Cultura Tempo libero - Cooperativa Cattolico

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Cultura Tempo libero - Cooperativa Cattolico
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Mercoledì 2 Novembre 2016 Corriere della Sera
BS
Cultura
 Tempo libero
All’Aab
Andar per mostre
Quattro incontri
L’Aab propone — per i quattro
venerdì di novembre, alle 17.30
— conversazioni in cui vengono
presentate esposizioni di
particolare interesse fuori città.
Si comincia venerdì 4 novembre
con Fausto Lorenzi che presenta
«Italia Pop. L’arte negli anni del
boom» che è in svolgimento fino
all’11 dicembre alla Fondazioni
Magnani Rocca in Mamiano di
Traversetolo (Parma) e «Boom
60! Era arte moderna» allestita
al Museo del ‘900, Arengario a
Milano fino al 12 marzo 2017.
Ancora Fausto Lorenzi, venerdì
11 novembre, illustrerà le
mostre «Andy Warhol. Pop
Society» del Palazzo Ducale di
Genova e «Jean-Michel
Basquiat» allestita al Mudec,
Museo delle Culture, a Milano,
aperte fino al 26 febbraio 2017.
Angelo Loda, venerdì 18, parlerà
della mostra «Pietro Paolo
Rubens e la nascita del Barocco»
che è aperta fino al 26 febbraio
2017 a Palazzo Reale a Milano.
Infine Mauro Corradini, venerdì
25 novembre, parlerà delle
mostre «Da Guttuso a Vedova a
Schifano» (Museo di Santa
Caterina) e «De Pictura»
(Palazzo Giacomelli) visitabili a
Treviso fino al 17 aprile 2017.
FILOSOFIA MAURIZIO MIGLIORI GIOVEDÌ SARÀ A BRESCIA
Zona rossa
Il centro di
Norcia con la
chiesa di San
Benedetto
distrutta dal
terremoto. Il
nuovo sisma
del Centro Italia
ha reso
inagibile anche
l’Università di
Macerata dove
insegna
Maurizio
Migliori,
discepolo di
Giovanni Reale
Alla Pace
 Giovedì 3
novembre
2016 alle ore
18 nella Sala
Bevilacqua di
via Pace 10 a
Brescia, si terrà
il primo dei tre
incontri
promossi dalla
Cooperativa
cattolico
democratica di
cultura dedicati
al ciclo «Fedro.
Eros e bellezza
secondo
Platone» sul
tema: «Il carro
alato: eros e
bellezza nel
Fedro».
Interviene
Maurizio
Migliori (foto),
professore di
Storia della
filosofia antica
all’Università di
Macerata,
Vicepresidente
della Società
Italiana Storia
della Filosofia
Antica (Sisfa),
autore di
numerose
pubblicazioni
su Platone, tra
cui «Il disordine
ordinato. La
filosofia
dialettica di
Platone»
(Morcelliana
2013). È stato
rappresentante
dell’Europa ai
vertici nell’International
Plato Society.
Caos platonico
di Ilario Bertoletti
«S
ono stato il
primo laureato di Giovanni
Reale all’Università Cattolica di Milano. E per oltre quarant’anni è stato per me un
punto di riferimento negli studi di filosofia antica e, in particolar modo, per lo studio della
filosofia platonica. Il suo insegnamento può essere racchiuso in due categorie: rigore e
entusiasmo. A ben vedere, il
nocciolo stesso della lezione
di Platone che può essere tratta dal Fedro, di cui parlerò giovedì a Brescia».
L’incontro con Maurizio Migliori, ordinario di Storia della
filosofia antica a Macerata, avviene nelle ore drammatiche
del terremoto del 30 ottobre,
che ha colpito anche questa
città e ha portato alla chiusura
precauzionale dell’università.
«Sconcertante: è come se
questo evento mostrasse che
la nostra esistenza, per riprendere un’immagine platonica,
fosse una continua polarità tra
ordine e disordine, limite e illimite, dove il disordine è una
potenza dissipativa contro cui
l’uomo deve sempre lottare
per riaffermare una unità, un
senso alla propria vita pubblica e privata. Questa è la tragica
serietà della dialettica platonica: ricercare l’unità a partire
dal molteplice, dal disordine».
Su Platone Migliori, dopo
aver dedicato commenti analitici ai dialoghi della maturità
platonica (Parmenide, Filebo,
Politico, Sofista) ha scritto un
volume di due tomi, pari a più
«Il terremoto come
conferma della
polarità continua
ordine-disordine,
limite e illimite»
di mille pagine, dal titolo Il Disordine ordinato. La filosofia
dialettica di Platone (Morcelliana) che si è subito affermato
come una delle più originali
interpretazioni di Platone degli ultimi decenni.
Un’originalità riconosciuta a
livello internazionale, tanto
che il libro è già in corso di traduzione in Brasile.
Un’interpretazione che cerca, partendo dall’attenzione di
Giovanni Reale al ruolo delle
«dottrine non scritte» di Platone, di dare una lettura sistematica del filosofo greco. Oltre
la falsa contrapposizione tra
fautori di una autonomia totale dei dialoghi rispetto alle
«dottrine non scritte», e i fautori di una svalutazione della
funzione dello scritto nel pensiero di Platone stesso.
Per Migliori con Platone ci
troviamo di fronte alla sorprendente capacità di un autore di mettere in scena, con
molteplici registri di scrittura,
indagini sui diversi livelli della
realtà: ontologica, etica, politica. Realtà che ha il suo riferimento ultimo in una dualità
su cui insiste Platone: tra l’Uno
e la Diade. Tra il principio d’ordine e razionalità e il principio
del disordine cosmico, politico ed esistenziale.
Una dualità che trascende la
stessa divaricazione tra le idee
e la realtà sensibile: «I dialoghi
— precisa Migliori — propongono il pensiero di Platone,
tuttavia non si può affermare
che la filosofia vi sia presentata in modo adeguato. Attraverso aporie, rimandi, miti, Platone allude ai contenuti più profondi per spingere il lettore a
pensare in proprio. Questo è lo
spirito che anima unitariamente tutti i dialoghi. Ogni testo è come un teatro filosofico
che si svolge sotto i nostri occhi e può parlare al lettore attento».
Quindi i dialoghi come una
messa in scena di un’educazione possibile alla filosofia? «Sì,
questo mi pare l’orizzonte a
partire dal quale vanno letti
tutti i dialoghi. In tal senso, il
Fedro è paradigmatico. Proprio in esso — con i miti dell’
anima come biga trascinata da
due cavalli, dell’iperuranio e la
critica alla scrittura attraverso
il dio egiziano Theut — Platone è come se ci mostrasse che
fare filosofia significa andare
oltre le apparenze, e scoprire,
con il metodo della divisione e
della sintesi, che ogni realtà è
in sé polare, dialettica».
Ed Eros? «Appunto, è il demone da cui si principia il desiderio di conoscenza come
desiderio di ricongiunzione e
di trascendimento. In questo
Platone è classico: sempre la
filosofia s’origina da ciò che
non è concettuale per cercare
di dire con i concetti — ed è un
compito senza fine — ciò che
è essenziale nella vita. L’essenziale che lui chiamava l’Uno, il
Bello, Il Bene».
Con Maurizio Migliori ci
congediamo ricevendo un bellissimo dono: l’edizione commentata dell’Organon di Aristotele (Bompiani) a cura sua e
degli allievi di Macerata: «Con
loro ho cercato di fare quel che
Reale mi ha insegnato: spronare alla ricerca, facendo crescere allievi che s’appassionassero alla filosofia. Questa edizione degli scritti logici di Aristotele mi sembra il migliore
omaggio a quell’insegnamento».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
 Il ricordo dell’artista scomparso da parte del presidente di Brescia Musei
Gli erbari drammatici e capovolti di Agostino Perrini
Il testo
 Qui a fianco
pubblichiamo
un testo che
Massimo
Minini, attuale
presidente di
Brescia Musei,
aveva scritto
per una mostra
di Agostino
Perrini, pittore
recentemente
scomparso.
Racchiude il
senso della sua
ricerca artistica
A
gostino Perrini
disegna erbe e fiori,
con colori e modi che
riconosco perché di Perrini
ho fatto mostre. Tiene studio
nella città antica. Anzi
antichissima, la Brescia
Romana dei vicoli e del
Tempio di Vespasiano
Augusto, del teatro en plein
air, di Santa Giulia dove é
sepolta Ermengarda, senza
che nessuno sappia
esattamente dove. Agostino
Perrini dipinge erbe e fiori,
un tema caro alla pittura
come le marine, i paesaggi, le
donne nude, difficile non
pensare a Mario Mafai e ai
suoi fiori secchi. Ma Perrini
non dipinge mazzi come
Mafai, no, lui disegna magre,
aride erbe della memoria, non
lavora en plein air ma cita
ricordi ad occhi chiusi. Pare
che dipinga con la sinistra non
essendo mancino, per caricare
le opere di una diversa
sofferenza.
Le erbe di Perrini soffrono la
sete, il caldo, forse anche il
freddo. Sono erbari inventati,
fantasmatici, recisi alla radice,
erbari fatti di piccoli alberi,
intravisti come in una nebbia,
fiori che bruciano, ma sono
fiori freschi, quindi non fanno
fiamme, ma nemmeno cenere.
Ma allora cosa fanno i fiori di
Agostino? Se ne stanno lì
buoni e aspettano: ci
aspettano al varco. Alcuni fiori
sono secchi, altri invece sono
sexy. «Vulva officinalis» recita
un titolo. E poi quell’«erbario
capovolto» col delta di Venere
lassù in alto e un’erba che
scende come due gambe con
le cosce che si toccano. Le
gambe hanno dei fuseaux,
pantaloni attillati, che
mettono in evidenza le forme.
Il fiore ha una forma a V, ma la
scritta é capovolta davvero.
Provo a girarlo. Ma é un vaso di
Venini....!
Insomma Agostino si
diverte (come può) data la sua
attuale condizione e ci porge
erbe e fiori secchi, come
venissero dalle pagine di un
libro. Fiori della memoria,
decorativi ma trattenuti, non
rutilanti come gli affreschi di
Gentile da Fabriano che
Pandolfo Malatesta III
conquistata Brescia, chiede ed
ottiene dall’ultimo grande
pittore del Gotico fiorito (a
proposito...).
A Brescia nasce suo figlio,
Sigismondo Pandolfo, uomo
modernissimo rispetto al
padre. Infatti lui sceglierà Leon
Battista Alberti e Piero della
Francesca per il proprio
mausoleo. I due giganti che
fondano, letteralmente, la
prospettiva centrale, dandole
anche basi teoriche
saldissime. Brescia é una
curiosa città, potentissima
economicamente e debole sul
piano artistico, forse perchè
dominata da sempre: Celti,
Romani, Longobardi,
Milanesi, Malatesta, Francesi,
Venezia, Austria... senza una
Chi era
 Agostino
Perrini, artista
bresciano, si è
spento giovedì
a 61 anni. L’11
novembre a
Padova aprirà
una sua
retrospettiva
corte propria a fare da sprone
e committente.
Una città dove i pittori
d’oggi hanno il compito di
costruire quel tessuto
artistico che ci è mancato.
Non dipingiamo più
battaglie campali o giudizi
universali. Creiamo mazzi di
fiori, a volte singoli, a volte
secchi, per cercare di capire il
microcosmo a noi vicino, che
ci confermi cosa esiste là
fuori, oltre il moderno «finis
Africae» che tentiamo di
varcare con scienza e
fantasia. Brescia, grande città
di provincia, cerca in questa
direzione, unendo la ricerca
alla creatività di artisti come
Agostino Perrini che dal
particolare tentano di risalire
al generale, che ancora — e
di più in piú — ci sfugge.
Massimo Minini
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