Tra Slovenia e Friuli Venezia Giulia ricostituito il Comitato

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Tra Slovenia e Friuli Venezia Giulia ricostituito il Comitato
Incontro tra il ministro degli Esteri, Karl Erjavec, e la presidente Debora Serracchiani LJUBLJANA
Tra Slovenia e Friuli Venezia Giulia
ricostituito il Comitato congiunto bilaterale
Turismo, ambiente, energia, ricerca e rapporti tra le università, infrastrutture,
trasporto e cultura, i primi temi da affrontare
L
a Commissione mista per lo sviluppo comune tra
Repubblica di Slovenia e Regione Friuli Venezia Giulia,
da oggi (martedì 13 gennaio) ufficialmente Comitato
congiunto Slovenia-Friuli Venezia Giulia (in analogia ai
Tavoli costituiti con Carinzia e Stiria), potrebbe riunirsi già
nel corso delle prossime settimane.
Lo hanno confermato lo scorso 13 gennaio a Lubiana la
presidente della Regione Debora Serracchiani, e il ministro sloveno per gli Affari Esteri, Karl Erjavec, nel corso di
una riunione alla quale hanno partecipato gli assessori
regionali Francesco Peroni e Gianni Torrenti e l'ambasciatore d'Italia in Slovenia, Rossella Franchini Sherifis.
Turismo, ambiente, energia, ricerca e rapporti tra università, infrastrutture di trasporto e cultura – è stato congiuntamente sottolineato – i primi temi da affrontare nei colloqui bilaterali tra le due realtà contermini, accanto all'esigenza (anche a seguito dei recenti fatti accaduti a Parigi)
di una ancora più stringente cooperazione tra le forze di
polizia, per uno scambio di dati e informazioni.
In particolare, quindi, Serracchiani ed Erjavec hanno convenuto sull'opportunità di una valutazione congiunta volta
all'incremento dei collegamenti aerei (Lubiana-Milano) e ferroviari, via Trieste, in occasione di EXPO 2015 nel capoluogo lombardo.
«Oggi, con la decisione di riattivare il Comitato congiunto
Slovenia-Friuli Venezia Giulia – ha dichiarato al termine la
presidente Serracchiani – abbiamo svolto un lavoro che
possiamo definire d'alto livello, amichevole e fruttuoso per
entrambi».
Il Comitato congiunto, ha inoltre ribadito Serracchiani, sarà
anche il momento ed il luogo per rinvigorire quei rapporti
transfrontalieri in vista della prossima Programmazione
europea 2014-2020 e delle risorse finanziarie previste nell'ambito dei diversi Fondi comunitari.
L'Italia è il secondo partner commerciale della Slovenia (con
6 miliardi di euro di scambi) ed il Friuli Venezia Giulia rappresenta una fetta importante di questo interscambio, pari
a circa 800 milioni di euro, ha rilevato il ministro Erjavec,
che ha indicato anche la volontà slovena di associarsi in
modo pragmatico (faremo del nostro meglio, ha detto) all’euroregione «Euregio Senza Confini», a cui oggi aderiscono Friuli Venezia Giulia, Veneto, Carinzia (Austria) e
Regione Istriana (Croazia).
Infine, nel corso dell'incontro, la presidente Serracchiani ha
voluto ricordare le recenti riforme attuate in Friuli Venezia
Giulia, ed in particolare quella legata alle Autonomie locali: «ogni cambiamento può spaventare – ha dichiarato – ma
nell'iter di formazione del provvedimento ritengo di aver assicurato un dialogo costante con la minoranza slovena. Si
tratta di una norma, come ho indicato al ministro Erjavec,
che riconosce la piena tutela alla minoranza slovena e man-
tiene l'identità territoriale dei Comuni in cui è presente la
minoranza».
ARC/RM
(www.regione.fvg.it)
LJUBLJANA
Ordine d’oro al merito a Debora Serracchiani
«Per aver contribuito ad approfondire i rapporti
di collaborazione sloveno-italiana»
«Accolgo questa onorificenza a nome del Friuli Venezia
Giulia, di una comunità regionale che sente di essere legata allo Slovenia, con cui ha fortissimi rapporti di collaborazione», ha dichiarato lo scorso 13 gennaio a Lubiana la
presidente della Regione, Debora Serracchiani, che ha ricevuto dal presidente della Repubblica di Slovenia, Borut
Pahor, il riconoscimento dell'Ordine d'oro al merito, tra le
più alte insegne d'onore previste dalla vicina Repubblica.
Ordine d'oro al merito attribuito, come indicato dalla motivazione, «per aver contribuito ad approfondire i rapporti di
collaborazione sloveno-italiana a livello bilaterale e regionale e il sostegno allo sviluppo della minoranza slovena in
Italia come elemento di avvicinamento tra i due Stati».
«La sua visione volta al rafforzamento dei buoni rapporti
di vicinato e della collaborazione transfrontaliera – è stato
sempre rilevato nell'ambito delle motivazioni dell'onorificenza – supera efficacemente le barriere fisiche e mentali del passato, creando opportunità per nuove possibilità di
sviluppo e ponendo le basi per un buon futuro europeo
comune tra tutti coloro che risiedono in quest'area
dell'Europa».
Questa cerimonia, ha comunque ricordato la presidente
Serracchiani nel suo successivo intervento, si tiene mentre l'Europa vive giorni di dolore e di forte preoccupazione
per la sua sicurezza e il mantenimento dei livelli di libertà
individuali e collettivi, che ne costituiscono un patrimonio
inalienabile e identitario.
Serracchiani, rivolgendosi al presidente Pahor, ha quindi
ribadito l'angoscia per le violenze commesse nei recenti
attentati a Parigi «e la condanna verso gli esecrabili moventi ideologici che hanno armato la mano dei terroristi. Dopo
secoli di guerre fratricide che hanno lacerato l'Europa,
abbiamo finalmente imparato il valore della tolleranza, della
libertà d'espressione, e dell'inviolabilità della vita umana».
Valori appresi anche «passando attraverso la piena comprensione degli errori di tutti e il superamento delle divisioni del passato», ha osservato la presidente del Friuli
SLOVIIT N° 1 del 31/1/15 pag. 1
Venezia Giulia. «E se questo traguardo è stato raggiunto
anche nelle nostre terre, lo dobbiamo alle capacità delle
nostre genti e alla volontà politica che ne è stata interprete». Serracchiani ha poi indicato con chiarezza l'esigenza
di assicurare larghe e forti garanzie alla minoranza slovena in Italia, garanzie attribuite da leggi nazionali e norme
regionali. Ha inoltre sottolineato la necessità di rapporti bilaterali sempre più stretti tra Friuli Venezia Giulia e Slovenia,
anche nell'ambito di quelle grandi strategie europee – le
macroregioni Adriatico-Ionica e Alpina – che grazie al ruolo
prioritario del Friuli Venezia Giulia potrebbero vedere una
cooperazione tra le due aree in diversi campi, tra cui quello infrastrutturale ed energetico. «Il Friuli Venezia Giulia è
infatti riuscito ad interpretare al meglio l'esigenza di rafforzare i legami tra i nostri due Paesi, in un dialogo bilaterale sempre aperto», ha rilevato la presidente.
Poi, riferendosi al ruolo della minoranza slovena in regione, la presidente del Friuli Venezia Giulia ha voluto ribadire che la recente riforma del sistema delle autonomie locali, di fronte a talune perplessità emerse, rappresenta comunque «un punto di equilibrio che dà forti garanzie alla minoranza». Anche nell'ambito del sistema culturale e di quello editoriale, importante è stato il contributo assicurato alla
minoranza slovena.
Infine la presidente Serracchiani ha voluto ricordare la
recente visita del ministro Stefania Giannini a Gorizia, nel
corso del quale è stata indicata la volontà del Governo italiano di rafforzare il plurilinguismo e l'insegnamento dello
sloveno nelle scuole.
ARC/RM/MCH
(www.regione.fvg.it)
LJUBLJANA
Incrementare i termini della collaborazione
Colloquio tra i presidenti Serracchiani e Pahor
La comune volontà di incrementare i termini della collaborazione tra Friuli Venezia Giulia e Slovenia è stata al centro del colloquio, oggi a Lubiana, della presidente della
Regione Debora Serracchiani con il presidente della
Repubblica di Slovenia Borut Pahor.
In particolare è stata valutata l'esigenza di sviluppare la cooperazione nel contesto dei Programmi comunitari cui partecipano le due aree, a partire da quelli a carattere transfrontaliero. Il Friuli Venezia Giulia, ha osservato la presidente Serracchiani, ha voluto caratterizzarsi nell'ultimo
periodo per un deciso ruolo nell'ambito internazionale ed
oggi può considerarsi tra le realtà territoriali italiane più impegnate nello scacchiere balcanico. La Regione ha messo a
disposizione del Paese le sue capacità di relazione», ha
affermato la presidente. Queste collaborazioni potrebbero trovare una maggior espressione sviluppando in futuro
anche un Tavolo di lavoro congiunto, volto ad intensificare le progettualità, anche di matrice europea, comuni tra
Friuli Venezia Giulia e Slovenia.
Al colloquio sono intervenuti l’ambasciatore d’Italia a
Lubiana Rossella Franchini Sherifis, gli assessori regionali
Francesco Peroni e Gianni Torrenti, l’ambasciatore di
Slovenia a Roma, Iztok Miroœi@, e il console generale di
Slovenia a Trieste, Ingrid Sergaœ.
ARC/RM
(www.regione.fvg.it)
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IL COMMENTO
È un investimento per il futuro
Da che ricordo, al conferimento di un’onorificenza o di un
altro riconoscimento, ovunque avvenga, hanno sempre fatto
seguito commenti o polemiche. Le voci si placano, ma non
sempre, quando ad essere premiate, per il merito e la carriera conseguiti a beneficio della comunità, sono personalità
più anziane già lontane dai riflettori. Le cose si complicano quando vengono insignite persone più giovani, esposte all’opinione pubblica e che rivestono importanti funzioni
politiche o istituzionali. È il caso della presidente della
Regione Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, alla
quale il presidente della Repubblica slovena, Borut Pahor,
ha recentemente conferito il riconoscimento dell'Ordine
d'oro al merito. Un atto che ha sollevato reazioni polemiche.
Innanzitutto va detto che lo scorso 13 gennaio la presidente
della Regione Fvg si è recata a Lubiana non solo per ricevere l’onorificenza, ma anche per precisi impegni politici e
operativi. Sono stati, infatti, confermati gli orientamenti dell’amministrazione regionale del Fvg per rafforzare la collaborazione con la Slovenia. È stato posto espressamente l’accento sulla collaborazione transfrontaliera, sulla realizzazione di progetti comuni, sull’attivazione di gruppi misti
di lavoro e di tutti i progetti comuni, che evidentemente
necessitano di un nuovo input. All’ordine del giorno anche
la minoranza slovena, che nell’ambito dei rapporti bilaterali deve beneficiare dell’opportuna attenzione. In concreto è necessario un dialogo costante e costruttivo per risolvere le questioni ancora aperte. Tutto questo è stato sottolineato anche da Serracchiani nel ricevere l’onorificenza. In questo modo ha confermato la volontà da parte dell’amministrazione regionale di rafforzare i buoni rapporti di
vicinato attraverso la realizzazione di progetti comuni e l’affermazione degli interessi bilaterali. Propositi pienamente
condivisi dal presidente sloveno, Borut Pahor.
Per concludere. Se insignire personalità più anziane rappresenta un ringraziamento per il lavoro svolto, oggi si sta
affermando, come vediamo non senza rischi, anche l’onorificenza a più giovani e attive personalità politiche. Ma
più che un atto di ringraziamento si tratta di un investimento
nel futuro e di una dimostrazione di fiducia, affinché proseguano sulla strada della politica positiva e in questo modo
risolvano anche le questioni ancora aperte. Lodevole il clima
costruttivo, che va preservato e coltivato con atti concreti. Con questo spirito è stata assegnata anche alla presidente Serracchiani l’onorificenza conferitale dal presidente Pahor.
Duœan Udovi@
(Primorski dnevnik, 14. 1. 2015)
KOBARID
45° incontro tra Slavia e alta valle dell’Isonzo
Il premio Gujon a Giorgio Banchig e ˘iva Gruden
Il forte impegno per la tutela della coscienza, lingua e cultura slovene nonché l’uso efficace dei finanziamenti europei per lo sviluppo dell’area di confine sono stati i temi cen-
trali del 45° incontro tra gli sloveni della provincia di Udine
e della Valle dell’Isonzo, che ha avuto luogo sabato 17 gennaio a Caporetto-Kobarid, in Slovenia. All’incontro è stato
consegnato il Premio Gujon, per i meriti conseguiti nel preservare la lingua e cultura slovene, al presidente provinciale della Confederazione delle organizzazioni sloveneSso, Giorgio Banchig, e all’ex direttrice della Scuola bilingue di San Pietro al Natisone, ˘iva Gruden.
Giorgio Banchig ha detto di considerare il premio un importante riconoscimento per la sua lunga attività di ricerca e
approfondimento della cultura e storia slovene nella
Slavia friulana. «Considero il premio anche un riconoscimento per la redazione del quindicinale cattolico Dom e per
quanti hanno contribuito alla sua crescita e hanno partecipato attivamente ai cambiamenti importanti, dal superamento dell’oppressione etnica al riconoscimento della comunità nazionale slovena grazie alla promulgazione nel 2001
della legge di tutela 38».
Oratori ufficiali sono stati la presidente dell’Istituto per la
cultura slovena di San Pietro al Natisone-Œpietar, Bruna
Dorbolò, e il presidente del parlamento della Repubblica
slovena, Milan Brglez. Bruna Dorbolò ha sottolineato la
grande importanza dei progetti europei e a questo proposito ha fatto riferimento all’attuazione del progetto
Jezik/Lingua, che volge al termine e nell’ambito del quale
è stato istituito a San Pietro il museo multimediale sloveno Smo, che rappresenta un importante conquista per la
comunità slovena della provincia di Udine.
Il presidente del Parlamento sloveno ha evidenziato l’impegno degli sloveni della provincia di Udine nel preservare la propria identità e lingua slovene, compito particolarmente difficile soprattutto nel periodo dell’assimilazione
fascista, durante la guerra e fino ai giorni nostri.
Oltre a numerosi sindaci da entrambi i versanti e ai rappresentanti della comunità nazionale slovena del Friuli
Venezia Giulia, vi hanno preso parte anche il ministro per
gli sloveni d’oltre confine e nel mondo, Gorazd ˘mavc, il
vicepresidente del Consiglio regionale della Regione Fvg,
Igor Gabrovec, e la console generale slovena a Trieste,
Ingrid Sergaœ.
L’incontro è stato preceduto, come da tradizione, da quello tra i sindaci dei due versanti del vecchio confine e i rappresentanti delle organizzazioni di raccolta della minoranza slovena con il presidente Brglez e il ministro ˘mavc. In
merito il presidente dello Sso, Drago Œtoka ha detto: «Si
è trattato di un confronto breve ma denso di contenuti importanti sui fatti più urgenti che interessano l’area a ridosso
del vecchio confine. Personalmente ho sottolineato la
necessità che nella legge elettorale statale, attualmente al
vaglio del Parlamento italiano, si riconosca la rappresentanza garantita alla minoranza slovena. Abbiamo, infatti, il
diritto di scegliere da soli i nostri rappresentanti, come già
sancito dalla legge elettorale regionale. Il secondo punto
importante affrontato riguarda i progetti europei del prossimo periodo programmatico, in merito ai quali è necessario attingere alla ricca esperienza maturata con il progetto europeo Jezik/lingua».
Julijan #avdek
(Novi glas, 22. 1. 2015)
Su internet ci trovate anche all’indirizzo
www.slov.it
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KOBARID
Quei sindaci senza parole
L’incontro degli amministratori della fascia confinaria
Erano presenti in massa i sindaci – o loro rappresentanti
– delle valli del Natisone e del Torre all’incontro degli amministratori della fascia confinaria, tenutosi a Kobarid lo scorso 17 gennaio. C’erano, ma non hanno aperto bocca sui
due temi della tavola rotonda: i progetti transfrontalieri Ue
per la prospettiva 2014-2020 e le celebrazioni del centenario della prima guerra mondiale. Davanti al ministro per
gli Sloveni nel mondo, Gorazd ˘mavc, e ai colleghi del versante sloveno, come sempre ben preparati e organizzati,
hanno lasciato la parola al vicepresidente del Consiglio
regionale, Igor Gabrovec, al capogruppo regionale del Pd,
Cristiano Shaurli, e al consigliere regionale di opposizione Giuseppe Sibau. «Al solito, abbiamo fatto una figura davvero magra», ha commentato un amministratore valligiano dopo la riunione.
«Dovremmo imparare dalla capacità e dalla competenza
con le quali il Poso@je mette in campo occasioni di incontro – ha dichiarato al Dom Cristiano Shaurli –. Anche se i
nostri sindaci non hanno parlato e si sono tenuti in disparte davanti agli interventi degli amministratori sloveni e di
noi consiglieri regionali, è bene che abbiano visto quanto
è importante incontrarsi e che mantengano questa capacità e modo di lavoro anche per la futura progettazione europea».
«Forse l’atteggiamento dei nostri sindaci è stato condizionato dal fatto che la moderatrice abbia detto che il tempo
a disposizione era poco o forse perché è prevalsa una cautela, il non volersi sbilanciare, anche perché molti sono nuovi
– ha aggiunto Giuseppe Sibau –. Certo che sul nostro versante ci vuole un maggiore coordinamento. Quand’ero commissario della Comunità montana ho proposto due incontri transfrontalieri. Non hanno avuto un grosso successo.
Probabilmente ho sbagliato qualcosa. Nella valle dell’Isonzo
sono molto più organizzati. Comunque questi incontri vanno
proseguiti e organizzati anche nelle Valli, coinvolgendo pure
tutte le organizzazioni slovene presenti sul territorio».
Il vicepresidente Igor Gabrovec, nel corso dell’incontro, ha
evidenziato come sul versante amministrativo italiano ci sia
carenza di servizi specializzati per i progetti europei, fatto
«che sarà aggravato dalla prossima chiusura delle
Comunità montane». In ogni caso, si è augurato che nel
2015 la collaborazione riceva nuovo slancio dall’attivazione del Comitato congiunto Slovenia-Friuli Venezia Giulia,
decisa recentemente a Lubiana nel vertice tra la presidente
del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, e il ministro
degli Esteri sloveno, Karl Erjavec.
Particolarmente acceso è stato il dibattito sull’assenza del
fondo per i piccoli progetti transfrontalieri nella programmazione 2014-2015, seppure fosse stato fortemente caldeggiato da tutti nell’incontro dell’anno scorso, in quanto
avrebbe sostenuto interventi focalizzati sulla vera area confinaria. «Ho caldeggiato la proposta in tutte le sedi, ma
senza successo», ha detto il parlamentare Danijel Krivec,
di Bovec. E Tatjana Rener, del Servizio per lo sviluppo e
la politica di coesione europea presso il Governo sloveno,
ha informato che la proposta è stata bocciata da parte italiana.
«La scelta non deve essere tra progetti piccoli e grandi,
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ma tra progetti buoni e meno buoni. Il mio desiderio è mettere l’accento sulle aree più deboli e premiare coloro che
da tempo lavorano per collegare l’area di confine», ha affermato il ministro Gorazd ˘mavc.
«La sfida non sta solo nel sostenere i territori deboli, ma
anche le capacità di aggregazione e progettualità di area
vasta», è intervenuto Shaurli, indicando l’esempio dei successi di Cividale (che però diserta gli incontri dei comuni
transfrontalieri e si muove in conto proprio, ndr) nei progetti sulla prima guerra mondiale.
A proposito del centenario del conflitto, il prefetto di Tolmino,
Zdravko Likar, ha esposto le principali iniziative in programma e sottolineato il traino che esse possono rappresentare per il turismo. «Nel 2014 – ha detto – abbiamo registrato 62 mila visitatori nel museo di Kobarid, 22 mila nel
centro informazioni della fondazione Poti miru v Poso@ju
e 30 mila alle trincee sul Kolovrat. Faccio appello agli amministratori delle valli del Natisone e del Torre: aggiungete
la Slavia a questo treno, a questa grande occasione di sviluppo!». Cadrà nel vuoto anche quest’ultima chiamata?
E.G.
(Dom, 31. 1. 2015)
SOTTO LA LENTE
Dopo settant’anni nulla è cambiato
Proseguono i «depistaggi» sull’identità
di Slavia, Resia e Valcanale
La presidente dell’Istituto per la cultura slovena, Bruna
Dorbolò, a Kobarid ha parlato nel suo dialetto della valle
del Natisone e tutti l’hanno compresa e applaudita. Il kulturni dom era gremitissimo per il 45° incontro tra gli sloveni della provincia di Udine e dell’alta valle dell’Isonzo. In
platea c’erano i vicini dei comuni di Bovec, Kobarid e Tolmin,
molte autorità provenienti da Lubiana e da altre parti della
Slovenia, ma nessuno ha avuto difficoltà a capire le parole della rappresentante degli sloveni della provincia di Udine.
E così quell’intervento ha avuto il pregio di smentire nella
maniera più semplice ed efficace le storielle sulla non slovenità e autonomia linguistica delle parlate delle valli del
Natisone e del Torre, di Resia e della Valcanale.
«Dialetti slavi e non sloveni», è il ritornello ripetuto come
un disco rotto dagli ambienti slovenofobi. Ma se Bruna
Dorbolò avesse parlato in Croazia, Cechia, Polonia,
Bulgaria o Russia – o in qualsiasi altro Paese nel quale si
parla una lingua slava – nessuno l’avrebbe intesa. Forse
avrebbero colto qualche parola qua e là, ma il senso dell’intervento sarebbe restato oscuro.
Purtroppo, da qualche tempo i «depistaggi» sull’identità dei
dialetti delle valli slovene del Friuli sembrano avere ripreso fiato, complici una diffusa pigrizia intellettuale, che impedisce a molti di attingere alle fonti serie – tutte concordi sulla
slovenità – e i complessi di inferiorità, inculcati in quasi 150
anni di assimilazione. Proprio su questi due elementi fanno
leva gli strateghi della disinformazione. «Sostengono che
siamo un riccio non caduto dal suo castagno al fine di non
offrire le sue dolci castagne, ma di aspettare che marciscano», ha detto Dorbolò per spiegare come si tratti di una
campagna attentamente orchestrata. E non importa che non
abbia fondamento scientifico e i suoi fautori rischino il ridicolo.
È lampante, infatti, che le teorie windish, rosajane, ponasSLOVIIT N° 1 del 31/1/15 pag. 4
sin e natisoniane nient’altro sono che il proseguimento delle
politiche di assimilazione. A sentire e leggere – ora soprattutto sui social network – certe argomentazioni, torna alla
mente l’episodio del segretario comunale di Savogna, riportato da don Antonio Cuffolo nel suo diario, che alla commissione alleata balbettò: «Sì, si parla lo slavo, ma uno
slavo che è un dialetto della lingua italiana e non ha nulla
a che fare con lo sloveno». Era il 30 marzo 1946. Son passati quasi settant’anni...
(Dom, 31. 1. 2015)
UDINE - VIDEN
Intensificare la collaborazione
nel settore agricolo
Incontro tra il vicepremier sloveno, ˘idan
e il vicepresidente della Giunta, Bolzonello
Riavvio del Tavolo della Commissione mista dell'agricoltura tra la Regione Friuli Venezia Giulia e la Repubblica di
Slovenia per intensificare la cooperazione, risolvere le questioni del settore ancora aperte e delineare comuni strategie di sviluppo.
È quanto emerso all'incontro tra il ministro sloveno all'agricoltura, Dejan ˘idan, e il vicepresidente della Giunta
regionale del Fvg, Sergio Bolzonello, tenutosi lo scorso 23
gennaio a Udine in occasione della Fiera Agriest.
All'incontro, promosso dall'Associazione agricoltori della
minoranza slovena-Kme@ka Zveza, si è parlato del
Protocollo d'intesa sul Prosecco, che è stato firmato nel
2009 tra il Ministero delle Politiche agricole, alimentari e
forestali (MiPAAF), la Regione Fvg e le varie associazioni di categoria.
«Come da impegno personale preso in Consiglio regionale
– ha sottolineato il vicepresidente e assessore alle
Risorse agricole e forestali, Bolzonello – entro il 15 marzo
riconvocherò le parti per giungere all'attuazione del
Protocollo, che ha visto fare nel corso degli anni solo alcuni passi avanti».
In merito alla questione dei Piani d'attuazione delle aree
di Natura 2000, che gli agricoltori attendono, l'assessore
Bolzonello ha ricordato come a breve gli uffici competenti consegneranno i regolamenti. In seguito alla modifica della
legge regionale 5/2014 risulta semplificato l'iter per la pubblicazione dei menzionati Piani.
Particolare attenzione è stata rivolta dalle due cariche istituzionali (˘idan è anche vicepresidente del Governo sloveno) pure allo sviluppo della collaborazione transfrontaliera nell'Isontino, nello specifico al settore vitivinicolo tra
Collio e Brda in Slovenia «dove – ha valutato Bolzonello
– non c’è abbastanza cooperazione».
Nel corso del colloquio, di carattere amichevole e costruttivo, il ministro e il vicepresidente hanno analizzato le problematiche della Politica agricola europea, talvolta contraddittoria, e hanno evidenziato il bisogno di definire «una
linea politica comune per intervenire insieme a Bruxelles».
Bolzonello e ˘idan si sono soffermati poi sulla necessità
di semplificare la burocrazia per gli agricoltori in entrambi
i Paesi e sulla volontà di voler contrastare con misure congiunte i danni causati dalla fauna selvatica nel settore primario. Da entrambi è stata richiamata l'attenzione sulle difficoltà del settore zootecnico in seguito alla prossima libe-
ralizzazione delle quote latte.
La visita del vicepresidente del Governo di Lubiana in Friuli
Venezia Giulia è iniziata in mattinata al Centro di fecondazione artificiale di Moruzzo. Il settore dell'allevamento dei
bovini è infatti rilevante anche in Slovenia.
ARC/MCH
(www.regione.fvg.it)
ITALIA-SLOVENIA
Napolitano grande amico della Slovenia
Prima di dimettersi, l’ex capo dello Stato ha inviato
una lettera al presidente sloveno, Borut Pahor
Il presidente sloveno Borut Pahor ha ricevuto lo scorso 14
gennaio una lettera, scritta dal presidente della Repubblica
italiana, Giorgio Napolitano, qualche ora prima di rassegnare le dimissioni dalla carica presidenziale. (…)
Il presidente sloveno Pahor ha salutato telefonicamente il
collega Napolitano, ringraziandolo per la collaborazione. È
stata l’occasione per rievocare in una conversazione amichevole i passi importanti compiuti dai due Stati nel periodo di presidenza di Napolitano, volti sia al superamento
delle tensioni del passato sia a porre le vasi per un comune futuro in seno all’Unione Europea. Pahor ha ringraziato Napolitano per il contributo dato ai rapporti internazionali e per l’attenzione dimostrata verso la minoranza nazionale slovena in Italia. I due presidenti si sono promessi di
continuare a mantenere contatti amichevoli.
Napolitano è stato in Slovenia in visita di Stato a inizi luglio
del 2012, ospite dell’allora presidente sloveno Danilo Türk.
In quell’occasione Napolitano tenne un intervento in nel
Parlamento sloveno, il primo di un presidente di uno Stato
estero. L’anno prima, su invito del presidente Türk,
Napolitano aveva presenziato a Ljubljana alla cerimonia in
occasione del 20° anniversario dell’indipendenza della
Slovenia. Vi presero parte anche i presidenti di Austria,
Croazia e Ungheria.
(Primorski dnevnik, 15. 1. 2015)
LA LETTERA
«Confido di continuare a contribuire
ai rapporti italo-sloveni»
Caro presidente Pahor,
come Lei forse sa, nel mio tradizionale messaggio televisivo di fine anno, ho annunciato e motivato la mia decisione
di rassegnare le dimissioni da presidente della Repubblica.
Avevo accettato nell’aprile 2013 di essere rieletto dal
Parlamento per un secondo mandato, chiarendo che avrei
potuto esercitarlo non per altri sette anni, ma per un periodo ben più breve e a determinate condizioni.
Ora l’età da me raggiunta ha negli ultimi tempi portato con
sé crescenti limitazioni e difficoltà nell’esercizio dei compiti istituzionali, complessi e altamente impegnativi, nonché nel ruolo di rappresentanza internazionale, affidati al
capo dello Stato. Nei quasi due anni di ulteriore mio servizio, siamo riusciti a rendere più stabile il Paese evitando la paralisi del Parlamento uscito dalle elezioni del feb-
braio 2013, pur non essendovi al suo interno una maggioranza solida e coesa. Un importante programma di riforme costituzionali e socioeconomiche è stato avviato dal
Governo con energia e senso di urgenza. Credo che l’Italia
si presenti oggi in condizioni e con prospettive migliori sul
piano della continuità e del cambiamento politico-istituzionale. Lascio, dunque, la Presidenza con maggiore serenità e fiducia.
La Sua visita di Stato in primavera e la nostra partecipazione, insieme al Presidente Josipoviæ, al concerto di
Redipuglia per commemorare il Centenario della Prima
Guerra Mondiale rimarranno impressi per sempre nella mia
memoria come alcuni dei momenti più alti e significativi del
mio secondo mandato.
Essi hanno rappresentato un’occasione per rinsaldare e
rafforzare con Lei i risultati raggiunti nel 2010 a Trieste con
il suo predecessore e, in particolare nel caso diretto dal
Maestro Muti, per riflettere sui traguardi raggiunti dai nostri
Paesi nel definitivo superamento di un tragico passato che
aveva lasciato aperte ferite profonde e dolorose.
Confido che dal Senato, dove mi trasferirò tra pochi giorni, potrò continuare – nei limiti delle mie nuove attribuzioni di senatore a vita – a offrire un contributo allo sviluppo
dei rapporti italo-sloveni e al progresso dell’Europa, di cui
sono convinto che la Slovenia sia parte importantissima e
determinante.
L’occasione mi è gradita, caro Presidente, per formularLe
i miei migliori auguri per il proseguimento del Suo mandato
e per il benessere e la prosperità dell’amico popolo sloveno.
Con amicizia
Giorgio Napolitano
LA PRESIDENZA NAPOLITANO
Diritti della minoranza slovena,
storia e riconciliazione
Nei nove anni di permanenza al Quirinale, Giorgio
Napolitano ha dimostrato grande attenzione nei confronti
della minoranza nazionale slovena in Italia. Agli inizi del
2007 con la firma del decreto sull’elenco dei 32 Comuni
bilingui delle province di Trieste, Gorizia e Udine ha aperto la strada all’attuazione concreta della legge di tutela per
gli sloveni 38/2001. Il Governo era allora presieduto da
Romano Prodi e l’elenco dei Comuni era stato stilato, dopo
un iter lungo e faticoso dal Comitato paritetico istituzionale per la minoranza slovena.
Nel corso del suo mandato Napolitano ha incontrato più
volte i rappresentanti degli sloveni in Italia e ha dimostrato particolare attenzione verso il Primorski dnevnik (quotidiano sloveno di Trieste, ndt.).
Napolitano ha dedicato molta attenzione alla storia dei nostri
luoghi. Dopo l’infelice dichiarazione sulla «barbarie slava»
(rilasciata in occasione della Giornata del ricordo sulle foibe
e l’esodo degli italiani dall’Istria) il presidente italiano dopo
il 2008 insieme al collega sloveno Danilo Türk ha posto le
condizioni per un atto di riconciliazione, che è stato concretizzato a Trieste il 13 luglio 2010. In quell’occasione i
presidenti di Italia, Slovenia e Croazia visitarono insieme
il Narodni dom e resero omaggio agli italiani, che abbandonarono l’Istria e la Dalmazia. La giornata si concluse con
il concerto della pace in piazza Unità, diretto dal maestro
Muti, al quale assistettero i tre presidenti. Lo scorso anno
SLOVIIT N° 1 del 31/1/15 pag. 5
i presidenti italiano, Giorgio Napolitano, sloveno, Borut
Pahor, e croato, Ivo Josipoviæ, presenziarono a Redipuglia
al concerto di commemorazione delle vittime della prima
guerra mondiale, anch’esso diretto dal maestro Muti.
(Primorski dnevnik, 15. 1. 2015)
VENZONE-PUŒJA VES
Napolitano e gli sloveni
della provincia di Udine
Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, si è
dimesso. È stato capo dello Stato per ben nove anni, l’unico ad essere stato eletto due volte. Napolitano si è dimostrato un grande e sincero amico della minoranza slovena.
Gli sloveni della provincia di Udine li ha voluti conoscere
in prima persona il 29 maggio 2012. Nel corso della sua
visita in Friuli, ha incontrato all’Hotel Carnia di Venzone
anche una delegazione della minoranza slovena: il presi-
dente regionale della Confederazione delle organizzazioni slovene-Sso, Drago Œtoka, il presidente provinciale della
Sso, Giorgio Banchig; il presidente regionale dell’Unione
economica culturale slovena-Skgz, Rudi Pavœi@, e la presidente provinciale della Skgz, Luigia Negro.
In quell’occasione Banchig gli disse: «Il nostro auspicio è
che crolli definitivamente anche il muro eretto contro la
comunità slovena e con esso siano abbattuti anche gli artificiosi puntelli che lo tenevano in piedi e che tutt’oggi negano perfino l’autentica identità slovena degli sloveni della provincia di Udine, da tempo definita da linguisti e storici».
Napolitano rispose che i negazionisti sono davvero un gruppo sparuto, dimostrando di conoscere bene la situazione.
E il 6 maggio dell’anno scorso, ricevendo al Quirinale il presidente sloveno, Borut Pahor, ha affermato che le comunità slovena in Italia e italiana in Slovenia rappresentano
«Un insostituibile valore aggiunto per l’ulteriore approfondimento della reciproca comprensione… Desidero, dunque,
ribadire oggi l’impegno, che so essere pienamente condiviso, a far sì che queste comunità possano godere nel
Paese in cui vivono di una piena integrazione, nel rispetto della loro identità e delle loro tradizioni».
(www.dom.it, 14. 1. 2015)
A colloquio con l’ambasciatore sloveno a Roma, Iztok Miroœi@
L’INTERVISTA
Sarebbe bene che la minoranza
fosse il più possibile unita
«Dovrebbe trovare al suo interno un denominatore comune, soprattutto quando si tratta
di previsioni a lungo termine. Così faciliterebbe anche il lavoro della Slovenia»
L’
ambasciatore sloveno a Roma, Iztok Miroœi@, presta servizio a Roma da quattro anni e mezzo. Prima
della recente riunione dell’ex capo dello Stato,
Giorgio Napolitano, con gli ambasciatori stranieri, Miroœi@
ha avuto un colloquio privato con Napolitano, che ha ringraziato per aver contribuito a tracciare quei cambiamenti che sono evidenti in Friuli Venezia Giulia e a Trieste e
nell’impostare un percorso di riconciliazione. «Negli ultimi
anni abbiamo fatto passi in avanti nella giusta direzione»,
afferma Miroœi@, il quale non manca mai di sottolineare che
i buoni rapporti si costruiscono dopo aver chiarito le questioni in sospeso. Diplomazia culturale e ruolo più attivo
della minoranza slovena nel rapporto con la Regione e lo
Stato sono le due raccomandazioni consigliate da Miroœi@.
Ambasciatore, quali sono le sue considerazioni sugli ultimi anni dei rapporti tra Slovenia e Italia, che sono diventati più intensi soprattutto a livello amministrativo?
«Un decisivo miglioramento nei rapporti tra i due Stati si
è verificato proprio nel luglio 2010, all’inizio del mio primo
mandato a Roma. Allora al concerto dell’amicizia a Trieste,
diretto dal mastro Riccardo Muti, assistettero i presidenti
di Italia, Giorgio Napolitano, Slovenia, Danilo Türk, e
Croazia, Ivo Josipoviæ. Da allora la percezione della minoranza slovena è profondamente cambiata e migliorata a
SLOVIIT N° 1 del 31/1/15 pag. 6
Roma. Prima sarebbe stato difficile immaginare un assessore sloveno al Comune di Trieste, nonché i presidenti dei
consigli comunale e provinciale del capoluogo giuliano. Oggi
anche il presidente del teatro stabile italiano Rossetti a
Trieste, è sloveno. Tutto ciò porterà, nel medio e lungo termine a cambiamenti importanti e positivi sul piano concreto
anche per la minoranza slovena. In futuro riusciremo a risolvere anche i problemi che oggi generano un malcontento
diffuso (riforma degli enti locali, stanziamento dei finanziamenti, ecc.) e che sarà possibile superare proprio grazie agli attuali buoni rapporti tra Italia e Slovenia. La
Slovenia continuerà a sostenere la minoranza slovena, il
suo compito è di evitare che vengano violati e diminuiti i
diritti minoritari acquisiti attraverso accordi e trattati internazionali».
Secondo lei, dunque, la situazione è destinata a volgere
al meglio in futuro?
«Gli effetti del miglioramento sono ormai evidenti: dal
Concerto della pace in poi il numero delle visite tra i due
Stati è aumentato in misura esponenziale. Già a gennaio
2011 l’allora presidente sloveno Danilo Türk è stato in visita di Stato a Roma, alla quale sono seguite le visite di
Napolitano in Slovenia e lo scorso anno quella dell’attuale presidente sloveno, Borut Pahor, a Roma. È insolito che
tra due Stati ci sia un così alto numero di visite al livello
più alto. E non dimentichiamo gli incontri trilaterali tra
Slovenia, Italia e Croazia soprattutto sui temi dello sviluppo dell’Adriatico settentrionale».
Tra gli sloveni, soprattutto in Italia, è vivo il ricordo delle
parole di Napolitano, che nel 2007 definì barbari gli slavi.
Nonostante i grandi cambiamenti sopraggiunti in seguito,
quelle parole restano ancora oggi fortemente impresse…
«Allora ci furono reazioni dalla Croazia e dalla Slovenia.
Poi nel 2010 ci fu una svolta che contribuì a superare l’accaduto. Slovenia e Croazia vogliono avere buoni rapporti
e un’ottima collaborazione con l’Italia a tutti i livelli. Questi
buoni rapporti devono però poggiare sul superamento dei
rancori legati al passato. L’Italia, per esempio, ha uno scambio commerciale maggiore con la Slovenia che con l’India.
Questo consente un dialogo chiaro e sereno sul passato
e sui traumi subiti da entrambe le parti. Fare chiarezza sul
passato elude qualsiasi finzione e travisamento e il primo
passo compiuto in questa direzione è stata la pubblicazione
della comune relazione storica. Si tratta di un punto di partenza utile a risolvere anche altre questioni: l’eredità degli
archivi dei libri catastali o delle opere artistiche.
Probabilmente non è ancora arrivato il momento di impostare sulla questione un dialogo costruttivo».
Tra le più recenti acquisizioni per la minoranza slovena figura il tavolo istituzionale governo-minoranza a Roma. Come
valuta i passi che sono stati compiuti fino ad oggi da quest’organo?
«Personalmente ne ho seguito l’attività dall’era del governo Berlusconi. Allora ero in costante contatto con il sottosegretario alla presidenza del Governo, Gianni Letta. Con
il tavolo governativo la minoranza ha ottenuto un interlocutore a Roma. Il primo interlocutore è e rimarrà la Regione
Fvg, mentre il compito del tavolo governativo è di aiutare
a superare diverse difficoltà pratiche: la situazione finanziaria dei media sloveni, la scuola, il campo di concentramento a Visco, questioni che non spettano al Comitato istituzionale paritetico, e potremmo elencarne altre. Il tavolo
governativo non va considerato come un mero circolo di
dibattito, considerata l’importanza per la minoranza slovena
di avere un interlocutore stabile direttamente a Roma. Il
tavolo può contribuire anche a coordinare i rapporti tra la
Regione Fvg e il Governo, soprattutto quando si tratta di
questioni inerenti la minoranza: all’ultima convocazione era
presente anche l’assessore regionale alla Cultura, Gianni
Torrenti».
Come va impostato quindi il lavoro per fare sì che il tavolo governativo sia veramente efficace?
«La minoranza dev’essere più attiva e propositiva. Sarebbe
bene se fosse il più possibile unita. Se ogni sua componente si reca individualmente a Roma per chiarire le sue
difficoltà, si complica il lavoro degli interlocutori nel
Governo. Cercare una soluzione col Governo, quando non
c’è consenso neanche nella minoranza, è alquanto difficile. Per questo motivo vorrei che la minoranza, nonostante le diverse posizioni ideologiche, che sono legittime in un
sistema democratico, fosse più unita nell’approccio a determinate questioni chiave e trovasse un denominatore comune al suo interno, soprattutto quando si tratta di previsioni a lungo termine. Una minoranza unita faciliterebbe il lavoro anche alla Slovenia quando se ne fa portavoce nel dialogo con Roma. (…)
Sia per quanto riguarda le riforme che sulla questione dei
finanziamenti la Slovenia è molto attiva con gli interlocutori italiani. Abbiamo ricevuto rassicurazioni in merito al fatto
che la legge regionale sulle riforme locali non intaccherà
il livello di tutela dei diritti della minoranza slovena.
Diversamente sarebbe in antitesi con la legge 38/2001».
(…)
Qual è il rapporto tra la Slovenia e la Regione Fvg?
«La Slovenia desidera promuovere la collaborazione con
il Friuli Venezia Giulia. Con Trieste deve avere un rapporto
diciamo europeo, non solo per quanto riguarda il Gect e i
programmi transfrontalieri, ma anche nell’impostare un più
ampio e amichevole rapporto di collaborazione. La
Regione Fvg è la prima e decisiva unità istituzionale per
l’affermazione dei diritti della minoranza slovena e nel contempo una regione con cui la Slovenia dovrebbe avere maggiori scambi commerciali. A questo proposito le minoranze possono rivestire un ruolo essenziale: la minoranza slovena in Italia dovrebbe avere una funzione di indirizzo nei
confronti della Slovenia. La Slovenia collabora con la
Regione Fvg a molti progetti e la minoranza dovrebbe rivestire il suo ruolo».
Quali sono le sue considerazioni sulla riforma della legge
elettorale? Cosa pensa sul rappresentante garantito nel
nuovo parlamento e come può essere d’aiuto la Slovenia
in merito?
«Ho avuto più riunioni con il ministro Alle riforme istituzionali, Maria Elena Boschi, alla quale ho illustrato le norme
contemplate dalla legge di tutela sulla rappresentanza facilitata negli organi di rappresentanza sia locali che statali.
Sulla questione avevano scritto al Governo italiano anche
la ex premier slovena, Bratuœek, e il ministro agli Esteri sloveno, Karl Erjavec, aveva sollecitato l’attenzione dei colleghi italiani. La Slovenia si è già espressa a favore della
rappresentanza della minoranza slovena nel nuovo Senato
e nella Camera dei deputati. Per quanto riguarda il Senato
la minoranza slovena ha raggiunto una posizione unitaria,
il che è lodevole e di aiuto. Dobbiamo però considerare che
il Senato verrà ridotto notevolmente e che i seggi per ogni
regione sono limitati. Cerchiamo un compromesso, che è
importante alla luce dei rapporti futuri. Oggi l’attenzione è
concentrata sulle soluzioni per l’elezione del rappresentante
sloveno nella Camera dei deputati. Anche il ministro Boschi
mi ha sottolineato in una lettera la diversità di vedute degli
esponenti della minoranza. La Slovenia non si intromette
nella questione e si limita a chiedere all’Italia che nell’approvazione della legge elettorale rispetti le norme sulla rappresentanza garantita del rappresentante sloveno». (…)
Secondo lei la cultura è importante nel rafforzare i rapporti
bilaterali?
«A Roma hanno una grande considerazione della cultura
di qualità. Un’occasione unica per la minoranza slovena,
che non va persa. Recentemente sono stato al Teatro stabile sloveno a Trieste, che dispone di un’offerta di qualità,
che dovrebbe essere presentata anche a Roma. La minoranza slovena e la Slovenia sono troppo poco presenti a
Roma con le loro proposte culturali.
La diplomazia culturale è fondamentale per migliorare i rapporti economici e politici. Tutte le questioni importanti iniziano e si sviluppano attraverso la diplomazia culturale.
Auspico che in futuro la presenza della cultura slovena e
della Slovenia sia rafforzata almeno in tutte le capitali degli
Stati contermini. (…)
La Slovenia dovrebbe disporre a Roma di una Casa della
SLOVIIT N° 1 del 31/1/15 pag. 7
cultura slovena, come a Vienna, dove oltre all’ambasciata fossero operative anche delle rappresentanze economiche e sarebbero benvenute anche imprese slovene. In
molti a Roma chiedono dove poter fare studiare la lingua
slovena al proprio figlio. Mancano spazi per concretizzare questa richiesta e per questo motivo un centro culturale sloveno a Roma rappresenterebbe un passo importante. L’Italia rappresenta il principale partner economico per
la Slovenia (il primo nel turismo e il terzo nel settore degli
investimenti) e il secondo per la Germania. Con la Croazia
l’Italia è il partner con il quale è necessario collaborare per
orientare verso l’Adriatico settentrionale la maggior parte
possibile della quota di mercato rappresentata dal
Mediterraneo».
Un centro culturale sloveno a Roma rappresenterebbe un
trampolino di lancio anche per la minoranza slovena?
«Tra gli obiettivi centrali ci sarebbe anche la promozione
dell’identità culturale della minoranza slovena. La ragione
è semplice: molte decisioni importanti sulla minoranza vengono approvate a Roma e una maggiore conoscenza della
cultura slovena sarebbe opportuna».
L’Expo 2015 a Milano rappresenta un’occasione unica, da
non perdere, per la minoranza slovena e per la Slovenia…
«La Slovenia dovrebbe aprofittare della vicinanza geografica
di un evento così importante. Mi auguro che i ministeri sloveni sappiano coordinarsi e creare le condizioni per un transfer turistico in Slovenia di una buona fetta dei 20 milioni
di visitatori previsti all’Expo di Milano. Credo che anche la
minoranza slovena in Italia debba inserirsi nel padiglione
sloveno all’Expo di Milano: un punto dibattuto attualmente tra i rappresentanti della minoranza slovena e il ministro Gorazd ˘mavc. La minoranza slovena in Italia potrebbe presentarsi anche nel padiglione della regione Fvg.
Un’occasione unica per la minoranza di essere inserita in
un evento di fama mondiale che verte sull’alimentazione,
un argomento sul quale la minoranza ha molto da offrire,
dalla viticoltura all’agricoltura e alla pesca».
Andrej #ernic
(Novi glas, 1. 1. 2015)
ROMA-RIM
No alla rappresentanza garantita
della minoranza in Parlamento
Nel testo della riforma costituzionale (che riguarda principalmente la riforma del Senato) non ci sarà il principio sulla
rappresentanza parlamentare garantita delle minoranze linguistiche. Lo ha deciso la Camera dei deputati, che ha
respinto l’integrazione presentata dal Sel. Nello scrutinio
segreto il principio sulla rappresentanza garantita delle
minoranza è stato votato a favore da 152 deputati, contrari 357. A suo tempo il Sel aveva presentato un emendamento con gli stessi contenuti in Senato, dove è stato
oggetto della stessa votazione subita nella Camera dei
deputati.
La deputata friulana di Sel, Serena Pellegrino, ritiene che
respingendo l’integrazione summenzionata, il Governo si
sia lasciato sfuggire un’occasione unica. «Evidentemente
i partiti di maggioranza si ritengono soddisfatti dell’instabilità che contraddistingue l’elezione dei parlamentari apparSLOVIIT N° 1 del 31/1/15 pag. 8
tenenti alle minoranze linguistiche. Un’incertezza destinata ad aumentare quando il Senato varerà la nuova legge
elettorale per la Camera dei deputati», ha commentato
Pellegrino.
Ha espresso, inoltre, la convinzione che l’integrazione proposta da Sel era conforme ai dettami della Costituzione e
non in antitesi con essa come sostengono alcuni esponenti
del centrosinistra.
Un’opinione condivisa dal suo collega sudtirolese Florian
Kronbichler. Questi ha riconosciuto che al contrario della
comunità sudtirolese, la quale non necessita di particolari garanzie per l’elezione dei suoi senatori, le altre minoranze, tra le quali ha espressamente citato quella slovena, hanno invece bisogno della rappresentanza garantita.
Mentre nella Camera dei deputati si sta discutendo sulla
riforma del Senato, quest’ultimo sta vagliando la nuova
legge elettorale per la Camera dei deputati. Entrambe le
riforme poggiano su un accordo politico tra il premier Renzi
e Silvio Berlusconi.
(Primorski dnevnik, 14. 1. 2015)
LEGGE ELETTORALE
Il Senato per l’elezione facilitata
degli esponenti sloveni
Confermato l’obbligo di circoscrizione
per la Camera dei deputati
Nel definire le circoscrizioni elettorali in Friuli Venezia Giulia
il ministero dell’Interno farà sì che sia facilitata l’elezione
dei candidati espressione della comunità linguistica slovena.
È quanto evidenzia l’integrazione alla nuova legge elettorale per la Camera dei deputati, che ieri (27 gennaio) è stata
approvata dal Senato, mentre l’ultima parola è destinata
alla Camera dei deputati, che si esprimerà nelle prossime
settimane. L’emendamento (proposto dal senatore triestino Francesco Russo, cofirmatari Lodovico Sonego e Carlo
Pegorer) è stato approvato in senato con 186 voti a favore (coalizione di governo e Sel), contrari 55 senatori del
Movimento 5 Stelle.
In una breve dichiarazione, Russo ha sottolineato come a
distanza di quattordici anni dalla sua approvazione, venga
attuata la legge di tutela per la minoranza slovena, laddove (art 26) prevede facilitazioni per l’elezione dei senatori
e dei deputati che appartengono alla comunità slovena. A
questo proposito Russo ha evidenziato il grande impegno
profuso dalla deputata Tamara Bla¡ina. «L’integrazione è
fonte di opportunità per la comunità slovena storicamente
presente in Friuli Venezia Giulia, e cioè nelle province di
Trieste, Gorizia e Udine».
Oltre a Bla¡ina per la rappresentanza garantita degli sloveni si sono prodigati i rappresentanti del
SudtirolerVolkspartei. Il senatore Lorenzo Battista (ex del
Movimento 5 Stelle, ora nelle auotnomie) sul modello sloveno aveva invano proposto l’elezione garantita degli sloveni nel parlamento italiano, mentre Karel Zeller un più
basso sbarramento elettorale per i candidati sloveni. A
causa della contrarietà del Governo e della sua maggioranza, Zeller ha ritirato il proprio emendamento.
In una dichiarazione comune Russo e Bla¡ina esprimono
soddisfazione sulla decisione del Senato, che secondo loro
rappresenta l’unica opportunità, dal momento che la mino-
ranza slovena non ha la rappresentanza parlamentare
garantita e non dispone dei dati di un eventuale censimento.
I due parlamentari del Pd affermano che questa integrazione è frutto di un comune lavoro e dialogo all’interno del
Pd, al quale hanno aderito tutti i parlamentari di partito, il
ministro Maria Elena Boschi e la presidente della Regione
Fvg, Debora Serracchiani.
Di parere diametralmente opposto il segretario regionale
del partito sloveno Slovenska skupnost, Damijan Terpin.
Questi afferma che nulla è cambiato e che l’elezione di un
parlamentare sloveno continuerà a dipende dalla buona
volontà dei partiti italiani, come è stato finora per il Pd. «Il
candidato sloveno verrà eletto solo a condizione che sia
collocato in un posto vantaggioso in lista dal direttivo del
partito a Roma. Se non sarà capolista avrà bisogno di preferenze, il che diminuirà ulteriormente le possibilità di essere eletto», conclude Terpin.
Secondo Terpin non è vero che questo sia stato l’unico
emendamento possibile, come affermano Russo e Bla¡ina.
La Ssk è convinta della piena legittimità dell’emendamento proposto dal senatore Zeller, che ha superato l’esame
di costituzionalità e che stabiliva un più basso sbarramento
elettorale nella circoscrizione della Camera sul territorio del
cosiddetto bilinguismo visibile. Purtroppo il Governo e la
sua maggioranza hanno respinto l’integrazione di Zeller
«che – afferma Terpin –, contrariamente a quanto sostengono Russo e Bla¡ina, non prevedeva né la rappresentanza
garantita né il censimento nell’ambito della minoranza slovena». Terpin afferma che «per l’approvazione dell’integrazione di Zeller sarebbe bastata la volontà politica del
Pd, che evidentemente non c’è stata».
Se la Camera dei deputati confermerà la legge elettorale,
nella forma in cui è stata approvata dal Senato, torneremo alla legge elettorale del 1993 (il cosiddetto Mattarellum)
e alla circoscrizione senatoriale, che era stata proposta per
l’elezione facilitata degli sloveni dal senatore defunto Darko
Bratina. Nel 2001 la legge di tutela ha fatto proprio questo
principio, che la nuova legge elettorale (il cosiddetto porcellum del 2005) ha completamente ignorato.
S. T.
(Primorski dnevnik, 28. 1. 2015)
GORIZIA - GORICA
«Lo sloveno nelle scuole con lingua italiana»
Visita del ministro Giannini alle strutture scolastiche
e universitarie
Venerdì 9 gennaio il ministro dell'Istruzione, dell'Università
e della Ricerca, Stefania Giannini, ha fatto visita in veste
istituzionale a Gorizia, al polo liceale «Dante Alighieri»,
all'Istituto tecnico di istruzione secondaria superiore
(ITISS) «Gabriele D'Annunzio - Max Fabiani» e alla sede
dell'Università.
In rappresentanza della Regione Friuli Venezia Giulia era
presente l'assessore all'Edilizia scolastica e all'Università,
Mariagrazia Santoro, che ha portato i saluti della presidente
Debora Serracchiani e dell'intera Giunta regionale.
Nel corso dell'incontro negli istituti superiori il ministro si è
soffermata sui temi centrali della riforma dell'istruzione
annunciando che la fase di consultazione sulla «buona
scuola» si tradurrà in una proposta di legge che verrà presentata al Parlamento entro la fine di febbraio.
Il ministro ha indicato nel potenziamento dell'insegnamento
linguistico «uno degli aspetti che sarà valorizzato nella
Riforma, perché trascurato da troppo tempo in Italia».
Secondo il ministro «l'insegnamento di almeno una lingua
straniera deve divenire una pratica diffusa e il bilinguismo
un'esperienza per tutti gli studenti italiani. Il plurilinguismo
è un valore aggiunto per la formazione del futuro e in questa area del Paese è già un fattore naturale ed un elemento
di ricchezza e di contatto tra culture».
Giannini ha inoltre annunciato lo stanziamento di fondi
aggiuntivi per il funzionamento delle scuole, che si tradurranno in circa ottomila euro in più all'anno per ciascun istituto scolastico. Quanto all'edilizia scolastica, il ministro
Giannini ha confermato che la scelta di partire dal risanamento e dalla messa in sicurezza delle scuole è la risposta ad una strategia di valorizzazione dell'intero sistema
scolastico.
Il Governo, ha assicurato Giannini, terrà alto l'impegno sull'edilizia scolastica (ad oggi i progetti in cantiere ammontano a 1.500.000.000 di euro ed andranno oltre, nel corso
del presente esercizio finanziario, grazie al recupero di una
parte di fondi dal Patto di stabilità).
Su questo aspetto l'assessore regionale ai Lavori pubblici del Friuli Venezia Giulia, Mariagrazia Santoro, ha ribadito che «la Regione è pronta. Con il 30 ottobre scorso
abbiamo terminato la ricognizione delle priorità triennali di
tutti gli enti locali e stiamo approntando una graduatoria in
base alle esigenze più rilevanti che sono la sicurezza statica, l'efficienza energetica e la razionalizzazione degli edifici, troppo spesso inadeguati alle attuali esigenze e al contenimento dei consumi energetici».
«Ricordo – ha aggiunto Santoro – che lo scorso anno siamo
stati la prima Regione ad appaltare entro i termini tutti gli
interventi finanziati con il Decreto del Fare. Abbiamo inoltre aderito all'anagrafe scolastica e stiamo completando,
con risorse aggiuntive, la rete di banda larga a favore degli
istituti scolastici ed universitari».
Nel corso della visita agli istituti scolastici il ministro Giannini
ha incontrato gli studenti che hanno presentato alcuni dei
progetti didattici più significativi realizzati anche in collaborazione con imprese del tessuto economico locale.
È così che il ministro Giannini e l'assessore Santoro hanno
potuto brindare al nuovo anno con lo spumante «Emopoli»
frutto della collaborazione tra l'ITISS «D'Annunzio» e l'azienda «Angoris» per la realizzazione di uno «spumante
metodo classico» che unisce il vitigno internazionale
Chardonnay con l'autoctona Ribolla gialla.
Arc/Comm/Ppd
(www.regione.fvg.it)
LA REAZIONE
La sindrome del servilismo e la Skgz
L’organizzazione slovena di raccolta è chiamata
a decidere con chi stare
Nell’osservare i fatti che negli ultimi tempi contraddistinguono la scena politica nel territorio di insediamento della
minoranza slovena, mi chiedo più volte quale sarebbe la
valutazione di Ivan Cankar, che nel 1907 si candidò nel partito socialdemocratico, sulle mosse politiche della maggior
parte degli esponenti dell’odierna sinistra slovena in Italia.
Forse con il tono sarcastico che gli era proprio e con il suo
SLOVIIT N° 1 del 31/1/15 pag. 9
fare diretto citerebbe se stesso e impietosamente esordirebbe dicendo: Servi! Nati ed educati per esserlo, oggetti
del servilismo.
Queste sarebbero molto probabilmente le parole di un esponente di sinistra, che nella sua vita si impegnò costantemente per l’affermazione culturale del popolo sloveno. Per
non ferire la sensibilità dei nostri lettori è forse meglio non
immaginare come suonerebbero le parole dei notabili politici a lui contemporanei, esponenti del partito liberale e
popolare. Indubbiamente si stanno rivoltando tutti nella
tomba insieme a quanti nel 20° secolo hanno dato la vita
affinché il popolo sloveno potesse restare su questo territorio.
Ma veniamo ai fatti. La questione dello scorso autunno sulle
dichiarazioni di Furlani@, al di là di tutte le divisioni ideologiche sul decorso della seconda guerra mondiale, dimostra chiaramente come Œtefan #ok senza pudore subordina la storia alle necessità politiche del suo partito alla luce
del rispetto dell’accordo storico Fini-Violante, che sulla
scena politica italiana ha reciprocamente legittimato sia gli
ex seguaci del Msi che i Democratici di sinistra. Allora con
questa mossa sgravarono il Partito comunista italiano della
responsabilità politica per gli eccidi del dopoguerra e incominciarono ad interpretare le foibe alla luce del contrasto
etnico e non politico, come ha rilevato la commissione storica mista sloveno-italiana.
Alla questione di Furlani@ è seguita quella sulla riforma degli
enti locali, nell’ambito della quale la componente slovena
del Partito democratico ha dimostrato tutta la sua pochezza di idee. Nella polemica il consigliere regionale dei
Democratici di sinistra, Stefano Ukmar, si è allargato talmente da dichiarare che è nostra responsabilità morale contribuire a sanare il debito pubblico del Governo italiano e
ha aggiunto che in quest’ottica è necessaria l’unione dei
nostri Comuni. Un mondo evidentemente alla rovescia se
consideriamo che lo Stato in cui viviamo ha investito quotidianamente milioni di euro per mantenere una serie di servizi pubblici e privati davvero inutili (vedi Alitalia, Tirrenia,
Montepaschi e potremmo elencarne altri), dove alcuni si
sono riempiti le tasche con il denaro pubblico. Quando si
tratta, invece, di tutelare i diritti, sanciti dalla Costituzione
italiana e per i quali dovrebbe prodigarsi il consigliere sloveno, affinché non venga diminuito il già di per sé misero
livello di tutela della minoranza slovena, allora in virtù di
un confuso riformismo ideologico si dichiarava senza pudore che mancano i fondi e che dobbiamo rinunciare ai “privilegi”.
E infine l’ultima questione che, anche se di minore importanza, è a suo modo molto significativa ed è legata all’intervento che recentemente Livio Semoli@ (con l’interrogativo sull’assenza del deputato Tamara Bla¡ina) ha tenuto
in occasione della visita a Gorizia del ministro Giannini.
L’unica cosa che il presidente provinciale per Gorizia della
Skgz, nonostante tutti i problemi irrisolti della scuola slovena in Italia, che conosce bene, ha saputo dire al ministro è che sarebbe un bene inserire l’insegnamento della
lingua slovena nelle scuole italiane. La questione è diventata poi l’argomento principale dibattuto dai mezzi di comunicazione slovena, come se i problemi della maggioranza
italiana fossero il nostro principale grattacapo. Non una
parola, invece, sia all’incontro che nel dibattito, sulle numerose questioni irrisolte sulle quali nei mesi precedenti il
Sindacato per le scuole slovene ha richiamato l’attenzione a gran voce.
La logica di questi atteggiamenti e soprattutto la logica delle
posizioni citate dimostra con evidenza un enorme comSLOVIIT N° 1 del 31/1/15 pag. 10
plesso di inferiorità, che è presente in determinati ambiti
sloveni e che è spiccato in particolare nelle cerchie di una
delle parti più influenti della sinistra politica della minoranza.
Al di là del comprensibile dubbio se si tratti di complesso
di inferiorità o se qualcuno si avvantaggi politicamente in
questo conto, resta la necessità di ribellarsi fermamente a
questo stato di cose, indipendentemente dalla nostra appartenenza politica.
Per questo è attualmente del tutto incomprensibile il motivo per il quale non reagiscano le strutture della sinistra politica della minoranza e perché deleghino il peso della stigmatizzazione di scelte politiche sbagliate al partito politico
della Slovenska skupnost, alla Confederazione delle organizzazioni slovene-Sso e a quella parte della sinistra che
non ha voce in capitolo nelle decisioni della Skgz.
In molti, con un minimo di memoria storica, ricorderanno i
tempi immediatamente successivi alla proclamazione dell’indipendenza della Slovenia, quando la Skgz pretendeva fermamente dal nuovo Stato che la minoranza rimanesse
un soggetto. Oggi stanno vacillando le colonne sulle quali
poggia il soggetto sloveno e, mentre sarebbe necessario
sottolineare a gran voce e a chiare lettere le stesse posizioni soprattutto nei rapporti con il Governo italiano, nell’ambito del quale in questi mesi vengono decise nuove
norme della comune convivenza civile in Italia, la Skgz
incomprensibilmente tace con un atteggiamento servile
forse nella servile speranza di salvare qualche briciola, che
poi cercherà di vendere come fosse un suo grande successo.
Peter #ernic
(Novi glas, 22. 1. 2015)
MINORANZA
È nostra preoccupazione
difendere la pluralità
In un tempo in cui tutto cambia velocemente e quindi anche
i modelli consolidati della struttura organizzativa della minoranza slovena, ci preoccupano molto la dichiarazione che
l’assessore regionale alla Cultura, Gianni Torrenti, ha rilasciato al Novi glas (settimanale sloveno di Gorizia, ndt.) nell’edizione dello scorso 15 gennaio e in cui citava le riforme che dovrebbero riguardare la comunità nazionale slovena in Italia.
Che sia chiaro: in linea di principio non abbiamo nulla contro le riforme, ci impegniamo per la qualità e la concretezza.
Siamo, quindi, ben disposti ad affrontare proposte concrete
al fine di creare condizioni il più possibile efficaci per lo sviluppo della comunità nazionale slovena in Italia, ma restiamo critici verso alcune tesi. Siamo fedeli alla nostra tradizione che per settant’anni ha osteggiato fermamente le posizioni ideologiche. Per questo motivo restiamo critici verso
le nuove ideologie del riformismo, che si è affermato sulla
scena politica statale e regionale come una nuova verità
dogmatica. Succede spesso, infatti, che a nome di un riformismo autocompiacente le autorità introducano inutili novità,
i cui effetto sociali ed economici non sono chiari e che concretamente non porteranno né alla comunità né allo Stato
nient’altro che nuovi problemi. Questo succederà, per esempio, con la riforma regionale delle amministrazioni pubbliche.
Dal momento che soprattutto le questioni inerenti lo svi-
luppo concreto della nostra comunità nazionale solo il nostro
pane quotidiano e che nell’assessore regionale Torrenti
vediamo un sincero interlocutore, che si impegna a migliorare il sistema, ci sembra importante sottolineare, che lo
sviluppo di una comunità è possibile solo se le riforme manterranno le condizioni per ciò che in passato era denominato «confronto dialettico» e che oggi, invece, nello spirito dei giorni nostri, definiamo «concorrenza», per la quale
si prodigano tutti i sistemi sociali sviluppati. Presso l’Ue c’è
addirittura un commissario competente che se ne occupa.
Nel leggere la succitata intervista, scritta da Julijan
#avdek, troviamo una serie di dichiarazioni concrete e per
molti versi condivisibili, per le quali riteniamo che potranno di fatto migliorare le condizioni in cui opera tutta la comunità nazionale slovena in Italia. Ma non possiamo liberarci dell’amara sensazione che dietro alla riforma ci sia un’equazione ideologica, più o meno di questo tipo: riforma=razionalizzazione=unificazione delle organizzazioni =
bene per la comunità nazionale slovena. Noi lo consideriamo un errore.
Che sia chiaro a tutti: ci rendiamo conto che nelle condizioni attuali l’unificazione sia inevitabilmente necessaria e
addirittura utile, soprattutto quando vogliamo impegnarci
come comunità nazionale con un progetto di maggiore portata e idealmente più definito. Concordiamo con l’assessore Torrenti quando afferma che soprattutto in ambito culturale questa scelta può conferire un’impronta più razionale,
di maggiore qualità e sarebbe una grande acquisizione per
tutta la comunità slovena. Benvenga questa unificazione
quando sono in gioco progetti concreti.
Non è, invece, accettabile il recondito tentativo di estendere la logica della razionalizzazione anche a quegli ambiti che garantiscono alla comunità minoritaria un confronto
dialettico, concorrenza e cultura nonché pluralità sistematica. Non possiamo in alcun modo permetterci questo. Per
questo motivo mettiamo in primo piano due controverse
dichiarazioni dell’assessore regionale Torrenti:
1. razionalizzare – organizzare meglio le case editrici e quindi pensare ad una sola che si occupi della stampa plurale, che in altre parole si potrebbe sintetizzare con la razionalizzazione dei media. Noi stessi ci chiediamo a che pro,
a chi gioverebbe e quale valore aggiunto apporterebbe alla
minoranza. Probabilmente nessuno: l’effetto concreto
consisterebbe solo nel trasferire una serie di competenze
tecniche e culturali in un solo centro; forse si otterebbe il
calo del numero dei lettori, com’è successo in Carinzia,
soprattutto diminuirebbe l’autonomia redazionale dei singoli mezzi stampa, il che darebbe il colpo di grazia all’odierna dialettica, già abbastanza debole all’interno della
nostra comunità;
2. abbassare i costi dell’attività dei circoli, quindi risparmiare
in ambito organizzativo. Anche quest’affermazione non ci
sembra opportuna, soprattutto se pensiamo al successo
di alcune realtà, che emergono in ambito sportivo, culturale, nel teatro amatoriale e in ambito musicale, ecc. A questo proposito è in gioco un altro meccanismo, che garantisce concorrenza alla minoranza e in modo efficace coordina il volontariato con il lavoro professionale. Prendiamo
ad esempio la provincia di Gorizia e i successi delle realtà
più piccole, che negli ultimi anni si sono rese visibili a livello regionale, statale ed europeo (vedi l’esempio dell’Olympia
e il progetto delle squadre unite con Val, Naœ Prapor e So@a,
vedi il circolo Emil Komel, che è cresciuto a scuola, vedi il
circolo Œtandre¡ e la sua stagione teatrale di successo, vedi
i nostri cori e potremmo elencare altri esempi). La situazione è probabilmente simile anche in altre province, dove
molte attività di volontariato dei circoli riescono a raggiungere risultati eccezionale con finanziamenti minimi.
Il fatto è che oggi i circoli rivestono un ruolo aggregativo e
riescono a creare legami tra le persone; sono i circoli che
riescono a comunicare attaccamento verso la lingua slovena e i canti. Il fatto è che i circoli, soprattutto nei casi in
cui sono riusciti a compiere un salto di qualità e a coordinare il volontariato con servizi professionali ben organizzati, sono diventati l’elemento più dinamico della nostra
comunità. Grazie ai risultati conseguiti, riescono a diventare, con investimenti molto inferiori, concorrenziali addirittura nei confronti di alcune istituzioni professionali, le quali
d’altro canto hanno grande difficoltà a preservare il proprio
ruolo istituzionale, che si sarebbe dovuto ripensare forse
già vent’anni fa, alla luce dei mutati rapporti geopolitici tra
Italia e Slovenia.
Per questo motivo, spettabile assessore, benvengano le
riforme annunciate se sapranno mantenere una certa
distanza dalla logica predominante che tende alla semplificazione e alla conseguente uniformità e se, nel rispetto
della pluralità, di cui lei stesso ha parlato, sapranno sollecitare anche modelli alternativi di amministrazione, fondati sull’iniziativa autonoma e diversi rispetto alle grandi istituzioni, ma comunque efficaci nell’adempiere al proprio
ruolo.
Peter #ernic, presidente amministrativo della
Cooperativa Goriœka Mohorjeva
Jurij Paljk, caporedattore del settimanale Novi glas
(Novi glas, 29. 1. 2015)
REGIONE
Applicare il protocollo sulle bandiere estere
L’assessore Torrenti sulla questione della bandiera
slovena esposta al «Dom na Matajure»
La questione della bandiera slovena esposta presso il rifugio della Planinska dru¡ina sul Matajur, che ha turbato il
consigliere regionale d’opposizione Roberto Novelli (Forza
Italia) e la destra in provincia di Udine, è stata dibattuta nel
corso di una recente seduta del Consiglio regionale a
Trieste.
Ne ha parlato l’assessore regionale alla cultura, Gianni
Torrenti, il quale ha specificato che la Regione non è competente in merito, mentre la sua risposta a Novelli «deriva dalla sensibilità verso la questione».
In merito alla bandiera sul Matajur, l’amministrazione regionale ha delegato il compito al proprio ufficio di gabinetto
di scrivere al sindaco di Savogna, Germano Cendou, sul
cui territorio risiede il rifugio al centro della questione. La
Regione chiederà a Cendou di chiarire ai gestori del rifugio i contenuti e le norme del protocollo statale sull’esposizione delle bandiere.
Nel caso del Matajur si tratta di un gestore privato di esercizio pubblico, che a detta di Torrenti deve rispettare il protocollo statale. L’assessore regionale, competente anche
per la minoranza slovena, fa espressamente riferimento alla
norma che consente l’esposizione di bandiere di Stati esteri a condizione che se ne rispetti la dignità e vi si affianchi
la bandiera nazionale dello Stato in cui si risiede.
Da quanto afferma Torrenti, dunque, sul tetto del rifugio la
bandiera slovena dovrebbe essere affiancata da quella italiana.
SLOVIIT N° 1 del 31/1/15 pag. 11
Indipendentemente dalle considerazioni di alcuni sulla bandiera slovena affissa sul Matatjur, Torrenti dimentica di considerarla anche espressione dei cittadini italiani di nazionalità slovena, nella quale essi si riconoscono.
L’assessore ha comunque sottolineato l’interesse e la
volontà dell’attuale amministrazione regionale di centrosinistra di tutelare e valorizzare l’identità della minoranza slovena «sia in ambito linguistico che culturale, anche nel più
ampio significato di appartenenza a una comunità con una
chiara identità storica». Ha poi sottolineato l’impegno della
Giunta regionale nel promuovere i rapporti transfrontalieri.
punirà» il sindaco di Stregna
La Regione non «p
L’amministrazione regionale non intende punire o rimuovere, come ha chiesto la destra, il sindaco di Stregna, Luca
Postregna. Novelli (sempre lui) e i suoi seguaci avevano
accusato il primo cittadino del comune delle Valli del
Natisone di aver pubblicato su Facebook, in risposta alle
polemiche sulla bandiera slovena sul Matajur, il noto brano
di Giorgio Gaber «Io non mi sento italiano».
Secondo Torrenti nelle Valli del Natisone sono di casa i valori di accoglienza, tolleranza e democrazia. Sono valori che
emergono anche nelle canzoni di Gaber, compreso il brano
summenzionato, che l’assessore regionale ha definito «un
inno paradossale all’italianità».
La Regione ad ogni modo auspica che tutti gli esponenti
politici delle valli del Natisone – dal sindaco di Stregna ai
consiglieri comunali, provinciali e regionali – operino sulla
base di valori comuni e in questo modo superino il clima
teso e le ostilità, che attualmente incombono sulle questioni
della minoranza slovena.
S. T.
(Primorski dnevnik, 28. 1. 2015)
LA REPLICA
La bandiera slovena qui non è straniera
Le precisazioni del consigliere regionale
della Slovenska skupnost, Igor Gabrovec
Il consigliere regionale della Slovenska skupnost, Igor
Gabrovec, commenta la risposta dell'assessore Torrenti ad
un'interrogazione di Novelli che lamentava l'esposizione
della bandiera slovena sul rifugio del Matajur: «È vero che
per legge i gestori dei locali pubblici, anche se privati, possono esporre bandiere straniere a condizione che siano
accompagnate anche dalla bandiera nazionale. Mi preme
però sottolineare che la bandiera slovena, oltre ad essere il simbolo della vicina Repubblica, è anche la bandiera
di una delle tre comunità linguistiche storicamente presenti
nel territorio del Friuli Venezia Giulia, riconosciute e tutelate da specifiche leggi».
Le minoranze linguistiche e nazionali hanno il diritto naturale di esporre i propri simboli. La Repubblica di Slovenia
cita questo principio a favore della comunità italiana ed
ungherese addirittura nella propria costituzione. La
Costituzione italiana purtroppo non dà questa garanzia che
non viene citata esplicitamente neppure nella legge di tutela della minoranza slovena che tuttavia al comma 2 dell’articolo 7 stabilisce comunque che «il diritto alla denominazione, agli emblemi e alle insegne in lingua slovena spetta sia alle imprese slovene sia alle altre persone giuridiSLOVIIT N° 1 del 31/1/15 pag. 12
che, nonché ad istituti, enti, associazioni e fondazioni sloveni».
«Desidero infine ricordare – conclude il vicepresidente del
Consiglio regionale, Gabrovec – la legge regionale
27/2001. Si tratta di una norma poco conosciuta e purtroppo
sostanzialmente disattesa, ma che all’articolo 6 recita: “Con
riferimento a quanto previsto dall'articolo 3 dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia, sugli edifici pubblici dei Comuni in cui sono insediate popolazioni appartenenti ai diversi gruppi linguistici della Regione, così come
individuati dalla legge 15 dicembre 1999, n. 482, e dalla
legge 23 febbraio 2001, n. 38, viene esposta, accanto alle
bandiere italiana, europea e regionale, anche quella della
comunità di riferimento». Bene sarebbe quindi iniziare a
diffondere le bandiere identificative del Fvg e quelle delle
comunità linguistiche, riconoscendo pieno diritto di domicilio alla variegata compagine culturale e linguistica di questo territorio, accomunata dalla coscienza di appartenere
ad una Regione non per niente e non a caso speciale e
autonoma.
Piena solidarietà del consigliere Gabrovec, infine, al sindaco di Stregna, Luca Postregna, anche egli citato a sproposito nell'interrogazione di Novelli.
(www.igorgabrovec.eu)
L’INTERVISTA
«Ripristinare un buon clima
tra la popolazione di Stregna»
A colloquio con il nuovo sindaco, Luca Postregna
Luna di miele brevissima con la carica di sindaco per Luca
Postregna, insediato alla guida del Comune di Stregna lo
scorso 18 dicembre dal Tribunale amministrativo regionale, che gli ha dato ragione nel ricorso contro l’ex primo cittadino Mauro Veneto che nello spoglio del 26 maggio aveva
prevalso di un voto. Appena il tempo di nominare la giunta nelle persone di Caterina Dugaro (vicesindaco), Claudio
Garbaz e Franco Simoncig nonché di giurare davanti al consiglio comuale, che è stato pesantemente attaccato dall’opposizione e da esponenti del centrodestra valligiano per
aver postato sul proprio profilo Facebook la bella canzone «Io non mi sento italiano» del compianto Giorgio Gaber.
«C’è qualcuno – replica Postregna – che accoglie questo
pezzo per quello che realmente dice e c’è chi guarda solo
al titolo per strumentalizzarlo ed attaccarmi. Non sta a me
giudicare chi non gradisce il titolo e il testo di Gaber, ma
non posso rimanere impassibile di fronte alle provocazioni che colpiscano non solo la minoranza linguistica slovena, ma danneggiano le Valli del Natisone nel loro insieme».
Tra l’altro, Gaber, al secolo Gaberœ@ik, era originario della
vicina Tolmin, addirittura imparentato con il prof. Silvester
Gaberœ@ek, che in Benecia ben conosciamo.
«Mi fa piacere anche questo. E colgo l’occasione per ribadire l’apprezzamento per il suo intervento alla presentazione
del libro sulla storia della Slavia scritto da Giorgio Banchig.
Mi ha fatto davvero piacere e l’ho anche diffuso perché lo
ritengo estremamente educativo».
Sindaco Postregna, come sono state le prime settimane
alla guida del Comune?
«Mi sono trovato subito molto impegnato nell’attività amministrava e in riunioni sovracomunali. In particolare con i colleghi delle Valli e a livello di ambito socio assistenziale in
merito all’attuazione della riforma delle autonomie locali».
A questo proposito, qual è la posizione di Stregna?
«Io, il sindaco di Savogna e quello di Drenchia abbiamo
inviato agli altri primi cittadini una bozza di documento nel
quale si propone la costituzione di un’Unione nella fascia
confinaria con la Slovenia tra i comuni dell’attuale
Comunità montana nei quali è riconosciuta la minoranza
slovena al fine di usufruire della deroga, come previsto dalla
legge regionale, al numero minimo di abitanti e alla previsione di far coincidere le unioni intercomunali con gli ambiti socio assistenziali».
Perché questa scelta?
«Credo che questa dimensione per un’area svantaggiata
come la nostra sia negli interessi dei cittadini che appartengono alla minoranza slovena e di quelli che non si riconoscono in essa. Non si tratta di fare dichiarazioni di appartenenza perché Stregna nell’elenco dei Comuni tutelati c’è
già e questo ci dà il diritto di chiedere la deroga».
Lei non ha lesinato critiche all’amministrazione comunale
precedente. In che condizioni ha trovato il Comune?
«Il dissenso era per le scelte politiche del mio predecessore, non era una critica generalizzata. Sicuramente in questo momento il Comune di Stregna si trova in gravi difficoltà perché con il pensionamento di una dipendente ci troviamo completamente scoperti nel servizio di ragioneria.
Non ne faccio una colpa a Veneto, che si era attivato per
coprire questo ruolo. Io ho tempestato di richieste di aiuto
i colleghi delle Valli, affinché mi aiutino a rimediare a questa carenza».
Sotto il profilo politico da lei ci si attende discontinuità...
«Io avevo fatto una decisa apertura nei confronti della minoranza consiliare, offrendole due assessorati. Questa linea
di collaborazione intendo mantenerla anche in futuro».
Ma il rifiuto della mano che ha teso le brucia?
«Credo che le motivazioni che la minoranza consiliare ha
espresso siano soprattutto quelle dell’ex sindaco Veneto,
con il quale ancora non gira un buon vento».
Il muro contro muro potrà cadere strada facendo?
«Sì, assolutamente. Anche perché non mi comporterò come
chi mi ha preceduto. Ad esempio, non succederà che le
associazioni che non rientrano nelle simpatie dell’amministratore non vengano considerate in maniera opportuna,
come è stato fatto nel recente passato a Stregna».
È noto il suo impegno nel campo ambientale. Sarà questo la stella polare del suo mandato?
«La mia prima preoccupazione è quella di ripristinare un
buon clima tra la popolazione. Ovviamente l’ambiente sarà
un cavallo di battaglia e su questo molto potrà arrivare dal
nuovo piano paesaggistico regionale per il quale si è impegnata l’assessore Santoro. Perseguiremo uno sviluppo
sostenibile che valorizzi le ricchezze del territorio».
Parliamo di collaborazione transfrontaliera. Quali proposte
porterà a Kobarid il 17 gennaio?
«Vedrò di concordarle con gli altri sindaci delle Valli. Con
gli amministratori di Kobarid e Tolmin ho avuto dei contatti
nei giorni scorsi. Devo dire, però, che mi sta molto a cuore
coinvolgere nella collaborazione anche il Comune di Kanal
ob So@i, che confina con il nostro».
Ezio Gosgnach
(Dom, 15. 1. 2015)
VALLI DEL NATISONE
NEDIŒKE DOLINE
Unione della Slavia in salita,
ma la battaglia continua
Drenchia, Savogna e Stregna raccolgono
adesioni al progetto
Tre Comuni senza timori reverenziali stanno dando battaglia affinché la Slavia/Bene@ija abbia una propria autonomia amministrativa e non affoghi nel mare friulano a causa
della riforma delle autonomie locali varata dalla Regione.
Drenchia, Savogna e Stregna sono le municipalità più piccole delle Valli del Natisone, ma coraggiosamente stanno
sostenendo con tutte le forze l’idea dell’istituzione di
un’Unione territoriale tra i Comuni della fascia confinaria
della provincia di Udine. I loro sforzi hanno già ottenuto risultati, dato che a una tale Unione si sono detti interessati
anche Grimacco, Lusevera e Taipana. I più grandi San
Pietro al Natisone, San Leonardo e Pulfero sembrano, invece, non sapere quali pesci pigliare. Non hanno aderito all’iniziativa di Drenchia, Savogna e Stregna, ma sono spaventati dal progetto di Cividale del Friuli, che spinge per
un’Unione molto ampia, estesa fino a Pavia di Udine e
Trivignano Udinese, con 65 mila residenti.
A metà febbraio la Giunta regionale disegnerà i confini delle
Unioni territoriali. La legge, approvata a maggioranza a fine
novembre, stabilisce che esse debbano ricalcare gli Ambiti
socio-assistenziali e contare almeno 40 mila abitanti, 30
mila se comprendono territori montani. Secondo tale logica, la Slavia/Bene@ija – attualmente compresa nella sua
interezza nella Comunità montana del Torre, Natisone e
Collio, che verrà soppressa il prossimo 31 ottobre – verrebbe smembrata e suddivisa tra due Unioni. Le Valli del
Natisone andrebbero con Cividale, Manzano, San Giovanni
al Natisone e altri. Le Valli del Torre con Tarcento, Povoletto,
Reana, Tricesimo. Non è difficile comprendere come in enti
di tal fatta, anche in conseguenza del sistema di governo
e di voto previsto dalla legge, i grossi centri di pianura dominerebbero sul territorio montano e la componente linguistica friulana su quella slovena.
Ma esiste un’altra ipotesi. La riforma delle autonomie locali del Fvg stabilisce che i 32 Comuni nei quali è riconosciuta
la minoranza slovena, nell’istituzione delle Unioni, possano ottenere la deroga ai tre criteri fondamentali della continuità territoriale, del numero minimo di residenti e di far
parte dello stesso Ambito socio-assistenziale. Nel concreto,
ciò significa che i Comuni della minoranza slovena potrebbero unirsi tra loro, mantenendo in loco il potere decisionale e, di conseguenza, essere artefici del destino del proprio territorio.
Dai palazzi regionali trapela che la Giunta sarebbe intenzionata a una lettura restrittiva della norma e ben difficilmente concederà la deroga, tarpando di fatto l’aspirazione all’autonomia amministrativa della Slavia/Bene@ija.
SLOVIIT N° 1 del 31/1/15 pag. 13
Di questo i Comuni di Drenchia, Savogna e Stregna, nonché gli altri che hanno accolto la loro iniziativa, sono pienamente consapevoli, ma sono intenzionati a giocare tutte
le carte a loro disposizione per il futuro del proprio territorio e per gli interessi della propria popolazione.
Una grossa mano potrebbe venire loro dal fatto che in tutta
la regione, anche dai Comuni più importanti, stiano emergendo proposte di Unioni molto diverse da quelle pensate dal legislatore regionale.
A margine dell’incontro transfrontaliero degli amministratori tenutosi il 17 gennaio a Kobarid, lo stesso capogruppo del Pd in Consiglio regionale, Cristiano Shaurli, ha aperto un varco ai Comuni della Slavia. «Valli del Natisone e
del Torre devono avere il coraggio di mettersi insieme.
Questi territori, dimostrando che uniti riescono anche ad
affrontare sfide come quella della programmazione europea, darebbero il miglior segnale sia al legislatore regionale, ma soprattutto a loro stessi, per arrivare a una modifica delle unioni territoriali così come pensate, almeno in
bozza, nella legge di riforma».
Decisamente con i Comuni fautori di un’Unione della Slavia
si schiera il vicepresidente del Consiglio regionale, Igor
Gabrovec. «Se dal territorio arrivano proposte serie e fondate – afferma – davvero non vedo come la Giunta regionale, nonostante la linea di condotta che si è data, possa
ignorarle».
M. Z.
(Dom, 31. 1. 2015)
SLAVIA-BENE#IJA
Con la pianura sarebbe abbraccio letale
Due possibilità per i Comuni: alla mercé
dei centri friulani o Unione autonoma della Slavia
Si susseguono contatti e riunioni informali tra i sindaci della
Slavia in vista dell'attuazione della riforma delle autonomie
locali. Al centro del dibattito c’è la delimitazione, di competenza della Giunta regionale, delle Unioni che assorbiranno alcune delle competenze delle attuali Province e la
maggior parte di quelle adesso esercitate dai Comuni, in
primo luogo da quelli piccoli.
Ora, la legge varata alla fine di novembre prevede che i
nuovi enti sovracomunali ricalchino i confini degli ambiti
socio assistenziali e abbiano una popolazione di almeno
quarantamila residenti, quota che scende a trentamila nel
caso vi aderiscano Comuni appartenenti alle Comunità
montane, enti che chiuderanno definitivamente i battenti il
31 ottobre di quest’anno.
In questo quadro, la Slavia-Bene@ija verrebbe smembrata in due tronconi.
Le Valli del Natisone verrebbero inglobate nell'Unione cividalese, che arriva fino a San Giovanni al Natisone,
Manzano e Buttrio, mentre le Valli del Torre andrebbero
con il Tarcentino, che si estende a Tricesimo, Reana e
Cassacco. La Valcanale e Resia starebbero con il
Gemonese.
A causa del voto ponderale, il che significa che ogni
Comune vale per il numero di abitanti che ha, le nostre
municipalità di montagna nelle nuove Unioni conterebbero niente e sarebbero completamente alla mercé dei grandi centri della pianura.
C'è tuttavia una via d'uscita. La legge prevede che per i
SLOVIIT N° 1 del 31/1/15 pag. 14
32 comuni nei quali è riconosciuta la minoranza slovena
si possa derogare ai tre principi fondamentali delle Unioni,
cioè all'appartenenza allo stesso ambito socio assistenziale,
al numero minimo di residenti e alla continuità territoriale.
La deroga è, in definitiva, l’estrema chance concessa alla
Slavia/Bene@ija per diventare artefice del proprio destino
e invertire la perversa spirale che la sta portando alla morte.
In qualsiasi altra parte del territorio regionale non esiterebbero a giocare questa carta. Sul Carso triestino e goriziano, ma anche in Valcanale e Resia si stanno orientando in questo senso.
Nelle Valli del Natisone e del Torre, invece, non ci sono
idee chiare. Gran parte degli amministratori locali sembra
stata colta completamente impreparata da una riforma che
li chiama direttamente in causa.
Secondo quanto trapelato, favorevolmente a un’Unione
della Slavia si sarebbero espresse le amministrazioni di
Drenchia, Grimacco – il cui consiglio comunale ha già
approvato una richiesta in tal senso –, Savogna, Stregna,
Taipana e Lusevera, con Attimis alla finestra. Altri, come
Nimis e Pulfero, avrebbero la volontà di andare agli ordini della pianura friulana, altri ancora avrebbero il timore che
la classe politica beneciana non sia in grado di gestire una
macchina amministrativa complessa come quella delle
Unioni.
I sindaci di Drenchia, Mario Zufferli, di Savogna, Germano
Cendou, e di Stregna, Luca Postregna, hanno preso in
mano la situazione. Hanno redatto un documento a favore della nascita di un’Unione della fascia confinaria e l’hanno inviato ai colleghi di quei comuni appartenenti alla
Comunità montana nei quali è riconosciuta la minoranza
slovena. Chiedono «una manifestazione d’interesse a questa proposta entro il giorno di lunedì 19 gennaio» in quanto «il giorno 20 gennaio alle ore 18. è convocata una riunione presso il municipio di San Pietro al Natisone.
Sulla base della partecipazione verrà inoltrata la proposta
alla Regione Fvg, chiedendo nel contempo anche un incontro con i rappresentanti regionali per un esame congiunto
della richiesta stessa».
Dall’adesione o meno all’iniziativa, sarà chiaro quale parte
della classe politica beneciana ha veramente a cuore il
destino della propria terra e a chi, invece, vada bene che
siano altri, dall’esterno, a gestire il nostro territorio, mantenendo per sé un ruolo puramente rappresentativo. Cioè
chi vorrebbe, in concreto, fregiarsi di titoli, indossare la fascia
tricolore, tagliare nastri, pavoneggiarsi a feste e ricevimenti,
ma lasciare ad altri la (non)soluzione dei problemi.
Una scelta comoda per certuni politici, ma mortale per la
Slavia/Bene@ija.
È bene, comunque, sgomberare il campo da un equivoco:
la Giunta regionale non concederà a cuor leggero le deroghe previste dalla legge. Le amministrazioni valligiane, sindaci in testa, dovranno impegnarsi a fondo per non fare la
fine di semplici spettatori di fronte a decisioni prese sulla
testa della loro gente dall’esterno.
Un ultimo appunto. Nella richiesta di deroga non è richiesta alcuna professione di slovenità, ma solo il richiamo a
una già esistente situazione giuridica, quella data dal decreto attraverso il quale il presidente della Repubblica ha fissato l’ambito territoriale della tutela della minoranza slovena.
Magari qualcuno dovrà ingoiarsi il rospo, dopo aver sostenuto per anni che la legge 38/01 non portava benefici alla
Slavia. Ma, pazienza, il passaggio storico è di quelli fondamentali per il futuro della nostra popolazione.
M. Z.
(Dom, 15. 1. 2015)
L’OPINIONE
La Slavia si riscatti dalla schiavitù
È stato papa Paolo VI ad istituire e celebrare per primo la
ormai tradizionale Giornata mondiale della pace. Era il 1o
gennaio del 1968. Scrisse allora il papa che «la proposta
non intende qualificarsi come esclusivamente nostra, religiosa, cioè cattolica; essa vorrebbe incontrare l’adesione
di tutti i veri amici della pace, come fosse iniziativa loro propria, ed esprimersi in libere forme, congeniali all’indole particolare di quanti avvertono quanto bella e quanto importante sia la consonanza d’ogni voce nel mondo per l’esaltazione di questo bene primario, che è la pace». La ricorrenza di quest’anno, il 48°, porta il titolo: «Non più schiavi ma fratelli».
Il tema della fraternità umana è sempre presente nei messaggi papali che si sono susseguiti per questa ricorrenza
nella costante tensione della Chiesa di indicare all’umanità
le varie strade da percorrere per ottenere questo bene,
superiore ad ogni altro bene, come unica soluzione ai problemi dell’umanità. Non per niente in ogni atto che accompagnò la venuta, la vita, la morte e la resurrezione di Gesù
Cristo, la pace rimase l’augurio ed il saluto primario. «Pace
a voi!» dal coro degli angeli a Betlemme per il primo Natale
alla sua apparizione, da risorto, agli increduli apostoli. Alla
pace i pontefici hanno accostato i più sublimi significati di
un vivere civile degno dell’uomo, come il rispetto dei diritti della persona, della difesa della vita, dei beni del creato, della libertà religiosa, della solidarietà, della donna, della
famiglia, delle minoranze e delle diversità, della coscienza di ogni uomo, del dialogo tra le culture, della lotta alla
povertà e alla discriminazione.
Papa Francesco già nel primo anno del suo pontificato
aveva richiamato come basilare la «fraternità come fondamento e via per la pace» e quest’anno, per ribadire il
concetto cristiano della pace non ha esitato ad usare una
terminologia che a molti sembra ormai superata: «Non più
schiavi ma fratelli». Parlare di schiavitù nel 2015?
Un’esagerazione? Ai più potrebbero venir in mente gli ebrei
schiavi nella Babilonia di Nabucodonosor, il gladiatore
Spartacus in rivolta per la libertà o magari, per chi ha letto
il romanzo di Harriet Beecher Stowe, «La capanna dello
zio Tom», che tanto contribuì alla causa abolizionista della
schiavitù in America. Incontrandola, Abraham Lincoln avrebbe esclamato: «Allora questa è la piccola signora che ha
scatenato questa grande guerra». La guerra civile americana, della cui fine in aprile verrà ricordato il 150° anniversario, se non altro portò all’abolizione della schiavitù dei
«negri», ma, come vediamo anche in questi giorni, è ancora molto lungo e accidentato il cammino per arrivare alla
pace.
«Non più schiavo, ma fratello», ribadisce il papa, segnalando il passo ulteriore da compiere. E ciò non vale sono
per le questioni razziali, ma è in gioco l’uguaglianza dei diritti riservati ai figli di uno stesso padre. Ma papa Francesco,
che conosce i mali dell’odierna società, sa che «purtroppo, la sempre diffusa piaga dello sfruttamento dell’uomo
da parte dell’uomo ferisce gravemente la vita di comunione e la vocazione a tessere relazioni interpersonali improntate a rispetto, giustizia e carità. Tale abominevole fenomeno, che conduce a calpestare i diritti fondamentali dell’altro e ad annientarne la libertà e dignità, assume molteplici forme sulle quali desidero brevemente riflettere, affin-
ché, alla luce della Parola di Dio, possiamo considerare tutti
gli uomini “non più schiavi, ma fratelli”».
Anche noi, piccola minoranza etnolinguistica, già discriminati ed umiliati abbiamo vinto, come gli americani, la
nostra battaglia legale, essendo stati riconosciuti dalle leggi
dello Stato, ma ci rimane ancora il compito di recuperare
appieno la nostra piena dignità, che nessuna legge ci potrà
mai dare senza la nostra volontà di riscatto.
Riccardo Ruttar
(Dom, 15. 1. 2015)
CIVIDALE – #EDAD
Sostegno alla lingua, ma anche all’economia
Al «Dan emigranta» hanno parlato il presidente
della Commissione paritetica Stato-Regione Fvg,
Ivano Strizzolo, e la presidente dell’Istituto per la cultura
slovena, Bruna Dorbolò
La parte del territorio della provincia di Udine nel quale è
insediata la minoranza slovena è in estrema difficoltà demografica e sociale. Ha bisogno di forte sostegno economico. Lo strumento c’è già ed è l’articolo 21 della legge statale di tutela della minoranza slovena che stanzia fondi per
lo sviluppo di Slavia, Resia e Valcanale.
Lo ha evidenziato il presidente della Commissione paritetica Stato-Regione Fvg, Ivano Strizzolo, intervenendo al
«Dan emigranta», tenutosi il 6 gennaio a Cividale, in un
teatro «Ristori» gremito in ogni ordine di posti.
«Noi riteniamo che uno degli elementi fondanti dell’autonomia sia proprio la presenza della minoranza slovena –
ha affermato –. In una stagione di grandi cambiamenti e
riforme c’è la necessità di dare ancora un sostegno e appoggiare le iniziative non solo sul versante della cultura e della
lingua, ma anche delle attività economiche e sociali. Questo
territorio va sicuramente incoraggiato per fronteggiare lo
spopolamento. Bisogna ripensare alla legge 38 del 2001,
che presenta uno stanziamento abbastanza limitato per lo
sviluppo. È un piccolo segno che deve essere rinvigorito,
rafforzato proprio per sostenere le persone, le associazioni,
le piccole imprese artigianali e commerciali locali, che con
tanta fatica garantiscono un minimo di tessuto sociale nelle
vallate del Natisone, del Torre e nella Valcanale. Sono presidi prima di tutto di umanità, di difesa di una presenza non
solo per l’ambiante, ma anche per la persona, per un tessuto sociale che non deve essere trascurato ed ignorato.
Alla politica spetta dare speranza ai giovani, perché sono
loro che possono difendere il territorio dallo spopolamento: dobbiamo aiutarli a restare in queste valli. Le istituzioni statali e regionali devono fare in modo che la minoranza slovena si conservi e cresca, assieme alle comunità friulane e tedesche. La Regione deve rimanere speciale anche
in virtù del suo plurilinguismo e della sua multiculturalità,
che sono una ricchezza per l’Italia intera e per l’Europa».
A nome degli sloveni della provincia di Udine ha parlato
Bruna Dorbolò, presidente dell’Istituto per la cultura slovena
di San Pietro al Natisone. Le sue richieste si possono sintetizzare in tre punti: estendere l’insegnamento in sloveno
alle Valli del Torre, a Resia e alla Valcanale; mettere in
un’Unione i Comuni della provincia di Udine nei quali è riconosciuta la minoranza slovena; individuare e mettere in atto
strategie di sviluppo in grado di tenere sul territorio i giovani, che sono la prima ricchezza della comunità.
SLOVIIT N° 1 del 31/1/15 pag. 15
«Coloro che hanno voce in capitolo si rimbocchino le maniche oggi. Domani per la nostra comunità potrebbe essere già troppo tardi», ha affermato Dorbolò.
Il sindaco di Cividale, Stefano Balloch, ha portato il saluto della città. «Siamo stati accolti dall’energia che i giovani sanno esprimere con la musica – ha detto –. Esprimo
gratitudine alle organizzazioni slovene per aver saputo coltivare le tradizioni del territorio. Sono in chiusura del mio
mandato e sono estremamente lieto di aver contribuito a
far sì che anche Cividale potesse venire incontro alle esigenze della minoranza slovena. Mi auguro che continui il
processo che possa agevolare ancora di più un’Europa
sempre più integrata, che riscopre nelle radici i valori veri
della nostra società».
I giovani sono la nostra forza e il nostro futuro, come ha
sottolineato Bruna Dorbolò, e lo hanno dimostrato al Dan
emigranta non solo attraverso la presentazione in forma
bilingue della serata, ma anche nel programma culturale
seguito agli interventi. All’esibizione iniziale del gruppo musicale Blue fingers, che ha vinto lo scorso novembre il Festival
della canzone della Slavia friulana-Senjam Beneœke piesmi, è seguita nella parte conclusiva il musical «Krajica
Vida». Il testo della nota leggenda è stato scritto da Aldo
Clodig e l’accompagnamento musicale arrangiato da Davide
Clodig. Sotto la regia di Elisabetta Gustini si sono esibiti il
soprano Elisa Iovele, il baritono Goran Ruzzier, il coro di
voci bianche «Mali lujerji», il coro giovanile, la piccola orchestra e i solisti della scuola di musica di San Pietro Glasbena
matica, il gruppo teatrale della scuola bilingue. Una bella
rappresentazione che ha riscosso un lungo e meritato
applauso.
(Dom, 15. 1. 2015)
UKVE-UGOVIZZA
«Un popolo in estinzione»,
nuovo libro di don Mario Gariup
Presentato il libro sulla vita degli sloveni della Valcanale
Nella sala dell’ex latteria di Ugovizza/Ukve, martedì 30
dicembre il parroco del paese, don Mario tratta l’intera storia degli sloveni della Valcanale/Kanalska dolina. Il libro s’intitola «Un popolo in estinzione – 1000 pagine per 1400 anni
di storia degli Sloveni della Val Canale tra Tedeschi, Friulani
e Italiani».
Come specificato dallo stesso Gariup, il libro non costituisce una pubblicazione scientifica ed è rivolto soprattutto a
quei valcanalesi che vorrebbero sapere qualcosa di più delle
proprie radici slovene, ma anche agli appartenenti alle
restanti tre comunità linguistiche della zona ed al più ampio
circolo dei lettori italiani. La pubblicazione si propone di illustrare la storia quotidiana della gente comune e di togliere la patina di retorica data dai libri di storia.
Nel libro, Gariup è piuttosto diretto e menziona avvenimenti,
dinamiche e circostanze che hanno avuto influsso sulla
locale popolazione slovena – senza lesinare nel riportare
anche quanto l’ha, in qualche modo, umiliata. Durante la
presentazione, Gariup non ha potuto fare a meno di ricordare la situazione particolare della Valcanale: per lunghi
secoli facente parte dell’area bilingue tedesco-sloveno della
Carinzia meridionale, si è ritrovata annessa all’Italia col
Trattato di Saint-Germain-en-Laye del 1919 e la sua traSLOVIIT N° 1 del 31/1/15 pag. 16
dizionale multietnicità ha dovuto fare i conti con l’ondata
dei nazionalismi e con la Seconda guerra mondiale, che
sarebbero seguite di lì a poco. L’allora parroco di
Camporosso/˘abnice, Pius ˘ankar, constatava: «Slovenci
ste, pa no@ete biti, radi bi bili Nemci, pa ne morete biti, ne
marate biti Italijani, pa morate biti», che tradotto suona così:
«Siete sloveni, ma non volete esserlo, vi piacerebbe essere tedeschi, ma non potete esserlo, non vi piace essere
italiani, ma dovete esserlo».
A proposito del clima generale di quegli anni in Valcanale
è stato riportato, ad esempio, di come nel 1924 – poco
tempo dopo l’annessione della Valcanale all’Italia – la prefettura dispose la chiusura dell’allora comune di UgovizzaValbruna perché i consiglieri comunali avevano effettuato
interventi in sloveno. O di come, negli anni del fascismo,
sulla scuola di Ugovizza facesse bella mostra di sé l’esemplificativa scritta: «Un popolo che sorge ha dei diritti
di fronte ai popoli che declinano».
Entro questo quadro, non poche lacerazioni fra la popolazione locale sono state causate dalle Opzioni del 1939, che
hanno portato a sviluppi drammatici anche per la comunità slovena – dal momento che anche molti sloveni (e non
solo tedeschi della Valcanale) hanno optato: a
Valbruna/Ov@ja vas, ad esempio, questo è avvenuto in
massa. Sempre nell’ambito delle dinamiche delle Opzioni
va, peraltro, ricordato che gli sloveni della Valcanale hanno
paradossalmente finito con l’occupare le case di altri sloveni carinziani – evacuati o perché sloveni o perché avevano prestato aiuto ai partigiani. Passato il secondo conflitto mondiale, le difficoltà per la componente slovena valcanalese non si sono comunque esaurite. Durante la presentazione del libro è stata, ad esempio, ricordata l’attività
dell’organizzazione segreta «Gladio» anche in questa parte
di territorio a ridosso del confine.
Nel corso della presentazione, il libro e l’autore sono stati
introdotti anche da Antonio Sivec, presidente
dell’Associazione/Zdru¡enje «Don Mario Cernet», e dall’ingegnere Sergio Dell’Anna. Entrambi hanno richiamato
l’attenzione dei presenti sulla preoccupazione dell’autore
per la locale cultura slovena e su alcuni singoli contenuti
del libro – che riporta anche le dinamiche collegate alla quotidianità dei paesi ed ai loro dissidi interni.
L’intervento del direttore responsabile del quindicinale
«Dom», Marino Qualizza – assente per motivi di salute –
è stato letto dalla moglie dell’ingegnere Dell’Anna.
In esso, Qualizza si rammarica di come in Valcanale le autorità pubbliche si siano spesso, nel corso della storia, in primo
luogo preoccupate del proprio tornaconto e di come anche
la Chiesa, entro queste dinamiche, sia rimasta legata al
potere politico: non più profetica della libertà cristiana, ma
suddita del potere. Per Qualizza, in Valcanale come nelle
altre zone della Regione in cui si parla sloveno, l’essere
sloveni, avere una cultura ed esprimerla, costituiscono la
persona reale; tolto ciò, resta solo la persona artificiale. E
per la cultura slovena, i problemi sono sorti soprattutto dopo
la Seconda guerra mondiale, quando non si è differenziato tra lingua e partito politico.
Luciano Lister
(Dom, 15. 1. 2015)
La Cooperativa Most pubblica anche il
quindicinale bilingue Dom.
Copie omaggio sono disponibili
allo 0432 701455
L’attività del Comitato è volta a costruire una società plurale e democratica
CONSIGLIO D’EUROPA
Le minoranze nazionali sono fonte
di ricchezza e non di tensioni
Relazione del Comitato consultivo sull’attuazione della Convenzione quadro
per la tutela delle comunità linguistiche nel Vecchio continente
I
l comitato consultivo del Consiglio d’Europa, al quale
spetta di valutare l’attuazione della Convenzione quadro
per la tutela delle minoranze nazionali, al termine del suo
mandato biennale è impegnato nell’esaminare il quarto ciclo
di relazioni dei singoli Stati membri. Nella relazione, che
lo stesso Comitato ha pubblicato recentemente, si sottolinea che attualmente molti Stati membri dispongono di strumenti sufficienti a garantire i diritti degli appartenenti alle
minoranza nazionali. Nel suo mandato il comitato non si è
soffermato solo sull’operato, svolto dagli Stati, ma anche
su quello delle Regioni e delle Amministrazioni locali. Lo
ha fatto dopo aver constatato come il livello di tutela, a livello regionale, sia spesso diverso in senso positivo o negativo, di quello a livello statale.
Il Comitato si è anche impegnato ad informare la più ampia
opinione pubblica sulla sua attività e, nella relazione conclusiva, ha sottolineato la necessità di migliorare il sito internet della Convenzione quadro di una maggiore presenza
nei mezzi di comunicazione pubblici.
Ma queste sono solo le riflessioni introduttive. Il Comitato
ha, infatti, dedicato la maggior parte del suo tempo all’analisi delle relazioni provenienti dai singoli Stati, alla visita di questi e alla verifica dello status quo, nonché della
stesura delle relazioni autonome legislative internazionali
sulla situazione delle minoranze. «In un periodo in cui in
Europa si assiste ad un crescendo di fenomeni di intolleranza e di attacchi fisici nei confronti degli appartenenti alle
minoranze – si legge nell’introduzione della relazione - è
fondamentale che gli Stati facciano uso attivo e in deciso
di queste relazioni, al loro interno e a livello internazionale, nell’accogliere decisioni e provvedimenti attraverso le
quali garantire di fatto i diritti agli appartenenti alle minoranze nazionali».
La relazione contempla anche un breve inquadramento storico di questo primo e vincolante documento legislativo legato alla tutela delle minoranze in Europa; nato nel 1990, trae
fondamento dal principio secondo il quale la tutela delle
minoranze nazionali è parte integrante dei diritti umani generalmente riconosciuti, nel contempo rappresenta un quadro legislativo di importanza vitale al fine di garantire lo sviluppo democratico, la pace e la sicurezza in Europa. Per
questo motivo hanno fatto della Convenzione quadro un
documento vincolante sul piano legislativo, un meccanismo
multilaterale dei diritti umani, che renda possibile il raggiungimento di questi obiettivi.
Con la ratifica della convenzione, gli Stati firmatari si impegnano a rispettare i principi contemplati dal documento e
nel contempo acconsentono alle regolari verifiche sullo stato
di attuazione e tutela dei diritti degli appartenenti alle minoranze nazionali. Attraverso la ratifica hanno aderito alla con-
venzione 39 Paesi membri del Consiglio d’Europa, 8 non
l’hanno ancora ratificata, il che dimostra che in Europa permangono ancora diversi modi di interpretare la questione
della tutela delle minoranze. Per i 39 Stati aderenti, invece, l’attuazione di questo documento rappresenta una sfida
quotidiana, dal momento che è necessario affermare la
Convenzione quadro nella prassi. Un lavoro che richiede
tempo e che va svolto costantemente, indipendente dall’alternanza dei governi, dal venir meno della volontà politica e dall’andamento dell’economia.
Nel suo operato il Comitato consultivo ha seguito l’iter adottato dai singoli Stati nell’includere nel proprio ordinamento legislativo i principi contemplati dalla Convenzione quadro. Ha accolto con favore l’approvazione di numerose leggi
inerenti questo ambito e ha rilevato come sia data priorità
al dialogo e alle consultazioni con le minoranze sulle questioni che le riguardano. Questo sviluppo è fondamentale
per impostare condizioni favorevoli alla tutela dei diritti delle
minoranze.
In questo procedimento è apparso evidente come la sola
legislazione non sia sufficiente. Il fatto è che a volte le leggi
non vengono attuate in tutto lo Stato. In altre parole le leggi
da sole non apportano modifiche alla cultura politica di uno
Stato. L’attività del Comitato consultivo ha dimostrato che,
al fine di modificare la quotidianità degli appartenenti alla
minoranze, i governi, oltre a migliorare la legislatura e a
garantire strutture adeguate, devono assumere adeguati
provvedimenti nella prassi e a tutti i livelli. Per un approccio integrato alle questioni delle minoranze nazionali è
necessaria una volontà ferma nonché conoscere i loro problemi e promuovere la parità effettiva attraverso provvedimenti positivi. Garantire l’integrazione delle minoranze,
escludendo qualsiasi forma discriminante, in tutti gli ambiti della vita quotidiana dovrebbe diventare parte integrante di tutte le decisioni politiche; se questo accadrà non ne
trarranno beneficio solo le minoranze, che potranno concorrere allo sviluppo sociale senza celare o rinunciare alla
propria identità, ma sarà più positiva anche la percezione
delle minoranze da parte della più ampia opinione pubblica.
Nonostante il Comitato consultivo del Consiglio d’Europa
stia per entrare nel suo 16° anno di attività, si rende conto
di come persistano ancora tendenze preoccupanti, che rappresentano una minaccia al pacifico godimento dei propri
diritti da parte degli appartenenti delle minoranze.
Nella promozione della società multiculturale, gli Stati si trovano di fronte ad una sfida costante: da una parte devono affermare il principio di appartenenza allo Stato, dall’altra
garantire la diversità ed esortare i cittadini ad affermare la
propria identità. Il Comitato consultivo è convinto che, affinSLOVIIT N° 1 del 31/1/15 pag. 17
ché si realizzi una società realmente integrata e pluralista,
sia necessario l’impegno della maggioranza e delle minoranze. I governi devono impegnarsi per evitare conflitti. Ne
trarranno sicuramente maggiore vantaggio, anziché creare divari tra le varie comunità e innescare tensioni durature.
Purtroppo in Europa ci sono ancora situazioni nelle quali
gli appartenenti alle minoranze vengono trattati come cittadini sleali. Una situazione, questa, che vede perdenti tutti:
negare l’identità è violare i diritti minoritari, il che crea tensioni, nel contempo lo Stato ha difficoltà a riconoscere i diritti a queste minoranze e l’opinione pubblica resta indifferente.
Il principio a fondamento della Convenzione quadro verte
sulla convinzione che la diversità culturale è una ricchezza per la società e non fonte di tensioni. Per questo motivo gli Stati sono chiamati a esortare attivamente alla tolleranza e al dialogo multiculturale. Il rispetto e la comprensione reciproci consentono alle minoranze di tutelare
e sviluppare la propria identità. Preoccupano molto, quindi, gli episodi di razzismo e la nascita di partiti politici con
contenuti xenofobi. Qui non si tratta solo di violazione dei
principi della Convenzione quadro, ma di una reale minaccia agli appartenenti delle minoranze, soprattutto quando
si verificano incidenti o addirittura aggressioni fisiche.
A questo proposito il Comitato consultivo ha richiamato l’attenzione anche sull’operato dei mezzi di comunicazione e
dei partiti politici, che considerano le minoranze un ostacolo allo sviluppo e quindi un peso per la società. In questi casi è necessario l’intervento attivo delle autorità anche
al fine di rimuovere le cause che creano disuguaglianza.
Molto importanti sono anche le attività legate all’insegnamento delle lingue minoritarie. Garantire i diritti linguistici
nella società, l’insegnamento delle lingue minoritarie e la
formazione degli insegnanti sono attività che richiedono
molti finanziamenti. Anche se qui la posta in gioco non è
il denaro, ma la tutela dell’identità. La Convenzione quadro esorta la promozione del plurilinguismo e della collaborazione transfrontaliera, aspetti efficaci sul piano finanziario nel mondo globalizzato. Ad ogni modo la convenzione
evidenzia il diritto degli appartenenti alle minoranze all’insegnamento nella propria lingua, il che non esclude l’insegnamento della lingua ufficiale dello Stato di riferimento.
In alcuni Stati la polarizzazione della società poggia su confini linguistici e questo non impedisce solo pacifiche discussioni sulla presenza della lingua minoritaria e sulla sua visibilità nella società, ma persino sulle questioni di principio
di tutela delle minoranze. I fatti in alcuni Stati dimostrano
quanto sia sensibile l’argomento e con quanta facilità venga
strumentalizzato, ma evidenzia anche quanto siano vulnerabili gli appartenenti alle minoranze quando la tensione cresce. Anche per questo motivo sono necessari provvedimenti a lungo termine, capaci di cogliere le radici delle
tensioni e di impostare un rapporto di fiducia reciproca. (…)
Un ulteriore sfida per gli Stati sta nel fatto che le minoranze
non sono comunità omogenee. Anche all’interno di uno
Stato esse, infatti, si differenziano per numero, densità, lingua, fede, approccio alle attività economiche e altro. In questi casi non esistono soluzioni comuni per tutte le minoranze
e per questo sono ancor più necessari meccanismi che poggiano sulla collaborazione e consulenza con le minoranze già nella fase di formulazione delle decisioni.
Come possono quindi gli Stati attuare la Convenzione quadro? A questo proposito il Comitato consultivo richiama l’attenzione sulla necessità di un approccio trasparente al diaSLOVIIT N° 1 del 31/1/15 pag. 18
logo. La comunicazione è, infatti, una condizione indispensabile alla comprensione, il rispetto reciproco e alla
fiducia; senza di essa la diversità diventa un pretesto per
fomentare tensione. Gli Stati firmatari della Convenzione
quadro non sono tenuti solo a garantire libertà di espressione alle minoranze, ma anche a prestare loro ascolto e
adottare i provvedimenti opportuni. L’attività del Comitato
consultivo non è, quindi, un processo a senso unico, ma
un dialogo continuo che va aldilà della relazione redatta
ogni cinque anni e che oltre gli Stati riguarda anche le organizzazioni non governative e altre fonti indipendenti. Si tratta di fattori che, pur con ruoli diversi, sono accomunati dall’obiettivo di migliorare il livello di tutela delle minoranze e
quindi la loro condizione e nel contempo di promuovere il
rispetto reciproco e la comprensione all’interno dei singoli Stati.
Tutta l’attività del Comitato consultivo è orientata, dunque,
a costruire una società plurale e democratica, obiettivo che
accomuna gli Stati firmatari della Convenzione quadro. Per
essere tale la società dev’essere improntata al rispetto dell’identità etnica, culturale, linguistica e religiosa di ogni singolo appartenente alle minoranze, al quale dev’essere concesso di esprimere, tutelare e sviluppare la propria identità. Spetta al Comitato consultivo verificare che questi propositi vengano messi realmente in atto per il bene di ogni
singolo individuo, sia esso appartenente alle minoranze che
membro della società di riferimento.
(Primorski dnevnik, 28. 12. 2014)
CONSIGLIO D’EUROPA / 2
Palermo presidente del Comitato consultivo
Il senatore italiano Francesco Palermo è stato eletto presidente del Comitato consultivo del Consiglio d’Europa, che
verifica l’attuazione della Convenzione quadro per la tutela delle minoranze nazionali. Palermo è membro del
Comitato su proposta del Governo italiano. Prima vicepresidente del comitato è stata eletta Petra Roter, il cui
nominativo è stato proposto dalla Slovenia.
Palermo è uno dei maggiori esperti sulle minoranze nazionali in Italia. Di formazione avvocato, ma di fatto ricercatore e in quanto tale già da anni alla guida del dipartimento
per i diritti umani e le minoranze presso l’accademia europea a Bolzano. È anche consigliere dell’alto commissario
presso l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, per tre anni è stato direttore dell’agenzia
dell’Unione europea per i diritti umani a Vienna. È stato eletto in Senato in Sud Tirolo grazie a un accordo tra il Partito
democratico e il Südtiroler Volkspartei.
Sulla base di una disposizione non scritta del Comitato consultivo, Palermo non si occuperà direttamente dell’attuazione della Convenzione quadro in Italia.
(Primorski dnevnik, 28. 12. 2014)
STOLVIZZA-SOLBICA
Ristrutturazione della casa-museo
Iniziati i lavori per l’allestimento etnografico
Mercoledì 21 gennaio, giorno in cui si ricorda Santa Agnese,
la cui immagine a grandezza naturale si trova in un affresco all’interno della chiesa di San Carlo Borromeo a
Stolvizza, sono iniziati i lavori di ristrutturazione dell’antica casa Buttolo Ploc, situata nel centro della stessa frazione ed acquistata, nel mese di febbraio 2013, dall’associazione culturale «Museo della Gente della Val Resia»,
come era previsto già all’inizio dell’attività dello stesso sodalizio resiano fondato nel 1995.
Questo immobile, che confina proprio con la chiesa parrocchiale di San Carlo, è stato scelto non solo perché conserva l’architettura tipica, ma anche perché in questa casa
è presumibilmente nato e vissuto nei primi anni della sua
vita il sacerdote resiano Odorico Buttolo Ploc (1768-1845),
pievano della Val Resia dal 1815 al 1845, che nel 1818
compilò il primo vocabolario resiano-italiano di una certa
consistenza di vocaboli.
Il paese di Stolvizza conserva ancora la tipica architettura della vallata anche dopo la ricostruzione che è seguita
ai terremoti del 1976. Nel borgo prevalgono, infatti, le antiche e tradizionali case della Val Resia alcune delle quali,
ristrutturate dopo tali eventi tellurici, conservano gli elementi
tipici. Negli altri paesi della Val Resia, invece, l’architettura tipica fu molto compromessa e dopo i sismi del 1976 si
costruirono prevalentemente case nuove con uno stile
moderno a discapito della tipica architettura.
Per questo motivo l’associazione culturale «Museo della
Gente della Val Resia» fin dall’inizio della sua attività prospettò la possibilità di acquistare una casa a Stolvizza. La
casa Buttolo Ploc conserva, tranne alcuni elementi dovuti alla ristrutturazione obbligatoria post-sismica, gli elementi
tipici della casa tradizionale della Val Resia.
Questa dimora, dalle ricerche effettuate, fu costruita verosimilmente, come riportato anche nella chiave di volta del
portale di accesso, nel 1756 a seguito del grande incendio che il 21 luglio 1755 distrusse tutto il paese. Dopo quel
tragico evento gli abitanti del paese, che fungeva da presidio del confine con l’Impero asburgico, ricevettero dalla
Repubblica di Venezia un sostanzioso sussidio che servì
per la ricostruzione delle antiche case e la costruzione di
nuove ove necessario.
La casa Buttolo Ploc si affaccia a sud su un piccola corte
sostenuta da un muro di cinta che termina con il portale
d’ingresso in pietra datato 1898.
Il primo intervento, iniziato appunto a gennaio, prevede il
rifacimento della piccola costruzione composta da due vani
che verranno recuperati e destinati ad un allestimento etnografico che presenterà la tradizionale cucina e una camera da letto.
I lavori verranno realizzati dalla ditta Alessio Buttolo di
Stolvizza con la direzione del geometra Fabio Zanella e dell’architetto Donatella Ruttar.
Sandro Quaglia
(Dom, 31. 1. 2015)
PUBBLICAZIONE
Koœuta nel corso della recente presentazione della raccolta
«Scrittori sloveni e letteratura italiana», che ha avuto luogo
nella Biblioteca statale a Trieste.
La raccolta racchiude i saggi di otto intellettuali sloveni d’oltre confine, che a suo tempo hanno illustrato le loro riflessioni ad un simposio scientifico.
La raccolta è stata redatta da Elvio Guagnini e Fabio
Venturini, che hanno scritto la prefazione e il compendio.
Alla presentazione, in apertura Guagnini ha elencato gli
scrittori italiani che nelle loro opere hanno citato scrittori e
poeti sloveni o scritto sugli sloveni in generale. Un dialogo paritario quello tra intellettuali sloveni e italiani, come
hanno sottolineato Guagnini e Koœuta, caratterizzato da
vivacità e correttezza, mentre si contano pochi casi di rifiuto.
Sia Guagnini che Koœuta hanno fatto riferimento ad alcuni intellettuali italiani che avevano a cuore la letteratura slovena. Mentre Guagnini si è limitato ai secoli 19° e 20° con
Umberto Saba, Bobi Bazlen, Fulvio Tomizza e Ferruccio
Folkel, Koœuta ha fatto riferimento ad uno spazio temporale più ampio. Ha descritto in breve il rapporto tra il vescovo Bonomo e P. Trubar, M. #op e F.L. Savio, tra S. Kosovel
e C. Curcio. Ha sottolineato poi quanto sia vivace lo scambio culturale anche tra gli scrittori contemporanei, come C.
Zlobec, E. Guagnini, A. Moravia, G. Spagnoletti… Se il dialogo tra le culture slovena e italiana è ottimo dobbiamo ringraziare, secondo Koœuta, soprattutto F. Tomizza e C.
Zlobec. Quando Tomizza morì, Zlobec dedicò all’amico e
collega una poesia.
S. #.
(Primorski dnevnik, 20. 1. 2015)
SLOVIT/SLOVENI IN ITALIA
Quindicinale di informazione
DIRETTORE RESPONSABILE: GIORGIO BANCHIG
EDITRICE:
most società cooperativa a r.l.
PRESIDENTE: GIUSEPPE QUALIZZA
DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE:
33043 CIVIDALE DEL FRIULI, BORGO SAN DOMENICO, 78
TELEFONO: TEL/FAX 0432 701455
E-MAIL
[email protected]
STAMPA IN PROPRIO
REG. TRIB. UDINE N. 3/99 DEL 28 GENNAIO 1999
«Scrittori sloveni e letteratura italiana»
«Il dialogo costruttivo tra le letterature italiana e slovena
rappresenta ormai da secoli una costante nella nostra
realtà…Negli ultimi tempi stiamo assistendo a nuovi sviluppi, l’acquisto di opere di Boris Pahor in una libreria qualsiasi a Roma fa parte della quotidianità». È quanto ha detto
sulla simbiosi tra le letterature italiana e slovena il prof. Miran
ASSOCIATO ALL’UNIONE
STAMPA PERIODICA ITALIANA
UNA COPIA
= 1,00 EURO
ABBONAMENTO ANNUO = 20,00 EURO
C/C POSTALE: 12169330
MOST SOCIETÀ COOPERATIVA A R.L. - 33043 CIVIDALE
SLOVIIT N° 1 del 31/1/15 pag. 19