Tra Slovenia e Friuli Venezia Giulia ricostituito il Comitato
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Tra Slovenia e Friuli Venezia Giulia ricostituito il Comitato
Incontro tra il ministro degli Esteri, Karl Erjavec, e la presidente Debora Serracchiani LJUBLJANA Tra Slovenia e Friuli Venezia Giulia ricostituito il Comitato congiunto bilaterale Turismo, ambiente, energia, ricerca e rapporti tra le università, infrastrutture, trasporto e cultura, i primi temi da affrontare L a Commissione mista per lo sviluppo comune tra Repubblica di Slovenia e Regione Friuli Venezia Giulia, da oggi (martedì 13 gennaio) ufficialmente Comitato congiunto Slovenia-Friuli Venezia Giulia (in analogia ai Tavoli costituiti con Carinzia e Stiria), potrebbe riunirsi già nel corso delle prossime settimane. Lo hanno confermato lo scorso 13 gennaio a Lubiana la presidente della Regione Debora Serracchiani, e il ministro sloveno per gli Affari Esteri, Karl Erjavec, nel corso di una riunione alla quale hanno partecipato gli assessori regionali Francesco Peroni e Gianni Torrenti e l'ambasciatore d'Italia in Slovenia, Rossella Franchini Sherifis. Turismo, ambiente, energia, ricerca e rapporti tra università, infrastrutture di trasporto e cultura – è stato congiuntamente sottolineato – i primi temi da affrontare nei colloqui bilaterali tra le due realtà contermini, accanto all'esigenza (anche a seguito dei recenti fatti accaduti a Parigi) di una ancora più stringente cooperazione tra le forze di polizia, per uno scambio di dati e informazioni. In particolare, quindi, Serracchiani ed Erjavec hanno convenuto sull'opportunità di una valutazione congiunta volta all'incremento dei collegamenti aerei (Lubiana-Milano) e ferroviari, via Trieste, in occasione di EXPO 2015 nel capoluogo lombardo. «Oggi, con la decisione di riattivare il Comitato congiunto Slovenia-Friuli Venezia Giulia – ha dichiarato al termine la presidente Serracchiani – abbiamo svolto un lavoro che possiamo definire d'alto livello, amichevole e fruttuoso per entrambi». Il Comitato congiunto, ha inoltre ribadito Serracchiani, sarà anche il momento ed il luogo per rinvigorire quei rapporti transfrontalieri in vista della prossima Programmazione europea 2014-2020 e delle risorse finanziarie previste nell'ambito dei diversi Fondi comunitari. L'Italia è il secondo partner commerciale della Slovenia (con 6 miliardi di euro di scambi) ed il Friuli Venezia Giulia rappresenta una fetta importante di questo interscambio, pari a circa 800 milioni di euro, ha rilevato il ministro Erjavec, che ha indicato anche la volontà slovena di associarsi in modo pragmatico (faremo del nostro meglio, ha detto) all’euroregione «Euregio Senza Confini», a cui oggi aderiscono Friuli Venezia Giulia, Veneto, Carinzia (Austria) e Regione Istriana (Croazia). Infine, nel corso dell'incontro, la presidente Serracchiani ha voluto ricordare le recenti riforme attuate in Friuli Venezia Giulia, ed in particolare quella legata alle Autonomie locali: «ogni cambiamento può spaventare – ha dichiarato – ma nell'iter di formazione del provvedimento ritengo di aver assicurato un dialogo costante con la minoranza slovena. Si tratta di una norma, come ho indicato al ministro Erjavec, che riconosce la piena tutela alla minoranza slovena e man- tiene l'identità territoriale dei Comuni in cui è presente la minoranza». ARC/RM (www.regione.fvg.it) LJUBLJANA Ordine d’oro al merito a Debora Serracchiani «Per aver contribuito ad approfondire i rapporti di collaborazione sloveno-italiana» «Accolgo questa onorificenza a nome del Friuli Venezia Giulia, di una comunità regionale che sente di essere legata allo Slovenia, con cui ha fortissimi rapporti di collaborazione», ha dichiarato lo scorso 13 gennaio a Lubiana la presidente della Regione, Debora Serracchiani, che ha ricevuto dal presidente della Repubblica di Slovenia, Borut Pahor, il riconoscimento dell'Ordine d'oro al merito, tra le più alte insegne d'onore previste dalla vicina Repubblica. Ordine d'oro al merito attribuito, come indicato dalla motivazione, «per aver contribuito ad approfondire i rapporti di collaborazione sloveno-italiana a livello bilaterale e regionale e il sostegno allo sviluppo della minoranza slovena in Italia come elemento di avvicinamento tra i due Stati». «La sua visione volta al rafforzamento dei buoni rapporti di vicinato e della collaborazione transfrontaliera – è stato sempre rilevato nell'ambito delle motivazioni dell'onorificenza – supera efficacemente le barriere fisiche e mentali del passato, creando opportunità per nuove possibilità di sviluppo e ponendo le basi per un buon futuro europeo comune tra tutti coloro che risiedono in quest'area dell'Europa». Questa cerimonia, ha comunque ricordato la presidente Serracchiani nel suo successivo intervento, si tiene mentre l'Europa vive giorni di dolore e di forte preoccupazione per la sua sicurezza e il mantenimento dei livelli di libertà individuali e collettivi, che ne costituiscono un patrimonio inalienabile e identitario. Serracchiani, rivolgendosi al presidente Pahor, ha quindi ribadito l'angoscia per le violenze commesse nei recenti attentati a Parigi «e la condanna verso gli esecrabili moventi ideologici che hanno armato la mano dei terroristi. Dopo secoli di guerre fratricide che hanno lacerato l'Europa, abbiamo finalmente imparato il valore della tolleranza, della libertà d'espressione, e dell'inviolabilità della vita umana». Valori appresi anche «passando attraverso la piena comprensione degli errori di tutti e il superamento delle divisioni del passato», ha osservato la presidente del Friuli SLOVIIT N° 1 del 31/1/15 pag. 1 Venezia Giulia. «E se questo traguardo è stato raggiunto anche nelle nostre terre, lo dobbiamo alle capacità delle nostre genti e alla volontà politica che ne è stata interprete». Serracchiani ha poi indicato con chiarezza l'esigenza di assicurare larghe e forti garanzie alla minoranza slovena in Italia, garanzie attribuite da leggi nazionali e norme regionali. Ha inoltre sottolineato la necessità di rapporti bilaterali sempre più stretti tra Friuli Venezia Giulia e Slovenia, anche nell'ambito di quelle grandi strategie europee – le macroregioni Adriatico-Ionica e Alpina – che grazie al ruolo prioritario del Friuli Venezia Giulia potrebbero vedere una cooperazione tra le due aree in diversi campi, tra cui quello infrastrutturale ed energetico. «Il Friuli Venezia Giulia è infatti riuscito ad interpretare al meglio l'esigenza di rafforzare i legami tra i nostri due Paesi, in un dialogo bilaterale sempre aperto», ha rilevato la presidente. Poi, riferendosi al ruolo della minoranza slovena in regione, la presidente del Friuli Venezia Giulia ha voluto ribadire che la recente riforma del sistema delle autonomie locali, di fronte a talune perplessità emerse, rappresenta comunque «un punto di equilibrio che dà forti garanzie alla minoranza». Anche nell'ambito del sistema culturale e di quello editoriale, importante è stato il contributo assicurato alla minoranza slovena. Infine la presidente Serracchiani ha voluto ricordare la recente visita del ministro Stefania Giannini a Gorizia, nel corso del quale è stata indicata la volontà del Governo italiano di rafforzare il plurilinguismo e l'insegnamento dello sloveno nelle scuole. ARC/RM/MCH (www.regione.fvg.it) LJUBLJANA Incrementare i termini della collaborazione Colloquio tra i presidenti Serracchiani e Pahor La comune volontà di incrementare i termini della collaborazione tra Friuli Venezia Giulia e Slovenia è stata al centro del colloquio, oggi a Lubiana, della presidente della Regione Debora Serracchiani con il presidente della Repubblica di Slovenia Borut Pahor. In particolare è stata valutata l'esigenza di sviluppare la cooperazione nel contesto dei Programmi comunitari cui partecipano le due aree, a partire da quelli a carattere transfrontaliero. Il Friuli Venezia Giulia, ha osservato la presidente Serracchiani, ha voluto caratterizzarsi nell'ultimo periodo per un deciso ruolo nell'ambito internazionale ed oggi può considerarsi tra le realtà territoriali italiane più impegnate nello scacchiere balcanico. La Regione ha messo a disposizione del Paese le sue capacità di relazione», ha affermato la presidente. Queste collaborazioni potrebbero trovare una maggior espressione sviluppando in futuro anche un Tavolo di lavoro congiunto, volto ad intensificare le progettualità, anche di matrice europea, comuni tra Friuli Venezia Giulia e Slovenia. Al colloquio sono intervenuti l’ambasciatore d’Italia a Lubiana Rossella Franchini Sherifis, gli assessori regionali Francesco Peroni e Gianni Torrenti, l’ambasciatore di Slovenia a Roma, Iztok Miroœi@, e il console generale di Slovenia a Trieste, Ingrid Sergaœ. ARC/RM (www.regione.fvg.it) SLOVIIT N° 1 del 31/1/15 pag. 2 IL COMMENTO È un investimento per il futuro Da che ricordo, al conferimento di un’onorificenza o di un altro riconoscimento, ovunque avvenga, hanno sempre fatto seguito commenti o polemiche. Le voci si placano, ma non sempre, quando ad essere premiate, per il merito e la carriera conseguiti a beneficio della comunità, sono personalità più anziane già lontane dai riflettori. Le cose si complicano quando vengono insignite persone più giovani, esposte all’opinione pubblica e che rivestono importanti funzioni politiche o istituzionali. È il caso della presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, alla quale il presidente della Repubblica slovena, Borut Pahor, ha recentemente conferito il riconoscimento dell'Ordine d'oro al merito. Un atto che ha sollevato reazioni polemiche. Innanzitutto va detto che lo scorso 13 gennaio la presidente della Regione Fvg si è recata a Lubiana non solo per ricevere l’onorificenza, ma anche per precisi impegni politici e operativi. Sono stati, infatti, confermati gli orientamenti dell’amministrazione regionale del Fvg per rafforzare la collaborazione con la Slovenia. È stato posto espressamente l’accento sulla collaborazione transfrontaliera, sulla realizzazione di progetti comuni, sull’attivazione di gruppi misti di lavoro e di tutti i progetti comuni, che evidentemente necessitano di un nuovo input. All’ordine del giorno anche la minoranza slovena, che nell’ambito dei rapporti bilaterali deve beneficiare dell’opportuna attenzione. In concreto è necessario un dialogo costante e costruttivo per risolvere le questioni ancora aperte. Tutto questo è stato sottolineato anche da Serracchiani nel ricevere l’onorificenza. In questo modo ha confermato la volontà da parte dell’amministrazione regionale di rafforzare i buoni rapporti di vicinato attraverso la realizzazione di progetti comuni e l’affermazione degli interessi bilaterali. Propositi pienamente condivisi dal presidente sloveno, Borut Pahor. Per concludere. Se insignire personalità più anziane rappresenta un ringraziamento per il lavoro svolto, oggi si sta affermando, come vediamo non senza rischi, anche l’onorificenza a più giovani e attive personalità politiche. Ma più che un atto di ringraziamento si tratta di un investimento nel futuro e di una dimostrazione di fiducia, affinché proseguano sulla strada della politica positiva e in questo modo risolvano anche le questioni ancora aperte. Lodevole il clima costruttivo, che va preservato e coltivato con atti concreti. Con questo spirito è stata assegnata anche alla presidente Serracchiani l’onorificenza conferitale dal presidente Pahor. Duœan Udovi@ (Primorski dnevnik, 14. 1. 2015) KOBARID 45° incontro tra Slavia e alta valle dell’Isonzo Il premio Gujon a Giorgio Banchig e ˘iva Gruden Il forte impegno per la tutela della coscienza, lingua e cultura slovene nonché l’uso efficace dei finanziamenti europei per lo sviluppo dell’area di confine sono stati i temi cen- trali del 45° incontro tra gli sloveni della provincia di Udine e della Valle dell’Isonzo, che ha avuto luogo sabato 17 gennaio a Caporetto-Kobarid, in Slovenia. All’incontro è stato consegnato il Premio Gujon, per i meriti conseguiti nel preservare la lingua e cultura slovene, al presidente provinciale della Confederazione delle organizzazioni sloveneSso, Giorgio Banchig, e all’ex direttrice della Scuola bilingue di San Pietro al Natisone, ˘iva Gruden. Giorgio Banchig ha detto di considerare il premio un importante riconoscimento per la sua lunga attività di ricerca e approfondimento della cultura e storia slovene nella Slavia friulana. «Considero il premio anche un riconoscimento per la redazione del quindicinale cattolico Dom e per quanti hanno contribuito alla sua crescita e hanno partecipato attivamente ai cambiamenti importanti, dal superamento dell’oppressione etnica al riconoscimento della comunità nazionale slovena grazie alla promulgazione nel 2001 della legge di tutela 38». Oratori ufficiali sono stati la presidente dell’Istituto per la cultura slovena di San Pietro al Natisone-Œpietar, Bruna Dorbolò, e il presidente del parlamento della Repubblica slovena, Milan Brglez. Bruna Dorbolò ha sottolineato la grande importanza dei progetti europei e a questo proposito ha fatto riferimento all’attuazione del progetto Jezik/Lingua, che volge al termine e nell’ambito del quale è stato istituito a San Pietro il museo multimediale sloveno Smo, che rappresenta un importante conquista per la comunità slovena della provincia di Udine. Il presidente del Parlamento sloveno ha evidenziato l’impegno degli sloveni della provincia di Udine nel preservare la propria identità e lingua slovene, compito particolarmente difficile soprattutto nel periodo dell’assimilazione fascista, durante la guerra e fino ai giorni nostri. Oltre a numerosi sindaci da entrambi i versanti e ai rappresentanti della comunità nazionale slovena del Friuli Venezia Giulia, vi hanno preso parte anche il ministro per gli sloveni d’oltre confine e nel mondo, Gorazd ˘mavc, il vicepresidente del Consiglio regionale della Regione Fvg, Igor Gabrovec, e la console generale slovena a Trieste, Ingrid Sergaœ. L’incontro è stato preceduto, come da tradizione, da quello tra i sindaci dei due versanti del vecchio confine e i rappresentanti delle organizzazioni di raccolta della minoranza slovena con il presidente Brglez e il ministro ˘mavc. In merito il presidente dello Sso, Drago Œtoka ha detto: «Si è trattato di un confronto breve ma denso di contenuti importanti sui fatti più urgenti che interessano l’area a ridosso del vecchio confine. Personalmente ho sottolineato la necessità che nella legge elettorale statale, attualmente al vaglio del Parlamento italiano, si riconosca la rappresentanza garantita alla minoranza slovena. Abbiamo, infatti, il diritto di scegliere da soli i nostri rappresentanti, come già sancito dalla legge elettorale regionale. Il secondo punto importante affrontato riguarda i progetti europei del prossimo periodo programmatico, in merito ai quali è necessario attingere alla ricca esperienza maturata con il progetto europeo Jezik/lingua». Julijan #avdek (Novi glas, 22. 1. 2015) Su internet ci trovate anche all’indirizzo www.slov.it Siamo anche su facebook. Seguiteci! KOBARID Quei sindaci senza parole L’incontro degli amministratori della fascia confinaria Erano presenti in massa i sindaci – o loro rappresentanti – delle valli del Natisone e del Torre all’incontro degli amministratori della fascia confinaria, tenutosi a Kobarid lo scorso 17 gennaio. C’erano, ma non hanno aperto bocca sui due temi della tavola rotonda: i progetti transfrontalieri Ue per la prospettiva 2014-2020 e le celebrazioni del centenario della prima guerra mondiale. Davanti al ministro per gli Sloveni nel mondo, Gorazd ˘mavc, e ai colleghi del versante sloveno, come sempre ben preparati e organizzati, hanno lasciato la parola al vicepresidente del Consiglio regionale, Igor Gabrovec, al capogruppo regionale del Pd, Cristiano Shaurli, e al consigliere regionale di opposizione Giuseppe Sibau. «Al solito, abbiamo fatto una figura davvero magra», ha commentato un amministratore valligiano dopo la riunione. «Dovremmo imparare dalla capacità e dalla competenza con le quali il Poso@je mette in campo occasioni di incontro – ha dichiarato al Dom Cristiano Shaurli –. Anche se i nostri sindaci non hanno parlato e si sono tenuti in disparte davanti agli interventi degli amministratori sloveni e di noi consiglieri regionali, è bene che abbiano visto quanto è importante incontrarsi e che mantengano questa capacità e modo di lavoro anche per la futura progettazione europea». «Forse l’atteggiamento dei nostri sindaci è stato condizionato dal fatto che la moderatrice abbia detto che il tempo a disposizione era poco o forse perché è prevalsa una cautela, il non volersi sbilanciare, anche perché molti sono nuovi – ha aggiunto Giuseppe Sibau –. Certo che sul nostro versante ci vuole un maggiore coordinamento. Quand’ero commissario della Comunità montana ho proposto due incontri transfrontalieri. Non hanno avuto un grosso successo. Probabilmente ho sbagliato qualcosa. Nella valle dell’Isonzo sono molto più organizzati. Comunque questi incontri vanno proseguiti e organizzati anche nelle Valli, coinvolgendo pure tutte le organizzazioni slovene presenti sul territorio». Il vicepresidente Igor Gabrovec, nel corso dell’incontro, ha evidenziato come sul versante amministrativo italiano ci sia carenza di servizi specializzati per i progetti europei, fatto «che sarà aggravato dalla prossima chiusura delle Comunità montane». In ogni caso, si è augurato che nel 2015 la collaborazione riceva nuovo slancio dall’attivazione del Comitato congiunto Slovenia-Friuli Venezia Giulia, decisa recentemente a Lubiana nel vertice tra la presidente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, e il ministro degli Esteri sloveno, Karl Erjavec. Particolarmente acceso è stato il dibattito sull’assenza del fondo per i piccoli progetti transfrontalieri nella programmazione 2014-2015, seppure fosse stato fortemente caldeggiato da tutti nell’incontro dell’anno scorso, in quanto avrebbe sostenuto interventi focalizzati sulla vera area confinaria. «Ho caldeggiato la proposta in tutte le sedi, ma senza successo», ha detto il parlamentare Danijel Krivec, di Bovec. E Tatjana Rener, del Servizio per lo sviluppo e la politica di coesione europea presso il Governo sloveno, ha informato che la proposta è stata bocciata da parte italiana. «La scelta non deve essere tra progetti piccoli e grandi, SLOVIIT N° 1 del 31/1/15 pag. 3 ma tra progetti buoni e meno buoni. Il mio desiderio è mettere l’accento sulle aree più deboli e premiare coloro che da tempo lavorano per collegare l’area di confine», ha affermato il ministro Gorazd ˘mavc. «La sfida non sta solo nel sostenere i territori deboli, ma anche le capacità di aggregazione e progettualità di area vasta», è intervenuto Shaurli, indicando l’esempio dei successi di Cividale (che però diserta gli incontri dei comuni transfrontalieri e si muove in conto proprio, ndr) nei progetti sulla prima guerra mondiale. A proposito del centenario del conflitto, il prefetto di Tolmino, Zdravko Likar, ha esposto le principali iniziative in programma e sottolineato il traino che esse possono rappresentare per il turismo. «Nel 2014 – ha detto – abbiamo registrato 62 mila visitatori nel museo di Kobarid, 22 mila nel centro informazioni della fondazione Poti miru v Poso@ju e 30 mila alle trincee sul Kolovrat. Faccio appello agli amministratori delle valli del Natisone e del Torre: aggiungete la Slavia a questo treno, a questa grande occasione di sviluppo!». Cadrà nel vuoto anche quest’ultima chiamata? E.G. (Dom, 31. 1. 2015) SOTTO LA LENTE Dopo settant’anni nulla è cambiato Proseguono i «depistaggi» sull’identità di Slavia, Resia e Valcanale La presidente dell’Istituto per la cultura slovena, Bruna Dorbolò, a Kobarid ha parlato nel suo dialetto della valle del Natisone e tutti l’hanno compresa e applaudita. Il kulturni dom era gremitissimo per il 45° incontro tra gli sloveni della provincia di Udine e dell’alta valle dell’Isonzo. In platea c’erano i vicini dei comuni di Bovec, Kobarid e Tolmin, molte autorità provenienti da Lubiana e da altre parti della Slovenia, ma nessuno ha avuto difficoltà a capire le parole della rappresentante degli sloveni della provincia di Udine. E così quell’intervento ha avuto il pregio di smentire nella maniera più semplice ed efficace le storielle sulla non slovenità e autonomia linguistica delle parlate delle valli del Natisone e del Torre, di Resia e della Valcanale. «Dialetti slavi e non sloveni», è il ritornello ripetuto come un disco rotto dagli ambienti slovenofobi. Ma se Bruna Dorbolò avesse parlato in Croazia, Cechia, Polonia, Bulgaria o Russia – o in qualsiasi altro Paese nel quale si parla una lingua slava – nessuno l’avrebbe intesa. Forse avrebbero colto qualche parola qua e là, ma il senso dell’intervento sarebbe restato oscuro. Purtroppo, da qualche tempo i «depistaggi» sull’identità dei dialetti delle valli slovene del Friuli sembrano avere ripreso fiato, complici una diffusa pigrizia intellettuale, che impedisce a molti di attingere alle fonti serie – tutte concordi sulla slovenità – e i complessi di inferiorità, inculcati in quasi 150 anni di assimilazione. Proprio su questi due elementi fanno leva gli strateghi della disinformazione. «Sostengono che siamo un riccio non caduto dal suo castagno al fine di non offrire le sue dolci castagne, ma di aspettare che marciscano», ha detto Dorbolò per spiegare come si tratti di una campagna attentamente orchestrata. E non importa che non abbia fondamento scientifico e i suoi fautori rischino il ridicolo. È lampante, infatti, che le teorie windish, rosajane, ponasSLOVIIT N° 1 del 31/1/15 pag. 4 sin e natisoniane nient’altro sono che il proseguimento delle politiche di assimilazione. A sentire e leggere – ora soprattutto sui social network – certe argomentazioni, torna alla mente l’episodio del segretario comunale di Savogna, riportato da don Antonio Cuffolo nel suo diario, che alla commissione alleata balbettò: «Sì, si parla lo slavo, ma uno slavo che è un dialetto della lingua italiana e non ha nulla a che fare con lo sloveno». Era il 30 marzo 1946. Son passati quasi settant’anni... (Dom, 31. 1. 2015) UDINE - VIDEN Intensificare la collaborazione nel settore agricolo Incontro tra il vicepremier sloveno, ˘idan e il vicepresidente della Giunta, Bolzonello Riavvio del Tavolo della Commissione mista dell'agricoltura tra la Regione Friuli Venezia Giulia e la Repubblica di Slovenia per intensificare la cooperazione, risolvere le questioni del settore ancora aperte e delineare comuni strategie di sviluppo. È quanto emerso all'incontro tra il ministro sloveno all'agricoltura, Dejan ˘idan, e il vicepresidente della Giunta regionale del Fvg, Sergio Bolzonello, tenutosi lo scorso 23 gennaio a Udine in occasione della Fiera Agriest. All'incontro, promosso dall'Associazione agricoltori della minoranza slovena-Kme@ka Zveza, si è parlato del Protocollo d'intesa sul Prosecco, che è stato firmato nel 2009 tra il Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali (MiPAAF), la Regione Fvg e le varie associazioni di categoria. «Come da impegno personale preso in Consiglio regionale – ha sottolineato il vicepresidente e assessore alle Risorse agricole e forestali, Bolzonello – entro il 15 marzo riconvocherò le parti per giungere all'attuazione del Protocollo, che ha visto fare nel corso degli anni solo alcuni passi avanti». In merito alla questione dei Piani d'attuazione delle aree di Natura 2000, che gli agricoltori attendono, l'assessore Bolzonello ha ricordato come a breve gli uffici competenti consegneranno i regolamenti. In seguito alla modifica della legge regionale 5/2014 risulta semplificato l'iter per la pubblicazione dei menzionati Piani. Particolare attenzione è stata rivolta dalle due cariche istituzionali (˘idan è anche vicepresidente del Governo sloveno) pure allo sviluppo della collaborazione transfrontaliera nell'Isontino, nello specifico al settore vitivinicolo tra Collio e Brda in Slovenia «dove – ha valutato Bolzonello – non c’è abbastanza cooperazione». Nel corso del colloquio, di carattere amichevole e costruttivo, il ministro e il vicepresidente hanno analizzato le problematiche della Politica agricola europea, talvolta contraddittoria, e hanno evidenziato il bisogno di definire «una linea politica comune per intervenire insieme a Bruxelles». Bolzonello e ˘idan si sono soffermati poi sulla necessità di semplificare la burocrazia per gli agricoltori in entrambi i Paesi e sulla volontà di voler contrastare con misure congiunte i danni causati dalla fauna selvatica nel settore primario. Da entrambi è stata richiamata l'attenzione sulle difficoltà del settore zootecnico in seguito alla prossima libe- ralizzazione delle quote latte. La visita del vicepresidente del Governo di Lubiana in Friuli Venezia Giulia è iniziata in mattinata al Centro di fecondazione artificiale di Moruzzo. Il settore dell'allevamento dei bovini è infatti rilevante anche in Slovenia. ARC/MCH (www.regione.fvg.it) ITALIA-SLOVENIA Napolitano grande amico della Slovenia Prima di dimettersi, l’ex capo dello Stato ha inviato una lettera al presidente sloveno, Borut Pahor Il presidente sloveno Borut Pahor ha ricevuto lo scorso 14 gennaio una lettera, scritta dal presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, qualche ora prima di rassegnare le dimissioni dalla carica presidenziale. (…) Il presidente sloveno Pahor ha salutato telefonicamente il collega Napolitano, ringraziandolo per la collaborazione. È stata l’occasione per rievocare in una conversazione amichevole i passi importanti compiuti dai due Stati nel periodo di presidenza di Napolitano, volti sia al superamento delle tensioni del passato sia a porre le vasi per un comune futuro in seno all’Unione Europea. Pahor ha ringraziato Napolitano per il contributo dato ai rapporti internazionali e per l’attenzione dimostrata verso la minoranza nazionale slovena in Italia. I due presidenti si sono promessi di continuare a mantenere contatti amichevoli. Napolitano è stato in Slovenia in visita di Stato a inizi luglio del 2012, ospite dell’allora presidente sloveno Danilo Türk. In quell’occasione Napolitano tenne un intervento in nel Parlamento sloveno, il primo di un presidente di uno Stato estero. L’anno prima, su invito del presidente Türk, Napolitano aveva presenziato a Ljubljana alla cerimonia in occasione del 20° anniversario dell’indipendenza della Slovenia. Vi presero parte anche i presidenti di Austria, Croazia e Ungheria. (Primorski dnevnik, 15. 1. 2015) LA LETTERA «Confido di continuare a contribuire ai rapporti italo-sloveni» Caro presidente Pahor, come Lei forse sa, nel mio tradizionale messaggio televisivo di fine anno, ho annunciato e motivato la mia decisione di rassegnare le dimissioni da presidente della Repubblica. Avevo accettato nell’aprile 2013 di essere rieletto dal Parlamento per un secondo mandato, chiarendo che avrei potuto esercitarlo non per altri sette anni, ma per un periodo ben più breve e a determinate condizioni. Ora l’età da me raggiunta ha negli ultimi tempi portato con sé crescenti limitazioni e difficoltà nell’esercizio dei compiti istituzionali, complessi e altamente impegnativi, nonché nel ruolo di rappresentanza internazionale, affidati al capo dello Stato. Nei quasi due anni di ulteriore mio servizio, siamo riusciti a rendere più stabile il Paese evitando la paralisi del Parlamento uscito dalle elezioni del feb- braio 2013, pur non essendovi al suo interno una maggioranza solida e coesa. Un importante programma di riforme costituzionali e socioeconomiche è stato avviato dal Governo con energia e senso di urgenza. Credo che l’Italia si presenti oggi in condizioni e con prospettive migliori sul piano della continuità e del cambiamento politico-istituzionale. Lascio, dunque, la Presidenza con maggiore serenità e fiducia. La Sua visita di Stato in primavera e la nostra partecipazione, insieme al Presidente Josipoviæ, al concerto di Redipuglia per commemorare il Centenario della Prima Guerra Mondiale rimarranno impressi per sempre nella mia memoria come alcuni dei momenti più alti e significativi del mio secondo mandato. Essi hanno rappresentato un’occasione per rinsaldare e rafforzare con Lei i risultati raggiunti nel 2010 a Trieste con il suo predecessore e, in particolare nel caso diretto dal Maestro Muti, per riflettere sui traguardi raggiunti dai nostri Paesi nel definitivo superamento di un tragico passato che aveva lasciato aperte ferite profonde e dolorose. Confido che dal Senato, dove mi trasferirò tra pochi giorni, potrò continuare – nei limiti delle mie nuove attribuzioni di senatore a vita – a offrire un contributo allo sviluppo dei rapporti italo-sloveni e al progresso dell’Europa, di cui sono convinto che la Slovenia sia parte importantissima e determinante. L’occasione mi è gradita, caro Presidente, per formularLe i miei migliori auguri per il proseguimento del Suo mandato e per il benessere e la prosperità dell’amico popolo sloveno. Con amicizia Giorgio Napolitano LA PRESIDENZA NAPOLITANO Diritti della minoranza slovena, storia e riconciliazione Nei nove anni di permanenza al Quirinale, Giorgio Napolitano ha dimostrato grande attenzione nei confronti della minoranza nazionale slovena in Italia. Agli inizi del 2007 con la firma del decreto sull’elenco dei 32 Comuni bilingui delle province di Trieste, Gorizia e Udine ha aperto la strada all’attuazione concreta della legge di tutela per gli sloveni 38/2001. Il Governo era allora presieduto da Romano Prodi e l’elenco dei Comuni era stato stilato, dopo un iter lungo e faticoso dal Comitato paritetico istituzionale per la minoranza slovena. Nel corso del suo mandato Napolitano ha incontrato più volte i rappresentanti degli sloveni in Italia e ha dimostrato particolare attenzione verso il Primorski dnevnik (quotidiano sloveno di Trieste, ndt.). Napolitano ha dedicato molta attenzione alla storia dei nostri luoghi. Dopo l’infelice dichiarazione sulla «barbarie slava» (rilasciata in occasione della Giornata del ricordo sulle foibe e l’esodo degli italiani dall’Istria) il presidente italiano dopo il 2008 insieme al collega sloveno Danilo Türk ha posto le condizioni per un atto di riconciliazione, che è stato concretizzato a Trieste il 13 luglio 2010. In quell’occasione i presidenti di Italia, Slovenia e Croazia visitarono insieme il Narodni dom e resero omaggio agli italiani, che abbandonarono l’Istria e la Dalmazia. La giornata si concluse con il concerto della pace in piazza Unità, diretto dal maestro Muti, al quale assistettero i tre presidenti. Lo scorso anno SLOVIIT N° 1 del 31/1/15 pag. 5 i presidenti italiano, Giorgio Napolitano, sloveno, Borut Pahor, e croato, Ivo Josipoviæ, presenziarono a Redipuglia al concerto di commemorazione delle vittime della prima guerra mondiale, anch’esso diretto dal maestro Muti. (Primorski dnevnik, 15. 1. 2015) VENZONE-PUŒJA VES Napolitano e gli sloveni della provincia di Udine Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, si è dimesso. È stato capo dello Stato per ben nove anni, l’unico ad essere stato eletto due volte. Napolitano si è dimostrato un grande e sincero amico della minoranza slovena. Gli sloveni della provincia di Udine li ha voluti conoscere in prima persona il 29 maggio 2012. Nel corso della sua visita in Friuli, ha incontrato all’Hotel Carnia di Venzone anche una delegazione della minoranza slovena: il presi- dente regionale della Confederazione delle organizzazioni slovene-Sso, Drago Œtoka, il presidente provinciale della Sso, Giorgio Banchig; il presidente regionale dell’Unione economica culturale slovena-Skgz, Rudi Pavœi@, e la presidente provinciale della Skgz, Luigia Negro. In quell’occasione Banchig gli disse: «Il nostro auspicio è che crolli definitivamente anche il muro eretto contro la comunità slovena e con esso siano abbattuti anche gli artificiosi puntelli che lo tenevano in piedi e che tutt’oggi negano perfino l’autentica identità slovena degli sloveni della provincia di Udine, da tempo definita da linguisti e storici». Napolitano rispose che i negazionisti sono davvero un gruppo sparuto, dimostrando di conoscere bene la situazione. E il 6 maggio dell’anno scorso, ricevendo al Quirinale il presidente sloveno, Borut Pahor, ha affermato che le comunità slovena in Italia e italiana in Slovenia rappresentano «Un insostituibile valore aggiunto per l’ulteriore approfondimento della reciproca comprensione… Desidero, dunque, ribadire oggi l’impegno, che so essere pienamente condiviso, a far sì che queste comunità possano godere nel Paese in cui vivono di una piena integrazione, nel rispetto della loro identità e delle loro tradizioni». (www.dom.it, 14. 1. 2015) A colloquio con l’ambasciatore sloveno a Roma, Iztok Miroœi@ L’INTERVISTA Sarebbe bene che la minoranza fosse il più possibile unita «Dovrebbe trovare al suo interno un denominatore comune, soprattutto quando si tratta di previsioni a lungo termine. Così faciliterebbe anche il lavoro della Slovenia» L’ ambasciatore sloveno a Roma, Iztok Miroœi@, presta servizio a Roma da quattro anni e mezzo. Prima della recente riunione dell’ex capo dello Stato, Giorgio Napolitano, con gli ambasciatori stranieri, Miroœi@ ha avuto un colloquio privato con Napolitano, che ha ringraziato per aver contribuito a tracciare quei cambiamenti che sono evidenti in Friuli Venezia Giulia e a Trieste e nell’impostare un percorso di riconciliazione. «Negli ultimi anni abbiamo fatto passi in avanti nella giusta direzione», afferma Miroœi@, il quale non manca mai di sottolineare che i buoni rapporti si costruiscono dopo aver chiarito le questioni in sospeso. Diplomazia culturale e ruolo più attivo della minoranza slovena nel rapporto con la Regione e lo Stato sono le due raccomandazioni consigliate da Miroœi@. Ambasciatore, quali sono le sue considerazioni sugli ultimi anni dei rapporti tra Slovenia e Italia, che sono diventati più intensi soprattutto a livello amministrativo? «Un decisivo miglioramento nei rapporti tra i due Stati si è verificato proprio nel luglio 2010, all’inizio del mio primo mandato a Roma. Allora al concerto dell’amicizia a Trieste, diretto dal mastro Riccardo Muti, assistettero i presidenti di Italia, Giorgio Napolitano, Slovenia, Danilo Türk, e Croazia, Ivo Josipoviæ. Da allora la percezione della minoranza slovena è profondamente cambiata e migliorata a SLOVIIT N° 1 del 31/1/15 pag. 6 Roma. Prima sarebbe stato difficile immaginare un assessore sloveno al Comune di Trieste, nonché i presidenti dei consigli comunale e provinciale del capoluogo giuliano. Oggi anche il presidente del teatro stabile italiano Rossetti a Trieste, è sloveno. Tutto ciò porterà, nel medio e lungo termine a cambiamenti importanti e positivi sul piano concreto anche per la minoranza slovena. In futuro riusciremo a risolvere anche i problemi che oggi generano un malcontento diffuso (riforma degli enti locali, stanziamento dei finanziamenti, ecc.) e che sarà possibile superare proprio grazie agli attuali buoni rapporti tra Italia e Slovenia. La Slovenia continuerà a sostenere la minoranza slovena, il suo compito è di evitare che vengano violati e diminuiti i diritti minoritari acquisiti attraverso accordi e trattati internazionali». Secondo lei, dunque, la situazione è destinata a volgere al meglio in futuro? «Gli effetti del miglioramento sono ormai evidenti: dal Concerto della pace in poi il numero delle visite tra i due Stati è aumentato in misura esponenziale. Già a gennaio 2011 l’allora presidente sloveno Danilo Türk è stato in visita di Stato a Roma, alla quale sono seguite le visite di Napolitano in Slovenia e lo scorso anno quella dell’attuale presidente sloveno, Borut Pahor, a Roma. È insolito che tra due Stati ci sia un così alto numero di visite al livello più alto. E non dimentichiamo gli incontri trilaterali tra Slovenia, Italia e Croazia soprattutto sui temi dello sviluppo dell’Adriatico settentrionale». Tra gli sloveni, soprattutto in Italia, è vivo il ricordo delle parole di Napolitano, che nel 2007 definì barbari gli slavi. Nonostante i grandi cambiamenti sopraggiunti in seguito, quelle parole restano ancora oggi fortemente impresse… «Allora ci furono reazioni dalla Croazia e dalla Slovenia. Poi nel 2010 ci fu una svolta che contribuì a superare l’accaduto. Slovenia e Croazia vogliono avere buoni rapporti e un’ottima collaborazione con l’Italia a tutti i livelli. Questi buoni rapporti devono però poggiare sul superamento dei rancori legati al passato. L’Italia, per esempio, ha uno scambio commerciale maggiore con la Slovenia che con l’India. Questo consente un dialogo chiaro e sereno sul passato e sui traumi subiti da entrambe le parti. Fare chiarezza sul passato elude qualsiasi finzione e travisamento e il primo passo compiuto in questa direzione è stata la pubblicazione della comune relazione storica. Si tratta di un punto di partenza utile a risolvere anche altre questioni: l’eredità degli archivi dei libri catastali o delle opere artistiche. Probabilmente non è ancora arrivato il momento di impostare sulla questione un dialogo costruttivo». Tra le più recenti acquisizioni per la minoranza slovena figura il tavolo istituzionale governo-minoranza a Roma. Come valuta i passi che sono stati compiuti fino ad oggi da quest’organo? «Personalmente ne ho seguito l’attività dall’era del governo Berlusconi. Allora ero in costante contatto con il sottosegretario alla presidenza del Governo, Gianni Letta. Con il tavolo governativo la minoranza ha ottenuto un interlocutore a Roma. Il primo interlocutore è e rimarrà la Regione Fvg, mentre il compito del tavolo governativo è di aiutare a superare diverse difficoltà pratiche: la situazione finanziaria dei media sloveni, la scuola, il campo di concentramento a Visco, questioni che non spettano al Comitato istituzionale paritetico, e potremmo elencarne altre. Il tavolo governativo non va considerato come un mero circolo di dibattito, considerata l’importanza per la minoranza slovena di avere un interlocutore stabile direttamente a Roma. Il tavolo può contribuire anche a coordinare i rapporti tra la Regione Fvg e il Governo, soprattutto quando si tratta di questioni inerenti la minoranza: all’ultima convocazione era presente anche l’assessore regionale alla Cultura, Gianni Torrenti». Come va impostato quindi il lavoro per fare sì che il tavolo governativo sia veramente efficace? «La minoranza dev’essere più attiva e propositiva. Sarebbe bene se fosse il più possibile unita. Se ogni sua componente si reca individualmente a Roma per chiarire le sue difficoltà, si complica il lavoro degli interlocutori nel Governo. Cercare una soluzione col Governo, quando non c’è consenso neanche nella minoranza, è alquanto difficile. Per questo motivo vorrei che la minoranza, nonostante le diverse posizioni ideologiche, che sono legittime in un sistema democratico, fosse più unita nell’approccio a determinate questioni chiave e trovasse un denominatore comune al suo interno, soprattutto quando si tratta di previsioni a lungo termine. Una minoranza unita faciliterebbe il lavoro anche alla Slovenia quando se ne fa portavoce nel dialogo con Roma. (…) Sia per quanto riguarda le riforme che sulla questione dei finanziamenti la Slovenia è molto attiva con gli interlocutori italiani. Abbiamo ricevuto rassicurazioni in merito al fatto che la legge regionale sulle riforme locali non intaccherà il livello di tutela dei diritti della minoranza slovena. Diversamente sarebbe in antitesi con la legge 38/2001». (…) Qual è il rapporto tra la Slovenia e la Regione Fvg? «La Slovenia desidera promuovere la collaborazione con il Friuli Venezia Giulia. Con Trieste deve avere un rapporto diciamo europeo, non solo per quanto riguarda il Gect e i programmi transfrontalieri, ma anche nell’impostare un più ampio e amichevole rapporto di collaborazione. La Regione Fvg è la prima e decisiva unità istituzionale per l’affermazione dei diritti della minoranza slovena e nel contempo una regione con cui la Slovenia dovrebbe avere maggiori scambi commerciali. A questo proposito le minoranze possono rivestire un ruolo essenziale: la minoranza slovena in Italia dovrebbe avere una funzione di indirizzo nei confronti della Slovenia. La Slovenia collabora con la Regione Fvg a molti progetti e la minoranza dovrebbe rivestire il suo ruolo». Quali sono le sue considerazioni sulla riforma della legge elettorale? Cosa pensa sul rappresentante garantito nel nuovo parlamento e come può essere d’aiuto la Slovenia in merito? «Ho avuto più riunioni con il ministro Alle riforme istituzionali, Maria Elena Boschi, alla quale ho illustrato le norme contemplate dalla legge di tutela sulla rappresentanza facilitata negli organi di rappresentanza sia locali che statali. Sulla questione avevano scritto al Governo italiano anche la ex premier slovena, Bratuœek, e il ministro agli Esteri sloveno, Karl Erjavec, aveva sollecitato l’attenzione dei colleghi italiani. La Slovenia si è già espressa a favore della rappresentanza della minoranza slovena nel nuovo Senato e nella Camera dei deputati. Per quanto riguarda il Senato la minoranza slovena ha raggiunto una posizione unitaria, il che è lodevole e di aiuto. Dobbiamo però considerare che il Senato verrà ridotto notevolmente e che i seggi per ogni regione sono limitati. Cerchiamo un compromesso, che è importante alla luce dei rapporti futuri. Oggi l’attenzione è concentrata sulle soluzioni per l’elezione del rappresentante sloveno nella Camera dei deputati. Anche il ministro Boschi mi ha sottolineato in una lettera la diversità di vedute degli esponenti della minoranza. La Slovenia non si intromette nella questione e si limita a chiedere all’Italia che nell’approvazione della legge elettorale rispetti le norme sulla rappresentanza garantita del rappresentante sloveno». (…) Secondo lei la cultura è importante nel rafforzare i rapporti bilaterali? «A Roma hanno una grande considerazione della cultura di qualità. Un’occasione unica per la minoranza slovena, che non va persa. Recentemente sono stato al Teatro stabile sloveno a Trieste, che dispone di un’offerta di qualità, che dovrebbe essere presentata anche a Roma. La minoranza slovena e la Slovenia sono troppo poco presenti a Roma con le loro proposte culturali. La diplomazia culturale è fondamentale per migliorare i rapporti economici e politici. Tutte le questioni importanti iniziano e si sviluppano attraverso la diplomazia culturale. Auspico che in futuro la presenza della cultura slovena e della Slovenia sia rafforzata almeno in tutte le capitali degli Stati contermini. (…) La Slovenia dovrebbe disporre a Roma di una Casa della SLOVIIT N° 1 del 31/1/15 pag. 7 cultura slovena, come a Vienna, dove oltre all’ambasciata fossero operative anche delle rappresentanze economiche e sarebbero benvenute anche imprese slovene. In molti a Roma chiedono dove poter fare studiare la lingua slovena al proprio figlio. Mancano spazi per concretizzare questa richiesta e per questo motivo un centro culturale sloveno a Roma rappresenterebbe un passo importante. L’Italia rappresenta il principale partner economico per la Slovenia (il primo nel turismo e il terzo nel settore degli investimenti) e il secondo per la Germania. Con la Croazia l’Italia è il partner con il quale è necessario collaborare per orientare verso l’Adriatico settentrionale la maggior parte possibile della quota di mercato rappresentata dal Mediterraneo». Un centro culturale sloveno a Roma rappresenterebbe un trampolino di lancio anche per la minoranza slovena? «Tra gli obiettivi centrali ci sarebbe anche la promozione dell’identità culturale della minoranza slovena. La ragione è semplice: molte decisioni importanti sulla minoranza vengono approvate a Roma e una maggiore conoscenza della cultura slovena sarebbe opportuna». L’Expo 2015 a Milano rappresenta un’occasione unica, da non perdere, per la minoranza slovena e per la Slovenia… «La Slovenia dovrebbe aprofittare della vicinanza geografica di un evento così importante. Mi auguro che i ministeri sloveni sappiano coordinarsi e creare le condizioni per un transfer turistico in Slovenia di una buona fetta dei 20 milioni di visitatori previsti all’Expo di Milano. Credo che anche la minoranza slovena in Italia debba inserirsi nel padiglione sloveno all’Expo di Milano: un punto dibattuto attualmente tra i rappresentanti della minoranza slovena e il ministro Gorazd ˘mavc. La minoranza slovena in Italia potrebbe presentarsi anche nel padiglione della regione Fvg. Un’occasione unica per la minoranza di essere inserita in un evento di fama mondiale che verte sull’alimentazione, un argomento sul quale la minoranza ha molto da offrire, dalla viticoltura all’agricoltura e alla pesca». Andrej #ernic (Novi glas, 1. 1. 2015) ROMA-RIM No alla rappresentanza garantita della minoranza in Parlamento Nel testo della riforma costituzionale (che riguarda principalmente la riforma del Senato) non ci sarà il principio sulla rappresentanza parlamentare garantita delle minoranze linguistiche. Lo ha deciso la Camera dei deputati, che ha respinto l’integrazione presentata dal Sel. Nello scrutinio segreto il principio sulla rappresentanza garantita delle minoranza è stato votato a favore da 152 deputati, contrari 357. A suo tempo il Sel aveva presentato un emendamento con gli stessi contenuti in Senato, dove è stato oggetto della stessa votazione subita nella Camera dei deputati. La deputata friulana di Sel, Serena Pellegrino, ritiene che respingendo l’integrazione summenzionata, il Governo si sia lasciato sfuggire un’occasione unica. «Evidentemente i partiti di maggioranza si ritengono soddisfatti dell’instabilità che contraddistingue l’elezione dei parlamentari apparSLOVIIT N° 1 del 31/1/15 pag. 8 tenenti alle minoranze linguistiche. Un’incertezza destinata ad aumentare quando il Senato varerà la nuova legge elettorale per la Camera dei deputati», ha commentato Pellegrino. Ha espresso, inoltre, la convinzione che l’integrazione proposta da Sel era conforme ai dettami della Costituzione e non in antitesi con essa come sostengono alcuni esponenti del centrosinistra. Un’opinione condivisa dal suo collega sudtirolese Florian Kronbichler. Questi ha riconosciuto che al contrario della comunità sudtirolese, la quale non necessita di particolari garanzie per l’elezione dei suoi senatori, le altre minoranze, tra le quali ha espressamente citato quella slovena, hanno invece bisogno della rappresentanza garantita. Mentre nella Camera dei deputati si sta discutendo sulla riforma del Senato, quest’ultimo sta vagliando la nuova legge elettorale per la Camera dei deputati. Entrambe le riforme poggiano su un accordo politico tra il premier Renzi e Silvio Berlusconi. (Primorski dnevnik, 14. 1. 2015) LEGGE ELETTORALE Il Senato per l’elezione facilitata degli esponenti sloveni Confermato l’obbligo di circoscrizione per la Camera dei deputati Nel definire le circoscrizioni elettorali in Friuli Venezia Giulia il ministero dell’Interno farà sì che sia facilitata l’elezione dei candidati espressione della comunità linguistica slovena. È quanto evidenzia l’integrazione alla nuova legge elettorale per la Camera dei deputati, che ieri (27 gennaio) è stata approvata dal Senato, mentre l’ultima parola è destinata alla Camera dei deputati, che si esprimerà nelle prossime settimane. L’emendamento (proposto dal senatore triestino Francesco Russo, cofirmatari Lodovico Sonego e Carlo Pegorer) è stato approvato in senato con 186 voti a favore (coalizione di governo e Sel), contrari 55 senatori del Movimento 5 Stelle. In una breve dichiarazione, Russo ha sottolineato come a distanza di quattordici anni dalla sua approvazione, venga attuata la legge di tutela per la minoranza slovena, laddove (art 26) prevede facilitazioni per l’elezione dei senatori e dei deputati che appartengono alla comunità slovena. A questo proposito Russo ha evidenziato il grande impegno profuso dalla deputata Tamara Bla¡ina. «L’integrazione è fonte di opportunità per la comunità slovena storicamente presente in Friuli Venezia Giulia, e cioè nelle province di Trieste, Gorizia e Udine». Oltre a Bla¡ina per la rappresentanza garantita degli sloveni si sono prodigati i rappresentanti del SudtirolerVolkspartei. Il senatore Lorenzo Battista (ex del Movimento 5 Stelle, ora nelle auotnomie) sul modello sloveno aveva invano proposto l’elezione garantita degli sloveni nel parlamento italiano, mentre Karel Zeller un più basso sbarramento elettorale per i candidati sloveni. A causa della contrarietà del Governo e della sua maggioranza, Zeller ha ritirato il proprio emendamento. In una dichiarazione comune Russo e Bla¡ina esprimono soddisfazione sulla decisione del Senato, che secondo loro rappresenta l’unica opportunità, dal momento che la mino- ranza slovena non ha la rappresentanza parlamentare garantita e non dispone dei dati di un eventuale censimento. I due parlamentari del Pd affermano che questa integrazione è frutto di un comune lavoro e dialogo all’interno del Pd, al quale hanno aderito tutti i parlamentari di partito, il ministro Maria Elena Boschi e la presidente della Regione Fvg, Debora Serracchiani. Di parere diametralmente opposto il segretario regionale del partito sloveno Slovenska skupnost, Damijan Terpin. Questi afferma che nulla è cambiato e che l’elezione di un parlamentare sloveno continuerà a dipende dalla buona volontà dei partiti italiani, come è stato finora per il Pd. «Il candidato sloveno verrà eletto solo a condizione che sia collocato in un posto vantaggioso in lista dal direttivo del partito a Roma. Se non sarà capolista avrà bisogno di preferenze, il che diminuirà ulteriormente le possibilità di essere eletto», conclude Terpin. Secondo Terpin non è vero che questo sia stato l’unico emendamento possibile, come affermano Russo e Bla¡ina. La Ssk è convinta della piena legittimità dell’emendamento proposto dal senatore Zeller, che ha superato l’esame di costituzionalità e che stabiliva un più basso sbarramento elettorale nella circoscrizione della Camera sul territorio del cosiddetto bilinguismo visibile. Purtroppo il Governo e la sua maggioranza hanno respinto l’integrazione di Zeller «che – afferma Terpin –, contrariamente a quanto sostengono Russo e Bla¡ina, non prevedeva né la rappresentanza garantita né il censimento nell’ambito della minoranza slovena». Terpin afferma che «per l’approvazione dell’integrazione di Zeller sarebbe bastata la volontà politica del Pd, che evidentemente non c’è stata». Se la Camera dei deputati confermerà la legge elettorale, nella forma in cui è stata approvata dal Senato, torneremo alla legge elettorale del 1993 (il cosiddetto Mattarellum) e alla circoscrizione senatoriale, che era stata proposta per l’elezione facilitata degli sloveni dal senatore defunto Darko Bratina. Nel 2001 la legge di tutela ha fatto proprio questo principio, che la nuova legge elettorale (il cosiddetto porcellum del 2005) ha completamente ignorato. S. T. (Primorski dnevnik, 28. 1. 2015) GORIZIA - GORICA «Lo sloveno nelle scuole con lingua italiana» Visita del ministro Giannini alle strutture scolastiche e universitarie Venerdì 9 gennaio il ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Stefania Giannini, ha fatto visita in veste istituzionale a Gorizia, al polo liceale «Dante Alighieri», all'Istituto tecnico di istruzione secondaria superiore (ITISS) «Gabriele D'Annunzio - Max Fabiani» e alla sede dell'Università. In rappresentanza della Regione Friuli Venezia Giulia era presente l'assessore all'Edilizia scolastica e all'Università, Mariagrazia Santoro, che ha portato i saluti della presidente Debora Serracchiani e dell'intera Giunta regionale. Nel corso dell'incontro negli istituti superiori il ministro si è soffermata sui temi centrali della riforma dell'istruzione annunciando che la fase di consultazione sulla «buona scuola» si tradurrà in una proposta di legge che verrà presentata al Parlamento entro la fine di febbraio. Il ministro ha indicato nel potenziamento dell'insegnamento linguistico «uno degli aspetti che sarà valorizzato nella Riforma, perché trascurato da troppo tempo in Italia». Secondo il ministro «l'insegnamento di almeno una lingua straniera deve divenire una pratica diffusa e il bilinguismo un'esperienza per tutti gli studenti italiani. Il plurilinguismo è un valore aggiunto per la formazione del futuro e in questa area del Paese è già un fattore naturale ed un elemento di ricchezza e di contatto tra culture». Giannini ha inoltre annunciato lo stanziamento di fondi aggiuntivi per il funzionamento delle scuole, che si tradurranno in circa ottomila euro in più all'anno per ciascun istituto scolastico. Quanto all'edilizia scolastica, il ministro Giannini ha confermato che la scelta di partire dal risanamento e dalla messa in sicurezza delle scuole è la risposta ad una strategia di valorizzazione dell'intero sistema scolastico. Il Governo, ha assicurato Giannini, terrà alto l'impegno sull'edilizia scolastica (ad oggi i progetti in cantiere ammontano a 1.500.000.000 di euro ed andranno oltre, nel corso del presente esercizio finanziario, grazie al recupero di una parte di fondi dal Patto di stabilità). Su questo aspetto l'assessore regionale ai Lavori pubblici del Friuli Venezia Giulia, Mariagrazia Santoro, ha ribadito che «la Regione è pronta. Con il 30 ottobre scorso abbiamo terminato la ricognizione delle priorità triennali di tutti gli enti locali e stiamo approntando una graduatoria in base alle esigenze più rilevanti che sono la sicurezza statica, l'efficienza energetica e la razionalizzazione degli edifici, troppo spesso inadeguati alle attuali esigenze e al contenimento dei consumi energetici». «Ricordo – ha aggiunto Santoro – che lo scorso anno siamo stati la prima Regione ad appaltare entro i termini tutti gli interventi finanziati con il Decreto del Fare. Abbiamo inoltre aderito all'anagrafe scolastica e stiamo completando, con risorse aggiuntive, la rete di banda larga a favore degli istituti scolastici ed universitari». Nel corso della visita agli istituti scolastici il ministro Giannini ha incontrato gli studenti che hanno presentato alcuni dei progetti didattici più significativi realizzati anche in collaborazione con imprese del tessuto economico locale. È così che il ministro Giannini e l'assessore Santoro hanno potuto brindare al nuovo anno con lo spumante «Emopoli» frutto della collaborazione tra l'ITISS «D'Annunzio» e l'azienda «Angoris» per la realizzazione di uno «spumante metodo classico» che unisce il vitigno internazionale Chardonnay con l'autoctona Ribolla gialla. Arc/Comm/Ppd (www.regione.fvg.it) LA REAZIONE La sindrome del servilismo e la Skgz L’organizzazione slovena di raccolta è chiamata a decidere con chi stare Nell’osservare i fatti che negli ultimi tempi contraddistinguono la scena politica nel territorio di insediamento della minoranza slovena, mi chiedo più volte quale sarebbe la valutazione di Ivan Cankar, che nel 1907 si candidò nel partito socialdemocratico, sulle mosse politiche della maggior parte degli esponenti dell’odierna sinistra slovena in Italia. Forse con il tono sarcastico che gli era proprio e con il suo SLOVIIT N° 1 del 31/1/15 pag. 9 fare diretto citerebbe se stesso e impietosamente esordirebbe dicendo: Servi! Nati ed educati per esserlo, oggetti del servilismo. Queste sarebbero molto probabilmente le parole di un esponente di sinistra, che nella sua vita si impegnò costantemente per l’affermazione culturale del popolo sloveno. Per non ferire la sensibilità dei nostri lettori è forse meglio non immaginare come suonerebbero le parole dei notabili politici a lui contemporanei, esponenti del partito liberale e popolare. Indubbiamente si stanno rivoltando tutti nella tomba insieme a quanti nel 20° secolo hanno dato la vita affinché il popolo sloveno potesse restare su questo territorio. Ma veniamo ai fatti. La questione dello scorso autunno sulle dichiarazioni di Furlani@, al di là di tutte le divisioni ideologiche sul decorso della seconda guerra mondiale, dimostra chiaramente come Œtefan #ok senza pudore subordina la storia alle necessità politiche del suo partito alla luce del rispetto dell’accordo storico Fini-Violante, che sulla scena politica italiana ha reciprocamente legittimato sia gli ex seguaci del Msi che i Democratici di sinistra. Allora con questa mossa sgravarono il Partito comunista italiano della responsabilità politica per gli eccidi del dopoguerra e incominciarono ad interpretare le foibe alla luce del contrasto etnico e non politico, come ha rilevato la commissione storica mista sloveno-italiana. Alla questione di Furlani@ è seguita quella sulla riforma degli enti locali, nell’ambito della quale la componente slovena del Partito democratico ha dimostrato tutta la sua pochezza di idee. Nella polemica il consigliere regionale dei Democratici di sinistra, Stefano Ukmar, si è allargato talmente da dichiarare che è nostra responsabilità morale contribuire a sanare il debito pubblico del Governo italiano e ha aggiunto che in quest’ottica è necessaria l’unione dei nostri Comuni. Un mondo evidentemente alla rovescia se consideriamo che lo Stato in cui viviamo ha investito quotidianamente milioni di euro per mantenere una serie di servizi pubblici e privati davvero inutili (vedi Alitalia, Tirrenia, Montepaschi e potremmo elencarne altri), dove alcuni si sono riempiti le tasche con il denaro pubblico. Quando si tratta, invece, di tutelare i diritti, sanciti dalla Costituzione italiana e per i quali dovrebbe prodigarsi il consigliere sloveno, affinché non venga diminuito il già di per sé misero livello di tutela della minoranza slovena, allora in virtù di un confuso riformismo ideologico si dichiarava senza pudore che mancano i fondi e che dobbiamo rinunciare ai “privilegi”. E infine l’ultima questione che, anche se di minore importanza, è a suo modo molto significativa ed è legata all’intervento che recentemente Livio Semoli@ (con l’interrogativo sull’assenza del deputato Tamara Bla¡ina) ha tenuto in occasione della visita a Gorizia del ministro Giannini. L’unica cosa che il presidente provinciale per Gorizia della Skgz, nonostante tutti i problemi irrisolti della scuola slovena in Italia, che conosce bene, ha saputo dire al ministro è che sarebbe un bene inserire l’insegnamento della lingua slovena nelle scuole italiane. La questione è diventata poi l’argomento principale dibattuto dai mezzi di comunicazione slovena, come se i problemi della maggioranza italiana fossero il nostro principale grattacapo. Non una parola, invece, sia all’incontro che nel dibattito, sulle numerose questioni irrisolte sulle quali nei mesi precedenti il Sindacato per le scuole slovene ha richiamato l’attenzione a gran voce. La logica di questi atteggiamenti e soprattutto la logica delle posizioni citate dimostra con evidenza un enorme comSLOVIIT N° 1 del 31/1/15 pag. 10 plesso di inferiorità, che è presente in determinati ambiti sloveni e che è spiccato in particolare nelle cerchie di una delle parti più influenti della sinistra politica della minoranza. Al di là del comprensibile dubbio se si tratti di complesso di inferiorità o se qualcuno si avvantaggi politicamente in questo conto, resta la necessità di ribellarsi fermamente a questo stato di cose, indipendentemente dalla nostra appartenenza politica. Per questo è attualmente del tutto incomprensibile il motivo per il quale non reagiscano le strutture della sinistra politica della minoranza e perché deleghino il peso della stigmatizzazione di scelte politiche sbagliate al partito politico della Slovenska skupnost, alla Confederazione delle organizzazioni slovene-Sso e a quella parte della sinistra che non ha voce in capitolo nelle decisioni della Skgz. In molti, con un minimo di memoria storica, ricorderanno i tempi immediatamente successivi alla proclamazione dell’indipendenza della Slovenia, quando la Skgz pretendeva fermamente dal nuovo Stato che la minoranza rimanesse un soggetto. Oggi stanno vacillando le colonne sulle quali poggia il soggetto sloveno e, mentre sarebbe necessario sottolineare a gran voce e a chiare lettere le stesse posizioni soprattutto nei rapporti con il Governo italiano, nell’ambito del quale in questi mesi vengono decise nuove norme della comune convivenza civile in Italia, la Skgz incomprensibilmente tace con un atteggiamento servile forse nella servile speranza di salvare qualche briciola, che poi cercherà di vendere come fosse un suo grande successo. Peter #ernic (Novi glas, 22. 1. 2015) MINORANZA È nostra preoccupazione difendere la pluralità In un tempo in cui tutto cambia velocemente e quindi anche i modelli consolidati della struttura organizzativa della minoranza slovena, ci preoccupano molto la dichiarazione che l’assessore regionale alla Cultura, Gianni Torrenti, ha rilasciato al Novi glas (settimanale sloveno di Gorizia, ndt.) nell’edizione dello scorso 15 gennaio e in cui citava le riforme che dovrebbero riguardare la comunità nazionale slovena in Italia. Che sia chiaro: in linea di principio non abbiamo nulla contro le riforme, ci impegniamo per la qualità e la concretezza. Siamo, quindi, ben disposti ad affrontare proposte concrete al fine di creare condizioni il più possibile efficaci per lo sviluppo della comunità nazionale slovena in Italia, ma restiamo critici verso alcune tesi. Siamo fedeli alla nostra tradizione che per settant’anni ha osteggiato fermamente le posizioni ideologiche. Per questo motivo restiamo critici verso le nuove ideologie del riformismo, che si è affermato sulla scena politica statale e regionale come una nuova verità dogmatica. Succede spesso, infatti, che a nome di un riformismo autocompiacente le autorità introducano inutili novità, i cui effetto sociali ed economici non sono chiari e che concretamente non porteranno né alla comunità né allo Stato nient’altro che nuovi problemi. Questo succederà, per esempio, con la riforma regionale delle amministrazioni pubbliche. Dal momento che soprattutto le questioni inerenti lo svi- luppo concreto della nostra comunità nazionale solo il nostro pane quotidiano e che nell’assessore regionale Torrenti vediamo un sincero interlocutore, che si impegna a migliorare il sistema, ci sembra importante sottolineare, che lo sviluppo di una comunità è possibile solo se le riforme manterranno le condizioni per ciò che in passato era denominato «confronto dialettico» e che oggi, invece, nello spirito dei giorni nostri, definiamo «concorrenza», per la quale si prodigano tutti i sistemi sociali sviluppati. Presso l’Ue c’è addirittura un commissario competente che se ne occupa. Nel leggere la succitata intervista, scritta da Julijan #avdek, troviamo una serie di dichiarazioni concrete e per molti versi condivisibili, per le quali riteniamo che potranno di fatto migliorare le condizioni in cui opera tutta la comunità nazionale slovena in Italia. Ma non possiamo liberarci dell’amara sensazione che dietro alla riforma ci sia un’equazione ideologica, più o meno di questo tipo: riforma=razionalizzazione=unificazione delle organizzazioni = bene per la comunità nazionale slovena. Noi lo consideriamo un errore. Che sia chiaro a tutti: ci rendiamo conto che nelle condizioni attuali l’unificazione sia inevitabilmente necessaria e addirittura utile, soprattutto quando vogliamo impegnarci come comunità nazionale con un progetto di maggiore portata e idealmente più definito. Concordiamo con l’assessore Torrenti quando afferma che soprattutto in ambito culturale questa scelta può conferire un’impronta più razionale, di maggiore qualità e sarebbe una grande acquisizione per tutta la comunità slovena. Benvenga questa unificazione quando sono in gioco progetti concreti. Non è, invece, accettabile il recondito tentativo di estendere la logica della razionalizzazione anche a quegli ambiti che garantiscono alla comunità minoritaria un confronto dialettico, concorrenza e cultura nonché pluralità sistematica. Non possiamo in alcun modo permetterci questo. Per questo motivo mettiamo in primo piano due controverse dichiarazioni dell’assessore regionale Torrenti: 1. razionalizzare – organizzare meglio le case editrici e quindi pensare ad una sola che si occupi della stampa plurale, che in altre parole si potrebbe sintetizzare con la razionalizzazione dei media. Noi stessi ci chiediamo a che pro, a chi gioverebbe e quale valore aggiunto apporterebbe alla minoranza. Probabilmente nessuno: l’effetto concreto consisterebbe solo nel trasferire una serie di competenze tecniche e culturali in un solo centro; forse si otterebbe il calo del numero dei lettori, com’è successo in Carinzia, soprattutto diminuirebbe l’autonomia redazionale dei singoli mezzi stampa, il che darebbe il colpo di grazia all’odierna dialettica, già abbastanza debole all’interno della nostra comunità; 2. abbassare i costi dell’attività dei circoli, quindi risparmiare in ambito organizzativo. Anche quest’affermazione non ci sembra opportuna, soprattutto se pensiamo al successo di alcune realtà, che emergono in ambito sportivo, culturale, nel teatro amatoriale e in ambito musicale, ecc. A questo proposito è in gioco un altro meccanismo, che garantisce concorrenza alla minoranza e in modo efficace coordina il volontariato con il lavoro professionale. Prendiamo ad esempio la provincia di Gorizia e i successi delle realtà più piccole, che negli ultimi anni si sono rese visibili a livello regionale, statale ed europeo (vedi l’esempio dell’Olympia e il progetto delle squadre unite con Val, Naœ Prapor e So@a, vedi il circolo Emil Komel, che è cresciuto a scuola, vedi il circolo Œtandre¡ e la sua stagione teatrale di successo, vedi i nostri cori e potremmo elencare altri esempi). La situazione è probabilmente simile anche in altre province, dove molte attività di volontariato dei circoli riescono a raggiungere risultati eccezionale con finanziamenti minimi. Il fatto è che oggi i circoli rivestono un ruolo aggregativo e riescono a creare legami tra le persone; sono i circoli che riescono a comunicare attaccamento verso la lingua slovena e i canti. Il fatto è che i circoli, soprattutto nei casi in cui sono riusciti a compiere un salto di qualità e a coordinare il volontariato con servizi professionali ben organizzati, sono diventati l’elemento più dinamico della nostra comunità. Grazie ai risultati conseguiti, riescono a diventare, con investimenti molto inferiori, concorrenziali addirittura nei confronti di alcune istituzioni professionali, le quali d’altro canto hanno grande difficoltà a preservare il proprio ruolo istituzionale, che si sarebbe dovuto ripensare forse già vent’anni fa, alla luce dei mutati rapporti geopolitici tra Italia e Slovenia. Per questo motivo, spettabile assessore, benvengano le riforme annunciate se sapranno mantenere una certa distanza dalla logica predominante che tende alla semplificazione e alla conseguente uniformità e se, nel rispetto della pluralità, di cui lei stesso ha parlato, sapranno sollecitare anche modelli alternativi di amministrazione, fondati sull’iniziativa autonoma e diversi rispetto alle grandi istituzioni, ma comunque efficaci nell’adempiere al proprio ruolo. Peter #ernic, presidente amministrativo della Cooperativa Goriœka Mohorjeva Jurij Paljk, caporedattore del settimanale Novi glas (Novi glas, 29. 1. 2015) REGIONE Applicare il protocollo sulle bandiere estere L’assessore Torrenti sulla questione della bandiera slovena esposta al «Dom na Matajure» La questione della bandiera slovena esposta presso il rifugio della Planinska dru¡ina sul Matajur, che ha turbato il consigliere regionale d’opposizione Roberto Novelli (Forza Italia) e la destra in provincia di Udine, è stata dibattuta nel corso di una recente seduta del Consiglio regionale a Trieste. Ne ha parlato l’assessore regionale alla cultura, Gianni Torrenti, il quale ha specificato che la Regione non è competente in merito, mentre la sua risposta a Novelli «deriva dalla sensibilità verso la questione». In merito alla bandiera sul Matajur, l’amministrazione regionale ha delegato il compito al proprio ufficio di gabinetto di scrivere al sindaco di Savogna, Germano Cendou, sul cui territorio risiede il rifugio al centro della questione. La Regione chiederà a Cendou di chiarire ai gestori del rifugio i contenuti e le norme del protocollo statale sull’esposizione delle bandiere. Nel caso del Matajur si tratta di un gestore privato di esercizio pubblico, che a detta di Torrenti deve rispettare il protocollo statale. L’assessore regionale, competente anche per la minoranza slovena, fa espressamente riferimento alla norma che consente l’esposizione di bandiere di Stati esteri a condizione che se ne rispetti la dignità e vi si affianchi la bandiera nazionale dello Stato in cui si risiede. Da quanto afferma Torrenti, dunque, sul tetto del rifugio la bandiera slovena dovrebbe essere affiancata da quella italiana. SLOVIIT N° 1 del 31/1/15 pag. 11 Indipendentemente dalle considerazioni di alcuni sulla bandiera slovena affissa sul Matatjur, Torrenti dimentica di considerarla anche espressione dei cittadini italiani di nazionalità slovena, nella quale essi si riconoscono. L’assessore ha comunque sottolineato l’interesse e la volontà dell’attuale amministrazione regionale di centrosinistra di tutelare e valorizzare l’identità della minoranza slovena «sia in ambito linguistico che culturale, anche nel più ampio significato di appartenenza a una comunità con una chiara identità storica». Ha poi sottolineato l’impegno della Giunta regionale nel promuovere i rapporti transfrontalieri. punirà» il sindaco di Stregna La Regione non «p L’amministrazione regionale non intende punire o rimuovere, come ha chiesto la destra, il sindaco di Stregna, Luca Postregna. Novelli (sempre lui) e i suoi seguaci avevano accusato il primo cittadino del comune delle Valli del Natisone di aver pubblicato su Facebook, in risposta alle polemiche sulla bandiera slovena sul Matajur, il noto brano di Giorgio Gaber «Io non mi sento italiano». Secondo Torrenti nelle Valli del Natisone sono di casa i valori di accoglienza, tolleranza e democrazia. Sono valori che emergono anche nelle canzoni di Gaber, compreso il brano summenzionato, che l’assessore regionale ha definito «un inno paradossale all’italianità». La Regione ad ogni modo auspica che tutti gli esponenti politici delle valli del Natisone – dal sindaco di Stregna ai consiglieri comunali, provinciali e regionali – operino sulla base di valori comuni e in questo modo superino il clima teso e le ostilità, che attualmente incombono sulle questioni della minoranza slovena. S. T. (Primorski dnevnik, 28. 1. 2015) LA REPLICA La bandiera slovena qui non è straniera Le precisazioni del consigliere regionale della Slovenska skupnost, Igor Gabrovec Il consigliere regionale della Slovenska skupnost, Igor Gabrovec, commenta la risposta dell'assessore Torrenti ad un'interrogazione di Novelli che lamentava l'esposizione della bandiera slovena sul rifugio del Matajur: «È vero che per legge i gestori dei locali pubblici, anche se privati, possono esporre bandiere straniere a condizione che siano accompagnate anche dalla bandiera nazionale. Mi preme però sottolineare che la bandiera slovena, oltre ad essere il simbolo della vicina Repubblica, è anche la bandiera di una delle tre comunità linguistiche storicamente presenti nel territorio del Friuli Venezia Giulia, riconosciute e tutelate da specifiche leggi». Le minoranze linguistiche e nazionali hanno il diritto naturale di esporre i propri simboli. La Repubblica di Slovenia cita questo principio a favore della comunità italiana ed ungherese addirittura nella propria costituzione. La Costituzione italiana purtroppo non dà questa garanzia che non viene citata esplicitamente neppure nella legge di tutela della minoranza slovena che tuttavia al comma 2 dell’articolo 7 stabilisce comunque che «il diritto alla denominazione, agli emblemi e alle insegne in lingua slovena spetta sia alle imprese slovene sia alle altre persone giuridiSLOVIIT N° 1 del 31/1/15 pag. 12 che, nonché ad istituti, enti, associazioni e fondazioni sloveni». «Desidero infine ricordare – conclude il vicepresidente del Consiglio regionale, Gabrovec – la legge regionale 27/2001. Si tratta di una norma poco conosciuta e purtroppo sostanzialmente disattesa, ma che all’articolo 6 recita: “Con riferimento a quanto previsto dall'articolo 3 dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia, sugli edifici pubblici dei Comuni in cui sono insediate popolazioni appartenenti ai diversi gruppi linguistici della Regione, così come individuati dalla legge 15 dicembre 1999, n. 482, e dalla legge 23 febbraio 2001, n. 38, viene esposta, accanto alle bandiere italiana, europea e regionale, anche quella della comunità di riferimento». Bene sarebbe quindi iniziare a diffondere le bandiere identificative del Fvg e quelle delle comunità linguistiche, riconoscendo pieno diritto di domicilio alla variegata compagine culturale e linguistica di questo territorio, accomunata dalla coscienza di appartenere ad una Regione non per niente e non a caso speciale e autonoma. Piena solidarietà del consigliere Gabrovec, infine, al sindaco di Stregna, Luca Postregna, anche egli citato a sproposito nell'interrogazione di Novelli. (www.igorgabrovec.eu) L’INTERVISTA «Ripristinare un buon clima tra la popolazione di Stregna» A colloquio con il nuovo sindaco, Luca Postregna Luna di miele brevissima con la carica di sindaco per Luca Postregna, insediato alla guida del Comune di Stregna lo scorso 18 dicembre dal Tribunale amministrativo regionale, che gli ha dato ragione nel ricorso contro l’ex primo cittadino Mauro Veneto che nello spoglio del 26 maggio aveva prevalso di un voto. Appena il tempo di nominare la giunta nelle persone di Caterina Dugaro (vicesindaco), Claudio Garbaz e Franco Simoncig nonché di giurare davanti al consiglio comuale, che è stato pesantemente attaccato dall’opposizione e da esponenti del centrodestra valligiano per aver postato sul proprio profilo Facebook la bella canzone «Io non mi sento italiano» del compianto Giorgio Gaber. «C’è qualcuno – replica Postregna – che accoglie questo pezzo per quello che realmente dice e c’è chi guarda solo al titolo per strumentalizzarlo ed attaccarmi. Non sta a me giudicare chi non gradisce il titolo e il testo di Gaber, ma non posso rimanere impassibile di fronte alle provocazioni che colpiscano non solo la minoranza linguistica slovena, ma danneggiano le Valli del Natisone nel loro insieme». Tra l’altro, Gaber, al secolo Gaberœ@ik, era originario della vicina Tolmin, addirittura imparentato con il prof. Silvester Gaberœ@ek, che in Benecia ben conosciamo. «Mi fa piacere anche questo. E colgo l’occasione per ribadire l’apprezzamento per il suo intervento alla presentazione del libro sulla storia della Slavia scritto da Giorgio Banchig. Mi ha fatto davvero piacere e l’ho anche diffuso perché lo ritengo estremamente educativo». Sindaco Postregna, come sono state le prime settimane alla guida del Comune? «Mi sono trovato subito molto impegnato nell’attività amministrava e in riunioni sovracomunali. In particolare con i colleghi delle Valli e a livello di ambito socio assistenziale in merito all’attuazione della riforma delle autonomie locali». A questo proposito, qual è la posizione di Stregna? «Io, il sindaco di Savogna e quello di Drenchia abbiamo inviato agli altri primi cittadini una bozza di documento nel quale si propone la costituzione di un’Unione nella fascia confinaria con la Slovenia tra i comuni dell’attuale Comunità montana nei quali è riconosciuta la minoranza slovena al fine di usufruire della deroga, come previsto dalla legge regionale, al numero minimo di abitanti e alla previsione di far coincidere le unioni intercomunali con gli ambiti socio assistenziali». Perché questa scelta? «Credo che questa dimensione per un’area svantaggiata come la nostra sia negli interessi dei cittadini che appartengono alla minoranza slovena e di quelli che non si riconoscono in essa. Non si tratta di fare dichiarazioni di appartenenza perché Stregna nell’elenco dei Comuni tutelati c’è già e questo ci dà il diritto di chiedere la deroga». Lei non ha lesinato critiche all’amministrazione comunale precedente. In che condizioni ha trovato il Comune? «Il dissenso era per le scelte politiche del mio predecessore, non era una critica generalizzata. Sicuramente in questo momento il Comune di Stregna si trova in gravi difficoltà perché con il pensionamento di una dipendente ci troviamo completamente scoperti nel servizio di ragioneria. Non ne faccio una colpa a Veneto, che si era attivato per coprire questo ruolo. Io ho tempestato di richieste di aiuto i colleghi delle Valli, affinché mi aiutino a rimediare a questa carenza». Sotto il profilo politico da lei ci si attende discontinuità... «Io avevo fatto una decisa apertura nei confronti della minoranza consiliare, offrendole due assessorati. Questa linea di collaborazione intendo mantenerla anche in futuro». Ma il rifiuto della mano che ha teso le brucia? «Credo che le motivazioni che la minoranza consiliare ha espresso siano soprattutto quelle dell’ex sindaco Veneto, con il quale ancora non gira un buon vento». Il muro contro muro potrà cadere strada facendo? «Sì, assolutamente. Anche perché non mi comporterò come chi mi ha preceduto. Ad esempio, non succederà che le associazioni che non rientrano nelle simpatie dell’amministratore non vengano considerate in maniera opportuna, come è stato fatto nel recente passato a Stregna». È noto il suo impegno nel campo ambientale. Sarà questo la stella polare del suo mandato? «La mia prima preoccupazione è quella di ripristinare un buon clima tra la popolazione. Ovviamente l’ambiente sarà un cavallo di battaglia e su questo molto potrà arrivare dal nuovo piano paesaggistico regionale per il quale si è impegnata l’assessore Santoro. Perseguiremo uno sviluppo sostenibile che valorizzi le ricchezze del territorio». Parliamo di collaborazione transfrontaliera. Quali proposte porterà a Kobarid il 17 gennaio? «Vedrò di concordarle con gli altri sindaci delle Valli. Con gli amministratori di Kobarid e Tolmin ho avuto dei contatti nei giorni scorsi. Devo dire, però, che mi sta molto a cuore coinvolgere nella collaborazione anche il Comune di Kanal ob So@i, che confina con il nostro». Ezio Gosgnach (Dom, 15. 1. 2015) VALLI DEL NATISONE NEDIŒKE DOLINE Unione della Slavia in salita, ma la battaglia continua Drenchia, Savogna e Stregna raccolgono adesioni al progetto Tre Comuni senza timori reverenziali stanno dando battaglia affinché la Slavia/Bene@ija abbia una propria autonomia amministrativa e non affoghi nel mare friulano a causa della riforma delle autonomie locali varata dalla Regione. Drenchia, Savogna e Stregna sono le municipalità più piccole delle Valli del Natisone, ma coraggiosamente stanno sostenendo con tutte le forze l’idea dell’istituzione di un’Unione territoriale tra i Comuni della fascia confinaria della provincia di Udine. I loro sforzi hanno già ottenuto risultati, dato che a una tale Unione si sono detti interessati anche Grimacco, Lusevera e Taipana. I più grandi San Pietro al Natisone, San Leonardo e Pulfero sembrano, invece, non sapere quali pesci pigliare. Non hanno aderito all’iniziativa di Drenchia, Savogna e Stregna, ma sono spaventati dal progetto di Cividale del Friuli, che spinge per un’Unione molto ampia, estesa fino a Pavia di Udine e Trivignano Udinese, con 65 mila residenti. A metà febbraio la Giunta regionale disegnerà i confini delle Unioni territoriali. La legge, approvata a maggioranza a fine novembre, stabilisce che esse debbano ricalcare gli Ambiti socio-assistenziali e contare almeno 40 mila abitanti, 30 mila se comprendono territori montani. Secondo tale logica, la Slavia/Bene@ija – attualmente compresa nella sua interezza nella Comunità montana del Torre, Natisone e Collio, che verrà soppressa il prossimo 31 ottobre – verrebbe smembrata e suddivisa tra due Unioni. Le Valli del Natisone andrebbero con Cividale, Manzano, San Giovanni al Natisone e altri. Le Valli del Torre con Tarcento, Povoletto, Reana, Tricesimo. Non è difficile comprendere come in enti di tal fatta, anche in conseguenza del sistema di governo e di voto previsto dalla legge, i grossi centri di pianura dominerebbero sul territorio montano e la componente linguistica friulana su quella slovena. Ma esiste un’altra ipotesi. La riforma delle autonomie locali del Fvg stabilisce che i 32 Comuni nei quali è riconosciuta la minoranza slovena, nell’istituzione delle Unioni, possano ottenere la deroga ai tre criteri fondamentali della continuità territoriale, del numero minimo di residenti e di far parte dello stesso Ambito socio-assistenziale. Nel concreto, ciò significa che i Comuni della minoranza slovena potrebbero unirsi tra loro, mantenendo in loco il potere decisionale e, di conseguenza, essere artefici del destino del proprio territorio. Dai palazzi regionali trapela che la Giunta sarebbe intenzionata a una lettura restrittiva della norma e ben difficilmente concederà la deroga, tarpando di fatto l’aspirazione all’autonomia amministrativa della Slavia/Bene@ija. SLOVIIT N° 1 del 31/1/15 pag. 13 Di questo i Comuni di Drenchia, Savogna e Stregna, nonché gli altri che hanno accolto la loro iniziativa, sono pienamente consapevoli, ma sono intenzionati a giocare tutte le carte a loro disposizione per il futuro del proprio territorio e per gli interessi della propria popolazione. Una grossa mano potrebbe venire loro dal fatto che in tutta la regione, anche dai Comuni più importanti, stiano emergendo proposte di Unioni molto diverse da quelle pensate dal legislatore regionale. A margine dell’incontro transfrontaliero degli amministratori tenutosi il 17 gennaio a Kobarid, lo stesso capogruppo del Pd in Consiglio regionale, Cristiano Shaurli, ha aperto un varco ai Comuni della Slavia. «Valli del Natisone e del Torre devono avere il coraggio di mettersi insieme. Questi territori, dimostrando che uniti riescono anche ad affrontare sfide come quella della programmazione europea, darebbero il miglior segnale sia al legislatore regionale, ma soprattutto a loro stessi, per arrivare a una modifica delle unioni territoriali così come pensate, almeno in bozza, nella legge di riforma». Decisamente con i Comuni fautori di un’Unione della Slavia si schiera il vicepresidente del Consiglio regionale, Igor Gabrovec. «Se dal territorio arrivano proposte serie e fondate – afferma – davvero non vedo come la Giunta regionale, nonostante la linea di condotta che si è data, possa ignorarle». M. Z. (Dom, 31. 1. 2015) SLAVIA-BENE#IJA Con la pianura sarebbe abbraccio letale Due possibilità per i Comuni: alla mercé dei centri friulani o Unione autonoma della Slavia Si susseguono contatti e riunioni informali tra i sindaci della Slavia in vista dell'attuazione della riforma delle autonomie locali. Al centro del dibattito c’è la delimitazione, di competenza della Giunta regionale, delle Unioni che assorbiranno alcune delle competenze delle attuali Province e la maggior parte di quelle adesso esercitate dai Comuni, in primo luogo da quelli piccoli. Ora, la legge varata alla fine di novembre prevede che i nuovi enti sovracomunali ricalchino i confini degli ambiti socio assistenziali e abbiano una popolazione di almeno quarantamila residenti, quota che scende a trentamila nel caso vi aderiscano Comuni appartenenti alle Comunità montane, enti che chiuderanno definitivamente i battenti il 31 ottobre di quest’anno. In questo quadro, la Slavia-Bene@ija verrebbe smembrata in due tronconi. Le Valli del Natisone verrebbero inglobate nell'Unione cividalese, che arriva fino a San Giovanni al Natisone, Manzano e Buttrio, mentre le Valli del Torre andrebbero con il Tarcentino, che si estende a Tricesimo, Reana e Cassacco. La Valcanale e Resia starebbero con il Gemonese. A causa del voto ponderale, il che significa che ogni Comune vale per il numero di abitanti che ha, le nostre municipalità di montagna nelle nuove Unioni conterebbero niente e sarebbero completamente alla mercé dei grandi centri della pianura. C'è tuttavia una via d'uscita. La legge prevede che per i SLOVIIT N° 1 del 31/1/15 pag. 14 32 comuni nei quali è riconosciuta la minoranza slovena si possa derogare ai tre principi fondamentali delle Unioni, cioè all'appartenenza allo stesso ambito socio assistenziale, al numero minimo di residenti e alla continuità territoriale. La deroga è, in definitiva, l’estrema chance concessa alla Slavia/Bene@ija per diventare artefice del proprio destino e invertire la perversa spirale che la sta portando alla morte. In qualsiasi altra parte del territorio regionale non esiterebbero a giocare questa carta. Sul Carso triestino e goriziano, ma anche in Valcanale e Resia si stanno orientando in questo senso. Nelle Valli del Natisone e del Torre, invece, non ci sono idee chiare. Gran parte degli amministratori locali sembra stata colta completamente impreparata da una riforma che li chiama direttamente in causa. Secondo quanto trapelato, favorevolmente a un’Unione della Slavia si sarebbero espresse le amministrazioni di Drenchia, Grimacco – il cui consiglio comunale ha già approvato una richiesta in tal senso –, Savogna, Stregna, Taipana e Lusevera, con Attimis alla finestra. Altri, come Nimis e Pulfero, avrebbero la volontà di andare agli ordini della pianura friulana, altri ancora avrebbero il timore che la classe politica beneciana non sia in grado di gestire una macchina amministrativa complessa come quella delle Unioni. I sindaci di Drenchia, Mario Zufferli, di Savogna, Germano Cendou, e di Stregna, Luca Postregna, hanno preso in mano la situazione. Hanno redatto un documento a favore della nascita di un’Unione della fascia confinaria e l’hanno inviato ai colleghi di quei comuni appartenenti alla Comunità montana nei quali è riconosciuta la minoranza slovena. Chiedono «una manifestazione d’interesse a questa proposta entro il giorno di lunedì 19 gennaio» in quanto «il giorno 20 gennaio alle ore 18. è convocata una riunione presso il municipio di San Pietro al Natisone. Sulla base della partecipazione verrà inoltrata la proposta alla Regione Fvg, chiedendo nel contempo anche un incontro con i rappresentanti regionali per un esame congiunto della richiesta stessa». Dall’adesione o meno all’iniziativa, sarà chiaro quale parte della classe politica beneciana ha veramente a cuore il destino della propria terra e a chi, invece, vada bene che siano altri, dall’esterno, a gestire il nostro territorio, mantenendo per sé un ruolo puramente rappresentativo. Cioè chi vorrebbe, in concreto, fregiarsi di titoli, indossare la fascia tricolore, tagliare nastri, pavoneggiarsi a feste e ricevimenti, ma lasciare ad altri la (non)soluzione dei problemi. Una scelta comoda per certuni politici, ma mortale per la Slavia/Bene@ija. È bene, comunque, sgomberare il campo da un equivoco: la Giunta regionale non concederà a cuor leggero le deroghe previste dalla legge. Le amministrazioni valligiane, sindaci in testa, dovranno impegnarsi a fondo per non fare la fine di semplici spettatori di fronte a decisioni prese sulla testa della loro gente dall’esterno. Un ultimo appunto. Nella richiesta di deroga non è richiesta alcuna professione di slovenità, ma solo il richiamo a una già esistente situazione giuridica, quella data dal decreto attraverso il quale il presidente della Repubblica ha fissato l’ambito territoriale della tutela della minoranza slovena. Magari qualcuno dovrà ingoiarsi il rospo, dopo aver sostenuto per anni che la legge 38/01 non portava benefici alla Slavia. Ma, pazienza, il passaggio storico è di quelli fondamentali per il futuro della nostra popolazione. M. Z. (Dom, 15. 1. 2015) L’OPINIONE La Slavia si riscatti dalla schiavitù È stato papa Paolo VI ad istituire e celebrare per primo la ormai tradizionale Giornata mondiale della pace. Era il 1o gennaio del 1968. Scrisse allora il papa che «la proposta non intende qualificarsi come esclusivamente nostra, religiosa, cioè cattolica; essa vorrebbe incontrare l’adesione di tutti i veri amici della pace, come fosse iniziativa loro propria, ed esprimersi in libere forme, congeniali all’indole particolare di quanti avvertono quanto bella e quanto importante sia la consonanza d’ogni voce nel mondo per l’esaltazione di questo bene primario, che è la pace». La ricorrenza di quest’anno, il 48°, porta il titolo: «Non più schiavi ma fratelli». Il tema della fraternità umana è sempre presente nei messaggi papali che si sono susseguiti per questa ricorrenza nella costante tensione della Chiesa di indicare all’umanità le varie strade da percorrere per ottenere questo bene, superiore ad ogni altro bene, come unica soluzione ai problemi dell’umanità. Non per niente in ogni atto che accompagnò la venuta, la vita, la morte e la resurrezione di Gesù Cristo, la pace rimase l’augurio ed il saluto primario. «Pace a voi!» dal coro degli angeli a Betlemme per il primo Natale alla sua apparizione, da risorto, agli increduli apostoli. Alla pace i pontefici hanno accostato i più sublimi significati di un vivere civile degno dell’uomo, come il rispetto dei diritti della persona, della difesa della vita, dei beni del creato, della libertà religiosa, della solidarietà, della donna, della famiglia, delle minoranze e delle diversità, della coscienza di ogni uomo, del dialogo tra le culture, della lotta alla povertà e alla discriminazione. Papa Francesco già nel primo anno del suo pontificato aveva richiamato come basilare la «fraternità come fondamento e via per la pace» e quest’anno, per ribadire il concetto cristiano della pace non ha esitato ad usare una terminologia che a molti sembra ormai superata: «Non più schiavi ma fratelli». Parlare di schiavitù nel 2015? Un’esagerazione? Ai più potrebbero venir in mente gli ebrei schiavi nella Babilonia di Nabucodonosor, il gladiatore Spartacus in rivolta per la libertà o magari, per chi ha letto il romanzo di Harriet Beecher Stowe, «La capanna dello zio Tom», che tanto contribuì alla causa abolizionista della schiavitù in America. Incontrandola, Abraham Lincoln avrebbe esclamato: «Allora questa è la piccola signora che ha scatenato questa grande guerra». La guerra civile americana, della cui fine in aprile verrà ricordato il 150° anniversario, se non altro portò all’abolizione della schiavitù dei «negri», ma, come vediamo anche in questi giorni, è ancora molto lungo e accidentato il cammino per arrivare alla pace. «Non più schiavo, ma fratello», ribadisce il papa, segnalando il passo ulteriore da compiere. E ciò non vale sono per le questioni razziali, ma è in gioco l’uguaglianza dei diritti riservati ai figli di uno stesso padre. Ma papa Francesco, che conosce i mali dell’odierna società, sa che «purtroppo, la sempre diffusa piaga dello sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo ferisce gravemente la vita di comunione e la vocazione a tessere relazioni interpersonali improntate a rispetto, giustizia e carità. Tale abominevole fenomeno, che conduce a calpestare i diritti fondamentali dell’altro e ad annientarne la libertà e dignità, assume molteplici forme sulle quali desidero brevemente riflettere, affin- ché, alla luce della Parola di Dio, possiamo considerare tutti gli uomini “non più schiavi, ma fratelli”». Anche noi, piccola minoranza etnolinguistica, già discriminati ed umiliati abbiamo vinto, come gli americani, la nostra battaglia legale, essendo stati riconosciuti dalle leggi dello Stato, ma ci rimane ancora il compito di recuperare appieno la nostra piena dignità, che nessuna legge ci potrà mai dare senza la nostra volontà di riscatto. Riccardo Ruttar (Dom, 15. 1. 2015) CIVIDALE – #EDAD Sostegno alla lingua, ma anche all’economia Al «Dan emigranta» hanno parlato il presidente della Commissione paritetica Stato-Regione Fvg, Ivano Strizzolo, e la presidente dell’Istituto per la cultura slovena, Bruna Dorbolò La parte del territorio della provincia di Udine nel quale è insediata la minoranza slovena è in estrema difficoltà demografica e sociale. Ha bisogno di forte sostegno economico. Lo strumento c’è già ed è l’articolo 21 della legge statale di tutela della minoranza slovena che stanzia fondi per lo sviluppo di Slavia, Resia e Valcanale. Lo ha evidenziato il presidente della Commissione paritetica Stato-Regione Fvg, Ivano Strizzolo, intervenendo al «Dan emigranta», tenutosi il 6 gennaio a Cividale, in un teatro «Ristori» gremito in ogni ordine di posti. «Noi riteniamo che uno degli elementi fondanti dell’autonomia sia proprio la presenza della minoranza slovena – ha affermato –. In una stagione di grandi cambiamenti e riforme c’è la necessità di dare ancora un sostegno e appoggiare le iniziative non solo sul versante della cultura e della lingua, ma anche delle attività economiche e sociali. Questo territorio va sicuramente incoraggiato per fronteggiare lo spopolamento. Bisogna ripensare alla legge 38 del 2001, che presenta uno stanziamento abbastanza limitato per lo sviluppo. È un piccolo segno che deve essere rinvigorito, rafforzato proprio per sostenere le persone, le associazioni, le piccole imprese artigianali e commerciali locali, che con tanta fatica garantiscono un minimo di tessuto sociale nelle vallate del Natisone, del Torre e nella Valcanale. Sono presidi prima di tutto di umanità, di difesa di una presenza non solo per l’ambiante, ma anche per la persona, per un tessuto sociale che non deve essere trascurato ed ignorato. Alla politica spetta dare speranza ai giovani, perché sono loro che possono difendere il territorio dallo spopolamento: dobbiamo aiutarli a restare in queste valli. Le istituzioni statali e regionali devono fare in modo che la minoranza slovena si conservi e cresca, assieme alle comunità friulane e tedesche. La Regione deve rimanere speciale anche in virtù del suo plurilinguismo e della sua multiculturalità, che sono una ricchezza per l’Italia intera e per l’Europa». A nome degli sloveni della provincia di Udine ha parlato Bruna Dorbolò, presidente dell’Istituto per la cultura slovena di San Pietro al Natisone. Le sue richieste si possono sintetizzare in tre punti: estendere l’insegnamento in sloveno alle Valli del Torre, a Resia e alla Valcanale; mettere in un’Unione i Comuni della provincia di Udine nei quali è riconosciuta la minoranza slovena; individuare e mettere in atto strategie di sviluppo in grado di tenere sul territorio i giovani, che sono la prima ricchezza della comunità. SLOVIIT N° 1 del 31/1/15 pag. 15 «Coloro che hanno voce in capitolo si rimbocchino le maniche oggi. Domani per la nostra comunità potrebbe essere già troppo tardi», ha affermato Dorbolò. Il sindaco di Cividale, Stefano Balloch, ha portato il saluto della città. «Siamo stati accolti dall’energia che i giovani sanno esprimere con la musica – ha detto –. Esprimo gratitudine alle organizzazioni slovene per aver saputo coltivare le tradizioni del territorio. Sono in chiusura del mio mandato e sono estremamente lieto di aver contribuito a far sì che anche Cividale potesse venire incontro alle esigenze della minoranza slovena. Mi auguro che continui il processo che possa agevolare ancora di più un’Europa sempre più integrata, che riscopre nelle radici i valori veri della nostra società». I giovani sono la nostra forza e il nostro futuro, come ha sottolineato Bruna Dorbolò, e lo hanno dimostrato al Dan emigranta non solo attraverso la presentazione in forma bilingue della serata, ma anche nel programma culturale seguito agli interventi. All’esibizione iniziale del gruppo musicale Blue fingers, che ha vinto lo scorso novembre il Festival della canzone della Slavia friulana-Senjam Beneœke piesmi, è seguita nella parte conclusiva il musical «Krajica Vida». Il testo della nota leggenda è stato scritto da Aldo Clodig e l’accompagnamento musicale arrangiato da Davide Clodig. Sotto la regia di Elisabetta Gustini si sono esibiti il soprano Elisa Iovele, il baritono Goran Ruzzier, il coro di voci bianche «Mali lujerji», il coro giovanile, la piccola orchestra e i solisti della scuola di musica di San Pietro Glasbena matica, il gruppo teatrale della scuola bilingue. Una bella rappresentazione che ha riscosso un lungo e meritato applauso. (Dom, 15. 1. 2015) UKVE-UGOVIZZA «Un popolo in estinzione», nuovo libro di don Mario Gariup Presentato il libro sulla vita degli sloveni della Valcanale Nella sala dell’ex latteria di Ugovizza/Ukve, martedì 30 dicembre il parroco del paese, don Mario tratta l’intera storia degli sloveni della Valcanale/Kanalska dolina. Il libro s’intitola «Un popolo in estinzione – 1000 pagine per 1400 anni di storia degli Sloveni della Val Canale tra Tedeschi, Friulani e Italiani». Come specificato dallo stesso Gariup, il libro non costituisce una pubblicazione scientifica ed è rivolto soprattutto a quei valcanalesi che vorrebbero sapere qualcosa di più delle proprie radici slovene, ma anche agli appartenenti alle restanti tre comunità linguistiche della zona ed al più ampio circolo dei lettori italiani. La pubblicazione si propone di illustrare la storia quotidiana della gente comune e di togliere la patina di retorica data dai libri di storia. Nel libro, Gariup è piuttosto diretto e menziona avvenimenti, dinamiche e circostanze che hanno avuto influsso sulla locale popolazione slovena – senza lesinare nel riportare anche quanto l’ha, in qualche modo, umiliata. Durante la presentazione, Gariup non ha potuto fare a meno di ricordare la situazione particolare della Valcanale: per lunghi secoli facente parte dell’area bilingue tedesco-sloveno della Carinzia meridionale, si è ritrovata annessa all’Italia col Trattato di Saint-Germain-en-Laye del 1919 e la sua traSLOVIIT N° 1 del 31/1/15 pag. 16 dizionale multietnicità ha dovuto fare i conti con l’ondata dei nazionalismi e con la Seconda guerra mondiale, che sarebbero seguite di lì a poco. L’allora parroco di Camporosso/˘abnice, Pius ˘ankar, constatava: «Slovenci ste, pa no@ete biti, radi bi bili Nemci, pa ne morete biti, ne marate biti Italijani, pa morate biti», che tradotto suona così: «Siete sloveni, ma non volete esserlo, vi piacerebbe essere tedeschi, ma non potete esserlo, non vi piace essere italiani, ma dovete esserlo». A proposito del clima generale di quegli anni in Valcanale è stato riportato, ad esempio, di come nel 1924 – poco tempo dopo l’annessione della Valcanale all’Italia – la prefettura dispose la chiusura dell’allora comune di UgovizzaValbruna perché i consiglieri comunali avevano effettuato interventi in sloveno. O di come, negli anni del fascismo, sulla scuola di Ugovizza facesse bella mostra di sé l’esemplificativa scritta: «Un popolo che sorge ha dei diritti di fronte ai popoli che declinano». Entro questo quadro, non poche lacerazioni fra la popolazione locale sono state causate dalle Opzioni del 1939, che hanno portato a sviluppi drammatici anche per la comunità slovena – dal momento che anche molti sloveni (e non solo tedeschi della Valcanale) hanno optato: a Valbruna/Ov@ja vas, ad esempio, questo è avvenuto in massa. Sempre nell’ambito delle dinamiche delle Opzioni va, peraltro, ricordato che gli sloveni della Valcanale hanno paradossalmente finito con l’occupare le case di altri sloveni carinziani – evacuati o perché sloveni o perché avevano prestato aiuto ai partigiani. Passato il secondo conflitto mondiale, le difficoltà per la componente slovena valcanalese non si sono comunque esaurite. Durante la presentazione del libro è stata, ad esempio, ricordata l’attività dell’organizzazione segreta «Gladio» anche in questa parte di territorio a ridosso del confine. Nel corso della presentazione, il libro e l’autore sono stati introdotti anche da Antonio Sivec, presidente dell’Associazione/Zdru¡enje «Don Mario Cernet», e dall’ingegnere Sergio Dell’Anna. Entrambi hanno richiamato l’attenzione dei presenti sulla preoccupazione dell’autore per la locale cultura slovena e su alcuni singoli contenuti del libro – che riporta anche le dinamiche collegate alla quotidianità dei paesi ed ai loro dissidi interni. L’intervento del direttore responsabile del quindicinale «Dom», Marino Qualizza – assente per motivi di salute – è stato letto dalla moglie dell’ingegnere Dell’Anna. In esso, Qualizza si rammarica di come in Valcanale le autorità pubbliche si siano spesso, nel corso della storia, in primo luogo preoccupate del proprio tornaconto e di come anche la Chiesa, entro queste dinamiche, sia rimasta legata al potere politico: non più profetica della libertà cristiana, ma suddita del potere. Per Qualizza, in Valcanale come nelle altre zone della Regione in cui si parla sloveno, l’essere sloveni, avere una cultura ed esprimerla, costituiscono la persona reale; tolto ciò, resta solo la persona artificiale. E per la cultura slovena, i problemi sono sorti soprattutto dopo la Seconda guerra mondiale, quando non si è differenziato tra lingua e partito politico. Luciano Lister (Dom, 15. 1. 2015) La Cooperativa Most pubblica anche il quindicinale bilingue Dom. Copie omaggio sono disponibili allo 0432 701455 L’attività del Comitato è volta a costruire una società plurale e democratica CONSIGLIO D’EUROPA Le minoranze nazionali sono fonte di ricchezza e non di tensioni Relazione del Comitato consultivo sull’attuazione della Convenzione quadro per la tutela delle comunità linguistiche nel Vecchio continente I l comitato consultivo del Consiglio d’Europa, al quale spetta di valutare l’attuazione della Convenzione quadro per la tutela delle minoranze nazionali, al termine del suo mandato biennale è impegnato nell’esaminare il quarto ciclo di relazioni dei singoli Stati membri. Nella relazione, che lo stesso Comitato ha pubblicato recentemente, si sottolinea che attualmente molti Stati membri dispongono di strumenti sufficienti a garantire i diritti degli appartenenti alle minoranza nazionali. Nel suo mandato il comitato non si è soffermato solo sull’operato, svolto dagli Stati, ma anche su quello delle Regioni e delle Amministrazioni locali. Lo ha fatto dopo aver constatato come il livello di tutela, a livello regionale, sia spesso diverso in senso positivo o negativo, di quello a livello statale. Il Comitato si è anche impegnato ad informare la più ampia opinione pubblica sulla sua attività e, nella relazione conclusiva, ha sottolineato la necessità di migliorare il sito internet della Convenzione quadro di una maggiore presenza nei mezzi di comunicazione pubblici. Ma queste sono solo le riflessioni introduttive. Il Comitato ha, infatti, dedicato la maggior parte del suo tempo all’analisi delle relazioni provenienti dai singoli Stati, alla visita di questi e alla verifica dello status quo, nonché della stesura delle relazioni autonome legislative internazionali sulla situazione delle minoranze. «In un periodo in cui in Europa si assiste ad un crescendo di fenomeni di intolleranza e di attacchi fisici nei confronti degli appartenenti alle minoranze – si legge nell’introduzione della relazione - è fondamentale che gli Stati facciano uso attivo e in deciso di queste relazioni, al loro interno e a livello internazionale, nell’accogliere decisioni e provvedimenti attraverso le quali garantire di fatto i diritti agli appartenenti alle minoranze nazionali». La relazione contempla anche un breve inquadramento storico di questo primo e vincolante documento legislativo legato alla tutela delle minoranze in Europa; nato nel 1990, trae fondamento dal principio secondo il quale la tutela delle minoranze nazionali è parte integrante dei diritti umani generalmente riconosciuti, nel contempo rappresenta un quadro legislativo di importanza vitale al fine di garantire lo sviluppo democratico, la pace e la sicurezza in Europa. Per questo motivo hanno fatto della Convenzione quadro un documento vincolante sul piano legislativo, un meccanismo multilaterale dei diritti umani, che renda possibile il raggiungimento di questi obiettivi. Con la ratifica della convenzione, gli Stati firmatari si impegnano a rispettare i principi contemplati dal documento e nel contempo acconsentono alle regolari verifiche sullo stato di attuazione e tutela dei diritti degli appartenenti alle minoranze nazionali. Attraverso la ratifica hanno aderito alla con- venzione 39 Paesi membri del Consiglio d’Europa, 8 non l’hanno ancora ratificata, il che dimostra che in Europa permangono ancora diversi modi di interpretare la questione della tutela delle minoranze. Per i 39 Stati aderenti, invece, l’attuazione di questo documento rappresenta una sfida quotidiana, dal momento che è necessario affermare la Convenzione quadro nella prassi. Un lavoro che richiede tempo e che va svolto costantemente, indipendente dall’alternanza dei governi, dal venir meno della volontà politica e dall’andamento dell’economia. Nel suo operato il Comitato consultivo ha seguito l’iter adottato dai singoli Stati nell’includere nel proprio ordinamento legislativo i principi contemplati dalla Convenzione quadro. Ha accolto con favore l’approvazione di numerose leggi inerenti questo ambito e ha rilevato come sia data priorità al dialogo e alle consultazioni con le minoranze sulle questioni che le riguardano. Questo sviluppo è fondamentale per impostare condizioni favorevoli alla tutela dei diritti delle minoranze. In questo procedimento è apparso evidente come la sola legislazione non sia sufficiente. Il fatto è che a volte le leggi non vengono attuate in tutto lo Stato. In altre parole le leggi da sole non apportano modifiche alla cultura politica di uno Stato. L’attività del Comitato consultivo ha dimostrato che, al fine di modificare la quotidianità degli appartenenti alla minoranze, i governi, oltre a migliorare la legislatura e a garantire strutture adeguate, devono assumere adeguati provvedimenti nella prassi e a tutti i livelli. Per un approccio integrato alle questioni delle minoranze nazionali è necessaria una volontà ferma nonché conoscere i loro problemi e promuovere la parità effettiva attraverso provvedimenti positivi. Garantire l’integrazione delle minoranze, escludendo qualsiasi forma discriminante, in tutti gli ambiti della vita quotidiana dovrebbe diventare parte integrante di tutte le decisioni politiche; se questo accadrà non ne trarranno beneficio solo le minoranze, che potranno concorrere allo sviluppo sociale senza celare o rinunciare alla propria identità, ma sarà più positiva anche la percezione delle minoranze da parte della più ampia opinione pubblica. Nonostante il Comitato consultivo del Consiglio d’Europa stia per entrare nel suo 16° anno di attività, si rende conto di come persistano ancora tendenze preoccupanti, che rappresentano una minaccia al pacifico godimento dei propri diritti da parte degli appartenenti delle minoranze. Nella promozione della società multiculturale, gli Stati si trovano di fronte ad una sfida costante: da una parte devono affermare il principio di appartenenza allo Stato, dall’altra garantire la diversità ed esortare i cittadini ad affermare la propria identità. Il Comitato consultivo è convinto che, affinSLOVIIT N° 1 del 31/1/15 pag. 17 ché si realizzi una società realmente integrata e pluralista, sia necessario l’impegno della maggioranza e delle minoranze. I governi devono impegnarsi per evitare conflitti. Ne trarranno sicuramente maggiore vantaggio, anziché creare divari tra le varie comunità e innescare tensioni durature. Purtroppo in Europa ci sono ancora situazioni nelle quali gli appartenenti alle minoranze vengono trattati come cittadini sleali. Una situazione, questa, che vede perdenti tutti: negare l’identità è violare i diritti minoritari, il che crea tensioni, nel contempo lo Stato ha difficoltà a riconoscere i diritti a queste minoranze e l’opinione pubblica resta indifferente. Il principio a fondamento della Convenzione quadro verte sulla convinzione che la diversità culturale è una ricchezza per la società e non fonte di tensioni. Per questo motivo gli Stati sono chiamati a esortare attivamente alla tolleranza e al dialogo multiculturale. Il rispetto e la comprensione reciproci consentono alle minoranze di tutelare e sviluppare la propria identità. Preoccupano molto, quindi, gli episodi di razzismo e la nascita di partiti politici con contenuti xenofobi. Qui non si tratta solo di violazione dei principi della Convenzione quadro, ma di una reale minaccia agli appartenenti delle minoranze, soprattutto quando si verificano incidenti o addirittura aggressioni fisiche. A questo proposito il Comitato consultivo ha richiamato l’attenzione anche sull’operato dei mezzi di comunicazione e dei partiti politici, che considerano le minoranze un ostacolo allo sviluppo e quindi un peso per la società. In questi casi è necessario l’intervento attivo delle autorità anche al fine di rimuovere le cause che creano disuguaglianza. Molto importanti sono anche le attività legate all’insegnamento delle lingue minoritarie. Garantire i diritti linguistici nella società, l’insegnamento delle lingue minoritarie e la formazione degli insegnanti sono attività che richiedono molti finanziamenti. Anche se qui la posta in gioco non è il denaro, ma la tutela dell’identità. La Convenzione quadro esorta la promozione del plurilinguismo e della collaborazione transfrontaliera, aspetti efficaci sul piano finanziario nel mondo globalizzato. Ad ogni modo la convenzione evidenzia il diritto degli appartenenti alle minoranze all’insegnamento nella propria lingua, il che non esclude l’insegnamento della lingua ufficiale dello Stato di riferimento. In alcuni Stati la polarizzazione della società poggia su confini linguistici e questo non impedisce solo pacifiche discussioni sulla presenza della lingua minoritaria e sulla sua visibilità nella società, ma persino sulle questioni di principio di tutela delle minoranze. I fatti in alcuni Stati dimostrano quanto sia sensibile l’argomento e con quanta facilità venga strumentalizzato, ma evidenzia anche quanto siano vulnerabili gli appartenenti alle minoranze quando la tensione cresce. Anche per questo motivo sono necessari provvedimenti a lungo termine, capaci di cogliere le radici delle tensioni e di impostare un rapporto di fiducia reciproca. (…) Un ulteriore sfida per gli Stati sta nel fatto che le minoranze non sono comunità omogenee. Anche all’interno di uno Stato esse, infatti, si differenziano per numero, densità, lingua, fede, approccio alle attività economiche e altro. In questi casi non esistono soluzioni comuni per tutte le minoranze e per questo sono ancor più necessari meccanismi che poggiano sulla collaborazione e consulenza con le minoranze già nella fase di formulazione delle decisioni. Come possono quindi gli Stati attuare la Convenzione quadro? A questo proposito il Comitato consultivo richiama l’attenzione sulla necessità di un approccio trasparente al diaSLOVIIT N° 1 del 31/1/15 pag. 18 logo. La comunicazione è, infatti, una condizione indispensabile alla comprensione, il rispetto reciproco e alla fiducia; senza di essa la diversità diventa un pretesto per fomentare tensione. Gli Stati firmatari della Convenzione quadro non sono tenuti solo a garantire libertà di espressione alle minoranze, ma anche a prestare loro ascolto e adottare i provvedimenti opportuni. L’attività del Comitato consultivo non è, quindi, un processo a senso unico, ma un dialogo continuo che va aldilà della relazione redatta ogni cinque anni e che oltre gli Stati riguarda anche le organizzazioni non governative e altre fonti indipendenti. Si tratta di fattori che, pur con ruoli diversi, sono accomunati dall’obiettivo di migliorare il livello di tutela delle minoranze e quindi la loro condizione e nel contempo di promuovere il rispetto reciproco e la comprensione all’interno dei singoli Stati. Tutta l’attività del Comitato consultivo è orientata, dunque, a costruire una società plurale e democratica, obiettivo che accomuna gli Stati firmatari della Convenzione quadro. Per essere tale la società dev’essere improntata al rispetto dell’identità etnica, culturale, linguistica e religiosa di ogni singolo appartenente alle minoranze, al quale dev’essere concesso di esprimere, tutelare e sviluppare la propria identità. Spetta al Comitato consultivo verificare che questi propositi vengano messi realmente in atto per il bene di ogni singolo individuo, sia esso appartenente alle minoranze che membro della società di riferimento. (Primorski dnevnik, 28. 12. 2014) CONSIGLIO D’EUROPA / 2 Palermo presidente del Comitato consultivo Il senatore italiano Francesco Palermo è stato eletto presidente del Comitato consultivo del Consiglio d’Europa, che verifica l’attuazione della Convenzione quadro per la tutela delle minoranze nazionali. Palermo è membro del Comitato su proposta del Governo italiano. Prima vicepresidente del comitato è stata eletta Petra Roter, il cui nominativo è stato proposto dalla Slovenia. Palermo è uno dei maggiori esperti sulle minoranze nazionali in Italia. Di formazione avvocato, ma di fatto ricercatore e in quanto tale già da anni alla guida del dipartimento per i diritti umani e le minoranze presso l’accademia europea a Bolzano. È anche consigliere dell’alto commissario presso l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, per tre anni è stato direttore dell’agenzia dell’Unione europea per i diritti umani a Vienna. È stato eletto in Senato in Sud Tirolo grazie a un accordo tra il Partito democratico e il Südtiroler Volkspartei. Sulla base di una disposizione non scritta del Comitato consultivo, Palermo non si occuperà direttamente dell’attuazione della Convenzione quadro in Italia. (Primorski dnevnik, 28. 12. 2014) STOLVIZZA-SOLBICA Ristrutturazione della casa-museo Iniziati i lavori per l’allestimento etnografico Mercoledì 21 gennaio, giorno in cui si ricorda Santa Agnese, la cui immagine a grandezza naturale si trova in un affresco all’interno della chiesa di San Carlo Borromeo a Stolvizza, sono iniziati i lavori di ristrutturazione dell’antica casa Buttolo Ploc, situata nel centro della stessa frazione ed acquistata, nel mese di febbraio 2013, dall’associazione culturale «Museo della Gente della Val Resia», come era previsto già all’inizio dell’attività dello stesso sodalizio resiano fondato nel 1995. Questo immobile, che confina proprio con la chiesa parrocchiale di San Carlo, è stato scelto non solo perché conserva l’architettura tipica, ma anche perché in questa casa è presumibilmente nato e vissuto nei primi anni della sua vita il sacerdote resiano Odorico Buttolo Ploc (1768-1845), pievano della Val Resia dal 1815 al 1845, che nel 1818 compilò il primo vocabolario resiano-italiano di una certa consistenza di vocaboli. Il paese di Stolvizza conserva ancora la tipica architettura della vallata anche dopo la ricostruzione che è seguita ai terremoti del 1976. Nel borgo prevalgono, infatti, le antiche e tradizionali case della Val Resia alcune delle quali, ristrutturate dopo tali eventi tellurici, conservano gli elementi tipici. Negli altri paesi della Val Resia, invece, l’architettura tipica fu molto compromessa e dopo i sismi del 1976 si costruirono prevalentemente case nuove con uno stile moderno a discapito della tipica architettura. Per questo motivo l’associazione culturale «Museo della Gente della Val Resia» fin dall’inizio della sua attività prospettò la possibilità di acquistare una casa a Stolvizza. La casa Buttolo Ploc conserva, tranne alcuni elementi dovuti alla ristrutturazione obbligatoria post-sismica, gli elementi tipici della casa tradizionale della Val Resia. Questa dimora, dalle ricerche effettuate, fu costruita verosimilmente, come riportato anche nella chiave di volta del portale di accesso, nel 1756 a seguito del grande incendio che il 21 luglio 1755 distrusse tutto il paese. Dopo quel tragico evento gli abitanti del paese, che fungeva da presidio del confine con l’Impero asburgico, ricevettero dalla Repubblica di Venezia un sostanzioso sussidio che servì per la ricostruzione delle antiche case e la costruzione di nuove ove necessario. La casa Buttolo Ploc si affaccia a sud su un piccola corte sostenuta da un muro di cinta che termina con il portale d’ingresso in pietra datato 1898. Il primo intervento, iniziato appunto a gennaio, prevede il rifacimento della piccola costruzione composta da due vani che verranno recuperati e destinati ad un allestimento etnografico che presenterà la tradizionale cucina e una camera da letto. I lavori verranno realizzati dalla ditta Alessio Buttolo di Stolvizza con la direzione del geometra Fabio Zanella e dell’architetto Donatella Ruttar. Sandro Quaglia (Dom, 31. 1. 2015) PUBBLICAZIONE Koœuta nel corso della recente presentazione della raccolta «Scrittori sloveni e letteratura italiana», che ha avuto luogo nella Biblioteca statale a Trieste. La raccolta racchiude i saggi di otto intellettuali sloveni d’oltre confine, che a suo tempo hanno illustrato le loro riflessioni ad un simposio scientifico. La raccolta è stata redatta da Elvio Guagnini e Fabio Venturini, che hanno scritto la prefazione e il compendio. Alla presentazione, in apertura Guagnini ha elencato gli scrittori italiani che nelle loro opere hanno citato scrittori e poeti sloveni o scritto sugli sloveni in generale. Un dialogo paritario quello tra intellettuali sloveni e italiani, come hanno sottolineato Guagnini e Koœuta, caratterizzato da vivacità e correttezza, mentre si contano pochi casi di rifiuto. Sia Guagnini che Koœuta hanno fatto riferimento ad alcuni intellettuali italiani che avevano a cuore la letteratura slovena. Mentre Guagnini si è limitato ai secoli 19° e 20° con Umberto Saba, Bobi Bazlen, Fulvio Tomizza e Ferruccio Folkel, Koœuta ha fatto riferimento ad uno spazio temporale più ampio. Ha descritto in breve il rapporto tra il vescovo Bonomo e P. Trubar, M. #op e F.L. Savio, tra S. Kosovel e C. Curcio. Ha sottolineato poi quanto sia vivace lo scambio culturale anche tra gli scrittori contemporanei, come C. Zlobec, E. Guagnini, A. Moravia, G. Spagnoletti… Se il dialogo tra le culture slovena e italiana è ottimo dobbiamo ringraziare, secondo Koœuta, soprattutto F. Tomizza e C. Zlobec. Quando Tomizza morì, Zlobec dedicò all’amico e collega una poesia. S. #. (Primorski dnevnik, 20. 1. 2015) SLOVIT/SLOVENI IN ITALIA Quindicinale di informazione DIRETTORE RESPONSABILE: GIORGIO BANCHIG EDITRICE: most società cooperativa a r.l. PRESIDENTE: GIUSEPPE QUALIZZA DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE: 33043 CIVIDALE DEL FRIULI, BORGO SAN DOMENICO, 78 TELEFONO: TEL/FAX 0432 701455 E-MAIL [email protected] STAMPA IN PROPRIO REG. TRIB. UDINE N. 3/99 DEL 28 GENNAIO 1999 «Scrittori sloveni e letteratura italiana» «Il dialogo costruttivo tra le letterature italiana e slovena rappresenta ormai da secoli una costante nella nostra realtà…Negli ultimi tempi stiamo assistendo a nuovi sviluppi, l’acquisto di opere di Boris Pahor in una libreria qualsiasi a Roma fa parte della quotidianità». È quanto ha detto sulla simbiosi tra le letterature italiana e slovena il prof. Miran ASSOCIATO ALL’UNIONE STAMPA PERIODICA ITALIANA UNA COPIA = 1,00 EURO ABBONAMENTO ANNUO = 20,00 EURO C/C POSTALE: 12169330 MOST SOCIETÀ COOPERATIVA A R.L. - 33043 CIVIDALE SLOVIIT N° 1 del 31/1/15 pag. 19