costing’. Prevede che nella decisione di acquisto si includano tutti i costi incorsi nell’arco di vita del prodotto o del servizio” (Acquistare
verde!, cit., 36).
(10) Accordo sugli appalti pubblici, firmato a Marrakesh il
15 aprile 1994.
(11) In G.U. 24 marzo 2011, n. 68.
(12) La Dir. 2009/33CE prevede altresì specifici poteri in capo alla Commissione, al fine di adottare atti finalizzati all’aggiornamento del metodo.
Urbanistica e appalti 6/2016
essere applicate a livello generale per la valutazione dei costi del ciclo di vita.
L’art. 68 della Dir. n. 2014/24/UE richiama espressamente l’allegato XIII della stessa direttiva, nel
quale sono contenuti gli atti legislativi che approvano metodi comuni per la valutazione del costi
del ciclo di vita.
Attualmente, l’allegato contempla la (sola) Dir.
2009/33/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, recepita nell’ordinamento italiano dal D.Lgs.
3 marzo 2011, n. 24, recante “Attuazione della direttiva 2009/33/CE relativa alla promozione di veicoli a ridotto impatto ambientale e a basso consumo energetico nel trasporto su strada” (11); gli artt.
5 e 6 di tale direttiva prevedono una metodologia
di calcolo dei costi di esercizio durante l’intero ciclo di vita, connessi al consumo energetico, ai costi
relativi all’emissione di CO2 e alle emissioni di sostanze inquinanti (NOx, NMHC e particolato)
che sono imputabili all’esercizio del veicolo al fine
di trasformare in valore monetario tali costi, e poterli valutare in fase di acquisto dei veicoli (12).
Si avverte, nella stessa formulazione dell’art. 68
della Dir. n. 2014/24/UE e nei relativi considerando, la consapevolezza della difficile attuazione delle
previsioni, prefigurando - proprio per evitare distorsioni - una elaborazione a livello europeo delle
metodologie di calcolo dei costi del ciclo di vita, il
cui uso dovrà diventare nel futuro obbligatorio.
Il recepimento dei “costi del ciclo di vita”
da parte dell’art. 96 del nuovo codice
627
Sinergie Grafiche srl
Riforme
Speciale Nuovo Codice appalti
zione” (13), con l’adozione di misure volte all’integrazione delle esigenze di sostenibilità ambientale
nelle procedure di acquisto di beni e servizi delle
pubbliche amministrazioni (14).
Altre previgenti disposizioni avevano già prefigurato un approccio ambientalmente orientato negli
acquisiti delle amministrazioni (15).
Più recentemente, il cosiddetto “collegato ambientale” (L. 28 dicembre 2015, n. 221) è intervenuto
sul codice degli appalti (D.Lgs. n. 163/2006), con
la riduzione delle garanzie finanziarie per gli operatori economici in possesso di certificazioni ambientali (EMAS, UNI EN ISO 14001, Ecolabel), nonché con la previsione dell’obbligo (non più facoltà)
di inserimento di clausole ecologiche tra le specifiche tecniche.
In questo solco si colloca anche il recepimento (16), avvenuto in termini pressoché testuali (17), dell’art. 68 della Dir. n. 2014/24/UE, partendo da una definizione, quella contenuta all’art.
3, lett. hhhh), D.Lgs. n. 50/2016, anch’essa tratta
dalla direttiva (art. 2, n. 20); per “ciclo di vita” secondo il nuovo codice si intendono infatti “tutte
le fasi consecutive o interconnesse, compresi la ricerca e lo sviluppo da realizzare, la produzione, gli
scambi e le relative condizioni, il trasporto, l’utilizzazione e la manutenzione, della vita del prodotto
o del lavoro o della prestazione del servizio, dall’acquisizione della materia prima o dalla generazione
delle risorse fino allo smaltimento, allo smantellamento e alla fine del servizio o all’utilizzazione”.
L’art. 96 del codice, in parallelo con la previsione
comunitaria, esordisce perciò (comma 1) sancendo
che i costi del ciclo di vita comprendono, in quanto pertinenti, tutti i seguenti costi, o parti di essi,
legati al ciclo di vita di un prodotto, di un servizio
o di un lavoro:
a) costi sostenuti dall’amministrazione aggiudicatrice o da altri utenti, quali:
1) costi relativi all’acquisizione;
2) costi connessi all’utilizzo, quali consumo di
energia e altre risorse;
3) costi di manutenzione;
4) costi relativi al fine vita, come i costi di raccolta, di smaltimento e di riciclaggio;
b) costi imputati a esternalità ambientali legate ai
prodotti, servizi o lavori nel corso del ciclo di vita,
purché il loro valore monetario possa essere determinato e verificato. Tali costi possono includere i
costi delle emissioni di gas a effetto serra e di altre
sostanze inquinanti, nonché altri costi legati all’attenuazione dei cambiamenti climatici.
Il comma secondo prosegue affermando che, quando valutano i costi utilizzando un sistema di costi
del ciclo di vita, le stazioni appaltanti indicano nei
documenti di gara i dati che gli offerenti devono
fornire e il metodo che la stazione appaltante im-
(13) Predisposto dal Ministero dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e dello sviluppo economico, d’intesa con le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, e sottoposto alla approvazione dalla CONSIP S.p.a.
(14) La parte generale di tale piano è stata adottata con il
decreto interministeriale 11 aprile 2008, n. 135; le parti relative
ai singoli settori, con indicazioni tecniche specifiche (i cc.dd.
Criteri ambientali minimi o CAM), riguardanti le categorie di
prodotti e servizi indicati nel Piano stesso, vengono definite in
appositi decreti del Ministro dell’Ambiente. Le categorie merceologiche interessate sono state undici: arredi; materiali da
costruzione; manutenzione delle strade; gestione del verde
pubblico; illuminazione e riscaldamento; elettronica; tessile;
cancelleria; ristorazione; materiali per l’igiene; trasporti.
(15) Si veda ad esempio l’art. 19, D.Lgs. 5 febbraio 1997, n.
22 relativo alla necessità di acquistare carta riciclata per il 40%
del fabbisogno; il D.M. 27 marzo 1998 sul rinnovo del parco
veicolare; l’art. 59, comma 4, L. 23 dicembre 1999, n. 488 sui
prodotti biologici; l’art. 52, comma 14, L. 23 dicembre 2001, n.
448 sulla riserva pari al 20% per i pneumatici ricostruiti; l’art.
1, comma 16, L. 21 dicembre 2001, n. 443 sui manufatti in
plastica riciclata pari al 40% del fabbisogno; il D.M. 8 maggio
2003, n. 203 del 2003 sui manufatti con materiale riciclato; il
D.M. 24 maggio 2004 in materia di contributi per la sostituzione del parco autoveicoli a propulsione tradizionale con veicoli
a minimo impatto ambientale; il D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152
(con particolare riferimento agli artt. 180, 180 bis e 196).
(16) La legge delega (L. 28 gennaio 2016, n. 11, recante deleghe al Governo per l’attuazione delle direttive 2014/23/UE,
2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Con-
siglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di
concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto
degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture) aveva previsto, tra i principi e i criteri che devono
essere osservati dal legislatore delegato, la “previsione di misure volte a garantire il rispetto dei criteri di sostenibilità energetica e ambientale nell’affidamento degli appalti pubblici e
dei contratti di concessione, facendo ricorso anche al criterio
di aggiudicazione basato sui costi del ciclo di vita e stabilendo
un maggiore punteggio per i beni, i lavori e i servizi che presentano un minore impatto sulla salute e sull’ambiente” (cfr.
l’art. 1, comma 1, lett. p), ma nello stesso senso anche la lett.
b).
(17) Sul punto, il Parere del Consiglio di Stato (Adunanza
della Commissione speciale del 21 marzo 2016) cosi si era
espresso: “L’art. 96 riporta, in modo pressoché testuale, il
contenuto dell’art. 68 della direttiva n. 24/2014. Va peraltro verificato il coordinamento tra la disposizione in esame e la definizione contenuta alla lett. hhhh) dell’art. 3: emergono notevoli
differenze testuali, e non ne risultano evidenti le ragioni. Sotto
il profilo formale: - al comma 1, lettera b), le parole ‘a condizione’ vanno sostituite da ‘purché’; dopo ‘inquinanti’, va apposta
una virgola; - al comma 2, va apposta una virgola dopo ‘esternalità ambientali’”. Il Governo si è limitato a recepire i rilievi
formali espressi dal Consiglio di Stato, mantenendo nel contempo la definizione contenuta nell’art. 3, lett. hhhh) di quello
che poi è divenuto il D.Lgs. n. 50/2016, definizione che a sua
volta - come già si è rilevato - deriva dall’art. 2, n. 20, Dir.
2014/24/UE.
628
Urbanistica e appalti 6/2016
Sinergie Grafiche srl
Riforme
Speciale Nuovo Codice appalti
piegherà al fine di determinare i costi del ciclo di
vita sulla base di tali dati.
Si precisa altresì (in termini pressoché identici anche in questo caso con il riferimento comunitario),
che per la valutazione dei costi imputati alle esternalità ambientali il metodo deve soddisfare tutte le
seguenti condizioni:
a) essere basato su criteri oggettivi, verificabili e
non discriminatori. Se il metodo non è stato previsto per un’applicazione ripetuta o continua, lo stesso non deve favorire né svantaggiare indebitamente taluni operatori economici;
b) essere accessibile a tutte le parti interessate;
c) i dati richiesti devono poter essere forniti con
ragionevole sforzo da operatori economici normalmente diligenti, compresi gli operatori economici
di altri Stati membri, di paesi terzi parti dell’AAP
o di altri accordi internazionali che l’Unione è tenuta a rispettare o ratificati dall’Italia.
Infine, il comma 3 fa rinvio all’allegato XVIII del
nuovo codice, che “contiene l’elenco degli atti legislativi dell’Unione e, ove necessario, degli atti
delegati attuativi che approvano metodi comuni
per la valutazione del costo del ciclo di vita”.
Nel testo oggi in vigore, l’allegato XVIII si limita a
fare richiamo - così come la presupposta disposizione comunitaria di cui costituisce il riferimento di
diritto interno - alla Dir. 2009/33/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (18), in assenza di
altre disposizioni attualmente vigenti e che stabiliscano metodi comuni per la valutazione del costi
del ciclo di vita (19).
L’art. 95 del D.Lgs. n. 50/2016, dedicato ai “criteri
di aggiudicazione dell’appalto”, si perita peraltro di
precisare, al comma 6, lett. c) e d), che l’offerta
economicamente più vantaggiosa - individuata
“sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo” può avere a riferimento, tra i diversi criteri, anche
“il costo di utilizzazione e manutenzione avuto an-
che riguardo ai consumi di energia e delle risorse
naturali, alle emissioni inquinanti e ai costi complessivi, inclusi quelli esterni e di mitigazione degli
impatti dei cambiamenti climatici, riferiti all’intero
ciclo di vita dell’opera, bene o servizio, con l’obiettivo strategico di un uso più efficiente delle risorse
e di un’economia circolare che promuova ambiente
e occupazione”, nonché “la compensazione delle
emissioni di gas ad effetto serra associate alle attività dell’azienda calcolate secondo i metodi stabiliti in base alla raccomandazione n. 2013/179/UE
della Commissione del 9 aprile 2013, relativa all’uso di metodologie comuni per misurare e comunicare le prestazioni ambientali nel corso del ciclo di
vita dei prodotti e delle organizzazioni”.
Il comma 11 dell’art. 95 del D.Lgs. n. 50/2016, poi,
precisa che “i criteri di aggiudicazione sono considerati connessi all’oggetto dell’appalto ove riguardino lavori, forniture o servizi da fornire nell’ambito di tale appalto sotto qualsiasi aspetto e in qualsiasi fase del loro ciclo di vita, compresi fattori
coinvolti nel processo specifico di produzione, fornitura o scambio di questi lavori, forniture o servizi
o in un processo specifico per una fase successiva
del loro ciclo di vita, anche se questi fattori non
sono parte del loro contenuto sostanziale”.
La nozione di “ciclo di vita” e della manutenibilità
delle opere ricorre altresì nell’art. 23 del D.Lgs. n.
50/2016, dedicato ai “livelli di progettazione per
gli appalti, per le concessioni di lavori nonché per
i servizi”; il comma 8 di tale articolo stabilisce che
progetto esecutivo debba essere corredato da apposito piano di manutenzione dell’opera e delle sue
parti, “in relazione al ciclo di vita” (20).
Partendo pertanto dalla definizione legale contenuta nell’art. 3, lett. hhhh), D.Lgs. n. 50/2016 e collocando i “costi del ciclo di vita” all’interno della
panoplia degli elementi di valutazione dell’offerta
economicamente più vantaggiosa (21), il legislato-
(18) Del cui recepimento nel diritto interno già si è detto
(D.Lgs. n. 24/2011); l’Allegato XVIII contiene altresì anche ulteriori richiami e definizioni (che nulla hanno a che fare peraltro
con i “costi del ciclo di vita”), in particolare precisando che “i
diritti conferiti mediante una procedura in cui sia stata assicurata adeguata pubblicità e in cui il conferimento di tali diritti si
basi su criteri obiettivi non costituiscono “diritti speciali o
esclusivi” ai sensi del presente decreto” ed elencando “una serie di procedure che garantiscono un’adeguata trasparenza
preliminare per il rilascio di autorizzazioni sulla base di atti legislativi dell’Unione, che “non costituiscono diritti speciali ed
esclusivi” ai sensi del presente codice”.
(19) R. Caranta - D.C. Dragos, La mini-rivoluzione del diritto
europeo dei contratti pubblici, in questa Rivista, 2014, 500.
(20) Un ulteriore richiamo al “ciclo di vita”, poi, è contenuto
nell’art. 68 del nuovo codice, dedicato alle “specifiche tecniche”, prevedendosi che (comma 1) “le specifiche tecniche in-
dicate al punto 1 dell’allegato XIII sono inserite nei documenti
di gara e definiscono le caratteristiche previste per lavori, servizi o forniture. Tali caratteristiche possono inoltre riferirsi allo
specifico processo o metodo di produzione o prestazione dei
lavori, delle forniture o dei servizi richiesti, o a uno specifico
processo per un’altra fase del loro ciclo di vita anche se questi
fattori non sono parte del loro contenuto sostanziale, purché
siano collegati all’oggetto dell’appalto e proporzionati al suo
valore e ai suoi obiettivi”.
(21) Alla stregua, cioè, di veri e proprio sub criteri: così C.
Lamberti - S. Villamena, Nuove direttive appalti: “sistemi di selezione” e “criteri di aggiudicazione”, in questa Rivista, 2015,
881. Per vero, la legge delega (art. 1, lett. p, L. n. 11/2016) si riferiva ai “costi del ciclo di vita” alla stregua di autonomo “criterio di aggiudicazione”; l’impostazione non pare propriamente
corretta, tenendo conto in particolare del fatto che la impostazione della Dir. 2014/24/UE è nel senso di introdurre un (so-
Urbanistica e appalti 6/2016
629
Sinergie Grafiche srl
Riforme
Speciale Nuovo Codice appalti
re interno si è evidentemente mosso in termini
pressoché pedissequi sulla falsariga del legislatore
comunitario, condividendone le aspirazioni (22) e
nel contempo - almeno allo stato - ponendo questi
innovativi elementi di valutazione su di un piano
di facoltatività, rimettendosi cioè alla decisione
delle singole stazioni appaltanti.
Non si rinvengono, infatti, previsioni di natura
immediatamente cogente o obbligatoria, anche
alla luce della attuale mancanza di metodi predeterminati e omogenei di valutazione, che consentano - al di là del ristretto settore della promozione di veicoli a ridotto impatto ambientale e a
basso consumo energetico nel trasporto su strada,
ove invece è già operante l’obbligo (23) - di arricchire le griglie di valutazione della offerta economicamente più vantaggiosa, in termini tali da
tenere conto dell’effettivo e complessivo costo
“nel ciclo di vita” di quanto le singole stazioni
appaltanti andranno ad acquisire, all’esito delle
procedure di scelta volta a volta dalle medesime
indette.
Considerazioni finali
stanzialmente unico) criterio di aggiudicazione principale (l’offerta economicamente più vantaggiosa, all’interno della quale,
appunto, si può tenere conto con autonomi elementi ponderali
dei “costi del ciclo di vita”), ponendo in posizione assolutamente recessiva e residuale il criterio del prezzo più basso, in
termini di vera e propria rivoluzione copernicana ove rapportata al previgente diritto italiano dei pubblici appalti.
(22) “La valutazione dei costi complessivi legati all’acquisizione di una fornitura o all’acquisizione di un’opera è in linea
con l’attenzione che la direttiva riserva alle finalità ambientali,
sociali e implica un cambiamento di approccio da parte delle
amministrazioni nella valutazione dell’impatto economico derivante dall’acquisto di un prodotto o dalla realizzazione di un’opera” (ITACA, Documento di analisi della direttiva 2014/24/UE
in materia di appalti pubblici, 19 febbraio 2015, 119).
(23) Così l’art. 1 del D.Lgs. n. 24/2011, secondo cui “al fine
di promuovere e di stimolare il mercato dei veicoli a ridotto impatto ambientale e a basso consumo energetico e di potenziare il contributo del settore dei trasporti alle politiche della Comunità in materia di ambiente, di clima e di energia, il presente decreto stabilisce l’obbligo per le amministrazioni aggiudicatrici, per gli enti aggiudicatori e per gli operatori di cui all’articolo 2, comma 1, di tener conto, al momento dell’acquisizione
di veicoli adibiti al trasporto su strada, di cui all’articolo 3,
comma 1, lettera c), dell’impatto energetico e dell’impatto ambientale, tra cui il consumo energetico e le emissioni di CO 2 e
di talune sostanze inquinanti, nell’intero arco della loro la vita”.
(24) ITACA, Documento di analisi, cit., 119.
(25) Con la sola eccezione, come detto, del mercato dei veicoli a ridotto impatto ambientale.
630
La valutazione dei “costi del ciclo di vita”, in coerenza con i principi generali che regolano il diritto
comunitario e interno degli appalti pubblici, dovrebbe essere all’evidenza compiuta evitando distorsioni nella concorrenza; è stata però espressa
preoccupazione nel senso che i costi e i dati che le
imprese dovranno fornire, se complessi, potrebbero
finire per favorire le imprese più grandi a sfavore
delle medie piccole e micro imprese, e quindi impedire di fatto alle stesse la partecipazione alle gare (24).
Al di là delle buone intenzioni, ed essendo necessario innanzi tutto l’ulteriore intervento a livello
di legislazione comunitaria (quand’anche la sussidiarietà implichi comunque la possibilità di determinazione di metodi omogenei a livello nazionale,
regionale o locale), sia ha la netta impressione di
una previsione di tipo programmatico e proiettata
nel futuro più o meno prossimo, senza immediati
impatti sulle procedure di gara di imminente indizione (25).
Urbanistica e appalti 6/2016