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IL CLIMA DELL’ENERGIA
GAZPROM CONTRO
IL RESTO DEL MONDO
di
Viatcheslav AVIOUTSKII
La strategia energetica del colosso russo. Europa e Russia alla
‘guerra fredda del gas’. I progetti a sfondo geopolitico di Mosca
e dei suoi partner e competitori. Lo scontro con gli ex satelliti.
Le furenti reazioni polacche e baltiche.
S
1.
EMPRE PIÙ SPESSO GAZPROM, IL COlosso russo del gas, viene considerato una potenziale minaccia che pesa sull’Europa. È accusato di essere utilizzato come arma energetica dal Cremlino, che ricatterebbe l’Unione Europea. E rischierebbe di provocare una nuova guerra
fredda tra Est ed Ovest, intesa come guerra energetica fra i fornitori di idrocarburi – tra cui la Russia, che assicura una parte considerevole degli approvvigionamenti di gas dell’Ue – e i consumatori. Le due ultime crisi connesse al rialzo dei
prezzi del gas che Gazprom vendeva all’Ucraina e alla Bielorussia hanno provocato interruzioni provvisorie delle forniture di gas a questi due paesi. Come scrive l’esperto francese di Gazprom Jérome Guillet, queste crisi «comportando deficit nelle esportazioni verso l’Europa occidentale hanno, a quanto pare, fortemente preoccupato le capitali europee» e sono state «soprattutto considerate come un
brutale uso dell’arma energetica da parte della Russia, allo scopo di esercitare la
sua influenza su questi paesi. Tali crisi hanno suscitato nuove inquietudini circa
la crescente dipendenza dell’Europa dalle importazioni energetiche in generale e
dal gas russo in particolare» 1.
La Russia, rafforzata dai prezzi elevati degli idrocarburi, ritorna sulla scena internazionale e rivendica il titolo di superpotenza energetica. Nel febbraio 2003, il
presidente Vladimir Putin ha definito Gazprom «la leva possente dell’influenza
economica e politica (della Russia) nel mondo» 2. Nel dicembre 2005, ha dichiarato
che la Russia aveva ormai per vocazione quella di garantire la fornitura degli idro1. J. GUILLET, «Gazprom, partenaire prévisible: relire les crises énergétiques Russie-Ukraine et RussieBelarus», Russie.Nei.Visions (Ifri) n. 18, marzo 2007, p. 5.
2. V. PUTIN, «Vystuplenie na Torzestvennom sobranii, posvjascennom 10-letiju OAO Gazprom» (Discorso pronunciato nella riunione indetta per il decimo anniversario di Gazprom), 14/2/2003,
www.kremlin.ru
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carburi necessari all’economia mondiale 3. Gli analisti di un think tank russo, l’Istituto per la strategia nazionale, hanno visto in questo discorso l’annuncio di un radicale cambiamento della nuova geopolitica russa rispetto alla dottrina «sovieticoimperiale» fondata sulla potenza militare e sul prioritario sviluppo del complesso
militare-industriale. La Russia, ormai, si appoggerà sulle compagnie nazionali degli
idrocarburi (Gazprom e Rosneft) per proiettare la sua potenza in campo internazionale: i gasdotti si sostituiranno ai missili balistici 4.
2. L’affermazione della Russia come «potenza gas-petrolifera» si è tradotta in un
rialzo dei prezzi del gas per i paesi membri della Comunità degli Stati indipendenti, ai quali in passato erano state garantite tariffe di favore, da 4 a 5 volte inferiori a
quelle praticate ai clienti dell’Europa occidentale. I negoziati si sono rivelati particolarmente difficili con l’Ucraina, che ha subìto nel gennaio 2006 un’interruzione
delle forniture. La loro sospensione per tre soli giorni in questo paese di transito
ha preoccupato i clienti dell’Occidente europeo, il cui gas passa attraverso lo stesso gasdotto. Una banale controversia commerciale tra due paesi si è rapidamente
trasformata in un confronto geopolitico multilaterale, che ha coinvolto l’Unione
Europea e anche, indirettamente, gli Stati Uniti e la Nato.
Questa guerra del gas è stata l’espressione perfetta della nuova strategia russa,
basata sulla pressione diretta e brutale sui suoi clienti. E ha riguardato perfino la
Bielorussia, alleata di Mosca nonostante il carattere originale del suo presidente,
Aleksandr Lukašenko.
La controversia tra Russia e Bielorussia appare tanto più sorprendente in
quanto i due paesi sono impegnati da diversi anni nella formazione di uno Stato
unificato, che in realtà dovrebbe ricostruire su base bilaterale una semi-Urss, poiché l’annunciata integrazione da parte di Mosca e di Minsk sarebbe la forma di integrazione più avanzata nello spazio post-sovietico. I due paesi, tuttavia, vedono
in modo diverso le modalità di questa unione. Secondo il Cremlino, in realtà, si
tratta di una assimilazione che il presidente Lukašenko non è pronto ad accettare.
All’epoca di El’cin, il presidente bielorusso nutriva l’ambizione di porsi a capo dello Stato unificato, ma con l’ascesa di Putin al potere una simile prospettiva non è
più attuabile e Lukašenko, pur sostenendo a parole il progetto di unione, ha moltiplicato per sabotarlo i conflitti con Mosca, in particolare sul piano economico.
La «guerra del gas» è cominciata nel 2004, quando Gazprom ha rifiutato per sei
mesi di firmare il contratto annuale di fornitura con il governo bielorusso. Il monopolio russo fece pressioni su Minsk perché accettasse tariffe più elevate e gli ven3. V. PUTIN, «Vystupitel’noe slovo na zasedanii Soveta Bezopasnosti po voprosu o roli Rossii v obespecenii mezdunarodnoj energeticeskoj bezopasnosti» (Discorso introduttivo pronunciato alla riunione
del Consiglio di sicurezza dedicato alla sicurezza energetica internazionale), 22/12/2005, www.kremlin.ru
4. S. BELKOVSKIJ, D. VERXOTUROV, V. GOLISEV, M. REMIZOV, J. SOLOZOBOV, «Geoekonomiceskie itogi “bol’soj gazovoj vojny”» («Il bilancio geoeconomico della “grande guerra del gas”»), Istituto per la strategia
nazionale di Mosca, 20/2/2006, www.lenta.ru
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desse a condizioni favorevoli Beltransgaz, l’operatore bielorusso dei gasdotti. Bisogna ricordare che il consorzio russo possiede già Iamal-Europe, uno dei gasdotti di
transito, costruito negli anni Novanta, che trasporta il 10% delle esportazioni russe
destinate all’Europa in Germania, Polonia e paesi baltici. Gazprom aspirava allora
anche al controllo di un altro gasdotto che, trasportando il 20% delle esportazioni,
passa attraverso il territorio bielorusso prima di raggiungere la rete di transito
ucraina. Si scatenò una guerra mediatica e Aleksandr Lukašenko accusò Vladimir
Putin di praticare il «terrorismo economico» nei confronti del suo paese. Alla fine,
nel 2004 la Bielorussia accettò il progressivo aumento delle tariffe del gas, rifiutando però di vendere Beltransgaz.
Alla fine del 2006, Gazprom ha obbligato il governo bielorusso a fimare un accordo che gli consentiva di acquistare il 50% delle azioni di Beltransgaz per l’ammontare di 2,5 miliardi di dollari contro un valore di 5 miliardi di dollari stimato da
Abn Amro. L’accordo prevede anche che le tariffe del gas russo fornito alla Bielorussia raggiungano nel 2011 quelle praticate all’Unione Europea. Il prezzo del gas
al momento dell’accordo era fissato a 100 dollari per mille metri cubi, il che significa che era più che raddoppiato rispetto alle tariffe fino allora praticate (46 dollari
per mille metri cubi). Con questo accordo, inoltre, si stabiliva che Beltransgaz, nello spazio di quattro anni, sarebbe progressivamente passato sotto il controllo di
Gazprom, che offriva in cambio prezzi preferenziali per il gas fornito 5.
Un’altra controversia ha opposto i due paesi nel 2007, quando Mosca ha accusato Minsk di riesportare i prodotti petroliferi venduti a prezzi di favore dalla Russia e trasformati nelle raffinerie bielorusse. Negli anni Novanta, il governo bielorusso versava alla Russia una parte dei guadagni così ottenuti, ma a partire dal
2001 non l’ha più fatto, riservando al proprio bilancio ogni anno parecchi miliardi
di euro. Questa somma era destinata a sovvenzionare l’industria bielorussa. Il governo russo aveva accettato quello stato di cose, salvo tornare sulla sua decisione
di fronte al sabotaggio del progetto di unione messo in atto da Lukašenko. All’inizio del 2007, Mosca ha introdotto una nuova tassa sul petrolio greggio esportato in
Bielorussia allo scopo di recuperare le perdite subite dal 2001 a causa del mancato
versamento di una parte degli introiti delle riesportazioni. Il presidente bielorusso
ha controbattuto di voler abbandonare il progetto d’integrazione con la Russia e di
essere disposto ad aprire la sua economia agli investitori europei.
Nel luglio-agosto 2007, infine, Gazprom ha nuovamente minacciato di ridurre
le sue esportazioni in Bielorussia se questa non avesse rimborsato il debito, stabilito in 456 milioni di dollari. In caso di mancato pagamento, a partire dal 1° agosto
2007 le forniture sarebbero state tagliate del 45%. Questo risoluto atteggiamento
ha ricordato la «guerra del gas» russo-ucraina del dicembre 2005. Dopo lunghe e laboriose trattative, Mosca e Minsk hanno trovato un accomodamento.
L’Unione Europea ha interpretato questa crisi come la conferma della nuova
strategia della Russia, diretta ad allargare la sua zona d’influenza imponendo bruta5. Nezavisimaja gazeta, 13/3/2007.
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li aumenti delle tariffe nello spazio postsovietico. A differenza di quanto è avvenuto in Ucraina, dove Gazprom non è riuscito a mettere le mani sui gasdotti di transito, in Bielorussia Mosca ormai li controlla e progetta anche di imporsi nel campo
della distribuzione del gas all’interno del paese.
3. Aleksandr Medvedev, aggiunto del presidente di Gazprom, ha recentemente dichiarato che il fatto di soddisfare il 25% della domanda mondiale di gas non
era più sufficiente e che l’obiettivo di Gazprom era quello di diventare la più importante compagnia energetica del mondo 6. L’Unione Europea, che è il maggior
cliente del consorzio russo, gli garantisce più del 70% dei redditi. Il mercato europeo costituisce la principale posta in gioco nell’internazionalizzazione di Gazprom. Nel quadro della sua strategia di conquista, Gazprom è molto attiva nell’acquisire in Europa elementi delle infrastrutture del gas, approfittando della liberalizzazione del mercato energetico imposta dalla Commissione europea 7. Il consorzio
russo diversifica anche le proprie attività acquistando diritti relativi alla produzione
di elettricità, di petrolio e di gas naturale liquefatto (gnl). Gazprom ha acquisito il
10% delle azioni del gasdotto Belgio-Gran Bretagna e controlla, parzialmente o totalmente, molte società tedesche di distribuzione del gas (Wingas, Wieh, Zmb,
Gwh e Zgg) (tabella 1).
Molti importanti clienti di Gazprom hanno prolungato i loro accordi di lunga
durata per la fornitura di gas. L’accordo con l’operatore austriaco ÖMV è stato così
esteso al periodo 2012-2027, quello con l’Eni al 2017-2035, mentre quelli con Gaz
de France (GdF) e con la Bulgaria saranno validi fino al 2030. Con questi accordi, il
consorzio russo ha ottenuto un accesso ai mercati di distribuzione nazionale. L’Eni
ha autorizzato la vendita di tre miliardi di metri cubi annui e GdF ha fissato la quota annuale a un miliardo e mezzo di metri cubi. La Grecia è il paese maggiormente
dipendente dalle forniture di Gazprom, ammontanti nel 2006 a 2,74 miliardi di metri cubi, pari all’80% del consumo interno. Con la Grecia, il consorzio russo ha firmato un accordo valido dal 2016 al 2040, e cioè quello di più lunga durata negoziato con un paese membro dell’Unione Europea 8.
Nel marzo 2007, la Russia ha annunciato un nuovo progetto di gasdotto diretto
all’Unione Europea, il gasdotto sud-europeo, che dovrebbe raggiungere l’Europa
centrale (oggi parte integrante dell’Ue) passando attraverso la Turchia e i Balcani. Al
fine di prolungare Blue Stream e arrivare in Ungheria, Gazprom e la compagnia ungherese di idrocarburi Mol hanno creato una impresa mista (Sep Company Kft).
La costruzione di questo gasdotto da qui a cinque anni permetterà di evitare il
transito attraverso l’Ucraina. Il progetto comporterà un costo di cinque miliardi di
6. «Europe’s risky dependance on Russian gas», The Economist, 12/4/2007.
7. Direttiva europea del 1996, che prevede l’apertura del mercato dell’elettricità. Direttiva europea del
1999, relativa al mercato del gas, che specifica il calendario di apertura di questi mercati fissando i termini (35% del mercato dell’elettricità a febbraio 2003 e 33% nel 2008 per il mercato del gas) per alcuni
tipi di clienti (le imprese). Direttiva del marzo 2001 del commissario Loyola de Palacio, che prevedeva
la liberalizzazione totale di tali mercati nel 2005.
8. «La dipendenza energetica dell’Europa dalla Russia continua ad accrescersi», 12/4/2007, Associazione nazionale dei consumatori di gas naturale (Mosca), www.gazco.ru/news-tec/2007/04/index.shtml
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euro per una capacità di 20 miliardi di metri cubi per anno. È prevista anche la costruzione in territorio ungherese di un serbatoio di stoccaggio della capacità di 10
miliardi di metri cubi. Con la realizzazione di questo progetto, l’Ungheria potrebbe
diventare «la piattaforma di distribuzione» del gas russo nell’Europa centrale. L’avanzata di Gazprom, che detiene già oggi il 40% nella società mista russo-ungherese Panrusgáz, può essere contrastata dal suo azionista e partner E.On., l’azienda tedesca che controlla una parte delle suddivisioni di gas della società ungherese
Mol e non è disposta a cedere il mercato ungherese al consorzio russo.
Tabella 1. Gazprom e i suoi clienti europei (in miliardi di metri cubi)
A) Maggiori paesi importatori
Paesi
Germania
Italia
Francia
Consumo totale di gas
100,2
79,7
44,7
Importazioni totali
90,8
67,9
37
Importazioni dalla Russia
39,1
23,6
11,5
B) Paesi europei maggiormente dipendenti dal gas russo
Paesi
Finlandia
Bulgaria
Lituania
Grecia
Austria
Consumo totale di gas
4,9
3,1
3,1
2,7
9
Importazioni totali
4,9
2,9
2,6
2,6
8,4
Importazioni dalla Russia
4,9
2,9
2,6
2,6
6,7
Fonti: J. STERN, The Russian-Ukrainian gas crisis of January 2006, Oxford Istitute for Energy Studies,
16/1/2006, p. 3.
Dal punto di vista strategico, l’Ungheria si trova nel campo opposto al «fronte
polacco-baltico», ostile alla dipendenza energetica dell’Ue dalla Russia. Il gasdotto
sud-europeo costituisce una risposta al progetto Nabucco. Gazprom userà la capacità non utilizzata di Blue Stream, poiché questo gasdotto, attivato nel 2002 e con
una capacità di 16 miliardi di metri cubi all’anno, nel 2006 ha trasportato soltanto
tre miliardi di metri cubi di gas. Il consorzio russo prevede anche il raddoppio di
Blue Stream per riempire il gasdotto sud-europeo 9 (tabella 2).
9. O. PRIXODKO, “Esce odin Gazoprovodov v obxod Ukrainy (Un altro gasdotto che evita l’Ucraina),
Zerkalo nedeli, Kiev, n. 7(636), 24/2-2/3/2007.
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Tabella 2. Gazprom alla conquista dei gasdotti e delle reti di distribuzione del gas
Paesi
Parte di Gazprom tra gli operatori dei gasdotti e delle reti di distribuzione
Germania
Armenia
Bielorussia
Estonia
Finlandia
35% di Wingas, 50% di Wieh, 100% di Zmb, 100% di Gwh, 100% di Zgg
45% dell’operatore nazionale Armrosgazprom
Proprietà di Iamal-Europe, 50% dell’operatore nazionale Beltransgas
37% delle reti di distribuzione Aesti Gaas
25% dell’operatore di distribuzione Gasum, 50% dell’operatore di gasdotti North
Transgas OY
Gazprom tenta di acquisire i gasdotti e le reti di distribuzione
50% di Promgaz
50% dell’operatore nazionale Kazrosgaz
34% dell’operatore delle reti di distribuzione Latvijas Gaze
34% di Lietuvos Dujos e 50% di Stella Vitae, operatori delle reti di distribuzione
50% di EuRoPol Gaz, operatore della parte polacca del gasdotto Iamal-Europe
25% di Wirom, 50% di Wieh
25% di Progresgaz Trading Ltd
Gazprom tenta di acquisire i gasdotti e le reti di distribuzione
Georgia
Italia
Kazakistan
Lettonia
Lituania
Polonia
Romania
Serbia
Ucraina
In conclusione, la strategia di internazionalizzazione di Gazprom si basa su
diversi nuovi progetti di grandi dimensioni che permetterebbero di evitare il
transito attraverso paesi problematici, quali l’Ucraina e la Bielorussia. Per Gazprom, infatti, si tratta di rendere sicuri gli approvvigionamenti per i suoi principali clienti, i paesi membri dell’Unione Europea. Questi progetti riguardano il gasdotto sottomarino Nord Stream nel Mar Baltico e il gasdotto sud-europeo che,
prolungando Blue Stream, collegherà la Russia al territorio dell’Unione europea
attraverso la Turchia.
4. I paesi europei clienti di Gazprom si mobilitano per contrastare la scalata al
potere del gigante russo. La strategia è quella di diversificare le forniture al fine di
diminuire la parte della Russia nelle importazioni di gas dell’Unione Europea. A
parte Algeria e Norvegia, i soli fornitori alternativi alla Russia sono i paesi rivieraschi del Mar Caspio: Azerbaigian, Kazakistan e Turkmenistan. La situazione di questi produttori è molto diversa. L’Azerbaigian è diventato un esportatore di gas (tra
3,3 e 3,4 miliardi di metri cubi per l’anno 2007) solo di recente. Fino al 2006, infatti,
aveva importato gas dalla Russia (4,5 miliardi di metri cubi all’anno). Questo cambiamento è dovuto allo sfruttamento, iniziato quest’anno, dei giacimenti off-shore
del Caspio, che non contengono soltanto petrolio, ma anche gas. È stato costruito,
parallelamente all’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan, un gasdotto che dovrebbe fornire gas alla Turchia. In tal modo, dei tre produttori del Mar Caspio che potrebbero
avere accesso diretto al mercato europeo, l’Azerbaigian per il momento è il solo ad
averlo effettivamente.
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Il Turkmenistan è il più importante produttore nella zona del Caspio. Ma, a
parte qualche esportazione marginale diretta all’Iran settentrionale, è obbligato a
utilizzare i gasdotti che passano attraverso la Russia. In questo modo, Gazprom
controlla l’accesso del gas turkmeno al mercato europeo, interviene nella formazione del suo prezzo di vendita e stabilisce quali possono essere i paesi importatori. Il consorzio russo pratica correntemente il sistema di acquistare il gas turkmeno
a
ezzo preferenziale per rivenderlo a paesi terzi o sul mercato interno per riservare le proprie risorse all’esportazione. Così, il 20% del gas che vende è acquistato in Turkmenistan.
Il Kazakistan si trova in una situazione simile a quella del Turkmenistan, ma la
sua produzione di gas è meno importante. Questi due paesi potrebbero evitare di
passare attraverso il territorio russo se fosse costruito un gasdotto sottomarino nel
Mar Caspio. In tal caso, l’Unione Europea potrebbe collegarsi ad esso promuovendo gasdotti che passino per la Turchia (Nabucco) o sotto il Mar Nero (progetto
Georgia-Mar Nero-Ucraina-Ue). La Russia segue con grande attenzione l’evoluzione di questi progetti concorrenziali. E ha lanciato il progetto del gasdotto del Caspio, che consentirebbe di aumentare le capacità dei gasdotti di transito esistenti
tra l’Asia centrale e la Russia.
Ma vediamo partitamente questi progetti strategici. Cominciando dal Nabucco.
Per diversificare i fornitori di gas, la Commissione Europea ha proposto di costruire un gasdotto che colleghi i giacimenti del Caspio (Azerbaigian e Turkmenistan)
all’Europa evitando la Russia. La costruzione del gasdotto lungo 3.300 chilometri
denominato Nabucco è prevista dal 2008 al 2011. La sua capacità iniziale sarà di 8
miliardi di metri cubi annui, per raggiungere a regime i 31 miliardi di metri cubi.
Nabucco costerà tra i 5 e i 6 miliardi di euro e sarà costruito in cooperazione tra
l’ungherese Mol, il romeno Transgaz, il bulgaro Bulgargaz e il turco Botas. La sua
realizzazione è tuttavia incerta, perché per collegarsi con il Turkmenistan evitando
la Russia esistono soltanto due itinerari, l’Iran e il Caspio. Il primo è problematico,
tenuto conto delle tensioni esistenti tra l’Ue e il governo di Ahmadi-Nejad; il secondo è bloccato per lo statuto non definito del Caspio (lago interno o mare?), causa
di contrasti tra i paesi rivieraschi.
Esaminiamo ora il gasdotto Georgia-Ucraina-Unione Europea. Anch’esso intende garantire il trasporto del gas caspico evitando la Russia. Esso prevede di collegare i giacimenti del Caspio (Azerbaigian e Turkmenistan) con l’Unione Europea
passando prima attraverso la Georgia (Shakh Deniz-Baku-Tbilisi-Supsa) e poi sotto
il Mar Nero, tra il porto georgiano di Supsa e quello ucraino di Feodossia, in Crimea (650 chilometri). Il nuovo gasdotto sarà collegato, mediante un altro tubo di
200 chilometri, a quelli direttamente connessi all’Ue. È previsto un costo di 2 miliardi di dollari per quest’opera, che garantirebbe un approvvigionamento di 8 miliardi di metri cubi all’anno di gas azero alla Polonia, alla Lituania e alla Slovacchia,
ansiose di ridurre la loro dipendenza energetica dalla Russia, e a termine potrebbe
trasportare fino a 32 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Il progetto è nato per iniziativa del governo «arancione» dell’Ucraina, che contava di riempire il gasdotto
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con gas iraniano. In cambio della fornitura di gas, Kiev progettava di fornire armi a
Teheran; ma a causa delle pressioni euro-americane l’Ucraina ha dovuto rinunciare ai contatti con l’Iran, tenuto da qualche anno sotto stretta osservazione dall’Occidente per la questione del nucleare.
Nel caso Gazprom riuscisse a controllare i gasdotti ucraini, il progetto cui si è
accennato prevede, per evitare l’Ucraina, un itinerario alternativo, che collegherebbe Supsa al porto romeno di Costanza. Si cerca di attirare l’attenzione dell’Eni
su questo gasdotto. L’azienda italiana ha infatti costruito un gasdotto sottomarino
analogo nel Mar Nero, in collaborazione con Gazprom. Lo studio di fattibilità del
progetto è stato affidato a un consorzio formato dal britannico Pipeline System Engineering e dall’americano Radon & Ishizumi 10.
Passiamo al gasdotto del Caspio. Nel maggio 2007 Vladimir Putin si è recato in
visita ufficiale nell’Asia centrale, dove ha firmato con i suoi omologhi kazako e
turkmeno un accordo per la costruzione di un gasdotto che per raggiungere il Caspio dovrebbe attraversare il territorio turkmeno per 400 chilometri e quello kazako per 500; il cantiere dovrebbe essere chiuso prima del 2009. Per il nuovo gasdotto è prevista una capacità annua di 10 miliardi di metri cubi, che potrebbe raggiungere a regime i 30 miliardi. Esso sarà collegato alla rete dei gasdotti russi e alimentato dal gas estratto dall’off-shore caspico del Turkmenistan, il cui sfruttamento inizierà nel 2008. La costruzione di quest’opera e la modernizzazione in parallelo del gasdotto già esistente Asia centrale-Centro permetteranno di raggiungere la
capacità annua di 90 miliardi di metri cubi.
La visita di Putin in Asia centrale è avvenuta mentre si svolgeva un summit
energetico organizzato dalla Polonia, al quale partecipavano l’Ucraina, la Georgia
e l’Azerbaigian. Il summit riguardava la creazione di un itinerario per il trasporto di
gas alternativo ai gasdotti russi esistenti. Al centro della discussione era la costruzione di un gasdotto transcaspico. Benché invitato al summit, il presidente kazako
Nursultan Nazarbaev ha preferito non parteciparvi per accogliere Putin. Quest’ultimo si è opposto al progetto del gasdotto transcaspico, come il suo ministro dell’Industria e dell’Energia, Viktor Khristenko, il quale ha dichiarato che «il progetto
transcaspico esiste soltanto sotto forma d’intenzione o di dichiarazione di diversi
paesi» e sarebbe impossibile trovare chi investa in tale progetto, tenuto conto dei
rischi sul piano tecnico, giuridico ed ecologico. Il presidente turkmeno Gurbanguly Berdymukhammedov, invece, non ha escluso la possibilità che esso venga
realizzato in nome della diversificazione degli itinerari di esportazione del gas.
5. Sul fronte Nord, ecco il progetto Nord Stream. Si tratta del secondo progetto
di gasdotto sottomarino di Gazprom dopo Blue Stream. La costruzione di Nord
Stream è stata annunciata da Vladimir Putin nel corso della sua visita in Germania
del settembre 2005 11, cioè tre mesi prima della crisi del gas con l’Ucraina. Alcuni
esperti ritengono che proprio questo annuncio abbia scatenato la «guerra del gas«.
10. Nezavisimaja gazeta, 26/3/2007.
11. Nezavisimaja gazeta, 9/9/2005.
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L’Ucraina ha considerato il progetto come una manifestazione di inimicizia, poiché
prevede per il 2013 il trasporto verso l’Europa di oltre 55 miliardi di metri cubi di
gas all’anno, vale a dire la metà di quelli che transitano attualmente attraverso il
territorio ucraino. La parte sottomarina di Nord Stream (1.128 chilometri) – che collegherà attraverso il Baltico la Russia alla Germania – sarà affidata a un’impresa mista controllata da Gazprom (50%) e dai tedeschi Wintershall (ramo BASF, 24,5%)
ed E.On Ruhrgas (24,5%). Altre società europee, la francese Gaz de France, l’olandese Gasunie e le britanniche Bp e Transco, hanno dichiarato di essere pronte a
partecipare al progetto.
Questo gasdotto eviterebbe non soltanto l’Ucraina, ma anche la Polonia e i
paesi baltici. Sicché il progetto ha provocato il malumore degli ex satelliti sovietici,
che hanno tentato di opporvisi con il pretesto che il Nord Stream utilizzerebbe le
loro Zone di interesse economico. Al loro fianco la Svezia, preoccupata per un
eventuale impatto ecologico del cantiere sul mare. Massima oppositrice è la Polonia che – malgrado le critiche tedesche – vede nel gasdotto baltico il riemergere
dell’imperialismo russo. I polacchi sono molto preoccupati per la loro dipendenza
energetica dalla Russia. La stampa polacca non cessa di criticare il fatto che il gasdotto Iamal-Europa, che attraversa la Polonia, sia sotto il controllo di Gazprom e
che Varsavia non abbia mai diversificato le fonti di approvvigionamento, concludendo, per esempio, accordi con la Norvegia.
La Russia è generalmente presentata dalla stampa polacca come «un neo-impero fondato su gasdotti e oleodotti» (neoimperium na rurach), che pratica «la diplomazia del rubinetto chiuso» (dyplomacja zakreconych kurkow). Il settimanale
Wprost nota così che «malgrado il potenziale industriale, la manodopera qualificata
e le infrastrutture soddisfacenti, la Russia resta sempre un paese la cui importanza
nel mondo si misura sul suo minaccioso arsenale nucleare, sul suo enorme territorio e sul suo rango di fornitore energetico«. I giornalisti polacchi qualificano il conflitto a proposito del gas con l’Ucraina come «terrorismo energetico» (energoterroryzm) di fronte al quale la sola possibilità di lotta consiste nel trovare fonti alternative di approvvigionamento del gas. Per la maggior parte dei media polacchi
non ci sono dubbi: la «guerra del gas» è stata una vendetta del Cremlino per la «rivoluzione arancione» 12.
Nel gennaio 2006, il primo ministro polacco Kazimierz Marcinkiewicz ha reso
pubblico il progetto di una strategia comune dell’Unione Europea che presupponeva una responsabilità collettiva per la sicurezza energetica 13. Il presidente polacco conservatore Lech Kaczynski, invitando gli europei a costituire «la Nato dell’energia», si è espresso nello stesso senso 14. Nel maggio 2006, il ministro polacco
della Difesa Radoslaw Sikorski ha violentemente attaccato il progetto Nord Stream,
12. A. KUBLIK, «Gazowy pat Rosji i Ukrainu» («Lo scontro del gas tra Russia e Ucraina»), Gazeta Wyborcza,
30/12/2005.
13.Gazeta.ru, 25/1/2006.
14. LECH KACZYNSKI, «Energetyczne NATO to nasz plan» («Il nostro piano è la costituzione della Nato
dell’energia», intervista con il presidente polacco L. Kaczinski), Dziennik, 2/9/2006.
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paragonandolo al patto Molotov-Ribbentrop, che determinò nel 1939 la spartizione della Polonia 15. Un giornalista polacco nota: «Radoslaw Sikorski ha ragione.
(…) L’accordo per il gasdotto Nord Stream è più aggressivo del patto del 1939 (che
era formalmente un patto di non aggressione). Gli obiettivi dei due accordi sono
identici, dividersi le zone d’influenza nello spazio compreso tra la Russia e la Germania. La pressione che il cancelliere tedesco esercita sui paesi baltici e la Polonia
va nello stesso senso delle minacce russe«. L’autore fa appello agli Stati Uniti, i soli
capaci di «convincere i russi a non cominciare una nuova guerra fredda«, e si aspetta dalla Germania «una condotta degna di un alleato» e non la creazione di un condominio russo-tedesco nell’Europa centro-orientale. Il commentatore punta l’indice contro l’«imperialismo di coercizione» (imperializm przymusu) caratteristico
della Russia. Per lui, Vladimir Putin ha trovato il mezzo di prevenire l’implosione
della Russia dapprima «scatenando una guerra in Cecenia e limitando le libertà
fondamentali» e in seguito attaccando i suoi vicini: la Russia utilizza ogni mezzo
per «ristabilire le proprie zone d’influenza, dalla chiusura del rubinetto del petrolio
e del gas alla proibizione di esportare in Russia i vini e le acque minerali della
Georgia» 16.
Come la guerra in Iraq del 2003, Nord Stream divide oggi l’Europa. Da una
parte la «Vecchia Europa» (Francia e Germania), disposta alla cooperazione con la
Russia indipendentemente dalla deriva autoritaria di Putin; dall’altra la «Nuova Europa» (Polonia e paesi baltici), che si oppone alla costruzione di un gasdotto in
grado di emarginarla ancor più e di rafforzarne la dipendenza energetica dalla Russia. In effetti, se questo gasdotto eviterà il loro territorio, Polonia e paesi baltici perderanno l’ultimo mezzo per far fronte al crescente dominio russo, cioè il controllo
sul transito del gas. Intanto l’Europa, profondamente divisa, è sempre meno capace di difendere i suoi nuovi paesi membri dall’espansione geopolitica di Mosca.
6. La minaccia Gazprom è presa in seria considerazione a Bruxelles. Come osserva l’analista russo Pavel Baev: «Gazprom è un mutante che non segue né la logica degli affari né la logica politica. È la mescolanza di un impero oligarchico e dell’amministrazione presidenziale russa» 17. Questo monopolista approfitta del controllo di enormi riserve di gas siberiano (il 92% della produzione russa e il 17% delle riserve mondiali) ed è in procinto di impadronirsi dei beni e dei diritti delle
compagnie che gestiscono i gasdotti di transito e le reti di distribuzione. L’obiettivo
è quello di creare una struttura verticale che controlli la totalità del processo: estrazione, trasporto, commercializzazione e distribuzione.
Tenuto conto della crescita dei prezzi degli idrocarburi, le possibilità finanziarie di Gazprom sembrano al momento illimitate. A breve e a medio termine, il gi15. B. WEGLARCZYK, «Europa i Usa boja sie gazowej zimnej wojny» («L’Europa e gli Stati Uniti temono la
guerra fredda del gas»), Gazeta Wyborcza, 2/5/2006.
16. J.M. NOWAKOWSKI, «Energetyczna zimna wojna. Umowa Putin-Schreder brzmi bardziej agresywnie
niz pakt Ribbentrop-Molotow» («La guerra fredda energetica. L’accordo Putin-Schröder è assai più aggressivo del patto Ribbentrop-Molotov»), Wprost, n. 1222, 14/5/2006.
17. The Independent, 3/9/2007.
IL CLIMA DELL’ENERGIA
gante del gas terrà sotto controllo l’insieme dei beni e dei diritti del settore europeo del gas, con ciò accrescendo l’influenza di Mosca sull’Ue.
Bruxelles sembra comprendere quali sono le vere poste in gioco relative alla
distribuzione del gas in Europa, su cui si basa la scalata al potere di Gazprom. Nel
settembre del 2007, infatti, la Commissione europea ha deciso di limitare l’accesso
delle compagnie non europee, tra le quali Gazprom, alle reti di distribuzione e ai
gasdotti. La loro acquisizione, d’ora in avanti, non potrà avvenire se non dopo l’accordo tra il paese che detiene beni e diritti e l’Ue 18. In nome della sicurezza energetica, Bruxelles intende proteggere beni e diritti strategici sensibili contro l’espansione dei giganti monopolisti che si rifiutano di accettare gli investimenti di compagnie europee, in particolare nel settore dello sfruttamento di nuovi giacimenti.
Gli analisti del centro Strataguema di Kiev parlano di «espansione dolce» per
definire le mosse di Gazprom in campo internazionale, che consistono nell’acquisizione di beni e diritti nella distribuzione e nel trasporto del gas. Questa internazionalizzazione si traduce, per esempio, nel rendere l’Ucraina dipendente dalle
forniture russe quasi una neo-colonia. Il direttore dell’Istituto della politica strategica di Kiev, Andrei Mishin, definisce questo tipo di politica come un «neocolonialismo energetico», consistente in un insieme di diseguali relazioni economiche e politiche che i «nuovi imperi» impongono agli altri paesi. Mishin indica una nuova rivalità planetaria tra due neocolonialismi, «l’impero energetico» russo e «l’impero
globale» statunitense. La Russia partecipa alla nuova spartizione delle risorse di
idrocarburi nel mondo e ciò comporta rivalità geopolitiche, economiche e strategiche concernenti le zone d’influenza. A differenza di quanto avveniva nell’epoca
coloniale classica, oggi si possono annoverare tra le nuove colonie, in quanto dipendono dalle forniture di idrocarburi, paesi sviluppati quali la Francia e la Germania, che saranno così indotte alla fine ad opporsi agli «imperi»19.
(traduzione di Liliana Piersanti)
18. The World Street Journal, 21/9/2007.
19. A. MISHIN, «Emergenceskj neokolonializm» («Neocolonialismo energetico»), Graniplus, www.grani.
kiev.na, 31/10/2006.