Brevi note storico-artistiche sulla chiesa di San Giorgio a Casalino

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Brevi note storico-artistiche sulla chiesa di San Giorgio a Casalino
Brevi note storico-artistiche sulla chiesa di San Giorgio a Casalino
Casalino, frazione ad ovest del comune di Pergine Valsugana, si trova poco distante dal villaggio
preistorico dei Montesei di Serso. L’abitato, seppur molto antico, compare per la prima volta in un
contratto di locazione perpetua del 1193 in cui figurano come contraenti i figli di Odelrico da
Casalino. Dal 1419 la località faceva sicuramente parte della regola di Vigalzano-Canzolino che,
insieme alle comunità di Madrano e Nogaré, costituiva la gastaldia di Madrano.
È difficile stabilire con precisione l’epoca in cui fu eretta la chiesetta di San Rocco. Studiosi
autorevoli proposero alcune date, senza però citarne le fonti: padre Marco Morizzo opta per il 1568,
Aldo Gorfer per il XVI secolo, don Tommaso Bottea scrive che è ricordata già nel 1597.
Il nucleo più antico della chiesa, costituito da un locale minuscolo corrispondente all’attuale atrio e
dalla sacrestia ora adibita a ripostiglio, è databile fra il 1570 e il 1580 circa. Forse proprio il flagello
della peste del 1575 spinse i superstiti a costruire una cappella votiva dedicata a San Rocco,
protettore contro la peste.
Verso la metà del Seicento si avvertì tuttavia l’esigenza di erigere una chiesa più ampia, capace di
accogliere anche i fedeli di Vigalzano e della Costa. I lavori iniziarono probabilmente nell’estate del
1654 e prevedevano la realizzazione di un nuovo edificio accanto alla cappella originaria. Questo
progetto, però, si bloccò ben presto, sia per mancanza di fondi, sia per l’insorgere di disaccordi tra
gli abitanti di Casalino e Vigalzano. I lavori ripresero solo nel 1658 e furono affidati al maestro
muratore Francesco Carloni cementarius abitante a Pergine, ma di origini comasche. L’opera fu
ultimata nel 1672, anche se per il pavimento a sommasso bisognerà attendere fin dopo il 1675.
L’interno della chiesa
La chiesa attuale è un edificio composito costruito in tre tempi diversi. La chiesa vecchia con la
propria sacrestia è una costruzione poco elevata, mentre quella nuova con il campaniletto è
notevolmente più alta. Il locale oggi adibito a sacrestia è invece di recente fabbricazione. E’
interessante osservare come questo luogo di culto, pur essendo addossato ad una casa d’abitazione,
non abbia mai avuto una canonica.
All’interno dell’antico edificio, oggi corrispondente all’atrio, si apriva una porta sul lato sinistro,
poi murata, che immetteva nella piccola sacrestia, ora adibita a deposito. All’esterno si possono
notare due affreschi di autore ignoto risalenti al XVIII secolo: il primo, sopra la porta d’ingresso
dell’atrio, rappresenta la Madonna del Carmine con il Bambino, il secondo, sopra la finestrella della
vecchia sacrestia, raffigura Sant'Antonio con caratteristiche iconografiche che rimandano ora a
Sant'Antonio di Padova, ora a Sant'Antonio abate.
Sull’architrave del portale d’ingresso si legge l’iscrizione “D.O.M. DIVOQ. ROCHO ANN.
MDCLV”, ovvero “A Dio ottimo massimo e a San Rocco nell’anno 1655”.
La chiesa, a pianta ottagonale, possiede quattro finestre
rettangolari che esaltano i numerosi dipinti e affreschi
disposti in tre ordini sovrapposti. All’altezza delle finestre si
trovano un olio su tela di autore ignoto risalente al XIX
secolo che rappresenta il primo mistero doloroso del Rosario
e quattro quadri a tempera, forse dono dei Padri Francescani
di Pergine, di autore ignoto del XVII secolo raffiguranti
episodi della vita del santo francescano spagnolo Pasquale
Bailon.
In una nicchia a destra dell’attuale sacrestia è collocata la
statua della Pietà con Gesù deposto dalla croce nel grembo di
Maria. Si tratta di una scultura lignea policroma di autore
ignoto del Seicento. In alto compare l’epigrafe “D.O.M. Gli
xxxi luglio E.F.Q.O. 1798” che potrebbe riferirsi alla data di
costruzione della nicchia, all’epoca degli affreschi oppure alla consacrazione dell’altare.
Ai lati dell’altare maggiore si possono ammirare due quadri con cornici barocche. Il primo, un olio
su tela di Giovanni Battista Rovedata datato 1626, raffigura la Madonna con il Bambino e i Santi
Francesco, Michele e Giorgio. Il secondo rappresenta invece una Madonna, forse della fecondità, di
forme giunoniche con il Bambino e tre angioletti. Sotto tali dipinti sono collocati i quattordici
quadretti a stampa della Via Crucis.
La volta della cappella risulta impreziosita da un dipinto della Santissima Trinità e da una serie di
otto quadri che riproducono gli evangelisti e varie scene bibliche. Tutti questi affreschi sono di
autore ignoto e risalgono al XVIII secolo.
Gli altari
Nella chiesa sono presenti tre altari lignei: l’altare maggiore, un secondo altare rivolto verso il
popolo, collocato dopo la riforma liturgica del Concilio Vaticano II e infine gli elementi scomposti
di un altare gotico del Cinquecento.
Come si legge dietro la cimasa, l’altare maggiore risale al 1743 ed è
ornato da tre statue del Cinquecento. Sopra la trabeazione è scolpita la
Santissima Trinità. Nel pannello centrale si trova una nicchia nella
quale è collocata una statua lignea di Gaspare Bon (XVI secolo)
raffigurante la Madonna con corona e Bambino in braccio, che
apparteneva all’antico altare gotico. Ai lati della nicchia troneggiano
due sculture in legno di autore ignoto del Settecento che rappresentano
San Rocco con ai piedi un cane e San Martino mentre strappa il suo
mantello per donarlo ad un povero.
Il complesso scultoreo, fiancheggiato da due colonne tortili, poggia su
un basamento in cui si trovano due nicchie con le statue settecentesche
di San Francesco d’Assisi e di Sant'Antonio di Padova. Nel mezzo
trova posto il tabernacolo con ai lati due putti ceroferari di autore
ignoto del Seicento. L’altare è completato dalle portine di legno del
coro il cui timpano è impreziosito dalle due statue in legno policromo
di San Rocco e San Martino, opera di Gaspare Bon che facevano parte
del vecchio altare. Esse sono collocate su un piedistallo davanti al quale
sono appesi due olii su tela del Settecento che riproducono la Madonna
con il Bambino e i Santi Rocco e Martino.
L’altare gotico, attribuito da Nicolò Rasmo a Gaspare Bon, è ricostruibile attraverso i vari elementi
conservati nella chiesa. La sua predella, appesa sulla parete a sinistra dell’altare maggiore, è
composta da una nicchia con porticine richiudibili in cui sono
disposte le sculture di Maria, Giuseppe, il Bambino e i tre Re
Magi. Sopra si trova un traforo ligneo dorato con la statua del
Padre Eterno seduto in trono con corona regale e ai lati
l’Arcangelo San Michele e San Martino. Queste ultime due
sculture non appartengono tuttavia al vecchio altare, ma sono
state recuperate in un periodo posteriore, forse dalla chiesa di
S. Michele sul dosso del Zucar, ora scomparsa.
L’altare gotico, costruito per la chiesa pievana di Pergine prima
del 1536, era uno dei quattro altari laterali ed era denominato
dei “tre Re”. Per motivi ignoti venne acquistato, forse nel
1672, dall’amministrazione della chiesa di Casalino. Verso la
metà del Settecento fu sostituito dall’attuale altare barocco.
La sacrestia
L’odierna sacrestia, costruita verso il 1906, consiste in un
locale di forma quadrangolare illuminato da due finestre. Al
suo interno si trovano due armadi e una tavola-altare, mentre
alle pareti sono appese alcune stampe e un olio su tela
raffigurante San Giuseppe con il Bambino risalente all’inizio dell’Ottocento. Tra gli oggetti sacri
presenti in sacrestia sono degne di nota le due pianete del secolo XVIII-XIX e il reliquiario di San
Rocco di rame dorato della seconda metà del Settecento.
Il campanile
L’esistenza del campanile si deduce da un documento del 1618 in cui si annota l’importo versato
per comperare “una soga per la campana”. Sicuramente la nuova chiesa fu progettata con un
campanile a vela per collocarvi la campana già esistente, requisita e fusa nel 1917 per contribuire
alle spese di guerra imposte dal governo austriaco. Solo nel 1924 Casalino si dotò di una nuova
campana acquistata grazie alla generosità dei suoi abitanti.
I restauri
Il restauro del complesso di statue appartenenti all’altare gotico risale al 1980. L’anno successivo si
passò alle statue lignee dell’altare maggiore e al rifacimento del tetto e degli infissi della chiesa, per
proseguire poi nel 1984 con la tinteggiatura interna dell’edificio. Ulteriori interventi conservativi
furono effettuati tra il 2000 ed il 2001.
BIBLIOGRAFIA:
• Pietro de Alessandrini, Memorie di Pergine e del Perginese, Borgo 1890
• Ricordi perginesi. Occasione cinquantesimo fondazione “Oratorio parrocchiale” (18821932), Pergine 1932
• Nicolò Rasmo, Un ignoto scultore del 1500. Gaspare Bon, in “Trentino” 1935, pagine 441442
• Nicolò Rasmo, Caspar Lafrauner e Gaspare Bon, in “Archivio per l’Alto Adige”, XXXVI
(1941), pagine 435-437
• Aldo Gorfer, Le valli del Trentino. Guida geografico-storico-artistico-ambientale. Trentino
orientale, volume 2, Calliano (Trento) 1972
• Antonio Sartori – Livio Dallabrida, Testimonianze di devozione popolare nel Perginese,
Trento 1982
• Armando Costa, La Chiesa di Dio che vive in Trento, Trento 1986
• Tommaso Bottea, Memorie di Pergine e del Perginese, Trento 1990
• Salvatore Piatti, Le chiese di Casalino, Vigalzano e Canzolino, Trento 1993