Racconto-io-e-Raffaele-100-km-del-passatore-2015

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Racconto-io-e-Raffaele-100-km-del-passatore-2015
Io, Raffaele e Charlot
Quest’anno è stato per me un anno particolare. Dall’ultima partecipazione del 2013 ho dovuto
affrontare tantissime difficoltà, che hanno compromesso la mia mente e ripercosso il mio fisico.
Rimanere positivi a volte è stato difficile. Ho chiesto e trovato aiuto nel nordicwalking. Una
disciplina per me affascinante, rilassante ed allo stesso punto esigente di coordinazione nei
movimenti. Questo mi ha aiutato a dare meno importanza ai problemi, concentrandomi di più sulla
mia vita e trovando una via di uscita. Diciamo che il nordicwalking è stato il mio trampolino di
lancio. La compagnia giusta mi ha fatto trovare serenità e continuare piano piano a ritrovare me
stessa, ecco allora che ho ripreso a sognare riportando a galla il mio chiodo fisso nella testa,
l’obbiettivo di partecipare al Passatore 2015. Il destino ha voluto che durante questa mia esperienza
incontrassi Raffaele, dapprima compagno di allenamento poi diventato compagno della mia vita.
Piano piano allenandoci insieme e parlando della magia della manifestazione, ho affascinato anche
lui a tal punto da fargli prendere la decisione di passare da accompagnatore a partecipante. Voleva
mettersi in gioco solo dopo 8 mesi di attività podistica confidando sulla mia esperienza. Io ne ero
felicissima e positiva, sapevo che potevamo farcela. Condividere questa impresa inoltre ci avrebbe
unito ancor di più, dandoci carica. Per me l’ottimismo nasce dalla testa, poi lo trasmette al cuore, ai
polmoni ed alle gambe. La nostra mente, infatti, è vincente solo se in pace con noi stessi.
Quest’anno pensavo fosse tutto più facile, ero più sicura, conoscevo il percorso, bastava seguire la
preparazione degli anni scorsi e sarei riuscita anche a migliorarmi. Purtroppo non è andata così.
Mancanza di tempo e problemi vari hanno addirittura dimezzato la preparazione. Pazienza ! Nello
sport come nella vita non tutto fila liscio. Quest’anno non dovevamo avere ambizioni di tempo, ci
bastava esser lì solo per la gioia di correre, camminare , ma soprattutto per la nostra voglia di
condividere le emozioni tagliando il traguardo insieme. Arrivò finalmente il grande giorno. La
compagnia era formidabile fin dai primi momenti trascorsi insieme.
Sembrava di andare in gita.
Parcheggiate le
auto vicino alla
stazione di
Firenze ci
incamminiamo
attraversando
Piazza della
Signoria per il
ritiro dei
pettorali, il
pranzo e la
preparazione per
la partenza.
In un batter d’occhio ci troviamo ammassati nell’attesa dello sparo. Io e Raffaele eravamo in coda.
A me piace partir davanti perché si respira aria di gloria, pertanto mi intrufolo in mezzo a tanti,
chiedendo gentilmente permesso per avanzare. I gentiluomini vedendomi piccolina mi lasciano
passare, Raffaele che mi segue, invece, prende una scarica di insolenze ogni volta, ma prosegue. A
furia di chiedere permesso ci troviamo in prima fila. Non intravvediamo Giorgio Calcaterra, ma
sappiamo che è lì a nostro fianco. Danno lo sparo e via si parte. Non male come partenza
ammirando le bellezze di Firenze. Questo ci dà una carica impressionante che abbiamo dovuto
controllare sin dai primi chilometri. Abbiamo sempre prestato attenzione ai segnali che ci
arrivavano dalle gambe e dal cuore. La temperatura alla partenza era intorno ai 30 gradi, occorreva
prestare attenzione soprattutto ai battiti del cuore. Volevamo corricchiare e camminare le salite col
caldo di giorno e riservarci le forze per lasciarsi andare d’inerzia giù per le discese di notte, quando
le temperature si sarebbero abbassate. Sorridendo e parlando con altri podisti, che ci siamo trovati
di volta in volta, i chilometri iniziali sono passati velocemente. Ci siamo trovati anche ad
incoraggiare e tifare un nostro compagno di Nordicwalking, che partecipava ad una manifestazione
concomitante con arrivo a Borgo San Lorenzo. Bene siamo arrivati così al 32° km quasi senza
accorgersi. Raggiunta Ronta, all’inizio del passo, ci siamo cambiati in macchina per la notte. Lì ci
raggiunge un’amica di squadra, ci si incita a vicenda e inconsciamente ci si lascia con rammarico
quasi con un arrivederci alla fine, perché fa già freddo e fermarsi ci avrebbe inchiodato le gambe.
La salita della Colla per noi non era un problema, perché avevamo deciso di farla camminando
velocemente. Pur proseguendo di buona lena veniamo raggiunti e superati dalla compagna appena
lasciata. Rimaniamo increduli alla vista e stroncati alle gambe dalle sue parole, perché ci dice che
ha forza da vendere e non riesce a rallentare il passo, lasciandoci così di stucco e sparendo dopo
due tornanti. Nonostante questo, noi proseguiamo mantenendo la nostra andatura, perché la vera
100 km inizia alla cima. Ad ogni ristoro i volontari allungano i bicchieri di the caldo zuccherato o
acqua o sali minerali ed ai tavoli c’è di tutto. Senza di loro il viaggio non sarebbe stato tale. Ogni
volta che afferravamo uno di quei bicchieri pensavamo proprio a loro, perché erano li ad aiutarci
nella nostra impresa, sentivamo davvero una grande gratitudine nei loro confronti! Anche i
massaggiatori hanno dato il loro contributo per farci arrivare. Tutte queste erano le nostre emozioni
e i nostri pensieri. Intanto quasi senza accorgersi eravamo quasi al passo della Colla di Casaglia.
Parecchia gente faceva da accompagnatore in bici, altri accompagnavano correndola per alcuni
tratti, affascinati dalla magia del Passatore. Sono sicura che l’anno successivo qualcuno di loro
parteciperà da concorrente, perché questa manifestazione è unica sotto ogni punto di vista.
Proseguono intanto i km, il nostro passo rimane costante fino a Marradi al 65° km. Io stavo bene e
confidavo in un buon tempo finale, soddisfatta di aver finalmente adottato la tattica giusta e di
essere rimasti insieme. Mi imposi così di fare l’andatura adatta per entrambi, sempre restando
ottimisti. Un paio di km dopo Raffaele mi avverte che ha forti dolori muscolari e non riesce a
correre. Mi propone allora di camminare velocemente, ma questo dura poco e da qui inizia
l’olimpiade della sofferenza, il vero calvario. So per esperienza che ci si fa obbiettivi nella testa ma
è difficile portarli a termine se le gambe ti abbandonano. Gli sto a fianco e vedo che nonostante
tutto si procede abbastanza spediti. Le condizioni di Raffaele purtroppo sono precarie, si ritrova ben
presto con un problema al ginocchio, che lo costringe a camminare con il piede destro aperto verso
l’esterno. Io a questo punto mi preoccupo, mancava ancora tanta strada da fare. Gli faccio notare
che ha già superato il traguardo intermedio di Marradi e potrebbe ricevere la medaglia. Lui non
vuole saperne di fermarsi. Imperterrito vuole arrivare fino in fondo, mi suggerisce allora di
proseguire da sola. Io so che per un disguido si è dimenticato la lampada frontale e proseguire da
sola mi avrebbe creato sensi di colpa, in ogni caso non l’avrei lasciato per rispettare il proposito di
arrivare assieme vista la sua determinazione. Man mano che proseguono i km trovo la sua
camminata alla Charlot sempre più divertente. Da lì inizio a sdrammatizzare scherzando ed
ammirando ciò che correndo si perde. Attraversiamo uno sciame di lucciole, sembrava fossero lì a
farci coraggio ed illuminare il cammino. Stupendo !!!! Vediamo la notte illuminata dalla mia
lampada frontale, da un sogno in comune, da una pazzia condivisa. Per ingannare la mente penso
persino di dividere i miei auricolari ascoltando la stessa musica. Raffaele a questo punto si avvicina
abbracciandomi perché il filo è troppo corto. A quel punto una voce da dietro ci fa notare che ha
spento la sua lampada frontale per lasciarci un po’ di intimità. Mi sa che l’umorismo è contagioso
da queste parti. Ricordo l’entusiasmo della gente del posto che ci ha atteso durante tutta la notte,
alcuni bambini che addirittura sono stati distesi sul marciapiede dentro un sacco a pelo a farci il tifo.
Abbiamo visto settantenni correre con l’entusiasmo di ragazzini, altri partecipanti sparare le ultime
cartucce correndo per pochi metri ad andature tipo Bolt e poi crollare, persone parlare da sole,
persone sedersi al ristoro e svenire non ricordando il proprio nome, qualcuno che si aiutava con i
bastoncini e non riuscire a capire che tecnica a gomito curvo usasse……. Abbiamo camminato
vedendo sorgere il sole, il passatore è magico anche per questo. Io quest’anno ho scoperto un nuovo
aspetto della manifestazione, la vera gara personale di eroi, che partono solo per arrivare non
pensando al tempo ed alla classifica. Uno di questi eroi l’avevo a mio fianco e ne ero orgogliosa.
Ad un certo punto vediamo in lontananza il cartello del 99° km. Solo allora ci siamo veramente resi
conto che questa 100 km stava per finire. Guardiamo avanti, alla vista del traguardo chiudiamo gli
occhi, mano nella mano, incurante riprendo a correre trascinando Raffaele e quasi accelero. E’
finita. La mente a questo punto crolla. Raffaele inizia a piangere dall’emozione. Ho sentito la pelle
d’oca, sentivo scendere giù le lacrime di felicità. E’ indescrivibile cosa significhi tagliare quel
traguardo soprattutto per lui con quella faticosa camminata alla Charlot. È stata una esperienza
incredibile che mi porta ad affermare che il campione non è chi vince ma chi continua a combattere.
I complimenti vanno a Raffaele con tanto di cappello.
Non smettere mai di sognare perché i sogni possono diventare realtà.
GRAZIELLA FORTUNA
RAFFAELE GAMBASIN
E per finire un ringraziamento va soprattutto ai nostri accompagnatori